I webinar di 4Science
Abstract
Come Alberto Salarelli scrive nel suo recente contributo in Bibliotecae.it, la storia delle biblioteche digitali è una “storia complessa”. Sono “uno strumento che ha visto mutare il proprio pubblico di riferimento, prima identificabile sostanzialmente con la platea dei professionisti della ricerca per poi aprirsi progressivamente verso le istanze di un’utenza meno specialistica ma, non di rado, particolarmente ansiosa di usufruire degli immensi patrimoni custoditi negli istituti della memoria collettiva, finalmente accessibili dal proprio computer”. Questo mutamento ci deve far riflettere sulle scelte dei contenuti, sugli obiettivi e su nuove modalità (e approcci) di valorizzazione.
Or2019 DSpace 7 Enhanced submission & workflow
Digital library: riflessioni su scelte e obiettivi. Visibilità delle collezioni, il digitale nativo, il processo di valorizzazione
1. 1
Digital library: riflessioni su scelte e
obiettivi. Visibilità delle collezioni, il digitale
nativo, il processo di valorizzazione
I webinar 4Science
Come Alberto Salarelli scrive nel suo recente contributo in Bibliotecae.it, la storia delle biblioteche digitali è
una “storia complessa”. Sono “uno strumento che ha visto mutare il proprio pubblico di riferimento, prima
identificabile sostanzialmente con la platea dei professionisti della ricerca per poi aprirsi progressivamente
verso le istanze di un’utenza meno specialistica ma, non di rado, particolarmente ansiosa di usufruire degli
immensi patrimoni custoditi negli istituti della memoria collettiva, finalmente accessibili dal proprio
computer”. Questo mutamento ci deve far riflettere sulle scelte dei contenuti, sugli obiettivi e su nuove
modalità (e approcci) di valorizzazione.
2. 2
Digital library: riflessioni su scelte e obiettivi. Visibilità delle collezioni, il
digitale nativo
(a cura di Emilia Groppo)
Annamaria Tammaro, in suo saggio del 20051
ci aiuta a ripercorrere tappe e significati del termine “digital
library”.
“La prima definizione di biblioteca digitale è nata nel 1993 e l’autrice è stata Christine Borgman2
che, in un
periodo in cui veniva usato solo il termine biblioteca elettronica per definire il concetto, usa invece
biblioteca digitale per definire la combinazione di:
• un servizio;
• una architettura di rete;
• un insieme di risorse informative, incluso banche dati testuali, dati numerici, immagini, documenti
sonori e video, eccetera;
• un insieme di strumenti per localizzare, recuperare e utilizzare l’informazione recuperata
Una seconda definizione è stata successivamente data nel 2000 da Arms 3
che focalizza la necessità della
organizzazione e della gestione sia delle collezioni digitali che dei servizi […]. Secondo Arms, la biblioteca
digitale è una collezione di informazioni organizzata insieme ai servizi correlati, dove l’informazione
considerata è in formato digitale e i servizi sono accessibili attraverso la rete”.
Una terza definizione del 1999 di Marchionini e Fox 4
, si focalizza sul servizio e modella la digital library come
un universo in quattro dimensioni:
1. gli utenti, che rappresentano la dimensione socioculturale
2. la tecnologia, che è il motore della biblioteca digitale
3. i servizi che sono essenziali in quanto riguardano la capacità di interagire con la digital library nella sua
accezione più ampia (reference digitale, …)
4. i contenuti che comprendono le diverse tipologie di documento, i formati, …
Alle diverse definizioni si affianca una vera e propria trasformazione che in questi anni ha caratterizzato la
digital library. Una trasformazione che ho seguito da vicino come docente e come Responsabile d’area in
azienda, vista l’esperienza maturata negli ultimi 20 anni. Abbiamo vissuto il passaggio dalla digital library
costituita da soli materiali digitali nativi all’ingresso della digitalizzazione delle collezioni e, in questa prima
fase, di quei materiali speciali o unici, posseduti dalle biblioteche. Fra gli esempi più ricorrenti: Bibbie
purpuree, icunabula o prime edizioni della Divina Commedia.
