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C.I.R.S.D.I.G.
Centro Interuniversitario per le ricerche
Sulla Sociologia del Diritto e delle Istituzioni Giuridiche
Quaderni della Sezione: Diritto e Comunicazioni Sociali
www.cirsdig.it

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MESSINA
Facoltà di Scienze Politiche
Dipartimento di Economia, Statistica,
Matematica e Sociologia “Pareto”

Estorsione e usura: uno sguardo empirico sulla città
di Messina

Domenico Carzo ( a cura di )

Working paper n. 14
Il Centro interuniversitario per le Ricerche sulla sociologia del diritto, dell’informazione e
delle istituzioni giuridiche (C.I.R.S.D.I.G.) con questi working papers intende proporre i
risultati dei lavori svolti nell’ambito delle ricerche sia metodologiche che applicative nel
campo della sociologia del diritto, dell’informazione e delle istituzioni giuridiche. Tale centro è
stato costituito, tra l'Università di Messina e l'Università di Macerata, al fine di stimolare
attività indirizzate alla formazione dei ricercatori ed anche per favorire lo scambio
d’informazioni e materiali nel quadro di collaborazioni con altri Istituti o Dipartimenti
universitari, con Organismi di ricerca nazionali o internazionali. Direzione scientifica: proff.
Domenico Carzo e Alberto Febbrajo.

Comitato scientifico dei “Quaderni del Cirsdig”
Prof. Domenico Carzo (Università di Messina)
Prof. Alberto Febbrajo (Università di Macerata)
Prof. Mario Morcellini (Università di Roma “La Sapienza”)
Prof. Valerio Pocar (Università di Milano “Bicocca”)
Prof. Marcello Strazzeri (Università di Lecce)

Comitato redazionale:
Maria Rita Bartolomei
(Università di Macerata)
Marco Centorrino
(Università di Messina)
Roberta Dameno
(Università di Milano Bicocca)

Pietro Saitta
(Università di Messina)
Angelo Salento
(Università di Lecce)
Elena Valentini
(Università di Roma “La Sapienza”)
Massimiliano Verga
(Università di Milano Bicocca)

Segreteria di redazione:
Antonia Cava
(Università di Messina)
Mariagrazia Salvo
(Università di Messina)

Copyright © 2006
2
ABSTRACT
In questo lavoro intendiamo illustrare i primi risultati di una ricerca sul tema
della percezione dell’usura e delle estorsioni (e, conseguentemente, della
sicurezza sociale), svolta a Messina e stimolata dai recenti dati pubblicati dal
Censis. Il nostro studio ha carattere empirico e coinvolge direttamente
commercianti e imprenditori, potenziali vittime dei reati. Lo strumento principale
utilizzato per la realizzazione di tale ricerca è un questionario, incentrato sulle
difficoltà delle attività commerciali messinesi. Il campione, statisticamente
validato, è composto da 368 operatori economici messinesi.
I risultati mostrano come oltre la metà del campione concordi con l’analisi
secondo cui Messina è una delle città meridionali in cui proprio l’usura è
maggiormente diffusa. Inoltre l’impatto delle misure normative a sostegno delle
vittime dei fenomeni di usura ed estorsione non sembra totalmente efficace: un
terzo degli intervistati non conosce la Legge 44 del 23/02/99 e solo una netta
minoranza la reputa efficace. I dati, pertanto, mostrano che ci si trova dinanzi a
un piccolo fallimento delle misure di supporto alle vittime di usura ed estorsione.

This paper aims to show the early results of a research conducted in Messina
(Sicily) on the perception about usury and extortion (and subsequently on social
safety).

This

is

an

empirical

study

which

involves

shopkeepers

and

entrepreneurs, that is the potential victims of this kind of crimes. To make this
study, we

submitted a questionnaire which shed light on problems and

obstacles experienced by local entrepreneurs.
Results show that more than fifty percent of the contacted entrepreneurs agree
with those analyses which describe the city of Messina as one of the city with
the highest usuries rates. Moreover, the impact of the legislative measures
implemented to support the usury related victims seems to be quite insufficient.
One third of the entrepreneurs does not know the Law 44/99 and only a small
minority considers this act as effective. Thereby, data show that we are
witnessing a partial failure of these measures.
INTRODUZIONE
di Domenico Carzo

In questo lavoro intendiamo illustrare i primi risultati di una
ricerca sul tema della percezione dell’usura e delle estorsioni (e,
conseguentemente, della sicurezza sociale), svolta a Messina e
stimolata dai recenti dati pubblicati dal Censis. Secondo l’istituto
di ricerca, la città peloritana è uno dei centri meridionali in cui
questi fenomeni sono maggiormente diffusi. Rispetto a quel lavoro,
tuttavia, il nostro studio ha carattere empirico e coinvolge
direttamente commercianti e imprenditori, potenziali vittime dei
reati. Lo strumento principale utilizzato per la realizzazione di tale
ricerca è un questionario, incentrato sulle difficoltà delle attività
commerciali messinesi. Il campione, statisticamente validato, è
composto da 368 operatori economici messinesi.
L’obiettivo che si è scelto di raggiungere è quello di comprendere
quale sia la percezione degli operatori economici di Messina
riguardo alla “problematica racket”.
IL CONTESTO MESSINESE
La

realtà

socio-economica

di

Messina

presenta

alcune

caratteristiche che accomunano la città peloritana alle altre di
media dimensione del Mezzogiorno: una quasi inesistente mobilità
sociale, un alto tasso di disoccupazione, soprattutto giovanile, un
alto costo del denaro, la criminalità, l’assenza di infrastrutture, la
mancanza di un settore trainante che agisca da volano per l’intero
territorio.
Questi elementi, caratterizzati da una certa interscambiabilità,
possono apparire ora causa, ora effetto, ma rimangono comunque i
limiti dell’area in questione. Conseguenza della loro presenza è lo
scarso fermento imprenditoriale e, quindi, la mancanza di iniziative
imprenditoriali di ampio respiro: le aziende diffuse nel territorio
4
messinese sono di piccole dimensioni; poche di esse hanno più di
10 dipendenti e l’attività che svolgono, limitata al solo mercato
locale, non ha un peso molto rilevante sull’economia messinese.
L’unico settore, su cui si l’economia messinese pare essere
fortemente imperniata, è il Terziario. Le attività terziarie si
concentrano

