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Il Documento di Economia e Finanza (DEF) è il perno centrale del ciclo di programmazione
economica e finanziaria di bilancio dello Stato e prepara i risultati che bisogna raggiungere al
termine pluriennale, ci permette di capire che riforme possiamo supportare, che coperture finanziare
abbiamo e come ragioneremo in merito.
Disgraziatamente, come esplicitato dai portavoce parlamentari del Movimento 5 Stelle, il DEF verrà
trattato nella “Commissione Speciale” mettendo quindi in ombra tutte le “Commissioni
Permanenti” che potrebbero apportare, invece, un importante supporto tecnico su varie riforme che
sono fondamentali per lo Stato a maggior ragione in questo momento. Oltre a ciò si riscontra come
nel periodo preso a riferimento dal DEF, influiscano negativamente la recente riforma
Costituzionale del Governo Monti in merito al Pareggio di Bilancio e il Fiscal Compact che di fatto
ne condizionano gli sviluppi futuri.
Nel DEF una paginetta è destinata all'ILVA di Taranto e da quanto si apprende dal documento,
sembra che la “Questione Ilva” sia stata affrontata nella passata legislatura con successo e che essa
si avvia ad un prosperoso futuro visto i due provvedimenti citati. Il DL 129/2012 convertito in L
171/2012 “Disposizioni urgenti per il risanamento ambientale e la riqualificazione del territorio
della città di Taranto” e il DL n.207/2012 convertito in L n.231/2012 recante “Disposizioni urgenti
a tutela della salute, dell'ambiente e dei livelli di occupazione, in caso di crisi di stabilimenti
industriali di interesse strategico nazionale”.
In merito al primo provvedimento, è volto – secondo quanto evidenziato – a fronteggiare la grave
situazione di criticità ambientale e sanitaria nel sito di bonifica di interesse nazionale di Taranto. Un
Protocollo d’intesa per interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di
Taranto che è stato stipulato il 26 luglio 2012 tra il Governo e le amministrazioni territoriali con un
quadro complessivo degli interventi del Protocollo che ammonta a 329,5 milioni di parte pubblica e
7,2 milioni di parte privata (TCT SpA – Taranto Container Terminal). In realtà, dei complessivi
336,7 milioni considerati, solo 119 milioni sono destinati alle bonifiche, 187 milioni agli interventi
portuali e 30 milioni al rilancio e alla riqualificazione industriale. Di questi ultimi 30 Milioni di
euro, non è dato sapere come si stanno impiegando e che sviluppo stanno avendo. Da quanto si
apprende dal DEF, l'intero protocollo, tratta di un provvedimento mirato al mantenimento della
produzione, al risanamento ambientale, al rispetto della salute. Peccato che non venga esplicitato
nel documento, che l’area dichiarata ad alto rischio di crisi ambientale sin dalla deliberazione del
Consiglio dei Ministri adottata nella riunione del 30 novembre del 1990, comprende le aree dei
Comuni di Taranto (in cui vi è anche la Salina Grande ignorata dai recenti provvedimenti), Massafra,
Crispiano, Montemesola e per ultimo il comune di Statte formato nel 1992 che si trova all'interno di
tale perimetrazione. Inoltre, a seguito della ORDINANZA DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA
REGIONALE del 23 febbraio 2010, n. 176, “Visti gli esiti del monitoraggio espletato per la ricerca di
PCB e diossina nelle produzioni zootecniche dal Dipartimento di Prevenzione della ASL TA, sugli
allevamenti presenti nel raggio di 15 Km dall’area industriale di Taranto” le aree non coltivate
attorno al polo industriale sono state interdette al pascolo per un raggio di 20 chilometri.
