L'articolo descrive l'organizzazione, il costo e gli utenti del servizio di assistenza domiciliare sociale (SAD) erogato dai comuni italiani agli anziani.
LEPS: IL PERCORSO ASSISTENZIALE INTEGRATO - parte 1°
L'assistenza domiciliare comunale (SAD) per anziani in Italia
1. L’assistenza a domicilio degli anzia-
ni non autosufficienti è la modalità
assistenziale privilegiata per garantire
lorounamigliorequalitàdellavitaeper
contrastare il rischio di istituzionaliz-
zazione.
Il generico termine di “assistenza a
domicilio” ricomprende un’ampia gam-
madiservizidiassistenzaprofessionale
e non professionale, assicurati presso
l’utente, la cui qualità e durata variano
enormemente. Innanzi tutto occorre
distinguere i servizi domiciliari per gli
anziani in due grandi categorie:
1. le cure domiciliari (CD) che, erogate
dalleAsl,garantisconoassistenzainfer-
mieristica, riabilitativa e medica;
2. il Servizio di assistenza domiciliare
(Sad) che, gestito dai Comuni, mira ad
aiutare l’anziano bisognoso nelle atti-
vità della vita quotidiana e nella cura
della persona.
Il presente articolo si occupa del
Servizio di assistenza domiciliare per
gli anziani.
IL SERVIZIO DI ASSISTENZA
DOMICILIARE SOCIALE
Il Sad1
è un servizio comunale indi-
rizzato verso i cittadini che, per il loro
gradodinonautosufficienza odiridotta
autosufficienza fisica o per scarsa capa-
citàorganizzativarispettoallagestione
della casa, o per la loro situazione di
solitudine e isolamento anche psicolo-
gico, avrebbero difficoltà a permanere
nel proprio nucleo familiare o abitativo
senza aiuto. Nella pratica esso è rivolto
soprattutto verso gli anziani, anche se
non mancano interventi a favore di
famiglie con disabili, a famiglie proble-
matiche con minori e anche ad adulti in
condizioni particolari.
n.18/2007ProspettiveSocialieSanitarie
1
ANZIANI
La regolamentazione
Il Sad si è sviluppato prevalente-
mente tra la seconda metà degli anni
’70 e l’inizio degli anni ’80, spesso
alimentato dall’autonoma iniziativa
comunale, cui si è successivamente
aggiunta l’attività normativa delle
Regioni italiane. Infatti, l’80% delle
Regioni italiane ha regolamentato il
servizio nelle leggi regionali di riordino
dei servizi assistenziali o in altri atti
regolamentari negli anni ’80, mentre
la Provincia di Bolzano (già nel 1973) e
altre tre Regioni (Lazio, Toscana, Tren-
tino) anticipatrici l’hanno fatto negli
anni ’70 (cfr. tavola 1).
Il Sad si è sviluppato senza il sup-
porto di un’importante indicazione nor-
mativanazionale.Infatti,l’unicanorma
significativa è reperibile solo recente-
mente nella legge di riforma dei servizi
sociali del 2000 (l. 328/00). All’art. 15,
dedicato al sostegno domiciliare per le
persone anziane non autosufficienti,
si dice solamente che viene riservata
una quota del Fondo nazionale per le
politiche sociali a favore delle persone
anziane non autosufficienti, per favo-
rirne l’autonomia e sostenere il nucleo
familiare nell’assistenza domiciliare.
Nulla di più e a cui peraltro non è stata
data attuazione per la successiva modi-
fica del titolo V° della Costituzione.
Il Sad è inteso come il servizio che
eroga prestazioni di cura della persona
e di aiuto domestico e a cui si possono
eventualmente aggiungere anche le
seguenti prestazioni:
• somministrazione dei pasti a domi-
cilio;
• servizio di lavanderia a domicilio;
• disbrigo di commissioni e collega-
mento con altri servizi sociali.
Gli assistiti
I Comuni italiani, nel 2004, hanno
assistito con il Sad 236.597 persone,
di cui 183.987 anziani. Pertanto, gli
anziani assistiti con il Sad rappresen-
tano l’1,6% del totale della popolazione
anziana e il 77,8% di tutti gli utenti del
Sad. Il 22% degli assistiti rimanenti
sono costituiti soprattutto da disabili e
minori.Aquesta quota di assistiti se ne
aggiunge un’altra costituita da coloro
che beneficiano dell’assistenza domi-
ciliare integrata con i servizi sanitari
(Adi). Si tratta di 65.908 utenti, di cui
60.409 anziani, questi ultimi pari allo
0,5% del totale degli ultrasessantacin-
quenni, che andrebbero aggiunti ai pri-
mi, in quanto anche questi beneficiano
diSad,seppurintegratodall’assistenza
domiciliare sanitaria (Istat, 2007).
Il numero degli anziani assistiti con
ilSadappareindiminuzione:dal2003al
2004 sono passati da 197.776 a 183.987,
conunlivellodicoperturachesièridotto
dall’1,8% all’1,6% (cfr. tavola 4).
