Prima ancora della nascita di vere e proprie città industriali, nel secolo XIX si diffusero dapprima nel nord Europa e in seguito in Italia numerosi villaggi operai (che nei paesi anglosassoni vennero chiamati Garden Cities e in Germania Siedlungen), realizzati direttamente da aziende economicamente solide che nelle zone periferiche e di campagna cercavano manodopera stabile specializzata e possibilmente estranea al clima sindacalizzato e politicizzato delle città.
In Italia uno degli esempi più interessanti è rappresentato dal villaggio di Crespi d’Adda, che oltre ad essere uno dei primi insediamenti conosciuti, presenta la particolarità di aver preservato pressoché immutato il suo aspetto originale sino ai nostri giorni, giovandosi sia della collocazione geografica alquanto decentrata che ha permesso uno sviluppo protetto da influenze esterne, sia dall’essere sempre rimasta un’industria tessile, nonostante diversi cambi di proprietà.
Big Data la nuova frontiera dei dati "la rivoluzione dell'informazione". Introduzione nel mondo dei Big Data, immergendosi a 360° nelle tecnologie correlate, un modo semplice per capire il futuro, e l'importanza di analizzare la mole di dati prodotta ogni giorno.
Tesi di Maturità.
II Rivoluzione industriale: UNDICESIMO concorrenteprof_dellorto
Questa presentazione è il frutto di un lavoro di uno dei miei alunni, viene pubblicato a mio nome per partecipare a un mini-concorso indetto nella mia classe III a.s. 2013 2014 e viene pubblicato a scopo didattico.
II Rivoluzione industriale: NONO concorrente
II rivoluzione industriale, power point, lavoro didattico
II Rivoluzione industriale: VENTIDUESIMO concorrenteprof_dellorto
Questa presentazione è il frutto di un lavoro di uno dei miei alunni, viene pubblicato a mio nome per partecipare a un mini-concorso indetto nella mia classe III a.s. 2013 2014 e viene pubblicato a scopo didattico.
II rivoluzione industriale, lavoro didattico, power point, scuola secondaria primo grado
II Rivoluzione industriale: PRIMO concorrenteprof_dellorto
Questa presentazione è il frutto di un lavoro di uno dei miei alunni, viene pubblicato a mio nome per partecipare a un mini-concorso indetto nella mia classe III a.s. 2013 2014 e viene pubblicato a scopo didattico.
La mia tesi di laurea specialistica, attraverso un'analisi storica, sociologica ed economica dell'agricoltura italiana, cerca di identificare le possibilità di sviluppo futuro del settore agricolo grazie agli strumenti ICT e AFN (alternative food networks).
Pronta a sentirti più forte e sicura? Il 20 gennaio, unisciti a noi per l'OPEN DAY del Corso di autodifesa MMD (Mixed Martial Defense). Una giornata di empowerment e forza, gratuita e aperta a tutti!
👊 Il corso fa parte del progetto "Punto Rosa", realizzato da ASD CTKF Quarto Fight , @trolese_kombatmilano e accademia europea Milano .
Il corso di autodifesa MMD è pensato per insegnarti le basi della difesa personale attraverso tecniche appartenenti a differenti discipline.
📆 Sabato 20 gennaio | dalle 14:00 alle 19:00
📍 Villa Scheibler - Sala Torretta - Via Felice Orsini, 21 Milano
📞 I posti sono LIMITATI! Per info e prenotazioni, chiama il numero 3494261606 (Denise - ASD CTKF Quarto Fight) oppure 0229409080 (Accademia Europea).
🛡️ Ricorda: la sicurezza non è un'opzione, è un diritto. Ti aspettiamo!
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📆 Sabato 20 gennaio | dalle 14:00 alle 19:00
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Il Sanatorio di Vialba in "Vivere insieme la periferia", n.3, XXII, 2023, p.30.Maurizio De Filippis
Vialba e Roserio un tempo erano Comuni autonomi. In seguito sono diventati frazioni del Comune di Musocco aggregato a sua volta a Milano nel 1923. La via Orsini, di cui è rimasta una traccia storica lungo il muro di cinta dell'Ospedale Sacco, univa i due borghi. Qui nel 1927 veniva posta la prima pietra di quello che fu il Sanatorio di Vialba, oggi Ospedale "Luigi Sacco", ultimato nel 1931. La struttura è una pietra miliare nella storia ospedaliera italiana.
#OspedaleLuigiSaccoMilano #GrandeMilano1923 #associazionevecchiamiciquartoggiaro #quartoggiarovivibile
L'Ospedale Sanatorio di Vialba e gli Antichi Borghi MilanesiMaurizio De Filippis
https://lagrandemilano.it/.../vialba-ii-il-sacco-pietra.../
L'Ospedale "Luigi Sacco" di Vialba nacque come sanatorio nel 1931 all’interno dell’ex area comunale di Musocco, quando la tubercolosi era una delle malattie più diffuse, soprattutto tra i borghi degli ex Comuni aggregati a Milano nel 1923. Una situazione dovuta alle meno sane condizioni delle secolari abitazioni contadine, peggiorata dalle conseguenze che Grande Guerra ebbe sulla salute di tanti reduci. Il nosocomio fu una sorta di cittadella della salute indipendente in ogni cosa, trasformata con il passare dei decenni nell’Azienda ospedaliera che è oggi, tra le più complesse e importanti del Paese. #ospedalesaccovialba #lagrandemilano #antichiborghimilanesi
The Consulta Periferie Milano, the co-pilot with Municipio 2 of Milan in the Impactour Project, received the “Ambrogino d’oro” prize.
