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12MESI
APRILE 2012
13
OPINIONI
di ANTONIO PANIGALLI
CREDIT CRUNCH ALL’ITALIANA
C
on il termine inglese Credit
Crunch viene indicato un
calo significativo o un re-
pentino inasprimento delle
condizioni dell’offerta di credito; questo
fatto è sintomatico di un trend indirizza-
to verso la fine della crescita o peggio l’i-
nizio della decrescita e può determinare
una pericolosa accelerazione delle fasi
economiche depressive.
Il dubbio era strisciante e l’ufficializza-
zione del dato non è tardata troppo; in-
fatti, nell’ultimo Supplemento statistico
al Bollettino economico della Banca d’I-
talia (www.bancaditalia.it/statistiche/
stat_mon_cred_fin) emerge in modo
netto che, nonostante gli oltre 1.000
miliardi di euro (al tasso “preferenzia-
le” dell’1 per cento a tre anni) immessi
recentissimamente sul sistema dalla
Banca Centrale EU, il sistema crediti-
zio manifesta la sua elefantiaca miopia e
probabilmente poco adeguata capacità
di lettura dinamica della realtà. Negli ul-
timi tre mesi del 2011, i prestiti erogati
dal sistema bancario alle imprese sono
diminuiti dell’1,5 per cento e, nell’ulti-
mo mese dell’anno, la contrazione è sta-
ta addirittura del 2,2 per cento. Questi
dati confermano che ci troviamo di fron-
te ad una vera e propria stretta crediti-
zia: gli istituti di Credito hanno chiuso
i rubinetti e in una fase senza dubbio
recessiva dell’economia reale e di revi-
sione dei modelli di impresa, come quel-
la attualmente in atto, si corre il rischio
che il sistema produttivo del Belpaese –
costituito prevalentemente da piccole e
piccolissime imprese – collassi.
Oltre alla stretta creditizia, nel 2011,
sugli oltre 900 miliardi di euro erogati,
le imprese hanno dovuto subire anche
un forte aumento dei tassi di interesse
che si è di fatto tramutato in un onere
aggiuntivo per l’intero sistema produtti-
vo, con un onere stimato da Cgia (Asso-
ciazione tra artigiani e piccole imprese
di Mestre) in oltre 3,5 miliardi di euro.
Parallelamente, nel 2011 le insolvenze
in capo alle imprese italiane hanno toc-
cato gli 80 miliardi di euro complessivi,
con un incremento rispetto all’anno
precedente di alcune decine di punti
percentuali (le stime parlano di circa il
40% di aumento delle insolvenze).
Questa situazione ha indotto molti isti-
tuti di credito a ridurre la mole di eroga-
zione dei prestiti, ma la sensazione è che
la stretta sia avvenuta prioritariamente
verso soggetti che, non essendo ancora
in crisi, hanno rischiato di finirci a causa
delle stringenti richieste di rientro dagli
affidamenti.Anchequestapotrebbeesse-
re una mossa di sopravvivenza del siste-
ma bancario (chiedere il rientro dei soldi
a chi li ha per non chiedere nulla a chi sta
in agonia), ma in compenso nella secon-
da metà del 2011 le imprese pubbliche,
e solo quelle, hanno registrato un signi-
ficativo aumento degli impieghi, stimato
in +4,5% con un incremento in termini
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Il parallelo più calzante con il credit
crunch italiano è probabilmente rappre-
sentato dalla crisi che investì i paesi del
Nord Europa durante primi anni ’90.
Ancheinquelcasositrattavadisistemifi-
nanziari fortemente “nazional-bancariz-
zati”, con limitate alternative per le pic-
cole e medie imprese svedesi, finlandesi
e norvegesi rispetto ai prestiti veicolati e
spesso negati solo dalle banche locali o
comunque nazionali. Ebbene, gli effetti
del credit crunch furono impressionan-
ti; alcuni studi empirici della Banca di
Finlandia tenderebbero a dimostrare ad
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causò una contrazione del volume di in-
vestimento delle imprese tra il 10 e il 15
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Paradossalmente, quello che è stato
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rio italiano – diceva Tremonti il suo es-
sere un sistema tradizionale, imperniato
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ziario americano caratterizzato da una
miriade di istituzioni finanziarie non
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Scrive Il Sole 24 Ore sulla sua prima
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di fronte il muro del rifiuto le imprese
non potranno cercare nuovi mercati,
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pitalizzarsi con mezzi propri. In effetti,
credit crunch significa ridotta capacità
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verso le imprese più efficienti, e a que-
sto punto la parola dovrebbe passare
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finanza.
