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Isignori
dei trasporti
Da nord a sud la criminalità organizzata tiene sotto scacco
il trasporto su gomma e la filiera agroalimentare.
A rischio le imprese e gli organi di rappresentanza.
Perché a dettare condizioni e regole sono sempre di più
le aziende mafiose, alterando irreparabilmente l’intero settore
di Saul Caia e Rosario Sardella
5 | maggio 2013 | narcomafie
Infiltrazioni mafiose
nell’agroindustria
Giuseppe Ercolano
era il “re degli
ortofrutticoli”.
Lo “zio Pippo”,
condannato per
reati di mafia,
era entrato nella
famiglia catanese
insieme al fratello
Sebastiano,
segnalati
personalmente da
Nitto Santapaola
Se non sei dentro un cartello,
non è facile trasportare merci e
svolgere servizi di logistica. È
stato così a Fondi, in provincia
di Latina. Chi non faceva parte
di determinati consorzi o non
si affidava alle ditte compia-
centi non entrava nelle attivi-
tà del mercato ortofrutticolo,
tenuto in piedi da un accordo
tra mafia catanese, camorra e
’ndrangheta. È un settore ad
altissimo rischio quello dei
trasporti. Infiltrarsi nei servizi
è congeniale per le mafie. Lo
avevano già intuito i padrini
di Cosa nostra, come Calogero
Vizzini e Genco Russo, che
detenevano il monopolio del
commercio dello zolfo e delle
miniere siciliane. Anche in
Campania il clan camorrista
degli Schiavone di Casal di
Principe aveva messo le mani
sulla “Frigo Connection”.
Fiumi di capitali illeciti da
investire. L’Eldorado dell’orto-
frutta, continua ad essere uno
dei business al quale Cosa no-
stra non vuole rinunciare. Nella
recente inchiesta diretta dalla
procura di Catania, denominata
“Iblis”, è stata fatta luce sulla
rete d’interessi economici in
cui la mafia etnea era riuscita
a mettere le mani. Dal traspor-
to su gomma degli agrumi, al
movimento terra, passando per
la realizzazione di centri com-
merciali. Uomini d’onore che
dettano le condizioni per lavo-
rare nel territorio e chi si tira
indietro,oppurerifiutal’offerta,
riceve forti pressioni. È stato
così per la “Zuccarello srl”,
operativa a Palagonia, in pro-
vincia di Catania, specializzata
nella produzione e commercio
di agrumi. La società, nel cor-
so del tempo, ha lentamente
consolidato la sua posizione
nel mercato della grande distri-
buzione, riuscendo a vendere
i propri prodotti nelle catene
Despar e Conad.
Quanti vantaggi ottiene chi è
inserito in questo sistema? Lo
abbiamo chiesto a Giovanni
Salvi, procuratore della Repub-
blica di Catania: «Oggi a rischio
non sono solo le imprese, ma
anche il sistema di rappresen-
tanza. Nei trasporti l’obbligo di
rivolgersi a un’impresa piutto-
sto che a un’altra determina la
posizione dominante e di fatto
si altera il corretto svolgimento
del mercato. Questo grazie alla
disponibilità di capitali illeciti
di cui l’organizzazione crimi-
nale dispone».
Monopolio dei trasporti. Per
tutti Giuseppe Ercolano era il
“re degli ortofrutticoli”. Lo “zio
Catania è stata per molti anni con-
sideratala“MilanodelSud”,grazie
soprattutto al grande sviluppo
economico che attrae capitali ita-
liani ed esteri. In questo panorama,
come s’infiltra Cosa nostra?
Indubbiamente il settore più vasto
è quello delle estorsioni delle atti-
vità imprenditoriali e commerciali.
Su questo purtroppo non c’è una
collaborazione molto forte da parte
dellevittime,quindi spesso noi sco-
priamo l’esistenza delle estorsioni,
per altre vie, come per esempio le
intercettazioni in corso per altri
reati. Sono perlopiù estorsioni mo-
deste, richieste in denaro o in altre
prestazioni. La cosa preoccupante
delladiffusionedelleestorsionièche
consentonouncontrollodelterritorio
e uno stato di soggezione dell’intera
attività imprenditoriale.
Perché un’azienda finisce per ri-
volgersi a Cosa nostra?
C’è una vera e propria attività im-
prenditorialesvoltadaprofessionisti
inseritiapienoorganiconell’organiz-
zazionemafiosa,chereinvestonogli
utilidelleattivitàilleciteosfruttano
la posizione dominante per violare
i principi della concorrenza. Sono
imprenditorichehannounvantaggio
in più che deriva sia dal disporre di
capitali di provenienza non lecita,
quindi non costosi, sia dal fatto di
alterare i rapporti concorrenziali
con le altre imprese. Pensate, per
esempio, nei trasporti l’obbligo di
rivolgersi ad un’impresa piuttosto
che un’altra o le attività del mercato
ortofrutticolo o del pesce.
Emerge quindi una commistione
tra imprenditoria e mafia.
