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NOTE & DISCUSSIONI
Raul Gabriel - Paolo Gamberini S.I.*

LA SFIDA DELLA MODERNITÀ:
L’ARTE RIPENSA L’ARCHITETTURA SACRA
Interventi sulla chiesa di Santa Maria di Colle di Perugia

1

ARTE - TEOLOGIA - CEMENTO
(Paolo Gamberini S.I.)

Con il documento Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II la teologia cattolica ha dato cittadinanza alla categoria del “divenire” e del
“progresso” nella comprensione della realtà e della storia. La chiesa di
S. Maria di Colle a Perugia ha incarnato nella sua struttura architettonica proprio questo nuovo paradigma; benché sia di cemento, si tratta di
una dinamicità che con il passare del tempo ha assorbito ambiguità e
contraddizioni, perdendo così il suo punto focale. Così come è avvenuto nella Chiesa postconciliare, che si è trovata disorientata e confusa
nell’assimilazione di nuovi stili e modalità di essere e di esprimersi1.
Raul Gabriel ha ascoltato la struttura di questa chiesa: sia nel senso
dell’edificio materiale che dell’edificio spirituale, cioè della comunità
da cui ha ricevuto la committenza. Ascoltare la gente, ascoltare i battezzati, i quali interagiscono con l’artista; così come ascoltare il cemento
massiccio della struttura.
Cosa vuol dire fare teologia a partire dal cemento? Nella presentazione di Raul emerge come il cemento sia stato ed è tuttora una forma
di comunicazione. Le nostre città sono costruite con questo materiale;
non sono di legno, sono di cemento.
Il cemento è una specie di membrana attraverso cui l’interno e l’esterno comunicano e dialogano tra loro. L’esterno, la città: l’interno, la
* Raul Gabriel è nato a Buenos Aires nel 1966; vive e lavora tra Londra e Milano.
Presente con le sue opere artistiche alla Fondazione Mudima di Milano nel 2003, alla
Quadriennale di Roma 2003-2005; a Londra alla Broadbent Gallery nel 2006, a Berlino
e Miami nel 2008 - 2009. Premiato alla Facoltà di Architettura della Sapienza di Roma
per il suo progetto Silkocoons all’EXPO mondiale di Shangai 2010; Paolo Gamberini
S.I., docente di Teologia dogmatica presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia
Meridionale – Sez. San Luigi, Via Petrarca, 115 – 80122 Napoli, gamberini.p@gesuiti.it.
Cf S. DIANICH, La Chiesa e le sue chiese. Teologia e architettura, San Paolo, Cinisello Balsamo 2009; L. RAZZANO, «Teologia e Arte su una rilettura teandrica della Bellezza», in Rassegna di Teologia 4 (2006) 485-496.
1

RdT 52 (2011) 473-489

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NOTE & DISCUSSIONI
chiesa. C’è un fenomeno fisico che dice proprio questo tipo di comunicazione attraverso una membrana. Si tratta dell’osmosi, in cui avviene
la diffusione del solvente attraverso una membrana semipermeabile dal
compartimento a maggior potenziale idrico (concentrazione minore di
soluto) verso il compartimento a minor potenziale idrico (concentrazione maggiore di soluto), quindi secondo il gradiente di concentrazione. L’osmosi è un processo spontaneo che tende a diluire la soluzione
più concentrata, tendendo a ridurre la differenza di concentrazione.
Nell’opera di Raul questa membrana semipermeabile è il “cemento”.
Col cemento è costruita la nostra città dove vi è la maggiore concentrazione di soluto; col cemento è costruita la nostra chiesa, lì dove l’acqua
della Vita (cf fonte battesimale) si comunica all’esterno.
Si tratta, però, di un’osmosi sovversiva. Perché è sovversiva? Perché
da un lato Raul cerca di contrastare, con dolcezza, il movimento stesso
della struttura; da un altro lato perché tutta l’operazione di ristrutturazione di questa struttura di cemento è intrisa di paradossi: permanente/
impermanente, divenire/statico, oscurità/luce.
Vorrei mettere in evidenza uno di questi paradossi che sono ben
espressi nel fonte battesimale e nell’ambone. Si tratta del paradosso
della debolezza e trasparenza da un lato, e della forza e opacità dall’altro. La debolezza della Parola che spacca il sepolcro e la debolezza di
quella goccia che apre il cemento. Questo è un paradosso costitutivo
dell’esperienza cristiana, espresso nell’annuncio pasquale. Ascoltando
il cemento e ascoltando la comunità che annuncia la fede nel Risorto,
Raul è venuto ad ascoltare il suo rovello spirituale che è semplice eco
del grido di Pasqua: «Il crocifisso-debole è risorto-ha vinto!».
Questa osmosi sovversiva, presente nell’opera di Raul, ci rimanda
ad un dinamismo agonico che coinvolge tutta la struttura della chiesa:
risospingere verso l’altare le linee di forze che sbilanciano la chiesa verso l’esterno, quasi implodendone la struttura. L’altare diventa il luogo
in cui le tensioni si rappacificano: la lotta è superata in un abbraccio
posto al centro dell’edificio cioè nell’altare. Un abbraccio non acquietante, ma riconciliante: «mors et vita duello conflixere mirando» come
canta l’Exultet della Vigilia di Pasquale.
Vorrei ricordare che una chiesa non è soltanto un luogo di culto.
Ogni religione ha i suoi luoghi di culto: sinagoga, moschea, stupa e
mandir. Cosa è specifico di quel luogo di culto cristiano che è la chiesa?
L’altare: e questo al centro dell’edificio di culto. L’altare raccoglie il
movimento della chiesa e allo stesso tempo da questo altare il movimento raccolto all’altare è trasformato in Cristo/altare come forza di
riconciliazione. Non c’è da stupirsi se vi è una corrispondenza tra il
modo con cui è strutturato l’altare e la chiesa: la struttura della chiesa si
ripete nella struttura dell’altare, e viceversa. L’altare si amplifica nella
struttura della chiesa.
NOTE & DISCUSSIONI

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Raul Gabriel
Interventi sulla Chiesa di Santa Maria di Colle di Perugia:
la sfida della modernità

La prima volta che sono entrato nella Chiesa di S. Maria di Colle, progettata quasi
cinquant’anni fa dall’architetto Vincenzo Tutarini, sono rimasto colpito dalla più rara qualità
che può avere un edificio, una struttura plastica, quella di catturare un processo in una forma
statica.
La Chiesa di S. Maria di Colle di Perugia è uno strano posto che trasmette la sensazione forte
di un movimento progressivo e inarrestabile, di uno sbilanciamento insanabile, che mette a
disagio, come deve fare ogni opera forte che si rispetti, e lo fa all’interno di un rigore formale e
strutturale e di un equilibrio “squilibrato” che sono degni di nota.
Si aggiunga a questo la “verità” e crudezza del materiale usato, il cemento armato, simbolo
delle nostre città troppo spesso negletto e additato come responsabile dei disastri ambientali e
architettonici e che invece qui mostra la sua bellezza diretta, senza mediazioni, non priva di
un’asprezza raffinata.