A fronte di tutto ciò, la quota stanziata per le bonifiche è evidentemente insufficiente e riguarda solo
la messa in sicurezza e bonifica dei suoli contaminati del martoriato quartiere tamburi di Taranto (8
Milioni di euro), della zone PIP del Comune di Statte (40 milioni di euro), della falda superficiale
del SIN di Taranto (50 milioni) e dei sedimenti contaminati da PCB nel Mar Piccolo (21 milioni di
euro). In merito alla bonifica del Mar Piccolo, l’operazione rischia di peggiorare la situazione
ambientale in quanto qualora fossero effettuati dragaggi questi provocherebbero - secondo alcuni
studiosi - “un notevole incremento della torbidità dell’acqua e rimetterebbero in circolo inquinanti
ormai depositati sotto strati di sedimento, che tornerebbero ad essere biodisponibili.
Paradossalmente la “bonifica” produrrebbe un aumento della concentrazione degli inquinanti
nella colonna d’acqua. Inoltre, l’enorme volume di materiale rimosso dal fondale marino e
seriamente contaminato non solo da diossine e PCB ma anche da metalli pesanti come il mercurio,
dovrebbe essere necessariamente trattato e smaltito”.... “Gravi danni si avrebbero alle praterie di
alghe e piante marine, e a tutti gli organismi che crescono sul fondo e sulle strutture immerse degli
impianti di mitilicoltura. Danni si avrebbero anche ai mitili allevati che patirebbero molto
l’incremento della sospensione e dei contaminanti nella colonna d’acqua mobilizzati dal dragaggio,
e non potrebbero essere allevati nelle aree bonificate per un lungo periodo di tempo. Infine, sarebbe
del tutto annullata la capacità naturale di autodepurazione del mare, così importante per
ripristinare condizioni ambientali soddisfacenti.” Se poi si viene a conoscenza che riguardo al Mar
Piccolo non si è ancora certi dell’individuazione e quindi dell’eliminazione delle fonti inquinanti
che probabilmente continuano tuttora ad aggiungere inquinamento ad inquinamento, si ottiene un
quadro davvero inquietante visto che se gli interventi non verranno effettuati entro il 2013 si rischia
di perdere i finanziamenti. A fronte di tutto ciò diviene quindi lampante la superficialità con cui si è
affrontata l'emergenza dimenticando che già in passato sono stati programmati e approvati diversi
Piani di disinquinamento per il risanamento del territorio di Taranto (DPR 23 aprile 1998) che nulla
hanno prodotto e di cui nulla è dato sapere.
Il Protocollo del 26 Luglio 2012 non tratta la maggior parte delle aree menzionate nell'attuazione
del Programma nazionale bonifiche dei siti inquinati approvato con D.M. 10.01.2000 che
ricordiamo essere pari a circa 22 Kmq (area privata), 10 Kmq (aree pubbliche), 22 Kmq (Mar
Piccolo), 51 Kmq (Mar Grande), 9,8 Kmq (Salina Grande) e 17 Km di sviluppo delle coste.
Pertanto non solo i provvedimenti stanziati risulterebbero insufficienti per bonificare l'enorme
territorio contaminato, ma in alcuni casi risulterebbero deleteri (come nel caso del Mar Piccolo che
ricordo essere un bacino chiuso, una laguna). Vi è poi da ricordare che in merito alla Falda
Contaminata si è nella più assoluta ignoranza in quanto non si riescono ad avere notizie sulla Messa
in sicurezza della Falda superficiale che ricordiamo essere inquinata – secondo la Relazione sullo
stato dell'ambiente 2010 dell'Arpa sulle acque sotterranee del Sito d'Interesse Nazionale di Taranto -
dalla presenza di diversi inquinanti come Arsenico, Selenio, Alluminio, Ferro, Manganese, Nichel,
Piombo, Cianuri, Cobalto, Cromo totale, Cromo esavalente, Solfati, Nitriti, BTEX, alifatici clorurati
cancerogeni e non cancerogeni, IPA singoli e totali, Idrocarburi tot, MTBE. Vi è inoltre specificato
che le criticità ambientali sono determinate dalla presenza di industrie siderurgiche, petrolifere e
cementiere, che rappresentano le principali fonti di inquinamento per il suolo, il sottosuolo e per le
acque di falda, nonché per i sedimenti marini. Di questa messa in sicurezza della falda di superficie
non si conosce nulla e nemmeno dei provvedimenti che il Governo vorrà intraprendere nei confronti
dell'inquinamento nella falda di profondità, provvedimenti che anche questi non rientrano nel
Protocollo del 26 Luglio 2012.