Certo. Esiste una compenetrazione
tra interessi malavitosi e interessi
economici, nei quali non è neces-
sario fare ricorso direttamente alla
violenza. Questo è un punto molto
importante, perché si può scam-
biare l’assenza di episodi violenti,
come assenza della presenza della
criminalità organizzata. Ma quan-
do l’organizzazione ha un forte
controllo del territorio, non ha
necessità di esercitare direttamente
atti di violenza e non ha nemmeno
necessità d’imporsi, perché come
anticipavo prima, a volte l’impren-
ditore ha un legame magari storico,
consolidatosi nel tempo, da cui trae
dei vantaggi.
Molte delle aziende confiscate ven-
gono reinserite nel mercato legale
solo dopo molti anni. Questa situa-
zione può aumentare lo stereotipo
che “la mafia porta lavoro, mentre
la giustizia lo toglie”.
«Noi dobbiamo far vivere il mes-
saggio che la legalità crea ricchez-
za, perché restituisce un mercato
legale, un mercato concorrenziale,
un mercato che attira investimenti
dall’esterno, che altrimenti non
arriverebbero. Questo messaggio
deve essere accompagnato dalla
capacità di gestire bene le imprese
che confischiamo.
Mafia spa Colloquio con Giovanni Salvi,
procuratore della Repubblica di Catania
di Saul Caia e Rosario Sardella con la collaborazione di Dario De Luca
6 | maggio 2013 | narcomafie
La presenza
degli Ercolano
all’interno
del mondo degli
autotrasporti aveva
fatto ampiamente
discutere in Sicilia,
provocando
un forte scontro
tra Pietro Agen,
ex presidente
di Confcommercio
Catania,
e Ivan Lo Bello,
ex presidente
di Confindustria
Sicilia
Pippo”, condannato per diversi
reati di mafia, era entrato nella
famiglia mafiosa catanese in-
sieme al fratello Sebastiano,
segnalati personalmente da
Nitto Santapaola, in quanto
appartenenti ai “Cavadduzzi” e
imparentaticonl’uomod’onore
Francesco Ferrara. La famiglia
Ercolano ha sempre avuto una
forte vocazione imprendito-
riale. Lo “zio Pippo” è stato
per molti anni titolare della
Avimec srl, leader in Sicilia
nel trasporto su gomma, e sulla
quale viaggiava nascosto Nitto
Santapaola, capo della cupola
mafiosacatanese,chedurantela
sua latitanza si spostava libera-
menteinSiciliaperraggiungere
località segrete.
Il figlio maggiore Aldo posse-
deva la SuperEsse, una catena
di supermercati intestata a un
prestanome. Anche il rampol-
lo degli Ercolano era uomo
d’onore, sposato con la figlia
di Francesco Mangion, braccio
destro di Santapaola, nonché
reggente della famiglia durante
la detenzione carceraria dello
zio. È stato condannato all’er-
gastolo dalla Corte di Cassazio-
ne per essere stato l’esecutore
dell’omicidio – voluto proprio
dallo zio Nitto – di Giuseppe
Fava, giornalista palazzolese
e direttore del mensile «I Si-
ciliani».
Il secondogenito Vincenzo, per
ben tre volte arrestato ed altret-
tante assolto, opera nel campo
della logistica. La sua Geotrans
srl ha sede nella zona industria-
le della città etnea e dispone di
numerosi tir. È stato nominato
presidente provinciale della
Fai Catania, l’associazione di
autotrasportatori italiani, che
solo nel territorio etneo conta
circa 1.500 addetti, mentre la
scorsa estate è entrato a far
parte del Consorzio Ruote sul
Mare, un service che gestisce
gli ecobonus europei per auto-
trasportatori che usano le navi
durante gli spostamenti.
Il 23 febbraio del 2013 Vin-
cenzo Ercolano scrive di suo
pugno una lettera al «Corriere
dei Trasporti», pubblicata nel
numero di marzo e indiriz-
zata al direttore del mensile,
chiedendo la rettifica di due
editoriali. In uno di questi, oltre
a fare l’excursus delle vicende
giudiziarie dell’imprenditore,
si ipotizzava la strategia di Er-
colano, di inserirsi con la sua
Geotrans nel sistema associa-
tivo della Cna-Fita catanese in
accordo con i vertici nazionali.
La presenza di Ercolano nel
consorzio non era stata gradita
dal presidente nazionale di
Cna-Fita Cinzia Franchini che
l’avevaritenuta«unaleggerezza
imperdonabile». Attualmen-
te il consorzio è stato chiuso
e messo in liquidazione. Lo
stesso Enrico Bini, presidente
del consorzio Ruote sul Mare,
a «Narcomafie» racconta che
aver posto l’attenzione sugli
Ercolano e già in precedenza
«su Angelo Ercolano, cugino
di Vincenzo, sul quale avevo
letto un rapporto della Dia, che
metteva in guardia le associa-
zioni di categoria sull’entrata
di componenti della famiglia
Ercolano dentro i vertici di ca-
tegoria, vista la storia pregressa
della famiglia stessa».
