Il forno in alto vuoto della TAV è stato costruito per l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare agli inizi degli anni novanta ed è installato presso i Laboratori Nazionali di Legnaro (PD) nello stabilimento Alte Energie.
E’ stato realizzato in collaborazione con la ditta milanese TAV, che ha sede a Caravaggio (MI), specializzata nella produzione di forni in vuoto. E’ stato così possibile realizzare un forno mai costruito prima e che rispondeva appieno alle esigenze richieste.
Il forno in vuoto allora in uso era un modello a caricamento orizzontale le cui pareti interne e le resistenze erano realizzate in grafite. Da allora il vecchio forno è stato congedato, mentre il nuovo impianto è entrato subito in funzione per eseguire le brasature e i trattamenti termici sulle cavità acceleratici superconduttive a quarto d’onda dell’impianto Alpi.
Da allora fino ad oggi, il nuovo forno è sempre stato operativo, e grazie ad esso è stato possibile realizzare una grande varietà di trattamenti termici e brasature, per le più svariate applicazioni e impieghi.
Forno tubolare con pompe turbomolecolari a vuotoGiada Brindicci
Il cliente ha richiesto un pacchetto di pompe turbomolecolari a vuoto per consentire i processi di diffusione allo stato solido che coinvolgono metalli e semiconduttori in atmosfera di azoto.
La nostra soluzione risiede nel forno tubolare EST 12/300 con regolatore di temperatura 3216 e protezione da sovratemperatura 2132 con opzione di lavoro in atmosfera modificata e aggiunta del pacchetto di pompe turbomolecolari a vuoto.
Il pannello di controllo include un comando a elettrovalvola per una semplice gestione del flusso di gas e può essere monitorato e controllato utilizzando il flussometro collegato.
Il sistema del vuoto può pompare fino a una pressione di 5x10-5 mbar, rimuovendo rapidamente aria o gas indesiderati dal tubo di lavoro e consentendo di ottenere un'atmosfera di lavoro più pura.
Questo lavoro di tesi si propone di individuare, studiare e realizzare un dispositivo da applicare alle sorgenti magnetron-sputtering per aumentare la velocità delle deposizioni di film sottili. Le prove di deposizione sono state fatte utilizzando il niobio inquanto il dispositivo studiato potrebbe venire applicato alla deposizione di questo metallo superconduttore all’interno di cavità acceleratrici in radiofrequenza per acceleratori di particelle. Il problema che ci si è proposti di risolvere è quello di aumentare l’efficienza di ionizzazione del plasma da parte degli elettroni prodotti da una scarica elettrica in vuoto del tipo glow discharge. In una sorgente a diodo gli elettroni vengono persi perché assorbiti dall’anodo. In un magnetron gli stessi elettroni vengono fatti spiralizzare attorno alle linee di campo magnetico e compiendo un percorso più lungo per arrivare all’anodo effettuano un numero maggiore di collisioni ionizzanti.
Varie scuole di pensiero puntano ad aumentare l’efficienza di ionizzazione utilizzando differenti soluzioni (per esempio coupling del plasma induttivo con una sorgente a mircoonde, ECR), nel nostro caso sono state sviluppate delle sorgenti “extra” di elettroni chiamate Hollow Cathode da affiancare ai magnetron in modo da aumentare il numero di elettroni utili per la ionizzazione.
Recentemente la realizzazione di sorgenti magnetron-sputtering compatte, semplici e poco costose ha esteso l’utilizzo delle tecniche di deposizione di film sottili anche al settore low-tech come per esempio quello dei ricoprimenti decorativi oppure protettivi per il packaging nell’industria alimentare. Questo lavoro di tesi quindi, proponendosi di velocizzare la produzione di film sottili e di migliorarne la qualità, si inserisce in un contesto industriale di grande attualità
Il presente lavoro di tesi ha visto la progettazione meccanica, mediante
Autodesk® Inventor™ “Professional 2008”, di una camera da Ultra Alto Vuoto per
la deposizione fisica da fase vapore -magnetron sputtering- di film metallici su
substrati nastriformi, adottando un sistema di movimentazione di tipo roll-to-roll.
La peculiarità di questo apparato è quella di poter trattare, in un'unica sessione, un
nastro continuo lungo anche qualche centinaio di metri.
Il progetto è nato contestualmente alla necessità della TFE (Thin Film
Equipment) di avere un impianto pilota semi-industriale per la produzione in
continuo di film sottili di silice su materiale plastico. Con tale apparato, la TFE
intende effettuare uno studio di processo atto a caratterizzarne i parametri ed a
verificare le caratteristiche dei film, in vista della possibile costruzione di un vero
e proprio impianto industriale per la STMicroelectronics.
In particolare, la progettazione della macchina è un’operazione di
refurbishing di una parte di un sistema da vuoto già esistente e parzialmente
funzionante, ma oramai dismesso, che fu costruito allo scopo di conservare le
cavità a quarto d’onda in piombo dell’acceleratore dei Laboratori Nazionali di
Legnaro in un ambiente il più possibile pulito: il vuoto spinto.
Questa camera, oltre a poter essere impiegata come impianto pilota per uno
studio di processo industriale di deposizione su nastro, è stata predisposta anche
per poter trattare substrati generici, all’occorrenza, previa rimozione del sistema di
movimentazione.
L’operazione iniziale è stata la trasposizione su file dei due sistemi da vuoto
dismessi; quindi è stata effettuata una veloce analisi degli spazi destinati ad
alloggiare il futuro impianto, ne sono stati definiti gli utilizzi ed i requisiti tecnici,
sono stati valutati gli interventi da effettuare ed infine sono stati presi in
considerazione gli accessori da applicare, con particolare attenzione ai sistemi di
deposizione e di movimentazione del nastro.
Questo lavoro di tesi si propone di realizzare un nuovo tipo di sorgente per la
deposizione di film sottili con velocità più elevate dei tradizionali sistemi magnetron
sputtering e con un’erosione più uniforme del target.
Nelle tradizionali sorgenti di sputtering a diodo il plasma è sostenuto da una
scarica elettrica in vuoto, in cui gli elettroni prodotti ionizzano il gas presente. Gli ioni
del gas bombardano il target che funge da catodo, i cui vapori si depositeranno sul
substrato, crescendo un film sottile ad elevata purezza. Il problema di queste sorgenti è
la ridotta velocità di deposizione, a causa del fatto che gli elettroni vengono assorbiti
dall’anodo (cfr. capitoli 1 e 3).
Oggigiorno le sorgenti a diodo, salvo specifici casi, sono state sostituite dalle più
efficienti sorgenti a magnetron, in cui gli elettroni, spiralizzando attorno alle linee del
campo magnetico, percorrono un cammino più lungo prima di arrivare all’anodo e
producono pertanto un maggior numero di collisioni ionizzanti. Sono state poi
sviluppate numerose configurazioni che mirano all’aumento della ionizzazione del
plasma, in quanto è fondamentale aumentare la velocità di deposizione se si vuole
utilizzare questa tecnica anche in campo industriale.
Due sono le strade che si possono seguire: aumentare ulteriormente il cammino
degli elettroni, come ad esempio nelle sorgenti ECR (Electron Cyclotron Resonance)
dove si sfrutta una sorgente a microonde; oppure aumentare la densità elettronica, e di
conseguenza anche la densità ionica (un plasma deve essere sostanzialmente neutro)
con l’ausilio di una seconda sorgente di elettroni. Nel passato si è indagata la possibilità
di accoppiare al magnetron un filamento emittore di elettroni che sostenga la scarica,
creando così dei sistemi1,2 più efficienti di un magnetron tradizionale. Alternativa molto
interessante al filamento è l’utilizzo di un hollow cathode come sorgente esterna di
elettroni3
, con la possibilità di inglobarlo all’interno del magnetron stesso; in questo
caso si parla di target hollow cathode magnetron4,5,6 (cfr. paragrafo 3.4). Gli hollow
cathode magnetron presentano un notevole incremento della ionizzazione: sorgentirealizzate nel nostro laboratorio hanno mostrato velocità di deposizione 3 volte più
elevate di una normale sorgente magnetron planare7
. Il problema, in questo caso, è la
scarsa uniformità di erosione del target e di deposito del substrato, che viene risolta dai
target hollow cathode magnetron, a scapito però di un’efficienza di poco superiore a
quella di un normale magnetron.
Scopo di questo lavoro è proprio quello costruire una innovativa sorgente hollow
cathode magnetron, accoppiando ad un magnetron planare un hollow cathode anulare
di nostra progettazione, al posto del tradizionale hollow cathode lineare. Si cerca, in
questo modo, di coniugare l’elevata efficienza di un hollow cathode magnetron
all’uniformità di e
Il forno in alto vuoto della TAV è stato costruito per l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare agli inizi degli anni novanta ed è installato presso i Laboratori Nazionali di Legnaro (PD) nello stabilimento Alte Energie.
E’ stato realizzato in collaborazione con la ditta milanese TAV, che ha sede a Caravaggio (MI), specializzata nella produzione di forni in vuoto. E’ stato così possibile realizzare un forno mai costruito prima e che rispondeva appieno alle esigenze richieste.
Il forno in vuoto allora in uso era un modello a caricamento orizzontale le cui pareti interne e le resistenze erano realizzate in grafite. Da allora il vecchio forno è stato congedato, mentre il nuovo impianto è entrato subito in funzione per eseguire le brasature e i trattamenti termici sulle cavità acceleratici superconduttive a quarto d’onda dell’impianto Alpi.
Da allora fino ad oggi, il nuovo forno è sempre stato operativo, e grazie ad esso è stato possibile realizzare una grande varietà di trattamenti termici e brasature, per le più svariate applicazioni e impieghi.
Forno tubolare con pompe turbomolecolari a vuotoGiada Brindicci
Il cliente ha richiesto un pacchetto di pompe turbomolecolari a vuoto per consentire i processi di diffusione allo stato solido che coinvolgono metalli e semiconduttori in atmosfera di azoto.
La nostra soluzione risiede nel forno tubolare EST 12/300 con regolatore di temperatura 3216 e protezione da sovratemperatura 2132 con opzione di lavoro in atmosfera modificata e aggiunta del pacchetto di pompe turbomolecolari a vuoto.
Il pannello di controllo include un comando a elettrovalvola per una semplice gestione del flusso di gas e può essere monitorato e controllato utilizzando il flussometro collegato.
Il sistema del vuoto può pompare fino a una pressione di 5x10-5 mbar, rimuovendo rapidamente aria o gas indesiderati dal tubo di lavoro e consentendo di ottenere un'atmosfera di lavoro più pura.
Questo lavoro di tesi si propone di individuare, studiare e realizzare un dispositivo da applicare alle sorgenti magnetron-sputtering per aumentare la velocità delle deposizioni di film sottili. Le prove di deposizione sono state fatte utilizzando il niobio inquanto il dispositivo studiato potrebbe venire applicato alla deposizione di questo metallo superconduttore all’interno di cavità acceleratrici in radiofrequenza per acceleratori di particelle. Il problema che ci si è proposti di risolvere è quello di aumentare l’efficienza di ionizzazione del plasma da parte degli elettroni prodotti da una scarica elettrica in vuoto del tipo glow discharge. In una sorgente a diodo gli elettroni vengono persi perché assorbiti dall’anodo. In un magnetron gli stessi elettroni vengono fatti spiralizzare attorno alle linee di campo magnetico e compiendo un percorso più lungo per arrivare all’anodo effettuano un numero maggiore di collisioni ionizzanti.
Varie scuole di pensiero puntano ad aumentare l’efficienza di ionizzazione utilizzando differenti soluzioni (per esempio coupling del plasma induttivo con una sorgente a mircoonde, ECR), nel nostro caso sono state sviluppate delle sorgenti “extra” di elettroni chiamate Hollow Cathode da affiancare ai magnetron in modo da aumentare il numero di elettroni utili per la ionizzazione.
Recentemente la realizzazione di sorgenti magnetron-sputtering compatte, semplici e poco costose ha esteso l’utilizzo delle tecniche di deposizione di film sottili anche al settore low-tech come per esempio quello dei ricoprimenti decorativi oppure protettivi per il packaging nell’industria alimentare. Questo lavoro di tesi quindi, proponendosi di velocizzare la produzione di film sottili e di migliorarne la qualità, si inserisce in un contesto industriale di grande attualità
Il presente lavoro di tesi ha visto la progettazione meccanica, mediante
Autodesk® Inventor™ “Professional 2008”, di una camera da Ultra Alto Vuoto per
la deposizione fisica da fase vapore -magnetron sputtering- di film metallici su
substrati nastriformi, adottando un sistema di movimentazione di tipo roll-to-roll.
La peculiarità di questo apparato è quella di poter trattare, in un'unica sessione, un
nastro continuo lungo anche qualche centinaio di metri.
Il progetto è nato contestualmente alla necessità della TFE (Thin Film
Equipment) di avere un impianto pilota semi-industriale per la produzione in
continuo di film sottili di silice su materiale plastico. Con tale apparato, la TFE
intende effettuare uno studio di processo atto a caratterizzarne i parametri ed a
verificare le caratteristiche dei film, in vista della possibile costruzione di un vero
e proprio impianto industriale per la STMicroelectronics.
In particolare, la progettazione della macchina è un’operazione di
refurbishing di una parte di un sistema da vuoto già esistente e parzialmente
funzionante, ma oramai dismesso, che fu costruito allo scopo di conservare le
cavità a quarto d’onda in piombo dell’acceleratore dei Laboratori Nazionali di
Legnaro in un ambiente il più possibile pulito: il vuoto spinto.
Questa camera, oltre a poter essere impiegata come impianto pilota per uno
studio di processo industriale di deposizione su nastro, è stata predisposta anche
per poter trattare substrati generici, all’occorrenza, previa rimozione del sistema di
movimentazione.
L’operazione iniziale è stata la trasposizione su file dei due sistemi da vuoto
dismessi; quindi è stata effettuata una veloce analisi degli spazi destinati ad
alloggiare il futuro impianto, ne sono stati definiti gli utilizzi ed i requisiti tecnici,
sono stati valutati gli interventi da effettuare ed infine sono stati presi in
considerazione gli accessori da applicare, con particolare attenzione ai sistemi di
deposizione e di movimentazione del nastro.
Questo lavoro di tesi si propone di realizzare un nuovo tipo di sorgente per la
deposizione di film sottili con velocità più elevate dei tradizionali sistemi magnetron
sputtering e con un’erosione più uniforme del target.
Nelle tradizionali sorgenti di sputtering a diodo il plasma è sostenuto da una
scarica elettrica in vuoto, in cui gli elettroni prodotti ionizzano il gas presente. Gli ioni
del gas bombardano il target che funge da catodo, i cui vapori si depositeranno sul
substrato, crescendo un film sottile ad elevata purezza. Il problema di queste sorgenti è
la ridotta velocità di deposizione, a causa del fatto che gli elettroni vengono assorbiti
dall’anodo (cfr. capitoli 1 e 3).
Oggigiorno le sorgenti a diodo, salvo specifici casi, sono state sostituite dalle più
efficienti sorgenti a magnetron, in cui gli elettroni, spiralizzando attorno alle linee del
campo magnetico, percorrono un cammino più lungo prima di arrivare all’anodo e
producono pertanto un maggior numero di collisioni ionizzanti. Sono state poi
sviluppate numerose configurazioni che mirano all’aumento della ionizzazione del
plasma, in quanto è fondamentale aumentare la velocità di deposizione se si vuole
utilizzare questa tecnica anche in campo industriale.