nell’ambito

della

Pubblica

Amministrazione,

del

commercio all’ingrosso e della piccola distribuzione, dei trasporti e
del turismo (solo in termini di alberghi e ristorazione).
Soprattutto il commercio occupa una buona fetta dell’economia del
comune capoluogo, nonostante presenti una certa debolezza
strutturale, in assenza di un forte sistema di produzione di beni e
di reddito. Il settore si caratterizza per un’elevatissima premorienza
d’imprese, per lo più originata da una micidiale concorrenza, dalle
difficoltà di accesso

al credito, dall’incidenza del racket e della

piccola e grande criminalità.
Questo è il quadro che emerge dalla relazione del Censis, Legalità e
sviluppo a Messina (2000)1. Il Procuratore Luigi Croce afferma che
in una realtà sociale ed economica di questo tipo, il fenomeno
mafioso messinese si è adeguato: <<Ed ecco che

gli strumenti

principali dell’intervento sull’economia da parte della criminalità
organizzata messinese sono state e sono l’estorsione e l’usura,
[…].>>2, due tipi di reato distinti, che corrono però su binari
tendenzialmente convergenti.
A questo proposito è utile considerare la specificità del fenomeno
mafioso messinese. Per anni la società siciliana ha pensato alla
propria terra come ad una realtà caratterizzata da una comoda
dicotomia: da una parte la Sicilia Occidentale (Palermo, Trapani,
Agrigento, Caltanissetta), sede di storico insediamento mafioso,
dall'altra la Sicilia Orientale (Catania, Siracusa, Messina, Ragusa),
indenne dalla piaga della mafia. In realtà questa visione della
geografia criminale siciliana risulta assolutamente anacronistica ed

1

www.svileg.censis.it
Luigi Croce citato in Claudia Puccio, “Usurai e imprenditori criminali”, <<Corriere del
Mezzogiorno>>, 17 Dicembre 2000.

2

5
estremamente dannosa. Le indagini compiute a partire dalla fine
degli anni '80, hanno provato non solo che la mafia si era infiltrata
nelle province orientali (con una strategia espansiva quanto mai
dinamica ed efficiente), ma che a Catania, Messina, Siracusa e in
tutta una serie di centri minori, si era verificata una crescita dei
gruppi

malavitosi

autoctoni

con

metodologie,

modalità

organizzative, talvolta rituali e gerarchie di puro stile mafioso. I
gruppi criminali – ricostruiti dalle varie operazioni antimafia - dei
vari boss locali (Costa, Sparacio, Ferrara) nascono da realtà di
quartiere, e presentano un forte radicamento nelle zone di nascita;
si tratta di personaggi che godevano di forte prestigio locale, in
grado di pilotare il voto e quindi di proporsi come referenti elettorali
per certi politici messinesi. Il fenomeno mafioso, a Messina, si
caratterizza con tratti meno evoluti di quelli che sono stati rilevati a
Palermo o a Catania. La criminalità che si è sviluppata nella città
dalla fine degli anni '70 in poi, ha acquistato dei caratteri
particolari a causa delle peculiarità che rendono Messina diversa
da tutte le altre città siciliane. Cosa Nostra messinese, infatti, non
ha vissuto il passaggio dalla mafia rurale a quella imprenditoriale
ed ha assunto così, sin dalle sue origini, una natura spiccatamente
politico-imprenditoriale.
Nella relazione del Censis, sopra menzionata, si legge che il
fenomeno mafioso messinese, anziché mettere in atto sofisticate
strategie di intervento nell’economia del territorio, si è adattato al
quadro economico della città, usando gli strumenti elementari del
controllo territoriale ed economico, l’estorsione e l’usura.
Queste continuano ad essere presenti nonostante i provvedimenti
repressivi della locale D.D.A. di cui, negli ultimi anni, hanno fatto
le

spese

vari

boss

messinesi:

i

gruppi

criminali

<<hanno

riorganizzato le rispettive strutture sostanzialmente continuando a
spartirsi il territorio cittadino in zone di influenza nelle quali
esercitano talune attività criminali tradizionali, (estorsioni, rapine,
usura, attività di medio rifornimento dello spaccio di sostanze

6
stupefacenti) […].>>3. Come sostiene Franco Barbagallo <<in
sostanza cambiano i soggetti, ma estorsione e usura rimangono
intatte. Ci sono per esempio spartizioni territoriali tra il viale S.
Martino, il rione Giostra e la zona sud, che ci sono state e
continueranno ad esserci.>>4
Considerati

crimini

contro

il

patrimonio,

e

modestamente

sanzionati come tali fino ai nostri giorni dal Codice Rocco, solo dal
'92 l’estorsione e l’usura sono state ritenute anche strumento per
la

produzione

di

ricchezza

illecita,

con

un

conseguente

inasprimento della pena.
Qui di seguito riteniamo opportuno illustrare brevemente le
caratteristiche che i due fenomeni in questione presentano nella
città di Messina, ambito di riferimento del nostro studio1.

3

Francesco Marzachì, Procuratore generale “Discorso di inaugurazione dell’anno giudiziario
2001”, Distretto di Corte di Appello di Messina.
http://www.tribunali.it/Messina
4
Franco Barbagallo, citato in Nuccio Anselmo, “Sono reati oscuri, ma siamo al fianco di chi
denuncia”, <<Gazzetta del Sud>>, 12 Ottobre 2000.
1
I contenuti dei paragrafi successivi sono in parte il risultato di confronti con alcuni testimoni
privilegiati ai quali vanno i nostri ringraziamenti: Franco Cucinotta, cronista dell’emittente RTP,
Ferdinando Cucinotta, vicepresidente della Fondazione Antiusura “Padre Pino Puglisi” e Clelia
Fiore, presidentessa dell’Asam. Inoltre il nostro grazie va a Nuccio Anselmo, giornalista della
Gazzetta del Sud, per gli articoli che gentilmente ci ha fornito e che ci sono stati di grande utilità.

