Economia dei servizi: Una visione sistemica
Per far sì che un sistema tecnologico divenga un ‘sistema di servizio’, che abbia cioè al centro la customer satisfaction, è necessario che all’infrastruttura tecnologica si aggiungano in una configurazione dinamica risorse umane, organizzazione e informazione condivisa.
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Negli ultimi decenni l’economia mondiale si è
andata sempre più connotando come un’econo-
mia basata sulla fornitura di servizi, piuttosto
che sulla mera produzione di beni. Anche in ter-
mini di prodotto nazionale lordo, i servizi rap-
presentano la parte di gran lunga più importan-
te nelle nazioni maggiormente industrializzate.
Si parla per l’appunto di una economia dei ser-
vizi, ovvero di una “economia dell’accesso” (ac-
cesso alla fruizione di un servizio) piuttosto che
di una “economia del possesso”.
Il concetto di felicità derivante dall’uso di qual-
cosa o dall’esercizio di una potenzialità piutto-
sto che dal suo mero possesso, non è peraltro
nuovo: parafrasando liberamente alcuni passi
dell’Etica Nicomachea, è stata attribuita ad Ari-
stotele la frase “c’è più felicità nell’uso che nel
possesso”.
È importante specificare che i servizi in rapida
crescita non sono quelli del cosiddetto terzia-
rio tradizionale (banche, ospedali, amministra-
zione dello stato), quanto piuttosto di quelli del
terziario avanzato (anche frequentemente indi-
cato come settore quaternario), caratterizzati
dalla gestione in varie forme di informazione e
conoscenza.
Le ragioni di questa evoluzione, oltre che a una
forse naturale maturazione dei bisogni umani,
sono indubbiamente legate all’evoluzione del-
le tecnologie digitali, le quali hanno spostato il
valore aggiunto su un quantum immateriale, il
“bit”. Nel momento in cui i beni inglobano infor-
Economia dei servizi
Una visione sistemica
Per far sì che un sistema tecnologico divenga un ‘sistema di servizio’,
che abbia cioè al centro la customer satisfaction, è necessario che
all’infrastruttura tecnologica si aggiungano in una configurazione
dinamica risorse umane, organizzazione e informazione condivisa
di Marco Lisi*
* Alto funzionario di agenzia internazionale
mazione, diventano sempre più interattivi e in
rapida evoluzione, cambiano il loro carattere di
meri prodotti ed evolvono verso i servizi.
Da una parte, quindi, i prodotti finali derivano
sempre più il loro valore aggiunto dalla quantità
di conoscenza in essi integrata (e fornire cono-
scenza è una forma primaria di servizio); dall’al-
tra gli utenti chiedono soluzioni sempre più inte-
grate ed esaustive dei loro problemi, allo scopo
di migliorare la qualità della loro vita.
n Tecnologia, manifattura e servizi
Una prima riflessione è a questo punto d’obbligo:
l’economia dei servizi non implica la distruzione
della tecnologia e della manifattura tradizional-
mente intese, ma il suo contrario. Semplicemen-
te, molti prodotti vengono trasformati in servizi
e, in generale, i prodotti tendono a integrare una
sempre maggiore componente di servizi.
Di fatto, le nazioni più economicamente avanza-
te, dove il settore servizi è predominante, sono
anche quelle in cui la produttività del settore
manifatturiero è più alta, attraverso l’uso di tec-
niche di produzione altamente automatizzate.
In queste nazioni ci si concentra sulla produzio-
ne di beni ad alto valore aggiunto e producibili
con alti livelli di produttività in stabilimenti di
produzione super-efficienti, lasciando alle na-
zioni in via di sviluppo la produzione di beni di
minore valore aggiunto e che richiedono soprat-
tutto lavoro manuale di basso livello.
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L’OPINIONE
Le conseguenze in termini di livelli di occupa-
zione nel settore manifatturiero sono dramma-
tiche, anche se vengono compensate da un pa-
rallelo aumento dei posti di lavoro nelle attività
di servizio. In generale, quindi, a un aumento
dell’economia dei servizi non corrisponde ne-
cessariamente un impoverimento della nazione,
piuttosto il contrario.
Vale la pena di notare che, comunque, questi fe-
nomeni evolutivi nelle nazioni più avanzate eco-
nomicamente comportano cambiamenti radicali
nelle tipologie dei posti di lavoro disponibili e
nelle conoscenze specifiche per essi richieste,
che vanno attentamente gestite, pena l’insor-
genza di disastrose e sfortunatamente ben note
emergenze sociali.
n Cosa è un ‘servizio’ e qual è il
ruolo dell’utente?