The Ambrogino d’oro is the highest honor of the City of Milan, reserved each year for citizens and/or associations who have brought prestige to the city, enhancing and protecting it.
https://www.scoprimilano.org/index.php/component/k2/item/69614-ambrogino-d-oro-alla-consulta-periferie-milano
https://www.impactour.eu/news-events/news/ambrogino-doro-2022-goes-consulta-periferie-milano
Diploma Allenatore Sport di combattimento Trolese Quarto FightMaurizio De Filippis
La Kickboxing è uno sport da combattimento di origine giapponese che combina le tecniche di calcio tipiche delle arti marziali orientali ai colpi di pugno propri del pugilato. Negli anni sessanta del XX secolo, le uniche forme di combattimento a contatto pieno erano il Muay thai thailandese, il Sambo russo, la Savate francese, il Taekwondo coreano, il Karate contact ed il Sanda cinese.
Nel 1974 alcuni maestri di arti marziali provarono a sperimentare una nuova formula unendo le tecniche di pugno del pugilato alle tecniche di calcio del karate e nacque così il Full Contact Karate.
Nel 1976 venne fondata la WAKO (World association of all style karate organizations), ma nel 1980, a seguito di contrasti con le federazioni di Karate già esistenti, la WAKO sostituì la parola Karate con Kickboxing. Da questo termine derivano tutte le forme praticate oggi: Semi Contact, Light Contact, Full Contact, Low Kick, Forme Musicali, Thai Kickboxing e Aerobic Kickboxing. #trolesequartofight #aldinisportwellness #WKAFL
"Storia dell'Ospedale Sacco", Corso di Laurea in Infermieristica, Polo Univer...Maurizio De Filippis
The protection of public health at the end of the Second World War and the birth of the National Health Service in the 1970s produced a radical transformation of Italian hospital institutions.
Alongside the diagnostic and therapeutic practice, prevention and rehabilitation have been added in close connection with the needs of the territory.
As a consequence, the physical and psychic "health" of the population has been put at the center of general attention the individual condition of the patient and the relationship with the hospital that hosts it.
#health #healthcare #milano #hospital #nursing #historyofluigisaccohospital #nursingsciencesUniversityofMilan
Inizia oggi 16 novembre 2022 il progetto di memoria storica più ambizioso e corposo a cui i vecchi amici di Quarto Oggiaro e Fondazione Carlo Perini abbiano mai partecipato: il centenario (1923-2023)dell’annessione a Milano degli 11 ex comuni autonomi.
Il nostro gruppo di lavoro rappresenterà in modo ufficiale l’ex Comune di Musocco, di cui erano parte gli ex comuni autonomi di Quarto Oggiaro, Vialba, Roserio, Villapizzone, Garegnano, Boldinasco, Cascina Triulza.
Si inizia oggi 16 novembre 2022 alle ore 18.00 con la presentazione dell’evento presso la sede di Fondazione Perini in Via Aldini 72. La partecipazione è gratuita e aperta ai cittadini. Sarà il primo approccio ad una serie di eventi che ci accompagneranno da Natale ‘22 a tutto il 2023 nei quali potrete scoprire come mai successo prima la storia della pieve.
Il 2023 sarà anche il 150esimo anniversario dei Corpi Santi e il 15 esimo anniversario del nostro gruppo.
Festeggeremo nel corso del 2023 scoprendo insieme tutti gli ex comuni appartenenti all’ex Comune di Musocco attraverso conferenze specifiche e passeggiate storiche guidate.
Conoscerete la storia degli Scheibler e della villa, di villa Caimi, del borgo storico di Via Aldini, l’idrografia di zona, le curiosità, gli aneddoti e le leggende del quartiere, del quartiere moderno e i suoi lotti di costruzione e ci sarà modo di confrontarci con alcune memorie storiche del quartiere. Conoscerete anche ciò che oggi è ” al di là del ponte “ ma che prima del 1923 era un insieme unico sotto il nome di Musocco.
Sapere chi siamo oggi è possibile solo grazie alla conoscenza della nostra unica radice storica.
L'ASD CTKF Quarto Fight del Maestro Stefano Trolese è una associazione sportiva dilettantistica senza fini di lucro, legata al territorio del Municipio 8 di Milano che ha per finalità lo sviluppo e la diffusione delle discipline sportive, ricreative e culturali intese come mezzo di aggregazione e formazione psico-fisica e morale degli associati.
