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CONVEGNO – CONFERENCE:       LA FAMI GLI A - THE FAMILY
REPUBBLICA DI SAN MARINO - REPUBLIC OF SAN MARINO: 15 Settembre 2012 - September 15, 2012

         ATTI DEL CONVEGNO - CONFERENCE PROCEEDINGS



                                        ON.LE PROF.SSA STEFANIA FUSCAGNI
                                        Consigliere Regionale
                                        Portavoce dell’Opposizione nel Consiglio regionale della
                                        Toscana
                                        Già docente universitaria e Pro-rettore dell'Università' di
                                        Firenze.,
                                        Presidente dell'Opera di Santa Croce a Firenze e Presidente
                                        Nazionale del CIRS, associazione di volontariato nata nel 1958
                                        per il reinserimento di donne in situazioni di disagio sociale

                                          “FAMIGLIA: RISORSA O PROBLEMA?”


 Ringrazio moltissimo gli organizzatori di questo convegno - il Kiwanis Club San Marino,
 l’Associazione culturale VADO ed in particolar modo il dottor Vallescura – per averci offerto
 un’occasione di confronto scientifico, giuridico e sociologico circa il presente ed il futuro della
 famiglia. Un confronto inaspettato e per me maturato, come spesso accade per gli incontri più
 fortunati, in maniera casuale essendo venuta io in sostituzione di un amico e collega: il
 Consigliere regionale Paolo Ammirati.
 Infatti non capita spesso, nel fare una cortesia, di riceverne in cambio una più grande!
 Così è stato per me per il tenore delle relazioni, il clima ed il contesto che ho respirato, per
 l’occasione e l’opportunità di poter condividere con voi idee, prospettive, valutazioni,progetti,
 esperienze e percorsi anche di vita privata a forte significato pubblico.
 Detto questo, in premessa mi corre l’obbligo di fare una considerazione iniziale: quanto
 leggerete qui di seguito è in gran parte diverso da ciò che ho detto durante i lavori seminariali.
 Questo per una ragione di merito e di metodo che ho necessità di chiarire al fine di esser fedele
 alle cose dette nel nostro incontro, ma anche alle cose non dette per ragioni oggettive.
 La spiego meglio. La mia presenza al convegno era prevista all’interno di una tavola rotonda
 Mi
 dedicata ad un confronto tra Regioni in merito alle politiche familiari.
 In effetti, pur avendo avuto una intensa e lunga esperienza istituzionale – come Prorettore,
 Responsabile Nazionale delle Donne della CISL, Parlamentare, Presidente di INDIRE - la mia
 presenza a questo seminario era legata alla mia attività di Consigliere regionale in Toscana e
 Portavoce dell’Opposizione in Consiglio regionale.
 Il venir meno del tavolo di confronto mi ha suggerito di lasciare agli atti la parte centrale del
 mio intervento incentrato sul rapporto regioni-politiche familiari con uno specifico focus sulla
 Toscana.

                                                                                                         1.6
CONVEGNO CONFERENCE: L A F AM I G LI A TH E F AM I LY
                                            REPUBLI C OF SAN MARINO: September 15, 2012

          ATTI DEL CONVEGNO - CONFERENCE PROCEEDINGS


Ho ritenuto, infatti, che la “solitudine” in questo segmento tematico rendesse improprio un mio
intervento politico - e ben definito nel giudizio negativo verso le politiche di centro-sinistra
toscane nell’ambito delle politiche familiari - in quanto esso sarebbe stato non un dialogo ma un
monologo senza controparte politica.
Questo mi ha indotto a prendere il tema da un'altra angolatura, più correlata alle questioni trattate
nelle splendide relazioni ascoltate. Ho quindi enucleato tre aspetti. Il primo è strettamente legato
alle dinamiche culturali ed istituzionali; ho sostenuto la tesi, che svilupperò in seguito, circa la
necessità di mettere a pulito il concetto di famiglia, la sua dimensione laica e pubblica, il suo peso
costituzionale.
In ciò sono state illuminanti le relazioni del Prof. Di Nubila e del Prof. Baldassarre. Il secondo
cenno è stato quello legato alle questioni educative e nella fattispecie alla sempre maggior perdita
di peso della famiglia nelle scelte didattiche e formative. Una perdita di peso - figlia del
macroscopico statalismo che contraddistingue il sistema scolastico italiano - che ha finito per
trasformare l’assenza di scelta da parte delle famiglie in un sostanziale “blocco meritocratico” che
caratterizza il personale docente e dirigente.
Ho riscontrato personalmente come Presidente di INDIRE e successivamente come Commissario
straordinario come l’istituzione scolastica sia legata, nella scelta delle professionalità, solo a
meccanismi inerziali che impediscono la selezione del corpo docente e il controllo sui risultati
complessivi delle scuole medesime. Su questo segmento potremmo fare moltissimi esempi si
pensi al solo fatto che la progressione stipendiale della docenza è legata esclusivamente
all’anzianità, un’ anomalia tutta italiana! Ciò è stato possibile perché le famiglie non hanno mai
avuto – e da ultimo mai preteso - di essere loro le titolari della scelta e quindi, di fatto, lo Stato si
è arrogato diritti che non dovrebbe avere.
Il terzo cenno, molto personale e privato legato al matrimonio di mia figlia, mi ha permesso di
nucleare un convincimento in base al quale la modernità torna a chiedere ritualizzazioni di senso
che dimostrano come la dimensione pubblica della famiglia costituzionale, oltre che celebrata in
un contesto religioso, fondi una nuova ed essenziale dinamica sociale che ha rilevanza pubblica
oltre che ovvia dimensione privata. Questa “pubblicità” - direi quasi inconscia, ma profonda - che
il matrimonio ancora assume, fonda la sua natura di elemento di condivisione a forte carica ociale
che sarebbe drammatico disperdere. L’idea di vita nuova, di investimento, di rito aperto e
celebrato – anche laicamente - all’interno di una comunità segna il passo di una vitalità che fonda
l’idea stessa di futuro.
Questo è quanto ho detto e che è parte integrante di ciò che penso da sempre.
Quanto avrei voluto dire, invece, attiene al tema: quali politiche familiari nelle regioni? Quali
politiche familiari in Toscana? Da qui in poi anche i presenti non riconosceranno le mie parole
perché non le ho mai pronunciate.
Faccio una premessa: ha senso di certo parlare di politiche familiari tenendo presente la
dimensione delle scelte politiche nazionali. Bene in questo senso ha fatto il rappresentate del
Forum delle Famiglie. Tuttavia, dopo la riforma del Titolo V e dopo quel poco (ma buono) di
federalismo che abbiamo potuto portare a maturazione, il segmento centrale per le politiche
familiari è di certo quello regionale..