Due sono le strade che si possono seguire: aumentare ulteriormente il cammino
degli elettroni, come ad esempio nelle sorgenti ECR (Electron Cyclotron Resonance)
dove si sfrutta una sorgente a microonde; oppure aumentare la densità elettronica, e di
conseguenza anche la densità ionica (un plasma deve essere sostanzialmente neutro)
con l’ausilio di una seconda sorgente di elettroni. Nel passato si è indagata la possibilità
di accoppiare al magnetron un filamento emittore di elettroni che sostenga la scarica,
creando così dei sistemi1,2 più efficienti di un magnetron tradizionale. Alternativa molto
interessante al filamento è l’utilizzo di un hollow cathode come sorgente esterna di
elettroni3
, con la possibilità di inglobarlo all’interno del magnetron stesso; in questo
caso si parla di target hollow cathode magnetron4,5,6 (cfr. paragrafo 3.4). Gli hollow
cathode magnetron presentano un notevole incremento della ionizzazione: sorgentirealizzate nel nostro laboratorio hanno mostrato velocità di deposizione 3 volte più
elevate di una normale sorgente magnetron planare7
. Il problema, in questo caso, è la
scarsa uniformità di erosione del target e di deposito del substrato, che viene risolta dai
target hollow cathode magnetron, a scapito però di un’efficienza di poco superiore a
quella di un normale magnetron.
Scopo di questo lavoro è proprio quello costruire una innovativa sorgente hollow
cathode magnetron, accoppiando ad un magnetron planare un hollow cathode anulare
di nostra progettazione, al posto del tradizionale hollow cathode lineare. Si cerca, in
questo modo, di coniugare l’elevata efficienza di un hollow cathode magnetron
all’uniformità di e
CUORE è un progetto internazionale che si propone come obiettivo la misura del tempo di decadimento doppio beta (decadimento ββ o DBD) del neutrino, cioè nell’occorrenza simultanea di due decadimenti beta nello stesso nucleo. Questo avviene mediante l’uso di un rivelatore composto da una schiera di 988 bolometri di TeO2, disposti in una configurazione cilindrica di 19 torri da 52 cristalli ciascuna. Dalla misura del tempo di decadimento dovrebbe essere possibile risalire direttamente alla massa del neutrino, uno dei grandi obbiettivi della ricerca attuale.
La pulizia superficiale della componentistica dell’esperimento CUORE è già stata oggetto di studio e lavoro, prodotti dal laboratorio di Superconduttività e Trattamenti di superficie dei LNL dell’INFN (per ulteriori informazioni si rimanda pertanto a detti elaborati [Menegatti (2005,2006)]).
Poiché il parametro cruciale di questo esperimento è il residuo della contaminazione radioattiva in superficie e la sua relativa rimozione, il più importante obbiettivo della fase di R&D di CUORE consiste nello sviluppare metodi per controllare e ridurre, a livelli trascurabili, il fondo radioattivo derivante da eventi di superficie. La configurazione di CUORE non permette un sostanziale aumento della sensibilità, se prima non viene messa a punto una procedura per abbattere di un ordine di grandezza l’inquinamento da Th e U presente sulla superficie dei cristalli e del rame. La pulizia della superficie dei materiali costituisce quindi una fase fondamentale affinché CUORE abbia successo.
Scopo dell’elaborato proposto è la compilazione di un accurato protocollo di pulizia in grado di ridurre la contaminazione radiattiva presente nel rame utilizzato. La procedura descritta nel protocollo è già in uso per pulire i campioni di CUORE, ma ha mostrato in alcuni punti lacune e problemi, che con il presente lavoro si cercherà di evidenziare e in taluni casi di risolvere. Un’analisi della procedura di pulizia è, infatti, fondamentale per apportare miglioramenti alla procedura stessa e capire quali saranno i prossimi passaggi da mettere a punto.
Scopo di questo lavoro è anche il fare il punto della situazione attuale per quanto concerne la pulizia superficiale dei campioni in Cu del progetto CUORE; questo scritto può costituire inoltre materiale informativo a disposizione dei gruppi scientifici che affrontano tematiche analoghe. Tra questi ultimi vi è il gruppo lavorante all’esperimento GERDA, proposto nel 2004 come un rivelatore di nuova generazione per la ricerca del decadimento doppio beta del 76Ge ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso.
Le ultime innovazioni tecnologiche possono rivoluzionare l'impiego e le strategie di progetto - Intervento di Mauro Braga, Viessmann, al Convegno del 15 marzo 2016
La tecnologia degli acceleratori di particelle è tradizionalmente un serbatoio da cui attingere per il trasferimento di conoscenze tecniche dall’ambito della ricerca di base all’industria; in questo campo i Laboratori Nazionali de Legnaro dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (LNL – INFN) vantano una lunga esperienza come ente di ricerca di alto livello sia in ambito italiano che internazionale, nello sviluppo di nuove tecniche di accelerazione e nell’applicazione di conoscenze e metodologie tipiche della scienza dei materiali al campo degli acceleratori di particelle. Il master in Trattamenti di superficie applicati a tecnologie meccaniche innovative per l’industria si inserisce in questo contesto e funge da ponte per il trasferimento del bagaglio di conoscenze maturate durante gli anni per il trattamento dei materiali delle cavità acceleratrici a realtà industriali presenti sul territorio nazionale.
Il trattamento superficiale di una cavità acceleratrice superconduttiva è un passaggio fondamentale nella sua realizzazione, in quanto predispone lo strato superficiale del risonatore stesso a sostenere le condizioni di vuoto, temperatura ed alti campi elettrici presenti durante il funzionamento nell’acceleratore; questi trattamenti presuppongono un’approfondita conoscenza della scienza dei materiali ed una robusta preparazione di tipo applicativo oltre che teorico.
Il lavoro di questa tesi prende l’avvio da due istanze fondamentali, cioè
dall’applicazione delle conoscenze fisiche, chimiche e meccaniche apprese nel corso del master e dalla tradizione nello sviluppo di nuove tecniche di accelerazione dei Laboratori Nazionali di Legnaro con il fine di realizzare e caratterizzare un nuovo tipo di strutture acceleranti basate sul concetto di cristallo fotonico o photonic band gap (PBG) applicato alle microonde.
Durante questo lavoro si sono quindi realizzati alcuni prototipi di cavità PBG risuonanti a 14 e 6 GHz, in rame ed in niobio superconduttivo, sviluppando un metodo realizzativo che permettesse di evitare il ricorso a costose saldature electron beam; le cavità così realizzate sono state trattate superficialmente adattando il protocollo di trattamento utilizzato per altre cavità costruite nei Laboratori e studiando nuove strade tecniche per la loro finitura superficiale. Infine si è proceduto ad adattare i sistemi criogenici e RF
integrandoli per caratterizzare le cavità costruite.Questo progetto si inserisce in una collaborazione fra i Laboratori Nazionali di Legnaro
e la sezione INFN di Napoli, che ha fornito il supporto teorico sulla teoria dei cristalli fotonici applicati agli acceleratori e ha contribuito al progetto delle cavità attraverso le simulazioni dei campi elettromagnetici in cavità; il gruppo di legnaro si è occupato, oltre che della costruzione, dei trattamenti di superficie e delle misure, anche della parte riguardante la superconduttività in Radiofrequenza.
Deposizione via Sol-Gel di Interlayer di Lal-xSrxMn03 per semicelle a combust...thinfilmsworkshop
Tra i sistemi attuali di conversione dell’energia con basso impatto ambientale, le celle a combustibile sono tra quelli che destano il maggiore interesse. Ipotizzate dal fisico inglese William Grove sin dalla fine dell’800, vennero realizzate per la prima volta nel 1959. Tuttavia, solo negli ultimi anni la ricerca in questo settore ha avuto una straordinaria crescita in campo automobilistico, per dispositivi portatili, per impianti elettrici domestici o per grandi centrali elettriche. Tale sviluppo è giustificato dal sempre maggiore interesse per le problematiche ambientali e dal notevole miglioramento tecnologico nel settore dei materiali, che ha portato ad avere celle a combustibile con efficienze e stabilità termiche e meccaniche decisamente più elevate a costi minori e per cui è possibile ipotizzare uno sviluppo commerciale di questi dispositivi in tempi relativamente brevi. Tra i vari tipi di celle a combustibile, le celle ad ossido solido (Solid Oxide Fuel Cell, SOFC) sono in fase di sviluppo per applicazioni stazionarie quali piccole centraline elettriche o grandi impianti e i primi prototipi sono già stati testati con successo. Tali dispositivi, però, necessitano di temperature
di esercizio molto elevate (800 ÷ 1000°C) e quindi di materiali elettrodici, elettrolitici e di interconnessioni metalliche che resistano a tali temperature. Ciò comporta costi notevoli per l’impianto e, in vista di una loro potenziale commercializzazione, si è reso quindi necessario lo sviluppo di nuovi materiali per abbassare le temperature a valori attorno a 500 ÷ 800°C, ovvero nel range di temperature definite “intermedie” (IT-SOFC, Intermediate Temperature SOFC). L’istituto IENI (Istituto per l’Energetica e le Interfasi) del CNR di Padova, in cui questo lavoro di tesi è stato svolto, è attualmente coinvolto, assieme ad altri istituti del CNR, quali l’ITAE (Istituto di
Tecnologie Avanzate per l’Energia) di Messina e l’ISTEC (Istituto di Scienza e Tecnologia dei materiali Ceramici) di Faenza, ad istituti universitari e ad aziende italiane, in alcuni progetti che promuovono in ambito nazionale lo sviluppo di sistemi SOFC basati su tecnologia italiana ed hanno come obiettivi la sintesi di materiali innovativi e la realizzazione di stack SOFC (circa 500 W) operanti a temperature intermedie, oltre al testing di stack commerciali. Nell’ambito di questi progetti, il gruppo di ricerca in cui questa attività è stata svolta ha orientato le indagini verso la deposizione mediante PVD (Physical Vapor Deposition) di film elettrolitici a base di ceria drogata
con gadolinia (Gadolinia Doped Ceria, GDC) su anodo supportante. La GDC è, infatti, nota come materiale elettrolitico avente buona conducibilità ionica (10-4 ÷ 10-2 S cm-1) nel range di temperaturacompreso tra 400 e 650°C. In questa configurazione di cella si è deciso di impiegare un anodo supportante costituito da un cermet Ni-YSZ, ovvero un composito ceramica-metallo a base
Uno dei problemi che sorgono quando si ha a che fare con impianti centrali nucleari di
potenza[1,2] è la contaminazione radioattiva dei materiali impiegati nell’arco di tutto il processo
produttivo: dalla estrazione e macinazione del minerale, alla raffinazione e arricchimento, al
funzionamento del reattore e ricondizionamento del combustibile esausto.
Abitualmente i rifiuti nucleari vengono solidificati e compattati prima di essere sepolti in
depositi sotterranei civili e militari che sono per loro natura di capacità limitata; di conseguenza è
di primario interesse lo studio di tecniche in grado di separare la frazioni a diverso grado di
radioattività, dette di decontaminazione, per permettere una ottimizzazione degli spazi disponibili.
Le tecniche di decontaminazione possono esser sia di natura chimica che fisica.
Fra le tecniche ormai mature impiegate per la decontaminazione si annoverano la
pallinatura, la lucidatura con miscele acqua/ceramica e la dissoluzione ad opera di agenti chimici,
che però propongono ulteriori problemi in quanto le miscele lucidanti e gli acidi impiegati devono
poi essere considerati a loro volta radioattivi ai fini dello smaltimento.
Recentemente[2], si è pensato di utilizzare tecniche di arco a bassa pressione per trattare le
superfici contaminate da radiazioni. La tecnica si basa sulla possibilità di erodere lo strato
radioattivo superficiale preferenzialmente rispetto al substrato metallico sottostante: l’arco
catodico permette di erodere lo strato superficiale in tempi dell’ordine di un secondo per cm2 .
L’efficienza di questa tecnica è stata valutata nell’80%.
Il materiale radioattivo proveniente dal materiale da decontaminare si deposita sulle
superfici affacciate all’arco, e risulta quindi di facile eliminazione.
Partendo da questo problema tecnologico, si è pensato di applicare tecniche simili per
pulire i telai in Cu che costituiscono parte del rivelatore dell’esperimento CUORE.
...
Nuova versione completa e aggiornata del manuale operativo di Hydropath Hydroflow, la più potente tecnologia anti calcare e anti batteri. Senza utilizzare sostanze chimiche, senza inquinare l'acqua e senza necessità di manutenzione, Hydropath è di fatto l'alternativa "verde" agli addolciotri d'acqua. Si può usare in piccoli impianti domestici, caldaie, pannelli solari fino a condomìni, industrie, SPA e piscine.
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Scarica il manuale per i dati su funzionamento, installazione.
Intervento di Vincenzo Sabatelli al workshop regionale STS-Med dal titolo"I sistemi a concentrazione solare poligenerativi - una risposta integrata al fabbisogno energetico delle comunità mediterranee" - Palermo 6 Novembre 2013
There is no dubt that the subject of superconducting resonant cavities is a fascinating field both physical and engineering point of view.
The application of superconductivity to the world of resonant cavities has made achievable results unimaginable otherwise.
Independently of the special field of application, superconducting resonant circuits have superior performances compared to roo-temperatire circuits.
However the greatest resource of such devices stays not in the high quality of the results already obtained, but in all potential applications and new ideas that must be still developed.
When hearing about persistent currents recirculating for several year in a superconducting loop without any appreciable decay, we realize that we are dealing with a phenomenon wich in nature is the closest we know to the perpetual motion.
The zero resistivity and the perfect diamagnetism in Mercury at 4.2 K, the discovery of superconducting materials, finally the revolution of the "liquid Nitrogen superconductivity": Nature discloses drop by drop its intimate secrets.
Nobody can exclude that the final surpreise must still come.
CUORE è un progetto internazionale che si propone come obiettivo la misura del tempo di decadimento doppio beta (decadimento ββ o DBD) del neutrino, cioè nell’occorrenza simultanea di due decadimenti beta nello stesso nucleo. Questo avviene mediante l’uso di un rivelatore composto da una schiera di 988 bolometri di TeO2, disposti in una configurazione cilindrica di 19 torri da 52 cristalli ciascuna. Dalla misura del tempo di decadimento dovrebbe essere possibile risalire direttamente alla massa del neutrino, uno dei grandi obbiettivi della ricerca attuale.
La pulizia superficiale della componentistica dell’esperimento CUORE è già stata oggetto di studio e lavoro, prodotti dal laboratorio di Superconduttività e Trattamenti di superficie dei LNL dell’INFN (per ulteriori informazioni si rimanda pertanto a detti elaborati [Menegatti (2005,2006)]).
Poiché il parametro cruciale di questo esperimento è il residuo della contaminazione radioattiva in superficie e la sua relativa rimozione, il più importante obbiettivo della fase di R&D di CUORE consiste nello sviluppare metodi per controllare e ridurre, a livelli trascurabili, il fondo radioattivo derivante da eventi di superficie. La configurazione di CUORE non permette un sostanziale aumento della sensibilità, se prima non viene messa a punto una procedura per abbattere di un ordine di grandezza l’inquinamento da Th e U presente sulla superficie dei cristalli e del rame. La pulizia della superficie dei materiali costituisce quindi una fase fondamentale affinché CUORE abbia successo.