Le Regioni che sembrano aver svi-
luppato di più il sevizio sono la Valle
d’Aosta, la Provincia autonoma di
IL SAD È UN SERVIZIO COMUNALE INDIRIZZATO VERSO I
CITTADINI NON AUTOSUFFICIENTI CHE HANNO DIFFICOLTÀ
A PERMANERE NEL LORO NUCLEO FAMILIARE O
ABITATIVO SENZA AIUTO. NELLA PRATICA ESSO È RIVOLTO
SOPRATTUTTO ALLE PERSONE ANZIANE, ANCHE SE NON
MANCANO ALTRI TIPI DI INTERVENTI, RIVOLTI A FAMIGLIE
CON DISABILI, O CON MINORI
PROBLEMATICI.
Franco Pesaresi *
Il Sad per anziani
in Italia
Note
* Dirigente Servizi sociali Ancona, presidente
Associazione nazionale operatori sociali e socio-
sanitari (Anoss).
1 Alcuni Comuni chiamano il servizio Ada, Assi-
stenza domiciliare anziani.
TAVOLA 1 Anno di regolazione
del Sad nelle Regioni italiane
Regioni Anno di regolazione
Piemonte 1982
Valle d’Aosta 1982
Lombardia 1986 e 1990
Bolzano 1973 e 1991
Trento 1978 e 1991
Veneto 1982
Friuli-V. G. 1981
Liguria 1988 e 1989
Emilia Romagna 1985
Toscana 1976
Umbria 1982
Marche 1988 e 1989
Lazio 1976 e 1983
Abruzzo 1989
Molise 1990
Campania 1989
Puglia 1981
Calabria 1987
Basilicata 1980
Sicilia 1986 e 1993
Sardegna 1988
ITALIA 1973-1993
Fonte: nostra elaborazione su dati Ministero
dell’Interno (1992) e Regione Sicilia (1993).
2. che, al 31/12/2001, accertavano rispet-
tivamente un 7,1% e un 4% di persone
in attesa del servizio rispetto al totale
degli assistiti alla stessa data. Nelle
Marche, la durata media della lista
d’attesa era di 26,6 giorni (Regione
Marche 2002, Synergia, 2001).
Occorre inoltre rilevare che il nume-
ro di anziani assistiti non coincide con
il numero di posti disponibili per il
Servizio di assistenza domiciliare, dato
che nello stesso posto possono avvicen-
darsi più utenti. Una proxy del numero
dei posti di Sad può essere fornita dal
numero di assistiti presenti al 31/12 di
ognianno.L’elaborazionediquestodato
relativo alle Regioni Emilia Romagna,
n.18/2007ProspettiveSocialieSanitarieANZIANI
2
Bolzano e la Sardegna, che sono anche
quelle,insiemeallaProvinciaautonoma
diTrento,dovesispendedipiùperilser-
vizio. In sostanza, ai primi posti trovia-
mo le Regioni e le Province autonome. Il
Sadperglianzianièinvecemenodiffuso
in Umbria, nelle Marche, in Puglia e in
Calabria, che sono anche quelle, con
esclusione delle Marche, dove si spende
di meno per il servizio (cfr. tavola 2).
Le liste d’attesa per accedere al ser-
vizio non sembrano essere particolar-
mente lunghe, ma i dati a disposizione
non sono sufficienti per esprimere una
valutazione definitiva. Sono infatti
disponibili solamente i dati della Regio-
neMarcheedellaProvinciadiCremona
Marche e Piemonte ci suggerisce in
modo omogeneo che il numero dei posti
di Sad si avvicina tendenzialmente al
75% del numero degli assistiti comples-
sivi di ogni anno.
L’accesso al Sad, in genere, viene
stabilito dagli uffici comunali sulla base
dellacondizionefunzionale,familiareed
economicadell’anziano.Glianzianiassi-
stiticonilSadsonoinprevalenzadonne,
ultrasettantacinquenni e non autosuffi-
cienti (74,6% in Emilia Romagna, 55%
in Piemonte) e quando non lo sono, si
privilegiano gli anziani soli (Marche
50%) a rischio di isolamento e/o di non
autosufficienza (Regione Emilia Roma-
gna, 2005; Regione Piemonte, 2005).
Le prestazioni erogate
Dopo un periodo di costante cre-
scita del numero di anziani assistiti a
domicilio con il Sad, i dati relativi al
2004 ci suggeriscono un’inversione di
tendenza. Questo dato non è ancora del
tutto significativo e interpretabile, se
non viene accompagnato dal numero
medio di ore erogate a ogni assistito.
Esistono, infatti, almeno due modelli
diversi: i Comuni che assistono un mag-
gior numero di anziani con una minore
intensità assistenziale e i Comuni che
si concentrano su un numero di casi più
ristretto, ma con maggiore problemati-
cità, e quindi erogando per ogni caso un
maggior numero di ore. Si tratta di due
diverse logiche di intervento sociale.