Vi è poi il secondo provvedimento, il DL n.207/2012 convertito in L n.231/2012 denominato dai
cittadini di Taranto “Salva Ilva” di cui molto ci sarebbe da dire a cominciare dal fatto che le
associazioni ambientaliste, di categoria, i comitati di cittadini e lavoratori, i medici e i pediatri, e le
cittadine e i cittadini senza nessun appartenenza né politica né associativa di Taranto sono scesi più
volte in piazza a manifestare il dissenso contro questo provvedimento. Nella pagine del DEF in
merito alla “vicenda Ilva” in merito al DL n.207/2012 convertito in L n.231/2012, vi è scritto che:
1 - “Inoltre in questo modo vengono perseguite in maniera inderogabile le finalità espresse dai
provvedimenti assunti dall’autorità giudiziaria...” L'affermazione non risulta veritiera in quanto,
l’art. 1 comma 4 stabilisce indirettamente che nel caso di sequestro ‘senza facoltà d’uso’(come il
caso di Taranto) da parte delle autorità giudiziaria, il provvedimento giudiziario non può essere
applicato in quanto deve essere sempre garantita la produzione: (art.1 comma 4)“Le disposizioni di
cui al comma 1 trovano applicazione anche quando l’autorità giudiziaria abbia adottato
provvedimenti di sequestro sui beni dell’impresa titolare dello stabilimento. In tale caso i
provvedimenti di sequestro non impediscono, nel corso del periodo di tempo indicato
nell’autorizzazione l’esercizio dell’attività d’impresa a norma del comma 1”. In altre parole,
sebbene la magistratura avesse messo in evidenza l’emergenza sanitaria, la presenza di rilevanti
criticità dal punto di vista dello stato degli impianti (che non avrebbero potuto garantire il rispetto
degli standard europei) e dell’intero stabilimento (in particolare per la presenza di emissioni diffuse
e fuggitive), - problematiche che richiedevano interventi immediati con blocco dell’attività
produttiva in quanto nociva per la popolazione circostante - con questo decreto legge, poi convertito
in legge, l’aspetto produttivo è stato privilegiato rispetto a quello sanitario. La magistratura, infatti,
riteneva necessario tutelare la salute pubblica intervenendo immediatamente con il blocco
dell’attività produttiva, garantendo la marcia degli impianti solo allo scopo di migliorarne le
condizioni.
Vi è poi un altra inesattezza: ‘Il decreto di oggi mira…..secondo i termini dell’autorizzazione’
Va sottolineato invece che l’azienda Ilva non solo è risultata inadempiente già nel primo trimestre
alle prescrizioni previste dall’autorizzazione integrata ambientale, ma ha chiesto (ed ottenuto)
proroghe per interventi che andavano invece effettuati ‘sin da subito’. Tali inadempienze sono
documentate non solo dalla relazione presentata dall’Ilva, ma dal garante del governo, dall’Ispra, e
dall’Arpa. Attualmente ci risulta che misure efficaci (previste tra l’altro sia dalla normativa Aia, sia
dalla legge che la ‘recepisce’) atte a tutelare la salute pubblica in caso di inadempienze che
aggravano la situazione ambientale e sanitaria, non sono state applicate dalle autorità competenti.