L’ASD tramite affiliazione agli enti di promozione sportiva federali riconosciuti, è regolarmente iscritta all'albo delle Associazioni Sportive Dilettantistiche riconosciute dal CONI.
PROGRAMMA ATTIVITÀ SPORTIVE 2022/2023
Quest'opuscolo contiene il programma delle attività proposte dall'ASD Quarto Fight per la stagione agonistica 2022/2023. Tutte le attività si svolgeranno a Milano presso le palestre di via Federico De Roberto 20, via Felice Orsini 84 e via S. Satta 23.
CORSI DI
Kickboxing
Canne de combat
Boxe, Tai Chi Chuan, Yoga
Difesa personale femminile
Pilates e Zumba
Attività motoria globale
STEFANO TROLESE HA CONSEGUITO IL TITOLO DI
MAESTRO DEGLI SPORT DA COMBATTIMENTO E HA RICOPERTO IL RUOLO DI DIRETTORE TECNICO NAZIONALE (F.E.K.D.A.) DELLA SQUADRA AZZURRA DI KICKBOXING. RICOPRE IL RUOLO DI PRESIDENTE REGIONALE LOMBARDO DELLA WKAFL (WORLD KOMBAT AMATEUR FIGHTERS LEAGUE).
NEL RISPETTO DELLA NORMATIVA ANTI COVID-19 VIGENTE, INSEGNA TALI DISCIPLINE A BAMBINI, RAGAZZI E ADULTI PONENDO AL CENTRO DEL PROPRIO PROGETTO ETICO SPORTIVO E SOCIALE IL RISPETTO DELLE REGOLE ED UN SISTEMA DI VALORI EQUO ED APPASSIONATO.
Info & Contatti
Stefano 388-8782300
Denise 349-4261606
Maurizio 335-5917489
PSA.MILANO@LIBERO.IT
Domenica 10 Luglio 2022 alle ore 14.30, presso la sala Torretta di Villa Scheibler (via F. Orsini 21, Milano), si terrà la Convention nazionale di Arti marziali e Sport da combattimento della Federazione internazionale WKAFL (World Kombat Amateur Fighters League). Nel corso dell'incontro, organizzato dal Maestro Stefano Trolese, dall'istruttore Denise Tognoli e da Alessandro Piavani, presidente nazionale WKAFL, verrà illustrato ai maestri partecipanti il programma tecnico degli eventi previsti dalla Federazione per la stagione 2022/2023. #SaveTheDate #WKAFL #TroleseQuartoFight #Villaperta #VillaScheibler #municipio8milano #quartoweb #asi 🥊
Diffondere la conoscenza della "geografia delle periferie" (articolata in 166 toponimi diversi), ciascuno con proprie peculiarità - consolidando il legame con i rispettivi beni artistici, architettonici, paesaggistici e museali - è un obiettivo che confidiamo possa trovare un significativo sviluppo anche in connessione con il Centenario degli Antichi Comuni Milanesi 1923-2023. #consultaperiferiemilano #allorablu
Diffondere la conoscenza della "geografia delle periferie" (articolata in 166 toponimi diversi), ciascuno con proprie peculiarità - consolidando il legame con i rispettivi beni artistici, architettonici, paesaggistici e museali - è un obiettivo che confidiamo possa trovare un significativo sviluppo anche in connessione con il Centenario degli Antichi Comuni Milanesi 1923-2023. Ringraziandovi per la rinnovata disponibilità, alleghiamo il Calendario delle Giornate PeriferiArtMi dei prossimi Venerdì 8-Domenica 10 aprile. Oltre 20 "sopralluoghi accompagnati" che consentono di offrire a concittadini e non solo la possibilità di conoscere la geografia della nostra città, che rimane sostanzialmente sconosciuta, anche perché non insegnata. Con il risultato che, poi, è abbastanza difficile che ci si prenda cura di ciò che non si conosce. #consultaperiferiemilano #allorablu
Nei ritagli di un tempo sospeso, Milano Meravigliosa edizioni, 2022.Maurizio De Filippis
Nei ritagli di un tempo sospeso (Milano Meravigliosa, 2022) di Ermanno Accardi. Prefazione di Rino Morales, postfazione di Maurizio De Filippis, foto di copertina di Andrea Cherchi, progetto grafico di Gianna Avenia. Pagine 180, prezzo Euro 16,00. Distribuito e promosso da Distribook. #milanomeravigliosa #neiritaglidiuntemposospeso #distribook
Nell'ambito degli sport di combattimento, occorre sottolineare come l’Accademia presieduta dal Maestro Stefano Trolese abbia sempre messo al centro del proprio progetto etico sportivo il rispetto delle regole e l’educazione dei giovani atleti aiutandoli, attraverso il gioco e l’apprendimento, a sperimentare in piena autonomia e libertà un sistema di valori condivisi ed una pratica sportiva equa ed appassionata, al di là dell’obbligo del risultato e della vittoria ad ogni costo.
