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SPECIALE
50  INSURANCE REVIEW, FEBBRAIO 2015
di LAURA SERVIDIO
Big data
SIAMO SOLO
ALL’INIZIO
LA STRADA VERSO QUESTA TECNOLOGIA
È ANCORA LUNGA. E RICHIEDE
UN RIPENSAMENTO DEI MODELLI DI BUSINESS
E DEI PROCESSI OPERATIVI, OLTRE CHE UNO
SFORZO ECONOMICO-FINANZIARIO IMPORTANTE.
UN AIUTO POTREBBE ARRIVARE DALL’AVVIO
DI PROGETTI PILOTA SU NUOVI SETTORI:
CON L’OTTICA DI SPERIMENTARE
La quantità di momenti in grado di produrre informazioni, nella nostra vita, si è note-
volmente accresciuta: basti pensare che ogni giorno manipoliamo il nostro cellulare
in media oltre 200 volte e che la nostra automobile, così come la nostra casa, pos-
sono generare dati 24 ore al giorno. Parliamo di big data ovvero di un’elevata mole
di informazioni strutturate e non strutturate in grado di supportare le attività e le
decisioni di business. Uno strumento di cui anche il settore assicurativo ha bisogno
per fare un salto di qualità ed essere più competitivo ed efficiente.
INSURANCE REVIEW, FEBBRAIO 2015  51
“I big data – conferma Carlo Alberto Carnevale Maffè,
docente di strategie aziendali Sda Bocconi – servono a
ridurre le asimmetrie informative e a indirizzare il moral
hazard, rendendo più competitivo ed efficiente il merca-
to assicurativo: solo le compagnie che utilizzeranno i big
data, sviluppando un percorso di apprendimento delle
abitudini del consumatore in grado di generare tariffe
ottimali sui diversi rischi, potranno sopravvivere”.
Un primordiale esempio di big data è rappresentato
dalla scatola nera, che determina il profilo di rischio e
quindi il prezzo di una polizza. Ma anche nel life, le in-
formazioni sulla vita intellettuale, spaziale e temporale
degli utenti (mezzo di trasporto utilizzato, tipo di ali-
mentazione, luogo di residenza, stili di vita ecc.), sono
fondamentali.
“Le imprese assicurative – avverte Carlalberto Crippa,
managing consultant di Capgemini Italia, Insurance
Practice – dovranno affrontare il tema dei big data non
solo da un punto di visto tecnologico, ma soprattutto or-
ganizzativo e di processo, sviluppando nuove competen-
ze e skill, anche in partnership con provider specializza-
ti, integrando in modo dinamico e tempestivo, la nuova
operatività con le informazioni generate attraverso i
flussi informativi e valorizzando al massimo i dati inter-
ni, già oggi disponibili sui sistemi transazionali e di Crm,
spesso non pienamente utilizzati, ma indispensabili per
interpretare al meglio i big data”.
IL RISCHIO DISCRIMINAZIONE
Naturalmente l’utilizzo di questa tecnologia comporta
una serie di problematiche “che – spiega Maffè – vanno
dalla tutela della privacy alla discriminazione, laddove le
assicurazioni, proprio utilizzando queste informazioni,
arrivano a negare la sottoscrizione di polizze, come già
avviene nel settore sanitario”.
Altro problema, quello economico: la gestione dei big
data richiede importanti investimenti in tecnologia, per
le fasi di raccolta, storage e analisi. “Le nostre assicu-
razioni – avverte il docente Sda Bocconi – sono anco-
ra focalizzate nella vendita di polizze standard, ovvero
commodity, che, per loro natura, non sono basate su
metadati specifici; viceversa, è necessario puntare su al-
goritmi assicurativi che utilizzano big data e analytics:
ma questo richiede grossi investimenti”. Che, tuttavia,
a livello globale, risultano in crescita, con un tasso an-
nuo del 18%, nettamente superiore al livello di crescita
dell’IT spending complessivo nell’industry assicurativa
(intorno al 5%).