(Chiesa di S.Maria di Colle vista frontale e architettura della volta interna)
L’edificio religioso e la sfida dell’architettura: un segno nel contesto storico della
Città.
Nel presentare il mio intervento non posso non ripercorrere, brevemente, il contesto storico nel
quale sono stato chiamato ad operare. Anche questa storicizzazione dà conto di un dinamismo
della comunità religiosa che segue e s’incontra con le esigenze della società civile:
ad uno sviluppo suburbano della città, con la creazione di quartieri nuovi, la Chiesa di Perugia,
per decreto dell’Arcivescovo mons. Pietro Parente, il 1 luglio 1957, risponde sopprimendo la
Parrocchia di S. Maria di Colle in Porta S. Pietro (poi adibita ad Auditorium Musicale) trasferendo il titolo di Parrocchia ad un nuovo edificio a valle, lungo via dei Filosofi. La progettazione viene affidata all’arch. Vincenzo Tutarini (1).
È questa una tra le prime parrocchie di Perugia, voluta al tempo del Pontefice Onorio III e
contemporanea ad un’altra importante struttura, il Convento di Monteluce, primo convento di
S. Chiara dopo l’originaria sede di S. Damiano in Assisi, che proprio ora sta trovando una forte
e importante riqualificazione urbana (2).
Accordatura dello sguardo: il congegno, non i moduli.
Qui ho trovato in architettura ciò che penso dell’arte che si possa davvero chiamare arte, cioè
nulla a che fare con il decoro, il ben fatto, l’artigianato o anche il grande esercizio della tecnica: la perfetta nota stonata. Fondamentale per entrare in un sistema armonico differente ed
organico, è lo spostamento dell’obiettivo. Ciò che si deve intonare, infatti, non è la nota apparentemente stonata ( perché diversa ) ma proprio l’osservatore, il suo sguardo, la sua percezione.

(Struttura Santa Maria di Colle. Bozzetto Raul Gabriel)
C’è, infatti, qualcosa che non torna subito in questa Chiesa ed è proprio questo che rappresenta lo stimolo costante all’inquietudine di chi vi sta dentro.
Sono convinto che tale intuizione sia di gran lunga il colpo di genio dell’architetto Tutarini, il
suo vero “manifesto” intellettuale e strutturale.
Sono convinto che fosse davvero in anticipo sui tempi, come concezione, quando è stata pensata, tanto da farla apparire contemporanea oggi, fatto questo che porta ad ammirare non solo
l’idea di Vincenzo Tutarini ma anche il suo coraggio nel proporla e realizzarla. Per quanto
mi riguarda l’empatia è stata immediata, totale, “facile”, e l’idea della necessità di pensare un
interno che fosse all’altezza della struttura mi è apparsa logicamente conseguente. In un anno
di riflessioni e sviluppi delle idee non vi è stata sosta, ed è come se la struttura stessa mi avesse
suggerito le soluzioni.

(Bussola, portale, fonte battesimale. Progetto Raul Gabriel)

Un appunto fondamentale. Alla base di una sintonia con l’idea originaria, pur nell’autonomia
dell’ideazione, stà un meccanismo che mi si è rivelato immediatamente. È un errore concettuale e pragmatico pensare alla coerenza con la struttura in termini di moduli. La pedissequa
ripresa di questi non porta a nulla se non ad una debole ripetizione in scala di ciò che è già
potente nelle sue dimensioni e forma originaria.
Quello che invece qui mi è successo ed ha rivelato la sua potenza di processo cognitivo, è
l’immediata, naturale sintonia con il “congegno” strutturale alla base dell’edificio. Questa è
la chiave per poter cominciare a creare. Non avessi percepito questo, non sarei stato neanche
interessato alla sfida. La ritmica, i contrappunti, gli accenti con cui i vari elementi sono in rapporto tra loro, rappresentano l’intimo nucleo del problema.
I contrappunti… fondamentali qui e altrove. Ma qui li troviamo come in una partitura musicale: contrappunti sul piano delle direzioni, sul piano dei materiali, sul piano della luce. Si
potrebbe dire, per prendere a prestito una metafora dall’analisi matematica, che non sono le
coordinate singole ad essere importanti quanto la funzione che le lega.

(Geometrie del pavimento in relazione all’architettura di volta. Progetto Raul Gabriel)

Urbano, primordiale, arcaico, contemporaneo: gli ossimori di Santa Maria di
Colle.
La Chiesa in questione appare come un incrocio tra una Cattedrale, un’Archeologia
postindustriale e un Tempio antico, assoluto e al tempo stesso disagevole. È giusto che un posto
dove si parla di Verità sia disagevole, nel senso che deve stimolare un’inquietudine che spinga a
muoversi e non a morire nell’illusorietà del consueto.
Probabilmente la mia provenienza da Londra dove risiedo per buona parte dell’anno, dalla
Londra della post-industrializzazione dove si vive il backlash del post-impero, con tutto ciò che
è il suo portato positivo in termini di contaminazione ed ibridazione culturale, ma anche di inquietudine dei continui spostamenti (spostamenti del pensiero, oltre che fisici), mi ha permesso
di entrare subito nel suo meccanismo architettonico, un po’ ibrido, come posso esserlo anche
io.
(vista interna dal presbiterio. Progetto Raul Gabriel)
Arte, non decoro. Poesia, non stucchi. Segni, non servizi.
La Chiesa antianestetica, la Chiesa nomade.
La Chiesa di S.M. di Colle è certamente una ricchezza per Perugia e la sfida di ripensare e
risignificare il suo interno, perché entri in armonia con la mirabile intelaiatura architettonica,
è una sfida di grande responsabilità, ma non ha generato in me un attimo di titubanza. Finalmente un’occasione in cui un artista contemporaneo incontra un’architettura potente e controversa dove può pensare gli spazi in termini artistici e non decorativi, con il portato contemporaneo di pensiero in una forma piuttosto che di una forma senza pensiero che, come si può
vedere in molteplici casi, diviene anestetizzante.
Questa riflessione sgorga spontanea dalla mia stessa identità d’artista, la necessità del segno.
Siamo stati oltremodo soverchiati da una mentalità che tende a regolamentare tutto, dimenticando che la bellezza è per sua natura ribelle alle convenzioni, mentalità che rendendo tutto
servizio in realtà lo rende amorfo, asettico, privo di vita e identità eliminando tutte le preziose
irregolarità che essa comporta: anestetica, appunto, perdendo lo stimolo alla riflessione barattata per la comodità.
Ora la Chiesa di S. M. di Colle è antianestetica per definizione, invito all’inquietudine che è
vitale per rompere il circolo vizioso dello stato di dormiveglia così attuale in cui tutto sembra
assomigliare molto ad una replica proteiforme e fantasiosa del “Prozac”.
(Ambone. Progetto Raul Gabriel)

Abbiamo urgenza di riparlare di segni piuttosto che di servizi, perché per assurdo è
proprio questo il servizio di cui ha bisogno l’uomo oggi. Così come abbiamo urgenza di riparlare d’arte e non decorazione, poesia e non “mestiere”. Quindi ho pensato che tutto ciò che
rappresentava l’interno della Chiesa dovesse diventare segno, a partire dalle fondamenta strutturali e formali dell’impianto architettonico in cui è contenuto. La Chiesa di Santa Maria di
Colle ha catturato una istanza dinamica in una tensione statica?
Bene, ogni elemento, nel suo specifico, sarà estensione di questo concetto. Il rappresentare la
dinamicità della vita, e non la morte nella stasi. Fermare processi che sembrano sull’atto del
compiersi, in una strana sfasatura incrociata del prima e del dopo, dove quindi non sia possibile effettivamente stabilire anteriorità e posteriorità ma un mentre, un mentre instabile e
vibrante.
Trasmettere l’idea del permanente impermanente, che curiosamente viene a raccordarsi con
l’idea di tenda nomade, che, come struttura, non rappresenta come pensiamo nella nostra banalizzazione occidentale, il peregrinare indefinito per se stesso, bensì il preciso concetto di una
casa mobile-stabile, l’identità solida che gira il mondo portandosi dentro quest’idea di ossimoro
dinamico del fermo-movimento. E, non a caso, dentro i significati strutturali della Chiesa di S.
M. di Colle si trova anche quello della tenda. Il portale che ho pensato, in fondo è l’accesso ad
una tenda .
Su queste linee di fondo si sono articolate le soluzioni spaziali e materiali che ho elaborato.
Fulcri significanti della struttura: una ridefinizione verso l’altare.
Una delle caratteristiche di S. M. di Colle che chiedeva una fondamentale risposta è
l’indefinitezza di un punto fulcro, che, per ciò che riguarda il pensiero di una Chiesa cristianocattolica, coincide con l’altare. Rimaneva, infatti, incompiuto il processo d’inclinazione e
rotazione dei portali strutturali, nel senso della diminuzione delle dimensioni verticali e della
convergenza verso un ipotetico punto di arrivo.