1
Anna Maria Tammaro, Che cos’è una biblioteca digitale? - Digitalia 2005
2
Christine Borgman. National electronic library report. In: Sourcebook on digital libraries: report for the national
science foundation, ed. Edward A. Fox. Blacksburg (VA): Computer Science Department, 1993, p. 126-147 e Christine
Borgman. What are digital libraries? Competing visions. «Information processing and management», 35 (1999), n. 3, p.
227-243
3
William Y. Arms. Digital libraries. Cambridge (Mass.): MIT Press, 2000.
4
Marchionini G., Fox E.A., 1999. Progress toward digital libraries: augmentation through integration. Journal of
Information Processing and Management, Tarrytown (NY): Pergamon Press, 35(3).
3. 3
In un secondo momento, su impulso di finanziamenti straordinari si sono costruite digital library di (grandi)
mappe e catasti (il progetto Imago ne è un esempio5
), seguite da grandi progetti di emeroteche digitali (spesso
realizzate a livello di grigio o bianco e nero).
L’obiettivo di queste digital library era quello di permettere ad un pubblico più vasto la fruizione di materiali
fragili (carta cellulosa, carta rivista, ecc) senza rovinare l’originale. Erano le biblioteche digitali delle collezioni
“noli me tangere”, per lo più consultabili in locale, la cui introduzione ha di fatto sostituito la fruizione per
microfilm.
Dal 2004-2005 ai giorni nostri si sono succeduti una serie di progetti, sempre su finanziamenti straordinari, di
digitalizzazione e messa on line di manoscritti medievali, pergamene degli archivi ecclesiastici, ancora mappe
o manoscritti musicali. Fino al 2007-2008 queste digital library nascevano senza nessuna attenzione nei
confronti del pubblico dei fruitori. Infatti, gli unici utenti erano le stesse istituzioni che avevano finanziato e
selezionato i materiali.
Il pubblico interessato al materiale era, quindi, costituito essenzialmente da accademici, storici che però, non
ancora avvezzi al mondo digitale, alla fine preferivano fruire della copia fisica originale. Infatti, le statistiche di
utilizzo e consultazione delle digital library fino al 2012 -2013 mostrano dati sconfortanti e un deciso
sottoutilizzo delle piattaforme, di fatto misconosciute.
Concordo, quindi, con Alberto Salarelli quando scrive, nel suo recente contributo in Bibliotecae.it6
, “la storia
delle biblioteche digitali è una “storia complessa””.
Oggi la situazione è in divenire (finalmente) e vede da una parte il tema della tecnologia farsi quanto mai
urgente e centrale, dall’altra c’è una nuova apertura verso pubblici profondamente diversi.
Questo si traduce, prima di tutto, nella necessità che la propria digital library poggi su solide basi
tecnologiche, finanziamenti ordinari e su contenuti studiati e selezionati sulla base anche delle aspettative
dei pubblici. Strutturate e gestite in maniera flessibile e dinamica.
Le prime digital library, le vetrine misconosciute dai motori di ricerca che contenevano materiali unici ma di
poco interesse frutto di finanziamenti straordinari, non hanno resistito all’obsolescenza tecnologica, alcune
sono andate disperse altre si trovano in una sorta di limbo: sono su hard disk o server fuori manutenzione, che
da un momento all’altro possono cessare la loro esistenza. Spesso anche per l’uscita dagli organici del
personale che le ha gestite fino ad oggi.
In questi anni di esperienza abbiamo capito quindi che è fondamentale strutturare la biblioteca digitale su
tecnologie sempre in evoluzione, legate a community internazionali, attive e vitali, solide ed interconnesse
tra loro, supportate dalle grandi istituzioni mondiali e seguite dai principali progetti internazionali.
Da questa consapevolezza deriva la scelta open source e la collaborazione attiva di 4Science con le grandi
community internazionali.
Una scelta che ha portato a realizzare la nostra digital library DSpace-GLAM con DSpace, una fra le più diffuse
piattaforme open al mondo e a impegnarci in prima persona nella definizione degli open standard e nella loro
diffusione.
