2. Argomenti
● Il planetario di Archimede
● Il principio della leva
● La nave Syracusia
3. Il planetario di Archimede
Il nome di Archimede è indelebilmente legato
anche all’astronomia. Egli sviluppa una teoria
sulla distanza dei pianeti, si cimenta con il
calcolo del diametro apparente della luna e
del sole, e delle dimensioni della terra.
Archimede dichiara di avere tentato di misurare
l’angolo che comprende il Sole e che ha al suo
vertice l’occhio dell’osservatore, ma lamenta
anche l’imperfezione degli strumenti a sua
disposizione.
4. Il planetario: cenni storici
Gli studi astronomici di Archimede sono strettamente
connessi alle sue intuizioni sui grandi numeri.
Ma il nome di Archimede, a dispetto del ritratto che ne
fa Plutarco, che lo vuole interessato solamente alla pura
teoria, stupì il mondo di allora con la realizzazione di
una macchina: il Planetario.
Di questa meraviglia archimedea abbiamo solamente
testimonianze letterarie: «Piccola imago dell’immenso
polo», lo definisce Ovidio nei Fasti, mentre Lattanzio
Firmiano parla di una sfera concava di metallo.
5. Il planetario: cenni storici
Cicerone menziona due volte il planetario, e vale la
pena riportare questo breve passo tratto dal libro I delle
Tusculanae Disputationes:
«Archimede insomma, rappresentando in una sfera il
corso della luna, del sole e dei cinque pianeti ha fatto
quello che fece il dio di Platone; il quale nel suo Timeo
costruisce l’universo, e con una sola rotazione regola il
moto degli astri, lento in alcuni celere in altri. Se la sola
potenza di un dio può eseguire questi movimenti nel
mondo, Archimede li ha potuto imitare in una sfera
perché dotato di genio divino […]»
6. Il planetario: cenni storici
Di Archimede astronomo parlano anche
Plutarco, Ammiano Marcellino, Macrobio, Proclo.
Dalle testimonianze si evince che Archimede
riprodusse una rotazione sintetica,
comprendente il moto del sole, della
luna e delle stelle: facendo muovere
questa sfera, si vedeva la luna
alternarsi al sole nell’orizzonte
terrestre.
7. Macchina di Antikythera
Nel 1900, un gruppo di pescatori, al largo dell’isola di
Antikythera, vicina a Creta, alla profondità di circa
quarantatre metri, scoprì il relitto di un’enorme nave
affondata, risalente all’87 a.C. Dal relitto della nave emerse
un meccanismo, in precario stato di conservazione, che agli
studi degli archeologi si rivelò essere un planetario: il più
antico calcolatore meccanico conosciuto, mosso da ruote
dentate, che serviva per calcolare il sorgere del sole, le fasi
lunari, i movimenti dei cinque pianeti allora conosciuti, gli
equinozi, i mesi, i giorni della settimana: quel meccanismo è
oggi noto come
Macchina di Antikythera
8.
9. Il ritrovamento ad Olbia
Nel 2006, ad Olbia, è stato rinvenuto un antico
ingranaggio. Il restauro del reperto ha riservato
straordinarie sorprese: la Soprintendenza per i Beni
Archeologici, ha stabilito che sia da datarsi fra fine del
III e la metà del II secolo a.C.
I denti presentano una curvatura che li rende
incredibilmente simili a quelli degli ingranaggi impiegati
attualmente, anche la composizione è sorprendente:
ottone e, benché sia il più antico fra i reperti di questa
natura, è senza dubbio il più evoluto. La datazione, le
caratteristiche uniche hanno convinto alcuni che si tratti
proprio del planetario di Archimede.
10.
11. Il principio della leva
«Dammi un punto d’appoggio e
ti solleverò il mondo»
12. Il principio della leva
Questa esclamazione, divenuta poi proverbiale,
è estrema ed efficace sintesi di una della
principali scoperte del genio archimedeo:
il principio della leva.
La leva è una macchina semplice composta
essenzialmente da una barra rigida che ruota
attorno ad un punto d’appoggio, detto fulcro. Agli
estremi della barra, vengono applicate due forze,
l’una detta potenza, l’altra resistenza, che
tendono a farla ruotare.