7
I.
IL RACKET DELLE ESTORSIONI
NELLA CITTÀ “BABBA”
di Maria Vera Costa

Durante gli anni 90 - fino al 1997/98, ma anche più in là – a
Messina ci si trovava di fronte alle “classiche” estorsioni: richieste
di pizzo “importanti”, seguite poi da una trattativa per abbassarle e
da una minaccia molto determinata, per far sì che tale richiesta,
comunque alta, venisse soddisfatta. Erano presenti, quindi, tutte le
caratteristiche del pizzo così come si era sviluppato nell’intera
Sicilia: c’erano

gli incendi, le minacce, le telefonate, fattori che

facevano precipitare in una situazione di “violenza”

chi non si

adeguava subito alla volontà degli estortori.
Il fenomeno del taglieggiamento si è modificato nel tempo, poiché
negli ultimi venti anni sono cambiati la geografia criminale ed il
tessuto economico sociale cittadino; anche le vicende giudiziarie, la
stagione dei blitz antimafia ed il fenomeno del pentitismo, hanno
sicuramente determinato un periodo di crisi per le organizzazioni
criminali.
Negli anni ’80, sulle attività economiche di Messina, gravava un
fenomeno

di

estorsione

probabilmente

meno

diffuso

percentualmente, che tuttavia aveva una redditività maggiore; il
tessuto socio-economico cittadino, infatti, era di un tenore più
elevato, come quello del Paese in generale. La crisi degli anni 90 e il
fenomeno del pentitismo, hanno portato ad uno “stop” improvviso
di questa grande attività economica di finanziamento, seguito
tuttavia da una rigenerazione del rapporto estortore-vittima, anche
se con caratteristiche diverse. Oggi, infatti, il pizzo viene imposto a
tappeto e l’entità delle richieste è decisamente più contenuta. Ciò
consente un controllo del territorio più capillare e rende più facile
ottenere la somma senza il rischio di una denuncia. Bisogna
8
pensare che spesso l’operatore di una piccola attività, dopo aver
cercato un accordo, si trova davanti ad una richiesta di pizzo di
200 ∈ al mese; questo ovviamente fa sì che la vittima consideri più
semplice pagare, considerandola una spesa non tanto ingente da
affrontare le difficoltà che una denuncia comporta (ci sono
addirittura casi in cui il pizzo si paga in natura, specialmente nel
campo degli alimentari).
Le vicende giudiziarie degli anni ‘90, hanno inoltre determinato
quello che viene definito il fenomeno della “frammentazione”, che
ha reso la situazione meno chiara e si è rivelato negativo per le
stesse organizzazioni mafiose. Solitamente un blitz antimafia,
specialmente se nasce da dichiarazioni di collaboratori di giustizia
e quindi l’organizzazione viene scardinata dall’interno, crea un
certo scompiglio. Ciò causa l’emergere di nuovi personaggi, anche
all’interno del clan, personaggi che magari erano tenuti in secondo
piano e che, adesso, si trovano a coprire un ruolo più elevato e,
nello

stesso

tempo,

ottengono

maggiore

autonomia.

La

frammentazione comporta che più di una persona vada a chiedere
il pizzo alla stessa vittima, poiché ognuno non avendo

un capo

(che magari è in carcere) in grado di fungere da punto di
riferimento, si sente maggiormente indipendente e ritiene che sia
giunto il momento di fare un salto di qualità e di presentarsi non
più in nome e per conto di altri, ma in prima persona. Nel
momento in cui si verifica la doppia richiesta, l’operatore per non
avere problemi può decidere di sottomettersi ad entrambi, ma se
non è in grado di farlo, sarà costretto a scegliere uno dei due,
dovendo poi affrontare le conseguenze.
Questa situazione ha causato, nell’ultimo periodo, la nascita
dell’opinione secondo cui oggi la mafia, avendo subito gravi colpi ed
essendo quindi più debole, avrebbe perso il controllo del territorio
e, nello stesso tempo, avrebbe spostato la sua attenzione su attività
criminali diverse. Il racket sarebbe quindi, seguendo questa teoria,
in mano alla criminalità spiccia, in particolare sotto il controllo di
alcune

bande

di

piccoli

criminali,
9

che

non

si

possono
assolutamente

definire criminalità organizzata. Secondo Clelia

Fiore2 – presidentessa dell’ASAM3 – questa convinzione non è solo
errata, ma anche dannosa. È sua opinione, infatti, che i colpi
subiti da alcuni criminali di spicco, anche se di fondamentale
importanza, non siano stati in grado eliminare il controllo mafioso
su Messina. Del resto la richiesta estorsiva non è mai stata fatta
dal capo ma dai piccoli delinquenti, come accade oggi. Ciò non
significa che alle spalle non ci sia il benestare e il controllo
mafioso, tutto il contrario: l’estorsione, l’usura, come la droga, la
prostituzione, gli appalti sono e restano delle attività gestite e tutte
rientrano nel controllo del territorio, priorità assoluta per la mafia.
C’è da sottolineare che aver colpito dei grandi personaggi è stato di
grande aiuto, ha indebolito le organizzazioni, ma non si può
dimenticare che il pericolo non è finito; l’atteggiamento di chi
considera ormai superato il problema della mafia protagonista di
determinati fenomeni criminali, è pericoloso, poiché sminuisce
delle situazioni, il cui potenziale distruttivo è vero oggi come ieri.
Ciò che spesso provoca dei fraintendimenti è il cambiamento delle
modalità e caratteristiche dell’estorsione che è stato realizzato negli
ultimi anni. Come abbiamo visto sopra, il “prezzo della protezione” è
stato ridotto, ma si è estesa la platea dei soggetti entrati nel mirino
degli estortori. Sono state incluse attività che in passato erano
sostanzialmente immuni al fenomeno: studi professionali, attività di
servizio, farmacie. Supermercati, discoteche e locali notturni
(compresi i circoli privati), compravendita di auto usate, attività
economiche con scarsa specializzazione, commercio all’ingrosso di
carni e prodotti ittici sono invece i settori privilegiati della “mafia
imprenditrice”; nulla sfugge ai mafiosi, neanche il settore delle
pompe funebri. Anche le intimidazioni sono diverse; non si usa la
benzina ma il biglietto, le minacce vengono dilatate nel tempo. Si è
quindi modificata la strategia di controllo del territorio, un po’ per
2

Da noi intervistata il 17/10/2003.
L’ASAM, l’Associazione Antiracket e Antiusura Messinese nasce nel 1996, oltre a condurre la
sua battaglia sul territorio peloritano, fa parte della FAI (Federazione delle Associazioni Antiracket
e Antiusura Italiane) e agisce quindi anche a livello nazionale.

