18 bellini et atelier la déploration sur le christ mort_bondetti
1 crippa paolo veneziano, incoronazione della vergine, polittico di santa chiara_crippa
1. PAOLO
VENEZIANO,
Incoronazione
della
Vergine,
Polittico
di
Santa
Chiara
Venezia,
Gallerie
dell’Accademia
Tavole
fondo
oro
Complessivamente:
128
x
286
Tavola
centrale:
cm
98
x
63
Tavole
laterali:
cm
40
x
45
Coronamento,
sei
tavole:
cm
26
x
19
e
quattro
tavole:
23
x
7
cm
Due
tavole
al
sommo:
cm
30
x
16
Provenienza:
chiesa
veneziana
di
santa
Chiara,
secondo
le
indicazioni
degli
elenchi
demaniali
e
come
confermano
anche
le
immagini
francescane
del
coronamento
e
soprattutto,
nell’episodio
della
morte
di
san
Francesco,
la
piccola
monaca,
probabile
committente
del
po-‐
littico.
Acquisizione:
1812,
con
le
soppressioni.
La
tavola
centrale,
portata
erroneamente
a
Brera
nel
1808,
venne
ricongiunta
al
complesso
solo
nel
1950.
Restauri:
striscia
lacunosa
lungo
il
margine
in
basso
delle
due
storie
dell’ordine
inferiore
a
de-‐
stra
che
un
restauro,
probabilmente
ottocentesco,
ha
riempito
completando
quanto
mancava
delle
figure
e
del
terreno.
Nel
restauro
del
1951
si
è
levato
un
sottile
strato
di
doratura
a
ver-‐
nice
steso
sopra
l’oro
originale
ma
si
è
mantenuta
l’aggiunta
rendendo
però
visibile
lo
stacco
dalla
parte
originale.
La
cornice,
per
quanto
rimaneggiata,
è
in
gran
parte
quella
antica,
re-‐
staurata
nel
1830
venne
ricostruita
della
parte
centrale
superiore
e
completamente
ridorata
(Moschini
Marconi
1955).
L’ultimo
restauro
è
del
1951
(Nepi
Scirè
1998).
Al
centro,
l’Incoronazione
della
Vergine.
Ai
lati
le
Storie
di
Cristo,
a
sinistra,
nella
parte
supe-‐
riore
l’Adorazione
dei
Magi
e
il
Battesimo
di
Cristo;
in
quella
inferiore
l’Ultima
Cena
e
l’Orazione
nell’Orto
e
la
cattura
di
Cristo,
riuniti
in
un'unica
scena.
A
desta,
nel
registro
supe-‐
riore
l’Andata
al
Calvario
e
la
Crocifissione;
in
quello
inferiore
la
Resurrezione
e
il
Noli
me
tangere,
riuniti
anch’essi
in
un’unica
scena,
e
l’Ascensione.
Nel
coronamento
superiore,
a
sini-‐
stra:
la
Pentecoste,
san
Matteo,
la
vestizione
di
santa
Chiara,
san
Giovanni,
san
Francesco
ren-‐
de
le
vesti
al
padre;
a
destra,
san
Francesco
riceve
le
stimmate,
san
Marco,
morte
di
san
Fran-‐
cesco,
san
Luca,
Cristo
Giudice;
al
centro,
i
due
profeti
Isaia
e
Daniele.
Come
notato
dal
Muraro
(1969),
il
polittico
ha
una
forma
insolita:
una
sorta
di
combinazione
tra
il
paliotto
di
origine
bizantino,
con
le
storie
della
vita
un
santo
collocate
ai
lati
2. del’immagine
centrale,
e
il
politico
gotico,
con
la
teoria
dei
santi
posti
a
destra
e
a
sinistra
della
scena
centrale
dove,
solitamente,
è
raffigurato
un
episodio
della
vita
del
Cristo
o
della
Vergine.
L’opera
viene
citata
per
la
prima
volta
nella
guida
del
Moschini
(1815)
in
base
all’elenco
di
Pietro
Edwards,
il
quale
sottolineava
le
differenze
di
stile
con
le
opere
di
Lorenzo
Veneziano
e
ne
proponeva
come
autore
il
Semitecolo.
Invece
il
pannello
centrale,
allora
a
Bre-‐
ra,
era
ritenuto
di
Lorenzo
veneziano.
Tale
attribuzione
rimase
finche
Cavalcaselle
e
Crowe
(1864)
non
la
dichiararono
errata
ma
pur
puntualizzando
l’epoca
verso
la
metà
del
‘300
non
si
pronunciarono
sul
nome
del
probabile
autore.
Della
stessa
opinione
era
Lionello
Venturi
(1906),
al
contrario
di
Testi
(1909)
che
riprese
la
vecchia
attribuzione
a
Lorenzo
Veneziano
ma
indicò
la
presenza
di
più
mani
nella
realizzazione
dell’opera.
La
sua
ipotesi
fu
poco
dopo
contraddetta
da
Fogolari
(1913)
che,
pur
non
negando
la
presenza
di
più
mani,
negò
l’attribuzione
a
Lorenzo
Veneziano
e
per
primo
accostò
il
polittico
con
alcune
opere
che
ver-‐
ranno
assegnate
dalla
critica
a
Paolo
Veneziano
come
la
Madonna
con
i
donatori
(Gallerie
dell’Accademia,
Venezia)
e
la
lunetta
del
monumento
funebre
del
doge
Francesco
Dandolo
ai
Frari,
allora
conservato
nella
sacrestia
della
Salute.