Scopo dell’elaborato proposto è la compilazione di un accurato protocollo di pulizia in grado di ridurre la contaminazione radiattiva presente nel rame utilizzato. La procedura descritta nel protocollo è già in uso per pulire i campioni di CUORE, ma ha mostrato in alcuni punti lacune e problemi, che con il presente lavoro si cercherà di evidenziare e in taluni casi di risolvere. Un’analisi della procedura di pulizia è, infatti, fondamentale per apportare miglioramenti alla procedura stessa e capire quali saranno i prossimi passaggi da mettere a punto.
Scopo di questo lavoro è anche il fare il punto della situazione attuale per quanto concerne la pulizia superficiale dei campioni in Cu del progetto CUORE; questo scritto può costituire inoltre materiale informativo a disposizione dei gruppi scientifici che affrontano tematiche analoghe. Tra questi ultimi vi è il gruppo lavorante all’esperimento GERDA, proposto nel 2004 come un rivelatore di nuova generazione per la ricerca del decadimento doppio beta del 76Ge ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso.
Le ultime innovazioni tecnologiche possono rivoluzionare l'impiego e le strategie di progetto - Intervento di Mauro Braga, Viessmann, al Convegno del 15 marzo 2016
La tecnologia degli acceleratori di particelle è tradizionalmente un serbatoio da cui attingere per il trasferimento di conoscenze tecniche dall’ambito della ricerca di base all’industria; in questo campo i Laboratori Nazionali de Legnaro dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (LNL – INFN) vantano una lunga esperienza come ente di ricerca di alto livello sia in ambito italiano che internazionale, nello sviluppo di nuove tecniche di accelerazione e nell’applicazione di conoscenze e metodologie tipiche della scienza dei materiali al campo degli acceleratori di particelle. Il master in Trattamenti di superficie applicati a tecnologie meccaniche innovative per l’industria si inserisce in questo contesto e funge da ponte per il trasferimento del bagaglio di conoscenze maturate durante gli anni per il trattamento dei materiali delle cavità acceleratrici a realtà industriali presenti sul territorio nazionale.
Il trattamento superficiale di una cavità acceleratrice superconduttiva è un passaggio fondamentale nella sua realizzazione, in quanto predispone lo strato superficiale del risonatore stesso a sostenere le condizioni di vuoto, temperatura ed alti campi elettrici presenti durante il funzionamento nell’acceleratore; questi trattamenti presuppongono un’approfondita conoscenza della scienza dei materiali ed una robusta preparazione di tipo applicativo oltre che teorico.
Il lavoro di questa tesi prende l’avvio da due istanze fondamentali, cioè
dall’applicazione delle conoscenze fisiche, chimiche e meccaniche apprese nel corso del master e dalla tradizione nello sviluppo di nuove tecniche di accelerazione dei Laboratori Nazionali di Legnaro con il fine di realizzare e caratterizzare un nuovo tipo di strutture acceleranti basate sul concetto di cristallo fotonico o photonic band gap (PBG) applicato alle microonde.
Durante questo lavoro si sono quindi realizzati alcuni prototipi di cavità PBG risuonanti a 14 e 6 GHz, in rame ed in niobio superconduttivo, sviluppando un metodo realizzativo che permettesse di evitare il ricorso a costose saldature electron beam; le cavità così realizzate sono state trattate superficialmente adattando il protocollo di trattamento utilizzato per altre cavità costruite nei Laboratori e studiando nuove strade tecniche per la loro finitura superficiale. Infine si è proceduto ad adattare i sistemi criogenici e RF
integrandoli per caratterizzare le cavità costruite.Questo progetto si inserisce in una collaborazione fra i Laboratori Nazionali di Legnaro
e la sezione INFN di Napoli, che ha fornito il supporto teorico sulla teoria dei cristalli fotonici applicati agli acceleratori e ha contribuito al progetto delle cavità attraverso le simulazioni dei campi elettromagnetici in cavità; il gruppo di legnaro si è occupato, oltre che della costruzione, dei trattamenti di superficie e delle misure, anche della parte riguardante la superconduttività in Radiofrequenza.
Deposizione via Sol-Gel di Interlayer di Lal-xSrxMn03 per semicelle a combust...thinfilmsworkshop
Tra i sistemi attuali di conversione dell’energia con basso impatto ambientale, le celle a combustibile sono tra quelli che destano il maggiore interesse. Ipotizzate dal fisico inglese William Grove sin dalla fine dell’800, vennero realizzate per la prima volta nel 1959. Tuttavia, solo negli ultimi anni la ricerca in questo settore ha avuto una straordinaria crescita in campo automobilistico, per dispositivi portatili, per impianti elettrici domestici o per grandi centrali elettriche. Tale sviluppo è giustificato dal sempre maggiore interesse per le problematiche ambientali e dal notevole miglioramento tecnologico nel settore dei materiali, che ha portato ad avere celle a combustibile con efficienze e stabilità termiche e meccaniche decisamente più elevate a costi minori e per cui è possibile ipotizzare uno sviluppo commerciale di questi dispositivi in tempi relativamente brevi. Tra i vari tipi di celle a combustibile, le celle ad ossido solido (Solid Oxide Fuel Cell, SOFC) sono in fase di sviluppo per applicazioni stazionarie quali piccole centraline elettriche o grandi impianti e i primi prototipi sono già stati testati con successo. Tali dispositivi, però, necessitano di temperature
di esercizio molto elevate (800 ÷ 1000°C) e quindi di materiali elettrodici, elettrolitici e di interconnessioni metalliche che resistano a tali temperature. Ciò comporta costi notevoli per l’impianto e, in vista di una loro potenziale commercializzazione, si è reso quindi necessario lo sviluppo di nuovi materiali per abbassare le temperature a valori attorno a 500 ÷ 800°C, ovvero nel range di temperature definite “intermedie” (IT-SOFC, Intermediate Temperature SOFC). L’istituto IENI (Istituto per l’Energetica e le Interfasi) del CNR di Padova, in cui questo lavoro di tesi è stato svolto, è attualmente coinvolto, assieme ad altri istituti del CNR, quali l’ITAE (Istituto di
Tecnologie Avanzate per l’Energia) di Messina e l’ISTEC (Istituto di Scienza e Tecnologia dei materiali Ceramici) di Faenza, ad istituti universitari e ad aziende italiane, in alcuni progetti che promuovono in ambito nazionale lo sviluppo di sistemi SOFC basati su tecnologia italiana ed hanno come obiettivi la sintesi di materiali innovativi e la realizzazione di stack SOFC (circa 500 W) operanti a temperature intermedie, oltre al testing di stack commerciali. Nell’ambito di questi progetti, il gruppo di ricerca in cui questa attività è stata svolta ha orientato le indagini verso la deposizione mediante PVD (Physical Vapor Deposition) di film elettrolitici a base di ceria drogata
con gadolinia (Gadolinia Doped Ceria, GDC) su anodo supportante. La GDC è, infatti, nota come materiale elettrolitico avente buona conducibilità ionica (10-4 ÷ 10-2 S cm-1) nel range di temperaturacompreso tra 400 e 650°C. In questa configurazione di cella si è deciso di impiegare un anodo supportante costituito da un cermet Ni-YSZ, ovvero un composito ceramica-metallo a base
Uno dei problemi che sorgono quando si ha a che fare con impianti centrali nucleari di
potenza[1,2] è la contaminazione radioattiva dei materiali impiegati nell’arco di tutto il processo
produttivo: dalla estrazione e macinazione del minerale, alla raffinazione e arricchimento, al
funzionamento del reattore e ricondizionamento del combustibile esausto.
Abitualmente i rifiuti nucleari vengono solidificati e compattati prima di essere sepolti in
depositi sotterranei civili e militari che sono per loro natura di capacità limitata; di conseguenza è
di primario interesse lo studio di tecniche in grado di separare la frazioni a diverso grado di
radioattività, dette di decontaminazione, per permettere una ottimizzazione degli spazi disponibili.
Le tecniche di decontaminazione possono esser sia di natura chimica che fisica.
Fra le tecniche ormai mature impiegate per la decontaminazione si annoverano la
pallinatura, la lucidatura con miscele acqua/ceramica e la dissoluzione ad opera di agenti chimici,
che però propongono ulteriori problemi in quanto le miscele lucidanti e gli acidi impiegati devono
poi essere considerati a loro volta radioattivi ai fini dello smaltimento.
Recentemente[2], si è pensato di utilizzare tecniche di arco a bassa pressione per trattare le
superfici contaminate da radiazioni. La tecnica si basa sulla possibilità di erodere lo strato
radioattivo superficiale preferenzialmente rispetto al substrato metallico sottostante: l’arco
catodico permette di erodere lo strato superficiale in tempi dell’ordine di un secondo per cm2 .
L’efficienza di questa tecnica è stata valutata nell’80%.
Il materiale radioattivo proveniente dal materiale da decontaminare si deposita sulle
superfici affacciate all’arco, e risulta quindi di facile eliminazione.
Partendo da questo problema tecnologico, si è pensato di applicare tecniche simili per
pulire i telai in Cu che costituiscono parte del rivelatore dell’esperimento CUORE.
...
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Intervento di Vincenzo Sabatelli al workshop regionale STS-Med dal titolo"I sistemi a concentrazione solare poligenerativi - una risposta integrata al fabbisogno energetico delle comunità mediterranee" - Palermo 6 Novembre 2013
There is no dubt that the subject of superconducting resonant cavities is a fascinating field both physical and engineering point of view.
The application of superconductivity to the world of resonant cavities has made achievable results unimaginable otherwise.
Independently of the special field of application, superconducting resonant circuits have superior performances compared to roo-temperatire circuits.
However the greatest resource of such devices stays not in the high quality of the results already obtained, but in all potential applications and new ideas that must be still developed.
When hearing about persistent currents recirculating for several year in a superconducting loop without any appreciable decay, we realize that we are dealing with a phenomenon wich in nature is the closest we know to the perpetual motion.
The zero resistivity and the perfect diamagnetism in Mercury at 4.2 K, the discovery of superconducting materials, finally the revolution of the "liquid Nitrogen superconductivity": Nature discloses drop by drop its intimate secrets.
Nobody can exclude that the final surpreise must still come.
This works deals with the A15 compound synthesis on niobium samples and over the
internal surface of niobium cavities by means of induction heating. Specifically, three compounds were studied: Nb3Ga, Nb3Al and Nb-Al-Ga. As for the preparation of the niobium samples, they were treated with BCP solution in order to polish the surface. The niobium cavities were treated with centrifugal tumbling, BCP solution and high pressure water rising. Subsequent, the samples, or cavities, were placed into an inductor controlling the voltage, time, sample position, temperature, type and pressure of gas used. The highest critical temperature
obtained was 18 K and Tc 0,35 K, in Nb-Al-Ga#1 sample by inductive measurement.
Mapping analysis showed the uniform diffusion of aluminum into the niobium, and the gallium diffuses creating channels into niobium. The composition was measured by EDS obtaining (82±1)% wt. Niobium, (11,3±0,9)% wt. Gallium, (4,7±0,2)% wt. Aluminum and (1,9±0,1)% wt. Oxygen. Finally, RF test confirmed that the cavities obtained after the annealing were normal conductive indicating that the preparation parameters must still be optimized.
In questi ultimi anni i problemi energetici e ambientali hanno favorito lo sviluppo di un nuovo settore della ricerca riguardo la produzione di energia pulita sfruttando fenomeni naturali. L'attenzione dei ricercatori è stata catturata dalla possibilità di convertire l'energia solare luminosa
in energia elettrica. Questo processo di conversione, nato nella prima metà del XX secolo, permette di produrre correnti elettriche anche in piccola scala, senza la realizzazione di imponenti impianti industriali e soprattutto senza la produzione si scorie inquinanti. Sono nate così le prime celle solari
a effetto fotovoltaico.
Gli sviluppi hanno portato a diversi risultati e al giorno d'oggi l'energia fotovoltaica ha ormai fatto il suo ingresso nella vita quotidiana. Sia i favori delle industrie, sia l'interesse dei privati cittadini, contribuiscono a espandere questo tipo di ricerca, ottenendo numerosi successi nell'aumento
dell'efficienza di conversione energetica. Dal punto di vista della scienza dei materiali la prima cosa che viene in mente pensando alle celle
fotovoltaiche è il silicio. A tutti gli effetti la maggior parte delle celle sul commercio sono costituite da silicio policristallino, per le sue ottime qualità e proprietà di resa. Tuttavia esistono anche una moltitudine di altri composti, alcuni più recenti di altri, che sono ancora nell'occhio dei ricercatori, un esempio ne sono i recenti foto-materiali organici. Spesso però i costi di realizzazione sono alti per ottenere rese elevate, rendendo così proibitive le realizzazioni su impianti industriali. L'ossido rameoso (Cu2O) è stato uno dei capostipiti dei materiali utilizzati nelle celle fotovoltaiche.
Fin dal suo primo utilizzo nel 1958 esso ha presentato le caratteristiche di semiconduttore necessarie alla realizzazione di impianti fotovoltaici. Rispetto ai sui cugini più nobili, presenta delle efficienze minori, ma anche un costo decisamente più basso. Il rame infatti, da innumerevoli anni, è un elemento largamente sfruttato in tutti i campi dell'elettronica e non solo, e la realizzazione di ossidi specifici non comporta processi troppo complessi o costosi.
La ricerca nel campo dell'ossido rameoso è riuscita a migliorare le sue qualità all'interno del mondo fotovoltaico rendendo possibile la realizzazione di celle solari a costi contenuti.
Per questo motivo il Cu2O è tutt'oggi un materiale in grado di competere nel moderno panorama della ricerca solare fotovoltaica.
Il plasma è un supporto particolarmente attivo dal punto di vista chimico e fisico. In base al modo con cui viene attivato e alla potenza di lavoro, può generare temperature basse o molto elevate e viene definito rispettivamente come plasma freddo o caldo. Quest’ampio range di temperature lo rende adatto a numerose applicazioni tecnologiche: rivestimento di superficie, smaltimento rifiuti, trattamento dei gas, sintesi chimiche, lavorazioni industriali. La maggior parte di queste applicazioni del plasma non sono ancora state industrializzate, sebbene il loro sfruttamento rispetti strettamente le norme sull’inquinamento.
I plasmi caldi (specialmente quelli ad arco) sono ampiamente industrializzati, con particolare diffusione all’interno del settore aereonautico. La tecnologia dei plasmi freddi è stata sviluppata in microelettronica, ma le apparecchiature da vuoto richieste ne limitano l’applicabilità.
Al fine di evitare l’inconveniente associato al vuoto, molti laboratori hanno provato a trasferire a pressione atmosferica processi che attualmente lavorano in vuoto. Le ricerche condotte hanno portato alla scoperta di varie ed innovative sorgenti che verranno descritte in questo elaborato.
Dopo un riassunto sui differenti tipi di plasmi, saranno descritte le varie sorgenti in termini di design, condizioni di lavoro e proprietà del plasma. In seguito l’attenzione sarà spostata sulle varie applicazioni (analisi spettroscopica, trattamento dei gas e processi sui materiali).
The lowest possible surface resistivity and higher accelerating field are the paramount
considerations, hence are obligatory for accelerating cavities. Since, superconducting materials
are used to make radio-frequency cavities for future accelerators. In the case of rf cavities,
superconductors are being used in order to minimize the power dissipated and increase the
figures of merit of a radio-frequency cavity, such as the quality factor and accelerating gradient.