Da un lato, la strategia del “dare poco a
molti”,conl’intentodiprevenirepiùche
assistere la non autosufficienza e l’iso-
lamento e, dall’altro lato, la strategia
di “dare molto a pochi”, concentrando
gli interventi sui casi più gravi, privile-
giando gli interventi assistenziali rivol-
ti soprattutto ai non autosufficienti, nel
tentativo di contrastare o rallentare il
ricovero in istituto.
I pochissimi dati a disposizione su
questo argomento ci inducono a stimare
un numero medio di ore di Sad erogate
settimanalmente di poco superiore a
3, mentre l’unica certezza è la grande
variabilitàchesirilevaneiComunidelle
diverse Regioni italiane (cfr. tavola 3).
Inoltre, tenuto conto che non tutti
gli utenti sono assistiti per un intero
anno, forse l’indicatore più corretto è
rappresentato dalla media delle ore
annuali di assistenza per utente più
che dalla media delle ore di assistenza
settimanali.
Sulla tipologia delle prestazioni, le
informazioni disponibili sono ancora
più ridotte. L’impegno più rilevante
sembra essere riservato all’igiene e
cura della persona (57% delle ore di
assistenza nella Provincia di Bolzano;
33,8% delle prestazioni in Veneto;
TAVOLA 2 Diffusione del Sad nelle Regioni italiane (2003)
Regioni Totale anziani
residenti
Utenti anziani
del Sad
% anziani
assistiti
Spesa media
per utente
Spesa per anzia-
no residente
Piemonte 934.750 13.086 1,4 1.571 22,0
Valle d’Aosta 23.932 933 3,9 4.762 185,6
Lombardia 1.740.603 31.331 1,8 1.420 25,9
Bolzano 75.941 2.962 3,9 3.771 146,6
Trento 90.116 2.974 3,3 4.398 143,5
Veneto 867.758 14.752 1,7 1.308 21,6
Friuli-V. G. 262.523 6.826 2,6 1.732 44,2
Liguria 415.349 4.984 1,2 2.172 26,3
E. Romagna 924.636 14.794 1,6 2.138 34,6
Toscana 818.413 17.187 2,1 967 20,6
Umbria 196.487 1.179 0,6 2.453 14,0
Marche 333.620 3.003 0,9 1.874 17,4
Lazio 967.635 10.644 1,1 2.288 25,3
Abruzzo 268.495 6.712 2,5 978 24,7
Molise 69.100 2.488 3,6 1.271 45,9
Campania 851.380 14.473 1,7 1.185 19,9
Puglia 671.612 6.044 0,9 1.081 9,6
Basilicata 115.161 1.382 1,2 1.819 21,6
Calabria 354.197 3.188 0,9 653 5,8
Sicilia 872.569 30.540 3,5 1.127 39,0
Sardegna 274.397 10.427 3,8 2.234 84,9
ITALIA 11.126.120 197.776 1,8 1.564 28,1
Fonte: nostra elaborazione su dati Ministero della Solidarietà sociale (2006) e Istat.
TAVOLA 3 Ore medie settimanali di Sad per utente nei Comuni
di alcune Regioni italiane
Regione o Provincia Anno Ore settimanali medie di
Sad per utente
Ore annue medie di Sad per
utente
Marche * 2000 4,8 250
Abruzzo ** 2003 3,8 198
Provincia Trento 1998 3,8 198
Lombardia 2002 2,3 120
Provincia Bolzano 2005 1,1 56
Note: * il 24,3% degli utenti usufruisce di 5-10 ore di Sad e il 6,9% di 10-25 ore settimanali.
** Stima effettuata sulla base dei dati relativi ai Piani di zona della Laga, dell’Aquila, di Avezzano e di
Sangro-Aquilano 2003-2005 (21 Comuni).
Fonte: nostra elaborazione su dati Provincia Bolzano (2006); Provincia Trento (2002); Regione Marche
(2002). I dati della Lombardia costituiscono una nostra elaborazione su dati forniti da Aldo Gazzetti al
convegno della Cgil del 14/6/2005 a Milano dal titolo “Lombardia, una sanità da curare”.
3. 17% in Provincia di Cremona) seguito
dall’aiuto domestico (29% delle ore di
assistenza nella Provincia di Cremo-
na; 18,8% delle prestazioni in Veneto
e17,7% in Provincia di Bolzano).
Di minore entità complessiva altre
prestazioni, come l’accompagnamen-
to (4,7% nella Provincia di Bolzano;
5% nella Provincia di Cremona), non
presenti in tutte le Regioni (Regione
Veneto, 2003; Synergia, 2001).