5
Gabriele Lunati, Imago, BibliotecheOggi 2002
6 Salarelli Alberto, Bibliothecae.it, Vol 8, No 2 (2019)
4. 4
Un impegno a livello strategico, testimoniato dalla presenza dei nostri rappresentanti nel comitato direttivo
(Steering Committee) di DSpace e, a livello più operativo, dai due membri nel DSpace Committers.
Quest’ultimo è l’organismo che ha il controllo autonomo sul codice e costituisce il team di supporto principale
per DSpace. È chiaro, quindi, il coinvolgimento attivo di 4Science nelle scelte e nello sviluppo della piattaforma.
A questo si aggiunge la partecipazione diretta alla realizzazione di parti importanti della nuova release, la rel.7
di DSpace.
Questo approccio, secondo noi, salvaguarda le istituzioni dall’ obsolescenza tecnologica, le libera dai vincoli
degli ambienti proprietari e dalle realizzazioni che vengono definite “locali”. Locali perché risultato
dell’impegno di una specifica realtà che non presentano i vantaggi del respiro internazionale delle community
anche in termini di sostenibilità.
A questi aspetti prevalentemente tecnologici, se ne affianca un altro, parimente importante. Riprendendo la
citazione di Alberto Salarelli7
, possiamo infatti confermare che le digital libraries sono
“uno strumento che ha visto mutare il proprio pubblico di riferimento, prima identificabile
sostanzialmente con la platea dei professionisti della ricerca per poi aprirsi progressivamente verso le
istanze di un’utenza meno specialistica ma, non di rado, particolarmente ansiosa di usufruire degli
immensi patrimoni custoditi negli istituti della memoria collettiva, finalmente accessibili dal proprio
computer”.
Questo mutamento ci deve far riflettere sulle scelte dei contenuti, sugli obiettivi e su nuove modalità (e
approcci) di valorizzazione.
Per analizzare lo sviluppo possibile di ciascuno di questi aspetti, occorre, a nostro parere, una riflessione
propedeutica.
Sia nel caso di recuperare una digital library obsoleta che nella realizzazione di un nuovo progetto digitale è
importante assicurarsi che l’istituzione comprenda che non si tratta di un impegno organizzativo, strutturale
ed economico temporaneo e straordinario come è accaduto troppo spesso in passato. Piuttosto, come tutte
le altre piattaforme tecnologiche (LMS, discovery tools, abbonamenti alle risorse elettroniche, ecc) anche la
digital library deve rientrare nell’ organizzazione ordinaria dell’istituzione.
Alle possibili obiezioni sugli impegni economici, 4Science risponde con la possibilità di attuare un approccio
graduale che può partire anche con risorse iniziali (umane ed economiche) circoscritte. L’importante, secondo
noi, è strutturare un impianto sicuro e duraturo nel tempo in grado di crescere anche con gradualità.
Dobbiamo infatti essere consapevoli che:
1) è difficile immaginare la digitalizzazione completa del patrimonio culturale da subito8
2) è opportuno privilegiare la digitalizzazione del materiale catalogato e per quello non catalogato
portare avanti insieme il processo.
A questi assunti, vale la pena aggiungere una ulteriore riflessione che apre anche nuove opportunità sulle quali
è utile una riflessione.
7
ibidem
8
Jacob Carlo, Dimensionamento e politiche di gestione di una biblioteca digitale, JLis, 2007
5. 5
DSpace nasce come repository istituzionale per rispondere ai bisogni specifici dei sistemi di archiviazione
digitale, focalizzati sul deposito a lungo termine, l'accesso e la preservazione dei contenuti digitali.
Quindi, una piattaforma come DSpace-GLAM mutua le caratteristiche di una digital library con quelle di un
repository istituzionale che può contenere patrimoni digitalizzati e documenti digitali nativi. In questo
modo, oltre ad una più ricca disponibilità di contenuti si evita la dispersione e la perdita della memoria del
nostro tempo!
DSpace-GLAM ottimizza in questo modo impegno economico e organizzativo, crea una soluzione sostenibile
e duratura nel tempo ponendo le basi di una collaborazione fra diversi ambiti della stessa istituzione.
