La ricerca di vita nell’universo richiede dei metodi per identificare e caratterizzare i pianeti abitabili attorno ad altre stelle.
Il concetto di zona abitabile intorno a una stella rappresenta il procedimento più facile per identificare i pianeti abitabili.
ATTENZIONE: "abitabile" non significa "abitato"
La classificazione permette non solo di capire quali osservazioni possono essere prioritarie rispetto ad altre, ma anche di confrontare i risultati fra loro.
Vi sono alcune domande fondamentali a cui vorremmo un giorno poter rispondere: siamo soli nell’universo? Ci sono altre forme di vita, eventualmente intelligenti, su altri mondi? E’ possibile, o sarà mai possibile, entrare in contatto con esse?
Nel corso dei millenni queste domande hanno affascinato grandi pensatori, filosofi, mistici e uomini di scienza. Gli strumenti adottati per cercare risposte erano la pura speculazione e l’immaginazione. In mancanza di dati certi, la soluzione non poteva che dipendere dal modo di pensare di chi si poneva la questione. Così, accanto ad Epicuro e Giordano Bruno, convinti dell’esistenza di altri mondi abitati da esseri simili a noi, altri come Aristotele negavano tale possibilità.
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Galassie, sfera celeste, costellazioni, luce, spettroscopia e leggi del corpo...Roberto Gregoratti
Powerpoint su sfera celeste sistema solare, galassie, costellazioni, luce, spettri, coordinate astronomiche, spettroscopia, spettri e leggi del corpo nero
A eccezione della Terra, tutti i pianeti e i satelliti del Sistema Solare hanno grosse limitazioni per la vita come noi la conosciamo.
Nel nostro Sistema Solare, Europa, Marte e Titano possono avere (o avere avuto in passato) condizioni adatte alla vita.
Oltre che dal telescopio, la capacità di produrre dati scientifici dipende naturalmente dalla strumentazione che analizza la luce raccolta dagli specchi. Il Telescopio Nazionale Galileo (TNG) è attualmente dotato di quattro strumenti che operano permanentemente nei suoi fuochi (Nasmyth A e Nasmyth B) e offre una grande varietà di modi osservativi: dalla fotometria su larga banda alla spettroscopia ad alta risoluzione, su lunghezze d’onda che vanno dall’ottico all’infrarosso.
Cercare pianeti extrasolari attorno a una stella diversa dal Sole è come pensare di individuare un granellino di sabbia di fronte a un’arancia a migliaia di chilometri di distanza. I pianeti, infatti, sono piccoli, poco luminosi e riflettono la luce della loro stella.
Vi sono diversi metodi per rilevare esopianeti, alcuni dei quali diretti (Parte 1) nel senso che si può riuscire a isolare il segnale proveniente dal pianeta stesso. Altri metodi invece si dicono indiretti (Parte 2) che permettono , cioè di rilevare la presenza di esopianeti dall'effetto che essi hanno sulla stella ospite.
HARPS-N è il cacciatore di pianeti extrasolari montato al Telescopio Nazionale Galileo (TNG) nelle Isole Canarie.
E' il gemello dello spettrografo HARPS montato oltre una decina di anni fa al Telescopio di La Silla, dell'ESO, in Cile.
HARPS-N è uno strumento di altissima precisione in grado di misurare la velocità radiale di una stella, ossia la proiezione della velocità della stella lungo la nostra linea di osservazione, dell'ordine di 1 m/s. Questo equivale a scoprire pianeti delle dimensioni della nostra Terra attorno a stelle di tipo solare.
Galassie, sfera celeste, costellazioni, luce, spettroscopia e leggi del corpo...Roberto Gregoratti
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A eccezione della Terra, tutti i pianeti e i satelliti del Sistema Solare hanno grosse limitazioni per la vita come noi la conosciamo.
Nel nostro Sistema Solare, Europa, Marte e Titano possono avere (o avere avuto in passato) condizioni adatte alla vita.
Oltre che dal telescopio, la capacità di produrre dati scientifici dipende naturalmente dalla strumentazione che analizza la luce raccolta dagli specchi. Il Telescopio Nazionale Galileo (TNG) è attualmente dotato di quattro strumenti che operano permanentemente nei suoi fuochi (Nasmyth A e Nasmyth B) e offre una grande varietà di modi osservativi: dalla fotometria su larga banda alla spettroscopia ad alta risoluzione, su lunghezze d’onda che vanno dall’ottico all’infrarosso.