Il Servizio di assistenza domiciliare
è un servizio essenzialmente feriale
e diurno. Nelle ore serali il servizio
viene erogato abitualmente nel 10%
circa dei casi (Bolzano 11,5% dei casi,
Marche 13,1%, Provincia di Cremona
2% delle unità di offerta) mentre nelle
ore notturne il servizio viene erogato
solo saltuariamente in una percentua-
le di casi inferiore al 10% (Provincia
Bolzano, 2004; Regione Marche, 2002;
Synergia, 2001). L’erogazione del servi-
zio nelle fasce orarie serali e notturne è
un aspetto che presenta ampi margini
di miglioramento. Per quel che riguar-
da la distribuzione del servizio nei sette
giorni della settimana, sono disponibili
i dati di due sole Province: la Provincia
di Bolzano dichiara di erogare abitual-
menteilservizioancheilsabatonel77%
dei casi e nella giornata di domenica nel
42% dei casi (Provincia Bolzano, 2006)
mentre nella Provincia di Cremona solo
il3,8%deigestorierogailservizio7gior-
ni su 7, mentre il 52,8% dei servizi viene
erogato6giornisu7,masoloil24%degli
utenti riceve per almeno 4 giorni le ore
di assistenza (Synergia, 2001).
La gestione del servizio
La titolarità del servizio è quasi
sempre pubblica (99,7% in Emilia
Romagna), ma la gestione è quasi
sempre esternalizzata (90% in Emilia
Romagna, 79% nelle Marche, 60,4% in
n.18/2007ProspettiveSocialieSanitarie
3
ANZIANI
Provincia di Cremona) e affidata in par-
ticolare a cooperative sociali (72% dei
casi nelle Marche; 26,4% in Provincia di
Cremona).Inaltresituazioni,menofre-
quenti, il Sad viene affidato al Comune
capofila(20,8%inProvinciadiCremona
nel 2001), alle Asl (11,38% in Provincia
di Cremona nel 2001) (Synergia, 2001)
oadaltrisoggetti(associazionidivolon-
tariato, case di riposo, ecc).
In un numero significativo di casi
esiste un protocollo di intesa fra i
Comuni e le Asl per la gestione inte-
grata dell’assistenza domiciliare,2
ma i
casirealmentegestitiinmodointegrato
continuano a rimanere assai pochi.
Le spese e le entrate del Sad
In Italia, nel 2004, la spesa comu-
nale per i servizi domiciliari a favore
degli anziani è stata pari a 477 milioni
di euro.3
Tale spesa ricomprende al suo
interno diversi servizi come il Sad, la
parte comunale dell’Adi, il telesoccorso,
i voucher, gli assegni di cura, i buoni,
i pasti e la lavanderia a domicilio, e
altri servizi ancora.4
Vista la varietà
dei servizi ricompresi, la diffusione
nel territorio nazionale risulta sensi-
bilmente più ampia di quella residen-
ziale, coinvolgendo l’88% del totale dei
Comuni. Gli utenti sono stati 466.465,
pari al 4,1% degli anziani, ma solo una
parte minoritaria (1,6%) di questi sono
assistiti con il Sad. Gli altri ricevono
singole prestazioni domiciliari come il
telesoccorso o i pasti a domicilio (Pesa-
resi, 2006).
La spesa per il Sad per gli anziani è
stata di 314,5 milioni, che costituisce i
due terzi di tutta la spesa per i servizi
domiciliari comunali (cfr. tavola 4).
Perognianzianoassistitoadomicilio
i Comuni italiani spendono mediamen-
te 1.710 euro l’anno, ma con differenze
enormi fra le varie Regioni. In testa la
Valle d’Aosta e la Provincia autonoma
diTrento,chespendonooltre4.000euro
l’anno e in coda la Calabria, l’Abruzzo e
la Toscana, che spendono meno di 1.000
euro l’anno (cfr. tavola 2).
In quasi tutte le realtà italiane, è
prevista una partecipazione alla spesa
da parte del fruitore del servizio, par-
tecipazione che viene graduata in rela-
zione a specifiche fasce di reddito; sotto
un certo reddito il servizio è gratuito.
Cresce, ma non è ancora maggiorita-
rio, l’uso dell’Isee per la valutazione
del reddito degli assistiti. In Emilia
Romagna (2004), la sola Regione che
rende disponibili i dati sulla partecipa-
zione alla spesa da parte dell’utenza, le
entraterelativeallacompartecipazione
degli assistiti copre il 14,6% dei costi
complessivi del servizio, un altro 10,0%
viene fornito dall’Asl e il resto viene evi-
dentemente coperto da risorse proprie
dei bilanci comunali. In questa stessa
Regione,il30,3%degliutentisonoesen-
tati dalla partecipazione alla spesa,5
il
18,6% paga integralmente il costo del
servizio e il restante 47,8% partecipa
allaspesainrelazionealproprioreddito
(Regione Emilia Romagna, 2006).
VALUTAZIONI
Il Servizio di assistenza domiciliare
per gli anziani si è sviluppato negli
Note
2 I protocolli di intesa sono presenti nel 40%
delle unità di offerta in Friuli-V. G., nel 31,4%
dei casi nella provincia di Cremona, nel 22% nelle
Marche, ecc.