3

10
far meglio fronte alle iniziative di chi combatte questi fenomeni (un
buon esempio è la legge 44/1999), un po’ per saggiare il terreno.
L’impressione che si ha riguardo al territorio messinese, è che ci
siano dei periodi in cui si realizzano delle richieste a tappeto e dei
periodi in cui si verificano dei momenti di silenzio molto più lunghi
che in passato. Capita anche che alcuni operatori presi di mira,
vengano completamente abbandonati, o perché si sono rivolti
all’associazione, o perché hanno comunque reagito in qualche modo
attirando l’attenzione. In questo caso si cerca di abbassare il
rischio, anche perché a volte, considerando il tenore delle richieste,
può diventare più conveniente rinunciare.
È evidente in ogni caso che, al di là delle trasformazioni, ci
troviamo sempre e comunque di fronte ad estorsioni; ciò significa
attività commerciali deviate, sviluppo economico distorto, una
realtà di imprenditori non liberi, che non hanno interesse a far
investimenti.
A Messina questo è un fenomeno di massa, non un fenomeno
legato ad solo alcune attività o ad alcune situazioni, riguarda tanto
le piccole attività quanto le grandi imprese. Purtroppo i grandi
imprenditori non denunciano l’estorsione, né tanto meno entrano a
far parte dell’ Associazione Antiracket; tutti i soci delle Associazioni
di Messina e provincia, sono titolari di piccole e medie attività. Ciò
potrebbe far pensare che gli imprenditori delle grandi imprese
preferiscano pagare il pizzo e tacere, oppure che siano collusi e
quindi, in cambio del pagamento, ottengano qualcosa, come appalti
o forniture. È difficile pensare ad un’altra motivazione poiché, nel
momento in cui si vengono a scoprire dei casi di taglieggiamento
nell’ambito delle grandi attività - com’è accaduto soprattutto negli
ultimi anni - sono i dati stessi a confermare il pensiero diffuso che
anche le grandi imprese siano vittime del fenomeno.
Cos’è cambiato?
Fino al 2000 le denunce erano abbastanza costanti nel tempo; si è
verificato un momento di crisi durante il periodo di approvazione
della

legge

44/1999,

poiché

mancavano
11

delle

garanzie.

La
legislazione conteneva delle lacune, la gestione del Fondo di
solidarietà era affidata ai prefetti che venivano cambiati in
continuazione, e soprattutto non c’era una risposta adeguata delle
Istituzioni e dello Stato; consideriamo che per chi è sotto estorsione
e decide di denunciare, in quei momenti così difficili e con quel
livello di minaccia, avere un sostegno forte è assolutamente
necessario.
In questo difficile periodo le Associazioni Antiracket, insieme alla
Fai, si sono impegnate in una decisa pressione nei confronti delle
istituzioni

statali.

L’esito

favorevole

dell’azione

e,

quindi,

l’approvazione della legge 44/1999, ha favorito la stabilizzazione
della posizione di chi denuncia, ha fatto chiarezza riguardo agli
attori che si impegnano nella lotta contro il racket ed ha reso più
efficiente il sistema dell’accesso al Fondo di solidarietà.
Accanto all’introduzione della legge, un altro evento rivelatosi
fondamentale per la lotta contro il racket, è stata la nomina di
Tano Grasso alla carica di Commissario per il coordinamento alla
lotta al racket e all’usura. In seguito al suo insediamento, è stato
fatto un enorme lavoro di recupero degli arretrati e c’è stato un
forte impegno finalizzato al coinvolgimento dello Stato nella
battaglia

contro

l’estorsione.

I

risultati

sono

stati

davvero

significativi: le Prefetture hanno intensificato la loro attenzione, le
forze dell’ordine hanno visto crescere le loro motivazioni ed hanno
ottenuto

maggiori

garanzie

nelle

attività

di

indagine.

Le

Associazioni, infine, hanno acquistato un più alto grado di
legittimazione, e questo ha intensificato il senso di sicurezza della
vittima del pizzo che decide di non sottostare alle minacce
dell’estortore.
Questa situazione favorevole e positiva si è mantenuta costante per
tutto il 2001. Successivamente, in seguito ad alcune affermazioni
fatte dal governo, alla posizione assunta con la defenestrazione di
Tano

Grasso, all’insediamento del nuovo Commissario, si sono

verificate

numerose

difficoltà,

che

immediatamente

si

sono

ripercosse sulla fiducia, diffondendo l’insicurezza e determinando
12
un calo delle denunce. In un momento tanto delicato, Messina si è
rivelata una città fortunata, poiché al suo interno non è venuta
meno la collaborazione tra ASAM e Forze dell’Ordine, fattore questo
fondamentale per la lotta contro il racket. Si devono a questo
proposito menzionare il precedente prefetto Marino e il colonnello
Angius, del Comando Provinciale, poiché la collaborazione da loro
fornita si è mostrata vitale per l’Associazione. Lo stesso non è
accaduto in tutte le città della Sicilia; spesso infatti, laddove non
esisteva un rapporto saldo col prefetto, nel periodo buio di cui
abbiamo parlato sopra, la situazione è diventata ancora più
devastante.

