3 crippa lorenzo veneziano, polittico dell’annunciazione e santi_crippa
1. LORENZO
VENEZIANO,
Polittico
dell’Annunciazione
e
Santi,
1371
Venezia,
Gallerie
dell’Accademia
Annunciazione
con
i
santi
Gregorio,
Giovanni
Battista,
Giacomo
e
Stefano
Tempera
su
tavola
fondo
oro
Tavola
centrale:
cm
111
x
54
Tavole
laterali:
cm
94
x
24
Acquisizione:
1816
Provenienza:
Venezia,
collezione
Giustinian
o
Molin
(?)
Restauri:
primo
restauro
conosciuto
realizzato
nel
1832
da
Santi
(Moschini
Marconi
1955).
Nel
1949
ulteriore
restauro
del
Pelliccioli
e
aiuti
(Marconi
1949)
che
ha
tolto
le
ridorature
di
fondo
mettendo
in
luce
la
doratura
originaria,
alquanto
consunta,
e
alcuni
completamenti
so-‐
prattutto
nell’Angelo
e
nel
Padreterno
con
Colomba.
Ultimo
intervento
di
pulitura
nel
1988
(Nepi
Scirè
1998).
Attualmente
le
cinque
tavole
sono
prive
della
carpenteria
originale
e
leg-‐
germente
rifilate
nella
parte
superiore.
Iscrizioni:
sul
gradino
del
trono
nella
tavola
centrale:
MCCCLXXI
LAURE(N)CI(US)
PINSIT
nella
tavola
centrale:
[AVE]
MARIA
GRATIA
PLENA;
nei
pannelli
laterali:
S(ANC)TUS
NICOLAUS;
S(ANC)TUS
IOH(ANN)ES
BATISTA;
S(ANC)TUS
IACOBUS;
S(ANC)TUS
STEFANUS;
nel
cartiglio:
ECCE
AGNUS
DEI,
ECCE
QUI
TOLIS
PECATA
MUNDI,
MISERERE
NOBIS
Opera
degli
ultimi
anni
di
attività
di
Lorenzo,
viene
realizzata
dopo
il
polittico
per
san
Giaco-‐
mo
Maggiore
a
Bologna
(1368)
e
quello
della
Traditio
Clavium
(1370);
polittici
caratterizzati
da
un
rinnovato
interesse
per
Guariento
(a
partire
dal
1365
Guariento
inizia
a
dipingere
l’Incoronazione
della
Vergine
sulla
parete
est
della
sala
del
Maggior
Consiglio)
e
contraddistin-‐
ti
da
un
naturalismo
gotico
che
unisce
al
gusto
per
i
dettagli
narrativi
e
ambientali,
la
vivacità
espressiva
e
la
mimica
dei
volti.
Già
in
questo
periodo
è
visibile
quella
tendenza
“neogiotte-‐
sca”,
caratterizzata
da
una
più
accentuata
volumetria
dei
corpi,
che
avrà
il
suo
culmine
pro-‐
prio
nel
polittico
dell’Annunciazione
ma
che
verrà
presto
abbandonata
a
favore
di
un
nuovo
linguaggio
che
si
stava
diffondendo
in
Italia
settentrionale
e
che
aveva
ad
Avignone
uno
dei
suoi
maggiori
centri
di
produzione.
L’originale
destinazione
del
polittico
dell’Annunciazione
è
ignota
ma
si
può
probabil-‐
mente
identificare
l’opera
con
quella
ricordata
nella
collezione
Giustinian
o
Molin,
firmata
da
Lorenzo
e
datato
1371,
dall’abate
Mauro
Boni
(1808)
tra
le
pitture
da
poco
riscoperte
a
Vene-‐
zia.
Secondo
il
Caffi
(1888)
inoltre
il
polittico
si
trovava
in
deposito
nella
Scuola
grande
di
San
2. Giovanni
Evangelista
e
raggiunse
le
collezioni
delle
gallerie
nel
1816
dalla
collezione
Molin
con
un
legato.
Nel
comparto
centrale
dell’opera
viene
riproposta
l’Annunciazione
del
polittico
Lion
(1357-‐1359)
ma
introducendo
alcune
importanti
modifiche:
la
struttura
architettonica
del
trono
messo
a
tre
quarti,
il
piccolo
libro
in
grembo
a
Maria
e
soprattutto
il
prato
fiorito
ai
pie-‐
di
dei
personaggi.
Innovazione
che
verrà
ampliamente
sviluppata,
in
seguito,
dal
gotico
inter-‐
nazionale
e
che
vede
qui
una
delle
sue
prime
rappresentazioni
preannunciata
dallo
stesso
au-‐
tore
nella
Madonna
dell’umiltà
di
Santa
Maria
Maggiore
a
Trieste
e
nelle
tavolette
del
museo
di
Berlino.
Nonostante
la
critica
abbia
espresso
duri
giudizi
nei
confronti
dell’opera
per
la
ripetiti-‐
vità
e
la
stanchezza
nella
creazione
e
per
l’aspetto
goffo
e
impacciato
delle
figure,
soprattutto
dell’arcangelo
Raffaele,
non
manca
mai
l’elevata
perizia
tecnica
del
pittore
che
si
manifesta
con
migliori
risultati
nei
raffinati
accostamenti
cromatici,
nella
sovrabbondanza
dei
decori
a
missione
(veste
di
santo
Stefano)
e
nella
lavorazione
della
lamina
d’oro
(pendagli
a
conchiglia
sull’abito
di
san
Giacomo).
Come
accennato
sopra
l’opera
non
ebbe
molto
successo
in
sede
critica:
sia
Testi
(1909)
che
Van
Marle
giudicarono
che
sia
nella
tecnica
che
nel
colorito
non
vi
fosse
un
progresso
co-‐
stante.
Tuttavia
Van
Marle
fu
il
primo
a
porre
l’accento
sull’uso
del
prato
fiorito
e
il
successo
che
questa
novità
ebbe
in
età
tardogotica.
Soltanto
a
partire
dagli
anni
quaranta
e
cinquanta
il
giudizio
sarà
meno
severo
e
il
polittico
verrà
considerato
come
un
esempio
del
percorso
com-‐
piuto
dall’autore
verso
uno
stile
gotico
pienamente
occidentale
come
rilevato
da
Pietro
Toesca
(1951).
E
mentre
Roberto
Longhi
(1947)
sottolinea
ancora
l’uso
del
prato
di
fiori,
Rodolfo
Pal-‐
lucchi
(1964)
sposta
l’attenzione
sulla
particolare
abilità
cromatica
che
lui
attribuisce
alla
co-‐
noscenza
di
Giusto
de’
Menabuoi.
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SCIRÈ,
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CRISTINA
GUARNIERI,
Lorenzo
Veneziano,
Cinisello
Balsamo,
2006.