(Portale. Progetto Raul Gabriel)
La parete absidale rappresentava quasi un fondo artificioso che impediva alla struttura di estrinsecare fino in fondo il suo carattere dinamico.
Come fare in modo che l’abside trovasse la sua collocazione di punto d’arrivo rimanendo in
coerenza con l’impianto generale della struttura? La soluzione nasce da un congegno che è
parte integrante di tutta la struttura: il controcanto. Si verifica, infatti, che nelle travi di volta
l’inclinazione è diretta in senso opposto e quindi contrappuntata dalla direzione sagittale del
vertice assiale di volta,che unisce parte destra e sinistra. La ridefinizione del punto di arrivo
avviene attraverso tre livelli di processo formale: uno cromatico, uno di elevazione e uno di
progressivo allineamento delle diagonali.
(Presbiterio, altare, ambone e vista d’insieme dalla bussola. Progetto Raul Gabriel)
( Geometrie pavimento e presbiterio. Progetto Raul Gabriel)
Partiamo da quest’ultimo. Nell’idea di una risoluzione unitaria le geometrie del pavimento
sono nate dalla proiezione delle geometrie di volta. Per il meccanismo prima identificato esse
indicano chiaramente una direzione “esterna” opposta a quella absidale. Prima operazione
per riportarle nella logica dello sbilanciamento dei portali è stata l’inserimento al centro di un
corridoio a “cuneo” che stringe verso l’abside e che fa immediatamente rientrare la direzione
risolvendo la tematica degli opposti. Seconda operazione è l’identificazione di una geometria
del presbiterio che nell’arco dei suoi cinque gradini presenta ettagoni irregolari a vertice assiale rivolto all’interno, con un angolo che si apre via via fino all’angolo piatto del quadrato (che
identifica il punto di fine e risoluzione del moto) del bema dove viene posto l’altare.
Il Corpo è processo: pavimenti e pareti come “veste” ovvero la bellezza, il croma-tico, è il vero patrimonio.
In qualche modo si realizza in questa struttura architettonica una sorta di metonimia
tra esistenza significante e processo. Ogni manifestazione dell’essere trova il suo catalizzatore
nel corpo che rappresenta il processo per antonomasia. Quando pensiamo il corpo esso è già
da un’altra parte, ma, indiscutibilmente, mantiene comunque un’identità stabile. Parafrasi di
un altro dato esistenziale: la possibilità dell’infinito di essere contenuto nel finito e viceversa in
una sorta d’osmotica significanza reciproca.
Il paradosso strutturale di questa Chiesa esprime bene questo paradigma di un esodo ineludibile e continuo del reale verso un compimento, che però è già realizzato, ma che non nega,
anzi esalta, la possibilità di una permanenza pre-esistente e costantemente da venire.
Risulta chiaro come tutte le tematiche, anche quelle dei materiali, in questo contesto
divengano sfida al pensiero omologato rivisitando le comuni gerarchie di priorità.
Qual è il senso di un materiale in un contesto di questo tipo, di grande riflessione spirituale,
concettuale e strutturale?
Ho dato una risposta dialogica nel senso di una catarsi del significato di duraturo: dal mio
punto di vista duraturo è ciò che il materiale o la struttura restituiscono in termini di bellezza,
di armonia, di percezione, di ispirazione; e non l’ossessione prioritaria della durata “fisica” nel
tempo. Per un solo apparente paradosso, infatti, questa ricerca della “durata” a fronte di un
pensiero vivo, diventa la negazione materialistica del divenire e quindi, in conseguenza, negazione della possibilità della “trasfigurazione” della realtà. La bellezza è segno tangibile della
realtà, non viceversa.
Torno ancora sul concetto che qui la partita che si gioca è quella del significato: ovvero
dell’arte. Il termine “dialogico” che ho usato è riferito al fatto che proprio in quest’edificio si
può realizzare il confronto e la compresenza tra l’arcaico ed il futuro, in una sorta di passaggio del testimone che qui, date le peculiarità che ho molto sinteticamente esposto, ha un senso
legato all’intuizione generale.

(Vista d’insieme degli elementi dall’altare. Progetto Raul Gabriel)

Le geometrie del pavimento saranno in materiale antico, il marmo, mentre le campiture cromatiche saranno in materiali resinosi, che meglio d’ogni altro, in questo contesto, risolvono
insieme le intenzioni originarie dell’architetto, il mio impianto cromatico e la modernità con il
suo portato di mutabilità e di costante ridefinizione.
Uno spazio come questo sottintende l’assolutezza e profondità mistica di un tempio antico
in una concezione e contesto urbani. Ne consegue che il concetto stesso di addobbo perde di
senso; ecco, ne prende il posto la mistica dello spazio, la sublimazione delle sensazioni. E, va
da sé, che la luce acquista un ruolo primario a questo fine, e la luce s’estrinseca nella percezione cromatica. Tutto il percorso che ho pensato per la Chiesa, con la risoluzione nel punto
absidale dell’altare, è basato sulla progressione cromatica che accompagna, “veste”, la progressione strutturale.
I “portali trapezoidali” estrusi, che rappresentano la geniale intelaiatura di S. M. di Colle, la
dividono in sei settori: le geometrie sul pavimento saranno la proiezione, come accennavo,
del disegno di volta di questi portali, e quindi anche il pavimento avrà una suddivisione in sei
settori. I sei settori nel pavimento, sulle pareti, sulla volta avranno ciascuno una valenza monocroma uniforme ma vibrante, a schiarire nel procedere verso l’abside che sarà bianco. Il percorso dall’ingresso all’abside sarà caratterizzato da una progressione cromatica verso la luce,
dallo scuro al chiaro, dall’ombra alla luce del compimento mistico e strutturale.

(Vasca del fonte battesimale. Progetto Raul Gabriel)
Vorrei così introdurre una riflessione sulla possibilità di cominciare a pensare al pavimento e
alle pareti non più in termini di pavimento e di pareti, ma di vera e propria veste: una veste
cromatica, che rappresenta il primo potente strumento d’immersione in uno stato dell’anima.
(Altare. Progetto Raul Gabriel)

Il degrado che mantiene la potenza è segno di speranza.
Il Novecento, nelle sue infinite rivoluzioni ed evoluzioni, ci ha dato l’esatta percezione
della deperibilità del reale, di un uomo e di un mondo che si portano dentro un processo di
decadimento temporale e spaziale che però non sono segni di distruzione, ma rappresentano
esattamente i prodromi di una nuova bellezza, una bellezza che non teme l’inquietudine, che
non teme la contaminazione, che non teme l’esodo, ma che ne fa invece i cardini di una nuova
possibile visione, permanente e impermanente, profondamente genuina e a tratti anche dura:
le basi per un nuovo umanesimo. Cito uno stralcio da un mio scritto : “... l’infinito ci attraversa, ci incarna, se ne va e ritorna, non è immaginabile ma è esperibile, e la sua esperibilità
è legata a quanto di più distante dal suo concetto, proprio il corpo, il corpo di carne, il corpo
con i suoi processi, unico catalizzatore possibile, perché solo attraverso il corpo, almeno in
questo universo, siamo in grado di percepire e generare pensiero, e attraverso il corpo, fosse
anche la sua negazione, il diapason della nostra musica può entrare in sintonia con le profondità della superficie che ci si rivela e nasconde costantemente, in un misterioso tentativo di celare il suo disvelarsi”. (3) Da queste intuizioni è scaturita la progettazione di tutti gli elementi:
l’ambone, il fonte battesimale, l’altare, la bussola, la porta e il portale.
(Concetti del fonte battesimale. Progetto Raul Gabriel

(Vista della bussola. Progetto Raul Gabriel)
( concetti del fonte battesimale Progetto Raul Gabriel)
Cemento e vetro, povertà e trasparenza.
I materiali che ho scelto sono il cemento, in coerenza con la struttura della Chiesa, e
il vetro. Il primo pensiero è stato la povertà e la trasparenza. Si sono aggiunti, poi, altri livelli di lettura. Povertà non significa inferiorità, tanto è vero che nella gerarchia strutturale
della nuova chiesa ci sarà un altare di pietra povera che insiste sopra il marmo, a significare un
cambiamento nella lettura che rende i materiali poveri più importanti di quelli ricchi se abitati
da un’idea forte che li incarna e significa. Inoltre il cemento è il materiale con cui si è edificato
nei centri urbani fin dai tempi di Roma, con un incremento, non sempre controllato, nella
seconda metà del secolo scorso. È giusto e rigoroso che in una struttura, che è stata pensata in
maniera decisamente urbana, i materiali rispecchino questa vicinanza e scelta.
Queste in estrema sintesi sono alcune delle riflessioni ed immagini che sono al centro del mio
progetto che riguarda Santa Maria di Colle.