La presenza di componenti de-
gli Ercolanoall’internodelmon-
dodegliautotrasportiavevafatto
ampiamentediscutereinSicilia,
provocando un forte scontro tra
Pietro Agen, ex presidente di
Confcommercio Catania, e Ivan
LoBello,expresidentediConfin-
dustrianell’isola.Alcentrodella
diatriba c’era Angelo Ercolano,
titolare della Sudtrasporti srl,
ancheluiincensurato,maappar-
tenenteaunafamigliamacchiata
da delitti e omicidi. Angelo è
uno dei tre figli di Giovanbat-
tista Ercolano, fratello del più
noto “zio Pippo”, arrestato per
mafia e poi scarcerato nel 1998
per «insufficienza di prove». La
società Sudtrasporti Srl, gestita
insieme ai fratelli Maria e Aldo,
fondata nel 1968 a Catania, è
leader nel settore dei traspor-
ti e della logistica integrata.
Dispone di circa mille mezzi,
ha la sede legale a Catania,
una direzione commerciale
a Nova Milanese, una filiale
commerciale a Torino e una
operativa a Rivalta Scrivia, in
provincia di Alessandria. Dalla
Spagna alla Grecia, passando
per l’Inghilterra e la Polonia,
fornisce collegamenti con i
principali porti di tutta Italia
ed Europa.
Al gruppo sono legate anche
la Way Ecology srl, con sede
legale a Nova Milanese ma ope-
Il Procuratore
Giovanni Salvi
7 | maggio 2013 | narcomafie
L’infiltrazionemafio-
sa al Nord è crescen-
te. Per comprendere
come la criminalità
organizzata riesca a
penetrarenelsettore
autotrasporti abbia-
mo intervistato En-
rico Bini, già presi-
dentediCnaeattuale
presidente della Ca-
mera di Commercio
di Reggio Emilia
Inseguitoallasuaesperienza,valu-
tandolarealtàisolana,comereputa
l’attuale situazione del mondo dei
trasporti in Sicilia? Crede che ci
sia una forte infiltrazione?
A fianco di Ruote sul Mare siamo
arrivati in Sicilia con FitaLog, un
consorzio a carattere nazionale che
gestiscediversiserviziperiltraspor-
to,abbiamotrovatoenormidifficoltà
per il nostro approccio trasparente,
i guadagni vengono distribuiti tra
i soci, e forse questo ha disturbato
qualcuno che in precedenza gestiva
diversamente i servizi. Abbiamo
cercato di far passare questo mes-
saggio di trasparenza, ma abbiamo
comunqueavutodifficoltàneltrova-
re le convenzioni con le compagnie
marittime; soprattutto non eravamo
ben visti, perché il nostro era un
consorzio che arrivava da Roma e
quindi era meglio per qualcuno che
restasse nella capitale. In Sicilia c’è
unarealtàimprenditorialemoltoim-
portante, ci sono molti trasportatori
che non hanno nulla a che vedere
conlamalavita,emeritanodeiservizi
diversi e più trasparenti.
Spesso viene posta attenzione
solo nei confronti del Sud, per
contrastare l’infiltrazione della
criminalità organizzata nei mer-
cati ortofrutticoli c’è il rischio di
sottovalutare la realtà del Nord,
che fuori dai riflettori subisce forti
pressioni dalle mafie?
Assolutamente, il problema è più
sottovalutato al Nord rispetto che
al Sud. In questo momento siamo
moltopiùindietroinquestabattaglia
nei confronti del Mezzogiorno, per
esempio nell’alta velocità Milano-
Bolognaabbiamodenunciatodiverse
anomalie. Penso che il Nord abbia
molto da imparare rispetto all’anti-
mafia praticata al Sud.
Movimentoterra,trasportoemercato
ortofrutticoli,solopercitarnealcuni,
sono in qualche modo aggrediti da
questefigure,chespessosifafaticaa
riconoscereesullequalipoisifanno
affari,perchénondimentichiamoche
moltiimprenditoridelNordfacevanoe
fannoaffariconquestisignori.Quindi
unasituazionecheforseèpiùperico-
losa al Nord, che non al Sud.
Quali sono gli strumenti per con-
trastare l’infiltrazione mafiosa? Si
è parlato di “black list” e “white
list”, uò bastare il solo “certificato
antimafia”obisognatrovarenuove
soluzioni?
Il certificato antimafia così com’è
non può bastare, perché chi si affi-
da solo alla certificazione non può
vederechecosarealmentec’èdietro.
Bisognerebbe poter leggere quando
ci sono interdittive, perché fintanto
che un soggetto non è condannato
fino al terzo grado non può essere
considerato mafioso, nel frattempo
sonopassativent’anniediventatutto
più difficile. Anche chi desidera
contrastare questi fenomeni, non
riesce ad avere un quadro completo
con la sola certificazione antimafia
vigenteoggi;quindibisognerebbevi-
rareversolewhitelistchehannoun
senso maggiore, perché permettono
uncontrolloincrociatosulpagamen-
to delle accise, sul versamento dei
contributi e sulla messa in regola
dei dipendenti.
Con quale meccanismo la crimina-
lità organizzata riesce a penetra-
re il mondo degli autotrasporti e
controllarlo?
