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52 puntoeffe
La paura ossessiva di essere av-
velenato obbligava il re del Pon-
to (Asia Minore) Mitridate VI det-
to il “Grande” (120-63 a.C.) - sconfitto da
Pompeo presso l’Eufrate - a consumare
un particolare antidoto, da cui deriva la
formula del rimedio universale per eccel-
lenza: la Teriaca, dal greco therion (vipe-
ra o animale velenoso in genere). Suc-
cessivamente, infatti, nella Roma dei Ce-
sari il medico dell’imperatore Nerone,
Andromaco il Vecchio, apportò un raffi-
nato perfezionamento alla Teriaca origi-
naria aggiungendovi proprio la carne di
vipera: nasce, così, la Theriaca Magna o
Theriaca di Andromaco perfezionata,
poi, da Critone, medico di Traiano.
Questo potente contravveleno e celeber-
rima specialità dell’antichità era ottenuta
cuocendo la carne della femmina di vi-
pera dei Colli Euganei, non gravida, cat-
turata qualche settimana dopo il letargo
invernale, privata della testa, della coda
e delle viscere, bollita in acqua di fonte
salata ed aromatizzata con aneto. Tritu-
rata e miscelata poi nel mortaio con op-
pio, scilla (cardiotonico) e molti altri in-
gredienti e polvere di pan secco raggiun-
geva una consistenza adatta a farne pa-
sta per compresse, ovvero i famosi trosi-
ci di vipera, dal greco trochiskos (rotella,
ovvero pillola). La preparazione, per rag-
giungere il massimo dell’efficacia, dove-
va “maturare” per almeno sei anni ed
era considerata valida fino al trentaseie-
simo anno.
Le virtù terapeutiche di tale preparato
spaziavano per avvelenamenti, affezioni
broncopolmonari infettive e purulente,
forme ulcerative dell’apparato digerente
e urogenitale, forme spastiche e doloro-
se dell’apparato digerente, diarrea, emi-
crania, angina, morsi dei cani, ipoacu-
sia, tosse, insonnia, ansia, perdita della
vista, contratture muscolo-scheletriche,
febbri maligne, lebbra, peste. Col tempo
servì anche come lenitivo per dolori del
corpo, tosse cronicizzata, vomiti e il tra-
bocco di fiele.
Le modalità di somministrazione e il do-
saggio variavano a seconda della malat-
C O M E E R A V A M O
Vita e
52-53:52-53 9-11-2006 15:46 Pagina 48
servazione dell’antidoto e il suo relativo
contenitore che dovrà essere un «vaso
vitreato, che sia capace, la quarta parte
di più che non è l’antidoto per ogni gior-
no vi si meschierà dentro nei primi gior-
ni dopo fatto si lassa scoperto il vaso
per meza hora del giorno dopo si tien
serrato».
Martin Ruland, poi, nel Lexicon Alche-
miae del 1612 alla voce theriaca, non
manca di accostare il vocabolo alla stessa
pietra filosofale mentre il Pernety, nel vol.
2 del Dizionario Mito Ermetico (1758) ne
sottolinea la valenza simbolica di polifar-
maco: «… il senso più usato in cui biso-
gna intendere il termine teriaca, è che i Fi-
losofi hanno chiamato così il loro Magiste-
ro perfetto, perché esso è il rimedio più
eccellente della Natura e dell’Arte, per
guarire tanto i Veleni che le altre malattie
del corpo umano e dei metalli».
Alla fine del XVIII secolo la Teriaca scom-
pare dalle farmacopee di molte città eu-
ropee, ma in Italia, soprattutto meridio-
nale, la sua popolarità continua a lungo.
Nel 1779, infatti, il re di Napoli Ferdi-
nando IV di Borbone impone addirittura
il monopolio statale sulla preparazione
del contravveleno al fine di tutelare la sa-
lute pubblica eliminando le preparazioni
false e, soprattutto, controllandone eco-
nomicamente il mercato.
Tutti gli speziali del regno, inoltre, dove-
vano acquistarne mezzo libbra l’anno
minimo ed esibirla con relativa ricevuta
di acquisto nel corso delle ispezioni an-
nuali protomedicali.
Tuttavia, l’esperimento borbonico del
monopolio di Teriaca fu sostanzialmente
fallimentare.