3 Una spesa superiore a quella per l’assistenza
residenziale, pari a 326,2 milioni di euro.
4 Per il complesso dei servizi domiciliari, la spesa
annua pro-capite per anziano è di 35 euro.Ai primi
posti per spesa pro-capite si trovano le Regioni e
le Province autonome (Valle d’Aosta, 297; Trento,
167; Bolzano, 149; Sardegna, 64; ecc.), mentre agli
ultimi posti le Regioni del Sud (Calabria, 7; Puglia,
16; ecc.).
5 Gli esenti totali raggiungono la quota del 40%
nella Provincia di Cremona, dove i Comuni più
piccoli in genere erogano il servizio gratuitamente
(Synergia, 2001).
TAVOLA 4 Spesa comunale per l’assistenza domiciliare degli anziani. Anni 2003-2004
Spesa 2003 Spesa 2004 Utenti
anziani 2003
Utenti
anziani 2004
Costo medio
utente 2003
Costo medio
utente 2004
Utenti x 100
anziani 2003
Utenti x 100
anziani 2004
Assistenza domiciliare
socio-assistenziale (Sad)
309.321.993 314.540.039 197.776 183.987 1.564 1.710 1,8 1,6
Adi 44.762.822 42.445.037 60.409 703 0,5
Servizi si prossimità
(buon vicinato)
2.258.590 1.630.250 12.730 128 0,1
Telesoccorso e
teleassistenza
12.295.156 11.455.585 63.670 180 0,6
Voucher, assegno di cura
e buono socio sanitario
62.003.633 79.502.677 55.481 1.433 0,5
Pasti e lavanderia a
domicilio
29.254.199 24.756.325 90.153 275 0,8
Altri servizi domiciliari 5.254.199 2.729.501 49.975 59 0,4
Totale assistenza
domiciliare
465.092.664 477.059.414 472.611 466.465 984 1.023
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat, 2005, 2007; Ministero della Solidarietà sociale, 2006.
4. n.18/2007ProspettiveSocialieSanitarieANZIANI
4
anni ’80 e ha sostanzialmente mante-
nuto anche negli anni successivi la sua
configurazione originaria, che prevede
un’organizzazione per l’erogazione di
prestazioni (alzata, igiene personale,
vestizione, aiuto nei pasti, mobilizza-
zione, pulizia della casa, ecc.) di durata
oraria limitata, che siano di supporto in
specificimomenticriticidellagiornatao
difunzionidomestiche.Inquestidecen-
ni, però, molte cose sono cambiate nella
società, nel sistema assistenziale e nel-
le condizioni degli anziani che vengono
avviati al Sad.
In questi ultimi anni, si è affermata
definitivamente la cultura della domi-
ciliarità, che ha portato le famiglie e le
politiche pubbliche a privilegiare sem-
pre più un intervento domiciliare piut-
tosto che il ricovero definitivo in strut-
ture residenziali sociali, sociosanitarie
o sanitarie. Insieme a questo indirizzo,
diminuisce però l’intervento assisten-
ziale fornito dai caregiver informali
(familiari, volontari, ecc.), che costitui-
sce la gran parte dell’assistenza fornita
aglianzianinonautosufficienti.Questo
è quanto afferma l’Istat nel Rapporto
del 2004 sulla “Situazione del Paese”,
che ha messo insieme le varie indagini
effettuate sui comportamenti delle
famiglie italiane, comprese le indagini
multiscopo. Infatti, dal 1998 al 2003, la
popolazione con più di 14 anni che ha
prestato aiuto gratuito ad anziani non
coabitanti è diminuita, passando dal
22% al 18,7% e, di conseguenza, anche
l’ammontare di ore dedicate all’aiuto
informale degli anziani si è ridotto,
passando da 84.830.000 al mese a
70.622.000 al mese (-16,7%). Questo è
dovuto al sommarsi di numerosi fattori,
legati sia a una maggiore complessità
organizzativanellagestionedegliimpe-
gni quotidiani, sia all’invecchiamento
della rete di sostegno, sia alla maggiore
condivisione dell’impegno tra più per-
sone (Istat, 2005). Le evoluzioni demo-
graficheesocialiportanonaturalmente
verso una diminuzione della possibilità
di assistenza informale delle persone
dipendenti. Cresce, infatti, anche il
tasso di attività delle donne in età da
lavoro. Questo fenomeno determina la
riduzione del potenziale di assistenza
informale che può essere fornita dalle
donne, limitando il tempo di cui esse
dispongono per i compiti familiari non
remunerati. Pertanto, insieme alla
crescente domanda di domiciliarità che
richiede maggiori risorse e maggiori
interventi, si riduce costantemente la
principale risorsa assistenziale.