A
partire
dal
Catalogo
del
Fiocco
del
1924
si
accostò
all’opera
il
nome
di
Paolo
(“fine
pittore
bizantineggiante
assai
prossimo
a
Maestro
Paolo”),
lo
stesso
autore
proposto
dal
Van
Merle
(1924)
nello
stesso
anno.
L’attribuzione
ven-‐
ne
unanimemente
accettata
dalla
critica
pur
con
qualche
riserva
sull’eventuale
collaborazione
della
bottega
nelle
storie
(Vavalà
1930).
Sulla
datazione
dell’opera
la
critica
ha
lungamente
dibattuto
e
proposto
ipotesi
che
va-‐
riano
dalla
fase
giovanile
di
Paolo
fino
alla
sua
fase
più
avanzata.
Inizialmente
venne
accettata
l’ipostesi
di
Van
Marle
(1924)
che
aveva
proposto
una
datazione
poco
dopo
la
Dormitio
di
Vi-‐
cenza
(1333),
in
seguito
il
Longhi
(1946)
lo
sposta
verso
la
metà
del
‘300
sottolineando
che
“il
ritmo
stravolto
dell’angelo
suonatore
in
basso
al
trono
non
è
per
esempio
senza
ricordo
di
motivi
bolognesi
verso
il
‘50”
.
Ipotesi
condivisa
da
Pallucchini
(1954-‐1955,
1964,
1966)
e
da
Muraro
(1969)
e
anche
dai
contributi
più
recenti
come
quelli
di
Scirè
Nepi
(1991),
d’Arcais
(1992,
1994),
Sponza
(1997)
e
Lorenzoni
(1997)
che
datano
il
polittico
al
sesto
decennio
del
Trecento.
Solo
il
De
Marchi
(1995)
è
dell’opinione
che
vera
collocazione
del
polittico
è
tra
la
pala
di
Vicenza
(1333)
e
la
Coperta
della
Pala
d’Oro
(1345)
ritenendo
un
equivoco
il
presunto
ritorno
a
uno
stile
bizantineggiante
dopo
il
1350
per
Paolo,
artista
ormai
solidamente
affer-‐
mato
e
legato
ormai
a
una
committenza
che
non
avrebbe
accettato
un
così
radicale
ritorno
all’indietro.
Pedrocco
(2003)
condivide
quest’ultima
opinione
anche
se
accusa
De
Marchi
di
eccessiva
prudenza
per
il
periodo
di
tempo
toppo
ampio
e
propone
di
rifarsi
alla
datazione
di
Van
Marle
e
al
confronto
da
lui
proposto
con
il
polittico
che
si
trovava
nella
chiesa
di
San
Lo-‐
3. renzo
a
Vicenza
nel
1333
di
cui
il
polittico
di
santa
Chiara
appare
il
compimento
per
il
termine
post
quem
e
alla
serie
delle
Madonne
(Museo
diocesano
di
Padova
già
convento
di
Sant’Alvise
a
Venezia
e
collezione
Crespi
a
Milano)
realizzate
tra
il
1336
e
il
1340
per
quello
ante
quem.
La
datazione
del
polittico
si
troverebbe
quindi
fissata
tra
il
1333
e
il
1336.
Questo
polittico
è
sempre
stato
considerato,
accanto
alla
già
citata
Dormitio,
come
l’espressione
più
tipica
del
bizantinismo
di
Paolo.
Bizantinismo
che
qui
si
complica
e
si
accen-‐
tua
a
tal
punto
che
ha
fatto
addirittura
supporre
un
suo
possibile
viaggio
a
Costantinopoli,
da
cui
avrebbe
attinto
queste
nuove
suggestioni.
Ma
se
ciò
è
vero
specialmente
per
l’iconografia
delle
storie
evangeliche
e
per
il
particolare
calligrafismo
delle
loro
lumeggiature,
sono
tuttavia
significativi
i
richiami
alle
figurazioni
giottesche
nelle
storie
di
san
Francesco
nonché
gli
ele-‐
menti
gotici
in
particolare
negli
ornati
delle
figure
al
centro.
L’artista
alterna
l’aulico
e
prezio-‐
so
linguaggio
bizantino
della
parte
centrale
-‐
con
la
sua
iconica
fissità
che
ben
si
adatta
ad
un
evento
fuori
dal
tempo
e
dallo
spazio
reali
-‐
con
precisi
riferimenti
alla
cultura
occidentale
nel
narrativo
svolgersi
delle
“storie”.
Nel
progressivo
sviluppo
delle
forme
espressive
di
Paolo
Veneziano
verso
uno
stile
maggiormente
gotico
e
libero
dei
retaggi
della
cultura
bizantina,
il
Polittico
di
Santa
Chiara
e
un’opera
di
eccezionale
importanza
in
cui
convivono
le
ultime
lu-‐
meggiature
dorate
del
mondo
bizantino
(registri
inferiori
delle
scene
della
vita
di
Cristo)
e
una
nuova
capacità
narrativa
in
grado
ora
di
dare
una
maggiore
individualità
ai
personaggi,
di
collegarli
tra
di
loro
in
maniera
dinamica
e
di
inserirli
in
ambienti
naturalistici
(registro
supe-‐
riore
con
storie
di
santa
Chiara
e
san
Francesco).
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LORENZONI,
Retaggio
bizantino,
classicismo
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apporto
occidentale
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Duecento
e
Trecento,
in
G.
ROMANELLI,
Vene-‐
zia.
L'arte
nei
secoli,
Udine
1997.
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SCIRÈ,
Gallerie
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Venezia,
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Trecento
adriatico:
Paolo
Veneziano
e
la
pittura
tra
Oriente
e
Occidente,
Cinisello
Balsamo
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Paolo
Veneziano,
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