Le arti marziali, infatti, possono rivelarsi utili sia ai bambini più
piccoli perché infondono fiducia nelle proprie capacità, sia a
quelli più vivaci, perché insegnano a controllare l’aggressività
Inoltre, attraverso l’apprendimento di certe posture, il bambino
acquisisce gradualmente la conoscenza, la consapevolezza e il
controllo del proprio corpo
Tra le discipline insegnate presso la palestra milanese di via De
Roberto, due in particolare meritano una menzione la
Kickboxing uno sport da combattimento di origine giapponese
che combina le tecniche di calcio tipiche delle arti
marziali orientali ai colpi di pugno propri del pugilato e la Savate
o boxe française traditionelle uno sport da combattimento nato
in Francia nella prima metà del XIX secolo che vede in Italo
Manusardi il più importante interprete italiano.
"Storia dell'Ospedale Sacco", Corso di Laurea in Infermieristica, Polo Univer...Maurizio De Filippis
The protection of public health at the end of the Second World War and the birth of the National Health Service in the 1970s produced a radical transformation of Italian hospital institutions.
Alongside the diagnostic and therapeutic practice, prevention and rehabilitation have been added in close connection with the needs of the territory.
As a consequence, the physical and psychic "health" of the population has been put at the center of general attention the individual condition of the patient and the relationship with the hospital that hosts it. #health #healthcare #milano #hospital #nursing #historyofluigisaccohospital #nursingsciencesUniversityofMilan
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Non accettare libri dagli sconosciuti... seguici su @AlloraBlu @MilanoMeravigliosa #iraccontidellalatteria #followusonfacebook https://allorablues.altervista.org
90 years of history: the "Luigi Sacco" Hospital in Milan. L'Ospedale "Luigi ...Maurizio De Filippis
90 years of history: the "Luigi Sacco" Hospital in Milan
L'ospedale "Luigi Sacco" nella storia: 90 anni dalla sua fondazione - il Borgo scomparso di Roserio- Vialba- Musocco con Massimo Pozzi
— presso Villa Scheibler
È prevista per la fine di settembre, l'uscita nelle versioni ebook e cartacea (distribuite e promosse da Distribook) della nuova antologia di racconti brevi dedicati alla Milano di quarant'anni fa da un gruppo di amici autori di cui faccio parte (Rino Morales, Maurizio De Filippis, Domenico Megali e Alberto Fumagalli) e della quale sono anche orgogliosamente editore, con il marchio Milano Meravigliosa. Alla realizzazione del testo hanno partecipato, inoltre, Luca Levati (prefazione), Marco Dell'acqua (postfazione), Enrico Della Torre (illustrazioni), Marina Mari (immagine di copertina) e Fabio Ventura (consulenza grafica). L'opera può essere considerata generazionale, soprattutto per chi ha frequentato le vecchie latterie milanesi, luoghi di ritrovo per tutti quelli che sono cresciuti negli stessi quartieri e che pur divisi da scelte personali e lavorative diverse hanno ancora il piacere di bere un caffè o un aperitivo insieme, scherzando e raccontandosi storie vere, verosimili e letteralmente inventate. Non sappiamo se quella Milano fosse migliore o peggiore di quella che l'ha preceduta e che l'ha seguita. Ma era la Milano della nostra gioventù. E per noi tanto basta...❤
#milanomeravigliosa #iraccontidellalatteria #distribook #allorablu #storiemilanesi #milanodabere #anniottanta #igersmilano
I racconti della Latteria. Storie meneghine degli anni '80
La fabbrica e il villaggio. Modelli di socialità guidata
1. 1
LA FABBRICA E IL VILLAGGIO
Modelli di socialità guidata
“Gli stabilimenti erano la nostra anima”
Benigno Crespi
L’avvio del processo di industrializzazione si verificò in Italia con molto ritardo rispetto
ad altri paesi europei come la Gran Bretagna, la Francia e la Germania, a causa del lento
processo di unità nazionale e per la congenita povertà delle risorse tecnologiche e industriali.
Le prime attività manifatturiere che si avvalsero di impianti meccanizzati e di sistemi di
produzione più moderni furono le industrie tessili situate nelle vicinanze di corsi d’acqua da
cui ricavavano la forza motrice necessaria al funzionamento dei macchinari. L’organizzazione
industriale coinvolse anche i settori della lana e della seta, ma è l’industria cotoniera, in
particolare quella lombarda, a compiere i più rapidi progressi, distinguendosi a partire dal
1870, dalle altre attività tessili, per una maggiore disponibilità finanziaria e per il tentativo di
2. 2
utilizzare manodopera più stabile e meno frazionata dal lavoro domestico. Gli anni seguenti
videro il moltiplicarsi, in Lombardia, di una serie di fiorenti aziende che costituirono la prima
grande concentrazione industriale in senso moderno, divenendo delle vere e proprie imprese
capitalistiche guidate da importanti dinastie di imprenditori come quelle di Eugenio Cantoni,
fondatore della Cucirini-Cantoni, Francesco Turati degli stabilimenti Olcese, Antonio
Vernocchi, Alessandro Maino, Fedele Borghi e Cristoforo Benigno Crespi, che costruì gli
stabilimenti di Vaprio, Vigevano, Ghemme e Capriate d’Adda (1877).