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  • 1. 12MESI APRILE 2012 13 OPINIONI di ANTONIO PANIGALLI CREDIT CRUNCH ALL’ITALIANA C on il termine inglese Credit Crunch viene indicato un calo significativo o un re- pentino inasprimento delle condizioni dell’offerta di credito; questo fatto è sintomatico di un trend indirizza- to verso la fine della crescita o peggio l’i- nizio della decrescita e può determinare una pericolosa accelerazione delle fasi economiche depressive. Il dubbio era strisciante e l’ufficializza- zione del dato non è tardata troppo; in- fatti, nell’ultimo Supplemento statistico al Bollettino economico della Banca d’I- talia (www.bancaditalia.it/statistiche/ stat_mon_cred_fin) emerge in modo netto che, nonostante gli oltre 1.000 miliardi di euro (al tasso “preferenzia- le” dell’1 per cento a tre anni) immessi recentissimamente sul sistema dalla Banca Centrale EU, il sistema crediti- zio manifesta la sua elefantiaca miopia e probabilmente poco adeguata capacità di lettura dinamica della realtà. Negli ul- timi tre mesi del 2011, i prestiti erogati dal sistema bancario alle imprese sono diminuiti dell’1,5 per cento e, nell’ulti- mo mese dell’anno, la contrazione è sta- ta addirittura del 2,2 per cento. Questi dati confermano che ci troviamo di fron- te ad una vera e propria stretta crediti- zia: gli istituti di Credito hanno chiuso i rubinetti e in una fase senza dubbio recessiva dell’economia reale e di revi- sione dei modelli di impresa, come quel- la attualmente in atto, si corre il rischio che il sistema produttivo del Belpaese – costituito prevalentemente da piccole e piccolissime imprese – collassi. Oltre alla stretta creditizia, nel 2011, sugli oltre 900 miliardi di euro erogati, le imprese hanno dovuto subire anche un forte aumento dei tassi di interesse che si è di fatto tramutato in un onere aggiuntivo per l’intero sistema produtti- vo, con un onere stimato da Cgia (Asso- ciazione tra artigiani e piccole imprese di Mestre) in oltre 3,5 miliardi di euro. Parallelamente, nel 2011 le insolvenze in capo alle imprese italiane hanno toc- cato gli 80 miliardi di euro complessivi, con un incremento rispetto all’anno precedente di alcune decine di punti percentuali (le stime parlano di circa il 40% di aumento delle insolvenze). Questa situazione ha indotto molti isti- tuti di credito a ridurre la mole di eroga- zione dei prestiti, ma la sensazione è che la stretta sia avvenuta prioritariamente verso soggetti che, non essendo ancora in crisi, hanno rischiato di finirci a causa delle stringenti richieste di rientro dagli affidamenti.Anchequestapotrebbeesse- re una mossa di sopravvivenza del siste- ma bancario (chiedere il rientro dei soldi a chi li ha per non chiedere nulla a chi sta in agonia), ma in compenso nella secon- da metà del 2011 le imprese pubbliche, e solo quelle, hanno registrato un signi- ficativo aumento degli impieghi, stimato in +4,5% con un incremento in termini assoluti di quasi un miliardo di euro. Il parallelo più calzante con il credit crunch italiano è probabilmente rappre- sentato dalla crisi che investì i paesi del Nord Europa durante primi anni ’90. Ancheinquelcasositrattavadisistemifi- nanziari fortemente “nazional-bancariz- zati”, con limitate alternative per le pic- cole e medie imprese svedesi, finlandesi e norvegesi rispetto ai prestiti veicolati e spesso negati solo dalle banche locali o comunque nazionali. Ebbene, gli effetti del credit crunch furono impressionan- ti; alcuni studi empirici della Banca di Finlandia tenderebbero a dimostrare ad esempio che in Finlandia il credit crunch causò una contrazione del volume di in- vestimento delle imprese tra il 10 e il 15 per cento tra il 1990 e il 1993. Paradossalmente, quello che è stato presentato all’inizio della crisi nel 2008 come un vantaggio del sistema finanzia- rio italiano – diceva Tremonti il suo es- sere un sistema tradizionale, imperniato su banche focalizzate su attività standard e quindi assai diverso dal sistema finan- ziario americano caratterizzato da una miriade di istituzioni finanziarie non tradizionali – può rappresentare il suo svantaggio in questa fase di contrazio- ne ed inasprimento delle condizioni di credito. Scrive Il Sole 24 Ore sulla sua prima pagina di domenica 19 febbraio: “Le imprese dovranno cercare nuovi mer- cati, modificare i paradigmi tecnologi- ci, capitalizzarsi con mezzi propri, ma l’importante è che nel frattempo non continuino a trovarsi di fronte il muro del “rifiuto”. Questo auspicio è ampia- mente condivisibile, ma il ragionamento potrebbe essere ribaltato: se si trovano di fronte il muro del rifiuto le imprese non potranno cercare nuovi mercati, modificare i paradigmi tecnologici, ca- pitalizzarsi con mezzi propri. In effetti, credit crunch significa ridotta capacità dell’economia di riallocare le sue risorse verso le imprese più efficienti, e a que- sto punto la parola dovrebbe passare alla politica e non solo al governo della finanza. GI ERA DAL e Brescia ile ATO el H di Hemis Brescia Luglio ATO Volga Brescia gno ATO RME mare Brescia Giugno RMATO UB EIKH Brescia gio RMATO NE Tour A-KANSAI i no lio A tour ti no Agosto