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Cineforum Novembre 2011                                                                                                            Cineforum Novembre 2011
                                                                                        Il teatro a cinema, il cinema a teatro                                                                                             Il teatro a cinema, il cinema a teatro




Il Rito                                                                                                                          Queste sono le pietre miliari dell'arte bergmaniana. Altre volte il regista ritroverà il gusto
                                                                                                                                 sperimentale e il furore narrativo dei momenti migliori, in Scene da un matrimonio
Censura e moralità nell’arte
                                                                                                                                 (1972), Sinfonia d'autunno (1977), Fanny e Alexander (1981), ma nulla di decisivo
 Titolo originale         Riten                                                                                                  aggiungerà al corpus dell'opera. Dal 1976 al '78 si esilierà volontariamente dal suo paese
 Paese                    Svezia                                                                                                 perché accusato di frode fiscale.
 Anno                     1969
 Durata                   72 min                                                                                                 Analisi del film (Wikipedia)
 Genere                   Drammatico                                                                                             Il film è diviso in nove scene girate in bianco e nero e solamente in interni.
 Regia, Soggetto,                                                                                                                      I.    Una stanza per gli interrogatori: Il fascicolo che il giudice Abrahmsson sta esaminando riguarda un'accusa di
                          Ingmar Bergman                                                                                                     oscenità fatta nei confronti di tre attori comici chiamati "Les riens" ( "I niente") e porta la data del 13 marzo
 Sceneggiatura
 Interpreti e                   Ingrid Thulin: Thea                                                                                          1968, informando così gli spettatori che la vicenda è contemporanea al film che si sta girando. Il giudice fa
 personaggi                     Anders Ek: Sebastian Fischer                                                                                 chiamare il capocomico Hans Winkelmann, la moglie Thea von Ritt e l'amante Sebastian Fischer che accoglie
                                G. Bjornstrand: Hans Winkelmann                                                                              con cordialità. Prima di iniziare le domande offre loro da bere mentre in lontananza si odono rumori di tuoni
                                Erik Hell: giudice                                                                                           che annunciano l'arrivo di un temporale.
                                Ingmar Bergman: sacerdote                                                                              II. Una camera d'albergo: Thea e Sebastian hanno dormito insieme e al risveglio iniziano a discutere e Thea fa
                                                                                                                                             scene di gelosia, ma poi si baciano e si accarezzano. Si sente bussare alla porta, ma loro non vanno ad aprire e
                                                                                                                                             rimangono a raccontarsi i loro sogni. Thea dice a Sebastian che non riesce a soddisfarla sessualmente e lui
Il film (Dizionario del cinema Morandini)
                                                                                                                                             fantastica di dar fuoco al letto con i fiammiferi.
Tre attori d'avanguardia – un uomo, la moglie, il suo amante – finiscono davanti a un giudice-censore per uno
                                                                                                                                       III. Una stanza per gli interrogatori: Sebastian viene interrogato dal giudice che gli pone davanti i suoi cattivi
spettacolo accusato di oscenità. Il giudice fa replicare la scena incriminata, si eccita, muore d'infarto. In un linguaggio
                                                                                                                                             precedenti ma Sebastian lo insulta accusandolo di essere sporco, di emanare cattivo odore e soprattutto di
estremamente coinvolgente, da psicodramma, è una tesa e angosciosa interrogazione sull'arte e sulla morale comune
                                                                                                                                             essere falso. Alla fine si vanta di essere ateo e di non aver timore di nessuno.
con qualche passaggio enigmatico. È un esempio estremo di cinema a porte chiuse, un esercizio per cinepresa e 4
                                                                                                                                       IV. Un confessionale: Si vede il giudice che entra in un confessionale e dice al prete che non vuole confessarsi ma
attori. Straordinari. Realizzato per la TV svedese fu messo in onda nel 1969.
                                                                                                                                             che ha bisogno di parlare con qualcuno perché il suo cuore è pieno di angoscia anche se c'è ancora un po' di
                                                                                                                                             speranza. Si ode intanto venire da lontano il suono di una campana e il giudice è assalito da paurosi ricordi
Ingmar Bergman (Fernaldo di Giammatteo – Dizionario del cinema. Cento grandi registi)
                                                                                                                                             dell'infanzia.