Cercare pianeti extrasolari attorno a una stella diversa dal Sole è come pensare di individuare un granellino di sabbia di fronte a un’arancia a migliaia di chilometri di distanza. I pianeti, infatti, sono piccoli, poco luminosi e riflettono la luce della loro stella.
Vi sono diversi metodi per rilevare esopianeti, alcuni dei quali diretti (Parte 1) nel senso che si può riuscire a isolare il segnale proveniente dal pianeta stesso. Altri metodi invece si dicono indiretti (Parte 2) che permettono , cioè di rilevare la presenza di esopianeti dall'effetto che essi hanno sulla stella ospite.
HARPS-N è il cacciatore di pianeti extrasolari montato al Telescopio Nazionale Galileo (TNG) nelle Isole Canarie.
E' il gemello dello spettrografo HARPS montato oltre una decina di anni fa al Telescopio di La Silla, dell'ESO, in Cile.
HARPS-N è uno strumento di altissima precisione in grado di misurare la velocità radiale di una stella, ossia la proiezione della velocità della stella lungo la nostra linea di osservazione, dell'ordine di 1 m/s. Questo equivale a scoprire pianeti delle dimensioni della nostra Terra attorno a stelle di tipo solare.
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2. IL SISTEMA SOLARE Il Sistema Solare e' un insieme di corpi celesti in rotazione attorno al Sole. Ne fanno parte, oltre al Sole stesso, 8 pianeti, 61 satelliti, alcune migliaia di asteroidi , ed un numero imprecisato di comete . Partendo dal Sole, troviamo per primi i pianeti interni, Mercurio e Venere , poi la Terra e infine i pianeti esterni: Marte , Giove , Saturno , Urano , Nettuno . Plutone , p recedentemente considerato un pianeta vero e proprio, il 24 agosto 2006 è stato declassato a pianeta nano dall' Unione Astronomica Internazionale , ricevendo il nome di 134340 Pluto . In virtù dei suoi parametri orbitali, Plutone è anche considerato un classico esempio di oggetto trans-nettuniano . Tra l'orbita di Marte e quella di Giove c'e' la fascia degli asteroidi .
3. Dal punto di vista dinamico, il Sistema Solare e' un insieme molto complesso e particolare. Tutti i pianeti ruotano nello stesso verso, cioè in senso antiorario rispetto ad un ipotetico osservatore posto sul polo nord del Sole. Le loro orbite giacciono quasi tutte sullo stesso piano, cioè sono inclinate al massimo di 2,5 gradi rispetto al piano dell‘ eclittica , ad eccezione di quella di Mercurio (7 gradi) . Le orbite sono pressochè circolari, tranne quella di Mercurio che ha un‘ eccentricità di 0.20. Orbite dei pianeti interni
4. L'estensione totale del Sistema Solare e' di circa 6 miliardi di Km, pari a 39,3 U.A. I corpi del Sistema Solare occupano in realtà un volume molto piccolo rispetto alle dimensioni complessive. Il Sistema Solare e' quindi praticamente "vuoto": se il Sole fosse una sfera del diametro di un metro, la Terra avrebbe le dimensioni di un pisello e sarebbe posta a 108 metri di distanza da esso e Giove avrebbe le dimensioni di un'arancia posta a 550 metri. orbite dei pianeti esterni
5. I PIANETI DEL SISTEMA SOLARE Le caratteristiche che distinguono i vari pianeti sono quelle fisiche e quelle relative al loro moto di rivoluzione attorno al Sole e di rotazione attorno al proprio asse. Le caratteristiche fisiche sono: dimensioni, massa, densita' media; intensita' di un eventuale campo magnetico; composizione chimica; presenza e composizione dell'atmosfera. Quelle relative al moto sono: le dimensioni dell'orbita, l‘eccentricità, l'inclinazione del piano orbitale e dell'asse di rotazione rispetto al piano dell' eclittica , il periodo orbitale e il periodo di rotazione. Infine, i vari pianeti si distinguono per l'eventuale presenza ed il numero di satelliti
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7. Pianeti rocciosi o tellurici I pianeti rocciosi hanno dimensioni relativamente modeste (meno di 15.000 Km di diametro) e densità abbastanza alte (da 3 a 5, dove 1 e' la densità dell'acqua). Essi sono composti di un nucleo ferroso circondato da un mantello basaltico. Rispetto ai pianeti giganti, il loro moto di rivoluzione e' più veloce e la loro rotazione e' più lenta. I pianeti rocciosi sono piuttosto diversi tra loro per quanto riguarda l'atmosfera (quando presente), la superficie del suolo, il campo magnetico e i parametri orbitali, in contrasto con la relativa uniformità dei pianeti giganti.