13.
14. Il primo genere della leva
Le leve sono di tre diversi generi: quello più
elementare – il primo genere – è il principio che
permette il funzionamento delle gru meccaniche,
della bilancia, delle forbici, solo per fare semplici
esempi dell’importanza della scoperta di
Archimede.
Il geniale siracusano, certamente, non fu il primo
a far uso della leva; e non fu neppure il primo a
descriverne il principio in senso
generale.
15. Nel Corpus aristotelico
Nel Corpus aristotelico troviamo così esposto il
problema della leva:
«Perché un piccolo peso può sollevare un peso più grande cui si
aggiunge anche il peso della leva? La risposta è la seguente: […]
poiché la leva richiede tre elementi, cioè il fulcro – corrispondente
alla corda di sospensione della bilancia e coincidente con i suo
centro - e due pesi, uno esercitato dalla persona che usa la leva
l’altro è il grave che deve essere sollevato; così il peso che deve
essere mosso sta al peso movente come inversamente stanno il
braccio che sopporta il peso col braccio su cui agisce la potenza.
Più lontana è questa dal fulcro più agevolmente si solleva il peso;
la ragione sta in ciò che è stato già stabilito, vale a dire che un
braccio più lungo descrive un cerchio più grande».
16. La genialità di Archimede
La caratteristica fondamentale che fa di
Archimede il più grande scienziato dell’antichità,
e lo rende così straordinariamente moderno,
risiede però nella differenza di metodo e di
rigore argomentativo.
Archimede deduce il principio generale della leva
sulla base di postulati matematici. Nell’opera
Sull’equilibrio dei piani ovvero sui centri di
gravità dei piani afferma che la forza che si deve
esercitare per sollevare un dato peso diminuisce
man mano che ci si allontana dal fulcro.
17. La genialità di Archimede
Nelle sue parole si può leggere:
«le grandezze […] saranno in equilibrio a distanze
inversamente proporzionali alle grandezze»
Il siracusano sembra così leggere nel mondo i
segni di una trama essenzialmente geometrica e
matematica. Archimede è il primo a confrontarsi
con questo problema non sulla sola base di
combinazioni sapienziali, ma di deduzioni
scientificamente fondate.
18. La Syracusia
Le fonti antiche ci riferiscono che Archimede
prese alla costruzione ed il varo di una nave di
dimensioni per l’epoca sbalorditive: la
Syracusia.
Si ritiene che sia stata costruita nel 240 a. C., da
Archia di Corinto, sotto la supervisione di
Archimede, per volontà del Re Gerone II. Fanno
riferimento al varo della Syracusia, fra gli altri,
Plutarco ed Ateneo di Naucrati.
19. Caratteristiche
Lunga circa 55 metri, è considerata tra le più grandi
imbarcazioni dell'antichità.
Moschione nei suoi scritti descrive l'equipaggiamento
della nave, impreziosito da decorazioni e armi di difesa,
nonché dalla presenza di uno scafo inaffondabile
perché rivestito di piombo, contro gli speronamenti di
altre navi.
Era capace di portare un peso massimo di 1.000
tonnellate, 400 soldati e 100 passeggeri ospitati in
apposite cabine. La nave aveva al suo interno una
biblioteca, dei bagni e persino una cappella dedicata ad
Afrodite.
20. Il varo della nave in mare
Una volta costruita, per vararla servì una sorta di
leva dentata che permetteva di moltiplicare la
forza di decine di uomini.
Plutarco è l’unico a porre in relazione la famosa
frase con l’altrettanto famoso esperimento
dimostrativo nel quale Archimede avrebbe spinto
in mare una nave da solo, grazie a una
macchina da lui progettata. L’episodio della nave
è però raccontato anche da Proclo che lo
riferisce al varo della nave Syracusia.
21. Il varo della nave in mare
Ateneo parla del varo omettendo particolari
fantasiosi come quello della macchina azionata
da un solo uomo, ma sottolinea il contributo
essenziale di Archimede.
L’autore più recente, Tzetzes, racconta l’episodio
della nave senza porlo in relazione con la
Siracusia, ma aggiungendovi di suo che
Archimede l’avrebbe spinta in mare con la sola
mano sinistra.