Figlio di un pastore luterano, vive un'infanzia di tensioni familiari. Si laurea in lettere con una tesi su Strindberg, si
                                                                                                                                       V. Una stanza per gli interrogatori: Hans, interrogato dal giudice, esterna la sua amarezza per lo squallido
dedica al teatro, è cacciato di casa dal padre per la relazione con un'attrice. Le esperienze teatrali s'intensificano,
                                                                                                                                             rapporto a tre e gli chiede, cercando di corromperlo, di dispensare la donna dall'interrogatorio vista la sua
mentre anche il cinema gli apre le porte, dapprima come sceneggiatore e poi come regista. Di modesto peso gli inizi,
                                                                                                                                             labilità psichica. Viene rimproverato aspramente dal giudice.
frutto della consolidata tradizione psicologistica del cinema svedese. Qualche interesse destano Un'estate d'amore
                                                                                                                                       VI. Camerino di un teatro di varietà: Appare Thea, vestita da clown, che beve terrorizzata per l'interrogatorio che
(1951), melanconica storia giovanile, e Donne in attesa (1952), quattro singolari ritratti femminili, ma è soltanto con il
                                                                                                                                             deve subire mentre Hans la consola.
drammatico Una vampata d'amore (1953) e con la garbata meditazione sulla fragilità dell'amore contenuta nella
                                                                                                                                       VII. Una stanza per gli interrogatori: Thea viene interrogata dal giudice che all'inizio è cortese e le offre anche del
commedia Sorrisi di una notte d'estate (1955) che Bergman mette a fuoco il suo mondo poetico. Dopo, sarà tutto più
                                                                                                                                             brandy, ma in seguito la tratta rudemente accusandola di non essere sincera e alla fine, dopo averla baciata,
semplice e chiaro.
                                                                                                                                             la possiede, mentre la donna si lascia andare ad una crisi isterica.
L'asprezza di Una vampata d'amore, dove si descrivono le meschine debolezze di artisti del circo, troverà riscontro in Il
                                                                                                                                       VIII. Un bar: Hans e Sebastian conversano tranquillamente. La loro tournée è stata sospesa a causa della guerra
settimo sigillo (1956), lugubre apologo medievale, in Il posto delle fragole (1957), ricapitolazione affannata d'una vita
                                                                                                                                             scoppiata in Medio Oriente e rimane solo la possibilità di fare alcuni spettacoli in Italia. Poi Hans dice a
inutile condotta con intenti talvolta sperimentali (una agghiacciante sequenza onirica) e talaltra delicatamente
                                                                                                                                             Sebastian che non gli presterà più denaro e gli dà consigli su come appagare sessualmente Thea.
descrittivi (il paesaggio è il centro della visione, come sempre nel regista), in Il volto (1958), premio speciale alla
                                                                                                                                       IX. Una stanza per gli interrogatori: Davanti al giudice i tre attori rappresentano la
Mostra veneziana, variazione grottesca e angosciosa sui problemi della identità, dell'amore e dell'illusione, in La
                                                                                                                                             pantominia intitolata "Il rito" e Thea lo ringrazia per i fiori che le ha inviato.
fontana della vergine (1959), terribile racconto di misticismo e di fanatica crudeltà in un Medioevo senza luce (è uno
                                                                                                                                             Terminata la rappresentazione gli attori si tolgono i mantelli e indossano le
dei suoi film più sinceri), in Come in uno specchio (1961), introduzione tormentata, a tratti convulsa, di una
                                                                                                                                             maschere mentre Thea rimane a seno nudo. Il giudice ha una crisi di sconforto e
sistematica riflessione sui temi religiosi, che si svilupperà con agio maggiore e una lucidità più ferma in Luci d'inverno
                                                                                                                                             viene schiaffeggiato da Sebastian, poi, dopo aver confessato che nella sua
                       (1962) e in Il silenzio (1963). Regista ormai consacrato (La fontana della vergine e Come in uno
                                                                                                                                             professione "c'è smania di crudeltà", muore colpito da un infarto. Si sente una
                       specchio ricevono in due anni consecutivi l'Oscar per il miglior film straniero), Bergman può
                                                                                                                                             voce fuori campo che dice che gli attori vennero condannati a pagare una multa
                       approfondire i propri temi in piena libertà, come raramente accade a un regista. Mentre
                                                                                                                                             e, dopo aver lasciato numerose interviste, lasciarono il Paese per andare in
                       prosegue anche una intensa attività teatrale, e non si nega alle frivolezze polemiche in chiave
                                                                                                                                             vacanza e non vi ritornarono mai più.