Hence, these could be achieved by improving surface treatment to the cavity, and processing
techniques must be analyzed in order to optimize these figures of merit.
The research work reported in this dissertation mainly carried out on tesla type seamless 6GHz
Nb and Cu cavities. We have developed two innovative techniques: firstly, for mechanical
polishing of cavities, and secondly for purification of these cavities at atmospheric pressure under
cover of 4Helium gas (for protection) and at ultra-high vacuum (UHV) system. These cavities are
fabricated by spinning technology to create seamless cavities.
The main advantages of 6 GHz bulk-Nb cavities are saving cost, materials and time to collect
statistics of surface treatments and RF test in a very short time scale. Cavities are RF tested
before and after high temperature treatment under atmospheric pressure (under cover of inert gas
atmosphere to protect inner and outer surface of cavity) inside transparent quartz tube, and under
UHV conditions. Induction heating method is used to anneal the cavity at temperatures higher
than 2000°C and close to the melting point of Nb for less than a minute while few seconds at
maximum temperature. Before RF test and UHV annealing, the surface treatment processes like
tumbling, chemical, electro-chemical (such as BCP and EP), ultrasonic cleaning and high
pressure rinsing (HPR) have been employed. High temperature treatment for few minutes at
atmospheric pressure allow to reduce hydrogen, oxygen and other elemental impurities, which
effects on cavity Q-factor degradation, hence recovers rf performances of these cavities. This
research work will address these problems and illustrate the importance of surface treatments.
6 GHz spun seamless Superconducting Radio Frequency (SRF) cavities are a very
useful tool for testing alternative surface treatments in the fabrication of TESLA cavity.
However, the spinning technique has also some drawbacks like contamination, surface
damage in internal part due to the collapsible mandrel line. The first important step of
the surface treatments is the mechanical polishing. For this purpose, a new, cheap, easy
and highly efficient tumbling approach based on vibration was developed.
Before this approach was conceived, a few other methods, such as Turbula,
Centrifugal Barrel Polishing (CBP), custom Zigzag tumbler and “flower brush” have
been studied and tested. But the result was not so satisfactory neither for the low erosion
rate nor for the unstableness of the system nor for the complicated polishing process. At
last, a vibration system with a simple structure, working stably was created after two
experiments.
Another important task of the thesis is to update the optical inspection system for 6
GHz cavities. 3 stepper motors motor was added to move and rotate the cavity and
realized auto focus of the miniature camera. A software was developed to achieve a full
cavity photographed by one key operation using LabVIEW.
A high-efficiency mechanical polishing system is generally judged by two aspects:
one is whether the surface property satisfies the demand after polishing; the other is
whether the erosion rate can reach and be stabilized at a high value which is comparable
or greater than the existing products. The Radio Frequency (RF) test result indicates that
the vibration system is feasible. The latest erosion rate 1 gram/hour i.e. removing 13
microns depth of inner surface materials per hour exceeds the performance of CBP,
which is widely used in other laboratories in the world.
The mechanical polishing process is elaborated and cavities that have been polished
are listed. Several influencing factors on the erosion rate, such as tumbling time, media,
signal and multi-cavities and plate direction are discussed at the end.
A preliminary design of 1.3 GHz vibration system as the future development is
provided for the next plan.
In questo lavoro di tesi verrà presentato un primo prototipo di un mini inceneritore al plasma per la pirolisi dei rifiuti medicali basato sulla tecnologia delle torce al plasma a microonde (MW) con tecnologia domestica a basso costo.
Si inizia con una breve e generale descrizione sulle problematiche dei rifiuti, della loro classificazione e delle norme che ne regolano lo smaltimento. Quindi si parlerà delle norme necessarie per l‟identificazione dei rifiuti medicali ed infine verrà riassunta la modalità di gestione dei rifiuti secondo la normativa in vigore.
Successivamente saranno descritti alcuni metodi di termodistruzione dei rifiuti ospedalieri come la combustione negli inceneritori tradizionali, e alcuni metodi alternativi, come il trattamento al plasma atmosferico, andando ad analizzare vantaggi e svantaggi di ogni tecnologia.
L‟attenzione sarà quindi focalizzata sul plasma atmosferico e sulla descrizione delle sue proprietà. Quindi saranno descritti diversi tipi di plasma atmosferico in base alle condizioni operative di alimentazione e delle loro strutture concentrando le nostre attenzioni verso le torce al plasma atmosferico basate sulle microonde.
Quindi si descriverà la realizzazione di una torcia al plasma atmosferico utilizzando i componenti a basso costo dei normali forni a microonde e con l‟obbiettivo di utilizzare questa torcia sia nel settore industriale che nella ricerca.
Tale torcia, realizzata con componenti commerciali domestici a basso costo, costituirà il cuore del prototipo di mini inceneritore che è stato progettato, realizzato, descritto e testato in laboratorio. Verrà quindi illustrata l‟efficacia di trattamento di materiale rappresentativo di rifiuti medicali come: carta, cotone idrofilo e tessuti organici biologici.
Infine verranno descritte le linee guida per gli sviluppi futuri del prototipo al fine di aumentarne l‟efficienza nel trattamento dei rifiuti, nel recupero dell‟energia derivante dalla combustione dei syn-gas e nella purificazione dei gas da agenti inquinanti.
The subject of present Master Work is the thermomechanical design of a high power neutron converter for the SPIRAL2 Facility, which is being developed in collaboration with the INFN – Italy and GANIL – France.
The main objective is description of an general overview about the project and its main goals. The SPIRAL2 is a linear particle accelerator for the production of high intensity exotic ion beams. It will be under operation in the existing installations of the GANIL Institute in Caen, France. Therefore a neutron converter target has been designed and it must produce 1014 fissions/second, at a working temperature up to 1850°C. Available deuteron beam for the operation of this accelerator has a power up to 200 kW and all the calculations and tests around the main critical elements of the neutron converter module are explained in the next sections of this document.
Superconducting technique has been widely applied to linac particle accelerators for more than two decades. Cryogenic RF performance of SC cavities has been improved a lot due to improvement on purification of SC material, as well as SC cavity design, fabrication and surface treatment techniques. The Sputtering technique of SC cavities provided another chance to particle accelerators: the cost of cavity fabrication greatly decreased, while the performances of sputtering coated niobium cavities are competitive with those of bulk material SC cavities.
In this thesis some important features of RF cavities are briefly introduced; the difference in design of a SC cavity and that of a normal conducting cavity are indicated. The design parameters of a 144 MHz SC QWR and an 1.5GHz monocell spherical cavity are presented. The SC material for cavity fabrication, and measurement method of SC cavity are introduced, then the fabrication and surface treatment technique of SC cavities are discussed.
The application of sputtering technique in SC cavities is a recent development of SRF technique. After nearly two decades study, the sputtering coated niobium film SC cavities achieved a cryogenic RF performance close to that of bulk niobium cavities. The thesis introduced various sputtering techniques on this purpose from preliminary glow discharge, discusses the LNL, Peking University and Australia National University’s QWR sputtering configurations, and introduces LNL’s surface treatment technique for copper substrate cavity.
In the study of niobium sputtering for 1.5GHz monocell spherical cavity, different magnetron configurations were tried and measured a large amount of sputtered niobium samples. By improving the magnetron configuration and surface treatment technique of the substrate cavity, sputtered niobium cavities with better RF performance were obtained. It was found out that substrate surface treatment takes a very important role in the sputtering of a SC cavity, as sample measurement cannot give out helpful information of the RF performance, the study with substrate
L’obiettivo di questo lavoro consiste nella progettazione e costruzione di un sistema UHV multicamera per la deposizione di film sottili. La tecnica
utilizzata per crescere i ricoprimenti sottili in questo caso è l’arco catodico continuo e pulsato. Questa tecnica permette di depositare film di elevato spessore in tempi estremamente veloci. La sorgente è pressoché puntiforme in confronto allo sputtering ed i film possono essere più spessi e più puri.
L’arc vapour deposition è una tecnica di deposizione di film sottiliche cade nella grande famiglia del PVD. Essa consiste nella vaporizzazione, da un elettrodo, del materiale che si vuole depositare per mezzo di un arco. La tecnica è veloce, efficiente e relativamente poco costosa: di conseguenza è uno dei metodi più usati a livello industriale per ottenere deposizioni di film sottili con ottime proprietà meccaniche.
Negli ultimi anni si stanno effettuando numerose ricerche, sia sperimentali sia
teoriche, al fine di mettere in evidenza come questa tecnica possa essere molto utile per produrre dei film sottili in grado di aumentare le proprietà fisiche e chimiche dei rivestimenti (come ad esempio un aumento della densità, un miglioramento dell’adesione al substrato, della stechiometria dei composti e di ulteriori caratteristiche chimico-fisiche).
In particolare la letteratura russa tratta numerosi esempi di come la tecnica
dell’arco, proprio grazie all’alto grado di ionizzazione dei vapori prodotti, renda possibile la produzione di rivestimenti con determinate proprietà chimico-fisiche e strutturali per particolari condizioni di processo, non altrimenti ottenibili con altre tecniche competitive quali il magnetron sputtering o l’evaporazione tramite electron beam Come si vedrà in
seguito, infatti, l’arc vapour deposition ha il grandissimo vantaggio di controllare non solo la ionizzazione degli atomi che si vogliono depositare, attraverso una combinazione di campi elettrici e magnetici, ma anche l’energia con la quale gli ioni arrivano sul substrato.
Le sorgenti ad arco vengono inoltre utilizzate come sorgenti per LRQ EHDP che
devono produrre elevate densità di corrente.
Nel mondo industriale, infatti, questa tecnica riscuote molto interesse.Il deposito tramite arco catodico è un processo fisico sottovuoto che consente la
crescita di film duri, compatti ed aderenti su un ampio spettro di materiali al di sotto dei 300°C: Il film, estremamente sottile, ha durezze da 1000 a 3500 HV: le applicazioni industriali sono molte e variano dalla ricopertura di utensili da taglio agli tampi per le materie plastiche e lavorazioni meccaniche, da prodotti d’arredamento (maniglie, copri interruttori, pomoli, etc.) a componentistica da bagno (rubinetti, docce, tubi, etc.).
......
Fu una scoperta sensazionale quando Jun Akimitsu e colleghi annunciarono la loro scoperta nel gennaio 2001 che il diboruro di magnesio diveniva superconduttore attorno ai 40 K. L’interesse degli autori era inizialmente rivolto verso il semiconduttore CaB6 , il quale diviene ferromagnetico a seguito di trattamento leggero di doping. La loro intenzione era quella di sostituire parzialmente degli atomi di carbonio con altri di magnesio, omologo come shells elettronici ma più leggero, e gli parve conveniente utilizzare il diboruro di magnesio (ben noto sin dal 1953) per questo scopo.
L’aspetto interessante è che il magnesio diboruro è un composto molto usato nelle reazioni di sintesi del boro, dei borani, o di bururi di metalli di transizione e facilmente reperibile in qualsiasi laboratorio di chimica. E’ dunque facile immaginarsi lo stupore del mondo scientifico quando fu
comunicato che il MgB2 diviene superconduttore a temperature mai raggiunte sino ad allora da sistemi basati su semplici leghe intermetalliche non ossidate. Le fievoli speranze ed il derivante
mitigato interesse che vi era attorno ai superconduttori all’inizio della seconda metà del 1900 era dovuto soprattutto a due figure ....
In the past few decades a large amount of attention has been given to health
service’s technology. Advances in electronic components, computer technology, and images processing have contributed considerably to the expansion and improvement of the field. However, there is evidence that several other related topics still need to be explored, such as X-ray imaging in the routine mass screening for medical diagnosis.
Tumors formation is one of the most common human health problems and large
efforts have been undertaken world wide to tackle the disease. Breast cancer specifically seems to affect a large percentage of the female population. Research indicates that breast cancer treatment is most effective if the disease is diagnosed in its early stages of development. Traditionally, X-ray technologies have been used for breast screening film mammography and its success in detecting breast cancer has been reconfirmed throughout the past few decades. However, the technique has several limitations, and further improvements are required if we wish to achieve early stage diagnosis. Image formation in radiological diagnosis is the result of the complex
interdependence of many factor. Creating an ideal balance among them could improve the image to such a degree that it could be used in a clinical setting, where the minimum radiation dose would be applied to the patient. The factors which increase radiation dose and affect image quality can be grouped as: radiation quality, photon intensity, Xray detection sensitivity, and reduction of background through scattered radiation. Optimum performance is dependent on the improvement of the assessments of these phenomena. In the past, standard methods of quality control have been introduced which have lead to a partial improvement in the image evaluation techniques. Some methods, widely applied, involve the use of test objects or phantoms for the establishment of comparison parameters. However, the methods that use phantoms, are frequently not
as reliable as radiation based diagnoses of asymptomatic woman produce. In addition,the subjective nature of image interpretation by medical professionals can make the assessment process very difficult. Consequently, the currently available tools which are
used for breast clinical image formation and interpretation regularly results in an incorrect diagnosis.
In past years, the commercially introduced digital detectors for mammography
were seen as an important advancement since they provided both a higher acquisition speed and a lower associated radiation dose. However, up until this point, the quality of the produced images is comparable to the images obtained with film detectors.
....
L’adroterapia fu proposta per la prima volta da Robert R. Wilson nel 1946.
Sfruttando il modo particolare in cui gli adroni carichi depositano energia nella materia, il cosiddetto picco di Bragg, è possibile rilasciare un’elevata dose in tumori anche profondi, limitando l’irradiazione sia dei tessuti sani circostanti che del canale d’entrata. La figura della pagina seguente mostra come diversi tipi di radiazione depositano energia in acqua; in essa è ben visibile il picco degli ioni carbonio.
Gli adroni carichi rilasciano molta della loro energia alla fine del percorso; inoltre, grazie alla loro massa, hanno una traiettoria pressoché rettilinea. Queste due proprietà fondamentali permettono un trattamento conforme in cui la dose viene rilasciata nel bersaglio tumorale con un’accuratezza più elevata rispetto alla radioterapia convenzionale che si avvale di elettroni e fotoni. I tumori per i quali è indicata l’adroterapia sono quelli localizzati nella base cranica, sul fondo dell’occhio e lungo la colonna vertebrale, ma anche i tumori pediatrici, i tumori del sistema nervoso centrale, della prostata, del fegato,
dell’apparato gastroenterico e del polmone possono beneficiare di un tale trattamento.Oltre alla miglior conformazione della dose ottenibile con protoni e ioni leggeri, questi ultimi hanno il vantaggio di possedere un’elevato LET (Linear Energy Transfer ).
Questo parametro è legato alla ionizzazione indotta nei tessuti e dipende dal quadrato della carica della particella. Un’elevata densità di ionizzazione permette una doppia rottura della catena del DNA, molto più difficile da riparare di una rottura singola. Non solo, per gli adroni il LET è più elevato nel picco di Bragg che nel canale di entrata. Tuttavia ioni con Z troppo elevato possono causare gravi danni sia nel canale d’entrata che nella coda (cioè oltre il picco di Bragg). La carica Z dello ione va dunque determinata con particolare cura: allo stato attuale delle conoscenze la scelta migliore è lo ione C6+ caratterizzato da una efficacia biologica relativa (RBE) che è circa tre volte quella dei protoni nella regione del picco di Bragg mentre rimane pressoché la stessa nel canale d’entrata. Gli ioni C6+ sembrano quindi essere i più adatti per il trattamento di tumori radioresistenti.1 2
L’acceleratore del CNAO – Centro Nazionale di Adroterapia Oncologico è un
acceleratore normalconduttivo costituito da due sorgenti ECR per la produzione di ioni carbonio C4+ e H3+. Una linea di trasporto a bassa energia LEBT, un acceleratore lineare LINAC costituito da un RFQ ed una struttura IH – DTL che accelera il fascio da 8 keV/u a 7 MeV/u. Il fascio incontra quindi uno stripper foil di Carbonio passando dallo stato di carica tetravalente a quello esavalente per poi essere accelerato dalla cavità RF del sincrotrone.