Un “servizio” è stato definito come un’attività o
una serie di attività che forniscono a un cliente-
utente la soluzione di alcuni suoi problemi o il
soddisfacimento di alcune sue esigenze.
I servizi hanno una caratteristica molto peculia-
re: l’utente (cliente) di un servizio è tipicamente
anche un partecipante al processo di fornitu-
ra del servizio. Si dice anche che il cliente co-
produce valore (cioè il beneficio) interagendo
con il fornitore del servizio attraverso interazio-
ni successive. Questo non significa che l’uten-
te sia sempre co-creatore di valore, ma che in
particolari circostanze il fornitore del servizio
ha l’opportunità di co-creare valore attraverso
i suoi utenti; è quanto comunemente si realizza
in molti siti su Internet – esempio tipico: eBay –
o attraverso i social network.
In generale, comunque, la qualità del servizio
dipende dalla partecipazione attiva dell’uten-
te al processo di fornitura del servizio stesso.
Prendiamo come esempio il processo di prele-
vamento di banconote attraverso un bancomat:
affinché il processo si concluda con successo e il
servizio sia effettivamente fornito, è necessario
che l’utente-cliente interagisca con la necessaria
attenzione con la macchina, rispondendo pro-
priamente alle varie richieste che appaiono sullo
schermo. Una cattiva disposizione dell’utente,
magari causata da richieste poco intelligibili o
da tempi di risposta troppo lenti, causerebbe un
probabile insuccesso nel completamento della
transazione. Ecco come il fattore umano entra
in gioco anche nella fornitura di un servizio, pe-
raltro con un meccanismo di reazione positiva:
un utente soddisfatto tende a essere attento e
partecipativo, rafforzandosi nella propria posi-
tiva impressione sulla qualità del servizio. Per
contro, un utente mal disposto ottiene risposte
sempre peggiori dallo stesso servizio e tende a
confermarsi nel proprio negativo convincimen-
to. Si può pertanto affermare che la customer
satisfaction non è solamente l’obiettivo del ser-
vizio e la garanzia del suo successo commercia-
le, ma quasi un prerequisito fondamentale per
la sua corretta ingegnerizzazione.
n Sistemi tecnologici orientati
ai servizi
Il soddisfacimento della maggior parte dei bi-
sogni primari della società (acqua, energia, tra-
sporti, telecomunicazioni), erogati sotto forma
di servizi, richiede la creazione di infrastrutture
tecnologiche sempre più grandi, complesse ed
estese (a livello nazionale, continentale e finan-
co globale).
Questi grandi sistemi (large and complex sy-
stems), intrinsecamente basati sulle più avanzate
tecnologie dell’informatica e delle telecomunica-
zioni, sono fra di loro fortemente interdipendenti
e tendono a volte a federarsi creando i cosiddetti
‘sistemi di sistemi’ (systems of systems).
Nell’ambito delle applicazioni civili, sistemi lar-
ge and complex che supportano servizi sono per
esempio:
• i sistemi di controllo del traffico aereo;
• le reti ferroviarie;
• le reti di distribuzione dell’energia elettrica;
• le reti di distribuzione del gas, del petrolio e
dell’acqua potabile;
• i sistemi di ausilio alla navigazione (GPS);
• i sistemi di telecomunicazione, fissa e mobile;
• le reti di computer (inclusa internet).
Tutti questi sistemi hanno caratteristiche comu-
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ni, prima fra tutte la essenziale dipendenza da
un’infrastruttura tecnologica di tipo ICT.
Con il termine “tecnologie dell’informazione e
della comunicazione” (in inglese Information
and communications technology – ICT) si in-
tende l’insieme di tecnologie delle telecomuni-
cazioni (internet, wireless ecc.) e dei computer
(software, hardware, basi di dati, Big data, ecc.)
che, sempre più strettamente integrate, costitu-
iscono la base della nostra società digitale.
Per questi sistemi complessi e ad alto contenu-
to tecnologico, la cui performance (in un’ottica
di servizio, cioè di soddisfazione delle esigenze
di un insieme di utenti) è intrinsecamente ed es-
senzialmente basata sulla rispondenza stretta
ai loro requisiti tecnici e sulla qualità della loro
ingegneria, la tecnologia costituisce tuttavia un
mezzo e non un fine.
Inoltre, a causa della loro complessità, gli aspet-
ti di tipo operativo (organizzazione, processi,
procedure) e logistico (addestramento del per-
sonale, documentazione, manutenzione, gestio-
ne delle scorte) diventano tanto – se non più
importanti – degli aspetti tecnici intesi in senso
stretto.
n La rete di distribuzione
dell’energia elettrica
L’evoluzione negli anni della rete di produzione
e distribuzione dell’energia elettrica è emblema-
tica del sempre maggiore connubio fra tecnolo-
gie avanzate e infrastrutture di servizio.