                       comica (A proposito di tutte queste... signore, 1964), riprende il suo fondamentale discorso sulla
                                                                                                                                 Il film riprende temi kafkiani e dà la possibilità a Bergman di rappresentare in forma grottesca coloro che censurarono
                       identità e sul conflitto fra l'essere e l'apparire, fra la sincerità e la menzogna, in situazioni
                                                                                                                                 le sue opere oltre ad approfondire il suo pensiero sul mestiere di attore, sull'arte, sul concetto di libertà.
                       differenti ma sempre drammatiche: Persona (1965), L'ora del lupo (1966), La vergogna (1967),
                                                                                                                                 I personaggi sono, come spesso in altri film del regista, quattro senza considerare il quinto, il prete, che non parla. La
                       Passione (1968). Questa fase della ricerca culmina nello splendido e sconvolgente Sussurri e
                                                                                                                                 prima delle nove scene e l'ultima, la nona, sono interpretare da tutti e quattro, mentre nelle altre sei i personaggi si
                       grida (1972), storia di quattro donne (tre sorelle, una delle quali sta morendo di cancro, e una
                                                                                                                                 ritrovano a due a due. Sono tutti personaggi negativi ma il peggiore è il giudice che malgrado la sua professione non è
                       governante) in un fastoso interno che i colori morbidi di Sven Nykvist assimilano abilmente allo
                                                                                                                                 privo di peccati e reati e su di lui cade l'ironia di Bergman. L'opera, assai stimolante dal punto di vista della forma,
strazio della vicenda.
                                                                                                                                 richiama i simboli dei precedenti film e si snoda attraverso una narrazione agile condotta tra due personaggi.




                                                                                                      Il rito (Ingmar Bergman)                                                                                                           Il rito (Ingmar Bergman)
                                                                                                14 Novembre 2011 – h. 21:00                                                                                                        14 Novembre 2011 – h. 21:00
Cineforum Novembre 2011                                                                                                                 Cineforum Novembre 2011
                                                                                          Il teatro a cinema, il cinema a teatro                                                                                                  Il teatro a cinema, il cinema a teatro




                                                                                                                                   non si tratta di una confessione ma di un colloquio e il frate che ascolta tutto in silenzio non giudica, ma si volta
Recensione e Critica                                                                                                               dall’altra parte. Il frate non impersona la morale comune e l’oppressione come si può facilmente dedurre, ma è un
Andrea Peresano                                                                                                                    guardiano della soglia stanco e forse un po’ annoiato. Accompagna il giudice dall’altra parte, e dall’altra parte c’è
[...]La linearità della vicenda è messa da Bergman sotto una lente d’ingrandimento per analizzarla causando però così              l’arte che scandalizza perchè al suo opposto c’è sempre qualcuno che non vede l’ora di scandalizzarsi.
un duplice effetto: da un lato una frammentazione della storia in vari punti focalizzati; dall’altro, quasi effetto
collaterale, una deformazione a tratti grottesca di situazioni e comportamenti.                                                    Cinematografo
La lente inizialmente impugnata dal giudice rappresenta anche l’indagine, l’investigazione del potere costituito su                Girato in 16 mm., in bianco e nero, per la televisione svedese, questo film è uno dei più metafisici e antispettacolari di
coloro che hanno infranto la legge, una legge etica, ma anche umana. È loro colpa l’essersi spinti oltre tutti i limiti e          Bergman. Autentico 'gioco di massacro', esso consiste nel confronto dialettico tra il Giudice e i tre componenti della
aver presentato la loro esagerazione ai comuni esseri umani, inconsapevoli nella loro mediocrità e al sicuro dietro le             compagnia teatrale 'Les Riens' (denominazione di facile simbolismo, solo una delle cento molto meno decifrabili del
loro fragili credenze come lo stesso giudice che, ansioso e insicuro, crolla e cade sfinito nelle più basse pulsioni.              resto dell'opera). Solo nella prima e ultima delle nove sequenze il confronto è corale poiché in ciascuna delle altre il