Le cavità acceleratici del Linac sono strutture normalconduttive in acciaio ramato per via elettrochimica. Risulta di fondamen
Il perfezionamento della tecnologie delle celle a combustibile ed i buoni
risultati ottenuti nei rendimenti, sia in termini assoluti, sia di indipendenza dalla taglia e di costanza al variare del carico, stanno spingendo i programmi di ricerca dei principali paesi industrializzati nel mondo, compreso quelli dell’Unione Europea, ad approfondire le potenzialità di tali tecnologie anche nelle applicazioni stazionarie per la produzione di energia elettrica [1].
Le celle a combustibile, se alimentate direttamente ad idrogeno consentono
di ottenere buone efficienze con bassissime emissioni di gas nocivi; inoltre, il loro utilizzo in sistemi integrati con lo steam-reformer, con il quale si produce
idrogeno da idrocarburi, permette di ottenere vere e proprie unità per la
cogenerazione di energia elettrica e calore. Rientrando per questi motivi nell’ottica degli obiettivi del protocollo di Kyoto, questi sistemi stanno ricevendo un’attenzione sempre maggiore.
L’obiettivo di questa tesi è stato il miglioramento delle proprietà estetiche di piastrelle commerciali in grès porcellanato e di varie tipologie di pietra naturale, con particolare attenzione all’incremento della resistenza alle macchie.
Piastrelle ceramiche e pietre naturali vengono impiegate come materiale per
rivestimenti di carattere estetico e funzionale in ambito edilizio. L’industria che le produce è in continua evoluzione e, nonostante in Italia si stia verificando una contrazione del distretto ceramico, il mercato mondiale è in continua espansione.
All’interno del settore delle piastrelle ceramiche, il grès porcellanato va
assumendo un’importanza sempre crescente. Il suo utilizzo si sta progressivamente estendendo da segmenti di mercato estremamente ridotti, per quantità e specializzazione applicativa, a segmenti sempre più diversificati. Infatti, mentre nel passato il prodotto era essenzialmente impiegato in ambiente industriale per le sue eccezionali caratteristiche tecniche, oggi, è utilizzato con volumi sempre crescenti anche in ambiente commerciale e domestico. Questo grazie al recente raggiungimento di notevoli potenzialità estetiche che ne consentono la penetrazione verso utenze più sofisticate. Il suo attuale sviluppo è da attribuirsi alla formulazione di nuove composizioni chimico-mineralogiche associata all’applicazione di più moderne metodologie produttive.
La pietra naturale, invece, è apprezzata soprattutto nel settore architettonico e decorativo dove la valenza estetica è un valore aggiunto fondamentale. Infatti, nonostante i progressi fatti dall’industria ceramica sotto questo aspetto, le peculiari caratteristiche estetiche del prodotto naturale restano ancora insuperate.
Per aumentarne ulteriormente la competitività e rafforzarne la penetrazione in
nuovi mercati è fondamentale però migliorare ulteriormente le già eccezionali
caratteristiche di questi prodotti andando soprattutto ad aumentarne la resistenza a macchiatura. Infatti il problema della macchiabilità è particolarmente sentito per entrambe le tipologie di materiale e la sua origine è la stessa: la presenza di una porosità aperta in superficie che funge da centro di accumulo dello sporco, la cui rimozione risulta estremamente difficile.
Pertanto, nel corso dell’attività sperimentale la soluzione a questa specifica
richiesta è stata individuata nell’occlusione della porosità superficiale e perseguita mediante trattamento dei materiali presi in esame utilizzando la tecnica sol – gel.
La ricerca si è articolata in varie fasi, seguendo due diverse strategie d’intervento per le due diverse tipologie di materiale: con la prima si è andati a lavorare sulle pietre naturali, con la seconda si è intervenuti sulle piastrelle ceramiche al verde.
Nel primo caso si è cercato preliminarmente di eliminare, o quantomeno limitare, la porosità di alcune varietà di pietre naturali mediante deposizione di film inorgani
1. Con la Federazione Regionale degli Industriali Veneti
Tesi di MASTER in
“Trattamenti di Superficie Applicati a Tecnologie
Meccaniche Innovative per l’Industria”
Relatore: prof. V. Palmieri
Anno Accademico 2002/03
Candidato: dott. Federico Della Ricca
No Matr.: 895488-CM
ISTITUTO NAZIONALE
DI FISICA NUCLEARE
Laboratori Nazionali di Legnaro
UNIVERSITA’ DEGLI
STUDI DI PADOVA
Facoltà di Ingegneria
PREPARAZIONE DI UN PROTOCOLLO DI
DEPOSIZIONE MAGNETRON SPUTTERING
DI FILMS SOTTILI DI NITRURO DI TITANIO
2. Indice
Introduzione ....................................................................................................................2
Il sistema da vuoto ........................................................................................................5
Procedura operativa ....................................................................................................10
Il programma di gestione ..........................................................................................13
Il programma passo- passo .................................................................................15
Risultati sperimentali .................................................................................................23
Conclusioni ....................................................................................................................26
Appendice A..................................................................................................................27
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3. Introduzione
Uno dei materiali più interessanti fra quelli disponibili in film sottile e il
nitruro di titanio.
Dall'introduzione dei primi processi industriali per la produzione di film
sottili di nitruro di titanio sono passati circa 25 anni, e ormai la sua
produzione è considerata una tecnologia matura.
Le principali proprietà del nitruro di titanio sfruttate sono le seguenti:
• elevata durezza (maggiore dei carburi cementati, o metallo duro)
• basso coefficiente d'attrito
• resistente al calore (in aria fino a circa 400 °C)
• resistente a molti agenti chimici
• superficie a bassa adesività
• non tossico (approvato anche per usi biomedici)
• il precesso produttivo (PVD) è a basso impatto ambientale
• color giallo- oro
Da queste proprietà derivano gli usi principali del nitruro di titanio:
• aumenta la resistenza all'usura di molti componenti meccanici
• preserva e aumenta la durata dei taglienti negli utensili per
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4. lavorazioni meccaniche
• impedisce il grippaggio e le microsaldature a freddo
• abbassa il coefficiente d'attrito in molti sistemi
• aumenta la resistenza alla corrosione
In molti casi l'applicazione di film sottili di nitruro di titanio può
aumentare la vità media degli utensili anche del 500%, permettendo di
aumentare la produttività e ridurre i costi.
Date queste sue proprietà il nitruro di titanio è ormai un materiale
indispensabile all'industria per la lavorazione dei metalli e non solo.
Attualmente il processo produttivo maggiormente utilizzato per la
deposizione di film sottili di TiN è la deposizione per arco catodico.
In questa tecnica un arco elettrico sottovuoto corre fra una punta
metallica e un target in titanio. L'elevata corrente (centinaia di ampere,
con un potenziale di decine di volt) provoca l'emissione di cluster di
atomi di metallo che vanno a depositarsi sugli oggetti posti davanti al
target stesso.
I sistemi di deposizione industriali hanno più target e caroselli per
muovere i pezzi in modo che la deposizione avvenga uniformemente da
tutti i lati.
Per far avvenire la reazione fra il titanio è l'azoto è sufficiente far
avvenire il processo in una camera con una pressione parziale di azoto.
L'energia della scarica è sufficiente per eccitare e dissociare le molecole di
azoto, che si trovano quindi in uno stato altamente reattivo, per cui la
reazione avviene man mano che procede la deposizione.
La temperatura di deposizione del substrato va in genere dai 200 ai 400
°C.
È possibile ottenere film di nitruro di titanio anche tramite CVD
(chemical vapour deposition ) in cui composti volatili del titanio
reagiscono con un substrato caldo, portando alla creazione del film
sottile.
Un'altra tecnica utilizzata per la produzione di film sottili è lo
sputtering , in cui un plasma (ovvero un gas ionizzato) bombarda il target,
con la trasmissione di energia cinetica dagli ioni del plasma agli atomi del
target, che vengono così espulsi dal target stesso e vanno a depositarsi
sul substrato. Per questo motivo lo sputtering è spesso chiamato nei libri
“giocare a biliardo con gli atomi”.
Per aumentare l'efficienza del plasma in genere si usano dei magneti per
confinare gli elettroni. In questo caso si parla di magnetron sputtering.
La principale differenza fra lo sputtering e l'arco catodico è che nell'arco
catodico sono espulsi cluster e microgoccie di atomi, mentre nello
sputtering vengono emessi singoli atomi.
Pertanto la velocità di deposizione nello tecnica di sputtering è
decisamente inferiore a quella dell'arco catodico, ma la rugosità della
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5. superficie è spesso inferiore.
Se nel plasma è presente un gas che reagisce con il film sottile, si parla
di sputtering reattivo. Ovviamente per produrre nitruro di titanio
bisognerà introdurre azoto nella camera da vuoto.
Anche in questo caso l'energia della scarica è sufficiente per eccitare le
molecole di azoto, aumentandone la reattività.
Rispetto all'arco catodico, uno dei vantaggio dello sputtering è la
possibilità di depositare anche all'interno di fori, purchè si ricorra ad un
target di forma opportuna.
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6. Il sistema da vuoto
Il sistema da vuoto Edwards (foto 1) è composto da una campana da
vuoto in cui il vuoto viene prodotto e mantenuto tramite una pompa
rotativa a pistoni per il prevuoto e una pompa a diffusione molecolare
per l'alto vuoto.
Le due pompe, insieme con parte delle valvole e alcuni componenti
ausiliari, sono mostrate in foto 2.
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Foto 1Macchina utilizzata per le deposizioni
7. Per assicurare la funzionalità del sistema sono ovviamente presenti altri
componenti:
• sensori da vuoto
• valvole
• sottosistema di baking
• circuiti di raffreddamento (ad acqua)
• linee di immissione di gas (per venting e di processo)
oltre naturalmente ai dispositivi specifici per le deposizioni in vuoto,
ovvero evaporatori e magnetron .
I sensori da vuoto
I sensori da vuoto al momento installati sono tre, due di tipo Pirani e un
Penning.
I sensori di tipo Pirani sfruttano la variazione di conducibilità termica di
un gas al variare della pressione. Hanno un range di funzionamento che
va dalla pressione atmosferica a circa 10 - 3
mbar.
L'uscita dei sensori di tipo Pirani installati nel sistema da vuoto è in mV,
ma viene automaticamente convertita in mbar dal controller a
microprocessore.
Bisogna tenere a mente che la risposta di questo tipo di sensori non
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Foto 2Sistema di pompaggio
8. dipende solo dalla pressione, ma anche dal tipo di gas presenti, in quanto
gas diversi hanno conducibilità diverse, e in misura minore dalla
temperatura ambiente.
I Pirani installati sul sistema sono tarati per aria/azoto, pertanto
misuran in difetto la pressione dell'argon (che essendo una molecola
monoatomica ha una conducibilità minore dell'azoto).
Uno dei sensori è montato a misurare la pressione nella camera, mentre
l'altro controlla la pressione fra pompa diffusiva e la pompa rotativa.
L'altro sensore è di tipo Penning , ovvero a catodo freddo.
In questo tipo di sensori è misurata la corrente ionica fra un catodo e un
anodo. Un magnete permanente è utilizzato per confinare gli elettroni e
aumentare la corrente rilevata.
Anche i vacuometri a catodo freddo sono influenzati dal tipo di gas
presente, in quanto gas diversi hanno potenziali di ionizzazione diversi.
Questo tipo di vacuometri è in grado di funzionare da circa 10 - 3 a 10 - 7
mbar. Sopra la pressione limite è opportuno spegnere il sensore per
evitare scariche che potrebbero danneggiarlo.
Valvole
Per poter operare correttamente, è necessario poter isolare le varie
sezioni per regolare i flussi di gas.
La maggior parte delle valvole presenti nel sistema sono di tipo
elettropneumatico, ovvero comandate un attuatore ad aria compressa a
sua volta azionato da un'elettrovalvola.
In questo modo nel caso di interruzioni di energia elettrica le valvole si
chiudono automaticamente, preservando l'integrità del vuoto.
Le uniche eccezioni sono costituite dalle valvole per l'immissione dei gas
di processo (argon o azoto), che sono manuali.
Sistema di baking
Per diminuire i tempi di degassaggio del sistema e raggiungere un buon
grado di vuoto in tempi accettabili è opportuno e spesso necessario
aumentare la temperatura del sistema riscaldandolo.
A tale scopo sulla parte superiore della camera è situato un riscaldatore
a irraggiamento (radiant heater) .
Per accendere tale dispositivo bisogna che il vuoto sia sufficientemente
alto (circa 10 - 4 mbar) per evitare l'ossidazione dei componenti della
camera.
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9. Circuiti di raffreddamento
Per il funzionamento della pompa diffusiva è necessario che sia
corremente raffreddata tramite il circuito di raffreddamento.
Per evitare l'eccessivo riscaldamento dei magneti e del target nei
magnetron anch'essi vanno raffreddati.
Un altro circuito di raffreddamento serve a raffreddare la camera subito
dopo il baking o durante il processo.
Linee di immissione gas
Vi sono due linee di immissione di gas, una per l'argon e una l'azoto.
Alla fine di entrambe vi è una valvola regolabile manuale per la
regolazione del flusso di gas in ingresso nella camera da vuoto. Le due
valvole sono mostrate e identificate nella foto 3 qui sotto riportata.
Il magnetron
Il magnetron utilizzato per le deposizioni di nitruro di titanio monta
target circolari di diametro 50 mm e altezza variabile (qualche
millimetro).
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Foto 3Valvole per l'immissione di gas di processo
10. È inoltre presente nel sistema un altro magnetron di forma rettangolare.
Entrambi i magnetron sono visibili nella foto 3.
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Foto 4Magnetron utilizzato per le deposizioni
11. Procedura operativa
Per prima cosa bisogna accendere il sistema con l'interruttore generale
posto sulla parte frontale del rack.
Bisogna quindi controllare che nella memoria del controller sia presente
il programma di gestione. Se il controller è rimasto senza alimentazione
elettrica per molto tempo sarà probabilemente necessario caricare il
programma, ricorrendo alla copia salvata sul pc del laboratorio.
Se il programma è correttamente inserito, è possibile procedere con la
procedura.
Nel menù del controller si sceglie “sequence mode” premendo il tasto
escape , e si parte dallo stage 10 premendo enter.
A questo punto tutti i dispositivi (valvole, pompe, etc.) sono spenti.
Prima di accedere le pompe, bisogna aprire l'acqua di raffreddamento
tramite il rubinetto posto dietro il sistema. Non è necessario aprire del
tutto il circuito di raffreddamento, anzi è meglio aprirlo circa a un terzo,
massimo metà, in quanto essendo lo scarico del laboratorio leggermente
sottodimensionato, vi è il rischio di sovraccaricarlo se ci sono altri circuiti
di raffreddamento in funzione, e comunque aprirlo di più costituisce sol
uno spreco d'acqua.