Usufruendo di una serie di condizioni propizie, tra cui una generale fase di progresso
produttivo e una legislazione che favorì dal 1878 una sempre più decisa spinta protezionistica
capace di garantire un mercato nazionale protetto dalla concorrenza estera, l’influenza degli
industriali cotonieri si consolidò e si manifestò non solo nella vita economica della nazione, ma
anche in campo politico con l’elezione di molti suoi membri tra le file dei parlamentari
dell’epoca.
Il concentrarsi dell’industria manifatturiera nelle regioni settentrionali, dalle province di
Novara, Varese e Como sino a Bergamo e alla Val Seriana (dove va sottolineata la presenza di
numerosi imprenditori svizzeri tra i quali si ricordano Legler, Oltiker e Honegger), trae
motivazione dalla grande quantità di energia idrica disponibile sul territorio, dalla vicinanza di
numerosi centri commerciali, da una efficiente rete stradale e ferroviaria e dalla presenza di
una larga manodopera già sufficientemente istruita dal tradizionale lavoro a domicilio. Proprio
l’incipiente meccanizzazione cui andò incontro l’industria cotoniera alla fine dell’Ottocento,
basata su di un regime di fabbrica che permetteva una produttività ininterrotta grazie a turni di
lavoro diurni e notturni, fornisce un’idea della vastità degli effetti e delle conseguenze che una
così profonda trasformazione delle forze e dei rapporti di produzione ebbe sul piano dei
rapporti sociali in una società prevalentemente agricola come quella italiana.
3. 3
Il passaggio da un’economia contadina ad una caratterizzata dal lavoro in fabbrica
comportò un radicale cambiamento culturale che obbligò il lavoratore a confrontarsi con una
realtà produttiva completamente diversa da quella sperimentata nella comunità agricola di
provenienza. Da tale confronto nacquero forzatamente una serie di problemi e di squilibri: la
divisione del lavoro, i massacranti orari dei turni, la dura disciplina di fabbrica, i bassi salari
l’assenza di un’efficace legislazione del lavoro, contribuirono alla nascita della “questione
sociale”.
In Italia, dato il limitato sviluppo industriale, non si può parlare dell’esistenza di una vera e
propria classe operaia ma di una manodopera che resterà legata per lungo tempo alla figura
dell’operaio-contadino.
La dislocazione dei cotonifici, situati per lo più lontano dai grandi centri urbani per
questioni di carattere economico (in provincia il costo dei terreni edificabili era minore),
rispondeva anche alla necessità di poter reperire più facilmente una congrua quota di forza-
lavoro a buon mercato. A causa del misero stato delle campagne, le piccole comunità rurali dei
dintorni risultavano spesso sovrabbondanti di manodopera garantendo così all’imprenditore un
ricambio di personale pressoché illimitato. Ed è proprio la lunga permanenza nel mercato del
lavoro dell’operaio-contadino, pronto a dedicarsi appena possibile alla cura dei campi e restio a
staccarsi definitivamente dalla realtà agricola, a costituire un ostacolo alla formazione di un
moderno proletariato dotato di una coscienza di classe in grado di preservarlo efficacemente
dai tentativi di sfruttamento che coinvolgevano soprattutto le numerose donne e i fanciulli
impiegati nell’industria.
Alla luce di quanto è stato detto sino ad ora riguardo i progressi compiuti
dall’industrializzazione in Italia tra Otto e Novecento e dei mutamenti da essa provocati, si può
delineare un quadro d’insieme che prevede, da una parte una borghesia capitalistica in ascesa, e
4. 4
dall’altra un proletariato industriale non ancora completamente formato, proveniente da un
mondo agricolo in bilico tra tradizione e rinnovamento. È evidente come, in tale contesto, gli
scopi e le finalità dichiarate dagli imprenditori divergano completamente da quelli della classe
operaia. Mentre i primi infatti cercano di “educare” i lavoratori alla disciplina e ai ritmi di
lavoro della fabbrica allo scopo di aumentare i profitti, i secondi cercano di ritagliarsi delle
autonomie che li preservino da una alienazione completa.
Alcune frange dell’élite industriale cercarono di modificare ulteriormente a loro favore il
rapporto capitale-lavoro, legittimando anche ideologicamente il proprio operato
destreggiandosi sapientemente tra forme di “paternalismo umanitario” e “autoritarismo
benefico”. Lo sforzo padronale di fissare stabilmente la vita e il destino del lavoratore attorno
alla nuova realtà della fabbrica si realizzò grazie ad un accurato disegno di controllo sociale
che nascondeva, sotto una apparente benevolenza, il tentativo di conciliare gli obbiettivi
imprenditoriali con l’eliminazione di ogni minima conflittualità, lasciando al tempo stesso
immutati i rapporti gerarchici all’interno della azienda. L’interessamento ai problemi operai
manifestato attraverso la realizzazione di infrastrutture volte a migliorare l’adattamento e
l’integrazione del lavoratore nella nuova realtà, rimanda direttamene al complesso ruolo
sociale svolto in età moderna dalla fabbrica, capace di attirare manodopera, servizi, attività
produttive, giungendo così a modificare l’intero tessuto urbano circostante con la nascita di
città industriali che raggiunsero dimensioni pari a quelle di grossi sobborghi periferici.