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CONVEGNO CONFERENCE: L A F AM I G LI A TH E F AM I LY
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         ATTI DEL CONVEGNO - CONFERENCE PROCEEDINGS



Le regioni saranno i nuovi centri di sviluppo, o di regresso, del futuro delle politiche legate alla
famiglia, alla vita, alla natalità.
La prima domanda che pongo è questa: come mai su un tema dove a parole siamo tutti d’accordo
non si riesce a fare nulla di realmente e fortemente concreto? Perché questo è il caso della
Toscana.
Ve lo ripercorro, questo caso, perché da questa vicenda, politica ma tipica e topica, potremmo-
penso- andare al cuore della questione.
In Toscana il sistema politico è consolidato in una sorta di assenza di alternanza, nel senso che -
per ragioni politico-culturali - la sinistra governa da sempre. Non faccio questa riflessione per
ragioni polemiche - sarebbe pure controproducente, del resto chi perde ha sempre torto!- , ma
solo di analisi.
Non a caso in questo contesto carente di alternanza è stata istituita la figura del Portavoce
dell’Opposizione, figura rafforzata nelle prerogative, che ha due compiti: tenere insieme chi si
“oppone” alla Giunta e configurare una piattaforma programmatica
alternativa su pochi ma significativi punti da mettere in atto nella legislatura. Punti, cioè,
programmatici ma che vogliamo portare a realizzazione subito aprendo un confronto con la
maggioranza; questo perché riteniamo che questi aspetti siano dirimenti per una Toscana
migliore e siano, al tempo stesso e dal nostro punto di vista, non affrontati con sufficiente
attenzione ed efficacia dalla maggioranza.
Le politiche familiari sono uno dei punti che ho indicato da Portavoce dell’Opposizione come
essenziali sia nel configurare la nostra agenda politica di minoranza che si candida a divenire
maggioranza, sia nell’evidenziare la nostra identità programmatica di forze alternative alla
Giunta alternative ma sempre in dialettica secondo il dettato sturziano in base al quale “siamo
eletti da una parte, ma rappresentiamo tutta una comunità”).
Perché la famiglia come scelta programmatica di lunga durata? Per molte ragioni, l’ultima delle
quali quella di tipo valoriale che pure è la prima delle controdeduzioni che rendono così difficile
parlare di famiglia in Toscana. Ci arriverò. Abbiamo scelto la famiglia, fermo restando il dato
valoriale che tratterò in chiusura, perché la Toscana – e su questo mi verrebbe da dire l’Italia - ha
bisogno di: più competitività, più libertà, più competenze tecniche, più solidarietà e meno
assistenzialismo, più sinergia tra generazioni, più autonomia, meno politiche di massa e più
politiche di comunità.
Ma non solo: ha bisogno di una nuova spinta di fiducia che si traduce solo se i giovani e le
famiglie si sentono coraggiosi e non incoscienti se fanno figli. Per molti anni si è parlato di
Toscana felix, oggi non lo ammette più nessuno, senza capire che anche qualora fosse stata felix
in termini economici non lo era in termini reali perché questa Regione ha, da anni, il più basso
tasso di natalità d’Italia.
Che significa questo?
Significa che è una Regione triste.
E la tristezza, prima o poi, ha un costo economico e sociale. Oggi questo costo la Toscana lo
paghiamo moltissimo, di certo per la complicità di una crisi generale che non nego, ma che nella
mia regione ha un volto più profondo perché è crisi in tempo di sfiducia (cioè il contrario del
primo dopo guerra dove c’era la fame, ma c’era la forza di guardare lontano).