IL PRICING: INDIVIDUALE E DINAMICO
L’applicazione dei big data avrà i suoi effetti più signifi-
cativi su tre aree principali: l’innovazione di pricing, la
gestione del sinistro (fraud detection e loss prevention)
e la customer relationship management. “Nel processo
di pricing – spiega Crippa – i big data possono consen-
tire una migliore profilazione del rischio, con benefici
200 VOLTE AL GIORNO
GENERANO DATI H24
SPECIALE
52  INSURANCE REVIEW, FEBBRAIO 2015
attesi superiori ai cinque punti percentuali di combined
ratio. In particolare, le logiche di prezzo stanno evolven-
do sulla base di tre fenomeni: dal concetto di gruppo e
collettività, al pricing per l’individuo (basato sul rischio
del singolo); dalla logica looking back, basata esclusiva-
mente su serie storiche e sulla sinistrosità passata, alla
logica looking forward, che utilizza l’analisi in tempo re-
ale dei comportamenti del cliente (con prodotti assicura-
tivi cosiddetti usage-based); da prezzi statici, definiti su
base annuale, a prezzi dinamici o in continuo, tarati su
periodicità molto più brevi e che considerano l’evolversi
del profilo di rischio dell’assicurato”.
Già nel prossimo biennio, la maggior parte dei proget-
ti di revisione del pricing prevedrà l’integrazione con
soluzioni di big data. “Alcuni esempi – conferma Crip-
pa – sono già realtà: in Nord America, una compagnia
ha inserito nell’assicurazione casa alcune variabili di
prezzo direttamente dipendenti dalla geolocalizzazione
di dettaglio dell’edificio (il rischio di furto è correlato al
livello di isolamento della casa, il rischio di atti vandalici
all’immediata vicinanza a luoghi di aggregazione not-
turna); e nella bancassicurazione sono state dimostrate
correlazioni tra livello di rischio delle polizze auto e i
comportamenti desumibili dai dati bancari del cliente:
ritardi nei pagamenti, esaurimento del massimale della
carte di credito o di debito.
OCCHIO ALLA FRODE
Nella gestione del sinistro, i big data possono essere ap-
plicati all’antifrode per migliorare la capacità di iden-
tificare tempestivamente sinistri fraudolenti, con un
beneficio atteso sul combined ratio di circa due punti
percentuali. “In ambito antifrode – spiega il responsa-
L
e principali fonti informative dei big data
nell’industry assicurativa arrivano dall’In-
ternet of Things (IoTs), ovvero i dati prove-
nienti da oggetti e da dispositivi wearable
(indossabili) che monitorano l’utilizzo e lo stato di
beni assicurati (come l’auto e la casa) e i comporta-
menti delle stesse persone; dai social media, attra-
verso le informazioni su network relazionali, stili di
vita e preferenze del cliente; e dal mobile, attraver-
so i dati di utilizzo e la geolocalizzazione.
Ne è convinto Carlalberto Crippa, managing con-
sultant di Capgemini Italia, Insurance Practice, se-
condo il quale, mentre i social media e il mobile
sono una realtà largamente diffusa e consolidata
in Italia, l’Internet of Things è un fenomeno in for-
te crescita: “dal punto di vista assicurativo, fino a
oggi, abbiamo osservato soprattutto la diffusione
delle scatole nere sulle autovetture (tre milioni di
veicoli circolanti in Italia); tuttavia, si stima che, nel
2020, ogni famiglia, nei mercati maturi, avrà oltre
500 connected things, di cui una quota rilevante
appartenente alla categoria dell’Internet of Hu-
mans (body sensor, wearable sensor)”.
INTERNET OF THINGS, UN NUOVO
UNIVERSO PER LE ASSICURAZIONI
©Trueffelpix-Fotolia.com
INSURANCE REVIEW, FEBBRAIO 2015  53
bile di Capgemini Italia – l’utilizzo dei big data fa rife-
rimento principalmente all’analisi in tempo reale delle
reti sociali, per identificare connessioni e relazioni tra
individui coinvolti, a differente titolo, in un sinistro e dei
dati sulla dinamica dell’evento, provenienti, ad esempio,
da applicazioni della telematica (scatole nere sui veicoli)
o da informazioni circa le condizioni meteo al momento
del sinistro (tramite banche dati esterne)”.