8. Pianeti giganti I pianeti giganti devono il loro nome alle notevoli dimensioni (hanno diametri maggiori di 50.000 Km). Essi hanno densità prossime ad 1 e si dividono a loro volta in pianeti gassosi (Giove e Saturno) e pianeti di ghiaccio (Urano e Nettuno). I pianeti gassosi sono composti da un nucleo roccioso circondato da un mantello liquido, a sua volta ricoperto da uno spesso strato di gas. I pianeti di ghiaccio sono composti invece da un nucleo di roccia, ricoperto da uno strato do ghiaccio, il tutto circondato da un'atmosfera. I periodi di rivoluzione dei pianeti giganti sono molto più lunghi rispetto a quelli dei pianeti tellurici, e vano da circa 12 anni (Giove) a quasi 165 (Nettuno). Viceversa essi ruotano più rapidamente dei pianeti rocciosi: ne deriva una notevole forza centrifuga all'equatore, e quindi una forma più schiacciata.
9. Giove, Saturno e Urano possiedono inoltre un insieme di anelli composti da polvere e frammenti di roccia e ghiaccio di varie dimensioni. Infine, tutti i pianeti giganti possiedono un gran numero di satelliti, mentre quelli rocciosi ne hanno al massimo due. Giove e Saturno hanno la particolarità di emettere 2 volte e mezzo più energia di quanta non ne ricevano dal Sole. Questa energia deriva loro da una lenta contrazione gravitazionale, che riscalda il loro nucleo. Inoltre nella loro atmosfera il rapporto idrogeno-elio e' molto simile a quello solare; questo fa pensare che i due pianeti siano in realtà due "stelle mancate": se fossero più massicci, la pressione e la temperatura del gas al loro interno sarebbero sufficienti ad innescare le reazioni termonucleari e a farli diventare stelle.
10. CORPI MINORI Oltre ai pianeti ci sono una miriade di corpi minori nel Sistema Solare, essenzialmente suddivisi in tre calssi. 1 - Gli asteroidi sono piccoli oggetti rocciosi delle dimensioni comprese tra pochi cm e 1.000 Km. Essi orbitano a migliaia in una fascia compresa tra le orbite di Marte e di Giove. L'asteroide Gaspra fotografato dalla navicella Galileo (NASA/JPL)
11. 2 - Le comete sono corpi celesti che ruotano a grande distanza dal Sole, lungo orbite molto eccentriche. Esse sono sostanzialmente costituite da un aggregato di roccia e ghiaccio di dimensioni minori di 10 Km. Il loro aspetto caratteristico e' dovuto al fatto che, quando passano vicino al Sole, la superficie del loro nucleo di ghiaccio vaporizza a causa dell'elevata temperatura. Il gas che si produce forma così un alone diffuso, quasi sferico, detto chioma. La radiazione del Sole e il vento solare esercitano su questo gas una pressione. Essa deforma la chioma spingendo il gas in direzione opposta al Sole e dando origine alla caratteristica coda, una striscia di gas lunga decine o anche centinaia di milioni di chilometri. La cometa West durante il suo passaggio nelle vicinanze del Sole, nel 1976. (John Labord)
12. 3 - Le meteoriti sono i resti di corpi solidi, metallici o pietrosi, penetrati nell'atmosfera terrestre ad alte velocità. L'attrito con l'atmosfera fa sì che essi si riscaldino e si disgreghino: i più piccoli vengono ridotti in polvere, mentre i più grandi non vengono distrutti completamente e possono raggiungere il suolo. Una metorite condritica ritrovata in Antartide (NASA/JPL)
13. Origini del sistema solare Una questione che ha interessato molti studiosi del passato, tra i quali Cartesio, Kant e Laplace, e' quella dell'origine del Sistema Solare. La teoria più accreditata nei secoli scorsi era quella della "nebulosa primordiale", cioè di un'immensa nube di gas e polvere in rotazione dalla quale si sarebbero formati il sole e i pianeti, mantenendo lo stesso moto di rotazione della nube. Questo scenario e' attualmente considerato il più plausibile.