(Vista dell’interno della bussola. Progetto Raul Gabriel)
Concetti su altare, ambone, fonte battesimale
Tutti sono caratterizzati dal far percepire la liturgia e i suoi momenti come dinamici e non
statici, quasi colti nel loro “farsi” perenne e costantemente rinnovato.
Cemento e vetro
I due elementi che ho individuato per la realizzazione dei simboli :
1)	
il cemento ( in alternativa la pietra serena con una finitura che la rende estremamente
omogenea al cemento) Il cemento è il materiale d’elezione con cui S Maria di Colle è stata
realizzata. Duro, urbano, di una verità aspra ma estremamente tangibile, il cemento esprime
anche la “Povertà” di un materiale che si presta invece a divenire prezioso se incarnato da una
idea forte, e dalla “bellezza” del pensiero artistico. In questo è chiara la metafora del corpo
che incarnato dallo Spirito diviene altro. Gli angoli , le sezioni , le composizioni degli elementi
in cemento sono pensati per riprendere il concept fondamentale delle travature della chiesa ed
il sunto di tutta la sua struttura.
2)	
Il vetro (in alternativa materiale resinoso in tutto e per tutto simile al vetro e anche
cromaticamente versatile nelle qualità e profondità delle trasparenze ) è la chiara indicazione
della “trasparenza” , dell’acqua, del cristallino farsi materia della categoria dello spirito. La
trasparenza da intendersi come forza irresistibile, infatti gli elementi composti dal vetro sono
solidi, cromaticamente tangibili nello spazioo, ma permettono alla luce di attraversarli, anzi
essi stessi sono poi portatori di luce, una volta che questa li abbia investiti.
Il concetto che investe l’unione dei due elementi è quindi quello di povertà e trasparenza che si
manifestano nel dinamismo e in una solidità che è esperibile.

(altare Progetto Raul Gabriel)
Altare
La base dell’altare è composta da dodici elementi che hanno forma ed inclinazioni ispirate
alle travi e colonne della chiesa, monolitico ed composto al tempo stesso e dimostra il suo essere scaturigine della struttura della chiesa (il percorso ho dovuto affrontarlo a ritroso, perché
la chiesa era già realizzata , ma il risultato mostra che è possibile) della sua struttura , del suo
farsi, quindi origine e punto di arrivo.
La struttura dell’altare è punto di risoluzione del divenire nella solidità di una forma stabile,
potente, monolitica, che però è accogliente, risolve il processo di cammino della moltitudine
nella sua unità. Risolve nella struttura, anche il senso di moto che è la caratteristica predominante di S Maria di Colle, moto a cui però l’architetto originario non aveva dato una risposta
in termini formali e quindi sostanziali convincente.
L’inversione delle linee che portavano in fuori e tutta la struttura del progetto con cui ho
ripensato la chiesa di S Maria di Colle tendono proprio a risignificare il tutto nel senso della
focalità assoluta dell’altare.
Nelle idee riguardanti l’altare avevo anche pensato ad una gettata di cemento inserita da dentro il presbiterio,come gesto e come fatto che l’altare è principio e compimento.

( Presbiterio vista da ambone . Progetto Raul Gabriel )

Ambone
L’ambone si “spacca” sotto la spinta della parola potente e cristallina che esce nel
mondo in maniera perpetua. Bloccato in uno sbilanciamento che suggerisce il costante divenire ed il compiersi della rivelazione.
La struttura è composta da quattro elementi monolitici ma chiaramente derivanti da una
frattura , inclinati ed in torsione in maniera tale da comunicare la potenza della forza a cui la
pietra è stata sottoposta, ed anche il senso di uno sbilanciamento che sembra perennemente
sul punto di cadere. Da questo deriva il senso di un processo vivo , che interroga, che va verso
l’assemblea non in maniera passiva ma come vero e proprio gesto di coinvolgimento.
Da queste pietre emerge cristallina, forte, luminosa la parola, che nel materiale e nei cromatismi si collega all’acqua della goccia del fonte battesimale.
Le quattro pietre dell’ambone sono disposte a comunicare sia l’avvoglimento di colui che
pronuncia la parola , sia l’apertura verso il mondo. Sono pietre spigolose ,dure , vere , forti, a
ricordare che la Parola è anche come la spada oltre che riconciliatrice e di speranza.

( fonte battesimale prospettiva dalla vasca . Progetto Raul Gabriel )

Fonte Battesimale
Il fonte è traduzione diretta dell’acqua come tramite per la compenetrazione con la pietra
angolare.
La goccia del fonte battesimale è lì , che penetra nella pietra , ma ci sta entrando parte fuori
parte dentro , parte scava la roccia e parte vi sta per entrare, a segno del costante tramite tra
l’esterno e il “cuore “ della pietra. Anche qui gli strumenti della composizione , della forma
e delle angolazioni sono fondamentali nel comunicare la costante istataneità dell’evento , che
succede per sempre fissato in una gabbia formale che ne cattura il moto.
La pietra angolare del fonte è composta da otto elementi che si riprendono alle travature della
chiesa, con linee inclinate , sono propriamente dei tronchi di piramide molto allungata , di cui
si percepisce l’inclinazione in maniera appena percettibile.
Gli otto elementi sono intersecati uno con l’altro a formare un unicum che al cetro presenta un
incavo con la sezione di Croce.
La goccia vi si inserisce scavando letteralmente dentro la pietra ed esaltandone la solidità proprio a mezzo del contrasto di materiali.
Come lo Spirito è impalpabile ed al tempo stesso così presente e forte da incidere il materiale
più duro.

( fonte battesimale vista da sotto . Progetto Raul Gabriel )
( due viste della bussola d’ingresso. Progetto Raul Gabriel )
Concludo ringraziando con affetto l’amico e consulente teologico liturgico P. Vittorio
Viola ofm, docente presso il Pontificio Istituto Liturgico Sant’Anselmo in Roma e Direttore
dell’ufficio liturgico della Conferenza Episcopale Umbra le cui considerazioni sono aiuto
prezioso nell’impresa, la Diocesi di Perugia , la Commissione di arte sacra , Don Pietro Ortica
in qualità di parroco di Santa Maria di Colle, e tutti gli amici che sostengono l’intervento. Un
cenno anche a coloro che sono contrari perché la
dialettica delle opposizioni spesso tira fuori da tutti, e da me in particolare, il meglio che si
possa dare.
(1) cfr. http://www.futurstudio.110mb.com/index.html
(2) cfr. Giuseppe Cerbini, Storia della Parrocchia di S.Maria di Colle in Perugia, Giuseppe
Piria Editore, 2002. http://www.diocesi.perugia.it/parrocchie/smariadicolle
(3) cfr. Raul Gabriel, Clandestino Rivista di Avanguardie poetiche ed artistiche, n.2, 2006, pag.
11.
Immagini nel testo, tratte dal Progetto per la Chiesa di S.Maria di Colle in Perugia di Raul
Gabriel.
http://www.raulgabriel.com/
http://raulgabriel.com/raul%20gabriel%20bio.html

