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STUDIO TECNICO
Ing. NICOLA LENOCI
Via Annunziata 56
70021 Acquaviva delle Fonti (BA)
Tel. 339 7745010
@-mail: nicola.lenoci1@tiscali.it
All’Assessore alle Attività Produttive del Comune di
ACQUAVIVA DELLE FONTI
Oggetto: Possibilità di esercitare attività commerciali in zona PIP.
^^^^^^^^^^^^^
mi hai chiesto, tempo fa, di esprimere un parere riguardo alla possibilità di esercitare un’attività
commerciale in locali, ubicati in zona PIP, destinati ad attività artigianale. Ho aderito alla tua
richiesta e ti ho fatto presente che:
- un imprenditore artigiano può effettuare, all’interno della sua azienda ed in maniera del tutto
legittima, la vendita dei beni di sua produzione e/o la vendita di beni strettamente necessari
ad eseguire le lavorazioni artigianali di sua competenza, senza che debba sottostare, per
questo, alle disposizioni vigenti in materia di esercizio di attività commerciali, di
intermediazione di vendita e di orario di vendita contenute nel decreto legislativo 31.3.1998,
n. 114 e s.m.i., oltre che a norme urbanistiche specifiche;
- un imprenditore artigiano può effettuare, all’interno della sua azienda ed in maniera del tutto
legittima, la vendita di beni non di produzione propria e/o di beni non accessori
all'esecuzione delle opere o alla prestazione del servizio, purché la sua attività
complessiva abbia come scopo prevalente la di produzione di beni e/o la prestazione di
servizi, ovvero che la attività artigianale sia prevalente rispetto a quella commerciale.
In questo secondo caso la sua attività, per la parte propriamente commerciale, soggiace alle
disposizioni contenute nel richiamato decreto legislativo 31.3.1998, n. 114 e s.m.i.
Inoltre, poiché in fase di redazione del Piano per gli Insediamenti Produttivi (PIP) furono
riservate aree a standard in misura più che doppia rispetto al minimo di legge, ho concluso il
mio parere affermando che, nel caso in esame, non si riscontravano problemi urbanistici di
sorta.
Permettimi ora di andare oltre quel parere.
Nel mese di ottobre del 2013, gli imprenditori di Putignano nel corso dell’incontro “La zona
industriale che vuoi – Occupazione, innovazione, sviluppo e creatività”, presente il Sindaco
Gianvincenzo Angelini De Miccolis, il Consigliere Provinciale Marco Galluzzi ed il Presidente del
Consiglio Regionale Onofrio Introna, hanno chiesto che nella zona industriale si faccia posto anche
ad attività commerciali, a cinema multi-sala, alle banche, ad attività turistiche, a centri di
formazione, a sale conferenze, a mense, ecc.
2
Hanno, altresì, chiesto all’amministrazione comunale che venga concesso il cambio di destinazione
d’uso di quei capannoni, attualmente non più utilizzati ed abbandonati, mediante strumenti di
deroga urbanistica e/o attraverso una radicale modifica delle norme contenute nel vigente PRG.
I problemi posti dagli imprenditori di Putignano, come è noto, interessano in eguale misura anche
gli operatori della nostra zona PIP.
Corre l’obbligo, pertanto, di dare risposte chiare ed inequivocabili sulla reale possibilità che hanno
gli operatori commerciali di poter legittimamente esercitare la loro attività all’interno di opifici
ubicati in zona PIP.
1. La risposta al quesito in parola va ricercata nel DPR 447/1998 (modificato dal DPR 440/2000)
contenente il regolamento riguardante:”la localizzazione degli impianti produttivi di beni e
servizi, la loro realizzazione, ristrutturazione, ampliamento, cessazione, riattivazione e
riconversione dell'attività produttiva, nonché l'esecuzione di opere interne ai fabbricati adibiti
ad uso di impresa.” e nel DPR 160/2010.
Nel DPR 447/1998, tra l’altro, si legge:
“Art. 1
comma 1: Il presente regolamento ha per oggetto la localizzazione degli impianti produttivi di
beni e servizi, la loro realizzazione, ristrutturazione, ampliamento, cessazione, riattivazione e
riconversione dell'attività produttiva, nonché l'esecuzione di opere interne ai fabbricati adibiti
ad uso di impresa. Resta salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114.
comma 1 bis: Rientrano tra gli impianti di cui al comma 1 quelli relativi a tutte le attività di
produzione di beni e servizi, ivi incluse le attività agricole, commerciali e artigiane, le attività
turistiche ed alberghiere, i servizi resi dalle banche e dagli intermediari finanziari, i servizi di
telecomunicazioni.”