Costruire l’identità della collezione è quindi un passo certamente fondamentale e per farlo occorre creare le
condizioni di incontro fra materiali disponibili e strumenti deputati a favorire la loro fruizione. Dobbiamo
rilevare che, purtroppo, in molti casi l’istituzione si trova anche a dover fare i conti con patrimoni digitali frutto
di scelte passate, spesso basate sui gusti ed interessi culturali di singoli conservatori o patrimoni digitali
risultato di digitalizzazione on demand.
Questo significa che è indispensabile un miglioramento dell’impianto complessivo puntando sulla capacità di
far coesistere collezioni diverse e su una migliore presentazione dei contenuti.
Agli strumenti di natura tecnologica occorre affiancare anche adeguate scelte strategiche. I primi sono messi
a disposizione da piattaforme come DSpace-GLAM, le scelte strategiche discendono dall’applicazione dei nuovi
approcci di marketing culturale che agiscono sul processo di valorizzazione.
Nel caso di DSpace-GLAM, il suo data model dinamico e le sue componenti consentono di
1) gestire raccolte, collezioni, fondi nel pieno rispetto degli standard di ambito (ICCU, ICCD, ICAR)
2) realizzare la convivenza di patrimoni diversi con un approccio GLAM-MAB
3) migliorare le modalità e possibilità di fruizione con la IIIF compliance, il framework della community
internazionale con cui 4Science collabora dal 2017. Grazie a IIIF sono a disposizione
a. modalità di navigazione coinvolgenti e, nello stesso tempo, particolarmente efficaci per la
ricerca e lo studio
b. l’accesso ad immagini ad altissima risoluzione, con funzioni di zoom, ricerca di contenuti
testuali (OCR), possibilità di fare annotazioni e condivisioni, restauro digitale attraverso il
photo-editing, ecc
6. 6
4) valorizzare le collezioni (ad esempio materiale di interesse locale, costruzione di identità
documentale/bibliotecaria)
5) riorganizzare virtualmente collezioni fisicamente frammentate, costruire percorsi, allestire mostre
6) integrare documenti di varia natura (ad esempio testo scritto e registrazione sonora o video)
7) completare virtualmente le collezioni attraverso l’interazione e il confronto con altre collezioni digitali
IIIF compliant anche remote (con funzionalità simili a quelle del progetto Mirador)
8) promuovere l’immagine della biblioteca (funzione di “vetrina” anche nei social)
9) supportare attività istituzionali o esterne (didattica, ricerca, convegni, mostre)
10) partecipare a progetti collettivi
11) costruire e gestire la struttura di entità e relazioni.
Quest’ultima, in particolare, rappresenta una risposta efficace alla varietà di dati multidisciplinari che
caratterizzano i patrimoni culturali e devono essere analizzati insieme a tutte le informazioni di contesto:
persone, luoghi, spazi, tempi, …
DSpace-GLAM aiuta, quindi a comporre il quadro di una consapevole progettazione complessiva di
allestimento ed esercizio nel tempo della collezione digitale e a rispondere alle finalità definite per il progetto
di digitalizzazione nel suo complesso, nel quadro della mission dell’istituzione e asupporto della realizzazione
della sua vision.
7. 7
Il processo di valorizzazione
(a cura di Anna Busa)
Mission e vision due concetti profondamente diversi ma strettamente legati, come due facce della stessa
medaglia. La mission è lo scopo dell’istituzione, il motivo della sua esistenza e della sua unicità che la rende
diversa da tutte le altre. La vision è la proiezione di uno scenario futuro. Oggi, nell’impresa privata, mentre la
mission rimane strettamente pragmatica, focalizzata sul presente, la vision si è orientata verso “ciò che
intendiamo fornire ai clienti in base ai loro desideri”.