Infine, sui processi di customer relationship manage-
ment, è possibile ottimizzare la customer experience del
cliente e migliorare le performance di cross-selling e di
customer retention. “Qui le imprese assicurative – sot-
tolinea Crippa – dovranno saper reinterpretare l’espe-
rienza di successo di realtà come Amazon, sfruttando la
piena integrazione tra i canali digitali, i social media e le
reti distributive fisiche”.
UN RITARDO PERICOLOSO
Nonostante le enormi potenzialità di questa tecnologia,
ad oggi, sono pochi gli assicuratori in grado di utilizzarla
efficacemente. “Al di là dei grandi player di internet, che
possiedono gli skill tecnico-analitici più evoluti – rivela
Maffè – in campo assicurativo, a essere più avanti sono
le compagnie dirette, consapevoli del fatto che solo chi si
occupa di big data potrà competere con successo. L’uti-
lizzo di questa tecnologia incide, ancor prima e ancor di
più che sulla gestione dei sinistri, sulla scelta attuariale,
sull’analisi del rischio, sulla correlazione tra gli eventi e
sulla predisposizione al rischio. Tutto ciò è applicato al
cliente creando, non più la semplice polizza predefinita,
ma un vero e proprio algoritmo inserito in una propo-
sta contrattuale adattiva e in continuo mutamento, sulla
base della mappatura dell’assicurato. In particolare, sul
BIG DATA
VS
IT
TASSO DI CRESCITA ANNUO +5%
200
200
200
200
200
TASSO DI CRESCITA ANNUO +18%
©tashatuvango-Fotolia.com
SPECIALE
54  INSURANCE REVIEW, FEBBRAIO 2015
P
arlare di polizze precostituite è ormai ana-
cronistico: il presente e il futuro passano
per l’algoritmo, ovvero per la trasforma-
zione di tutti gli elementi in formato logi-
co, sensibile al contesto (context sensitive) e agli
eventi, con l’obiettivo di ridurre i rischi di moral
hazard. “I beni dell’assicurato non sono definiti ex
ante nel contratto – conferma Carlo Alberto Car-
nevale Maffè, docente strategie aziendali Sda Boc-
coni – ma tutelati in modo continuo e ottimale,
grazie al flusso informativo che arriva dall’utente
stesso: una casa cablata ha dei costi assicurativi
più razionali perché tarati sul comportamento del
suo utilizzatore; allo stesso modo, tracciare una
merce consente di calcolare su misura la polizza,
in base al percorso effettuato, con la possibilità di
aggiustamenti dinamici su franchigia e massimale.
Un esempio, sono le instant insurance, per i biglietti
aerei acquistati via web, che formulano proposte
assicurative istantaneee basate sul flusso informa-
tivo: se un utente ha una bassa propensione a can-
cellare i viaggi, la tariffa sulla polizza annullamento
viaggio sarà più bassa”.
Tutto questo presuppone il progressivo ricorso alle
neuroscienze. “Il futuro – commenta Maffè – è ca-
pire ex ante le probabili reazioni, non più su base
statistica, ma neurale: qui la maggior parte delle
assicurazioni è ancora al palo, ma iniziano ad affac-
ciarsi alcune start up che lavorano sulle reti neurali,
le neuroscienze, le scienze comportamentali e l’in-
telligenza artificiale”.
VERSO LA NEUROSCIENZA
sinistro, il discorso è lampante: la ricostruzione ha già
la sua storia, su cui il cliente non può barare e lo stesso
sinistro diventa parte integrante del processo di raccolta
dati”.
Generalmente, però, le nostre assicurazioni continuano
a considerare i dati alla stregua di moduli da compilare
e di statistiche da analizzare. “Bisogna smontare l’intero
sistema e mettere l’impresa al servizio del flusso infor-
mativo. Un esempio interessante – conclude Maffè – è
quello del car sharing, dove il modello assicurativo è sta-
to ripensato arrivando a produrre una tariffa omnicom-
prensiva di 25 centesimi al minuto, grazie all’applicazio-
ne della geolocalizzazione su massimali e franchigie. Il
consiglio, dunque, è quello di iniziare con progetti spe-
rimentali sugli slow big data, proponendo nuovi busi-
ness che nascano direttamente sui big data senza dover
cannibalizzare l’offerta esistente: la formula deve essere
quella del learning by doing”.