13
II.
L’USURA A MESSINA
di Giuseppa Caravello

Nel contesto messinese si possono distinguere diversi tipi di usura:
L’usura

di

tipo

familiare,

che

Mario

Centorrino

definisce “economia del vicolo”8, fondata su criteri di
vicinato e di “solidarietà”. In questo caso l’usura è
<<gestita da persone di quartiere, all’interno del quale
sono

riconosciute

come

“coloro

che

prestano

i

soldi”>>9. In linea di massima, i prestiti consistono in
piccole cifre e sono destinati ad un bisogno immediato,
come ad esempio una malattia.
L’usura praticata da

persone che svolgono delle

attività legali e godono di un certo prestigio sociale: i
colletti bianchi, i professionisti, i commercianti10, la
categoria degli impiegati negli enti pubblici.
L’usura

praticata

da

certe

finanziarie,

che

distribuiscono depliants e volantini anche negli uffici
pubblici,

su

cui

nessuno

ha

fatto

indagini

o

accertamenti11 per verificare se risultano iscritte in
elenchi o Albi ufficiali. Reclamizzano finanziamenti in
tempi rapidissimi e forniscono elementi molto scarni
sui costi globali di siffatte operazioni.
8

Mario Centorrino, Economia dell’usura, in <<Segno>>, n. 151, Gennaio 1994.
Clelia Fiore, da noi intervistata il 17/10/2003.
10
Mario Centorrino, riferendosi al contesto messinese, tra i vari tipi di usura riscontrabili
menziona anche l’usura fatta dai commercianti ai danni di altri commercianti: <<[…] a Messina
esistono delle fasce commerciali alte, che, costituendo come una sorta di sistema creditizio
parallelo, si sono ulteriormente arricchite proprio grazie ai proventi dell’usura.>> (Mario
Centorrino, intervento in FISAC/CGIL, Usura: buco nero nel sistema creditizio, Atti del
Convegno Regionale, Messina 24 ottobre 1993, cit. p.27).
11
Ferdinando Centorrino, durante un’intervista fattagli da Nuccio Anselmo, dice: <<[…] molti
arrivano da noi con dei moduli compilati solo nell’importo e nella firma di chi concede il prestito,
molte volte illeggibile. Altre volte questi fantomatici intermediari si fanno vedere la prima volta,
incassano l’anticipo e poi scompaiono.>> (Nuccio Anselmo, Usura, un business da 250 miliardi
l’anno, in <<Gazzetta del Sud>>, 6 ottobre 2000).
9

14
L’usura come strumento della criminalità organizzata
di stampo mafioso, che si serve di essa per riciclare i
proventi delle attività illecite quali rapine, estorsione,
traffico di droga, prostituzione.
Secondo Ferdinando Centorrino, vicepresidente della Fondazione
antiusura “Padre Pino Puglisi”12, il fenomeno dell'usura nella città
di Messina presenta un carattere trasversale sia per quanto
riguarda le categorie socioeconomiche colpite, sia per quanto
riguarda i soggetti attivi sul “mercato” del credito criminale13.
Ciò vuol dire che sono coinvolte tutte le categorie sociali e tutte le
attività economiche, eccezion fatta per quelle che hanno una
struttura più consolidata: è difficile che all’usura siano sottoposte
società o attività strutturate in forma societaria, con un patrimonio
di una certa entità. In genere gli assistiti dell’Antiusura sono piccoli
e medi imprenditori.
L’Osservatorio

Antimafia14,

costituito

dal

servizio

antiusura

messinese, rivela che su circa 500 contatti avuti, in via preventiva
ed in via successiva, in sei anni di attività, il 70% di questi è
rappresentato

da

vittime

che

rientrano

nella

categoria

di

commercianti ed artigiani, i quali, impossibilitati per varie ragioni a
poter accedere ai canali legali di finanziamento, cadono nelle mani
dei cosiddetti "cravattari”. Questo 70% è costituito essenzialmente
da persone di sesso maschile che rientrano nella fascia di età tra i
45 e i 55 anni, mentre soltanto il 4-5% è costituito da donne con
un’età che varia tra i 35 e i 40 anni.
Il 20% delle vittime è rappresentato da semplici cittadini, in genere
pensionati o impiegati di enti pubblici e privati i quali, per spese
impreviste o voluttuarie, ma anche investimenti sbagliati, hanno
12

La Fondazione Antiusura “Padre Pino Puglisi”135 viene costituira nel 2001 con il concorso
dell’Associazione Messinese Antiusura Onlus, dell’Arcidiocesi di Messina, dell’Arci, del Movi e
di Ecos Med. La Fondazione fa della prevenzione il cardine della sua azione. Essa dispone di un
patrimonio che funge da garanzia per le banche, a favore di soggetti a rischio concreto di usura perché si trovano in uno stato di crisi congiunturale, se titolari di attività economiche, o di
necessità particolari, se privati - esclusi dal circuito del credito legale, in quanto non ritenuti
meritevoli, secondo i canoni prevalenti della valutazione del merito creditizio da parte delle
banche.
13
Nostra intervista del 03/11/2003.
14
www.db.messinaantiusura.it

15
fatto ricorso all'usura. In questo 20% cresce il numero delle donne
strozzate, fino a toccare il 10%, mentre rimane immutata la fascia
d'età. Il residuo 10% delle vittime non rientra in una categoria
definita, poiché la fonte del contatto è rimasta anonima.
Per quanto riguarda la figura dell'usuraio, si può affermare che
1'80% dei soggetti siano nomi conosciuti alle forze dell'ordine e
facenti parte di organizzazioni criminali; il restante 20% è costituito
prevalentemente da persone dalla fedina penale pulita, a volte
anche conoscenti della vittima, che offrono volontariamente la loro
opera. In questo 20% rientra anche qualche professionista o
colletto bianco: all’interno degli enti pubblici si è riscontrata la
presenza di veri e propri agenti delle organizzazioni criminali.
Quasi sempre, comunque, sembrano esserci nessi fra l’esercizio
dell’usura e l’attività strutturata della mafia.
In questo caso la dinamica del fenomeno si esplicherebbe a due
livelli d’azione: al primo livello ci sarebbero i finanziatori veri e
propri che non hanno contatti diretti con le vittime; al secondo
livello gli intermediari. Secondo Ferdinando Centorrino, questi a
volte sono gli usurai di quartiere che diventano agenti della
criminalità organizzata: sono persone normali che si atteggiano ad
amici delle vittime e promettono loro l’aiuto necessario per farle
uscire dalla crisi economica che le attanaglia. Altre volte gli
intermediari appartengono al mondo bancario o a quello delle
società finanziarie: <<in alcuni casi […] è lo stesso funzionario
bancario che indirizza verso il circuito creditizio parallelo>>15. Negli
enti pubblici, inoltre, non mancherebbero i <<procacciatori di affari
delle cosche criminali che praticano il credito illegale>>16.
L’organizzazione, prima di elargire il prestito, si premura a svolgere
i dovuti accertamenti sia di carattere documentale sia mandando
in