14. Altre teorie ipotizzano la formazione dei pianeti in seguito ad un evento catastrofico, come la collisione tra il sole e un'altra stella o una cometa e il successivo distacco di materiale dal sole, dal quale si sarebbero poi formati i pianeti. Tuttavia la probabilità di un tale scontro e' estremamente bassa, cioè pari a circa uno ogni 10 miliardi di anni, data l'enorme distanza tra le stelle nei dintorni del Sole. Storicamente le principali idee relative alla genesi e formazione del sistema solare si basarono su: - i modelli di turbolenza - la teoria nebulare - la teoria mareale - le teorie di accrescimento
15. I modelli basati sulla "turbolenza“ Renè Descartes (1596-1650) fu il primo che cercò di dare una spiegazione scientifica dell'esistenza del Sistema Solare e che per primo introdusse l'idea di evoluzione. Nella sua opera Teoria dei vortici , pubblicata nel 1644, Descartes avanza l'ipotesi che l'universo sia costituito da materia ed etere e sia pieno di vortici di diverse dimensioni. Non è però chiaro il meccanismo fisico tramite il quale dai "vortici" si siano poi prodotti i pianeti. Infatti il modello è soltanto qualitativo ed una delle maggiori obiezioni che gli si può rivolgere riguarda il fatto che non favorisce la formazione dei pianeti sul piano dell'eclittica. Venne abbandonato dopo la scoperta delle leggi della gravità di Newton. Il concetto di turbolenza fu però ripreso e riconsiderato da numerosi autori nel XX secolo
16. La teoria "nebulare" di Laplace e Kant L'idea di una nebulosa primitiva da cui si formarono sia il Sole che i pianeti fu proposta da Kant (1724-1804) e Laplace (1749-1827). Secondo Laplace la nebulosa si contrae per effetto della gravitazione e la sua velocità rotazionale cresce sino a quando non collassa in un disco. In seguito gli anelli di gas, che così si formano, sono rimodellati e vanno a condensarsi in strutture che portano alla formazione dei pianeti e dei loro satelliti. Questo modello ha il merito di spiegare tutti i fenomeni, relativi al Sistema Solare, noti nel XVIII secolo ed in particolare quelli riferiti ai moti dei pianeti.
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19. La teoria mareale Secondo l'ipotesi che il materiale utilizzato nella formazione del Sistema Solare era invece stato espulso dal Sole l'unica possibilità di "estrarre" materiale dal Sole può avvenire tramite una azione mareale dovuta ad un incontro ravvicinato con un altro corpo celeste. Dapprima si pensò che le comete fossero in grado di produrre questa forza di marea ma poi si scoprì che erano oggetti molto piccoli e che quindi non avevano alcuna possibilità di produrre sul Sole effetti così devastanti. Rimaneva allora solo la possibilità di un incontro con un'altra stella ma un tale evento appare, date le enormi distanze tra le stelle, talmente improbabile da rendere questo secondo meccanismo poco plausibile.
20. La teoria mareale venne sviluppata, come teoria catastrofica di formazione del Sistema Solare dal naturalista Buffon (1707-1788). Essa afferma che la sua formazione avvenne a causa di una "estrazione" di materiale dal Sole in seguito ad una collisione, o ad un passaggio ravvicinato, con una cometa avvenuto circa 70.000 anni fa. Bisogna ricordare che a quei tempi la natura delle comete era completamente sconosciuta e che non si avevano criteri attendibili per una stima delle età dei corpi celesti. Bickerton nel 1880 e Chamberlain nel 1901 sostituirono la cometa con una stella rendendo più accettabile, dal punto di vista fisico, l'intensità della forza mareale. Secondo questo meccanismo la stella avvicinandosi al Sole avrebbe strappato parte del suo materiale producendo filamenti con elevato momento angolare che poi si sarebbero condensati sul piano dell'eclittica. Rimane però difficile spiegare con questo meccanismo la formazione dei pianeti giganti esterni anche se vengono risolte due delle maggiori obiezioni relative al modello di Kant e Laplace: - il problema del momento angolare - e la diversa composizione chimica dei pianeti rispetto al Sole.
21. Le teorie di accrescimento Le teorie di accrescimento si basano invece sulla possibilità che il Sole sia riuscito a "catturare" del materiale interstellare. Per escludere che questo materiale a sua volta collassi nel Sole è necessario presupporre una azione stabilizzante dovuta ad una stella vicina. Secondo Schmidt la presenza di un'altra stella potrebbe aver permesso la coalescenza del gas e delle polveri in modo da formare i pianeti. Un'altra possibilità invece sostiene che il Sole abbia incontrato, nel suo moto lungo il piano delle Galassia, due distinte nebulose: - una consistente di polveri da cui sono nati i pianeti interni - ed una di gas, principalmente idrogeno, che ha prodotto i pianeti esterni. La maggiore obiezione a queste teorie è legata al fatto che le collisioni tra le particelle avrebbero portato ad una dispersione delle stesse salvo il caso in cui fossero confinate lungo strutture ad anello simili a quelle dei pianeti giganti. In questo modo si potrebbero produrre corpi simili ai satelliti dei pianeti ma non pianeti veri e propri!