Sicuramente il massimo ribasso.
Riescono a partecipare alle gare,
garantendo prezzi più bassi, propo-
nendoribassidel30-40eaddirittura
del 50%, ma bisogna sottolineare la
responsabilità della committenza
che non si documenta su come una
determinata ditta o azienda possa
garantire un ribasso così elevato.
A questo dobbiamo aggiungere che
questi imprenditori non mettono
in regola i propri dipendenti e non
realizzano fatture, commettendo
una serie di illegalità che permetto-
no di poter concorrere nel mercato
e controllarlo. Adesso con la crisi
economica è diventato molto più
pericoloso, si verificano incendi ai
mezzi o alle macchine quasi tutti i
giorni, si sono accentuati il racket e
l’usuraneiconfrontidiimprenditori
chesitrovanoaccerchiatiesottoscac-
co dalla criminalità organizzata.
Dall’antimafiadelSud,
abbiamodaimparare
di Saul Caia
e Rosario Sardella
8 | maggio 2013 | narcomafie
rativa a Catania, che si occupa
di trasporto e smaltimento di
rifiuti (pericolosi e non), e la
Way Logistics Sp di Varsavia,
finalizzata alla logistica inter-
nazionale.
L’emblema di una capacità
rigenerativa. Può la mafia ri-
prendersiciòcheleèstatotolto?
Può accadere. È questa l’insidia
maggiore oggi. Una metastasi
che affligge, più di tutti, l’eco-
nomia del Paese. Una vera e
propria attività imprenditoriale
svolta da professionisti inseriti
a pieno titolo nell’organizzazio-
ne mafiosa. Non solo si infiltra
per poi prendere il controllo di
ogni attività commerciale, ma
è capace di rigenerarsi anche
dopo i previsti provvedimenti
giudiziari. In Sicilia, se lo Sta-
to non vigila, è l’anti-Stato a
prevalere. La vicenda del Riela
GroupdiCataniaèemblematica
in questo senso. Noto gruppo
aziendale di autotrasporto di
proprietà di pregiudicati per
reati di mafia, Riela Lorenzo e
il figlio Francesco, è stato sotto-
posto a confisca nel 1995 e nel
1999 definitivamente acquisito
al patrimonio dello Stato. Fin
qui tutto tranquillo. Poi i primi
sospetti, le prime coincidenze
e i riflettori puntati. Nel 2007
l’operazione“Apate”coordinata
daltenentedelGicoPaoloBom-
baci(Nucleopoliziatributariadi
Catania) rivela come le imprese
sequestratecontinuavanoades-
sere gestite dalla famiglia Riela,
che in poco tempo era riuscita
ad attuare un articolato piano
di svuotamento delle aziende
confiscate a vantaggio di una
nuova impresa appositamente
costruita e sempre a loro ri-
conducibile. Un sistema fatto
di contratti, di commissioni,
di nolo di apparecchiature che
ha consentito tutto ciò con l’au-
silio di professionisti addentro
le materie fiscali e contabili. È
questo, spesso, il sistema dei
consorzi.
Il “sistema” dei consorzi.
Come se non bastasse, ad ogni
azione giudiziaria volta al con-
trasto del fenomeno mafioso
corrisponde una contromossa.
Nel 2005, a seguito della con-
ferma della Corte di Cassazione
della misura di prevenzione
personale e patrimoniale, veni-
va contestualmente costituito
il Consorzio Se.Tra. Service, la
cui sede operativa coincideva
con i locali della già sequestrata
Riela Group. Un artificio sofi-
sticato e strategico che creava
una commistione gestionale
tra i due soggetti giuridici. Due
anni più tardi, il Consorzio
Se.Tra. Service diventa partner
commerciale del Riela Group
svuotandolo di clienti, mezzi
e mano d’opera, fino a diven-
tare creditore, per oltre quattro
milioni di euro, nei confronti
dell’azienda confiscata.
L’attività di “recupero beni”
continua con l’acquisizione
diretta o indiretta di imprese
commerciali e industriali ge-
stite tramite prestanome agli
ordini del capo famiglia Riela
Francesco, che, nonostante
il regime di detenzione, riu-
sciva a coordinare l’attività
dei fratelli Rosario e Filippo,
ufficialmente “collaboratori a
contratto”, in realtà dominus
della “New Style Log Srl”,
società fiore all’occhiello della
famiglia e anch’essa sottoposta
a sequestro.
La rete continuava da una parte
all’altra della Sicilia, coinvol-
gendo le provincie di Palermo
e Siracusa. Gli ordini e le co-
municazioni di Francesco Riela
arrivavano nel capoluogo dove
tramite i Lo Piccolo il consor-
zio Se. Tra. Service desiderava
espandersi. A Lentini, il clan
Nardo vicino ai Santapaola,
utilizzava alcune ditte, come la
Agrifresh srl, specializzata nel
settore ortofrutticolo e la Genti-
le Domenico, ditta individuale
consolidata nei trasporti, per
partecipare al cartello agroa-
limentare.