BIG DATA
MIGLIORE PROFILAZIONE
RISCHIO
BENEFICIO combined ratio 5%
BENEFICIO combined ratio 2%
MIGLIORE CAPACITÀ
IDENTIFICAZIONE
SINISTRI FRAUDOLENTI

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  • 1. SPECIALE 50  INSURANCE REVIEW, FEBBRAIO 2015 di LAURA SERVIDIO Big data SIAMO SOLO ALL’INIZIO LA STRADA VERSO QUESTA TECNOLOGIA È ANCORA LUNGA. E RICHIEDE UN RIPENSAMENTO DEI MODELLI DI BUSINESS E DEI PROCESSI OPERATIVI, OLTRE CHE UNO SFORZO ECONOMICO-FINANZIARIO IMPORTANTE. UN AIUTO POTREBBE ARRIVARE DALL’AVVIO DI PROGETTI PILOTA SU NUOVI SETTORI: CON L’OTTICA DI SPERIMENTARE La quantità di momenti in grado di produrre informazioni, nella nostra vita, si è note- volmente accresciuta: basti pensare che ogni giorno manipoliamo il nostro cellulare in media oltre 200 volte e che la nostra automobile, così come la nostra casa, pos- sono generare dati 24 ore al giorno. Parliamo di big data ovvero di un’elevata mole di informazioni strutturate e non strutturate in grado di supportare le attività e le decisioni di business. Uno strumento di cui anche il settore assicurativo ha bisogno per fare un salto di qualità ed essere più competitivo ed efficiente.
  • 2. INSURANCE REVIEW, FEBBRAIO 2015  51 “I big data – conferma Carlo Alberto Carnevale Maffè, docente di strategie aziendali Sda Bocconi – servono a ridurre le asimmetrie informative e a indirizzare il moral hazard, rendendo più competitivo ed efficiente il merca- to assicurativo: solo le compagnie che utilizzeranno i big data, sviluppando un percorso di apprendimento delle abitudini del consumatore in grado di generare tariffe ottimali sui diversi rischi, potranno sopravvivere”. Un primordiale esempio di big data è rappresentato dalla scatola nera, che determina il profilo di rischio e quindi il prezzo di una polizza. Ma anche nel life, le in- formazioni sulla vita intellettuale, spaziale e temporale degli utenti (mezzo di trasporto utilizzato, tipo di ali- mentazione, luogo di residenza, stili di vita ecc.), sono fondamentali. “Le imprese assicurative – avverte Carlalberto Crippa, managing consultant di Capgemini Italia, Insurance Practice – dovranno affrontare il tema dei big data non solo da un punto di visto tecnologico, ma soprattutto or- ganizzativo e di processo, sviluppando nuove competen- ze e skill, anche in partnership con provider specializza- ti, integrando in modo dinamico e tempestivo, la nuova operatività con le informazioni generate attraverso i flussi informativi e valorizzando al massimo i dati inter- ni, già oggi disponibili sui sistemi transazionali e di Crm, spesso non pienamente utilizzati, ma indispensabili per interpretare al meglio i big data”. IL RISCHIO DISCRIMINAZIONE Naturalmente l’utilizzo di questa tecnologia comporta una serie di problematiche “che – spiega Maffè – vanno dalla tutela della privacy alla discriminazione, laddove le assicurazioni, proprio utilizzando queste informazioni, arrivano a negare la sottoscrizione di polizze, come già avviene nel settore sanitario”. Altro problema, quello economico: la gestione dei big data richiede importanti investimenti in tecnologia, per le fasi di raccolta, storage e analisi. “Le nostre assicu- razioni – avverte il docente Sda Bocconi – sono anco- ra focalizzate nella vendita di polizze standard, ovvero commodity, che, per loro natura, non sono basate su metadati specifici; viceversa, è necessario puntare su al- goritmi assicurativi che utilizzano big data e analytics: ma questo richiede grossi investimenti”. Che, tuttavia, a livello globale, risultano in crescita, con un tasso an- nuo del 18%, nettamente superiore al livello di crescita dell’IT spending complessivo nell’industry assicurativa (intorno al 5%). IL PRICING: INDIVIDUALE E DINAMICO L’applicazione dei big data avrà i suoi effetti più signifi- cativi su tre aree principali: l’innovazione di pricing, la gestione del sinistro (fraud detection e loss prevention) e la customer relationship management. “Nel processo di pricing – spiega Crippa – i big data possono consen- tire una migliore profilazione del rischio, con benefici 200 VOLTE AL GIORNO GENERANO DATI H24