22. Le teorie moderne Lo scenario della formazione del Sistema Solare, come pure di eventuali altri sistemi planetari, oggi si ritiene possa essere il seguente: una nube fredda molto estesa di gas interstellare, composta di idrogeno, elio, e una piccola parte di elementi pesanti aggregati in forma di polveri, si contrae per effetto della propria forza gravitazionale. Il meccanismo di contrazione può essere spontaneo, oppure stimolato dal passaggio di un'onda d'urto, per esempio dovuta all'esplosione di una supernova, attraverso la nube. Durante questa contrazione, che dura diversi milioni di anni, la nube comincia a ruotare sempre più velocemente e assume, a causa della forza centrifuga, la forma appiattita di un disco, con un diametro di circa 10 miliardi di chilometri ed uno spessore di circa 100 milioni di chilometri. Nel centro della nube si accumula una grande quantità di gas e la contrazione gravitazionale lo riscalda da una temperatura di circa -270°C fino a circa 2000 °C: si e' formato un protosole .
23. Il gas che ruota attorno al protosole forma un disco di accrescimento e vi cade sopra lentamente, fino a quando, dopo poche migliaia di anni, si innesca il vento solare, cioè un flusso di gas dal protosole verso l'esterno, che trasferisce parte del momento angolare di quest'ultimo al gas del disco. Nel frattempo, il calore e la radiazione sprigionati dal protosole e il flusso di gas che esso emette vaporizzano i grani di polvere nella nube. Il protosole, accrescendo gas, comincia la sua evoluzione nella stella sole. Il disco comincia a raffreddarsi irraggiando energia. A seconda della quantità e della distribuzione del gas, esso può essere gravitazionalmente stabile, oppure essere instabile e formare una protostella o più. In questo modo si crea un sistema di stelle doppio o multiplo. Abbastanza lontano dalla stella, il gas si e' raffreddato abbastanza affinche' parte del gas si ricondensi in polvere e ghiaccio; le particelle di polvere si aggregano per collisione fino a formare piccoli pezzi di roccia detti planetesimi.
24. Dall'unione dei planetesimi si originano i protopianeti. La massima dimensione che essi possono raggiungere dipende dalla loro distanza dalla stella e dalla composizione e densità della nube primordiale: nelle regioni più interne essa sarà molto minore che in quelle esterne, perchè la protostella tende a disgregare e vaporizzare le polveri. I Pianeti Giganti I Pianeti Tellurici La differenza di dimensioni tra i pianeti tellurici e quelli giganti testimonia la validità di questo scenario. La formazione dei protopianeti può richiedere da circa centomila anni ad una ventina di milioni di anni.
25. A questo punto, la stella sole comincia ad emettere un forte vento che spazza via il gas residuo del disco. Se un protopianeta e' abbastanza massiccio da trattenerne una parte con la propria gravità, si formerà un pianeta gassoso, altrimenti verrà spogliato del gas e darà origine ad un pianeta roccioso. E’ logico che i pianeti più vicini alla stella, essendo anche i più piccoli, appartengano a questa seconda categoria. L'evoluzione successiva del sistema planetario e' regolata dagli impatti tra i corpi che lo compongono. Gli impatti di meteoriti e planetesimi sui protopianeti e sui satelliti che vi ruotano attorno producono crateri sulla loro superficie, di molti dei quali ancora rimangono le tracce. Quando sono particolarmente violenti, gli impatti possono addirittura deviare i corpi dalla loro orbita originaria. Questa fase e' stata attraversata dal nostro Sistema Solare da 4 a 4.5 miliardi di anni fa.
26. Dopo qualche decina di milioni di anni, gli ultimi planetesimi ancora presenti si saranno disgregati per collisione e il sistema di stella e pianeti potrà essere diventato dinamicamente stabile, formando un sistema planetario. Dalla contrazione iniziale della protonube a questo momento sono trascorsi all'incirca 100 milioni di anni. Per quanto riguarda il nostro Sistema Solare, varie evidenze di tipo chimico e geologico fanno risalire la sua formazione a circa 4.7 miliardi di anni fa.