La strada che conduce al con-
trasto della nuova mafia rigene-
rativa resta difficile e tortuosa.
«Su questo noi lavoriamo e col-
piamo duramente. Però – con-
clude il procuratore Giovanni
Salvi – la sintesi è che c’è una
parte di lavoro che dobbiamo
fare meglio per evitare che ci
si possa reimpossessare delle
ricchezze illecite».
Le imprese
sequestrate
continuavano
a essere gestite
dalla famiglia Riela,
che, in poco tempo,
era riuscita
ad attuare un
articolato piano di
svuotamento delle
aziende confiscate
a vantaggio di una
nuova impresa
appositamente
costruita
Il tenente del Gico Paolo Bombaci
9 | maggio 2013 | narcomafie

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I signori dei trasporti

  • 1. Isignori dei trasporti Da nord a sud la criminalità organizzata tiene sotto scacco il trasporto su gomma e la filiera agroalimentare. A rischio le imprese e gli organi di rappresentanza. Perché a dettare condizioni e regole sono sempre di più le aziende mafiose, alterando irreparabilmente l’intero settore di Saul Caia e Rosario Sardella 5 | maggio 2013 | narcomafie Infiltrazioni mafiose nell’agroindustria
  • 2. Giuseppe Ercolano era il “re degli ortofrutticoli”. Lo “zio Pippo”, condannato per reati di mafia, era entrato nella famiglia catanese insieme al fratello Sebastiano, segnalati personalmente da Nitto Santapaola Se non sei dentro un cartello, non è facile trasportare merci e svolgere servizi di logistica. È stato così a Fondi, in provincia di Latina. Chi non faceva parte di determinati consorzi o non si affidava alle ditte compia- centi non entrava nelle attivi- tà del mercato ortofrutticolo, tenuto in piedi da un accordo tra mafia catanese, camorra e ’ndrangheta. È un settore ad altissimo rischio quello dei trasporti. Infiltrarsi nei servizi è congeniale per le mafie. Lo avevano già intuito i padrini di Cosa nostra, come Calogero Vizzini e Genco Russo, che detenevano il monopolio del commercio dello zolfo e delle miniere siciliane. Anche in Campania il clan camorrista degli Schiavone di Casal di Principe aveva messo le mani sulla “Frigo Connection”. Fiumi di capitali illeciti da investire. L’Eldorado dell’orto- frutta, continua ad essere uno dei business al quale Cosa no- stra non vuole rinunciare. Nella recente inchiesta diretta dalla procura di Catania, denominata “Iblis”, è stata fatta luce sulla rete d’interessi economici in cui la mafia etnea era riuscita a mettere le mani. Dal traspor- to su gomma degli agrumi, al movimento terra, passando per la realizzazione di centri com- merciali. Uomini d’onore che dettano le condizioni per lavo- rare nel territorio e chi si tira indietro,oppurerifiutal’offerta, riceve forti pressioni. È stato così per la “Zuccarello srl”, operativa a Palagonia, in pro- vincia di Catania, specializzata nella produzione e commercio di agrumi. La società, nel cor- so del tempo, ha lentamente consolidato la sua posizione nel mercato della grande distri- buzione, riuscendo a vendere i propri prodotti nelle catene Despar e Conad. Quanti vantaggi ottiene chi è inserito in questo sistema? Lo abbiamo chiesto a Giovanni Salvi, procuratore della Repub- blica di Catania: «Oggi a rischio non sono solo le imprese, ma anche il sistema di rappresen- tanza. Nei trasporti l’obbligo di rivolgersi a un’impresa piutto- sto che a un’altra determina la posizione dominante e di fatto si altera il corretto svolgimento del mercato. Questo grazie alla disponibilità di capitali illeciti di cui l’organizzazione crimi- nale dispone». Monopolio dei trasporti. Per tutti Giuseppe Ercolano era il “re degli ortofrutticoli”. Lo “zio Catania è stata per molti anni con- sideratala“MilanodelSud”,grazie soprattutto al grande sviluppo economico che attrae capitali ita- liani ed esteri. In questo panorama, come s’infiltra Cosa nostra? Indubbiamente il settore più vasto è quello delle estorsioni delle atti- vità imprenditoriali e commerciali. Su questo purtroppo non c’è una collaborazione molto forte da parte dellevittime,quindi spesso noi sco- priamo l’esistenza delle estorsioni, per altre vie, come per esempio le intercettazioni in corso per altri reati. Sono perlopiù estorsioni mo- deste, richieste in denaro o in altre prestazioni. La cosa preoccupante delladiffusionedelleestorsionièche consentonouncontrollodelterritorio e uno stato di soggezione dell’intera attività imprenditoriale. Perché un’azienda finisce per ri- volgersi a Cosa nostra? C’è una vera e propria attività im- prenditorialesvoltadaprofessionisti inseritiapienoorganiconell’organiz- zazionemafiosa,chereinvestonogli utilidelleattivitàilleciteosfruttano la posizione dominante per violare i principi della concorrenza. Sono imprenditorichehannounvantaggio in più che deriva sia dal