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         ATTI DEL CONVEGNO - CONFERENCE PROCEEDINGS



In Toscana la sfiducia profonda è venuta prima della crisi.
Allora, se questi sono i problemi della Toscana per come la vediamo noi, non possiamo pensare
di affrontare le singole criticità come compartimenti stagno, cioè pensare che sia possibile fare la
lista delle “malattie” e curarne una dopo l’altra.
Non è possibile dire: prima mi occupo della competitività, poi della formazione professionale,
poi delle politiche sociali, poi della natalità, poi delle politiche del lavoro.
Non è possibile perché non c’è tempo, non ci sono le risorse, ma soprattutto perché il corpo
sociale è come il corpo umano dove le implicazioni, in negativo così come in positivo, si tengono
insieme.
Serve allora trovare la chiave che permette di risolvere non tutti i problemi insieme (questi non
sono miracoli che può fare la politica, neppure la migliore), ma che innesca un meccanismo
positivo - direi di contaminazione - così che, trovato il punto fermo o se vogliamo la leva, siamo
nelle condizioni di sollevare il sistema complesso secondo una armonia di positive e connesse
corrispondenze.
Il punto fermo, il punto di sintesi per noi si chiama famiglia.
Si chiama famiglia perché la famiglia è una leva di sviluppo perché produce – il tessuto
produttivo toscano è legato ad aziende a gestione familiare-; perché innova; perché è un grande
ammortizzatore sociale; perché tiene insieme le generazioni; perché fa fronte al bisogno prima e
spesso meglio dello stato; perché è il contesto dove la fiducia si fa natalità.
Per arrivare a dire che la Toscana aveva – ed ha - bisogno di una nuova politica familiare per dare
il colpo di reni non siamo partiti da nostri intimi convincimenti – pur validi, riteniamo- ma siamo
partiti dall’analisi del PIL regionale, dall’analisi della disoccupazione giovanile, dai quotidiani
necrologi delle piccole e medie imprese a conduzione familiari, dalla crisi delle politiche socio-
sanitarie.
Abbiamo concluso che alla Toscana serva una nuova politica familiare; proprio qui dove le
politiche familiari non hanno né una legge di riferimento, né un direzione regionale, né un
Assessorato. Nulla.
La Toscana, che pure ha un modello socio-sanitario che io non condivido ma che ha una sua
logica, è una regione forse “pro-sociale” ma di certo “no-family”.
La famiglia entra in gioco in Toscana solo quando è patologia, mai quando è fisiologia.
Abbiamo quindi avvertito con certezza che le politiche familiari erano la risposta complessiva al
sistema dei problemi. Una risposta non miracolistica, ma di durata. La prova: in altre regioni
l’attivazione di politiche familiari ha avuto come riscontro un miglioramento generale in
economia e nel cosiddetto capitale sociale.
Ci siamo detti: facciamo una proposta di legge per la Toscana che abbia al centro la famiglia
come leva di sviluppo economico, sociale, culturale.
Siccome facciamo politica e sappiamo che le rigidità aiutano la propaganda ma non il
raggiungimento del risultato abbiamo detto anche: non facciamo una legge regionale fotocopia
della legge lombarda perché il modello lombardo è il modello alternativo, politicamente
parlando, a quello toscano.



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CONVEGNO CONFERENCE: L A F AM I G LI A TH E F AM I LY
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         ATTI DEL CONVEGNO - CONFERENCE PROCEEDINGS