Il DPR 160/2010, all’art. 1, comma1, lettera i), così definisce le attività produttive: “le attività di
produzione di beni e servizi, incluse le attività agricole, commerciali e artigianali, le attività
turistiche e alberghiere, i servizi resi dalle banche e dagli intermediari finanziari e i servizi di
telecomunicazioni, di cui alla lettera b), comma 3, dell'articolo 38 del decreto-legge;”
Dalla normativa riportata si evince che nelle aree destinate ad insediamenti produttivi di beni e
servizi, possono essere insediati non solo opifici a carattere industriale e/o artigianale, ma, per
legge, anche fabbricati destinati ad attività commerciali, agricole, turistiche ed alberghiere ecc.
Ma vi è di più.
2. Poiché tutte le attività elencate (agricole, commerciali e artigiane, turistiche ed alberghiere....)
appartengono alla famiglia delle attività produttive, ne consegue, stante la loro equivalenza, che
anche gli opifici realizzati nelle aree PIP, destinati ad ospitarle, fanno parte di un’unica famiglia
che è quella degli edifici destinati ad attività produttive.
Sicché un medesimo fabbricato destinato ad attività produttive può, a seconda delle congiunture
economiche, ospitare alternativamente attività industriali, artigianali, commerciali, agricole,
turistiche, ecc. senza che questa alternanza debba essere assoggettata, in maniera previa, a
cambi di destinazione d’uso.
3
Si tratta, consentimi l’ossimoro, di immobili destinati nel corso della loro vita a muoversi sulla
scia dei cambiamenti imposti dalle leggi di mercato.
Le norme citate, nonostante la loro disarmante semplicità, aprono scenari fortemente innovativi
ed al passo con i tempi.
Non più, quindi, opifici chiusi ed abbandonati a causa di congiunture sfavorevoli, ma edifici
sempre aperti e pronti ad ospitare nuove possibilità produttive e commerciali in linea con le
esigenze del mercato.
Come dire: morta una attività.... subito e senza formalismi, avanti un’altra attività.
Agli imprenditori di Putignano e di Acquaviva si potrà, pertanto, rispondere che, per legge, è
consentito far posto, nella zona PIP, ad esercizi commerciali, a banche, ad attività turistiche, a
centri di formazione, ecc.; così come, sempre per legge, non occorre chiedere cambio di
destinazione d’uso per i capannoni abbandonati, mediante il ricorso a non meglio specificati
strumenti di deroga urbanistica oppure tramite modifiche alle norme di PRG.
3. A conferma di quanto innanzi sostenuto si menziona la parte conclusiva della Circ. 15 novembre
1999, n. 530971 avente ad oggetto “Accordo sull’adeguamento degli strumenti urbanistici di
cui all’art. 6 del D.Lgs 31 marzo 1998, n. 114”:
“Tutto ciò premesso, ove le Regioni non abbiano diversamente disposto, sia in materia
urbanistica che in attuazione del decreto legislativo n. 114 del 1998, va precisato che negli
strumenti urbanistici vigenti, anche ove la funzione commerciale non sia codificata
terminologicamente, essa va comunque presa in considerazione laddove l'insediamento
commerciale era possibile.
Del resto, anche ai sensi della previgente disciplina l'avvio dell'esercizio dell'attività
commerciale era subordinato al rispetto delle norme relative alla destinazione e all'uso degli
edifici nelle varie zone urbane e al riguardo, era stata autorevolmente sostenuta la necessità
che, qualora nelle norme e negli strumenti urbanistici vi fossero riferimenti ad insediamenti
produttivi in senso generico, senza precisare di quale tipo si trattasse, si dovevano intendere
per tali non solamente quelli industriali, ma anche quelli commerciali.
In altri termini ed ai fini che qui interessano, si può stabilire una sostanziale uguaglianza tra la
funzione produttiva e quella commerciale, in coerenza peraltro con la visione moderna delle
attività economiche (creatrici di sviluppo economico, di reddito e di occupazione) che
abbracciano le attività manifatturiere, quelle commerciali e quelle produttive di servizi in
genere.”