Risulta imbarazzante per uno Stato che dovrebbe salvaguardare la salute dei propri cittadini più di
qualsiasi produzione di oggetti metallici, non trovare nessuna citazione in merito alle perizie degli
Epidemiologi e dei Chimici, utilizzate dalla Procura di Taranto nell'incidente probatorio. Citando
dal testo di una delle due - “L’esposizione continuata agli inquinanti dell’atmosfera emessi
dall’impianto siderurgico ha causato e causa nella popolazione fenomeni degenerativi di apparati
diversi dell’organismo umano che si traducono in eventi di malattia e di morte.” - e ancora - “il
quadro sanitario della popolazione di Taranto esposta alle emissioni industriali e impiegata in
diversi comparti lavorativi appare compromesso. Alcuni degli effetti riscontrati si continueranno a
manifestare nel futuro a causa della latenza tra esposizione ed esiti ma la gran parte di questi
potranno essere ridotti con interventi di prevenzione ambientale”. - poi a pagina 219 della perizia
epidemiologica sono presenti i dati che ogni parlamentare avrebbe dovuto conoscere prima di
votare il “ Salva Ilva”: -“Nei 13 anni di osservazione sono attribuibili alle emissioni industriali
386 decessi totali (30 per anno), ovvero l’1.4% della mortalità totale, la gran parte per cause
cardiache. Sono altresì attribuibili 237 casi di tumore maligno con diagnosi da ricovero
ospedaliero (18 casi per anno), 247 eventi coronarici con ricorso al ricovero (19 per anno), 937
casi di ricovero ospedaliero per malattie respiratorie (74 per anno) in gran parte nella popolazione
di età pediatrica, 638 casi totali, 49 per anno”. E risulta ancora più imbarazzante e inquietante che
a fronte di tali perizie, viene evidenziato nel DEF un presunto miglioramento dei livelli ambientali
semplicemente perché una relazione tecnica dell'Arpa di febbraio 2013 (di cui non risulta traccia
neanche sul sito WEB dell'Arpa) indica un miglioramento della qualità dell'aria nel terzo
quadrimestre del 2012 e nel primo del 2013, periodi che coincidono – a detta di molti operai - con
una diminuzione della produzione e contestualmente con un maggior uso della cassa integrazione a
cui sono stati sotto posti gli operai dell'Ilva. Tali supposizioni vengono confermate proprio da
un'osservazione dei dati di produzione del 2012 pubblicate sul sito ILVA S.p.A.
http://www.ilvaspa.com/it/ilvaspaprofilo.aspx
Forse non tutti sanno che l’ILVA S.p.A. è sorta con tale denominazione nel 2013 ed è costituita da
un insieme di società specializzate nella produzione di acciai piani al carbonio e tubi saldati e
lamiere. Il gruppo possiede 15 siti produttivi: 6 in Italia; 1 in Francia; 1 in Grecia; 1 in Tunisia. La
produzione complessiva di acciaio nel 2012 è stata di 8,2 milioni di tonnellate, dato inferiore
rispetto al 2011 inerente il solo stabilimento di Taranto di 8,5 milioni di tonnellate come appreso da
fonti della stampa http://www.ilmondo.it/economia/2012-11-26/ilva-stop-taranto-28-
produzione-italiana-acciaio_147535.shtml
Ricordiamo che gli operai ad oggi subiscono uno stravolgimento dei propri contratti lavorativi
passando ai cosiddetti contratti di “solidarietà”.
Ma i dubbi che oggi più che mai a Taranto stanno nascendo, riguardano le nuove e apparentemente
inspiegabili scelte aziendali. La prima consiste con l'inspiegabile scissione del “Rivagroup” in “Ilva
Spa” e “Riva Fire” avvenuto proprio nel 2013. Vuol dire questo che gli investimenti previsti
dall’AIA per il risanamento degli impianti e per la liquidità, dovranno uscire dalle casse dell’Ilva
Spa? La stessa società che sino al mese scorso veniva data in grandissima difficoltà economica
dallo stesso presidente Ferrante?
In tutto ciò, nel DEF non vi è una sola parola che cita la parola “acciaio” e ciò risulta perlomeno
grottesco in quanto nel DL n.207/2012 convertito in L n.231/2012 si cita chiaramente nell'art.1-bis
che “Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente
decreto, il Governo adotta una strategia industriale per la filiera produttiva dell'acciaio.”. Ma a
109 giorni (lunedì 22 aprile) dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del rinominato
“Salva Ilva” di questa strategia industriale, il DEF non prevede nulla a riguardo. Anzi, sembra
addirittura che il Governo Monti si lavi le mani di tutto quello che è avvenuto e tutto quello che
avverrà in merito.