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  • 1. NOTE & DISCUSSIONI Raul Gabriel - Paolo Gamberini S.I.* LA SFIDA DELLA MODERNITÀ: L’ARTE RIPENSA L’ARCHITETTURA SACRA Interventi sulla chiesa di Santa Maria di Colle di Perugia 1 ARTE - TEOLOGIA - CEMENTO (Paolo Gamberini S.I.) Con il documento Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II la teologia cattolica ha dato cittadinanza alla categoria del “divenire” e del “progresso” nella comprensione della realtà e della storia. La chiesa di S. Maria di Colle a Perugia ha incarnato nella sua struttura architettonica proprio questo nuovo paradigma; benché sia di cemento, si tratta di una dinamicità che con il passare del tempo ha assorbito ambiguità e contraddizioni, perdendo così il suo punto focale. Così come è avvenuto nella Chiesa postconciliare, che si è trovata disorientata e confusa nell’assimilazione di nuovi stili e modalità di essere e di esprimersi1. Raul Gabriel ha ascoltato la struttura di questa chiesa: sia nel senso dell’edificio materiale che dell’edificio spirituale, cioè della comunità da cui ha ricevuto la committenza. Ascoltare la gente, ascoltare i battezzati, i quali interagiscono con l’artista; così come ascoltare il cemento massiccio della struttura. Cosa vuol dire fare teologia a partire dal cemento? Nella presentazione di Raul emerge come il cemento sia stato ed è tuttora una forma di comunicazione. Le nostre città sono costruite con questo materiale; non sono di legno, sono di cemento. Il cemento è una specie di membrana attraverso cui l’interno e l’esterno comunicano e dialogano tra loro. L’esterno, la città: l’interno, la * Raul Gabriel è nato a Buenos Aires nel 1966; vive e lavora tra Londra e Milano. Presente con le sue opere artistiche alla Fondazione Mudima di Milano nel 2003, alla Quadriennale di Roma 2003-2005; a Londra alla Broadbent Gallery nel 2006, a Berlino e Miami nel 2008 - 2009. Premiato alla Facoltà di Architettura della Sapienza di Roma per il suo progetto Silkocoons all’EXPO mondiale di Shangai 2010; Paolo Gamberini S.I., docente di Teologia dogmatica presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale – Sez. San Luigi, Via Petrarca, 115 – 80122 Napoli, gamberini.p@gesuiti.it. Cf S. DIANICH, La Chiesa e le sue chiese. Teologia e architettura, San Paolo, Cinisello Balsamo 2009; L. RAZZANO, «Teologia e Arte su una rilettura teandrica della Bellezza», in Rassegna di Teologia 4 (2006) 485-496. 1 RdT 52 (2011) 473-489 473 NOTE & DISCUSSIONI
  • 2. chiesa. C’è un fenomeno fisico che dice proprio questo tipo di comunicazione attraverso una membrana. Si tratta dell’osmosi, in cui avviene la diffusione del solvente attraverso una membrana semipermeabile dal compartimento a maggior potenziale idrico (concentrazione minore di soluto) verso il compartimento a minor potenziale idrico (concentrazione maggiore di soluto), quindi secondo il gradiente di concentrazione. L’osmosi è un processo spontaneo che tende a diluire la soluzione più concentrata, tendendo a ridurre la differenza di concentrazione. Nell’opera di Raul questa membrana semipermeabile è il “cemento”. Col cemento è costruita la nostra città dove vi è la maggiore concentrazione di soluto; col cemento è costruita la nostra chiesa, lì dove l’acqua della Vita (cf fonte battesimale) si comunica all’esterno. Si tratta, però, di un’osmosi sovversiva. Perché è sovversiva? Perché da un lato Raul cerca di contrastare, con dolcezza, il movimento stesso della struttura; da un altro lato perché tutta l’operazione di ristrutturazione di questa struttura di cemento è intrisa di paradossi: permanente/ impermanente, divenire/statico, oscurità/luce. Vorrei mettere in evidenza uno di questi paradossi che sono ben espressi nel fonte battesimale e nell’ambone. Si tratta del paradosso della debolezza e trasparenza da un lato, e della forza e opacità dall’altro. La debolezza della Parola che spacca il sepolcro e la debolezza di quella goccia che apre il cemento. Questo è un paradosso costitutivo dell’esperienza cristiana, espresso nell’annuncio pasquale. Ascoltando il cemento e ascoltando la comunità che annuncia la fede nel Risorto, Raul è venuto ad ascoltare il suo rovello spirituale che è semplice eco del grido di Pasqua: «Il crocifisso-debole è risorto-ha vinto!». Questa osmosi sovversiva, presente nell’opera di Raul, ci rimanda ad un dinamismo agonico che coinvolge tutta la struttura della chiesa: risospingere verso l’altare le linee di forze che sbilanciano la chiesa verso l’esterno, quasi implodendone la struttura. L’altare diventa il luogo in cui le tensioni si rappacificano: la lotta è superata in un abbraccio posto al centro dell’edificio cioè nell’altare. Un abbraccio non acquietante, ma riconciliante: «mors et vita duello conflixere mirando» come canta l’Exultet della Vigilia di Pasquale. Vorrei ricordare che una chiesa non è soltanto un luogo di culto. Ogni religione ha i suoi luoghi di culto: sinagoga, moschea, stupa e mandir. Cosa è specifico di quel luogo di culto cristiano che è la chiesa? L’altare: e questo al centro dell’edificio di culto. L’altare raccoglie il movimento della chiesa e allo stesso tempo da questo altare il movimento raccolto all’altare è trasformato in Cristo/altare come forza di riconciliazione. Non c’è da stupirsi se vi è una corrispondenza tra il modo con cui è strutturato l’altare e la chiesa: la struttura della chiesa si ripete nella struttura dell’altare, e viceversa. L’altare si amplifica nella struttura della chiesa. NOTE & DISCUSSIONI 474 RdT 52 (2011) 473-489
  • 3.
  • 4. Raul Gabriel Interventi sulla Chiesa di Santa Maria di Colle di Perugia: la sfida della modernità La prima volta che sono entrato nella Chiesa di S. Maria di Colle, progettata quasi cinquant’anni fa dall’architetto Vincenzo Tutarini, sono rimasto colpito dalla più rara qualità che può avere un edificio, una struttura plastica, quella di catturare un processo in una forma statica. La Chiesa di S. Maria di Colle di Perugia è uno strano posto che trasmette la sensazione forte di un movimento progressivo e inarrestabile, di uno sbilanciamento insanabile, che mette a disagio, come deve fare ogni opera forte che si rispetti, e lo fa all’interno di un rigore formale e strutturale e di un equilibrio “squilibrato” che sono degni di nota. Si aggiunga a questo la “verità” e crudezza del materiale usato, il cemento armato, simbolo delle nostre città troppo spesso negletto e additato come responsabile dei disastri ambientali e architettonici e che invece qui mostra la sua bellezza diretta, senza mediazioni, non priva di un’asprezza raffinata. (Chiesa di S.Maria di Colle vista frontale e architettura della volta interna) L’edificio religioso e la sfida dell’architettura: un segno nel contesto storico della Città. Nel presentare il mio intervento non posso non ripercorrere, brevemente, il contesto storico nel quale sono stato chiamato ad operare. Anche questa storicizzazione dà conto di un dinamismo della comunità religiosa che segue e s’incontra con le esigenze della società civile:
  • 5. ad uno sviluppo suburbano della città, con la creazione di quartieri nuovi, la Chiesa di Perugia, per decreto dell’Arcivescovo mons. Pietro Parente, il 1 luglio 1957, risponde sopprimendo la Parrocchia di S. Maria di Colle in Porta S. Pietro (poi adibita ad Auditorium Musicale) trasferendo il titolo di Parrocchia ad un nuovo edificio a valle, lungo via dei Filosofi. La progettazione viene affidata all’arch. Vincenzo Tutarini (1). È questa una tra le prime parrocchie di Perugia, voluta al tempo del Pontefice Onorio III e contemporanea ad un’altra importante struttura, il Convento di Monteluce, primo convento di S. Chiara dopo l’originaria sede di S. Damiano in Assisi, che proprio ora sta trovando una forte e importante riqualificazione urbana (2). Accordatura dello sguardo: il congegno, non i moduli. Qui ho trovato in architettura ciò che penso dell’arte che si possa davvero chiamare arte, cioè nulla a che fare con il decoro, il ben fatto, l’artigianato o anche il grande esercizio della tecnica: la perfetta nota stonata. Fondamentale per entrare in un sistema armonico differente ed organico, è lo spostamento dell’obiettivo. Ciò che si deve intonare, infatti, non è la nota apparentemente stonata ( perché diversa ) ma proprio l’osservatore, il suo sguardo, la sua percezione. (Struttura Santa Maria di Colle. Bozzetto Raul Gabriel) C’è, infatti, qualcosa che non torna subito in questa Chiesa ed è proprio questo che rappresenta lo stimolo costante all’inquietudine di chi vi sta dentro. Sono convinto che tale intuizione sia di gran lunga il colpo di genio dell’architetto Tutarini, il
  • 6. suo vero “manifesto” intellettuale e strutturale. Sono convinto che fosse davvero in anticipo sui tempi, come concezione, quando è stata pensata, tanto da farla apparire contemporanea oggi, fatto questo che porta ad ammirare non solo l’idea di Vincenzo Tutarini ma anche il suo coraggio nel proporla e realizzarla. Per quanto mi riguarda l’empatia è stata immediata, totale, “facile”, e l’idea della necessità di pensare un interno che fosse all’altezza della struttura mi è apparsa logicamente conseguente. In un anno di riflessioni e sviluppi delle idee non vi è stata sosta, ed è come se la struttura stessa mi avesse suggerito le soluzioni. (Bussola, portale, fonte battesimale. Progetto Raul Gabriel) Un appunto fondamentale. Alla base di una sintonia con l’idea originaria, pur nell’autonomia dell’ideazione, stà un meccanismo che mi si è rivelato immediatamente. È un errore concettuale e pragmatico pensare alla coerenza con la struttura in termini di moduli. La pedissequa ripresa di questi non porta a nulla se non ad una debole ripetizione in scala di ciò che è già potente nelle sue dimensioni e forma originaria. Quello che invece qui mi è successo ed ha rivelato la sua potenza di processo cognitivo, è l’immediata, naturale sintonia con il “congegno” strutturale alla base dell’edificio. Questa è la chiave per poter cominciare a creare. Non avessi percepito questo, non sarei stato neanche interessato alla sfida. La ritmica, i contrappunti, gli accenti con cui i vari elementi sono in rapporto tra loro, rappresentano l’intimo nucleo del problema.
  • 7. I contrappunti… fondamentali qui e altrove. Ma qui li troviamo come in una partitura musicale: contrappunti sul piano delle direzioni, sul piano dei materiali, sul piano della luce. Si potrebbe dire, per prendere a prestito una metafora dall’analisi matematica, che non sono le coordinate singole ad essere importanti quanto la funzione che le lega. (Geometrie del pavimento in relazione all’architettura di volta. Progetto Raul Gabriel) Urbano, primordiale, arcaico, contemporaneo: gli ossimori di Santa Maria di Colle. La Chiesa in questione appare come un incrocio tra una Cattedrale, un’Archeologia postindustriale e un Tempio antico, assoluto e al tempo stesso disagevole. È giusto che un posto dove si parla di Verità sia disagevole, nel senso che deve stimolare un’inquietudine che spinga a muoversi e non a morire nell’illusorietà del consueto. Probabilmente la mia provenienza da Londra dove risiedo per buona parte dell’anno, dalla Londra della post-industrializzazione dove si vive il backlash del post-impero, con tutto ciò che è il suo portato positivo in termini di contaminazione ed ibridazione culturale, ma anche di inquietudine dei continui spostamenti (spostamenti del pensiero, oltre che fisici), mi ha permesso di entrare subito nel suo meccanismo architettonico, un po’ ibrido, come posso esserlo anche io.
  • 8. (vista interna dal presbiterio. Progetto Raul Gabriel) Arte, non decoro. Poesia, non stucchi. Segni, non servizi. La Chiesa antianestetica, la Chiesa nomade. La Chiesa di S.M. di Colle è certamente una ricchezza per Perugia e la sfida di ripensare e risignificare il suo interno, perché entri in armonia con la mirabile intelaiatura architettonica, è una sfida di grande responsabilità, ma non ha generato in me un attimo di titubanza. Finalmente un’occasione in cui un artista contemporaneo incontra un’architettura potente e controversa dove può pensare gli spazi in termini artistici e non decorativi, con il portato contemporaneo di pensiero in una forma piuttosto che di una forma senza pensiero che, come si può vedere in molteplici casi, diviene anestetizzante. Questa riflessione sgorga spontanea dalla mia stessa identità d’artista, la necessità del segno. Siamo stati oltremodo soverchiati da una mentalità che tende a regolamentare tutto, dimenticando che la bellezza è per sua natura ribelle alle convenzioni, mentalità che rendendo tutto servizio in realtà lo rende amorfo, asettico, privo di vita e identità eliminando tutte le preziose irregolarità che essa comporta: anestetica, appunto, perdendo lo stimolo alla riflessione barattata per la comodità. Ora la Chiesa di S. M. di Colle è antianestetica per definizione, invito all’inquietudine che è vitale per rompere il circolo vizioso dello stato di dormiveglia così attuale in cui tutto sembra assomigliare molto ad una replica proteiforme e fantasiosa del “Prozac”.
  • 9. (Ambone. Progetto Raul Gabriel) Abbiamo urgenza di riparlare di segni piuttosto che di servizi, perché per assurdo è proprio questo il servizio di cui ha bisogno l’uomo oggi. Così come abbiamo urgenza di riparlare d’arte e non decorazione, poesia e non “mestiere”. Quindi ho pensato che tutto ciò che rappresentava l’interno della Chiesa dovesse diventare segno, a partire dalle fondamenta strutturali e formali dell’impianto architettonico in cui è contenuto. La Chiesa di Santa Maria di Colle ha catturato una istanza dinamica in una tensione statica? Bene, ogni elemento, nel suo specifico, sarà estensione di questo concetto. Il rappresentare la dinamicità della vita, e non la morte nella stasi. Fermare processi che sembrano sull’atto del compiersi, in una strana sfasatura incrociata del prima e del dopo, dove quindi non sia possibile effettivamente stabilire anteriorità e posteriorità ma un mentre, un mentre instabile e vibrante. Trasmettere l’idea del permanente impermanente, che curiosamente viene a raccordarsi con l’idea di tenda nomade, che, come struttura, non rappresenta come pensiamo nella nostra banalizzazione occidentale, il peregrinare indefinito per se stesso, bensì il preciso concetto di una casa mobile-stabile, l’identità solida che gira il mondo portandosi dentro quest’idea di ossimoro dinamico del fermo-movimento. E, non a caso, dentro i significati strutturali della Chiesa di S. M. di Colle si trova anche quello della tenda. Il portale che ho pensato, in fondo è l’accesso ad una tenda . Su queste linee di fondo si sono articolate le soluzioni spaziali e materiali che ho elaborato.