4. Di seguito si riporta la parte motiva della sentenza n.470/2012 emessa dal Giudice di Pace di
Castellammare di Stabia avverso una sanzione amministrativa irrogata dall’ente comunale per
l’apertura di un esercizio commerciale (rivendita di autoveicoli) in zona ASI (Area di Sviluppo
Industriale) dalla quale si evince la possibilità di aprire esercizi commerciali in zone destinate ad
attività produttive.
“ Motivi della decisione
Il ricorso è fondato, pertanto merita accoglimento. In via preliminare deve essere dichiarata
l’ammissibilità dell’opposizione perché proposta tempestivamente nel rispetto del termine di 30
4
giorni, previsto dalla legge,decorrente dalla notifica dell’ ordinanza, avvenuta in data
20/09/2011.
Nel merito, l’unico motivo rilevante ai fini dell’accoglimento è quello dell’insussistenza della
violazione.
Ed invero, gli artt. 7 e 22 del Dlgv. 114/98, sanzionano l’apertura, il trasferimento di sede e
l’ampliamento della superficie di un esercizio di vicinato, senza la preventiva comunicazione al
Comune.
Orbene il Comune non contesta la mancata comunicazione dell’inizio attività ma la circostanza
che tale comunicazione sia stata fatta per un’attività di produzione di beni e non per un’attività
commerciale di vendita autoveicoli, accertata sul posto.
La contestazione descritta attiene dunque alla violazione della destinazione d’uso dei locali e
non alla mancata comunicazione dell’inizio attività,
Sul punto la Suprema Corte ha avuto modo di affermare che la divergenza tra la norma che si
assume violata e il comportamento illecito descritto nel verbale, rende incerto il contenuto della
contestazione, con la conseguente invalidità del verbale ( Cass. Civ. 29/02/2008 n. 5605).
Tuttavia, pur volendo diversamente argomentare ritenere che in assenza di conformità tra
denuncia e situazione effettuale, la denuncia sia priva di effetti, la violazione è da ritenersi
egualmente insussistente,
Ed invero, l’attività di vendita è stata accertata nell’area territoriale ASI ( Consorzio per
l’Area di Sviluppo Industriale di Napoli ) dunque, in una zona destinata alla sola attività di
produzione.
Sul punto l’art 1 DPR. 20/10/1998 n. 447, avente per oggetto la localizzazione degli impianti
produttivi di beni e servizi nonché la loro realizzazione, ristrutturazione, ecc. è stato integrato
dal comma 1 bis DPR. 07/12/2000 n. 440, il quale sostanzialmente equipara le attività dì
produzione a quelle commerciali.
In applicazione di tale normativa è intervenuta la circolare 15/11/1999 n. 530971 del Ministero
dell’industria, del Commercio e dell’Artigianato dalla quale si evince che, in attuazione del
Dlgv 114/98, laddove ci fossero zone urbanistiche destinate ad insediamenti produttivi, si
devono intendere per tali, non solamente quelli industriali ma anche quelli commerciali,
uguagliando espressamente le due funzioni.
L’assunto trova ulteriore conferma nelle risultanze istruttorie, laddove il testimone **,
all’epoca dei fatti dirigente del SUAP ossia dell’ufficio addetto alle pratiche inerenti le attività
commerciali, ha riferito che in relazione alla zona ASI sono presenti molteplici pratiche
abilitanti alle attività commerciali e non solo industriali. il teste ha confermato infine che la
normativa in vigore ossia il DPR 440/2000 e il DPR 160/2010 ha equiparato le attività
commerciali a quelle industriali.
In siffatta situazione è possibile concludere che la contestazione in questione non tiene conto
dell’equiparazione, per legge, delle attività produttive a quelle commerciali ai fini della relativa
localizzazione e dei relativi insediamenti.
5
Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
P Q M
il Giudice dì Pace di Castellammare di Stabia, definitivamente pronunciando così provvede:
accoglie l’opposizione e, per l’effetto, annulla l’ordinanza-ingiunzione del Comune di
Castellammare di Stabia n. 72 D/2011 del 12/09/2011; condanna il Comune di Castellammare
di Stabia al pagamento delle spese di lite che liquida in complessivi .....
Così deciso in Castellammare di Stabìa, il l6/03/2012
Il Giudice di Pace: avv. Carlo Romano”
Sulla scorta del regolamento di cui al DPR 447/98, così come modificato dal DPR 440/2000, e
del DPR 2601/2010, il magistrato ha sancito che in un’area industriale possono essere
regolarmente autorizzate non solo attività industriali ma anche attività agricole, commerciali,
artigiane, turistiche ed alberghiere nonché attività relative ai servizi resi dalle banche e dagli
intermediari finanziari.