Paura di capire? Paura delle verità che l’arte ci mostra e spesso ci terrorizzano?                                                 dialogo si svolge tra due personaggi che la cinepresa inquadra spietatamente, su sfondi anonimi, in modo che allo
Arte e morale comune sono sviscerate da Bergman attraverso l’ambiguo triangolo formato dallo stanco capo                           spettatore vengano proposti solo degli 'esseri umani' nella loro desolante nudità e terrificante complessità. La ricerca
carismatico Hans Winkelmann, figura paterna per l’instabile moglie Thea, donna fra due uomini, e Sebastian, violento               di Dio, il significato della vita, la possibilità dei sentimenti affettivi, l'incomunicabilità, il ruolo dell'arte nella società, i
e impulsivo artista maledetto.                                                                                                     compiti della Legge, il quotidiano e l'assoluto sono i principali temi sui quali il famoso regista invita a riflettere. Come
Lo spettacolo finale sarà una rielaborazione delle antiche celebrazioni dionisiache, rituali pagani progenitori del teatro,        sempre, Ingmar Bergman appare maestro nella guida degli interpreti e affascinante nel
la prima forma d’arte amata dal poliedrico regista.                                                                                suo lavoro di indagine sui misteri dell'esistenza. Ma, come nei film maggiormente
Da sottolineare poi l’apparizione dello stesso come prete nella breve sequenza della confessione-non confessione del               tormentati, la sua ricerca qui appare carica di ansia e di pessimismo, lontana dalle
giudice.                                                                                                                           aperture luminose di certe pellicole posteriori. Il lavoro, comunque, non può essere certo
                                                                                                                                   ignorato dagli studiosi e merita di fare parte delle antologie di un Bergman anche qui
Il film è suddiviso in scene che si susseguono come atti teatrali e la maggior parte delle sequenze sono piani frontali            maestro di tecnica ed esempio di preoccupazioni sui valori spirituali dell'uomo
dei protagonisti, ribadendo il carattere di interrogatorio-confessione dell’opera o di spettacolo a cui noi assistiamo,
con i personaggi sempre faccia a noi, rinchiusi fra quattro, o meglio tre, mura.                                                             Lo sforzo disperato che compie l'uomo nel tentativo di dare alla vita un qualsiasi
Evocativo, simbolista, forse in certi punti contorto e introspettivo, Bergman cerca di fissare in quest’opera i confini fra                                                                               significato è teatro
realtà e finzione scenica, ritrovando gli opposti più vicini di ciò che crediamo, nella mente umana dove arte, oscenità e                                                                                                                       (Eduardo De Filippo)
religione arrivano a convivere.
Interessante pensare che questo film fu inizialmente realizzato per la TV svedese.
                                                                                                                                                                                                                  Paura in palcoscenico (Alfred Hitchcock)
                                                                                                                                                             Prossimo appuntamento con il
Alessandro Poggiali                                                                                                                                                                                            Il mestiere di attore e l'arte della menzogna
                                                                                                                                                                      cineforum
Il cinema di I. Bergman ha spesso tratto energia dal teatro: titoli quali Il volto, Sussurri e grida, L’occhio del diavolo ed                                                                                         Lunedì 21 Novembre – h. 21:00
appunto Il rito, ne forniscono un’ inattaccabile testimonianza. Parecchi sono i punti di contatto tra le due differenti
espressioni artistiche nel film in questione. L’uso frequente del primo piano e di inquadrature ravvicinate, contribuisce
a creare un effetto palco che cresce al crescere dell’angoscia dei personaggi. A rafforzare l’idea di pellicola-teatrale c’è
altresi il numero ridotto dei protagonisti (soltanto quattro). Anche il modo di snodarsi della trama attraverso la
suddivisione in capitoli (veri e propri “atti” ), separati e consequenziali, è da riferirsi al teatro.
[...] Il finale bunueliano grottesco e surreale, decreta la sconfitta della giustizia in seno alle azioni umane, solleva da
responsabilità oggettive l’animale-uomo in relazione alle sue nefandezze figlie dell’istinto. Istinto ingovernabile per
chi, non proprio del tutto civilizzato, commette il reato più imperdonabile : assecondare l’impulso che spinge ad
uccidere chiunque minacci quell’equilibrio precario che si crea tra uomo e bestia. E’ un film sull’impossibilità di trovare
giustizia nella vita, poichè la giustizia è Regina della Morte.