Facciamo una raccolta di leggi regionali che possano dimostrare una pluralità di contesti politici
che hanno fatto scelte significative. Abbiamo quindi preso ad esempio la legge della Lombardia
e del Veneto; ma anche quella delle Marche e del Piemonte dell’allora Governatrice Bresso; e
poi la legge della Puglia voluta dal centro-destra ma non abrogata (anche se mi dicono
depotenziata) dal centrosinistra. Abbiamo preso ad esempio l’Umbria dove la forza
dell’Associazionismo ha aperto porte prima serrate.
Abbiamo preso i dati dagli uffici della Giunta. Bene. In Aula la legge è stata bocciata. Perché?
Perché se è vero che i contenuti potevano andare, se è vero che i dati erano buoni e veri, se è
vero che altre regioni anche di segno diverso avevano fatto questa scelta, c’era un problema:
nella premessa abbiamo scritto che la famiglia di cui si parlava era quella della Costituzione.
Così la Costituzione è stata la ragione della disgrazia della nostra legge. La Costituzione andava
superata, era vecchia, non riconosce le coppie omosessuali, dà al matrimonio una funzione
eccessiva.
Ci è stata fatta anche la proposta – venuta da un cattolico della maggioranza - di lasciare il testo
così com’era togliendo solo la parola “famiglia” e sostituendola con coppia, di fatto e di diritto.
A questa richiesta abbiamo detto: prima si riconosce un favor alla famiglia e poi se le risorse ci
saranno le stesse prerogative le riconosciamo a tutte le coppie di fatto (non abbiamo voluto
indagare se anche omosessuali, magari con una legislazione regionale avanzata).
Ci è stato detto che il favor familiae – quello che è in Costituzione - è discriminante; abbiamo
insomma scoperto che la nostra Costituzione fonda ingiustizie sociali!
Siamo andati in Aula con la certezza della sconfitta. Certezza confermata. Non ci siamo però
arresi e abbiamo attivato il “piano B”. In che cosa è consistito il “piano B”? Durante la scrittura
del testo di legge abbiamo contatto persone, associazioni, categorie economiche e nella
stragrande maggioranza esse si erano dette favorevoli all’impianto del testo.
Allora abbiamo cambiato natura alla legge: stesso testo nella sostanza ma nuovo e neutro
preambolo e niente simboli di Gruppi politici. La nostra legge cambiava i connotati formali e da
legge di iniziativa consiliare affidata ad una parte politica è divenuta legge di iniziativa popolare,
affidata cioè all’iniziativa dei Toscani. Procedura farraginosa, tempi stretti, burocrazia
soffocante, firme, timbri, autentiche, mobilitazione di eletti e simpatizzanti, certificati da
raccogliere in 287 comuni. In tre mesi oltre 8000 firme.
La legge arriva in Aula a firma dei Toscani. La sinistra radicale vota contro così come vota
contro il PD di estrazione PDS, mentre il PD di estrazione Margherita si astiene. In questo caso,
però, l’astensione vale come voto negativo. La legge è respinta per la seconda volta, l’atto è
decaduto e non è ripresentabile in quella forma.
La domanda è: perché? Perché in Toscana dire famiglia va assai bene, ma dire politiche per la
famiglia vuol dire “cattolici” non come esperienza di vita privata ma come esperienza pubblica e
ciò in Toscana vuol dire moderati cioè non progressisti quindi più o meno conservatori secondo
una accezione retrò.
La verità è che ci siamo giocati una legge sulla famiglia solo per un retro pensiero ideologico
figlio degli anni ’60. È così. Ecco che ciò che avevamo cercato di superare, cioè la resistenza
ideologica, è stata la ragione ultima di ciò che non ci ha permesso di vincere questa battaglia.




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CONVEGNO CONFERENCE: L A F AM I G LI A TH E F AM I LY
                                           REPUBLIC OF SAN MARINO: September 15, 2012
         ATTI DEL CONVEGNO - CONFERENCE PROCEEDINGS


Vedete: per me, per la mia storia, per la mia cultura e tradizione sarebbe stato più naturale
partire dal dato valoriale e vitale.
Io credo che la famiglia sia una società naturale fondata sul matrimonio e aperta alla venuta dei
figli; io credo che il mondo vada avanti perché esiste la possibilità di dare la vita e la vita la
danno un uomo e una donna; io credo che la Costituzione faccia benissimo a riconoscere dignità
ad ogni formazione sociale, ma favore a solo quella formazione sociale che nella sua naturalità e
stabilità crea il contesto della vita e della crescita.
Questo io credo.
Questo in Toscana, ma anche in Italia, non “fa fino” e allora mi sono autocensurata per arrivare
ad un risultato al quale comunque non sono arrivata. Questo mi ha convinto, e concludo, a dire
che serve ritornare alla dimensione culturale per chiarire gli aspetti di merito perché chi dice no
alle politiche familiari lo dice seguendo un tic pavloviano che o si sconfigge o ti sconfigge.
Questo è il tic del dopo sessantotto - non del sessantotto dei diritti, ma quello della presunta
rivoluzione-; è il tic del veterofemminismo che nulla più ha a che fare con i diritti delle donne; è
il tic del contro-conservatorismo che nulla ha a che vedere con l’innovazione; è il tic del
relativismo che fonda la sterilità di una comunità che prima è mentale, poi è culturale e quindi
diventa biologica.
Il tic è sempre il frutto essiccato di un modo di essere che ha perso di senso; ecco perché la sfida
per un nuovo approccio alla famiglia ha bisogno di giornate come questa dove le dinamiche
culturali, giuridiche, filosofiche, religiose – non dobbiamo aver paura di dire religione!-
esperienziali, pedagogiche, economiche si fondano insieme e scrivono, o meglio rileggono, la
tradizione del sentire popolare che è il vero sentire a cui chi fa politica deve portare rispetto.
Ci sono luoghi dove questo è più difficile, politicamente e culturalmente da fare, uno di questi
luoghi è la Toscana. Una terra di grande sapere e sentire che a volte e per certe cose ha ancora le
lancette ferme agli anni ’60. Non dico che ciò sia una colpa o un male o un difetto, dico solo che
a me non piace come non piace, presumo, a tutti quei toscani che una legge sulla famiglia
l’avrebbero voluta avere e vivere nella loro quotidianità.
Se riusciamo a riposizionare le questioni nella verità dei dati e nella oggettività delle analisi
sgombrando il campo dalle ideologie e magari occupandolo con buone idee di certo la sfida per
liberare le politiche familiari da retaggi dottrinari si potrà vincere.
E ciò si potrà fare se nella scena politica irrompe un pezzo di società civile, come siete voi, non
per prendere il posto della politica sacrificandola sull’altare dell’antipolitica, ma solo per far
sentire una voce di realismo in più che alla politica chiede fatti, non discorsi.
Grazie