5. Le norme innanzi citate (DPR 447/98, DPR 440/200, DPR 160/2010) trovano ulteriore e
decisiva conferma nell’art. 31, comma 2, del Decreto Legge 201/2001, convertito, con
modificazioni, nella legge 22.12.2011 n. 214, che così recita:
“2. Secondo la disciplina dell'Unione Europea e nazionale in materia di concorrenza, libertà
di stabilimento e libera prestazione di servizi, costituisce principio generale dell'ordinamento
nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti,
limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della
salute, dei lavoratori, dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano , e dei beni culturali. Le
Regioni e gli enti locali adeguano i propri ordinamenti alle prescrizioni del presente comma
entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.”
Qualora non sussistano vincoli che rinvengono dalla tutela della salute dei lavoratori,
dell’ambiente, dei beni culturali, è, quindi, consentito aprire nuovi esercizi commerciali
sull’intero territorio nazionale ed in particolare nelle zone PIP.
E’ del tutto ovvio che l’apertura di esercizi commerciali, anche in zona PIP, deve essere
compatibile con le norme contenute nel Regolamento regionale 28 aprile 2009, n. 7 emanato in
attuazione dell’art. 2, comma 1, lettera a) della legge regionale n. 11 del 1 agosto 2003, come
modificata dalla legge regionale 7 maggio 2008, n. 5.
CONCLUSIONI
Al quesito formulato nella parte iniziale della presente, credo di poter rispondere, senza ombra di
dubbi, che gli operatori commerciali possono legittimamente esercitare la loro attività all’interno
di opifici ubicati in zona PIP.
In conseguenza, occorrerà modificare, in maniera opportuna, il regolamento di assegnazione dei
lotti al fine di consentire, non solo agli operatori commerciali, ma anche a tutti i soggetti che
operano nel settore della produzione di beni e servizi, soggetti individuati dall’art. 1 del DPR
447/1998 e dall’art. 1 del DPR 160/2010 di poter insediare i loro esercizi all’interno della zona
destinata alle attività produttive del nostro Comune
6
Con la speranza di aver fatto cosa gradita a te e a tutti coloro che hanno a cuore le sorti della nostra
zona PIP, ti saluto cordialmente.
Acquaviva delle Fonti 21.3.2014

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Quarto comunicato
 

Commercio

  • 1. 1 STUDIO TECNICO Ing. NICOLA LENOCI Via Annunziata 56 70021 Acquaviva delle Fonti (BA) Tel. 339 7745010 @-mail: nicola.lenoci1@tiscali.it All’Assessore alle Attività Produttive del Comune di ACQUAVIVA DELLE FONTI Oggetto: Possibilità di esercitare attività commerciali in zona PIP. ^^^^^^^^^^^^^ mi hai chiesto, tempo fa, di esprimere un parere riguardo alla possibilità di esercitare un’attività commerciale in locali, ubicati in zona PIP, destinati ad attività artigianale. Ho aderito alla tua richiesta e ti ho fatto presente che: - un imprenditore artigiano può effettuare, all’interno della sua azienda ed in maniera del tutto legittima, la vendita dei beni di sua produzione e/o la vendita di beni strettamente necessari ad eseguire le lavorazioni artigianali di sua competenza, senza che debba sottostare, per questo, alle disposizioni vigenti in materia di esercizio di attività commerciali, di intermediazione di vendita e di orario di vendita contenute nel decreto legislativo 31.3.1998, n. 114 e s.m.i., oltre che a norme urbanistiche specifiche; - un imprenditore artigiano può effettuare, all’interno della sua azienda ed in maniera del tutto legittima, la vendita di beni non di produzione propria e/o di beni non accessori all'esecuzione delle opere o alla prestazione del servizio, purché la sua attività complessiva abbia come scopo prevalente la di produzione di beni e/o la prestazione di servizi, ovvero che la attività artigianale sia prevalente rispetto a quella commerciale. In questo secondo caso la sua attività, per la parte propriamente commerciale, soggiace alle disposizioni contenute nel richiamato decreto legislativo 31.3.1998, n. 114 e s.m.i. Inoltre, poiché in fase di redazione del Piano per gli Insediamenti Produttivi (PIP) furono riservate aree a standard in misura più che doppia rispetto al minimo di legge, ho concluso il mio parere affermando che, nel caso in esame, non si riscontravano problemi urbanistici di sorta. Permettimi ora di andare oltre quel parere. Nel mese di ottobre del 2013, gli imprenditori di Putignano nel corso dell’incontro “La zona industriale che vuoi – Occupazione, innovazione, sviluppo e creatività”, presente il Sindaco Gianvincenzo Angelini De Miccolis, il Consigliere Provinciale Marco Galluzzi ed il Presidente del Consiglio Regionale Onofrio Introna, hanno chiesto che nella zona industriale si faccia posto anche ad attività commerciali, a cinema multi-sala, alle banche, ad attività turistiche, a centri di formazione, a sale conferenze, a mense, ecc.