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Il documento di economia e finanza

  • 1. Il Documento di Economia e Finanza (DEF) è il perno centrale del ciclo di programmazione economica e finanziaria di bilancio dello Stato e prepara i risultati che bisogna raggiungere al termine pluriennale, ci permette di capire che riforme possiamo supportare, che coperture finanziare abbiamo e come ragioneremo in merito. Disgraziatamente, come esplicitato dai portavoce parlamentari del Movimento 5 Stelle, il DEF verrà trattato nella “Commissione Speciale” mettendo quindi in ombra tutte le “Commissioni Permanenti” che potrebbero apportare, invece, un importante supporto tecnico su varie riforme che sono fondamentali per lo Stato a maggior ragione in questo momento. Oltre a ciò si riscontra come nel periodo preso a riferimento dal DEF, influiscano negativamente la recente riforma Costituzionale del Governo Monti in merito al Pareggio di Bilancio e il Fiscal Compact che di fatto ne condizionano gli sviluppi futuri. Nel DEF una paginetta è destinata all'ILVA di Taranto e da quanto si apprende dal documento, sembra che la “Questione Ilva” sia stata affrontata nella passata legislatura con successo e che essa si avvia ad un prosperoso futuro visto i due provvedimenti citati. Il DL 129/2012 convertito in L 171/2012 “Disposizioni urgenti per il risanamento ambientale e la riqualificazione del territorio della città di Taranto” e il DL n.207/2012 convertito in L n.231/2012 recante “Disposizioni urgenti a tutela della salute, dell'ambiente e dei livelli di occupazione, in caso di crisi di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale”. In merito al primo provvedimento, è volto – secondo quanto evidenziato – a fronteggiare la grave situazione di criticità ambientale e sanitaria nel sito di bonifica di interesse nazionale di Taranto. Un Protocollo d’intesa per interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto che è stato stipulato il 26 luglio 2012 tra il Governo e le amministrazioni territoriali con un quadro complessivo degli interventi del Protocollo che ammonta a 329,5 milioni di parte pubblica e 7,2 milioni di parte privata (TCT SpA – Taranto Container Terminal). In realtà, dei complessivi 336,7 milioni considerati, solo 119 milioni sono destinati alle bonifiche, 187 milioni agli interventi portuali e 30 milioni al rilancio e alla riqualificazione industriale. Di questi ultimi 30 Milioni di euro, non è dato sapere come si stanno impiegando e che sviluppo stanno avendo. Da quanto si apprende dal DEF, l'intero protocollo, tratta di un provvedimento mirato al mantenimento della produzione, al risanamento ambientale, al rispetto della salute. Peccato che non venga esplicitato nel documento, che l’area dichiarata ad alto rischio di crisi ambientale sin dalla deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione del 30 novembre del 1990, comprende le aree dei Comuni di Taranto (in cui vi è anche la Salina Grande ignorata dai recenti provvedimenti), Massafra, Crispiano, Montemesola e per ultimo il comune di Statte formato nel 1992 che si trova all'interno di tale perimetrazione. Inoltre, a seguito della ORDINANZA DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE del 23 febbraio 2010, n. 176, “Visti gli esiti del monitoraggio espletato per la ricerca di PCB e diossina nelle produzioni zootecniche dal Dipartimento di Prevenzione della ASL TA, sugli allevamenti presenti nel raggio di 15 Km dall’area industriale di Taranto” le aree non coltivate attorno al polo industriale sono state interdette al pascolo per un raggio di 20 chilometri. A fronte di tutto ciò, la quota stanziata per le bonifiche è evidentemente insufficiente e riguarda solo la messa in sicurezza e bonifica dei suoli contaminati del martoriato quartiere