  • 10. Fulcri significanti della struttura: una ridefinizione verso l’altare. Una delle caratteristiche di S. M. di Colle che chiedeva una fondamentale risposta è l’indefinitezza di un punto fulcro, che, per ciò che riguarda il pensiero di una Chiesa cristianocattolica, coincide con l’altare. Rimaneva, infatti, incompiuto il processo d’inclinazione e rotazione dei portali strutturali, nel senso della diminuzione delle dimensioni verticali e della convergenza verso un ipotetico punto di arrivo. (Portale. Progetto Raul Gabriel) La parete absidale rappresentava quasi un fondo artificioso che impediva alla struttura di estrinsecare fino in fondo il suo carattere dinamico. Come fare in modo che l’abside trovasse la sua collocazione di punto d’arrivo rimanendo in coerenza con l’impianto generale della struttura? La soluzione nasce da un congegno che è parte integrante di tutta la struttura: il controcanto. Si verifica, infatti, che nelle travi di volta l’inclinazione è diretta in senso opposto e quindi contrappuntata dalla direzione sagittale del vertice assiale di volta,che unisce parte destra e sinistra. La ridefinizione del punto di arrivo avviene attraverso tre livelli di processo formale: uno cromatico, uno di elevazione e uno di progressivo allineamento delle diagonali.
  • 11. (Presbiterio, altare, ambone e vista d’insieme dalla bussola. Progetto Raul Gabriel)
  • 12. ( Geometrie pavimento e presbiterio. Progetto Raul Gabriel) Partiamo da quest’ultimo. Nell’idea di una risoluzione unitaria le geometrie del pavimento sono nate dalla proiezione delle geometrie di volta. Per il meccanismo prima identificato esse indicano chiaramente una direzione “esterna” opposta a quella absidale. Prima operazione per riportarle nella logica dello sbilanciamento dei portali è stata l’inserimento al centro di un corridoio a “cuneo” che stringe verso l’abside e che fa immediatamente rientrare la direzione risolvendo la tematica degli opposti. Seconda operazione è l’identificazione di una geometria del presbiterio che nell’arco dei suoi cinque gradini presenta ettagoni irregolari a vertice assiale rivolto all’interno, con un angolo che si apre via via fino all’angolo piatto del quadrato (che identifica il punto di fine e risoluzione del moto) del bema dove viene posto l’altare. Il Corpo è processo: pavimenti e pareti come “veste” ovvero la bellezza, il croma-tico, è il vero patrimonio. In qualche modo si realizza in questa struttura architettonica una sorta di metonimia tra esistenza significante e processo. Ogni manifestazione dell’essere trova il suo catalizzatore nel corpo che rappresenta il processo per antonomasia. Quando pensiamo il corpo esso è già da un’altra parte, ma, indiscutibilmente, mantiene comunque un’identità stabile. Parafrasi di un altro dato esistenziale: la possibilità dell’infinito di essere contenuto nel finito e viceversa in una sorta d’osmotica significanza reciproca. Il paradosso strutturale di questa Chiesa esprime bene questo paradigma di un esodo ineludibile e continuo del reale verso un compimento, che però è già realizzato, ma che non nega, anzi esalta, la possibilità di una permanenza pre-esistente e costantemente da venire.
  • 13. Risulta chiaro come tutte le tematiche, anche quelle dei materiali, in questo contesto divengano sfida al pensiero omologato rivisitando le comuni gerarchie di priorità. Qual è il senso di un materiale in un contesto di questo tipo, di grande riflessione spirituale, concettuale e strutturale? Ho dato una risposta dialogica nel senso di una catarsi del significato di duraturo: dal mio punto di vista duraturo è ciò che il materiale o la struttura restituiscono in termini di bellezza, di armonia, di percezione, di ispirazione; e non l’ossessione prioritaria della durata “fisica” nel tempo. Per un solo apparente paradosso, infatti, questa ricerca della “durata” a fronte di un pensiero vivo, diventa la negazione materialistica del divenire e quindi, in conseguenza, negazione della possibilità della “trasfigurazione” della realtà. La bellezza è segno tangibile della realtà, non viceversa. Torno ancora sul concetto che qui la partita che si gioca è quella del significato: ovvero dell’arte. Il termine “dialogico” che ho usato è riferito al fatto che proprio in quest’edificio si può realizzare il confronto e la compresenza tra l’arcaico ed il futuro, in una sorta di passaggio del testimone che qui, date le peculiarità che ho molto sinteticamente esposto, ha un senso legato all’intuizione generale. (Vista d’insieme degli elementi dall’altare. Progetto Raul Gabriel) Le geometrie del pavimento saranno in materiale antico, il marmo, mentre le campiture cromatiche saranno in materiali resinosi, che meglio d’ogni altro, in questo contesto, risolvono
  • 14. insieme le intenzioni originarie dell’architetto, il mio impianto cromatico e la modernità con il suo portato di mutabilità e di costante ridefinizione. Uno spazio come questo sottintende l’assolutezza e profondità mistica di un tempio antico in una concezione e contesto urbani. Ne consegue che il concetto stesso di addobbo perde di senso; ecco, ne prende il posto la mistica dello spazio, la sublimazione delle sensazioni. E, va da sé, che la luce acquista un ruolo primario a questo fine, e la luce s’estrinseca nella percezione cromatica. Tutto il percorso che ho pensato per la Chiesa, con la risoluzione nel punto absidale dell’altare, è basato sulla progressione cromatica che accompagna, “veste”, la progressione strutturale. I “portali trapezoidali” estrusi, che rappresentano la geniale intelaiatura di S. M. di Colle, la dividono in sei settori: le geometrie sul pavimento saranno la proiezione, come accennavo, del disegno di volta di questi portali, e quindi anche il pavimento avrà una suddivisione in sei settori. I sei settori nel pavimento, sulle pareti, sulla volta avranno ciascuno una valenza monocroma uniforme ma vibrante, a schiarire nel procedere verso l’abside che sarà bianco. Il percorso dall’ingresso all’abside sarà caratterizzato da una progressione cromatica verso la luce, dallo scuro al chiaro, dall’ombra alla luce del compimento mistico e strutturale. (Vasca del fonte battesimale. Progetto Raul Gabriel) Vorrei così introdurre una riflessione sulla possibilità di cominciare a pensare al pavimento e alle pareti non più in termini di pavimento e di pareti, ma di vera e propria veste: una veste cromatica, che rappresenta il primo potente strumento d’immersione in uno stato dell’anima.
  • 15. (Altare. Progetto Raul Gabriel) Il degrado che mantiene la potenza è segno di speranza. Il Novecento, nelle sue infinite rivoluzioni ed evoluzioni, ci ha dato l’esatta percezione della deperibilità del reale, di un uomo e di un mondo che si portano dentro un processo di decadimento temporale e spaziale che però non sono segni di distruzione, ma rappresentano esattamente i prodromi di una nuova bellezza, una bellezza che non teme l’inquietudine, che non teme la contaminazione, che non teme l’esodo, ma che ne fa invece i cardini di una nuova possibile visione, permanente e impermanente, profondamente genuina e a tratti anche dura: le basi per un nuovo umanesimo. Cito uno stralcio da un mio scritto : “... l’infinito ci attraversa, ci incarna, se ne va e ritorna, non è immaginabile ma è esperibile, e la sua esperibilità è legata a quanto di più distante dal suo concetto, proprio il corpo, il corpo di carne, il corpo con i suoi processi, unico catalizzatore possibile, perché solo attraverso il corpo, almeno in questo universo, siamo in grado di percepire e generare pensiero, e attraverso il corpo, fosse anche la sua negazione, il diapason della nostra musica può entrare in sintonia con le profondità della superficie che ci si rivela e nasconde costantemente, in un misterioso tentativo di celare il suo disvelarsi”. (3) Da queste intuizioni è scaturita la progettazione di tutti gli elementi: l’ambone, il fonte battesimale, l’altare, la bussola, la porta e il portale.
  • 16. (Concetti del fonte battesimale. Progetto Raul Gabriel (Vista della bussola. Progetto Raul Gabriel)
  • 17. ( concetti del fonte battesimale Progetto Raul Gabriel)