“Questo ha portato a privilegiare messaggi pubblicitari che fanno leva sul motivo per cui devi
acquistare, sulla sensazione che provi a seguito dell’acquisto e non tanto sul prodotto. È il marketing
umanistico, che privilegia empatia, coinvolgimento, emozione, avendo ben chiaro che: “le decisioni dei
consumatori nascono dalle loro percezioni”
Nel mondo culturale e nelle biblioteche, certamente non parliamo di consumatori ma alcuni spunti
sono effettivamente presenti anche nelle caratteristiche dei nostri utenti che potremmo spingerci a
definire “consumatori di cultura”.9
Un importante cambio di prospettiva, che sposta l’attenzione dal prodotto /servizio al bisogno/desiderio trova
la sua descrizione nei nuovi scenari digitali che ci coinvolgono tutti e dal
“superamento della funzione di propagazione dei contenuti, tipica dei mass-media, e dal passaggio a
un ambiente che vede il ruolo attivo dell’utente. Diffusione e promozione si trovano, quindi, a dover
superare la fase descrittiva e di tipo broadcast per entrare in una più ampia dimensione di proposizione
attiva”10
.
È una trasformazione che permea in maniera liquida tutta la nostra società, senza distinzioni e trova
applicazioni e declinazioni nei diversi ambiti. Fra questi anche la cultura, le sue istituzioni e, più in generale,
tutte le organizzazioni culturali.
La conseguenza è la richiesta e la necessità di uscire dagli ambiti strettamente accademici e scientifici e aprirsi
ad una “conversazione” aperta.
“Come scrive Chiara Faggiolani11
che, rifacendosi a quanto scritto da Anna Galluzzi12
, c’è un elemento che
“le biblioteche non possono più fare a meno di considerare: conoscere le logiche
sottese alle azioni di consumo significa avere uno strumento in più per comprendere
anche le ragioni dell’uso e del non uso del servizio” […]
“il fatto di considerare la fruizione del servizio bibliotecario parte dell'area di consumo
della vita dell'individuo, non deve essere letta come l'ennesima forma di privazione
dello specifico della disciplina biblioteconomica, piuttosto come l'aggiornamento di
una prospettiva - quella gestionale - che nel corso degli ultimi anni è profondamente
9
Busa Anna, Come facilitare l’incontro con i pubblici della biblioteca, Editrice Bibliografica, 2020
10
Busa Anna, Come fare marketing digitale in biblioteca, Editrice Bibliografia, 2019
11
Faggiolani Chiara, La ricerca qualitativa per le biblioteche- Verso la biblioteconomia sociale - Editrice Bibliografica
2012
12
Galluzzi Anna, Biblioteche per la città, Nuove prospettive di un servizio pubblico, Carocci, 2009 p. 48
8. 8
cambiata e dalla quale anche la biblioteconomia (gestionale, appunto) ha tratto
importanti contributi.”13
Inoltre,
“accettare l'idea che la biblioteca sia anche una forma di aggregazione sociale
significa prendere atto di quanto la fisionomia della biblioteca stessa venga plasmata
dagli utenti, dai loro comportamenti e dal loro nuovo modo di aggregarsi”14
.
La conseguenza naturale di questa attenzione si traduce in scelte strategiche e azioni conseguenti
opportunamente collocate nei processi che sono alla base della promozione e valorizzazione dei servizi
non solo della biblioteca, ma anche del museo, dell’archivio, di tutte le istituzioni e organizzazioni
culturali, soprattutto per quanto riguarda gli ambiti digitali15
.
Le digital libraries rappresentano uno degli strumenti più interessanti e potenti perché possono portare alla
strategia di marketing culturale contenuti fino ad ora poco utilizzati e, in molti casi, di fortissimo impatto.
Questi contenuti devono inserirsi nella comunicazione di tutte le organizzazioni culturali (biblioteche, musei,
archivi, fondazioni pubbliche e private, …), non come presenze casuali, connotate da granularità e
frammentazione (come descritto in modo efficace da Gino Roncaglia nel suo L’età della frammentazione16
),
ma all’interno di un piano strategico di marketing culturale che deve comunicare l’Istituzione, i patrimoni, i
servizi.
Il piano strategico di marketing è un processo definito e strutturato in fasi precise, che parte dall’analisi degli
scenari (interno ed esterno) per posizionare l’istituzione nel suo territorio e nella relazione con gli stakeholders
e studiare quanto internamente è stato fatto per realizzare la sua missione e quanto si deve fare per raggiugere
gli obiettivi di vision. Per fare questo si raccolgono tutti i dati e le informazioni che abbiamo a disposizione
riguardanti brand, presenza in rete, strumenti già adottati, …
13
Idem, pag. 24
14
Idem, pag.24
15
Busa Anna, Come facilitare l’incontro con i pubblici della biblioteca, Editrice Bibliografica, 2020
16
Roncaglia Gino, L’età della frammentazione, Laterza, 2018
9. 9
Il ruolo del brand è certamente uno degli elementi più importanti da rilevare e da implementare. Come scrive
Kapferer:
“Un brand è un desiderio condiviso ed un’idea esclusiva rappresentati in un prodotto, servizio, luogo o
esperienza”.