Prima ancora della nascita di vere e proprie città industriali, nel secolo XIX si diffusero
dapprima nel nord Europa e in seguito in Italia numerosi villaggi operai (che nei paesi
anglosassoni vennero chiamati Garden Cities e in Germania Siedlungen), realizzati
direttamente da aziende economicamente solide che nelle zone periferiche e di campagna
cercavano manodopera stabile specializzata e possibilmente estranea al clima sindacalizzato e
5. 5
politicizzato delle città. La nascita dei villaggi operai si collegava anche alla questione delle
abitazioni da destinare alle classi più povere, questione che nel corso del secolo si fece via via
più sentita a causa dell’espansione dei centri urbani dovuta al fenomeno dell’inurbamento. Nel
tentativo di risolvere tale problema si alterneranno interventi edilizi privati e pubblici sino a
costituire una rete assistenziale (l’albergo dei poveri, i bagni pubblici, gli asili d’infanzia) che,
se non costituì una soluzione definitiva, contribuì ad alleviare l’umile situazione in cui versava
gran parte della popolazione.
Per ciò che concerne i villaggi operai sorti nelle vicinanze di stabilimenti industriali
occorre dire che, se è vero che furono il frutto di un certo tipo di filantropismo attento
soprattutto agli aspetti pratici che ne potevano derivare (legare l’operaio al possesso
temporaneo o permanente di un’abitazione significava attenuarne le rivendicazioni), è
altrettanto vero che l’effetto di tali opere fu di un’importanza rivoluzionaria se si pensa alle
cattive condizioni di vita in città e in campagna. Se la dimensione del fenomeno non raggiunse
in Italia l’ampiezza che si registrò in Inghilterra, dove quasi tutti i più grandi imprenditori
fondarono colonie operaie, in Germania (le Acciaierie Krupp davano lavoro a circa 25.000
operai dislocati in cinque città satellite), e in altri paesi maggiormente industrializzati, si può
affermare che la città operaia di Crespi d’Adda, la “Nuova Schio” di Alessandro Rossi, il
quartiere di Collegno di Napoleone Leumann, e l’esempio di Valdagno, la città-feudo dei conti
Marzotto, rappresentarono nella società italiana un elemento di novità che ebbe una diffusione
larghissima presso i maggiori circoli culturali dell’epoca.
Se il fine dichiarato di tali attività filantropiche consisteva nell’elevare moralmente oltre
che materialmente le condizioni delle classi meno abbienti, tema che si ritrova in tutte le
pubblicazioni di parte che illustrano i successi di questo tipo di iniziative, l’edificazione dei
villaggi operai, isole di armonia e pace sociale, doveva servire a prevenire la scomparsa dei
6. 6
malesseri tipici della civiltà industriale urbana (grandi distanze tra abitazione e lavoro,
insalubre habitat operaio, totale assenza di spazi verdi). Una razionale pianificazione
urbanistica garantiva la realizzazione di queste esigenze: la costruzione degli alloggi e di altri
servizi urbani, la rete di strade per lo più disposte secondo una planimetria ortogonale (vie
diritte, incroci ad angolo retto) in grado di facilitare l’accesso agli stabilimenti riproduceva
anche geometricamente il bisogno di ordine e senso gerarchico, agevolando il quotidiano
contatto tra il lavoratore e il ceto impiegatizio e favorendo così l’assimilazione di un modello
di vita e di una mentalità tipica della piccola borghesia. Poiché la concessione delle case,
spesso singole e dotate di un piccolo orto, era di solito limitata agli impiegati e alle famiglie
degli operai specializzati, appare evidente l’intenzione di creare un’aristocrazia operaia, che
legata al possesso dell’abitazione, condividesse l’operato della classe dirigente. Le velleità
moralistiche insite in questo progetto di comunità globale si coniugavano quindi felicemente a
scopi utilitaristici: tutti i servizi e le infrastrutture messe a disposizione nel villaggio, negozi di
generi alimentari, refettori, servizio medico, canalizzazioni per luce e gas, assistenza malattia,
scuole interne per l’istruzione elementare dei figli degli operai, assicuravano infatti un totale
controllo delle maestranze. Anche la vita privata veniva organizzata attraverso forme
associative e attività promosse direttamente dall’azienda: gruppi sportivi (ad esempio il “Dopo
lavoro Uniti e Forti” di Crespi d’Adda) e teatrali, attività musicali e ricreative, gite e iniziative
culturali servivano a favorire gli incontri tra i lavoratori ed evitare tensioni all’interno della
comunità, rendendola meno permeabile agli influssi politici e culturali esterni.