  • 18. Cemento e vetro, povertà e trasparenza. I materiali che ho scelto sono il cemento, in coerenza con la struttura della Chiesa, e il vetro. Il primo pensiero è stato la povertà e la trasparenza. Si sono aggiunti, poi, altri livelli di lettura. Povertà non significa inferiorità, tanto è vero che nella gerarchia strutturale della nuova chiesa ci sarà un altare di pietra povera che insiste sopra il marmo, a significare un cambiamento nella lettura che rende i materiali poveri più importanti di quelli ricchi se abitati da un’idea forte che li incarna e significa. Inoltre il cemento è il materiale con cui si è edificato nei centri urbani fin dai tempi di Roma, con un incremento, non sempre controllato, nella seconda metà del secolo scorso. È giusto e rigoroso che in una struttura, che è stata pensata in maniera decisamente urbana, i materiali rispecchino questa vicinanza e scelta. Queste in estrema sintesi sono alcune delle riflessioni ed immagini che sono al centro del mio progetto che riguarda Santa Maria di Colle. (Vista dell’interno della bussola. Progetto Raul Gabriel) Concetti su altare, ambone, fonte battesimale Tutti sono caratterizzati dal far percepire la liturgia e i suoi momenti come dinamici e non statici, quasi colti nel loro “farsi” perenne e costantemente rinnovato. Cemento e vetro
  • 19. I due elementi che ho individuato per la realizzazione dei simboli : 1) il cemento ( in alternativa la pietra serena con una finitura che la rende estremamente omogenea al cemento) Il cemento è il materiale d’elezione con cui S Maria di Colle è stata realizzata. Duro, urbano, di una verità aspra ma estremamente tangibile, il cemento esprime anche la “Povertà” di un materiale che si presta invece a divenire prezioso se incarnato da una idea forte, e dalla “bellezza” del pensiero artistico. In questo è chiara la metafora del corpo che incarnato dallo Spirito diviene altro. Gli angoli , le sezioni , le composizioni degli elementi in cemento sono pensati per riprendere il concept fondamentale delle travature della chiesa ed il sunto di tutta la sua struttura. 2) Il vetro (in alternativa materiale resinoso in tutto e per tutto simile al vetro e anche cromaticamente versatile nelle qualità e profondità delle trasparenze ) è la chiara indicazione della “trasparenza” , dell’acqua, del cristallino farsi materia della categoria dello spirito. La trasparenza da intendersi come forza irresistibile, infatti gli elementi composti dal vetro sono solidi, cromaticamente tangibili nello spazioo, ma permettono alla luce di attraversarli, anzi essi stessi sono poi portatori di luce, una volta che questa li abbia investiti. Il concetto che investe l’unione dei due elementi è quindi quello di povertà e trasparenza che si manifestano nel dinamismo e in una solidità che è esperibile. (altare Progetto Raul Gabriel) Altare La base dell’altare è composta da dodici elementi che hanno forma ed inclinazioni ispirate alle travi e colonne della chiesa, monolitico ed composto al tempo stesso e dimostra il suo essere scaturigine della struttura della chiesa (il percorso ho dovuto affrontarlo a ritroso, perché
  • 20. la chiesa era già realizzata , ma il risultato mostra che è possibile) della sua struttura , del suo farsi, quindi origine e punto di arrivo. La struttura dell’altare è punto di risoluzione del divenire nella solidità di una forma stabile, potente, monolitica, che però è accogliente, risolve il processo di cammino della moltitudine nella sua unità. Risolve nella struttura, anche il senso di moto che è la caratteristica predominante di S Maria di Colle, moto a cui però l’architetto originario non aveva dato una risposta in termini formali e quindi sostanziali convincente. L’inversione delle linee che portavano in fuori e tutta la struttura del progetto con cui ho ripensato la chiesa di S Maria di Colle tendono proprio a risignificare il tutto nel senso della focalità assoluta dell’altare. Nelle idee riguardanti l’altare avevo anche pensato ad una gettata di cemento inserita da dentro il presbiterio,come gesto e come fatto che l’altare è principio e compimento. ( Presbiterio vista da ambone . Progetto Raul Gabriel ) Ambone L’ambone si “spacca” sotto la spinta della parola potente e cristallina che esce nel mondo in maniera perpetua. Bloccato in uno sbilanciamento che suggerisce il costante divenire ed il compiersi della rivelazione. La struttura è composta da quattro elementi monolitici ma chiaramente derivanti da una frattura , inclinati ed in torsione in maniera tale da comunicare la potenza della forza a cui la pietra è stata sottoposta, ed anche il senso di uno sbilanciamento che sembra perennemente sul punto di cadere. Da questo deriva il senso di un processo vivo , che interroga, che va verso
  • 21. l’assemblea non in maniera passiva ma come vero e proprio gesto di coinvolgimento. Da queste pietre emerge cristallina, forte, luminosa la parola, che nel materiale e nei cromatismi si collega all’acqua della goccia del fonte battesimale. Le quattro pietre dell’ambone sono disposte a comunicare sia l’avvoglimento di colui che pronuncia la parola , sia l’apertura verso il mondo. Sono pietre spigolose ,dure , vere , forti, a ricordare che la Parola è anche come la spada oltre che riconciliatrice e di speranza. ( fonte battesimale prospettiva dalla vasca . Progetto Raul Gabriel ) Fonte Battesimale Il fonte è traduzione diretta dell’acqua come tramite per la compenetrazione con la pietra angolare. La goccia del fonte battesimale è lì , che penetra nella pietra , ma ci sta entrando parte fuori parte dentro , parte scava la roccia e parte vi sta per entrare, a segno del costante tramite tra l’esterno e il “cuore “ della pietra. Anche qui gli strumenti della composizione , della forma e delle angolazioni sono fondamentali nel comunicare la costante istataneità dell’evento , che succede per sempre fissato in una gabbia formale che ne cattura il moto. La pietra angolare del fonte è composta da otto elementi che si riprendono alle travature della chiesa, con linee inclinate , sono propriamente dei tronchi di piramide molto allungata , di cui si percepisce l’inclinazione in maniera appena percettibile.
  • 22. Gli otto elementi sono intersecati uno con l’altro a formare un unicum che al cetro presenta un incavo con la sezione di Croce. La goccia vi si inserisce scavando letteralmente dentro la pietra ed esaltandone la solidità proprio a mezzo del contrasto di materiali. Come lo Spirito è impalpabile ed al tempo stesso così presente e forte da incidere il materiale più duro. ( fonte battesimale vista da sotto . Progetto Raul Gabriel )
  • 23. ( due viste della bussola d’ingresso. Progetto Raul Gabriel )
  • 24. Concludo ringraziando con affetto l’amico e consulente teologico liturgico P. Vittorio Viola ofm, docente presso il Pontificio Istituto Liturgico Sant’Anselmo in Roma e Direttore dell’ufficio liturgico della Conferenza Episcopale Umbra le cui considerazioni sono aiuto prezioso nell’impresa, la Diocesi di Perugia , la Commissione di arte sacra , Don Pietro Ortica in qualità di parroco di Santa Maria di Colle, e tutti gli amici che sostengono l’intervento. Un cenno anche a coloro che sono contrari perché la dialettica delle opposizioni spesso tira fuori da tutti, e da me in particolare, il meglio che si possa dare. (1) cfr. http://www.futurstudio.110mb.com/index.html (2) cfr. Giuseppe Cerbini, Storia della Parrocchia di S.Maria di Colle in Perugia, Giuseppe Piria Editore, 2002. http://www.diocesi.perugia.it/parrocchie/smariadicolle (3) cfr. Raul Gabriel, Clandestino Rivista di Avanguardie poetiche ed artistiche, n.2, 2006, pag. 11. Immagini nel testo, tratte dal Progetto per la Chiesa di S.Maria di Colle in Perugia di Raul Gabriel. http://www.raulgabriel.com/ http://raulgabriel.com/raul%20gabriel%20bio.html