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ATTI DEL CONVEGNO : LA FAMIGLIA - Contributo ’On. Prof.ssa Stefania Fuscagni

  • 1. CONVEGNO – CONFERENCE: LA FAMI GLI A - THE FAMILY REPUBBLICA DI SAN MARINO - REPUBLIC OF SAN MARINO: 15 Settembre 2012 - September 15, 2012 ATTI DEL CONVEGNO - CONFERENCE PROCEEDINGS ON.LE PROF.SSA STEFANIA FUSCAGNI Consigliere Regionale Portavoce dell’Opposizione nel Consiglio regionale della Toscana Già docente universitaria e Pro-rettore dell'Università' di Firenze., Presidente dell'Opera di Santa Croce a Firenze e Presidente Nazionale del CIRS, associazione di volontariato nata nel 1958 per il reinserimento di donne in situazioni di disagio sociale “FAMIGLIA: RISORSA O PROBLEMA?” Ringrazio moltissimo gli organizzatori di questo convegno - il Kiwanis Club San Marino, l’Associazione culturale VADO ed in particolar modo il dottor Vallescura – per averci offerto un’occasione di confronto scientifico, giuridico e sociologico circa il presente ed il futuro della famiglia. Un confronto inaspettato e per me maturato, come spesso accade per gli incontri più fortunati, in maniera casuale essendo venuta io in sostituzione di un amico e collega: il Consigliere regionale Paolo Ammirati. Infatti non capita spesso, nel fare una cortesia, di riceverne in cambio una più grande! Così è stato per me per il tenore delle relazioni, il clima ed il contesto che ho respirato, per l’occasione e l’opportunità di poter condividere con voi idee, prospettive, valutazioni,progetti, esperienze e percorsi anche di vita privata a forte significato pubblico. Detto questo, in premessa mi corre l’obbligo di fare una considerazione iniziale: quanto leggerete qui di seguito è in gran parte diverso da ciò che ho detto durante i lavori seminariali. Questo per una ragione di merito e di metodo che ho necessità di chiarire al fine di esser fedele alle cose dette nel nostro incontro, ma anche alle cose non dette per ragioni oggettive. La spiego meglio. La mia presenza al convegno era prevista all’interno di una tavola rotonda Mi dedicata ad un confronto tra Regioni in merito alle politiche familiari. In effetti, pur avendo avuto una intensa e lunga esperienza istituzionale – come Prorettore, Responsabile Nazionale delle Donne della CISL, Parlamentare, Presidente di INDIRE - la mia presenza a questo seminario era legata alla mia attività di Consigliere regionale in Toscana e Portavoce dell’Opposizione in Consiglio regionale. Il venir meno del tavolo di confronto mi ha suggerito di lasciare agli atti la parte centrale del mio intervento incentrato sul rapporto regioni-politiche familiari con uno specifico focus sulla Toscana. 1.6
  • 2. CONVEGNO CONFERENCE: L A F AM I G LI A TH E F AM I LY REPUBLI C OF SAN MARINO: September 15, 2012 ATTI DEL CONVEGNO - CONFERENCE PROCEEDINGS Ho ritenuto, infatti, che la “solitudine” in questo segmento tematico rendesse improprio un mio intervento politico - e ben definito nel giudizio negativo verso le politiche di centro-sinistra toscane nell’ambito delle politiche familiari - in quanto esso sarebbe stato non un dialogo ma un monologo senza controparte politica. Questo mi ha indotto a prendere il tema da un'altra angolatura, più correlata alle questioni trattate nelle splendide relazioni ascoltate. Ho quindi enucleato tre aspetti. Il primo è strettamente legato alle dinamiche culturali ed istituzionali; ho sostenuto la tesi, che svilupperò in seguito, circa la necessità di mettere a pulito il concetto di famiglia, la sua dimensione laica e pubblica, il suo peso costituzionale. In ciò sono state illuminanti le relazioni del Prof. Di Nubila e del Prof. Baldassarre. Il secondo cenno è stato quello legato alle questioni educative e nella fattispecie alla sempre maggior perdita di peso della famiglia nelle scelte didattiche e formative. Una perdita di peso - figlia del macroscopico statalismo che contraddistingue il sistema scolastico italiano - che ha finito per trasformare l’assenza di scelta da parte delle famiglie in un sostanziale “blocco meritocratico” che caratterizza il personale docente e dirigente. Ho riscontrato personalmente come Presidente di INDIRE e successivamente come Commissario straordinario come l’istituzione scolastica sia legata, nella scelta delle professionalità, solo a meccanismi inerziali che impediscono la selezione del corpo docente e il controllo sui risultati complessivi delle scuole medesime. Su questo segmento potremmo fare moltissimi esempi si pensi al solo fatto che la progressione stipendiale della docenza è legata esclusivamente all’anzianità, un’ anomalia tutta italiana! Ciò è stato possibile perché le famiglie non hanno mai avuto – e da ultimo mai preteso - di essere loro le titolari della scelta e quindi, di fatto, lo Stato si è arrogato diritti che non dovrebbe avere. Il terzo cenno, molto personale e privato legato al matrimonio di mia figlia, mi ha permesso di nucleare un convincimento in base