loco

i

propri

collaboratori

per

verificare

la

consistenza

patrimoniale del debitore. Sulla scorta delle informazioni così
15

Luigi Croce, citaro in Claudia Puccio, Usurai e imprenditori criminal, in <<Corriere del
Mezzogiorno>>, 17 dicembre 2000.
16
Ferdinando Centorrino citato in Nuccio Anselmo (<<Gazzetta del Sud>>, 6 ottobre 2000):
Usura, un business da 250 miliardi l’anno.

16
acquisite l’associazione adegua i propri comportamenti finalizzati
ad ottenere maggiori vantaggi17.
Nel prestito ad usura spesso si crea un circuito perverso, per cui,
se non si riesce a pagare un prestito (questo riguarda soprattutto
gli operatori economici) si ricorre ad un altro prestito usuraio. Il
primo non si estingue e per questo ci si trova legati a due prestiti
usurari, a cui può anche aggiungersene un terzo, creando una
sorta di catena di S. Antonio, che non risparmia nessuno e da cui
non ci si libera tanto facilmente. Il passaggio della vittima da un
usuraio all’altro (tutti appartenenti alla stessa associazione)
permette di moltiplicare i profitti all’interno dell’associazione e,
contemporaneamente, di

rendere difficile la ricostruzione del

volume complessivo di affari e l’individuazione dei ruoli dei singoli
affiliati.
Secondo Croce <<la contropartita che i gruppi mafiosi richiedono
non è più solo costituita dalla restituzione della somma prestata
con l’aggiunta di tassi d’interesse vertiginosi (si giunge anche al
250% l’anno), ma è addirittura la cessione dell’azienda e degli
immobili>>18; l’acquisizione dell’attività lecita consente al criminale
di coprire i propri traffici.
A Messina, attraverso l’usura, la criminalità organizzata si è
prepotentemente

inserita

nel

tessuto

economico

della

città,

impadronendosi di piccole e medie imprese, arrecando così un
grave pregiudizio all’economia della città stessa. Soprattutto a
partire dagli anni ’90 si è verificato quello che Franco Cucinotta
definisce il “fenomeno del passaggio delle licenze”19: in alcune zone
della città è cambiata la gestione di molti esercizi commerciali
acquisiti da certi personaggi.

17

Si veda Centorrino M. (a cura di ), 2003, Economia sommersa e/o economia criminale?
Un’analisi di questi due fenomeni nel sistema economico della provincia di Messina, disponibile
in rete, al sito: http://www.emersionelavorononregolare.it/doc/appro/economia_sommersa.pdf
18
Luigi Croce citato in Claudia Puccio, Usurai e imprenditori criminali, <<Corriere del
Mezzogiorno>>, 17 dicembre 2000.
19
Nostra intervista del 24/10/2003.

17
Un esempio classico è quello del market “Due Stelle” di Contrada
Conca d’oro all’Annunziata, che oggi è diventato la sede distaccata
della Sezione Nord della Polizia Municipale.
Il market era di proprietà della famiglia La Fauci, che lo aprì
nell’89. Secondo la stampa20, dopo un paio di anni sarebbe
subentrata Vincenza Settineri, detta “zia Enza”, suocera dell’ex
boss Luigi Sparacio e, si presume, vera cassaforte del gruppo
criminale di costui. In quegli anni la donna avrebbe fatto diverse
acquisizioni, dopo aver provocato il fallimento di commercianti
rivoltisi a lei per avere dei prestiti e rimasti prigionieri del vortice di
pagamenti, con interessi mensili spaventosi. Vincenza Settineri ed
il genero Luigi Sparacio, avrebbero costruito le loro fortune
sull’usura, ma anche sull’estorsione.
A tal proposito, Franco Cucinotta spiega come gli investigatori
abbiano verificato che spesso, a Messina, usura ed estorsione
camminano su binari paralleli. Questo accade quando, davanti ad
una richiesta estorsiva, l’operatore economico fa presente di avere
delle difficoltà economiche che gli impediscono di far fronte al
pagamento del pizzo. Il criminale, allora, gli propone di accettare
un prestito in denaro per risolvere i problemi economici, ma, nello
stesso tempo, mette la vittima sotto estorsione: la restituzione del
debito, infatti, comprenderà anche la restituzione del pizzo
dovuto21. Per tale motivo a volte la richiesta dei tassi usurai è stata
molto alta.
Il fenomeno dell’usura a Messina va inserito nel quadro della
difficile crescita del Mezzogiorno, a cui contribuisce la difficoltà che

20

Nuccio Anselmo, Un market della suocera del boss diventerà una caserma dei vigili, in
<<Gazzetta del Sud>>, 17 maggio 2001.
21
Nella Quarta relazione del Commissario per il coordinamento delle iniziative antiracket ed
antiusura, Gennaio 2002, dell’allora commissario Tano Grasso, si legge che l’estorsione e l’usura
a volte s’incontrano ed è possibile individuare tre fattispecie.
Una è quella che abbiamo già visto: si ha quando l’usura è strumentale all’estorsione ed è stata
riscontrata soprattutto nelle zone in cui c’è una forte presenza della mafia.
Le altre si verificano quando il reato estorsivo è strumentale all’usura o quando entrambi i reati
concorrono con autonome dinamiche. Nel primo caso la richiesta estorsiva è finalizzata a
riscuotere gli interessi usurari o altri ingiusti profitti; nel secondo caso, un imprenditore è, allo
steso tempo o in epoche diverse, vittima di usurai e ha denunciato richieste estorsive non
finalizzate alla riscossione degli interessi usurari.