Se ci si dimentica di aprire l'acqua di raffreddamento, la pompa
diffusiva andrà in allarme poco dopo averla accesa, per il
surriscaldamento dell'olio in essa contenuto.
È consigliabile chiudere il rubinetto del circuito di raffreddamento della
campana, in quanto inutile a questo punto, anzi è controproducente
tenerlo aperto se si utilizza il baking.
Premendo il tasto CYCLE, si inizia la procedura di pompaggio,
accendendo la pompa rotativa e aprendo la valvola fra le due pompe.
Premendo, dopo qualche minuto, il tasto PUMP ON, si accende la pompa
diffusiva.
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Foto 5Controller Edwards
12. Dopo trenta minuti (o premendo il tasto ERROR, se si è sicuri che la
pompa diffusiva sia già calda, perché ad esempio è appena stata spenta)
il sistema nello stato SEALED, ovvero le due pompe sono accese, e la
valvola fra di loro è aperta.
Se si vuole cominciare a pompare in camera bisogna premere il tasto
CYCLE, la valvola fra le pompe si chiude e la rotativa comincia a pompare
in camera.
Se è molto tempo che il sistema non è utilizzato è possibile che il
degassaggio della pompa diffusiva faccia salire la pressione sullo scarico
della stessa (HD1) oltre il valore di soglia (3*10 - 1 mbar), facendo scattare
l'allarme.
Per evitare ciò, conviene tenere sotto controllo la pressione HD1 durante
il ROUGHING, e se dovesse salire eccessivamente, ritornare allo stadio di
SEALED, premendo il tasto SEAL e attendendo che il pompa rotativa
svuoti la diffusiva prima di riprendere il pompaggio in camera.
Da questo punto in poi il programma prosegue automaticamente fino a
completare il pompaggio. È possibile effettuare il baking in automatico
posizionando l'interruttore a levette del radiant heater su ON e
regolando il termostato con la manopola (evitando di posizionarla su
FULL).
Il baking verrà attivato solo quando la pressione in camera scenderà
sotto i 5*10 - 5 mbar (letti dal penning ) e eventualmente spento se la
pressione dovesse salire oltre i 6*10 - 3 mbar (letta dal pirani ).
Quando si vuole interrompere il baking bisogna spegnere il radiant
heater e aprire il circuito di raffreddamento della camera.
Se il processo di pompaggio è andato a buon fine, il sistema si troverà
nello stato STANDBY, premendo PROCESS si potrà iniziare la deposizione
vera e propria.
Nello stage PROCESS la valvola d'alto vuoto è chiuso e il pompaggio
avviene tramite il bypass , in questo modo si può mantenere una
pressione di gas di processo in camera maggiore senza superare il carico
di gas massimo pompabile attraverso la pompa a diffusione.
Nello stage PROCESS la valvola di immissione di gas di processo è
aperta, pertanto per introdurre gas in camera è sufficiente aprire le
valvole manuali poste sulle linee di gas.
Vi sono due valvole uguali: una per l'argon e una per l'azoto. Entrambe
le valvole sono dotate di contatore numerico per la stima di quanto sono
aperte.
Conviene aprire prima la valvola dell'argon, e dopo che la pressione si è
stabilizzata aprire la valvola dell'azoto.
Bisogna aprire le valvole lentamente e attendere che la pressione si sia
stabilizzata prima di procedere a nuove correzioni, in quanto pompando
attraverso il bypass la velocità di pompaggio è bassa e occorre qualche
minuto prima che la pressione si stabilizzi.
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13. Una volta che la pressione è stabile bisogna collegare il magnetron
all'alimentatore, facendo attenzione a serrare bene la vite di fissaggio, per
evitare che il cavo possa staccarsi.
Poichè il magnetron una volta alimentato è sotto potenziale piuttosto
elevato (centinaia di volt) bisogna prima di tutto controllare che il circuito
di raffreddamento non abbia perdite e che il rischio elettrico sia
minimizzato, con le parti in tensione opportunamente schermate.
É importante che durante la deposizione il target e il magnetron non
si riscaldino eccessivamente, e quindi spegnere dopo qualche minuto
dalla prima accensione per vedere se il target diventa incadescente. Nel
dubbio, e possibile effettuare le deposizioni a cicli di qualche minuto
alternati a cicli in cui il magnetron spento si raffredda.
Oltre a corrente e tensione (e quindi potenza), un parametro utile per le
deposizioni è il colore della scarica: se essa è fatta in argon dovrebbe
essere blu, se fatta in azoto colore rosa.
È possibile osservare il colore della scarica attraverso l'oblò della
camera. A tale proposito è va ricordato che non bisogna effettuare
deposizioni senza che l'oblò sia protetto da un capsula di vetro tipo petri ,
da sostituire quando non più trasparente.
A deposizione effettuata, si ritorna allo stato SEALED, da cui è possibile
passare allo stage di VENT, in cui è si può immettere l'azoto del rientro e
aprire la camera.
A volte nel rientro la valvola di alto vuoto può non essere perfettamente
chiusa e una piccola parte del gas di rientro può entrare nella pompa
diffusiva (si vede che la pressione di HD1, pirani fra le due pompe, sale).
Se ciò dovesse avvenire non interrompere il rientro, in quanto tale fuga si
chiude quando la pressione in camera (la pressione allo scarico della
diffusive ridiscende).
Se si vuole fare una nuova deposizione, basta chiudere la camera e
reiniziare il pompaggio dallo stage SEALED.
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14. Il programma di gestione
Contrariamente alla maggior parte dei sistemi presenti in laboratorio, il
sistema da vuoto Edwards è gestito da un controllore a microprocessore a
cui sono collegate quasi tutte le funzioni della macchina.
Questo significa che non ci sono pulsanti che agiscano direttamente
sulle valvole o sulle pompe, ma tutte queste funzioni sono accessibili
tramite il display del controller .
Il controller ha due modi di lavoro: l'adjust mode e il sequence mode.
In adjust mode l'utente, tramite il display e il tastierino, può navigare fra
i menù e accedere sia alle funzioni della camera da vuoto (accendere e
spegnere le pompe, aprire e chiudere le valvole o solo controllarne lo
stato) sia quelle dedicate al controller stesso (modificare il programma,
salvarlo o caricarlo dal pc).
Come suggerisce il nome, l'adjust mode è concepito per i compiti di
manutenzione e modifica del programma della macchina, non per il suo
uso diretto.
Per il processo, è consigliabile utilizzare il sequence mode , in cui il
microcontroller opera come un “automa a stati finiti”, ovvero esegue un
programma costituito da vari stage, ognuno dei quali è eseguito
ciclicamente finché non si verifica una condizione che lo faccia saltare
(jump) ad un altro stage.
Questo significa che in sequence mode è possibile automatizzare gran
parte del funzionamento della macchina, riducendo al minimo gli errori
dovuti a distrazione o manovre errate. D'altra parte ha lo svantaggio di
dover pianificare a priori tutte le azioni da intraprendere, perdendo
quindi in flessibilità.
Il programma è memorizzato su una memoria di tipo volatile,
conservata da una pila di tipo ricaricabile. Poiché l'autonomia di questa
pila non è elevata si consiglia di mantenere alimentato il microcontroller
anche se la macchina dovesse rimanere spenta per lunghi periodi,
altrimenti il programma va perso. Se dovesse verificarsi tale eventualità
una copia del programma in formato “macchina” (che è diverso dal
formato con cui è possibile visualizzare sul display il programma) è
presente sul pc del laboratorio. Ovviamente tale copia va aggiornata nel
caso di modifiche al programma.
Prima di esaminare il programma in maniera dettagliata, bisogna capire
come il controller vede e gestisce i dispositivi.
Il controller gestisce autonomente i sensori di vuoto, chiamati HD1,
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15. HD2, HD3, ovvero rispettivamente il Pirani posto fra diffusiva e rotativa,
il Pirani e il Penning posti in camera.
Il controller gestisce i dispositivi della camera tramite due unità digitali
che controllano ciascuna 8 relè. Ogni relè corrisponde ad un bit dell'unià
stessa.
La tabella seguente mostra la corrispondenza fra unità digitali e
dispositivi:
Unità Canale (2^n) Dispositivo
1 1 1 Pompa rotativa
1 2 2 Pompa diffusiva
1 3 4 Valvola fra le due pompe (backing valve)
1 4 8 Valvola vuoto grossolano (roughing v.)
1 5 16 Valvola alto vuoto (high vacuum valve)
1 6 32 Valvola per il rientro (Venting valve)
1 7 64 Prima valvola cilindro idraulico
1 8 128 Seconda valvola cilindro idraulico
2 1 1 Valvola pompaggio fine (by- pass valve)
2 2 2 Valvola gas processo (needle valve)
2 3 4 HT power
2 4 8 Current controller
2 5 16 Riscaldamento (radiant heater)
Accedere un dispositivo significa accendere l'uscita corrispondente.
Si può accendere un singolo dispositivo (SWITCH ON UNIT # CHANNEL
#), spegnerlo (SWITCH OFF UNIT # CHANNEL #), oppure porre in uno
stato preciso tutta un'unità (OUTPUT TO UNIT # NUMBER #). In questo
ultimo caso basta sommare i numeri corrispondenti ai dispositivi che si
vogliono accessi, gli altri verranno spenti.
Per conoscere lo stato di un dispositivo, il controller utilizza le unità
logiche 3 e 4, con la seguente tabella di corrispondenza.
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16. Unità Canale (2^n) Dispositivo
3 1 1 Pompa rotativa
3 2 2 Pompa diffusiva e camera chiusa
3 3 4 Valvola fra le due pompe (backing valve)
3 4 8 Valvola vuoto grossolano (roughing v.)
3 5 16 Valvola alto vuoto (high vacuum valve)
3 6 32 Valvola per il rientro (Venting valve)
3 7 64 Valvola pompaggio fine (by- pass valve)
3 8 128 Valvola gas processo (needle valve)
4 1 1 Cilindro idraulico
4 2 2 Termostato
È presente anche un'unità nove, non collegata a nessun dispositivo
fisico, ma utilizzato per registrare informazioni fra i vari stage.
Il programma passo- passo
All'accensione della macchina, si va in sequence mode e parte dallo stage
numero 10.
Stage 10 (stand- by, inizio del ciclo)
READ STAGE NO 10
SWITCH OFF ALL CHANNELS
SWITCH OFF ALL LAMPS
SWITCH OFF ALL PENNINGS
SWITCH ON LAMP 1
ASSIGN LABEL NUMBER 28
OUTPUT TO UNIT 9 NUMBER 1
JUMP TO STAGE NUMBER 11 IF SWITCH PRESSED=3
JUMP TO STAGE NUMBER 15 IF SWITCH PRESSED=5
END OF STAGE
Ogni stage comincia con la riga READ STAGE NO seguito dal numero di
stage , e termina con la riga END OF STAGE.
Lo stage di partenza è il numero 10.
Questo stage è etichettato (ASSIGN LABEL) “READY” in quanto la
macchina è spenta e pronta per cominciare il pompaggio.
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17. Vengono prima spenti tutti i dispositivi, tutte le spie del quadro e tutti i
sensori di tipo Penning (prime tre righe).
Viene poi accesso la spia numero uno (PUMP OFF).
Viene inoltre “acceso” il canale 1 dell'unità fittizia nove.
A questo punto l'utente se preme il tasto 3 (CYCLE) va allo stage 11 , se
preme il pulsante 5 (VENT) va allo stage 15, altrimenti rimane nello stess
stato indefinitivamente.
Stage 11 (diff pump off, inizio pompaggio con rotativa)
READ STAGE NO 11
OUTPUT TO UNIT 1 NUMBER 5
ASSIGN LABEL NUMBER 1
JUMP TO STAGE NUMBER 10 IF SWITCH PRESSED=1
JUMP TO STAGE NUMBER 12 IF SWITCH PRESSED=2 AND HD 1< 1.0- 1 MB
JUMP TO STAGE NUMBER 44 IF DIG UNIT3CH3 OFF AND TIME DELAY 2S
JUMP TO STAGE NUMBER 47 IF DIG UNIT3CH1 OFF AND TIME DELAY 2S
END OF STAGE
Questo è lo stage DIFF PUMP OFF, in quanto nella seconda riga viene
accesa la pompa rotativa e la valvola fra le due pompe (OUTPUT TO UNIT
1 NUMBER 5, 5=1+4) mentre la pompa diffusiva resta spenta, per cui la
rotativa sta svuotando la pompa diffusiva spenta.
Premendo il tasto PUMP OFF si ritorna allo stage 10, premendo il
pulsante 2 (PUMP ON) si va allo stage 12, ma solo se la pressione all'uscita
della pompa diffusiva è sufficientemente bassa.
Le ultime due righe sono di controllo: se entro due secondi la rotativa
non risulta acceso o la backing valve aperta si va allo stage 44 o 47, dove
l'errore sarà gestito.
Stage 12 (pump warm up, riscaldamento diffusiva)
READ STAGE NO 12
SWITCH ON UNIT 1 CHANNEL 2
SWITCH OFF LAMP 1
SWITCH ON LAMP 2
ASSIGN LABEL NUMBER 16
JUMP TO STAGE NUMBER 14 IF TIME DELAY 30M
JUMP TO STAGE NUMBER 13 IF SWITCH PRESSED=1
JUMP TO STAGE NUMBER 14 IF SWITCH PRESSED=8
JUMP TO STAGE NUMBER 48 IF DIG UNIT3CH3 OFF AND TIME DELAY 2S
CALL STAGE NUMBER 50
END OF STAGE
Questo è lo stage PUMP WARM UP, proprio perché viene accesa la
pompa diffusiva. Si spegne quindi la spia PUMP OFF e si accende la spia
PUMP ON.
Premendo il tasto PUMP OFF si ritorna allo stage 10, premendo il
16
18. pulsante 2 (PUMP ON) si va allo stage 12, ma solo se la pressione all'uscita
della pompa diffusiva è sufficientemente bassa.
Anche qui vi è una riga di controllo: se la backing valve è chiusa viene
chiamato la stage 48.
Dopo 30 minuti (periodo più che sufficiente per portare alla
temperatura di funzionamento la pompa diffusiva) il controller va allo
stage 14. È possibile andare direttamente allo stage 14 premendo il tasto
8 (ERROR).
Premendo il tasto PUMP OFF si va allo stage 13.
Stage 13 (raffreddamento diffusiva)
READ STAGE NO 13
SWITCH OFF UNIT 1 CHANNEL 2
SWITCH ON LAMP 1
SWITCH OFF LAMP 2
ASSIGN LABEL NUMBER 1
JUMP TO STAGE NUMBER 10 IF SWITCH PRESSED=1 AND TIME DELAY 1M
JUMP TO STAGE NUMBER 12 IF SWITCH PRESSED=2 AND HD 1< 1.0- 1 MB
END OF STAGE
In questo stage viene spenta la pompa diffusiva, aggiornando di
conseguenza lo stato delle spie.
È possibile andare allo stage 10 premendo PUMP OFF (dopo 1 minuto) o
al 12 se la pressione fra le pompe è sufficientemente bassa.
L'etichetta assegnata a questo stage è DIFF PUMP OFF (la stessa
etichetta può essere assegnata a più stage).