                               Vincenzo Totaro
                               L’arte e il suo contrario, in questo film arrabbiatissimo di Bergman. Con PERSONA l’autore
                               scandinavo aveva alzato il tiro, nascondendosi dietro un generico quanto fuorviante
                               intimismo; qui lo scontro è frontale. L’arte e la morale si scontrano senza esclusione di
                               colpi; l’arte ha dalla sua l’utilizzo forsennato e abbacinante della sessualità, sovraesposta
                               e pronunciata; la morale comune ha potenza carsica e sgretola l’arte dall’interno,
                               svuotandone contenuti e contenitori. Gli attori sono simbolo di pienezza rituale ma
insidiati dalla morale comune diventano poveri depressi capricciosi e un po’ maniaci, dei vuoti a perdere, patetici e
grotteschi.Il giudice, dal canto suo, vacilla di fronte alla mutaforme Thulin e scopre il peggio ( o forse il meglio nel
senso di vero ) di sè.
Allora c’è il bisogno di una confessione e il caso vuole che il confessore sia lo stesso Bergman. Molti hanno speculato
sulla distanza presunta tra Bergman e il suo personaggio, ma hanno tralasciato un piccolo, fondamentale, particolare:




                                                                                                        Il rito (Ingmar Bergman)                                                                                                                Il rito (Ingmar Bergman)
                                                                                                  14 Novembre 2011 – h. 21:00                                                                                                             14 Novembre 2011 – h. 21:00

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Il rito

  • 1. Cineforum Novembre 2011 Cineforum Novembre 2011 Il teatro a cinema, il cinema a teatro Il teatro a cinema, il cinema a teatro Il Rito Queste sono le pietre miliari dell'arte bergmaniana. Altre volte il regista ritroverà il gusto sperimentale e il furore narrativo dei momenti migliori, in Scene da un matrimonio Censura e moralità nell’arte (1972), Sinfonia d'autunno (1977), Fanny e Alexander (1981), ma nulla di decisivo Titolo originale Riten aggiungerà al corpus dell'opera. Dal 1976 al '78 si esilierà volontariamente dal suo paese Paese Svezia perché accusato di frode fiscale. Anno 1969 Durata 72 min Analisi del film (Wikipedia) Genere Drammatico Il film è diviso in nove scene girate in bianco e nero e solamente in interni. Regia, Soggetto, I. Una stanza per gli interrogatori: Il fascicolo che il giudice Abrahmsson sta esaminando riguarda un'accusa di Ingmar Bergman oscenità fatta nei confronti di tre attori comici chiamati "Les riens" ( "I niente") e porta la data del 13 marzo Sceneggiatura Interpreti e Ingrid Thulin: Thea 1968, informando così gli spettatori che la vicenda è contemporanea al film che si sta girando. Il giudice fa personaggi Anders Ek: Sebastian Fischer chiamare il capocomico Hans Winkelmann, la moglie Thea von Ritt e l'amante Sebastian Fischer che accoglie G. Bjornstrand: Hans Winkelmann con cordialità. Prima di iniziare le domande offre loro da bere mentre in lontananza si odono rumori di tuoni Erik Hell: giudice che annunciano l'arrivo di un temporale. Ingmar Bergman: sacerdote II. Una camera d'albergo: Thea e Sebastian hanno dormito insieme e al risveglio iniziano a discutere e Thea fa scene di gelosia, ma poi si baciano e si accarezzano. Si sente bussare alla porta, ma loro non vanno ad aprire e rimangono a raccontarsi i loro sogni. Thea dice a Sebastian che non riesce a soddisfarla sessualmente e lui Il film (Dizionario del cinema Morandini) fantastica di dar fuoco al letto con i fiammiferi. Tre attori d'avanguardia – un uomo, la moglie, il suo amante – finiscono davanti a un giudice-censore per uno III. Una stanza per gli interrogatori: Sebastian viene interrogato dal giudice che gli pone davanti i suoi cattivi spettacolo accusato di oscenità. Il giudice fa replicare la scena incriminata, si eccita, muore d'infarto. In un linguaggio precedenti ma Sebastian lo insulta accusandolo di essere sporco, di emanare cattivo odore e soprattutto di estremamente coinvolgente, da psicodramma, è una tesa e angosciosa interrogazione sull'arte e