18
piccole e medie imprese spesso incontrano nell’ottenere un credito
dalle banche. A parte il fatto che in qualche caso

lo stesso

funzionario bancario indirizza verso il circuito creditizio parallelo, il
sistema creditizio, nella provincia messinese, è un fattore frenante
per lo sviluppo stesso. Come nel resto del Mezzogiorno, ha una
scarsa fiducia nelle attività imprenditoriali a causa di un più alto
livello di rischio del credito: la presenza di una serie di fattori
ostativi dello sviluppo, aumenta i costi e l’incertezza e riduce i
rendimenti di qualsiasi attività imprenditoriale e d’investimento
nell’area, facendo crescere così il rischio connaturato ad ogni
operazione creditizia, in quanto scambio di una prestazione attuale
e certa contro una futura ed incerta.
Ciò comporta costi elevati del denaro: anche se dall’ultimo
Rapporto 2003 sull’economia del Mezzogiorno, realizzato dalla
Svimez, risulta che al Sud il costo del denaro è diminuito del 13%
dal primo trimestre del 1993 all’ultimo trimestre del 2001, si tratta
comunque di un dato poco incoraggiante se confrontato con il 25%
e più di riduzione riscontrata nel Centro-Nord.

A Messina il costo

del denaro si aggirerebbe intorno al 9% contro una media
nazionale del 6,76%22; la stessa disponibilità ad erogare crediti è
bassa: se non ci sono garanzie patrimoniali capaci di annullare il
rischio per la banca, non si concedono prestiti. In una realtà
difficile come la nostra è altrettanto difficile che ci sia la possibilità
di offrire garanzie patrimoniali tali da essere ritenuti meritevoli di
ottenere anche un piccolo credito. Ciò frena lo sviluppo locale
perché non favorisce affatto chi vuole intraprendere un’attività e
rende problematica la sopravvivenza delle piccole e medie imprese
locali già esistenti. A Messina, le PMI sono attualmente in
espansione nel settore dei servizi e del commercio, con un rapporto
di segno negativo tra natalità di nuove imprese e cessazione di
attività nel settore agricolo e manifatturiero. Si tratta di imprese
giovani che molto spesso hanno una vita breve, prive peraltro della
22

Cgil, Le Proposte delle Cgil per arrestare il declino e rilanciare lo sviluppo, diritti, legalità e
occupazione, Messina, 12 marzo 2003.

19
competenza necessaria a dialogare con un sistema sempre più
esigente.
Chi non ha alternative si aggrappa all’usura, che rappresenta
l’ultima spiaggia.
Il cattivo funzionamento del mercato del credito, perciò, è da
ritenere una delle cause che potrebbero indurre alcune imprese a
rivolgersi al mercato illegale. Le banche siciliane, in particolare,
hanno contribuito alla perversione del sistema creditizio isolano nei
seguenti modi:
con la gestione clientelare delle aziende di credito che, alla
lunga, hanno portato alla crisi delle stesse a causa
dell’indiscriminata concessione di credito a chi presentava
credenziali più politiche che imprenditoriali23;
con

l’assunzione

professionalità,

di

operatori

assunzione

di

credito

effettuata

di

sulla

scarsa

base

di

considerazioni clientelari più che di competenza e di
affidabilità24.
Oltre alle responsabilità del sistema creditizio, però, bisogna
ricordare anche quelle di chi ricorre ai prestiti illeciti.
L’antiusura di Messina (prima l’Associazione Onlus, poi la
Fondazione Padre Pino Puglisi) finora ha avuto, tra i suoi utenti,
sia

persone

che

svolgono

piccole

attività

imprenditoriali

(commercianti e artigiani) sia privati.
Sulla base della sua esperienza, si potrebbe affermare che per i
primi il ricorso all’usura non è il portato di crisi congiunturali
dell’attività esplicata, che in genere è una delle cause che spingono
al prestito illecito, ma più verosimilmente di un’endemica carenza
di cultura specifica (imprenditoriale) e di improvvisazione.
Sarebbero frequenti i casi in cui si danno vita ad attività
economiche che rappresentano una sorta di ripiego, per mancanza
23

Si Veda l’intervento di Maurizio Ientile in Fisac-Cgil, Usura: buco nero nel sistema creditizio,
Atti del convegno regionale, Messina, 24 ottobre 1993; Claudia Puccio, Usuraio e imprenditori
criminali, intervista a Croce in <<Corriere del Mezzogiorno>>, 17 Dicembre 2000.
24
Claudia Puccio, Usurai e imprenditori criminali, intervista a Luigi Croce in <<Corriere del
Mezzogiorno>>, 17 Dicembre 2000.

20
di altri sbocchi occupazionali: molti intraprendono un’attività
nell’ottica della rendita garantita che in quella del rischio
d’impresa, da gestire con cognizione di causa. Pertanto si è
riscontrata

una

certa

impreparazione,

da

parte

di

piccoli

imprenditori, nel gestire la propria attività per quanto riguarda
l’acquisto delle merci e gli aspetti finanziari, e una mancanza di
professionalità anche nell’approccio al cliente.
Ferdinando Centorrino ricorda anche i limiti delle associazioni di
categoria che sono poco aperte al nuovo, poco aperte al dialogo con
le autorità e le sedi istituzionali e non molto disponibili a discutere
e a confrontarsi tra loro, su interessi concorrenti. Per cui si
presentano come un corpo quasi staccato dalla comunità.
Per quanto riguarda i privati, questi spesso finiscono nei tentacoli
dell’usura per colpa di una cattiva gestione dell’ “economia
domestica”. Ci sono persone che, pur non avendo un reddito molto
alto, non resistono alle suggestioni del consumismo e così
<<assistiamo a prime comunioni che diventano party in perfetto
stile holliwoodiano, oppure all’acquisto di auto da sogno senza aver
quasi una lira in tasca>>25.