Un’altra modificazione dello scena-
rio di riferimento è costituita dalla pos-
sibilità tecnologica e sanitaria di assi-
stere al domicilio anziani con elevati
livellidinonautosufficienzaequestoha
fattosìchevenganoinviatialSadanzia-
ni con bisogni assistenziali sempre più
complessi,cherichiedonointerventipiù
qualificati e impegnativi. Un anziano
allettato senza adeguato supporto
familiare ha bisogno di interventi ben
maggioridiquellidelladuratadiun’ora
ogni due giorni, che sembra costituire
la media degli interventi del Sad per la
cura della persona e della casa.
Rispetto a questi elementi, la rispo-
stadeiservizipubblicilocalièstataina-
deguata: infatti, la diffusione del Sad
fra gli anziani è a un livello piuttosto
basso, raggiungendo solamente l’1,6%
degli anziani, a cui si aggiunge un altro
0,5% di anziani raggiunto dall’assi-
stenza domiciliare integrata sociale
e sanitaria. La distribuzione del Sad,
inoltre, è fortemente disomogenea nel
territorio nazionale.
Dal 2003 al 2004, si è registrata
una significativa riduzione del numero
degli anziani assistiti, che è passato
dall’1,8% all’1,6%, insieme però a un
aumento del 9% della spesa pro-capite
per assistito, che è passata da 1.564 a
1.710 euro l’anno (cfr. tavola 4). Questi
dati suscitano due riflessioni. La prima
è di preoccupazione per la riduzione del
numero già esiguo di anziani assistiti a
casa; le ragioni sono probabilmente da
addebitarealledifficoltàfinanziariedei
Comuni,chebisognacomunquesupera-
re per affermare un’immediata inver-
sione di tendenza. L’aumento del costo
pro-capite del Sad conferma invece la
sensazione di una tendenza dei Comuni
ad assistere maggiormente gli anziani
gravemente non autosufficienti e con
importanti necessità assistenziali.
Un’ulteriore conferma di questa
positiva tendenza si registra nell’or-
ganizzazione del servizio, che tende a
ridurre le prestazioni di aiuto dome-
stico (prestazioni di pulizia e cura
dell’ambiente) per aumentare invece le
prestazioni di cura della persona. Ma
tutto questo non è ancora sufficiente,
tenuto anche conto del numero di ore
(3-4) medie settimanali di servizio
erogate all’assistito. Dal punto di vista
organizzativo occorre puntare su un
modello più legato alle necessità del-
l’utenza piuttosto che a quelle degli
operatori, rafforzando o istituendo
turni in grado di fornire risposte anche
nelle giornate festive e nelle notti, pri-
vilegiando ulteriormente le prestazioni
di cura della persona piuttosto che di
cura della casa.
Le disponibilità finanziarie dei
Comuni rendono limitati per quantità
e durata gli interventi nei confronti dei
soggetti totalmente non autosufficien-
ti che hanno bisogno di un supporto
importante. Pertanto, il servizio di
assistenza domiciliare non ha potuto
affermarsi come l’attività in grado
sostenere l’anziano non autosufficiente
inmodoesaustivo,mapiùspessoèstato
intesocomeunodeiserviziutilizzatiper
l’assistenza di uno stesso anziano non
autosufficiente o, in altre situazioni,
come il servizio per prevenire peggio-
ramenti della condizione di anziani
parzialmente non autosufficienti o soli
e a rischio di istituzionalizzazione.
In questo quadro, la risposta che la
popolazionehadatodifrontealleneces-
sità assistenziali per i non autosuffi-
cienti è ben rappresentata dall’esplo-
sione del fenomeno delle “assistenti
familiari”, che raggiungono al domicilio
un numero di assistiti ben più elevato
di quelli gestiti dal Sad. Le assistenti
familiari hanno modificato notevol-
mente i servizi domiciliari, producendo
immediatamente almeno due effetti sul
Sad: un contenimento delle richieste di
assistenzadomiciliareelanecessitàdei
servizipubblicidomiciliarididefinirela
necessaria relazione con queste nuove
figure (Tidoli, 2006). Sarebbe estrema-
mente sbagliato per il Sad esprimersi
in termini competitivi rispetto al lavo-
ro delle assistenti familiari. Sarebbe
peraltrounapartitagiàpersaperilSad,
visto che la spesa complessiva italiana
per le assistenti familiari è almeno 10
volte tanto quella del Sad. L’operatore
del Sad non deve neanche isolarsi nella
sua prestazione se vuol darle valore e
renderla massimamente produttiva.
Laddove l’anziano intenda usufruire di
entrambe le prestazioni, occorre coglie-
rel’occasioneperintegrareledueattivi-
tà e qualificare il lavoro degli operatori
coinvolti.L’operatoredelSadchespesso
è più esperto e qualificato, per esempio,
puòforniresostegnoall’assistentefami-
liare,puòistruirlo,puòconfortarlonelle
scelte; in buona sostanza può fornire
una prestazione di tutoraggio nei con-
fronti di un operatore che passa gran
parte del suo tempo con l’anziano non
autosufficiente, ma che spesso è stra-
niero, conosce poco la società e i servizi
pubblici esistenti e, molto spesso, non
ha mai svolto in patria questa attività.