disporre di capitali di provenienza non lecita, quindi non costosi, sia dal fatto di alterare i rapporti concorrenziali con le altre imprese. Pensate, per esempio, nei trasporti l’obbligo di rivolgersi ad un’impresa piuttosto che un’altra o le attività del mercato ortofrutticolo o del pesce. Emerge quindi una commistione tra imprenditoria e mafia. Certo. Esiste una compenetrazione tra interessi malavitosi e interessi economici, nei quali non è neces- sario fare ricorso direttamente alla violenza. Questo è un punto molto importante, perché si può scam- biare l’assenza di episodi violenti, come assenza della presenza della criminalità organizzata. Ma quan- do l’organizzazione ha un forte controllo del territorio, non ha necessità di esercitare direttamente atti di violenza e non ha nemmeno necessità d’imporsi, perché come anticipavo prima, a volte l’impren- ditore ha un legame magari storico, consolidatosi nel tempo, da cui trae dei vantaggi. Molte delle aziende confiscate ven- gono reinserite nel mercato legale solo dopo molti anni. Questa situa- zione può aumentare lo stereotipo che “la mafia porta lavoro, mentre la giustizia lo toglie”. «Noi dobbiamo far vivere il mes- saggio che la legalità crea ricchez- za, perché restituisce un mercato legale, un mercato concorrenziale, un mercato che attira investimenti dall’esterno, che altrimenti non arriverebbero. Questo messaggio deve essere accompagnato dalla capacità di gestire bene le imprese che confischiamo. Mafia spa Colloquio con Giovanni Salvi, procuratore della Repubblica di Catania di Saul Caia e Rosario Sardella con la collaborazione di Dario De Luca 6 | maggio 2013 | narcomafie
  • 3. La presenza degli Ercolano all’interno del mondo degli autotrasporti aveva fatto ampiamente discutere in Sicilia, provocando un forte scontro tra Pietro Agen, ex presidente di Confcommercio Catania, e Ivan Lo Bello, ex presidente di Confindustria Sicilia Pippo”, condannato per diversi reati di mafia, era entrato nella famiglia mafiosa catanese in- sieme al fratello Sebastiano, segnalati personalmente da Nitto Santapaola, in quanto appartenenti ai “Cavadduzzi” e imparentaticonl’uomod’onore Francesco Ferrara. La famiglia Ercolano ha sempre avuto una forte vocazione imprendito- riale. Lo “zio Pippo” è stato per molti anni titolare della Avimec srl, leader in Sicilia nel trasporto su gomma, e sulla quale viaggiava nascosto Nitto Santapaola, capo della cupola mafiosacatanese,chedurantela sua latitanza si spostava libera- menteinSiciliaperraggiungere località segrete. Il figlio maggiore Aldo posse- deva la SuperEsse, una catena di supermercati intestata a un prestanome. Anche il rampol- lo degli Ercolano era uomo d’onore, sposato con la figlia di Francesco Mangion, braccio destro di Santapaola, nonché reggente della famiglia durante la detenzione carceraria dello zio. È stato condannato all’er- gastolo dalla Corte di Cassazio- ne per essere stato l’esecutore dell’omicidio – voluto proprio dallo zio Nitto – di Giuseppe Fava, giornalista palazzolese e direttore del mensile «I Si- ciliani». Il secondogenito Vincenzo, per ben tre volte arrestato ed altret- tante assolto, opera nel campo della logistica. La sua Geotrans srl ha sede nella zona industria- le della città etnea e dispone di numerosi tir. È stato nominato presidente provinciale della Fai Catania, l’associazione di autotrasportatori italiani, che solo nel territorio etneo conta circa 1.500 addetti, mentre la scorsa estate è entrato a far parte del Consorzio Ruote sul Mare, un service che gestisce gli ecobonus europei per auto- trasportatori che usano le navi durante gli spostamenti. Il 23 febbraio del 2013 Vin- cenzo Ercolano scrive di suo pugno una lettera al «Corriere dei Trasporti», pubblicata nel numero di marzo e indiriz- zata al direttore del mensile, chiedendo la rettifica di due editoriali. In uno di questi, oltre a fare l’excursus delle vicende giudiziarie dell’imprenditore, si ipotizzava la strategia di Er- colano, di inserirsi con la sua Geotrans nel sistema associa- tivo della Cna-Fita catanese in accordo con i vertici nazionali. La presenza di Ercolano nel consorzio non era stata gradita dal presidente nazionale di Cna-Fita Cinzia Franchini che l’avevaritenuta«unaleggerezza imperdonabile». Attualmen- te il consorzio è stato chiuso e messo in liquidazione. Lo stesso Enrico Bini, presidente del consorzio Ruote sul Mare, a «Narcomafie» racconta che aver posto l’attenzione sugli Ercolano e già in precedenza «su Angelo Ercolano, cugino di Vincenzo, sul quale avevo letto un rapporto della Dia, che metteva in guardia le associa- zioni di categoria sull’entrata di componenti della famiglia Ercolano dentro i vertici di ca- tegoria, vista la storia pregressa