  • 2. 2 Hanno, altresì, chiesto all’amministrazione comunale che venga concesso il cambio di destinazione d’uso di quei capannoni, attualmente non più utilizzati ed abbandonati, mediante strumenti di deroga urbanistica e/o attraverso una radicale modifica delle norme contenute nel vigente PRG. I problemi posti dagli imprenditori di Putignano, come è noto, interessano in eguale misura anche gli operatori della nostra zona PIP. Corre l’obbligo, pertanto, di dare risposte chiare ed inequivocabili sulla reale possibilità che hanno gli operatori commerciali di poter legittimamente esercitare la loro attività all’interno di opifici ubicati in zona PIP. 1. La risposta al quesito in parola va ricercata nel DPR 447/1998 (modificato dal DPR 440/2000) contenente il regolamento riguardante:”la localizzazione degli impianti produttivi di beni e servizi, la loro realizzazione, ristrutturazione, ampliamento, cessazione, riattivazione e riconversione dell'attività produttiva, nonché l'esecuzione di opere interne ai fabbricati adibiti ad uso di impresa.” e nel DPR 160/2010. Nel DPR 447/1998, tra l’altro, si legge: “Art. 1 comma 1: Il presente regolamento ha per oggetto la localizzazione degli impianti produttivi di beni e servizi, la loro realizzazione, ristrutturazione, ampliamento, cessazione, riattivazione e riconversione dell'attività produttiva, nonché l'esecuzione di opere interne ai fabbricati adibiti ad uso di impresa. Resta salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114. comma 1 bis: Rientrano tra gli impianti di cui al comma 1 quelli relativi a tutte le attività di produzione di beni e servizi, ivi incluse le attività agricole, commerciali e artigiane, le attività turistiche ed alberghiere, i servizi resi dalle banche e dagli intermediari finanziari, i servizi di telecomunicazioni.” Il DPR 160/2010, all’art. 1, comma1, lettera i), così definisce le attività produttive: “le attività di produzione di beni e servizi, incluse le attività agricole, commerciali e artigianali, le attività turistiche e alberghiere, i servizi resi dalle banche e dagli intermediari finanziari e i servizi di telecomunicazioni, di cui alla lettera b), comma 3, dell'articolo 38 del decreto-legge;” Dalla normativa riportata si evince che nelle aree destinate ad insediamenti produttivi di beni e servizi, possono essere insediati non solo opifici a carattere industriale e/o artigianale, ma, per legge, anche fabbricati destinati ad attività commerciali, agricole, turistiche ed alberghiere ecc. Ma vi è di più. 2. Poiché tutte le attività elencate (agricole, commerciali e artigiane, turistiche ed alberghiere....) appartengono alla famiglia delle attività produttive, ne consegue, stante la loro equivalenza, che anche gli opifici realizzati nelle aree PIP, destinati ad ospitarle, fanno parte di un’unica famiglia che è quella degli edifici destinati ad attività produttive. Sicché un medesimo fabbricato destinato ad attività produttive può, a seconda delle congiunture economiche, ospitare alternativamente attività industriali, artigianali, commerciali, agricole, turistiche, ecc. senza che questa alternanza debba essere assoggettata, in maniera previa, a cambi di destinazione d’uso.