Un’importante premessa: nell’esperienza quoti-
diana si dà per scontata la disponibilità dell’e-
nergia elettrica da una comune presa di cor-
rente, al lavoro come nelle abitazioni private. I
black-out, specie quelli prolungati, sono fortu-
natamente sempre più rari.
L’utente comune inserisce la spina del suo elet-
trodomestico o del Pc nella presa di corrente e
non ha dubbi sulla fornitura del servizio. Inoltre,
la tecnologia coinvolta nella fornitura gli sembra
banale: un presa, una spina, del filo elettrico.
In realtà dietro la banale presa di corrente c’è
una infrastruttura che diventa negli anni sempre
più tecnicamente complessa, peraltro basata
sulle più sofisticate tecnologie ICT.
Fino a qualche decennio fa, le reti di produzio-
ne e distribuzione dell’energia elettrica erano
tipicamente locali e completamente monodi-
rezionali. Dal sito di produzione (per esempio
una centrale idroelettrica in prossimità di una
diga), dopo aver trasformato la corrente elet-
trica in alta tensione, si dipartiva una rete di
cavi e tralicci. In prossimità, per esempio, di un
centro abitato, dopo aver ritrasformato la cor-
rente elettrica da alta a bassa tensione, si arri-
vava finalmente all’utente finale. Il tutto senza
necessità di scambiare grandi quantità d’infor-
mazione e, soprattutto, senza alcun feedback
dall’utente finale (se si esclude la lettura ma-
nuale del contatore).
Oggi la situazione è completamente cambiata e
non ha caso si parla di smart grid (rete intelli-
gente). Innanzi tutto, le reti locali si sono fede-
rate per diventare prima reti nazionali, poi reti
continentali: l’Italia scambia quotidianamente
energia con i Paesi limitrofi e potenzialmente
con tutti gli Stati europei. La rete non è più mo-
nodirezionale, ma bidirezionale, perché l’utente
in alcuni casi (per esempio, di impianti solari)
diventa produttore e fornisce energia alla rete
anziché sottrarla. I nodi della smart grid, infi-
ne, diventano intelligenti e necessitano un fitto
scambio d’informazioni per gestire in modo di-
namico e in tempo reale le necessità dell’uten-
za. Di fatto, insieme con la rete tradizionale, si
è sviluppata una rete parallela, una comples-
sa infrastruttura ICT composta da centinaia di
computer che scambiano continuamente infor-
mazioni. Un’idea della complessità: i nodi del-
la rete devono essere sincronizzati sullo stesso
tempo di riferimento con un’accuratezza dell’or-
dine del microsecondo (un milionesimo di se-
condo), pena il rischio di gravi inefficienze o,
peggio, di black-out.
Tutta questa complessità, vale la pena notarlo,
è completamente trasparente all’utente finale,
che si limita a inserire la sua spina nella presa
di corrente. Questa è peraltro una caratteristica
tipica di tutti i sistemi tecnologicamente com-
plessi orientati alla fornitura di servizi: tanto
più il servizio fornito richiede alta affidabilità
e continuità nel tempo, ed è quindi supportato
da un’infrastruttura di sistema molto sofistica-
ta e complessa, tanto meno tale complessità e
la tecnologia che la sottende sono percepibi-
li dall’utente finale. In altre parole, semplicità
d’uso e affidabilità implicano sofisticata inge-
gnerizzazione e alta tecnologia (non dovremmo
esserne sorpresi).
n La “system enterprise”
Ma la sola infrastruttura tecnologica non è da
sola sufficiente a garantire un servizio, inteso
come fornitura garantita, continua nel tempo
e a fronte di un impegno (per esempio di tipo
contrattuale oppure politico) di un’attività o di
una funzionalità (capability) a una comunità di
potenziali utenti-clienti.
Affinché un sistema tecnologico divenga un “si-
stema di servizio” (service system) o meglio
un’impresa di servizio (service enterprise), è
necessario che all’infrastruttura tecnologica si
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L’OPINIONE
aggiungano in una configurazione dinamica ri-
sorse umane, organizzazione e informazione
condivisa (ontologie, processi, metriche, strate-
gie, contesti politici e legislativi).
L’utente-cliente è al centro di ogni attività di ser-
vizio e la sua soddisfazione (customer satisfac-
tion), garantita e continuativa nel tempo, è più
importante del ‘come’ essa viene ottenuta.
Si capisce quindi come il passaggio dai prodotti
ai servizi implichi un fondamentale cambio di
prospettiva: tecnologia e tecnica, che pure sono
fondamentali alla realizzazione di un servizio,
non sono più l’obiettivo, ma solo il mezzo.