Il design e l’uso di elementi visuali sono necessari, ma quello che rende unico il brand di una istituzione
culturale è l’espressione del suo valore, del suo ruolo sociale. La biblioteca, l’archivio, il museo, parafrasando
Kapferer, ogni istituzione culturale, è un’idea esclusiva e unica.
Riprendendo l’esame del processo di marketing, dopo il brand, proseguiamo con la scelta del modello di
strategia marketing più opportuna.
Una delle più interessanti è senza dubbio l’inbound che ha la caratteristica (e il pregio) di trasformare il
marketing dell’interruzione che cattura l’attenzione dell’utente interrompendo la sua attività (è, per
intenderci, quello delle pubblicità in televisione, delle telefonate a tutte le ore, dei banner che oscurano i siti,
…) in marketing del coinvolgimento.
“Nell’inbound marketing si creano, invece, le condizioni per le quali il nostro potenziale utente viene
attratto dalla proposta di servizi che troverà in rete nel corso delle sue ricerche. In questo caso, quindi,
è l’inbound che favorisce l’incontro con l’utente facendo in modo che sia lui stesso a cercare e trovare
la biblioteca e i suoi servizi.”17
Tutto questo è possibile attraverso il suo percorso in 4 fasi e anche grazie a strumenti e attività quali, ad
esempio, l’applicazione delle regole SEO18
per rendersi visibili e comprensibili da Google, l’introduzione dell’e-
mail marketing, la presenza sui social e, soprattutto, il cambiamento (radicale) del linguaggio. Un linguaggio
che deve trasformarsi e lasciare da parte l’istituzionalese per rendersi comprensibile.
Ma quello che riveste un ruolo centrale nel processo è l’individuazione del target di riferimento.
“Per target tradizionalmente si intende il gruppo di consumatori a cui si rivolge un prodotto o un’azione
commerciale di un’azienda, nel nostro caso, ad esempio gli utenti di servizi erogati dalla biblioteca.
Contiene, quindi, il concetto di destinazione. La definizione o meglio, l’individuazione del target di un
prodotto o servizio si basa principalmente sulla raccolta di dati quantitativi”19
,
di tipo sociodemografico, necessari per rispondere alla domanda: chi è il nostro target?
A questo tipo di informazioni si aggiungono indicazioni sui dati transazionali, quelli che in ambito privato si
riferiscono ai comportamenti d’acquisto.
17
Busa Anna, Come facilitare l’incontro con i pubblici della biblioteca, Editrice Bibliografica, 2020
18
Con il termine ottimizzazione per i motori di ricerca (in lingua inglese Search Engine Optimization, in acronimo SEO) si
intendono tutte quelle attività volte a migliorare la scansione, l'indicizzazione ed il posizionamento di un'informazione o
contenuto presente in un sito web o una pagina, da parte dei crawler dei motori di ricerca (quali ad esempio Google,
Yahoo!, Bing, Yandex, Baidu ecc).
19
ibidem
10. 10
Nel nostro caso, ad esempio, il comportamento d’acquisto può interessare la tipologia dei materiali
maggiormente richiesti in prestito o consultati (libri, ebook, video, audiolibri), i generi, gli autori, la
partecipazione ad iniziative (rilevazione del numero dei partecipanti) ecc.
I dati però non sono tutto, infatti abbiamo la necessità di aggiungere a cosa proporre anche il come proporlo.
Come sostiene David Meerman Scott (economista e scrittore statunitense, specializzato in marketing e
strategie di vendita) occorre cercare di comprendere le diverse “strutture di pensiero” e compiere la
trasformazione da target a personas.