  • 3. 3 Si tratta, consentimi l’ossimoro, di immobili destinati nel corso della loro vita a muoversi sulla scia dei cambiamenti imposti dalle leggi di mercato. Le norme citate, nonostante la loro disarmante semplicità, aprono scenari fortemente innovativi ed al passo con i tempi. Non più, quindi, opifici chiusi ed abbandonati a causa di congiunture sfavorevoli, ma edifici sempre aperti e pronti ad ospitare nuove possibilità produttive e commerciali in linea con le esigenze del mercato. Come dire: morta una attività.... subito e senza formalismi, avanti un’altra attività. Agli imprenditori di Putignano e di Acquaviva si potrà, pertanto, rispondere che, per legge, è consentito far posto, nella zona PIP, ad esercizi commerciali, a banche, ad attività turistiche, a centri di formazione, ecc.; così come, sempre per legge, non occorre chiedere cambio di destinazione d’uso per i capannoni abbandonati, mediante il ricorso a non meglio specificati strumenti di deroga urbanistica oppure tramite modifiche alle norme di PRG. 3. A conferma di quanto innanzi sostenuto si menziona la parte conclusiva della Circ. 15 novembre 1999, n. 530971 avente ad oggetto “Accordo sull’adeguamento degli strumenti urbanistici di cui all’art. 6 del D.Lgs 31 marzo 1998, n. 114”: “Tutto ciò premesso, ove le Regioni non abbiano diversamente disposto, sia in materia urbanistica che in attuazione del decreto legislativo n. 114 del 1998, va precisato che negli strumenti urbanistici vigenti, anche ove la funzione commerciale non sia codificata terminologicamente, essa va comunque presa in considerazione laddove l'insediamento commerciale era possibile. Del resto, anche ai sensi della previgente disciplina l'avvio dell'esercizio dell'attività commerciale era subordinato al rispetto delle norme relative alla destinazione e all'uso degli edifici nelle varie zone urbane e al riguardo, era stata autorevolmente sostenuta la necessità che, qualora nelle norme e negli strumenti urbanistici vi fossero riferimenti ad insediamenti produttivi in senso generico, senza precisare di quale tipo si trattasse, si dovevano intendere per tali non solamente quelli industriali, ma anche quelli commerciali. In altri termini ed ai fini che qui interessano, si può stabilire una sostanziale uguaglianza tra la funzione produttiva e quella commerciale, in coerenza peraltro con la visione moderna delle attività economiche (creatrici di sviluppo economico, di reddito e di occupazione) che abbracciano le attività manifatturiere, quelle commerciali e quelle produttive di servizi in genere.” 4. Di seguito si riporta la parte motiva della sentenza n.470/2012 emessa dal Giudice di Pace di Castellammare di Stabia avverso una sanzione amministrativa irrogata dall’ente comunale per l’apertura di un esercizio commerciale (rivendita di autoveicoli) in zona ASI (Area di Sviluppo Industriale) dalla quale si evince la possibilità di aprire esercizi commerciali in zone destinate ad attività produttive. “ Motivi della decisione Il ricorso è fondato, pertanto merita accoglimento. In via preliminare deve essere dichiarata l’ammissibilità dell’opposizione perché proposta tempestivamente nel rispetto del termine di 30
  • 4. 4 giorni, previsto dalla legge,decorrente dalla notifica dell’ ordinanza, avvenuta in data 20/09/2011. Nel merito, l’unico motivo rilevante ai fini dell’accoglimento è quello dell’insussistenza della violazione. Ed invero, gli artt. 7 e 22 del Dlgv. 114/98, sanzionano l’apertura, il trasferimento di sede e l’ampliamento della superficie di un esercizio di vicinato, senza la preventiva comunicazione al Comune. Orbene il Comune non contesta la mancata comunicazione dell’inizio attività ma la circostanza che tale comunicazione sia stata fatta per un’attività di produzione di beni e non per un’attività commerciale di vendita autoveicoli, accertata sul posto. La contestazione descritta attiene dunque alla violazione della destinazione d’uso dei locali e non alla mancata comunicazione dell’inizio attività, Sul punto la Suprema Corte ha avuto modo di affermare che la divergenza tra la norma che si assume violata e il comportamento illecito descritto nel verbale, rende incerto il contenuto della contestazione, con la conseguente invalidità del verbale ( Cass. Civ. 29/02/2008 n. 5605). Tuttavia, pur volendo diversamente argomentare ritenere che in assenza di conformità tra denuncia e situazione effettuale, la denuncia sia priva di effetti, la violazione è da ritenersi egualmente insussistente, Ed invero, l’attività di vendita è stata accertata nell’area territoriale ASI ( Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale di Napoli ) dunque, in una zona destinata alla sola attività di produzione. Sul punto l’art 1 DPR. 20/10/1998 n. 447, avente per oggetto la localizzazione degli impianti produttivi di beni e servizi nonché la loro realizzazione, ristrutturazione, ecc. è stato integrato dal comma 1 bis DPR. 07/12/2000 n. 440, il quale sostanzialmente equipara le attività dì produzione a quelle commerciali. In applicazione di tale normativa è intervenuta la circolare 15/11/1999 n. 530971 del Ministero dell’industria, del Commercio e dell’Artigianato dalla quale si evince che, in attuazione del Dlgv 114/98, laddove ci fossero zone urbanistiche destinate ad insediamenti produttivi, si devono intendere per tali, non solamente quelli industriali ma anche quelli commerciali, uguagliando espressamente le due funzioni. L’assunto trova ulteriore conferma nelle risultanze istruttorie, laddove il testimone **, all’epoca dei fatti dirigente del SUAP ossia dell’ufficio addetto alle pratiche inerenti le attività commerciali, ha riferito che in relazione alla zona ASI sono presenti molteplici pratiche abilitanti alle attività commerciali e non solo industriali. il teste ha confermato infine che la normativa in vigore ossia il DPR 440/2000 e il DPR 160/2010 ha equiparato le attività commerciali a quelle industriali. In siffatta situazione è possibile concludere che la contestazione in questione non tiene conto dell’equiparazione, per legge, delle attività produttive a quelle commerciali ai fini della relativa localizzazione e dei relativi insediamenti.
  • 5. 5 Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo. P Q M il Giudice dì Pace di Castellammare di Stabia, definitivamente pronunciando così provvede: accoglie l’opposizione e, per l’effetto, annulla l’ordinanza-ingiunzione del Comune di Castellammare di Stabia n. 72 D/2011 del 12/09/2011; condanna il Comune di Castellammare di Stabia al pagamento delle spese di lite che liquida in complessivi ..... Così deciso in Castellammare di Stabìa, il l6/03/2012 Il Giudice di Pace: avv. Carlo Romano” Sulla scorta del regolamento di cui al DPR 447/98, così come modificato dal DPR 440/2000, e del DPR 2601/2010, il magistrato ha sancito che in un’area industriale possono essere regolarmente autorizzate non solo attività industriali ma anche attività agricole, commerciali, artigiane, turistiche ed alberghiere nonché attività relative ai servizi resi dalle banche e dagli intermediari finanziari. 5. Le norme innanzi citate (DPR 447/98, DPR 440/200, DPR 160/2010) trovano ulteriore e decisiva conferma nell’art. 31, comma 2, del Decreto Legge 201/2001, convertito, con modificazioni, nella legge 22.12.2011 n. 214, che così recita: “2. Secondo la disciplina dell'Unione Europea e nazionale in materia di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi, costituisce principio generale dell'ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano , e dei beni culturali. Le Regioni e gli enti locali adeguano i propri ordinamenti alle prescrizioni del presente comma entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.” Qualora non sussistano vincoli che rinvengono dalla tutela della salute dei lavoratori, dell’ambiente, dei beni culturali, è, quindi, consentito aprire nuovi esercizi commerciali sull’intero territorio nazionale ed in particolare nelle zone PIP. E’ del tutto ovvio che l’apertura di esercizi commerciali, anche in zona PIP, deve essere compatibile con le norme contenute nel Regolamento regionale 28 aprile 2009, n. 7 emanato in attuazione dell’art. 2, comma 1, lettera a) della legge regionale n. 11 del 1 agosto 2003, come modificata dalla legge regionale 7 maggio 2008, n. 5. CONCLUSIONI Al quesito formulato nella parte iniziale della presente, credo di poter rispondere, senza ombra di dubbi, che gli operatori commerciali possono legittimamente esercitare la loro attività all’interno di opifici ubicati in zona PIP. In conseguenza, occorrerà modificare, in maniera opportuna, il regolamento di assegnazione dei lotti al fine di consentire, non solo agli operatori commerciali, ma anche a tutti i soggetti che operano nel settore della produzione di beni e servizi, soggetti individuati dall’art. 1 del DPR 447/1998 e dall’art. 1 del DPR 160/2010 di poter insediare i loro esercizi all’interno della zona destinata alle attività produttive del nostro Comune
  • 6. 6 Con la speranza di aver fatto cosa gradita a te e a tutti coloro che hanno a cuore le sorti della nostra zona PIP, ti saluto cordialmente. Acquaviva delle Fonti 21.3.2014