Stage 14 (sealed, in attesa di iniziare il processo)
READ STAGE NO 14
SWITCH OFF ALL LAMPS
SWITCH OFF ALL PENNINGS
SWITCH OFF AUDIBLE ALARM
SWITCH ON LAMP 2
SWITCH ON LAMP 5
OUTPUT TO UNIT 9 NUMBER 2
OUTPUT TO UNIT 1 NUMBER 3
OUTPUT TO UNIT 2 NUMBER 0
SWITCH ON UNIT 1 CHANNEL 3 IF TIME DELAY 15S
ASSIGN LABEL NUMBER 28
ASSIGN LABEL NUMBER 10 IF TIME DELAY 2S
JUMP TO STAGE NUMBER 15 IF SWITCH PRESSED=4
JUMP TO STAGE NUMBER 16 IF SWITCH PRESSED=3 AND HD 2> 6.5- 2 MB
JUMP TO STAGE NUMBER 20 IF SWITCH PRESSED=3 AND HD 2< 6.0- 2 MB
JUMP TO STAGE NUMBER 13 IF SWITCH PRESSED=1
JUMP TO STAGE NUMBER 48 IF DIG UNIT3CH2 OFF AND TIME DELAY 2S
JUMP TO STAGE NUMBER 41 IF DIG UNIT3CH3 OFF AND TIME DELAY 17S
JUMP TO STAGE NUMBER 42 IF DIG UNIT3CH4 ON AND TIME DELAY 1S
JUMP TO STAGE NUMBER 43 IF DIG UNIT3CH5 ON AND TIME DELAY 1S
JUMP TO STAGE NUMBER 44 IF DIG UNIT3CH6 ON AND TIME DELAY 3S
JUMP TO STAGE NUMBER 45 IF DIG UNIT3CH7 ON AND TIME DELAY 2S
17
19. SWITCH ON UNIT 2 CHANNEL 2 IF SWITCH PRESSED=6
CALL STAGE NUMBER 50
END OF STAGE
Questo stage è particolarmente lungo perché occupa un ruolo centrale,
essedo lo stage dal quale si può partire per il rientro della camera, per il
pompaggio fino in ultra alto vuoto oppure iniziare la sequenza per
spegnere la macchina.
Vengono spente tutte le spie e i penning e l'eventuale allarme a cicalina.
Poi vengono accese le spie PUMP ON e SEAL, quindi memorizzato il
valore 2 nell'unità nove.
L'unità uno viene configurata con la rotativa e la diffusiva accese
(1+2=3) e il resto chiuso. Tutte le valvole e i dispositivi dell'unità due
sono chiusi/spenti.
Dopo 15 secondi viene aperta la backing valve.
Questa procedura è necessaria perché allo stage 14 si può pervenire da
diverse strade, pertanto il ritardo di 15 secondi è necessario per avere la
sicurezza che tutte le altre valvole eventualmente aperte siano chiuse
prima di aprire la valvola fra le due pompe, onde evitare flussi di gas
indesiderati.
Dopo 2 secondi viene assegnata l'etichetta SEALED.
Premendo il tasto VENT si va allo stage 15, mentre premendo CYCLE si
va allo stage 16 o 20 a seconda della pressione presente in camera.
Premendo PUMP OFF si va allo stage 13.
Viene eseguito un controllo sullo stato di tutti i dispositivi.
Eventualmente è possibile aprire la valvola per i gas di processo se si
vuole che nel pompaggio successivo sia svuotata la croce con i connettori
per l'immisione dei gas.
Lo stage 50 è uno stage di controllo e viene semplicemente richiamato
(CALL e non JUMP TO). Lo stage 50 è richiamato in tutti gli altri stage e
serve a controllare che la pressione all'uscita della pompa a diffusione
non salga oltre un certo limite (3*10 - 1 mbar).
Stage 15 (venting, rientro con azoto)
READ STAGE NO 15
SWITCH OFF ALL PENNINGS
SWITCH OFF LAMP 5
ASSIGN LABEL NUMBER 9
SWITCH OFF UNIT 1 CHANNEL 6 IF SWITCH PRESSED=3
SWITCH ON UNIT 1 CHANNEL 6 IF SWITCH PRESSED=4
JUMP TO STAGE NUMBER 1 IF SWITCH PRESSED=2 AND HD 2< - 3120 MV
JUMP TO STAGE NUMBER 10 IF SWITCH NO 5 ON AND DIG UNIT 9 = 1
JUMP TO STAGE NUMBER 14 IF SWITCH NO 5 ON AND DIG UNIT 9 = 2
END OF STAGE
In questo stage è possibile effettuare il rientro, ovvero introdurre azoto
18
20. fino a eguagliare la pressione esterna prima di aprire la camera.
La valvola è aperta con il tasto VENT e chiusa con il tasto CYCLE.
È possibile alzare la campana della camera con il tasto PUMP ON, ma
solo se la pressione è sufficientemente alta (HD 2< - 3120 MV).
Premendo il tasto 5 si ritorno allo stage da cui si è arrivati
(l'informazione sullo stage da cui si è arrivati è ricavata dall'unità 9).
Stage 16 (roughing, pompaggio con rotativa)
READ STAGE NO 16
SWITCH ON LAMP 3
SWITCH OFF LAMP 4
SWITCH OFF LAMP 5
ASSIGN LABEL NUMBER 15
SWITCH OFF UNIT 1 CHANNEL 3
SWITCH ON UNIT 1 CHANNEL 4 IF TIME DELAY 3S
JUMP TO STAGE NUMBER 14 IF SWITCH PRESSED=5
JUMP TO STAGE NUMBER 20 IF HD 2< 6.0- 2 MB AND TIME DELAY 10S
JUMP TO STAGE NUMBER 41 IF DIG UNIT3CH3 ON AND TIME DELAY 2S
JUMP TO STAGE NUMBER 42 IF DIG UNIT3CH4 OFF AND TIME DELAY 5S
CALL STAGE NUMBER 50
END OF STAGE
In questo stage (ROUGHING) viene chiusa la backing valve e dopo 3
secondi viene aperta la roughing valve.
In questo stage viene utilizzata la pompa rotativa per pompare
direttamente nella camera. Quando il vuoto è sceso a un livello sufficiente
si va allo stage 20.
Stage 17 (pump down, pompaggio in camera con diffusiva)
READ STAGE NO 17
SWITCH ON LAMP 3
SWITCH OFF LAMP 5
ASSIGN LABEL NUMBER 30
SWITCH OFF UNIT 2 CHANNEL 1
SWITCH ON PENNING GAUGE 3 IF TIME DELAY 4S
SWITCH ON UNIT 1 CHANNEL 5 IF TIME DELAY 5S
SWITCH ON UNIT 2 CHANNEL 5 IF HD 3< 5.0- 5 MB AND TIME DELAY 30S
SWITCH OFF UNIT 2 CHANNEL 5IF HD 2> 6.0- 3 MB AND TIME DELAY 30S
JUMP TO STAGE NUMBER 14 IF SWITCH PRESSED=5
JUMP TO STAGE NUMBER 18 IF SWITCH PRESSED=6
JUMP TO STAGE NUMBER 18 IF HD 3< 1.0- 5 MB AND TIME DELAY 1M
JUMP TO STAGE NUMBER 43 IF DIG UNIT3CH5 OFF AND TIME DELAY 10S
JUMP TO STAGE NUMBER 49 IF HD 3< 1.0- 7 MB AND TIME DELAY 15S
CALL STAGE NUMBER 51
END OF STAGE
In questo stage (PUMP DOWN) viene effettuato il pompaggio fino all'alto
vuoto, aprendo la valvola per alto vuoto. È in questo stage che viene
acceso il penning. Viene anche abilitata l'accensione del radiant heater se
19
21. la pressione è minore di 5*10 - 5 mbar e disabilitata se la pressione risale
sopra 6*10 - 3 mbar.
Premendo il tasto 5 si torna allo stage 14, mentre si va allo stage 18
premendo il tasto 6 oppure quando la pressione scende sotto i 10 - 5 mbar.
Stage 18 (stand- by, pompaggio in camera continua)
READ STAGE NO 18
ASSIGN LABEL NUMBER 18
JUMP TO STAGE NUMBER 14 IF SWITCH PRESSED=5
JUMP TO STAGE NUMBER 19 IF SWITCH PRESSED=6
JUMP TO STAGE NUMBER 48 IF DIG UNIT3CH2 OFFAND TIME DELAY 2S
SWITCH ON UNIT 2 CHANNEL 2 IF SWITCH PRESSED=3
SWITCH OFF UNIT 2 CHANNEL 2 IF SWITCH PRESSED=7
CALL STAGE NUMBER 51
END OF STAGE
In questo stage (STAND- BY) viene mantenuto l'alto vuoto è ed possibile
accedere agli stage 14 e 19. É possibile aprire la valvola per l'immisione di
gas di processo (tasto CYCLE).
Stage 19 (gas admit, processo vero e proprio)
READ STAGE NO 19
SWITCH ON LAMP 6
ASSIGN LABEL NUMBER 9
SWITCH OFF UNIT 1 CHANNEL 5
SWITCH ON UNIT 2 CHANNEL 1
SWITCH ON UNIT 2 CHANNEL 2 IF TIME DELAY 5S
SWITCH OFF PENNING GAUGE 3 IF HD 2> 6.5- 3 MB
SWITCH ON PENNING GAUGE 3 IF HD 2< 6.0- 3 MB
JUMP TO STAGE NUMBER 14 IF SWITCH PRESSED=5
JUMP TO STAGE NUMBER 43 IF DIG UNIT3CH5 ON AND TIME DELAY 3S
JUMP TO STAGE NUMBER 45 IF DIG UNIT3CH7 OFF AND TIME DELAY 8S
JUMP TO STAGE NUMBER 46 IF DIG UNIT3CH8 OFF AND TIME DELAY 13S
CALL STAGE NUMBER 50
END OF STAGE
In questo stage (GAS ADMIT) è possibile effettuare il processo di
deposizione vero e proprio. Vengono aperte la by- pass valve e la needle
valve e chiusa la valvola di alto vuoto. Pertanto è possibile introdurre i
gas di processo in camera pompando attraverso il by- pass per evitare che
la pompa diffusiva sia sovraccaricata dal flusso di gas di processo.
Il vacuometro penning è spento e acceso in automatico secondo la
pressione in camera. Per evitare che il vacuometro venga continuamente
acceso e spento il set point in spegnimento è più alto di quello in
accensione.
20
22. Stage 20 (fine pumping, pompaggio fine)
READ STAGE NO 20
ASSIGN LABEL NUMBER 22
OUTPUT TO UNIT 1 NUMBER 3
SWITCH ON UNIT 1 CHANNEL 3 IF TIME DELAY 10S
SWITCH ON UNIT 2 CHANNEL 1IF TIME DELAY 15S
JUMP TO STAGE NUMBER 14 IF SWITCH PRESSED=5
JUMP TO STAGE NUMBER 17 IF HD 2< 6.0- 3 MB AND TIME DELAY 25S
JUMP TO STAGE NUMBER 42 IF DIG UNIT3CH3 OFF AND TIME DELAY 13S
JUMP TO STAGE NUMBER 43 IF DIG UNIT3CH4 ON AND TIME DELAY 3S
JUMP TO STAGE NUMBER 45 IF DIG UNIT3CH7 OFF AND TIME DELAY 18S
CALL STAGE NUMBER 50
END OF STAGE
In questo stage (FINE PUMPING) la pressione in camera è troppo bassa
per essere efficaciemente pompata tramite la pompa rotativa, ma troppo
elevata per essere pompata direttamente attraverso la valvola d'alto vuoto
con la pompa a diffusione, per cui è utilizzato il pompaggio attraverso il
by- pass .
21
24. Risultati sperimentali
Sono state eseguite alcune deposizioni di prova per mettere a punto il
ciclo di sputtering .
Ogni deposizione è durata 40 minuti, divisi in intervalli di 10 minuti per
evitare di surriscaldare il target.
La pressione di argon è stat mantenuta costante a circa 8*10- 3 mbar,
mentre è stat fatta variare la pressione di azoto.
Il substrato è costituito da silice amorfa.
Le deposizioni sono state analizzate mediante diffrattometria a raggi X e
confrontate con i dati d letteratura.
Analizzando il difrattogramma di seguito riportato si nota che esso è
cristallino (infatti il fondo è basso) e fortemente orientato lungo i piani
220, infatti l'intensità di questi piani rapportata agli altri picchi è molto
maggiore di quella che ci si aspetterebbe da un campione non orientato di
nitruro di titanio, dove i picchi più intensi sono 200 e 111.
Questo fenemeno accade spesso nelle deposizioni per sputtering , ciò che
avviene è che durante la crescita dei grani cristallini alcune direzioni di
crescita siano preferite ad altre, e quindi si trova una maggiore porzione
di film rappresentata da grani cristalli orientati secondo una particolare
direzione, per cui vi sono piani maggiormente visibili con difrattometria a
23
Schema 2Dati di letteratura per XRD di TiN
25. raggi X.
Esaminando l'influenza della corrente, si nota che logicamente maggiore
è la corrente maggiore l'intensità del picco 220, tuttavia la relazione non è
lineare, in quanto vi è una grossa differenza fra il campione depositato a
1 A e quello depositato a 1.5A.
Questo è da attribursi al fatto che con una corrente maggiore anche la
temperatura del substrato aumenta (il substrato non era riscaldato) e
quindi aumenta l'energia termica disponibile per la crescita dei grani
cristallini. Inoltre aumentando la corrente di deposizione aumenta la
velocità di deposizione e quindi diminuisce la percentuale di impurezze
incorporate nel film, che possono dare origine a zone amorfe.
24
Grafico 1Film orientato secondo 220 (I=1,5 A, P_totale=14*10- 2 mbar.
26. Dal secondo grafico si nota inoltre che aumentando la corrente il
parametro reticolare (espresso come posizione in 2theta del picco 220)
aumenta, avvicinandosi a quello della nitruro d titanio massivo (61.897°)
25
27. Conclusioni
Dall'esperienza ottenuta, si è verificato che la produzione di film sottili
di nitruro di titanio è una tecnica facilmente implementabile avendo a
disposizione un sistema da vuoto opportuno come quello rappresentato
dal sistema per deposizioni sotto- vuoto Edwards utilizzato.
Una buona parte del lavoro è consistito nel riportare a piena
funzionalità la macchina, adattandola alla deposizione di nitruro di
titanio mediante la creazione della linea di azoto, rimettendendo in
funzione il magnetron con un nuovo target in titanio e soprattutto
riscrivendo il programma in modo da adattarlo all'esigenze del ciclo di
deposizione.
Il grado di automazione possibile con questa macchina la rende più
simile a sistemi industriali e quindi più adatta allo sviluppo di processi da
applicare poi a problematiche industriali.
Verificata quindi la fattibilità della produzione di nitruro di titanio,
l'ulteriore evoluzione di questo lavoro consisterà nel applicare il processo
a problematiche reali, in particolare alla deposizione di oggetti di forma
complessa, comprendenti anche fori o simili, che costituiscono casi nei
quali le tecnologie industrialmente disponibili (arco catodico, sputtering
tradizionale senza l'utilizzo di target opportunamente sagomati) non
sono in grado di dare una risposta soddisfacente.
26
28. Appendice A
Listato del programma del controller Edwards
Di seguito è riportato integralmente il listato del programma presente
nella memoria del controller a microprocessore che gestisce il sistema da
vuoto alla data di stesura del presente manuale.