sulla morale comune essere falso. Alla fine si vanta di essere ateo e di non aver timore di nessuno. con qualche passaggio enigmatico. È un esempio estremo di cinema a porte chiuse, un esercizio per cinepresa e 4 IV. Un confessionale: Si vede il giudice che entra in un confessionale e dice al prete che non vuole confessarsi ma attori. Straordinari. Realizzato per la TV svedese fu messo in onda nel 1969. che ha bisogno di parlare con qualcuno perché il suo cuore è pieno di angoscia anche se c'è ancora un po' di speranza. Si ode intanto venire da lontano il suono di una campana e il giudice è assalito da paurosi ricordi Ingmar Bergman (Fernaldo di Giammatteo – Dizionario del cinema. Cento grandi registi) dell'infanzia. Figlio di un pastore luterano, vive un'infanzia di tensioni familiari. Si laurea in lettere con una tesi su Strindberg, si V. Una stanza per gli interrogatori: Hans, interrogato dal giudice, esterna la sua amarezza per lo squallido dedica al teatro, è cacciato di casa dal padre per la relazione con un'attrice. Le esperienze teatrali s'intensificano, rapporto a tre e gli chiede, cercando di corromperlo, di dispensare la donna dall'interrogatorio vista la sua mentre anche il cinema gli apre le porte, dapprima come sceneggiatore e poi come regista. Di modesto peso gli inizi, labilità psichica. Viene rimproverato aspramente dal giudice. frutto della consolidata tradizione psicologistica del cinema svedese. Qualche interesse destano Un'estate d'amore VI. Camerino di un teatro di varietà: Appare Thea, vestita da clown, che beve terrorizzata per l'interrogatorio che (1951), melanconica storia giovanile, e Donne in attesa (1952), quattro singolari ritratti femminili, ma è soltanto con il deve subire mentre Hans la consola. drammatico Una vampata d'amore (1953) e con la garbata meditazione sulla fragilità dell'amore contenuta nella VII. Una stanza per gli interrogatori: Thea viene interrogata dal giudice che all'inizio è cortese e le offre anche del commedia Sorrisi di una notte d'estate (1955) che Bergman mette a fuoco il suo mondo poetico. Dopo, sarà tutto più brandy, ma in seguito la tratta rudemente accusandola di non essere sincera e alla fine, dopo averla baciata, semplice e chiaro. la possiede, mentre la donna si lascia andare ad una crisi isterica. L'asprezza di Una vampata d'amore, dove si descrivono le meschine debolezze di artisti del circo, troverà riscontro in Il VIII. Un bar: Hans e Sebastian conversano tranquillamente. La loro tournée è stata sospesa a causa della guerra settimo sigillo (1956), lugubre apologo medievale, in Il posto delle fragole (1957), ricapitolazione affannata d'una vita scoppiata in Medio Oriente e rimane solo la possibilità di fare alcuni spettacoli in Italia. Poi Hans dice a inutile condotta con intenti talvolta sperimentali (una agghiacciante sequenza onirica) e talaltra delicatamente Sebastian che non gli presterà più denaro e gli dà consigli su come appagare sessualmente Thea. descrittivi (il paesaggio è il centro della visione, come sempre nel regista), in Il volto (1958), premio speciale alla IX. Una stanza per gli interrogatori: Davanti al giudice i tre attori rappresentano la Mostra veneziana, variazione grottesca e angosciosa sui problemi della identità, dell'amore e dell'illusione, in La pantominia intitolata "Il rito" e Thea lo ringrazia per i fiori che le ha inviato. fontana della vergine (1959), terribile racconto di misticismo e di fanatica crudeltà in un Medioevo senza luce (è uno Terminata la rappresentazione gli attori si tolgono i mantelli e indossano le dei suoi film più sinceri), in Come in uno specchio (1961), introduzione tormentata, a tratti convulsa, di una maschere mentre Thea rimane a seno nudo. Il giudice ha una crisi di sconforto e sistematica riflessione sui temi religiosi, che si svilupperà con agio maggiore e una lucidità più ferma in Luci d'inverno viene schiaffeggiato da Sebastian, poi, dopo aver confessato che nella sua (1962) e in Il silenzio (1963). Regista ormai consacrato (La fontana della vergine e Come in uno professione "c'è smania di crudeltà", muore colpito da un infarto. Si sente una specchio ricevono in due anni consecutivi l'Oscar per il miglior film straniero), Bergman può voce fuori campo che dice che gli attori vennero condannati a pagare una multa approfondire i propri temi in piena libertà, come