della famiglia stessa». La presenza di componenti de- gli Ercolanoall’internodelmon- dodegliautotrasportiavevafatto ampiamentediscutereinSicilia, provocando un forte scontro tra Pietro Agen, ex presidente di Confcommercio Catania, e Ivan LoBello,expresidentediConfin- dustrianell’isola.Alcentrodella diatriba c’era Angelo Ercolano, titolare della Sudtrasporti srl, ancheluiincensurato,maappar- tenenteaunafamigliamacchiata da delitti e omicidi. Angelo è uno dei tre figli di Giovanbat- tista Ercolano, fratello del più noto “zio Pippo”, arrestato per mafia e poi scarcerato nel 1998 per «insufficienza di prove». La società Sudtrasporti Srl, gestita insieme ai fratelli Maria e Aldo, fondata nel 1968 a Catania, è leader nel settore dei traspor- ti e della logistica integrata. Dispone di circa mille mezzi, ha la sede legale a Catania, una direzione commerciale a Nova Milanese, una filiale commerciale a Torino e una operativa a Rivalta Scrivia, in provincia di Alessandria. Dalla Spagna alla Grecia, passando per l’Inghilterra e la Polonia, fornisce collegamenti con i principali porti di tutta Italia ed Europa. Al gruppo sono legate anche la Way Ecology srl, con sede legale a Nova Milanese ma ope- Il Procuratore Giovanni Salvi 7 | maggio 2013 | narcomafie
  • 4. L’infiltrazionemafio- sa al Nord è crescen- te. Per comprendere come la criminalità organizzata riesca a penetrarenelsettore autotrasporti abbia- mo intervistato En- rico Bini, già presi- dentediCnaeattuale presidente della Ca- mera di Commercio di Reggio Emilia Inseguitoallasuaesperienza,valu- tandolarealtàisolana,comereputa l’attuale situazione del mondo dei trasporti in Sicilia? Crede che ci sia una forte infiltrazione? A fianco di Ruote sul Mare siamo arrivati in Sicilia con FitaLog, un consorzio a carattere nazionale che gestiscediversiserviziperiltraspor- to,abbiamotrovatoenormidifficoltà per il nostro approccio trasparente, i guadagni vengono distribuiti tra i soci, e forse questo ha disturbato qualcuno che in precedenza gestiva diversamente i servizi. Abbiamo cercato di far passare questo mes- saggio di trasparenza, ma abbiamo comunqueavutodifficoltàneltrova- re le convenzioni con le compagnie marittime; soprattutto non eravamo ben visti, perché il nostro era un consorzio che arrivava da Roma e quindi era meglio per qualcuno che restasse nella capitale. In Sicilia c’è unarealtàimprenditorialemoltoim- portante, ci sono molti trasportatori che non hanno nulla a che vedere conlamalavita,emeritanodeiservizi diversi e più trasparenti. Spesso viene posta attenzione solo nei confronti del Sud, per contrastare l’infiltrazione della criminalità organizzata nei mer- cati ortofrutticoli c’è il rischio di sottovalutare la realtà del Nord, che fuori dai riflettori subisce forti pressioni dalle mafie? Assolutamente, il problema è più sottovalutato al Nord rispetto che al Sud. In questo momento siamo moltopiùindietroinquestabattaglia nei confronti del Mezzogiorno, per esempio nell’alta velocità Milano- Bolognaabbiamodenunciatodiverse anomalie. Penso che il Nord abbia molto da imparare rispetto all’anti- mafia praticata al Sud. Movimentoterra,trasportoemercato ortofrutticoli,solopercitarnealcuni, sono in qualche modo aggrediti da questefigure,chespessosifafaticaa riconoscereesullequalipoisifanno affari,perchénondimentichiamoche moltiimprenditoridelNordfacevanoe fannoaffariconquestisignori.Quindi unasituazionecheforseèpiùperico- losa al Nord, che non al Sud. Quali sono gli strumenti per con- trastare l’infiltrazione mafiosa? Si è parlato di “black list” e “white list”, uò bastare il solo “certificato antimafia”obisognatrovarenuove soluzioni? Il certificato antimafia così com’è non può bastare, perché chi si affi- da solo alla certificazione non può vederechecosarealmentec’èdietro. Bisognerebbe poter leggere quando ci sono interdittive, perché fintanto che un soggetto non è condannato fino al terzo grado non può essere considerato mafioso, nel frattempo sonopassativent’anniediventatutto più difficile. Anche chi desidera contrastare questi fenomeni, non riesce ad avere un quadro completo con la sola certificazione antimafia vigenteoggi;quindibisognerebbevi- rareversolewhitelistchehannoun senso maggiore, perché permettono uncontrolloincrociatosulpagamen- to delle accise, sul versamento dei contributi e sulla messa in regola dei dipendenti. Con quale meccanismo la crimina- lità organizzata riesce a penetra- re il mondo degli autotrasporti e controllarlo? Sicuramente il massimo ribasso. Riescono a partecipare alle gare, garantendo prezzi più bassi, propo- nendoribassidel30-40eaddirittura del 50%, ma bisogna sottolineare la responsabilità della committenza che non si documenta su come una determinata ditta o azienda possa garantire un ribasso così elevato. A questo dobbiamo aggiungere che questi imprenditori non mettono in regola i propri dipendenti e non realizzano fatture, commettendo una serie di illegalità che permetto- no di poter concorrere nel mercato e controllarlo. Adesso con la crisi economica è diventato molto più pericoloso, si verificano incendi ai mezzi o alle macchine quasi tutti i giorni, si sono accentuati il racket e l’usuraneiconfrontidiimprenditori chesitrovanoaccerchiatiesottoscac- co dalla criminalità organizzata. Dall’antimafiadelSud, abbiamodaimparare di Saul Caia e Rosario Sardella 8 | maggio 2013 | narcomafie