  • 3. SPECIALE 52  INSURANCE REVIEW, FEBBRAIO 2015 attesi superiori ai cinque punti percentuali di combined ratio. In particolare, le logiche di prezzo stanno evolven- do sulla base di tre fenomeni: dal concetto di gruppo e collettività, al pricing per l’individuo (basato sul rischio del singolo); dalla logica looking back, basata esclusiva- mente su serie storiche e sulla sinistrosità passata, alla logica looking forward, che utilizza l’analisi in tempo re- ale dei comportamenti del cliente (con prodotti assicura- tivi cosiddetti usage-based); da prezzi statici, definiti su base annuale, a prezzi dinamici o in continuo, tarati su periodicità molto più brevi e che considerano l’evolversi del profilo di rischio dell’assicurato”. Già nel prossimo biennio, la maggior parte dei proget- ti di revisione del pricing prevedrà l’integrazione con soluzioni di big data. “Alcuni esempi – conferma Crip- pa – sono già realtà: in Nord America, una compagnia ha inserito nell’assicurazione casa alcune variabili di prezzo direttamente dipendenti dalla geolocalizzazione di dettaglio dell’edificio (il rischio di furto è correlato al livello di isolamento della casa, il rischio di atti vandalici all’immediata vicinanza a luoghi di aggregazione not- turna); e nella bancassicurazione sono state dimostrate correlazioni tra livello di rischio delle polizze auto e i comportamenti desumibili dai dati bancari del cliente: ritardi nei pagamenti, esaurimento del massimale della carte di credito o di debito. OCCHIO ALLA FRODE Nella gestione del sinistro, i big data possono essere ap- plicati all’antifrode per migliorare la capacità di iden- tificare tempestivamente sinistri fraudolenti, con un beneficio atteso sul combined ratio di circa due punti percentuali. “In ambito antifrode – spiega il responsa- L e principali fonti informative dei big data nell’industry assicurativa arrivano dall’In- ternet of Things (IoTs), ovvero i dati prove- nienti da oggetti e da dispositivi wearable (indossabili) che monitorano l’utilizzo e lo stato di beni assicurati (come l’auto e la casa) e i comporta- menti delle stesse persone; dai social media, attra- verso le informazioni su network relazionali, stili di vita e preferenze del cliente; e dal mobile, attraver- so i dati di utilizzo e la geolocalizzazione. Ne è convinto Carlalberto Crippa, managing con- sultant di Capgemini Italia, Insurance Practice, se- condo il quale, mentre i social media e il mobile sono una realtà largamente diffusa e consolidata in Italia, l’Internet of Things è un fenomeno in for- te crescita: “dal punto di vista assicurativo, fino a oggi, abbiamo osservato soprattutto la diffusione delle scatole nere sulle autovetture (tre milioni di veicoli circolanti in Italia); tuttavia, si stima che, nel 2020, ogni famiglia, nei mercati maturi, avrà oltre 500 connected things, di cui una quota rilevante appartenente alla categoria dell’Internet of Hu- mans (body sensor, wearable sensor)”. INTERNET OF THINGS, UN NUOVO UNIVERSO PER LE ASSICURAZIONI ©Trueffelpix-Fotolia.com
  • 4. INSURANCE REVIEW, FEBBRAIO 2015  53 bile di Capgemini Italia – l’utilizzo dei big data fa rife- rimento principalmente all’analisi in tempo reale delle reti sociali, per identificare connessioni e relazioni tra individui coinvolti, a differente titolo, in un sinistro e dei dati sulla dinamica dell’evento, provenienti, ad esempio, da applicazioni della telematica (scatole nere sui veicoli) o da informazioni circa le condizioni meteo al momento del sinistro (tramite banche dati esterne)”. Infine, sui processi di customer relationship manage- ment, è possibile ottimizzare la customer experience del cliente e migliorare le performance di cross-selling e di customer retention. “Qui le imprese