tamburi di Taranto (8 Milioni di euro), della zone PIP del Comune di Statte (40 milioni di euro), della falda superficiale del SIN di Taranto (50 milioni) e dei sedimenti contaminati da PCB nel Mar Piccolo (21 milioni di euro). In merito alla bonifica del Mar Piccolo, l’operazione rischia di peggiorare la situazione ambientale in quanto qualora fossero effettuati dragaggi questi provocherebbero - secondo alcuni studiosi - “un notevole incremento della torbidità dell’acqua e rimetterebbero in circolo inquinanti ormai depositati sotto strati di sedimento, che tornerebbero ad essere biodisponibili. Paradossalmente la “bonifica” produrrebbe un aumento della concentrazione degli inquinanti nella colonna d’acqua. Inoltre, l’enorme volume di materiale rimosso dal fondale marino e seriamente contaminato non solo da diossine e PCB ma anche da metalli pesanti come il mercurio, dovrebbe essere necessariamente trattato e smaltito”.... “Gravi danni si avrebbero alle praterie di alghe e piante marine, e a tutti gli organismi che crescono sul fondo e sulle strutture immerse degli impianti di mitilicoltura. Danni si avrebbero anche ai mitili allevati che patirebbero molto
  • 2. l’incremento della sospensione e dei contaminanti nella colonna d’acqua mobilizzati dal dragaggio, e non potrebbero essere allevati nelle aree bonificate per un lungo periodo di tempo. Infine, sarebbe del tutto annullata la capacità naturale di autodepurazione del mare, così importante per ripristinare condizioni ambientali soddisfacenti.” Se poi si viene a conoscenza che riguardo al Mar Piccolo non si è ancora certi dell’individuazione e quindi dell’eliminazione delle fonti inquinanti che probabilmente continuano tuttora ad aggiungere inquinamento ad inquinamento, si ottiene un quadro davvero inquietante visto che se gli interventi non verranno effettuati entro il 2013 si rischia di perdere i finanziamenti. A fronte di tutto ciò diviene quindi lampante la superficialità con cui si è affrontata l'emergenza dimenticando che già in passato sono stati programmati e approvati diversi Piani di disinquinamento per il risanamento del territorio di Taranto (DPR 23 aprile 1998) che nulla hanno prodotto e di cui nulla è dato sapere. Il Protocollo del 26 Luglio 2012 non tratta la maggior parte delle aree menzionate nell'attuazione del Programma nazionale bonifiche dei siti inquinati approvato con D.M. 10.01.2000 che ricordiamo essere pari a circa 22 Kmq (area privata), 10 Kmq (aree pubbliche), 22 Kmq (Mar Piccolo), 51 Kmq (Mar Grande), 9,8 Kmq (Salina Grande) e 17 Km di sviluppo delle coste. Pertanto non solo i provvedimenti stanziati risulterebbero insufficienti per bonificare l'enorme territorio contaminato, ma in alcuni casi risulterebbero deleteri (come nel caso del Mar Piccolo che ricordo essere un bacino chiuso, una laguna). Vi è poi da ricordare che in merito alla Falda Contaminata si è nella più assoluta ignoranza in quanto non si riescono ad avere notizie sulla Messa in sicurezza della Falda superficiale che ricordiamo essere inquinata – secondo la Relazione sullo stato dell'ambiente 2010 dell'Arpa sulle acque sotterranee del Sito d'Interesse Nazionale di Taranto - dalla presenza di diversi inquinanti come Arsenico, Selenio, Alluminio, Ferro, Manganese, Nichel, Piombo, Cianuri, Cobalto, Cromo totale, Cromo esavalente, Solfati, Nitriti, BTEX, alifatici clorurati cancerogeni e non cancerogeni, IPA singoli e totali, Idrocarburi tot, MTBE. Vi è inoltre specificato che le criticità ambientali sono determinate dalla presenza di industrie siderurgiche, petrolifere e cementiere, che rappresentano le principali fonti di inquinamento per il suolo, il sottosuolo e per le acque di falda, nonché per i sedimenti marini. Di questa messa in sicurezza della falda di superficie non