Il fenomeno delle assistenti familiari,
più di altri, induce quindi a ripensare
l’organizzazionedell’assistenzadomici-
liare,pergarantireserviziintegratiche
mettano in relazione aiuti diversi tra
loro che insieme contribuiscano all’ero-
gazione di interventi più qualificati e
consistenti,ancheinterminiqualitàdel
servizioedinumerodioreerogateperla
cura della persona (Pasquinelli, 2003).
L’assistenza di anziani con elevati
livelli di non autosufficienza richiede
anche un intervento sanitario e l’inte-
5. grazione di questo intervento con quello
sociale. Questo aspetto, purtroppo, con-
tinua a rimanere critico, tanto che solo
60.409 anziani, pari allo 0,5% del totale,
riceve realmente un’assistenza domici-
liare integrata sociale e sanitaria. Fac-
ciamo qui riferimento alle effettive pre-
stazioni domiciliari che vengono fornite
congiuntamente dai Comuni e dalle Asl
enonalleprestazionidiquellacheviene
definita Adi, ma che nella grande mag-
gioranza dei casi non è realmente inte-
grata,mancandodelleprestazionisocia-
li. L’integrazione fra cure domiciliari e
assistenza domiciliare rimane dunque
un obiettivo ancora lontano dall’essere
raggiunto, anche se spesso esistono
accordi fra Comuni e Asl finalizzati a
questo obiettivo. Sad e cure domiciliari
continuano a riferirsi a comparti sepa-
rati tra loro e, come abbiamo visto, sono
ancora una piccola percentuale i casi
che vengono trattati congiuntamen-
te. I motivi di questa situazione sono
politico-amministrativi, organizzativi
ed economici. Molte regioni tardano a
definire le regole organizzative ed eco-
nomiche dell’integrazione e questo non
crea le condizioni per il coordinamento
dell’intervento fra Asl e Comune, dato
che entrambi i soggetti (in assenza di
regole) temono di farsi carico di impegni
non dovuti. In realtà, la norma definita
nel decreto sui Lea nella parte relativa
alla ripartizione degli oneri fra Comuni
eAsl propone, seppur in modo nebuloso,
unasoluzioneperilcostodell’assistenza
domiciliare tutelare erogata insieme a
quella esplicitamente sanitaria, nel-
l’ambito dell’Adi. Il Dpcm 29/11/2001
stabilisce, infatti, che il Servizio sanita-
rio si fa carico del 50% dell’“aiuto infer-
mieristico” e dell’assistenza tutelare
alla persona all’interno dell’Adi. Ma
che cosa si intende con la terminologia
ambiguadell’“aiutoinfermieristico”che
tantohaspaventatoiComuni?Èproprio
unorganismoistituitodallaConferenza
Stato-Regioni che lo chiarisce. Infatti,
il Tavolo di monitoraggio e verifica sui
Lea ha stabilito unitariamente che “le
prestazioni di aiuto infermieristico
indicate nell’ambito dell’assistenza
programmata a domicilio, non coincido-
no con le prestazioni proprie dell’infer-
miere professionale, ma rappresentano
prestazioni eseguite da operatori diver-
si che, svolgendo compiti di assistenza
tutelare, collaborano con l’infermiere
professionale”. Per cui i Comuni non
partecipano alla spesa dell’assistenza
infermieristica, ma solo per l’assistenza
tutelare e nella misura del 50% (Pesa-
resi, 2006). Purtroppo, questi aspetti
non sono stati ancora definiti dalla
maggioranza delle Regioni, che sono
tenute a recepire anche con modifiche
n.18/2007ProspettiveSocialieSanitarie
5
ANZIANI
il Dpcm sui Lea e questo rende tutto più
difficile. Inoltre, nelle realtà più piccole
ci sono anche difficoltà organizzative
che rendono difficile l’integrazione dei
due servizi. Occorre dunque un’integra-
zione vera tra i due servizi domiciliari
che deve essere promossa e realizzata a
livello regionale e locale.
Sul fronte gestionale si sono avute,
forse, le novità più significative, che
hanno influenzato l’organizzazione del
Sad: è accaduto, infatti, che negli anni è
progressivamentecresciutal’esternaliz-
zazione del servizio affidato prevalente-
mente a cooperative. Questo passaggio
richiedeperòalComunedipotenziarele
funzioni di governo e soprattutto quelle
di controllo della qualità del servizio,
sviluppo che non sempre è andato di
pari passo con le esternalizzazioni.
Lo sviluppo quantitativo del servi-
zio e la sua qualificazione richiedono
un livello organizzativo e finanziario
non sempre presenti in tutti i Comuni,
specie se di piccole o medie dimensioni.