Una delle ultime presenze in letteratura
di una formula dell’ormai desueta Teria-
ca è nella seconda edizione del Manuale
dei medicamenti galenici e chimici del-
l’Orosi pubblicato a Firenze nel 1872.
nella sua opera effettua una precisazio-
ne filologica: la comune etimologia dal
greco therion (serpente) viene abitual-
mente attribuita alla Teriaca a partire
dalla presenza, tra i suoi ingredienti, del-
la carne di vipera. La denominazione, in
realtà, preesiste all’introduzione della
carne di vipera nell’antidoto e deve il suo
nome alla straordinaria efficacia che da
sempre ha dimostrato (anche prima che
Andromaco vi introducesse la carne di
vipera) per curare i morsi di tutte le ser-
pi. Se, dunque, vi fosse stato specifico ri-
ferimento alla vipera, particolare specie
di serpente, il vocabolo greco più appro-
priato sarebbe stato, conclude il Maran-
ta, echidna e non therion.
INIZIANO LE LIMITAZIONI
La preparazione della Teriaca nei secoli
successivi avverrà per dimostrazione
pubblica alla presenza di autorità che ne
certificano la qualità: «Fur preparati tutti
i simplici necessarij per la composizione
così della Theriaca come del Mithridato
e fattone scelta furno messi in bellissimi
vasi e riposti in luoco publico molto orna-
to per tre continui giorni ad effetto che
sian spettaculo a tutti e che ciascun po-
tesse volendo esaminare le predette co-
se: al quarto giorno, convocati gli Eccel-
lenti Priori, e Consiglieri così di Medici,
come di spetiali, e fatto diligente esami-
na de gli ingredienti, furno con molta di-
ligenza tolti a peso secondo la descrizio-
ne presente di modo che non si prende-
va cosa se non col giusto peso non va-
riando ponto di più o meno» (dal libro
del 1595 Avertimenti nella compositioni
de’ medicamenti per uso della spetiaria)
dello speziale veneziano Giorgio Meli-
chio, padrone della “Spetiaria allo Struz-
zo in Venezia”.
Nella stessa opera, inoltre, il maestro
speziale descrive la metodica di con-
tia, dell’età e del grado di debilitazione
del paziente. Si assumeva stemperata
nel vino, nel miele, nell’acqua o avvolta
in foglia d’oro, ma la conditio sine qua
non era che doveva essere assunta dopo
aver purgato il corpo, altrimenti il rime-
dio sarebbe stato peggiore del male.
Per i trattamenti con la Teriaca il periodo
più favorevole era l’inverno, seguito dal-
l’autunno e dalla primavera. Da evitare,
a meno di gravi situazioni, l’estate. In
realtà oggi sappiamo che il principio atti-
vo è un cardiotonico e diuretico con atti-
vità farmacologica simile a quella della
digitale, senza gli effetti indesiderati del-
l’accumulo. Altri costituenti sono l’oppio
e l’opobalsamo. L’oppio usato nella Te-
riaca proveniva per la maggior parte da
Tebe in quanto la qualità era di molto su-
periore a quella dell’oppio turco. Il Tebai-
co, supremo per purezza, era «denso,
grave, amaro al gusto, sonnifero nell’o-
dorarlo, agevole da risolversi con l’ac-
qua, bianco e liscio» mentre il turco era
«aspro, negro, granelloso, meschiato di
frondi e altre brutture». Un altro ingre-
diente della Teriaca è l’opobalsamo (xilo-
balsamo, carpobalsamo). L’opobalsamo
o balsamo orientale fu descritto come
virtuoso e sublime ingrediente dai più
importanti semplicisti come Dioscoride,
Plinio e Prospero Alpino.
LA SVOLTA DEL CINQUECENTO
Nel 1572 è pubblicato dal naturalista
Bartolomeo Maranta a Venezia il testo
Della Theriaca et del Mithridato libri due,
opera divulgativa indirizzata principal-
mente agli speziali, strutturata come una
dotta glossa ai passi di Galeno sulla Te-
riaca e con un’appendice recante il testo
latino dell’elegia di Andromaco tratta dal
De Theriaca ad Pisonem.