si conosce nulla e nemmeno dei provvedimenti che il Governo vorrà intraprendere nei confronti dell'inquinamento nella falda di profondità, provvedimenti che anche questi non rientrano nel Protocollo del 26 Luglio 2012. Vi è poi il secondo provvedimento, il DL n.207/2012 convertito in L n.231/2012 denominato dai cittadini di Taranto “Salva Ilva” di cui molto ci sarebbe da dire a cominciare dal fatto che le associazioni ambientaliste, di categoria, i comitati di cittadini e lavoratori, i medici e i pediatri, e le cittadine e i cittadini senza nessun appartenenza né politica né associativa di Taranto sono scesi più volte in piazza a manifestare il dissenso contro questo provvedimento. Nella pagine del DEF in merito alla “vicenda Ilva” in merito al DL n.207/2012 convertito in L n.231/2012, vi è scritto che: 1 - “Inoltre in questo modo vengono perseguite in maniera inderogabile le finalità espresse dai provvedimenti assunti dall’autorità giudiziaria...” L'affermazione non risulta veritiera in quanto, l’art. 1 comma 4 stabilisce indirettamente che nel caso di sequestro ‘senza facoltà d’uso’(come il caso di Taranto) da parte delle autorità giudiziaria, il provvedimento giudiziario non può essere applicato in quanto deve essere sempre garantita la produzione: (art.1 comma 4)“Le disposizioni di cui al comma 1 trovano applicazione anche quando l’autorità giudiziaria abbia adottato provvedimenti di sequestro sui beni dell’impresa titolare dello stabilimento. In tale caso i provvedimenti di sequestro non impediscono, nel corso del periodo di tempo indicato nell’autorizzazione l’esercizio dell’attività d’impresa a norma del comma 1”. In altre parole, sebbene la magistratura avesse messo in evidenza l’emergenza sanitaria, la presenza di rilevanti criticità dal punto di vista dello stato degli impianti (che non avrebbero potuto garantire il rispetto degli standard europei) e dell’intero stabilimento (in particolare per la presenza di emissioni diffuse e fuggitive), - problematiche che richiedevano interventi immediati con blocco dell’attività produttiva in quanto nociva per la popolazione circostante - con questo decreto legge, poi convertito in legge, l’aspetto produttivo è stato privilegiato rispetto a quello sanitario. La magistratura, infatti,
  • 3. riteneva necessario tutelare la salute pubblica intervenendo immediatamente con il blocco dell’attività produttiva, garantendo la marcia degli impianti solo allo scopo di migliorarne le condizioni. Vi è poi un altra inesattezza: ‘Il decreto di oggi mira…..secondo i termini dell’autorizzazione’ Va sottolineato invece che l’azienda Ilva non solo è risultata inadempiente già nel primo trimestre alle prescrizioni previste dall’autorizzazione integrata ambientale, ma ha chiesto (ed ottenuto) proroghe per interventi che andavano invece effettuati ‘sin da subito’. Tali inadempienze sono documentate non solo dalla relazione presentata dall’Ilva, ma dal garante del governo, dall’Ispra, e dall’Arpa. Attualmente ci risulta che misure efficaci (previste tra l’altro sia dalla normativa Aia, sia dalla legge che la ‘recepisce’) atte a tutelare la salute pubblica in caso di inadempienze che aggravano la situazione ambientale e sanitaria, non sono state applicate dalle autorità competenti. Risulta imbarazzante per uno Stato che dovrebbe salvaguardare la salute dei propri cittadini più di qualsiasi produzione di oggetti metallici, non trovare nessuna citazione in merito alle perizie degli Epidemiologi e dei Chimici, utilizzate dalla Procura di Taranto nell'incidente probatorio. Citando dal testo di una delle due - “L’esposizione continuata agli inquinanti dell’atmosfera emessi dall’impianto siderurgico ha causato e causa nella popolazione fenomeni degenerativi di apparati diversi dell’organismo umano che si