assicurative – sot- tolinea Crippa – dovranno saper reinterpretare l’espe- rienza di successo di realtà come Amazon, sfruttando la piena integrazione tra i canali digitali, i social media e le reti distributive fisiche”. UN RITARDO PERICOLOSO Nonostante le enormi potenzialità di questa tecnologia, ad oggi, sono pochi gli assicuratori in grado di utilizzarla efficacemente. “Al di là dei grandi player di internet, che possiedono gli skill tecnico-analitici più evoluti – rivela Maffè – in campo assicurativo, a essere più avanti sono le compagnie dirette, consapevoli del fatto che solo chi si occupa di big data potrà competere con successo. L’uti- lizzo di questa tecnologia incide, ancor prima e ancor di più che sulla gestione dei sinistri, sulla scelta attuariale, sull’analisi del rischio, sulla correlazione tra gli eventi e sulla predisposizione al rischio. Tutto ciò è applicato al cliente creando, non più la semplice polizza predefinita, ma un vero e proprio algoritmo inserito in una propo- sta contrattuale adattiva e in continuo mutamento, sulla base della mappatura dell’assicurato. In particolare, sul BIG DATA VS IT TASSO DI CRESCITA ANNUO +5% 200 200 200 200 200 TASSO DI CRESCITA ANNUO +18% ©tashatuvango-Fotolia.com
  • 5. SPECIALE 54  INSURANCE REVIEW, FEBBRAIO 2015 P arlare di polizze precostituite è ormai ana- cronistico: il presente e il futuro passano per l’algoritmo, ovvero per la trasforma- zione di tutti gli elementi in formato logi- co, sensibile al contesto (context sensitive) e agli eventi, con l’obiettivo di ridurre i rischi di moral hazard. “I beni dell’assicurato non sono definiti ex ante nel contratto – conferma Carlo Alberto Car- nevale Maffè, docente strategie aziendali Sda Boc- coni – ma tutelati in modo continuo e ottimale, grazie al flusso informativo che arriva dall’utente stesso: una casa cablata ha dei costi assicurativi più razionali perché tarati sul comportamento del suo utilizzatore; allo stesso modo, tracciare una merce consente di calcolare su misura la polizza, in base al percorso effettuato, con la possibilità di aggiustamenti dinamici su franchigia e massimale. Un esempio, sono le instant insurance, per i biglietti aerei acquistati via web, che formulano proposte assicurative istantaneee basate sul flusso informa- tivo: se un utente ha una bassa propensione a can- cellare i viaggi, la tariffa sulla polizza annullamento viaggio sarà più bassa”. Tutto questo presuppone il progressivo ricorso alle neuroscienze. “Il futuro – commenta Maffè – è ca- pire ex ante le probabili reazioni, non più su base statistica, ma neurale: qui la maggior parte delle assicurazioni è ancora al palo, ma iniziano ad affac- ciarsi alcune start up che lavorano sulle reti neurali, le neuroscienze, le scienze comportamentali e l’in- telligenza artificiale”. VERSO LA NEUROSCIENZA sinistro, il discorso è lampante: la ricostruzione ha già la sua storia, su cui il cliente non può barare e lo stesso sinistro diventa parte integrante del processo di raccolta dati”. Generalmente, però, le nostre assicurazioni continuano a considerare i dati alla stregua di moduli da compilare e di statistiche da analizzare. “Bisogna smontare l’intero sistema e mettere l’impresa al servizio del flusso infor- mativo. Un esempio interessante – conclude Maffè – è quello del car sharing, dove il modello assicurativo è sta- to ripensato arrivando a produrre una tariffa omnicom- prensiva di 25 centesimi al minuto, grazie all’applicazio- ne della geolocalizzazione su massimali e franchigie. Il consiglio, dunque, è quello di iniziare con progetti spe- rimentali sugli slow big data, proponendo nuovi busi- ness che nascano direttamente sui big data senza dover cannibalizzare l’offerta esistente: la formula deve essere quella del learning by doing”. BIG DATA MIGLIORE PROFILAZIONE RISCHIO BENEFICIO combined ratio 5% BENEFICIO combined ratio 2% MIGLIORE CAPACITÀ IDENTIFICAZIONE SINISTRI FRAUDOLENTI