“Il termine persona in inglese ha il significato di personaggio, anche nell’accezione di immagine
pubblica di un individuo. Le personas sono archetipi sviluppati per rappresentare le caratteristiche
principali dei nostri utenti. Ci aiutano a raffigurare comportamenti, bisogni, desideri, problemi,
caratteristiche. Attraverso il loro tramite possiamo visualizzarne i modelli, superando numeri e
statistiche che descrivono preferenze e comportamenti generici. Il fine è migliorare tipologia e
caratteristiche dei servizi rendendoli il più possibile in linea con le aspettative (bisogni espressi e
inespressi).
Le personas non sono, quindi, utenti reali, ma ci aiutano a descrivere esempi di persone reali. […].20
”
Meerman Scott afferma, e in questo c’è lo spunto vincente, che l’idea che sta alla base del concetto di personas
è quella di comprendere talmente bene il tuo target, le sue esigenze, i bisogni espressi e inespressi, da iniziare
praticamente a ragionare, a pensare come lui.
Solo se inizieremo questo processo di ripensamento potremo entrare in una relazione empatica con i nostri
pubblici-
E allora anche per la digital library disegniamo le personas, scopriamo cosa interessa loro, come
desidererebbero muoversi all’interno delle collezioni digitali. Tutto questo per iniziare a pensare “anche”
come loro e creare nuove occasioni di incontro.
Come fare? Usiamo un approccio fuori dagli schemi, out-of-the-box. Cambiamo prospettiva, guardiamo i nostri
patrimoni da altri punti di osservazione.
Entriamo nel mondo delle analisi qualitative, creiamo nuove opportunità di incontro con nuovi interlocutori.
Che ci raccontino cosa per loro è importante. La rete è, in questo, essenziale. Aprire aree di conversazione nei
social o in altri spazi digitali può aiutarci a capire e, quindi, a cambiare. Andiamo oltre i questionari di
gradimento.
Usiamo metodi come il Design Thinking che offre nuovi spunti e che ci ricorda che
“[…] l’innovazione è soprattutto uno stato d’animo. Vi ricordate come tutto sembrava nuovo
quando avete iniziato a lavorare in biblioteca e quanti sogni e speranze avevate? Riaccendete
queste speranze perché il design thinking sta tutto nell’approcciare i problemi e le sfide con
occhi nuovi. Ti senti ottimista e curioso? “21
20
ibidem
21
Model Program for Public Libraries: https://modelprogrammer.slks.dk
11. 11
Ottimo, allora possiamo incominciare a cambiare. Creiamo un gruppo di lavoro con colleghi e persone
“esterne” al nostro ambiente: docenti, utenti, cittadini con quali abbiamo occasione di incontrarci in varie
occasioni (presentazioni di libri, incontri con l’autore, mostre, …).
Usiamo strumenti come la mappa dell’empatia e il diagramma di affinità, ragioniamo in termini di audience
engagement e di audience development.
Ricordando che l’audience development comprende oltre al concetto di sviluppo anche quello di eterogeneità
dei pubblici della rete e l’audience engagement esprime la capacità di creare le condizioni di un coinvolgimento
sempre più empatico dei pubblici stessi.
Quest’attenzione al pubblico di riferimento e l’analisi periodica delle sue mutazioni nel tempo dovranno
guidarci non solo nella scelta delle risorse digitali da proporre ai pubblici ma anche nelle scelte strategiche
relative alle nuove collezioni e ai nuovi progetti digitali.
Usiamo piattaforme, come DSpace-GLAM, che ci offrono servizi di navigazione e modalità di fruizione che
creano spazi per inedite suggestioni e ci mettono nella condizione di offrire nuovi percorsi da esplorare e saperi
da condividere. Così da realizzare (e offrire) una digital library che esca dai vincoli degli approcci tradizionali.
Questo non porterà soltanto l’acquisizione di nuovi pubblici, di una maggiore visibilità verso l’esterno ma
aiuterà anche a dare quella giusta visibilità interna al lavoro di tanti professionisti della cultura e ai progetti
realizzati, troppo spesso non valorizzati e da rivalutare adeguatamente.