A proposito del miracoloso antidoto è uti-
le una digressione in quanto Maranta
DI RAIMONDO VILLANO
Una rassegna sul famoso rimedio terapeutico a base di vipera,
ormai in disuso, per ripercorrere una storia che ha inizio sulle rive
dell’Eufrate, due millenni e qualcosa fa...
morte della Teriaca
puntoeffe 53
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Raimondo Villano - articolo: La teriaca

  • 1. 52 puntoeffe La paura ossessiva di essere av- velenato obbligava il re del Pon- to (Asia Minore) Mitridate VI det- to il “Grande” (120-63 a.C.) - sconfitto da Pompeo presso l’Eufrate - a consumare un particolare antidoto, da cui deriva la formula del rimedio universale per eccel- lenza: la Teriaca, dal greco therion (vipe- ra o animale velenoso in genere). Suc- cessivamente, infatti, nella Roma dei Ce- sari il medico dell’imperatore Nerone, Andromaco il Vecchio, apportò un raffi- nato perfezionamento alla Teriaca origi- naria aggiungendovi proprio la carne di vipera: nasce, così, la Theriaca Magna o Theriaca di Andromaco perfezionata, poi, da Critone, medico di Traiano. Questo potente contravveleno e celeber- rima specialità dell’antichità era ottenuta cuocendo la carne della femmina di vi- pera dei Colli Euganei, non gravida, cat- turata qualche settimana dopo il letargo invernale, privata della testa, della coda e delle viscere, bollita in acqua di fonte salata ed aromatizzata con aneto. Tritu- rata e miscelata poi nel mortaio con op- pio, scilla (cardiotonico) e molti altri in- gredienti e polvere di pan secco raggiun- geva una consistenza adatta a farne pa- sta per compresse, ovvero i famosi trosi- ci di vipera, dal greco trochiskos (rotella, ovvero pillola). La preparazione, per rag- giungere il massimo dell’efficacia, dove- va “maturare” per almeno sei anni ed era considerata valida fino al trentaseie- simo anno. Le virtù terapeutiche di tale preparato spaziavano per avvelenamenti, affezioni broncopolmonari infettive e purulente, forme ulcerative dell’apparato digerente e urogenitale, forme spastiche e doloro- se dell’apparato digerente, diarrea, emi- crania, angina, morsi dei cani, ipoacu- sia, tosse, insonnia, ansia, perdita della vista, contratture muscolo-scheletriche, febbri maligne, lebbra, peste. Col tempo servì anche come lenitivo per dolori del corpo, tosse cronicizzata, vomiti e il tra- bocco di fiele. Le modalità di somministrazione e il do- saggio variavano a seconda della malat- C O M E E R A V A M O Vita e 52-53:52-53 9-11-2006 15:46 Pagina 48
  • 2. servazione dell’antidoto e il suo relativo contenitore che dovrà essere un «vaso vitreato, che sia capace, la quarta parte di più che non è l’antidoto per ogni gior- no vi si meschierà dentro nei primi gior- ni dopo fatto si lassa scoperto il vaso per meza hora del giorno dopo si tien serrato». Martin Ruland, poi, nel Lexicon Alche- miae del 1612 alla voce theriaca, non manca di accostare il vocabolo alla stessa pietra filosofale mentre il Pernety, nel vol. 2 del Dizionario Mito Ermetico (1758) ne sottolinea la valenza simbolica di polifar- maco: «… il senso più usato in cui biso- gna intendere il termine teriaca, è che i Fi- losofi hanno chiamato così il loro Magiste- ro perfetto, perché esso è il rimedio più eccellente della Natura e dell’Arte, per guarire tanto i Veleni che le altre malattie del corpo umano e dei metalli». Alla fine del XVIII secolo la Teriaca scom- pare dalle farmacopee di molte città eu- ropee, ma in Italia, soprattutto meridio- nale, la sua popolarità continua a lungo. Nel 1779, infatti, il re di Napoli Ferdi- nando IV di Borbone impone addirittura il monopolio statale sulla preparazione del contravveleno al fine di tutelare la sa- lute pubblica eliminando le preparazioni false e, soprattutto, controllandone eco- nomicamente il mercato. Tutti gli speziali del regno, inoltre, dove- vano acquistarne mezzo libbra l’anno minimo ed esibirla con relativa ricevuta di acquisto nel corso delle ispezioni an- nuali protomedicali. Tuttavia, l’esperimento borbonico del monopolio di