traducono in eventi di malattia e di morte.” - e ancora - “il quadro sanitario della popolazione di Taranto esposta alle emissioni industriali e impiegata in diversi comparti lavorativi appare compromesso. Alcuni degli effetti riscontrati si continueranno a manifestare nel futuro a causa della latenza tra esposizione ed esiti ma la gran parte di questi potranno essere ridotti con interventi di prevenzione ambientale”. - poi a pagina 219 della perizia epidemiologica sono presenti i dati che ogni parlamentare avrebbe dovuto conoscere prima di votare il “ Salva Ilva”: -“Nei 13 anni di osservazione sono attribuibili alle emissioni industriali 386 decessi totali (30 per anno), ovvero l’1.4% della mortalità totale, la gran parte per cause cardiache. Sono altresì attribuibili 237 casi di tumore maligno con diagnosi da ricovero ospedaliero (18 casi per anno), 247 eventi coronarici con ricorso al ricovero (19 per anno), 937 casi di ricovero ospedaliero per malattie respiratorie (74 per anno) in gran parte nella popolazione di età pediatrica, 638 casi totali, 49 per anno”. E risulta ancora più imbarazzante e inquietante che a fronte di tali perizie, viene evidenziato nel DEF un presunto miglioramento dei livelli ambientali semplicemente perché una relazione tecnica dell'Arpa di febbraio 2013 (di cui non risulta traccia neanche sul sito WEB dell'Arpa) indica un miglioramento della qualità dell'aria nel terzo quadrimestre del 2012 e nel primo del 2013, periodi che coincidono – a detta di molti operai - con una diminuzione della produzione e contestualmente con un maggior uso della cassa integrazione a cui sono stati sotto posti gli operai dell'Ilva. Tali supposizioni vengono confermate proprio da un'osservazione dei dati di produzione del 2012 pubblicate sul sito ILVA S.p.A. http://www.ilvaspa.com/it/ilvaspaprofilo.aspx Forse non tutti sanno che l’ILVA S.p.A. è sorta con tale denominazione nel 2013 ed è costituita da un insieme di società specializzate nella produzione di acciai piani al carbonio e tubi saldati e lamiere. Il gruppo possiede 15 siti produttivi: 6 in Italia; 1 in Francia; 1 in Grecia; 1 in Tunisia. La produzione complessiva di acciaio nel 2012 è stata di 8,2 milioni di tonnellate, dato inferiore rispetto al 2011 inerente il solo stabilimento di Taranto di 8,5 milioni di tonnellate come appreso da fonti della stampa http://www.ilmondo.it/economia/2012-11-26/ilva-stop-taranto-28- produzione-italiana-acciaio_147535.shtml Ricordiamo che gli operai ad oggi subiscono uno stravolgimento dei propri contratti lavorativi passando ai cosiddetti contratti di “solidarietà”. Ma i dubbi che oggi più che mai a Taranto stanno nascendo, riguardano le nuove e apparentemente inspiegabili scelte aziendali. La prima consiste con l'inspiegabile scissione del “Rivagroup” in “Ilva Spa” e “Riva Fire” avvenuto proprio nel 2013. Vuol dire questo che gli investimenti previsti dall’AIA per il risanamento degli impianti e per la liquidità, dovranno uscire dalle casse dell’Ilva Spa? La stessa società che sino al mese scorso veniva data in grandissima difficoltà economica dallo stesso presidente Ferrante?
  • 4. In tutto ciò, nel DEF non vi è una sola parola che cita la parola “acciaio” e ciò risulta perlomeno grottesco in quanto nel DL n.207/2012 convertito in L n.231/2012 si cita chiaramente nell'art.1-bis che “Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Governo adotta una strategia industriale per la filiera produttiva dell'acciaio.”. Ma a 109 giorni (lunedì 22 aprile) dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del rinominato “Salva Ilva” di questa strategia industriale, il DEF non prevede nulla a riguardo. Anzi, sembra addirittura che il Governo Monti si lavi le mani di tutto quello che è avvenuto e tutto quello che avverrà in merito.