Un’organizzazione così perfettamente aderente alla gerarchia interna della fabbrica, dove gli
operai risultavano inquadrati e disciplinati dal lavoro sin dentro la sfera familiare, si avvicinava
idealmente alla condizione feudale, in cui il nobile locale instaurava con i propri sudditi un
ferreo rapporto di dipendenza personale.
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Il passaggio da un’economia contadina ad una caratterizzata dal lavoro in fabbrica
comportò un radicale cambiamento culturale che obbligò il lavoratore a confrontarsi con una
realtà produttiva completamente diversa da quella sperimentata nella comunità agricola di
provenienza. Da tale confronto nacquero forzatamente una serie di problemi e di squilibri: la
divisione del lavoro, i massacranti orari dei turni, la dura disciplina di fabbrica, i bassi salari
l’assenza di un’efficace legislazione del lavoro, contribuirono alla nascita della “questione
sociale”.
In Italia, dato il limitato sviluppo industriale, non si può parlare dell’esistenza di una vera e
propria classe operaia ma di una manodopera che resterà legata per lungo tempo alla figura
dell’operaio-contadino.
La dislocazione dei cotonifici, situati per lo più lontano dai grandi centri urbani per
questioni di carattere economico (in provincia il costo dei terreni edificabili era minore),
rispondeva anche alla necessità di poter reperire più facilmente una congrua quota di forza-
lavoro a buon mercato. A causa del misero stato delle campagne, le piccole comunità rurali dei
dintorni risultavano spesso sovrabbondanti di manodopera garantendo così all’imprenditore un
ricambio di personale pressoché illimitato. Ed è proprio la lunga permanenza nel mercato del
lavoro dell’operaio-contadino, pronto a dedicarsi appena possibile alla cura dei campi e restio a
staccarsi definitivamente dalla realtà agricola, a costituire un ostacolo alla formazione di un
moderno proletariato dotato di una coscienza di classe in grado di preservarlo efficacemente
dai tentativi di sfruttamento che coinvolgevano soprattutto le numerose donne e i fanciulli
impiegati nell’industria.
Alla luce di quanto è stato detto sino ad ora riguardo i progressi compiuti
dall’industrializzazione in Italia tra Otto e Novecento e dei mutamenti da essa provocati, si può
delineare un quadro d’insieme che prevede, da una parte una borghesia capitalistica in ascesa, e
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tramonto di questa potente famiglia di imprenditori di origine bustese.
Crespi d’Adda corrisponde pienamente alla tipologia dei villaggi industriali di cui è stata
tratteggiata l’evoluzione nelle pagine precedenti, presentando, a partire dal 1889, una precisa
fisionomia che si ispira ai criteri costruttivi dei villaggi inglesi lungamente studiati da Silvio
Crespi durante i suoi frequenti viaggi in Inghilterra da dove torna persuaso ad adottare un
nuovo atteggiamento imprenditoriale. Nascono così le case mono e bi-familiari al posto dei
precedenti palasoc pluripiano e le villette dirigenziali. Grazie all’opera di importanti architetti
lombardi come A. Mazzocutelli e E. Pirovano, il villaggio si dota di tutta una serie di strutture
indispensabili alla vita quotidiana e sociale ( lo spaccio, il lavatoio coperto, l’ambulatorio) e si
amplia, con il crescente successo degli affari, anche la fabbrica che arriva ad impiegare nel
1915 quasi 3.000 operai. Accanto a queste opere, frutto della liberalità dei Crespi, troviamo
situati rispettivamente all’ingresso, al centro e alla fine dell’abitato, il castello, dimora dei
proprietari, la chiesa e il mausoleo, segni tangibili del potere esercitato sui dipendenti. La villa-
castello, oltre ad essere la residenza più grande e lussuosa, sovrasta l’intera vallata grazie ad un
torrione che si eleva per cinquanta metri, rendendo chiara anche “fisicamente” la distanza che
la separa dalle modeste casette ordinatamente allineate ai suoi piedi. La chiesa, copia perfetta
in scala ridotta, dell’originale opera in stile bramantesco situata a Busto Arsizio, rappresenta il
centro di aggregazione religiosa della comunità tenuta a presenziare ogni domenica alle
funzioni del cappellano sotto il vigile sguardo dei proprietari. Anche il cimitero, che chiude il
perimetro del villaggio, non sfugge all’incombente prassi gerarchica, caratterizzato com’è dalla
presenza dell’enorme mausoleo di famiglia che proietta anche oltre la morte quel senso di
superiorità e riverenza di cui i Crespi pretendevano di essere gli unici depositari.
Appare chiaro allora come, al di là dei dichiarati intenti filantropici, ciò che emerge
realmente sotto la patina di un formale interclassismo sia un progetto complessivo di
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regolamentazione della vita sociale in ogni minimo particolare allo scopo di evitare la
formazione di una solidarietà rivendicativa. La realizzazione delle opere assistenziali
rispondeva perciò a delle finalità pratiche: alleviare i bisogni dei lavoratori significava renderli
più collaborativi, tranquilli e laboriosi. L’adozione a tal fine di una organica filosofia
paternalistica, peraltro già largamente sperimentata a Schio da un altro grande industriale
tessile come Alessandro Rossi, permetteva di conciliare egregiamente il profitto con le
esigenze di pace sociale. L’impegno profuso nell’edificare un’organizzazione così disciplinata
e ordinata, fa intravedere il tipo di rapporto che legava i Crespi alle loro proprietà.