raramente accade a un regista. Mentre e, dopo aver lasciato numerose interviste, lasciarono il Paese per andare in prosegue anche una intensa attività teatrale, e non si nega alle frivolezze polemiche in chiave vacanza e non vi ritornarono mai più. comica (A proposito di tutte queste... signore, 1964), riprende il suo fondamentale discorso sulla Il film riprende temi kafkiani e dà la possibilità a Bergman di rappresentare in forma grottesca coloro che censurarono identità e sul conflitto fra l'essere e l'apparire, fra la sincerità e la menzogna, in situazioni le sue opere oltre ad approfondire il suo pensiero sul mestiere di attore, sull'arte, sul concetto di libertà. differenti ma sempre drammatiche: Persona (1965), L'ora del lupo (1966), La vergogna (1967), I personaggi sono, come spesso in altri film del regista, quattro senza considerare il quinto, il prete, che non parla. La Passione (1968). Questa fase della ricerca culmina nello splendido e sconvolgente Sussurri e prima delle nove scene e l'ultima, la nona, sono interpretare da tutti e quattro, mentre nelle altre sei i personaggi si grida (1972), storia di quattro donne (tre sorelle, una delle quali sta morendo di cancro, e una ritrovano a due a due. Sono tutti personaggi negativi ma il peggiore è il giudice che malgrado la sua professione non è governante) in un fastoso interno che i colori morbidi di Sven Nykvist assimilano abilmente allo privo di peccati e reati e su di lui cade l'ironia di Bergman. L'opera, assai stimolante dal punto di vista della forma, strazio della vicenda. richiama i simboli dei precedenti film e si snoda attraverso una narrazione agile condotta tra due personaggi. Il rito (Ingmar Bergman) Il rito (Ingmar Bergman) 14 Novembre 2011 – h. 21:00 14 Novembre 2011 – h. 21:00
  • 2. Cineforum Novembre 2011 Cineforum Novembre 2011 Il teatro a cinema, il cinema a teatro Il teatro a cinema, il cinema a teatro non si tratta di una confessione ma di un colloquio e il frate che ascolta tutto in silenzio non giudica, ma si volta Recensione e Critica dall’altra parte. Il frate non impersona la morale comune e l’oppressione come si può facilmente dedurre, ma è un Andrea Peresano guardiano della soglia stanco e forse un po’ annoiato. Accompagna il giudice dall’altra parte, e dall’altra parte c’è [...]La linearità della vicenda è messa da Bergman sotto una lente d’ingrandimento per analizzarla causando però così l’arte che scandalizza perchè al suo opposto c’è sempre qualcuno che non vede l’ora di scandalizzarsi. un duplice effetto: da un lato una frammentazione della storia in vari punti focalizzati; dall’altro, quasi effetto collaterale, una deformazione a tratti grottesca di situazioni e comportamenti. Cinematografo La lente inizialmente impugnata dal giudice rappresenta anche l’indagine, l’investigazione del potere costituito su Girato in 16 mm., in bianco e nero, per la televisione svedese, questo film è uno dei più metafisici e antispettacolari di coloro che hanno infranto la legge, una legge etica, ma anche umana. È loro colpa l’essersi spinti oltre tutti i limiti e Bergman. Autentico 'gioco di massacro', esso consiste nel confronto dialettico tra il Giudice e i tre componenti della aver presentato la loro esagerazione ai comuni esseri umani, inconsapevoli nella loro mediocrità e al sicuro dietro le compagnia teatrale 'Les Riens' (denominazione di facile simbolismo, solo una delle cento molto meno decifrabili del loro fragili credenze come lo stesso giudice che, ansioso e insicuro, crolla e cade sfinito nelle più basse pulsioni. resto dell'opera). Solo nella prima e ultima delle nove sequenze il confronto è corale poiché in ciascuna delle altre il Paura di capire? Paura delle verità che l’arte ci mostra e spesso ci terrorizzano? dialogo si svolge tra due personaggi che la cinepresa inquadra spietatamente, su sfondi anonimi, in modo che allo Arte e morale comune sono sviscerate da Bergman attraverso l’ambiguo triangolo formato dallo stanco capo spettatore vengano proposti solo degli 'esseri umani' nella loro desolante nudità e terrificante complessità. La ricerca carismatico Hans Winkelmann, figura paterna per l’instabile moglie Thea, donna fra due uomini, e Sebastian, violento di Dio, il significato della vita, la possibilità dei sentimenti affettivi, l'incomunicabilità, il ruolo dell'arte nella società, i