12. 12
www.4science.it - academy@4science.it
Chi siamo
4Science è stata fondata nel 2016 per supportare università, istituti di ricerca e culturali di tutto il mondo nella
gestione e realizzazione di progetti digitali. Garantiamo la piena conformità agli standard metodologici e
scientifici internazionali e supportiamo fortemente i protocolli open source, open standard e di
interoperabilità. Il team di esperti di 4Science ha acquisito decenni di competenza ed esperienza nel dominio
derivante da numerose collaborazioni con università e istituti di ricerca.
Emilia Groppo
Specializzata in Archeologia e Storia dell’arte, è docente a contratto di “Tecnologie per i beni culturali” presso
l’Università degli Studi di Milano. In 4Science è Team Leader del settore Digital Humanities. È stata project
manager nel settore Beni Culturali nei consorzi interuniversitari per l’ICT Cilea e Cineca, dove ha promosso e
guidato un’unità operativa che ha realizzato numerosi progetti, fra cui alcune delle più grandi Digital Library
in Italia, di cui è stata responsabile e coordinatrice per l’avvio e dell’implementazione. Nel corso della sua
ormai pluridecennale esperienza professionale è stata per molti anni responsabile del polo SBN di tutte le
università lombarde e responsabile dell’informatizzazione di molte biblioteche e archivi storici italiani tra cui
la Biblioteca Nazionale Braidense di Milano. Altre informazioni su: https://www.linkedin.com/in/emilia-
groppo-7257313b
Anna Busa
È consulente di Marketing Digitale per 4Science. Formazione umanistica (liceo classico) e scientifica (una
laurea in fisica), si è formata come marketing specialist presso la Direzione Marketing Mondo dell’Olivetti a
Ivrea. Negli anni, con l’azienda in cui ha trascorso gran parte del percorso professionale successivo, ha
ricoperto il ruolo di responsabile marketing operativo per il mercato privato (settori edilizia, industria,
commercio, aziende di servizi). Successivamente, Marketing Manager della società e anche dell’area Cultura.
Oggi, conclusa l’esperienza aziendale, è senior consultant e si occupa, in particolare di strategie di digital
marketing per la promozione e valorizzazione delle istituzioni culturali. Relatore in convegni, docente ospite
presso il Dipartimento Beni Culturali del Campus di Ravenna dell’Università degli Studi di Bologna, svolge
attività di docenza per l’AIB Associazione Italiana Biblioteche e per altre organizzazioni del settore. È autrice
nel 2019 di “Come fare marketing digitale in biblioteca” e, nel 2020, di “Come facilitare l’incontro con i pubblici
della biblioteca” (Editrice Bibliografica). Profilo Linkedin: https://www.linkedin.com/in/anna-busa/
13. 13
Bibliografia
Arms William Y., Digital libraries. Cambridge (Mass.): MIT Press, 2000.
Borgman Christine, National electronic library report. In: Sourcebook on digital libraries: report for the national
science foundation, ed. Edward A. Fox. Blacksburg (VA): Computer Science Department, 1993, p. 126-147
Borgman Christine, What are digital libraries? Competing visions. «Information processing and management»,
35 (1999), n. 3, p. 227-243
Busa Anna, Come facilitare l’incontro con i pubblici della biblioteca, Editrice Bibliografica, 2020
Busa Anna, Come fare marketing digitale in biblioteca, Editrice Bibliografia, 2019
Faggiolani Chiara, La ricerca qualitativa per le biblioteche- Verso la biblioteconomia sociale - Editrice
Bibliografica 2012
Galluzzi Anna, Biblioteche per la città, Nuove prospettive di un servizio pubblico, Carocci, 2009 p. 48
Jacob Carlo, Dimensionamento e politiche di gestione di una biblioteca digitale, JLis, 2007
Lunati Gabriele, Imago, BibliotecheOggi, 2002
Marchionini G., Fox E.A., 1999. Progress toward digital libraries: augmentation through integration. Journal of
Information Processing and Management, Tarrytown (NY): Pergamon Press, 35(3).
Roncaglia Gino, L’età della frammentazione, Laterza, 2018
Salarelli Alberto, Bibliothecae.it, Vol 8, No 2 (2019)
Tammaro Anna Maria, Che cos’è una biblioteca digitale? - Digitalia 2005