al quale la modernità torna a chiedere ritualizzazioni di senso che dimostrano come la dimensione pubblica della famiglia costituzionale, oltre che celebrata in un contesto religioso, fondi una nuova ed essenziale dinamica sociale che ha rilevanza pubblica oltre che ovvia dimensione privata. Questa “pubblicità” - direi quasi inconscia, ma profonda - che il matrimonio ancora assume, fonda la sua natura di elemento di condivisione a forte carica ociale che sarebbe drammatico disperdere. L’idea di vita nuova, di investimento, di rito aperto e celebrato – anche laicamente - all’interno di una comunità segna il passo di una vitalità che fonda l’idea stessa di futuro. Questo è quanto ho detto e che è parte integrante di ciò che penso da sempre. Quanto avrei voluto dire, invece, attiene al tema: quali politiche familiari nelle regioni? Quali politiche familiari in Toscana? Da qui in poi anche i presenti non riconosceranno le mie parole perché non le ho mai pronunciate. Faccio una premessa: ha senso di certo parlare di politiche familiari tenendo presente la dimensione delle scelte politiche nazionali. Bene in questo senso ha fatto il rappresentate del Forum delle Famiglie. Tuttavia, dopo la riforma del Titolo V e dopo quel poco (ma buono) di federalismo che abbiamo potuto portare a maturazione, il segmento centrale per le politiche familiari è di certo quello regionale.. 2.6
  • 3. CONVEGNO CONFERENCE: L A F AM I G LI A TH E F AM I LY REPUBLIC OF SAN MARINO: September 15, 2012 ATTI DEL CONVEGNO - CONFERENCE PROCEEDINGS Le regioni saranno i nuovi centri di sviluppo, o di regresso, del futuro delle politiche legate alla famiglia, alla vita, alla natalità. La prima domanda che pongo è questa: come mai su un tema dove a parole siamo tutti d’accordo non si riesce a fare nulla di realmente e fortemente concreto? Perché questo è il caso della Toscana. Ve lo ripercorro, questo caso, perché da questa vicenda, politica ma tipica e topica, potremmo- penso- andare al cuore della questione. In Toscana il sistema politico è consolidato in una sorta di assenza di alternanza, nel senso che - per ragioni politico-culturali - la sinistra governa da sempre. Non faccio questa riflessione per ragioni polemiche - sarebbe pure controproducente, del resto chi perde ha sempre torto!- , ma solo di analisi. Non a caso in questo contesto carente di alternanza è stata istituita la figura del Portavoce dell’Opposizione, figura rafforzata nelle prerogative, che ha due compiti: tenere insieme chi si “oppone” alla Giunta e configurare una piattaforma programmatica alternativa su pochi ma significativi punti da mettere in atto nella legislatura. Punti, cioè, programmatici ma che vogliamo portare a realizzazione subito aprendo un confronto con la maggioranza; questo perché riteniamo che questi aspetti siano dirimenti per una Toscana migliore e siano, al tempo stesso e dal nostro punto di vista, non affrontati con sufficiente attenzione ed efficacia dalla maggioranza. Le politiche familiari sono uno dei punti che ho indicato da Portavoce dell’Opposizione come essenziali sia nel configurare la nostra agenda politica di minoranza che si candida a divenire maggioranza, sia nell’evidenziare la nostra identità programmatica di forze alternative alla Giunta alternative ma sempre in dialettica secondo il dettato sturziano in base al quale “siamo eletti da una parte, ma rappresentiamo tutta una comunità”). Perché la famiglia come scelta programmatica di lunga durata? Per molte ragioni, l’ultima delle quali quella di tipo valoriale che pure è la prima delle controdeduzioni che rendono così difficile parlare di famiglia in Toscana. Ci arriverò. Abbiamo scelto la famiglia, fermo restando il dato valoriale che tratterò in chiusura, perché la Toscana – e su questo mi verrebbe da dire l’Italia - ha bisogno di: più competitività, più libertà, più competenze tecniche, più solidarietà e meno assistenzialismo, più sinergia tra generazioni, più autonomia, meno politiche di massa e più politiche di comunità. Ma non solo: ha bisogno di una nuova spinta di fiducia che si traduce solo se i giovani e le famiglie si sentono coraggiosi e non incoscienti se fanno figli. Per molti anni si è parlato di Toscana felix, oggi non lo ammette più nessuno, senza capire che anche qualora fosse stata felix in termini economici non lo era in termini reali perché questa Regione ha, da anni, il più basso tasso di natalità d’Italia. Che significa questo? Significa che è una Regione triste. E la tristezza, prima o poi, ha un costo economico e sociale. Oggi questo costo la Toscana lo paghiamo moltissimo, di certo per la complicità di una crisi generale che non nego, ma che nella mia regione ha un volto più profondo perché è crisi in tempo di sfiducia (cioè il contrario del primo dopo guerra dove c’era la fame, ma c’era la forza di guardare lontano). 3.6