Questo cambio fondamentale di prospettiva
pone anche nuove sfide al management, chia-
mato a gestire imprese la cui performance non
è più legata a quantità misurabili fisicamente:
numero di pezzi prodotti, scarti di produzione,
aderenza alle specifiche, ecc.
Si impongono nuovi parametri di misura e con-
trollo, i Key Performance Indicator (KPI), di
natura intrinsecamente statistica, che devono
misurare grandezze apparentemente immisura-
bili, quali la qualità complessiva del servizio e la
soddisfazione dei clienti.
Anche a livello contrattuale, ai tradizionali ca-
pitolati tecnici, adatti alla gestione di fornitu-
re di prodotti, più o meno complessi, vengono
preferiti i cosiddetti Service Level Agreement
(SLA), che definiscono, oltre alle caratteristiche
del servizio, anche le condizioni e le modalità
operative con le quali esso sarà reso al cliente-
utente.
Tutti abbiamo, magari inconsapevolmente,
un’esperienza diretta di cosa sia uno SLA: è
questo il documento che sottoscriviamo (spesso
senza averlo mai letto) con gli operatori di reti di
telecomunicazione cellulari o fisse.
n Lo spirito di servizio
Fondamentale, oltre a nuove strategie e a nuo-
vi paradigmi di gestione, è la metabolizzazione
profonda, nel più intimo tessuto dell’impresa,
dello spirito che anima qualunque fornitura di
servizi: lo “spirito di servizio” (chiamatelo “cu-
stomer focus” se preferite).
“Spirit to Serve” (spirito di servizio) è il motto
della catena di alberghi Marriott fin dal 1927. Il
suo significato profondo risiede in una dedica-
zione totale alla piena soddisfazione delle aspet-
tative dei clienti. A rischio di suonare iperbolici,
lo spirito di servizio interpreta l’ideale america-
no della ricerca della felicità e, prima ancora,
l’insegnamento aristotelico, che identifica nel
raggiungimento della felicità il primo, vero e ul-
timo obiettivo di ogni essere umano.
Parlando di spirito di servizio, il rischio è quel-
lo di evocare sentimenti buonisti e, in ultima
analisi, qualunquisti. Al contrario, lo spirito di
servizio implica un’interpretazione altamente
sfidante della propria professionalità, che inclu-
de ricerca dell’eccellenza, integrità senza com-
promessi, magnanimità e visione d’insieme.
Vivere lo spirito di servizio significa anche esse-
re sempre positivi e assertivi, convinti di poter
risolvere i problemi, nostri e altrui, piuttosto
che sentirci vittime della sconfitta e nascon-
derci dietro le comode scuse delle difficoltà e
dell’impotenza.
È questo un atteggiamento mentale molto pre-
sente, seppur spesso ammantato di retorica,
nella cultura anglosassone, assai meno in quella
latina (e men che mai in quella italiana).
Dal punto di vista strettamente legato al busi-
ness, customer focus e customer satisfaction
sono diventati concetti chiave, assolutamente
necessari alla fidelizzazione del cliente e alla
sopravvivenza in un mercato sempre più com-
petitivo.
n Conclusioni
Riscoprire il valore del servizio, dello spirito di
servizio, significa non solo riconoscere una real-
tà storica incontrovertibile, che cioè l’economia
del mondo occidentale è prevalentemente basa-
ta sui servizi; significa anche e soprattutto porre
il singolo uomo e il genere umano tutto al centro
delle nostre attenzioni, mettendo in discussione
qualità e scopo di quanto produciamo.
La presente crisi economica ci offre da questo
punto di vista un’occasione unica per rivedere le
assunzioni sulle quali la nostra società si basa e
di proporre un nuovo modello, nel quale servizi
nuovi, migliori e maggiormente antropocentrici
siano sviluppati.
Competizione, globalizzazione ed emergenza di
nuove realtà economiche e sociali ci spingono
inevitabilmente verso una sempre maggiore qua-
lità del nostro operare e a un orientamento sem-
pre più focalizzato sui valori di base e sui grandi
obiettivi del genere umano e della società.
Lo spirito di servizio ci sfida a dare un nuovo
significato alla nostra professionalità.
Non ci può essere spirito di servizio senza in-
telligenza emotiva (empatia), senza coscienza
della propria responsabilità sociale, senza at-
tenzione ai dettagli, senza una visione etica del-
la professione e della vita. Tutto questo senza
dover necessariamente indulgere a motivazioni
religiose, filantropiche o populiste.
In conclusione, l’economia dei servizi tende a
riproporre l’ideale rinascimentale dell’uomo al
centro sia dell’ingegneria sia del commercio, in
una visione unificante e veramente sistemica.