L’atteggiamento psicologico predominante, tipico di una azienda a conduzione familiare,
consisteva in una profonda identificazione tra imprenditore e impresa. Tale concezione
patrimoniale, oltre a riflettersi sulla gestione effettiva degli stabilimenti (dalla politica di
mercato agli investimenti diretti ad ampliare la fabbrica, tutto era concentrato nelle mani del
proprietario), si estendeva anche agli abitanti del villaggio considerati alla stregua di fedeli
sudditi eternamente riconoscenti. Si comprendono allora la rabbia e lo stupore provati dai
proprietari nel 1920 da quello che la stampa locale definì “L’incidente di Capriate”, durante il
quale i Crespi, duramente contestati dalle associazioni sindacali cattoliche guidate da Romano
Cocchi, vennero inseguiti da una fitta sassaiola fin dentro le loro proprietà. In realtà tale
episodio non costituisce semplicemente un affronto al prestigio e all’orgoglio di una potente
famiglia di industriali, ma rappresenta simbolicamente anche la fine di una forma di
paternalismo che aveva garantito agli imprenditori la possibilità di muoversi liberamente senza
i vincoli della controparte. Ci si avvicinava alla fine di un’epoca: profondi mutamenti erano
avvenuti nella società civile con la fine della Grande Guerra e le nuove organizzazioni
sindacali reclamavano sempre maggior attenzione. Se l’avvento del fascismo sembrò
perpetuare in un primo momento i tradizionali rapporti di dipendenza, in realtà le istituzioni
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totalitarie del regime ambivano ad occupare tutti gli spazi disponibili non tollerando nessuna
concorrenza. All’antico paternalismo padronale si sostituì così un paternalismo più vasto che
coinvolse tutta la nazione.
Con il tramonto delle funzioni del villaggio operaio anche il gioiello di casa Crespi, la
fabbrica, su cui erano stati investiti praticamente tutti i guadagni, cominciò a declinare per una
serie di motivazioni congiunte, che vanno dalla crisi generale dell’industria cotoniera dovuta
alla sovrapproduzione, alla politica economica fascista che rivalutando la lira (quota 90),
penalizzò le esportazioni che tanta parte avevano nella bilancia commerciale dell’azienda. Alla
congiuntura economica sfavorevole vanno aggiunti poi errori imprenditoriali e speculazioni
sbagliate: l’acquisto di ingenti quantitativi di cotone greggio si tramutò infatti in un pesante
indebitamento nei confronti della Banca Commerciale a causa della caduta dei prezzi favorita
dal disastro economico del 1930.
Tra le ragioni che contribuirono alla decadenza dei Crespi non vanno poi dimenticate le
conseguenze di un cambio di mentalità che comportò l’adozione di un stile di vita e di
comportamenti di stampo aristocratico (partecipazione a ricevimenti mondani e a battute di
caccia in compagnia di nobili e gentiluomini) che distolsero precocemente l’ultima generazione
dei Crespi dalle proprie responsabilità imprenditoriali.
La resa definitiva per i Crespi arrivò nel 1930, quando oberati dai debiti e sull’orlo del
fallimento furono costretti a cedere alla Banca Commerciale (di cui tra l’atro Silvio era il
presidente dimissionario) tutte le proprietà, i palazzi di famiglia e lo stesso stabilimento che,
dopo alterne vicende, subirà una drastica ristrutturazione negli anni settanta ad opera dell’
”Addafilo”, una società del gruppo Legler, mentre il villaggio venne ceduto ai lavoratori nel
1972.1
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Il cotonificio, rimasto in funzione sino al 2003, venne acquistato nel 2013 dall’imprenditore Antonio Percassi.
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Silvio Crespi (1868-1944) che nel corso della sua vita aveva ricoperto le cariche di
senatore del Regno, ministro e presidente dell’Associazione Cotoniera, dopo aver tentato
inutilmente di ottenere da Mussolini un aiuto politico nella speranza di riacquistare il suo
“feudo”, si ridurrà a possedere una modesta latteria alla periferia di Milano, mentre il figlio
Benigno rileverà una altrettanto modesta impresa di nettezza urbana. La torre, marchio di
fabbrica dei Crespi e simbolo delle fortune della famiglia, era crollata per sempre trascinando
con sé l’intera dinastia.
Maurizio De Filippis
Bibliografia:
R. Romano, L’Industria cotoniera lombarda dall’Unità al 1914, BCI, 1992;
Id., I Crespi. Origini, fortuna e tramonto di una dinastia lombarda, Franco Angeli, 1985;
E. Quarenghi (a cura di), Crespi d’Adda. La fabbrica e il villaggio, Il filo d’Arianna, 1984;
Autori vari, Crespi d’Adda. Memorie di un’utopia;
http://www.crespidadda.it/