e impulsivo artista maledetto. compiti della Legge, il quotidiano e l'assoluto sono i principali temi sui quali il famoso regista invita a riflettere. Come Lo spettacolo finale sarà una rielaborazione delle antiche celebrazioni dionisiache, rituali pagani progenitori del teatro, sempre, Ingmar Bergman appare maestro nella guida degli interpreti e affascinante nel la prima forma d’arte amata dal poliedrico regista. suo lavoro di indagine sui misteri dell'esistenza. Ma, come nei film maggiormente Da sottolineare poi l’apparizione dello stesso come prete nella breve sequenza della confessione-non confessione del tormentati, la sua ricerca qui appare carica di ansia e di pessimismo, lontana dalle giudice. aperture luminose di certe pellicole posteriori. Il lavoro, comunque, non può essere certo ignorato dagli studiosi e merita di fare parte delle antologie di un Bergman anche qui Il film è suddiviso in scene che si susseguono come atti teatrali e la maggior parte delle sequenze sono piani frontali maestro di tecnica ed esempio di preoccupazioni sui valori spirituali dell'uomo dei protagonisti, ribadendo il carattere di interrogatorio-confessione dell’opera o di spettacolo a cui noi assistiamo, con i personaggi sempre faccia a noi, rinchiusi fra quattro, o meglio tre, mura. Lo sforzo disperato che compie l'uomo nel tentativo di dare alla vita un qualsiasi Evocativo, simbolista, forse in certi punti contorto e introspettivo, Bergman cerca di fissare in quest’opera i confini fra significato è teatro realtà e finzione scenica, ritrovando gli opposti più vicini di ciò che crediamo, nella mente umana dove arte, oscenità e (Eduardo De Filippo) religione arrivano a convivere. Interessante pensare che questo film fu inizialmente realizzato per la TV svedese. Paura in palcoscenico (Alfred Hitchcock) Prossimo appuntamento con il Alessandro Poggiali Il mestiere di attore e l'arte della menzogna cineforum Il cinema di I. Bergman ha spesso tratto energia dal teatro: titoli quali Il volto, Sussurri e grida, L’occhio del diavolo ed Lunedì 21 Novembre – h. 21:00 appunto Il rito, ne forniscono un’ inattaccabile testimonianza. Parecchi sono i punti di contatto tra le due differenti espressioni artistiche nel film in questione. L’uso frequente del primo piano e di inquadrature ravvicinate, contribuisce a creare un effetto palco che cresce al crescere dell’angoscia dei personaggi. A rafforzare l’idea di pellicola-teatrale c’è altresi il numero ridotto dei protagonisti (soltanto quattro). Anche il modo di snodarsi della trama attraverso la suddivisione in capitoli (veri e propri “atti” ), separati e consequenziali, è da riferirsi al teatro. [...] Il finale bunueliano grottesco e surreale, decreta la sconfitta della giustizia in seno alle azioni umane, solleva da responsabilità oggettive l’animale-uomo in relazione alle sue nefandezze figlie dell’istinto. Istinto ingovernabile per chi, non proprio del tutto civilizzato, commette il reato più imperdonabile : assecondare l’impulso che spinge ad uccidere chiunque minacci quell’equilibrio precario che si crea tra uomo e bestia. E’ un film sull’impossibilità di trovare giustizia nella vita, poichè la giustizia è Regina della Morte. Vincenzo Totaro L’arte e il suo contrario, in questo film arrabbiatissimo di Bergman. Con PERSONA l’autore scandinavo aveva alzato il tiro, nascondendosi dietro un generico quanto fuorviante intimismo; qui lo scontro è frontale. L’arte e la morale si scontrano senza esclusione di colpi; l’arte ha dalla sua l’utilizzo forsennato e abbacinante della sessualità, sovraesposta e pronunciata; la morale comune ha potenza carsica e sgretola l’arte dall’interno, svuotandone contenuti e contenitori. Gli attori sono simbolo di pienezza rituale ma insidiati dalla morale comune diventano poveri depressi capricciosi e un po’ maniaci, dei vuoti a perdere, patetici e grotteschi.Il giudice, dal canto suo, vacilla di fronte alla mutaforme Thulin e scopre il peggio ( o forse il meglio nel senso di vero ) di sè. Allora c’è il bisogno di una confessione e il caso vuole che il confessore sia lo stesso Bergman. Molti hanno speculato sulla distanza presunta tra Bergman e il suo personaggio, ma hanno tralasciato un piccolo, fondamentale, particolare: Il rito (Ingmar Bergman) Il rito (Ingmar Bergman) 14 Novembre 2011 – h. 21:00 14 Novembre 2011 – h. 21:00