Per questo in alcune realtà, ancora
minoritarie, il Sad viene gestito in
modo associato a livello intercomunale
con una delle forme di gestione previste
dalla legislazione vigente. La gestione
associata, nella realtà italiana, fatta in
prevalenza di piccoli Comuni, può ren-
dere disponibili le risorse e le capacità
organizzative,perfarfrontealleesigen-
zediriorganizzazione,potenziamentoe
qualificazione del servizio. La gestione
associata del servizio favorisce inoltre
anche l’applicazione di criteri omogenei
di accesso al servizio a livello di ambito
sociale territoriale. Infatti, per miglio-
rare l’equità di accesso alle prestazioni
bisognerebbepromuoverel’applicazione
di una valutazione del bisogno e di un
trattamentoomogeneodelladomandadi
assistenza nell’intero ambito sociale.
Per riuscire a capire meglio che
succede in questo settore, nonché per
valutare e decidere politiche socio-
sanitarie appropriate, occorre, infine,
avere un sistema informativo. Mentre
il sistema di rilevazione nazionale del-
le cure domiciliari è attivo, anche se
ancora con poche informazioni (legate
soprattutto alle rilevazioni dei Lea),
il sistema informativo del Sad è quasi
inesistente, potendo contare solamen-
te su pochissime rilevazioni regionali e
sull’indagine censuaria dell’Istat, che
si concentra soprattutto sugli aspetti
della spesa (Istat, 2007).
I pochi e insufficienti dati sul Sad
presentati in questo articolo delineano
un panorama nazionale di straordi-
naria disomogeneità, in cui le trasfor-
mazioni sociali in atto impongono un
ripensamento complessivo delle fina-
lità del Sad e della sua organizzazione.
Rimane comunque ferma l’esigenza di
un potenziamento del servizio, affinché
possa raggiungere un maggior numero
di anziani, soprattutto con le prestazio-
ni di cura della persona, in un quadro di
grandeattenzioneagliaspettidiqualità
del servizio e di integrazione e coordi-
namento con le altre risorse domiciliari
in campo, che sono costituite dalle cure
domiciliari e dalle assistenti familiari.
Bibliografia
Istat, La prima indagine censuaria sugli inter-
venti e i servizi sociali dei comuni. Anno 2003,
www.istat.it, 2005.
Istat, La seconda indagine censuaria sugli
interventi e i servizi sociali dei comuni. Anno 2004,
www.istat.it, 2007.
Istat, Rapporto annuale 2004, Istat, Roma,
2005.
Ministero dell’Interno, Il sistema informativo
per il servizio di assistenza domiciliare: il progetto
nazionale e le esperienze regionali, Ministero del-
l’Interno, Roma, 1992.
Ministero della Solidarietà sociale, Rapporto di
monitoraggiosullepolitichesociali,Ministerodella
Solidarietà sociale, Roma, 2006.
Pasquinelli S. (a cura di), Buoni e voucher sociali
in Lombardia, Franco Angeli, Milano, 2006.
Pasquinelli S., “Servizi domiciliari: quale futu-
ro?”, Prospettive sociali e sanitarie, 7, 2003.
Pesaresi F., “La suddivisione dei costi tra servizi
sociali e servizi sanitari”, in Gori C. (a cura di), La
riforma dell’assistenza ai non autosufficienti, Il
Mulino, Bologna, 2006.
Provincia di Bolzano, Statistiche sociali 2006,
Bolzano, 2006.
Regione Emilia Romagna, sistema informativo
delle politiche sociali, Presidi e servizi socio-assi-
stenzialiesocio-sanitariinEmiliaRomagna,2003,
Bologna, 2005.
Regione Emilia Romagna, sistema informativo
delle politiche sociali, Presidi e servizi socio-assi-
stenzialiesocio-sanitariinEmiliaRomagna,2004,
Bologna, 2006.
Regione Marche, I servizi di assistenza domici-
liare e i servizi di assistenza domiciliare integrata,
dattiloscritto a uso interno, 2002.
Regione Veneto, Relazione socio-sanitaria 2000-
2001, Venezia, 2003.
Synergia, I Sad nella provincia di Cremona,
Provincia di Cremona, 2001.
TidoliR.,“Lametamorfosidell’assistenzadomici-
liare”, Prospettive sociali e sanitarie, 2, 2006.
APPUNTAMENTI
Lunedì 12 novembre 2007, dalle 20.30
alle 22.00, presso il Nuovo Spazio
Guicciardini della Provincia di Milano, in
via Macedonio Melloni 3, si terrà la
Tavola Rotonda “Volontariato ed econo-
mia sociale: quali cambiamenti in atto e
quali prospettive”, che vedrà la parteci-
pazione di esponenti del mondo politi-
co, del volontariato e delle istituzioni.
In occasione del trentennale della fon-
dazione dell’Associazione A77, sono
previsti una serie di eventi che si terran-
no tra novembre e dicembre. All’interno
di un panorama di proposte di ampio
respiro culturale, è stato programmato
anche questo momento istituzionale,
che ha lo scopo di aiutare a riflettere sui
cambiamenti dell’“economia sociale” e
su come il volontariato si collochi al suo
interno, anche alla luce delle proposte
di modifica della legge 266.
Per informazioni:
www.associazionea77.org