Teriaca fu sostanzialmente fallimentare. Una delle ultime presenze in letteratura di una formula dell’ormai desueta Teria- ca è nella seconda edizione del Manuale dei medicamenti galenici e chimici del- l’Orosi pubblicato a Firenze nel 1872. nella sua opera effettua una precisazio- ne filologica: la comune etimologia dal greco therion (serpente) viene abitual- mente attribuita alla Teriaca a partire dalla presenza, tra i suoi ingredienti, del- la carne di vipera. La denominazione, in realtà, preesiste all’introduzione della carne di vipera nell’antidoto e deve il suo nome alla straordinaria efficacia che da sempre ha dimostrato (anche prima che Andromaco vi introducesse la carne di vipera) per curare i morsi di tutte le ser- pi. Se, dunque, vi fosse stato specifico ri- ferimento alla vipera, particolare specie di serpente, il vocabolo greco più appro- priato sarebbe stato, conclude il Maran- ta, echidna e non therion. INIZIANO LE LIMITAZIONI La preparazione della Teriaca nei secoli successivi avverrà per dimostrazione pubblica alla presenza di autorità che ne certificano la qualità: «Fur preparati tutti i simplici necessarij per la composizione così della Theriaca come del Mithridato e fattone scelta furno messi in bellissimi vasi e riposti in luoco publico molto orna- to per tre continui giorni ad effetto che sian spettaculo a tutti e che ciascun po- tesse volendo esaminare le predette co- se: al quarto giorno, convocati gli Eccel- lenti Priori, e Consiglieri così di Medici, come di spetiali, e fatto diligente esami- na de gli ingredienti, furno con molta di- ligenza tolti a peso secondo la descrizio- ne presente di modo che non si prende- va cosa se non col giusto peso non va- riando ponto di più o meno» (dal libro del 1595 Avertimenti nella compositioni de’ medicamenti per uso della spetiaria) dello speziale veneziano Giorgio Meli- chio, padrone della “Spetiaria allo Struz- zo in Venezia”. Nella stessa opera, inoltre, il maestro speziale descrive la metodica di con- tia, dell’età e del grado di debilitazione del paziente. Si assumeva stemperata nel vino, nel miele, nell’acqua o avvolta in foglia d’oro, ma la conditio sine qua non era che doveva essere assunta dopo aver purgato il corpo, altrimenti il rime- dio sarebbe stato peggiore del male. Per i trattamenti con la Teriaca il periodo più favorevole era l’inverno, seguito dal- l’autunno e dalla primavera. Da evitare, a meno di gravi situazioni, l’estate. In realtà oggi sappiamo che il principio atti- vo è un cardiotonico e diuretico con atti- vità farmacologica simile a quella della digitale, senza gli effetti indesiderati del- l’accumulo. Altri costituenti sono l’oppio e l’opobalsamo. L’oppio usato nella Te- riaca proveniva per la maggior parte da Tebe in quanto la qualità era di molto su- periore a quella dell’oppio turco. Il Tebai- co, supremo per purezza, era «denso, grave, amaro al gusto, sonnifero nell’o- dorarlo, agevole da risolversi con l’ac- qua, bianco e liscio» mentre il turco era «aspro, negro, granelloso, meschiato di frondi e altre brutture». Un altro ingre- diente della Teriaca è l’opobalsamo (xilo- balsamo, carpobalsamo). L’opobalsamo o balsamo orientale fu descritto come virtuoso e sublime ingrediente dai più importanti semplicisti come Dioscoride, Plinio e Prospero Alpino. LA SVOLTA DEL CINQUECENTO Nel 1572 è pubblicato dal naturalista Bartolomeo Maranta a Venezia il testo Della Theriaca et del Mithridato libri due, opera divulgativa indirizzata principal- mente agli speziali, strutturata come una dotta glossa ai passi di Galeno sulla Te- riaca e con un’appendice recante il testo latino dell’elegia di Andromaco tratta dal De Theriaca ad Pisonem. A proposito del miracoloso antidoto è uti- le una digressione in quanto Maranta DI RAIMONDO VILLANO Una rassegna sul famoso rimedio terapeutico a base di vipera, ormai in disuso, per ripercorrere una storia che ha inizio sulle rive dell’Eufrate, due millenni e qualcosa fa... morte della Teriaca puntoeffe 53 52-53:52-53 9-11-2006 15:46 Pagina 49