  • 5. rativa a Catania, che si occupa di trasporto e smaltimento di rifiuti (pericolosi e non), e la Way Logistics Sp di Varsavia, finalizzata alla logistica inter- nazionale. L’emblema di una capacità rigenerativa. Può la mafia ri- prendersiciòcheleèstatotolto? Può accadere. È questa l’insidia maggiore oggi. Una metastasi che affligge, più di tutti, l’eco- nomia del Paese. Una vera e propria attività imprenditoriale svolta da professionisti inseriti a pieno titolo nell’organizzazio- ne mafiosa. Non solo si infiltra per poi prendere il controllo di ogni attività commerciale, ma è capace di rigenerarsi anche dopo i previsti provvedimenti giudiziari. In Sicilia, se lo Sta- to non vigila, è l’anti-Stato a prevalere. La vicenda del Riela GroupdiCataniaèemblematica in questo senso. Noto gruppo aziendale di autotrasporto di proprietà di pregiudicati per reati di mafia, Riela Lorenzo e il figlio Francesco, è stato sotto- posto a confisca nel 1995 e nel 1999 definitivamente acquisito al patrimonio dello Stato. Fin qui tutto tranquillo. Poi i primi sospetti, le prime coincidenze e i riflettori puntati. Nel 2007 l’operazione“Apate”coordinata daltenentedelGicoPaoloBom- baci(Nucleopoliziatributariadi Catania) rivela come le imprese sequestratecontinuavanoades- sere gestite dalla famiglia Riela, che in poco tempo era riuscita ad attuare un articolato piano di svuotamento delle aziende confiscate a vantaggio di una nuova impresa appositamente costruita e sempre a loro ri- conducibile. Un sistema fatto di contratti, di commissioni, di nolo di apparecchiature che ha consentito tutto ciò con l’au- silio di professionisti addentro le materie fiscali e contabili. È questo, spesso, il sistema dei consorzi. Il “sistema” dei consorzi. Come se non bastasse, ad ogni azione giudiziaria volta al con- trasto del fenomeno mafioso corrisponde una contromossa. Nel 2005, a seguito della con- ferma della Corte di Cassazione della misura di prevenzione personale e patrimoniale, veni- va contestualmente costituito il Consorzio Se.Tra. Service, la cui sede operativa coincideva con i locali della già sequestrata Riela Group. Un artificio sofi- sticato e strategico che creava una commistione gestionale tra i due soggetti giuridici. Due anni più tardi, il Consorzio Se.Tra. Service diventa partner commerciale del Riela Group svuotandolo di clienti, mezzi e mano d’opera, fino a diven- tare creditore, per oltre quattro milioni di euro, nei confronti dell’azienda confiscata. L’attività di “recupero beni” continua con l’acquisizione diretta o indiretta di imprese commerciali e industriali ge- stite tramite prestanome agli ordini del capo famiglia Riela Francesco, che, nonostante il regime di detenzione, riu- sciva a coordinare l’attività dei fratelli Rosario e Filippo, ufficialmente “collaboratori a contratto”, in realtà dominus della “New Style Log Srl”, società fiore all’occhiello della famiglia e anch’essa sottoposta a sequestro. La rete continuava da una parte all’altra della Sicilia, coinvol- gendo le provincie di Palermo e Siracusa. Gli ordini e le co- municazioni di Francesco Riela arrivavano nel capoluogo dove tramite i Lo Piccolo il consor- zio Se. Tra. Service desiderava espandersi. A Lentini, il clan Nardo vicino ai Santapaola, utilizzava alcune ditte, come la Agrifresh srl, specializzata nel settore ortofrutticolo e la Genti- le Domenico, ditta individuale consolidata nei trasporti, per partecipare al cartello agroa- limentare. La strada che conduce al con- trasto della nuova mafia rigene- rativa resta difficile e tortuosa. «Su questo noi lavoriamo e col- piamo duramente. Però – con- clude il procuratore Giovanni Salvi – la sintesi è che c’è una parte di lavoro che dobbiamo fare meglio per evitare che ci si possa reimpossessare delle ricchezze illecite». Le imprese sequestrate continuavano a essere gestite dalla famiglia Riela, che, in poco tempo, era riuscita ad attuare un articolato piano di svuotamento delle aziende confiscate a vantaggio di una nuova impresa appositamente costruita Il tenente del Gico Paolo Bombaci 9 | maggio 2013 | narcomafie