Come spiegato nel testo, gli stage da 1 a 20 (non tutti presenti) fanno
parte della normale procedura operativa, mentre gli stage da 40 a 53 sono
utilizzati per la gestione degli errori e/o eccezioni, ovvero delle situazioni
non previste o di malfunzionamento.
READ STAGE NO 1
ASSIGN LABEL NUMBER 39
SWITCH OFF UNIT 1 CHANNEL 7
SWITCH ON UNIT 1 CHANNEL 8
JUMP TO STAGE NUMBER 2 IF SWITCH NO 2 OFF
END OF STAGE
READ STAGE NO 2
SWITCH OFF UNIT 1 CHANNEL 8
SWITCH OFF UNIT 1 CHANNEL 7
JUMP TO STAGE NUMBER 1 IF SWITCH PRESSED=2
JUMP TO STAGE NUMBER 3 IF SWITCH PRESSED=1 AND DIG UNIT4CH1 OFF
JUMP TO STAGE NUMBER 10 IF TIME DELAY 5S AND DIG UNIT4CH1 ON AND DIG UNIT9CH1 ON
JUMP TO STAGE NUMBER 15 IF TIME DELAY 5S AND DIG UNIT4CH1 ON AND DIG UNIT9CH2 ON
END OF STAGE
READ STAGE NO 3
ASSIGN LABEL NUMBER 40
SWITCH ON UNIT 1 CHANNEL 7
SWITCH ON UNIT 1 CHANNEL 8
JUMP TO STAGE NUMBER 2 IF SWITCH NO 1 OFF
END OF STAGE
READ STAGE NO 9
ASSIGN LABEL NUMBER 20
JUMP TO STAGE NUMBER 10 IF SWITCH PRESSED=8
END OF STAGE
READ STAGE NO 10
SWITCH OFF ALL CHANNELS
SWITCH OFF ALL LAMPS
SWITCH OFF ALL PENNINGS
SWITCH ON LAMP 1
ASSIGN LABEL NUMBER 28
OUTPUT TO UNIT 9 NUMBER 1
JUMP TO STAGE NUMBER 11 IF SWITCH PRESSED=3
JUMP TO STAGE NUMBER 15 IF SWITCH PRESSED=5
END OF STAGE
27
29. READ STAGE NO 11
OUTPUT TO UNIT 1 NUMBER 5
ASSIGN LABEL NUMBER 1
JUMP TO STAGE NUMBER 10 IF SWITCH PRESSED=1
JUMP TO STAGE NUMBER 12 IF SWITCH PRESSED=2 AND HD 1< 1.0- 1 MB
JUMP TO STAGE NUMBER 44 IF DIG UNIT3CH3 OFF AND TIME DELAY 2S
JUMP TO STAGE NUMBER 47 IF DIG UNIT3CH1 OFF AND TIME DELAY 2S
END OF STAGE
READ STAGE NO 12
SWITCH ON UNIT 1 CHANNEL 2
SWITCH OFF LAMP 1
SWITCH ON LAMP 2
ASSIGN LABEL NUMBER 16
JUMP TO STAGE NUMBER 14 IF TIME DELAY 30M
JUMP TO STAGE NUMBER 13 IF SWITCH PRESSED=1
JUMP TO STAGE NUMBER 14 IF SWITCH PRESSED=8
JUMP TO STAGE NUMBER 48 IF DIG UNIT3CH3 OFF AND TIME DELAY 2S
CALL STAGE NUMBER 50
END OF STAGE
READ STAGE NO 13
SWITCH OFF UNIT 1 CHANNEL 2
SWITCH ON LAMP 1
SWITCH OFF LAMP 2
ASSIGN LABEL NUMBER 1
JUMP TO STAGE NUMBER 10 IF SWITCH PRESSED=1 AND TIME DELAY 1M
JUMP TO STAGE NUMBER 12 IF SWITCH PRESSED=2 AND HD 1< 1.0- 1 MB
END OF STAGE
READ STAGE NO 14
SWITCH OFF ALL LAMPS
SWITCH OFF ALL PENNINGS
SWITCH OFF AUDIBLE ALARM
SWITCH ON LAMP 2
SWITCH ON LAMP 5
OUTPUT TO UNIT 9 NUMBER 2
OUTPUT TO UNIT 1 NUMBER 3
OUTPUT TO UNIT 2 NUMBER 0
SWITCH ON UNIT 1 CHANNEL 3 IF TIME DELAY 15S
ASSIGN LABEL NUMBER 28
ASSIGN LABEL NUMBER 10 IF TIME DELAY 2S
JUMP TO STAGE NUMBER 15 IF SWITCH PRESSED=4
JUMP TO STAGE NUMBER 16 IF SWITCH PRESSED=3 AND HD 2> 6.5- 2 MB
JUMP TO STAGE NUMBER 20 IF SWITCH PRESSED=3 AND HD 2< 6.0- 2 MB
JUMP TO STAGE NUMBER 13 IF SWITCH PRESSED=1
JUMP TO STAGE NUMBER 48 IF DIG UNIT3CH2 OFF AND TIME DELAY 2S
JUMP TO STAGE NUMBER 41 IF DIG UNIT3CH3 OFF AND TIME DELAY 17S
JUMP TO STAGE NUMBER 42 IF DIG UNIT3CH4 ON AND TIME DELAY 1S
JUMP TO STAGE NUMBER 43 IF DIG UNIT3CH5 ON AND TIME DELAY 1S
JUMP TO STAGE NUMBER 44 IF DIG UNIT3CH6 ON AND TIME DELAY 3S
JUMP TO STAGE NUMBER 45 IF DIG UNIT3CH7 ON AND TIME DELAY 2S
SWITCH ON UNIT 2 CHANNEL 2 IF SWITCH PRESSED=6
CALL STAGE NUMBER 50
END OF STAGE
28
30. READ STAGE NO 15
SWITCH OFF ALL PENNINGS
SWITCH OFF LAMP 5
ASSIGN LABEL NUMBER 9
SWITCH OFF UNIT 1 CHANNEL 6 IF SWITCH PRESSED=3
SWITCH ON UNIT 1 CHANNEL 6 IF SWITCH PRESSED=4
JUMP TO STAGE NUMBER 1 IF SWITCH PRESSED=2 AND HD 2< - 3120 MV
JUMP TO STAGE NUMBER 10 IF SWITCH NO 5 ON AND DIG UNIT 9 = 1
JUMP TO STAGE NUMBER 14 IF SWITCH NO 5 ON AND DIG UNIT 9 = 2
END OF STAGE
READ STAGE NO 16
SWITCH ON LAMP 3
SWITCH OFF LAMP 4
SWITCH OFF LAMP 5
ASSIGN LABEL NUMBER 15
SWITCH OFF UNIT 1 CHANNEL 3
SWITCH ON UNIT 1 CHANNEL 4 IF TIME DELAY 3S
JUMP TO STAGE NUMBER 14 IF SWITCH PRESSED=5
JUMP TO STAGE NUMBER 20 IF HD 2< 6.0- 2 MB AND TIME DELAY 10S
JUMP TO STAGE NUMBER 41 IF DIG UNIT3CH3 ON AND TIME DELAY 2S
JUMP TO STAGE NUMBER 42 IF DIG UNIT3CH4 OFF AND TIME DELAY 5S
CALL STAGE NUMBER 50
END OF STAGE
READ STAGE NO 17
SWITCH ON LAMP 3
SWITCH OFF LAMP 5
ASSIGN LABEL NUMBER 30
SWITCH OFF UNIT 2 CHANNEL 1
SWITCH ON PENNING GAUGE 3 IF TIME DELAY 4S
SWITCH ON UNIT 1 CHANNEL 5 IF TIME DELAY 5S
SWITCH ON UNIT 2 CHANNEL 5 IF HD 3< 5.0- 5 MB AND TIME DELAY 30S
SWITCH OFF UNIT 2 CHANNEL 5IF HD 2> 6.0- 3 MB AND TIME DELAY 30S
JUMP TO STAGE NUMBER 14 IF SWITCH PRESSED=5
JUMP TO STAGE NUMBER 18 IF SWITCH PRESSED=6
JUMP TO STAGE NUMBER 18 IF HD 3< 1.0- 5 MB AND TIME DELAY 1M
JUMP TO STAGE NUMBER 43 IF DIG UNIT3CH5 OFF AND TIME DELAY 10S
JUMP TO STAGE NUMBER 49 IF HD 3< 1.0- 7 MB AND TIME DELAY 15S
CALL STAGE NUMBER 51
END OF STAGE
READ STAGE NO 18
ASSIGN LABEL NUMBER 18
JUMP TO STAGE NUMBER 14 IF SWITCH PRESSED=5
JUMP TO STAGE NUMBER 19 IF SWITCH PRESSED=6
JUMP TO STAGE NUMBER 48 IF DIG UNIT3CH2 OFFAND TIME DELAY 2S
SWITCH ON UNIT 2 CHANNEL 2IF SWITCH PRESSED=3
SWITCH OFF UNIT 2 CHANNEL 2IF SWITCH PRESSED=7
CALL STAGE NUMBER 51
END OF STAGE
29
31. READ STAGE NO 19
SWITCH ON LAMP 6
ASSIGN LABEL NUMBER 9
SWITCH OFF UNIT 1 CHANNEL 5
SWITCH ON UNIT 2 CHANNEL 1
SWITCH ON UNIT 2 CHANNEL 2 IF TIME DELAY 5S
SWITCH OFF PENNING GAUGE 3 IF HD 2> 6.5- 3 MB
SWITCH ON PENNING GAUGE 3 IF HD 2< 6.0- 3 MB
JUMP TO STAGE NUMBER 14 IF SWITCH PRESSED=5
JUMP TO STAGE NUMBER 43 IF DIG UNIT3CH5 ON AND TIME DELAY 3S
JUMP TO STAGE NUMBER 45 IF DIG UNIT3CH7 OFF AND TIME DELAY 8S
JUMP TO STAGE NUMBER 46 IF DIG UNIT3CH8 OFF AND TIME DELAY 13S
CALL STAGE NUMBER 50
END OF STAGE
READ STAGE NO 20
ASSIGN LABEL NUMBER 22
OUTPUT TO UNIT 1 NUMBER 3
SWITCH ON UNIT 1 CHANNEL 3 IF TIME DELAY 10S
SWITCH ON UNIT 2 CHANNEL 1IF TIME DELAY 15S
JUMP TO STAGE NUMBER 14 IF SWITCH PRESSED=5
JUMP TO STAGE NUMBER 17 IF HD 2< 6.0- 3 MB AND TIME DELAY 25S
JUMP TO STAGE NUMBER 42 IF DIG UNIT3CH3 OFF AND TIME DELAY 13S
JUMP TO STAGE NUMBER 43 IF DIG UNIT3CH4 ON AND TIME DELAY 3S
JUMP TO STAGE NUMBER 45 IF DIG UNIT3CH7 OFF AND TIME DELAY 18S
CALL STAGE NUMBER 50
END OF STAGE
READ STAGE NO 40
OUTPUT TO UNIT 1 NUMBER 5
JUMP TO STAGE NUMBER 10 IF SWITCH PRESSED=8
END OF STAGE
READ STAGE NO 41
ASSIGN LABEL NUMBER 2
SWITCH OFF ALL PENNINGS
SWITCH ON UNIT 1 CHANNEL 3
JUMP TO STAGE NUMBER 40
END OF STAGE
READ STAGE NO 42
ASSIGN LABEL NUMBER 0
SWITCH OFF ALL PENNINGS
SWITCH ON UNIT 1 CHANNEL 3
JUMP TO STAGE NUMBER 13 IF SWITCH PRESSED=7
END OF STAGE
READ STAGE NO 43
SWITCH OFF ALL PENNINGS
ASSIGN LABEL NUMBER 5
SWITCH ON UNIT 1 CHANNEL 3
JUMP TO STAGE NUMBER 40
END OF STAGE
READ STAGE NO 44
ASSIGN LABEL NUMBER 9
SWITCH OFF ALL PENNINGS
SWITCH OFF UNIT 1 CHANNEL 6
JUMP TO STAGE NUMBER 10 IF SWITCH NO 8 ON AND DIG UNIT 9 = 1
JUMP TO STAGE NUMBER 14 IF SWITCH NO 8 ON AND DIG UNIT 9 = 2
END OF STAGE
30
32. READ STAGE NO 45
ASSIGN LABEL NUMBER 23
SWITCH OFF ALL PENNINGS
OUTPUT TO UNIT 1 NUMBER 3
SWITCH ON UNIT 1 CHANNEL 3 IF TIME DELAY 10S
OUTPUT TO UNIT 2 NUMBER 0
JUMP TO STAGE NUMBER 10 IF SWITCH PRESSED=8
END OF STAGE
READ STAGE NO 46
ASSIGN LABEL NUMBER 23
SWITCH OFF ALL PENNINGS
OUTPUT TO UNIT 1 NUMBER 3
SWITCH ON UNIT 1 CHANNEL 3 IF TIME DELAY 10S
OUTPUT TO UNIT 2 NUMBER 0
JUMP TO STAGE NUMBER 10 IF SWITCH PRESSED=8
END OF STAGE
READ STAGE NO 47
ASSIGN LABEL NUMBER 13
OUTPUT TO UNIT 1 NUMBER 0
OUTPUT TO UNIT 2 NUMBER 0
JUMP TO STAGE NUMBER 10 IF SWITCH PRESSED=8
END OF STAGE
READ STAGE NO 48
ASSIGN LABEL NUMBER 13
OUTPUT TO UNIT 1 NUMBER 5
OUTPUT TO UNIT 2 NUMBER 0
JUMP TO STAGE NUMBER 10 IF SWITCH PRESSED=8
END OF STAGE
READ STAGE NO 49
SWITCH OFF ALL LAMPS
SWITCH OFF ALL PENNINGS
SWITCH ON LAMP 8
ASSIGN LABEL NUMBER 36
JUMP TO STAGE NUMBER 14 IF SWITCH PRESSED=8
END OF STAGE
READ STAGE NO 50
CALL STAGE NUMBER 52 IF HD 1> 3.0- 1 MB
END OF STAGE
READ STAGE NO 51
CALL STAGE NUMBER 53 IF HD 2> 4.0- 1 MB
END OF STAGE
READ STAGE NO 52
ASSIGN LABEL NUMBER 3
SWITCH ON AUDIBLE ALARM
SWITCH OFF AUDIBLE ALARM IF SWITCH PRESSED=8
OUTPUT TO UNIT 1 NUMBER 3
OUTPUT TO UNIT 2 NUMBER 0
SWITCH ON UNIT 1 CHANNEL 3 IF TIME DELAY 10S
CALL STAGE NUMBER 50 IF TIME DELAY 1M
END OF STAGE
31
33. READ STAGE NO 53
SWITCH OFF ALL PENNINGS
ASSIGN LABEL NUMBER 3
SWITCH ON LAMP 8
OUTPUT TO UNIT 1 NUMBER 3
OUTPUT TO UNIT 2 NUMBER 0
SWITCH ON UNIT 1 CHANNEL 3 IF TIME DELAY 10S
SWITCH ON UNIT 2 CHANNEL 1 IF TIME DELAY 13S
CALL STAGE NUMBER 52 IF HD 1> 3.0- 1 MB
CALL STAGE NUMBER 51 IF TIME DELAY 1M
END OF STAGE
32