  • 4. CONVEGNO CONFERENCE: L A F AM I G LI A TH E F AM I LY REPUBLIC OF SAN MARINO: September 15, 2012 ATTI DEL CONVEGNO - CONFERENCE PROCEEDINGS In Toscana la sfiducia profonda è venuta prima della crisi. Allora, se questi sono i problemi della Toscana per come la vediamo noi, non possiamo pensare di affrontare le singole criticità come compartimenti stagno, cioè pensare che sia possibile fare la lista delle “malattie” e curarne una dopo l’altra. Non è possibile dire: prima mi occupo della competitività, poi della formazione professionale, poi delle politiche sociali, poi della natalità, poi delle politiche del lavoro. Non è possibile perché non c’è tempo, non ci sono le risorse, ma soprattutto perché il corpo sociale è come il corpo umano dove le implicazioni, in negativo così come in positivo, si tengono insieme. Serve allora trovare la chiave che permette di risolvere non tutti i problemi insieme (questi non sono miracoli che può fare la politica, neppure la migliore), ma che innesca un meccanismo positivo - direi di contaminazione - così che, trovato il punto fermo o se vogliamo la leva, siamo nelle condizioni di sollevare il sistema complesso secondo una armonia di positive e connesse corrispondenze. Il punto fermo, il punto di sintesi per noi si chiama famiglia. Si chiama famiglia perché la famiglia è una leva di sviluppo perché produce – il tessuto produttivo toscano è legato ad aziende a gestione familiare-; perché innova; perché è un grande ammortizzatore sociale; perché tiene insieme le generazioni; perché fa fronte al bisogno prima e spesso meglio dello stato; perché è il contesto dove la fiducia si fa natalità. Per arrivare a dire che la Toscana aveva – ed ha - bisogno di una nuova politica familiare per dare il colpo di reni non siamo partiti da nostri intimi convincimenti – pur validi, riteniamo- ma siamo partiti dall’analisi del PIL regionale, dall’analisi della disoccupazione giovanile, dai quotidiani necrologi delle piccole e medie imprese a conduzione familiari, dalla crisi delle politiche socio- sanitarie. Abbiamo concluso che alla Toscana serva una nuova politica familiare; proprio qui dove le politiche familiari non hanno né una legge di riferimento, né un direzione regionale, né un Assessorato. Nulla. La Toscana, che pure ha un modello socio-sanitario che io non condivido ma che ha una sua logica, è una regione forse “pro-sociale” ma di certo “no-family”. La famiglia entra in gioco in Toscana solo quando è patologia, mai quando è fisiologia. Abbiamo quindi avvertito con certezza che le politiche familiari erano la risposta complessiva al sistema dei problemi. Una risposta non miracolistica, ma di durata. La prova: in altre regioni l’attivazione di politiche familiari ha avuto come riscontro un miglioramento generale in economia e nel cosiddetto capitale sociale. Ci siamo detti: facciamo una proposta di legge per la Toscana che abbia al centro la famiglia come leva di sviluppo economico, sociale, culturale. Siccome facciamo politica e sappiamo che le rigidità aiutano la propaganda ma non il raggiungimento del risultato abbiamo detto anche: non facciamo una legge regionale fotocopia della legge lombarda perché il modello lombardo è il modello alternativo, politicamente parlando, a quello toscano. 4.6
  • 5. CONVEGNO CONFERENCE: L A F AM I G LI A TH E F AM I LY REPUBLIC OF SAN MARINO: September 15, 2012 ATTI DEL CONVEGNO - CONFERENCE PROCEEDINGS Facciamo una raccolta di leggi regionali che possano dimostrare una pluralità di contesti politici che hanno fatto scelte significative. Abbiamo quindi preso ad esempio la legge della Lombardia e del Veneto; ma anche quella delle Marche e del Piemonte dell’allora Governatrice Bresso; e poi la legge della Puglia voluta dal centro-destra ma non abrogata (anche se mi dicono depotenziata) dal centrosinistra. Abbiamo preso ad esempio l’Umbria dove la forza dell’Associazionismo ha aperto porte prima serrate. Abbiamo preso i dati dagli uffici della Giunta. Bene. In Aula la legge è stata bocciata. Perché? Perché se è vero che i contenuti potevano andare, se è vero che i dati erano buoni e veri, se è vero che altre regioni anche di segno diverso avevano fatto questa scelta, c’era un problema: nella premessa abbiamo scritto che la famiglia di cui si parlava era quella della Costituzione. Così la Costituzione è stata la ragione della disgrazia della nostra legge. La Costituzione andava superata, era vecchia, non riconosce le coppie omosessuali, dà al matrimonio una funzione eccessiva. Ci è stata fatta anche la proposta – venuta da un cattolico della maggioranza - di lasciare il testo così com’era togliendo solo la parola “famiglia” e sostituendola con coppia, di fatto e di diritto. A questa richiesta abbiamo detto: prima si riconosce un favor alla famiglia e poi se le risorse ci saranno le stesse prerogative le riconosciamo a tutte le coppie di fatto (non abbiamo voluto indagare se anche omosessuali, magari con una legislazione regionale avanzata). Ci è stato detto che il favor familiae – quello che è in Costituzione - è discriminante; abbiamo insomma scoperto che la nostra Costituzione fonda ingiustizie sociali! Siamo andati in Aula con la certezza della sconfitta. Certezza confermata. Non ci siamo però arresi e abbiamo attivato il “piano B”. In che cosa è consistito il “piano B”? Durante la scrittura del testo di legge abbiamo contatto persone, associazioni, categorie economiche e nella stragrande maggioranza esse si erano dette favorevoli all’impianto del testo. Allora abbiamo cambiato natura alla legge: stesso testo nella sostanza ma nuovo e neutro preambolo e niente simboli di Gruppi politici. La nostra legge cambiava i connotati formali e da legge di iniziativa consiliare affidata ad una parte politica è divenuta legge di iniziativa popolare, affidata cioè all’iniziativa dei Toscani. Procedura farraginosa, tempi stretti, burocrazia soffocante, firme, timbri, autentiche, mobilitazione di eletti e simpatizzanti, certificati da raccogliere in 287 comuni. In tre mesi oltre 8000 firme. La legge arriva in Aula a firma dei Toscani. La sinistra radicale vota contro così come vota contro il PD di estrazione PDS, mentre il PD di estrazione Margherita si astiene. In questo caso, però, l’astensione vale come voto negativo. La legge è respinta per la seconda volta, l’atto è decaduto e non è ripresentabile in quella forma. La domanda è: perché? Perché in Toscana dire famiglia va assai bene, ma dire politiche per la famiglia vuol dire “cattolici” non come esperienza di vita privata ma come esperienza pubblica e ciò in Toscana vuol dire moderati cioè non progressisti quindi più o meno conservatori secondo una accezione retrò. La verità è che ci siamo giocati una legge sulla famiglia solo per un retro pensiero ideologico figlio degli anni ’60. È così. Ecco che ciò che avevamo cercato di superare, cioè la resistenza ideologica, è stata la ragione ultima di ciò che non ci ha permesso di vincere questa battaglia. 5.6
  • 6. CONVEGNO CONFERENCE: L A F AM I G LI A TH E F AM I LY REPUBLIC OF SAN MARINO: September 15, 2012 ATTI DEL CONVEGNO - CONFERENCE PROCEEDINGS Vedete: per me, per la mia storia, per la mia cultura e tradizione sarebbe stato più naturale partire dal dato valoriale e vitale. Io credo che la famiglia sia una società naturale fondata sul matrimonio e aperta alla venuta dei figli; io credo che il mondo vada avanti perché esiste la possibilità di dare la vita e la vita la danno un uomo e una donna; io credo che la Costituzione faccia benissimo a riconoscere dignità ad ogni formazione sociale, ma favore a solo quella formazione sociale che nella sua naturalità e stabilità crea il contesto della vita e della crescita. Questo io credo. Questo in Toscana, ma anche in Italia, non “fa fino” e allora mi sono autocensurata per arrivare ad un risultato al quale comunque non sono arrivata. Questo mi ha convinto, e concludo, a dire che serve ritornare alla dimensione culturale per chiarire gli aspetti di merito perché chi dice no alle politiche familiari lo dice seguendo un tic pavloviano che o si sconfigge o ti sconfigge. Questo è il tic del dopo sessantotto - non del sessantotto dei diritti, ma quello della presunta rivoluzione-; è il tic del veterofemminismo che nulla più ha a che fare con i diritti delle donne; è il tic del contro-conservatorismo che nulla ha a che vedere con l’innovazione; è il tic del relativismo che fonda la sterilità di una comunità che prima è mentale, poi è culturale e quindi diventa biologica. Il tic è sempre il frutto essiccato di un modo di essere che ha perso di senso; ecco perché la sfida per un nuovo approccio alla famiglia ha bisogno di giornate come questa dove le dinamiche culturali, giuridiche, filosofiche, religiose – non dobbiamo aver paura di dire religione!- esperienziali, pedagogiche, economiche si fondano insieme e scrivono, o meglio rileggono, la tradizione del sentire popolare che è il vero sentire a cui chi fa politica deve portare rispetto. Ci sono luoghi dove questo è più difficile, politicamente e culturalmente da fare, uno di questi luoghi è la Toscana. Una terra di grande sapere e sentire che a volte e per certe cose ha ancora le lancette ferme agli anni ’60. Non dico che ciò sia una colpa o un male o un difetto, dico solo che a me non piace come non piace, presumo, a tutti quei toscani che una legge sulla famiglia l’avrebbero voluta avere e vivere nella loro quotidianità. Se riusciamo a riposizionare le questioni nella verità dei dati e nella oggettività delle analisi sgombrando il campo dalle ideologie e magari occupandolo con buone idee di certo la sfida per liberare le politiche familiari da retaggi dottrinari si potrà vincere. E ciò si potrà fare se nella scena politica irrompe un pezzo di società civile, come siete voi, non per prendere il posto della politica sacrificandola sull’altare dell’antipolitica, ma solo per far sentire una voce di realismo in più che alla politica chiede fatti, non discorsi. Grazie 6.6