25

Ferdinando Centorrino citato in Nuccio Anselmo, Usura, un business da 250 miliardi l’anno,
<<Gazzetta del Sud>>, 6 ottobre 2000.

21
III.
LA RICERCA
di Giuseppa Caravello e Maria Vera Costa

Da quanto detto emerge, dunque, che i fenomeni presi in esame
sono presenti nella città di Messina e che su di essi si stende la
mano

della

criminalità

organizzata,

arrecando

gravi

danni

all’economia cittadina. Il costo più alto di tali attività criminali pesa
soprattutto sugli operatori economici e per questo motivo, per la
realizzazione di tale ricerca, si è pensato di rivolgersi ad essi.
L’obiettivo è verificare quanta e quale percezione dei due fenomeni
abbiano gli operatori messinesi da noi contattati e quali siano le
loro opinioni circa l’efficacia delle leggi e dell’associazionismo nella
lotta contro i due crimini.
Il lavoro di ricerca qui presentato si articola in tre fasi:
1. INDIVIDUAZIONE

DELLA

POPOLAZIONE

E

CAMPIONAMENTO.
2. QUESTIONARIO
3. RIELABORAZIONE DEI DATI.
Nella prima fase si è lavorato su un elenco fornito dalla Camera del
Commercio di Messina, comprendente 3.681 unità (attività)26. Si è,
quindi, cercato un criterio che permettesse di riordinare i dati in
modo da avere una visione della loro distribuzione sul territorio. A
questo fine si è deciso di utilizzare, come punto di riferimento, i
quartieri (o circoscrizioni) in cui è suddivisa la città, e di mettere

26

La lista iniziale, in realtà, comprendeva 12.710 unità. Molte di queste, tuttavia, erano registrate
erroneamente (alcune inesistenti, altre trasferite, ecc.). Ragion per cui, il numero definitivo è frutto
di una selezione del dato grezzo.

22
ogni

attività

in

relazione

con

la

sua

circoscrizione

di

appartenenza27.
Figura 1. La città di Messina divisa in quartieri
I. GIAMPILIERI
II. SANTO STEFANO
III. NORMANNO
IV. DELLA CALISPERA
V. GAZZI
VI. MATA E GRIFONE
VII. CASTEL GONZAGA
VIII. DINA E CLARENZA
IX. SAN LEONE
X. SAN

SALVATORE

DEI

GRECI
XI. PELORO
XII.

MONTEMARE

XIII. DEI BASILIANI
XIV. SAN PANTALEONE
Il territorio della città di Messina, con i suoi 14 quartieri,

si

estende da nord a sud-sud-est lungo il corso dell’omonimo Stretto.
Geograficamente l’area comunale è rappresentabile come un
rettangolo irregolare, a nord-ovest

circondato dalle pendici dei

monti Peloritani, ricchi di vegetazione e solcati da una fitta rete di
torrenti e canali che all'interno dell'area urbana, caratterizzata da
una breve pianura di natura alluvionale, sono stati ricoperti e
adattati ad arterie stradali. Da nord a sud dunque il paesaggio
cambia divenendo via via più pianeggiante e più abitato.
La struttura economica messinese in grandissima parte è costituita
da piccole imprese, con numero di dipendenti da zero a tre, che
rappresentano l’89%

del totale delle attività cittadine e che si

27

Attraverso l’uso delle proporzioni, è stato messo in evidenza il peso (espresso in percentuale)
delle attività di ciascuna circoscrizione, sul totale della popolazione. Le informazioni ottenute sono
state, quindi, riassunte in una tabella, riportata in Appendice.

23
occupano soprattutto di commercio al minuto. Quasi i due terzi di
esse si concentrano nell’area urbana, cioè nei quartieri centrali di
Castel Gonzaga e Dina e Clarenza, e in quello contiguo, verso nord,
di

San

Leone.

Nelle

zone

dell’estremo

nord-ovest

(Peloro,

Montemare e Dei Basiliani), invece, le attività diventano sempre
meno frequenti e un buon numero di esse è di carattere
ambulante.
Nel sud messinese, da Gazzi (in particolare la Z.I.R., la Zona
Industriale Regionale) al quartiere più estremo di Giampilieri, le
attività più grosse con 15 o più dipendenti rappresentano più di
un terzo del totale di esse nel territorio e sono dedite soprattutto al
commercio

all’ingrosso

(auto

e

motoveicoli,

alimentari

e

abbigliamento i settori più diffusi).
In quest’area, in rapporto alla sua popolazione di operatori
economici, si è registrata una più forte tendenza a non compilare il
questionario (come approfondiremo in seguito): in particolare uno
su due operatori ha consegnato in bianco o direttamente non ha
accettato il questionario stesso. Le zone in cui ciò è accaduto sono:
Gazzi: Z.I.R.;
Della Calispera: Contesse, Villaggio Cep e Santa Lucia;
Normanno: Tremestieri;
Santo Stefano: Galati Marina, Santa Margherita;
A questo bisogna aggiungere anche la SS 114 nelle aree di
Normanno (Mili Marina), Santo Stefano e Giampilieri.
Si tratta di zone di periferia caratterizzate da un certo degrado
sociale che potrebbe essere l’humus ideale per il proliferare della
criminalità.
Individuata l’appartenenza delle varie attività economiche ai
rispettivi quartieri,

si è proceduto all’estrazione casuale del

campione: l’operazione ha richiesto l’utilizzo delle tavole dei numeri
casuali28, attraverso le quali è stato estratto, per ogni quartiere, il

28

Luigi Vajani, Elementi di statistica, Padova, Cedam, 1980, pp.294-295.

24
10% delle attività economiche in esso presenti. Il campione da noi
utilizzato, dunque, è composto da 368 unità.
Nella seconda fase, al fine di conoscere il punto di vista degli
operatori economici appartenenti al campione, sono stati realizzati
i seguenti passaggi:
Focus group29;
Elaborazione del questionario;
Test di efficienza del questionario;
Distribuzione.
Prima di realizzare il questionario, si è deciso di organizzare un
focus group il cui scopo è stato quello di fornire delle linee di
orientamento nella formulazione dei quesiti da porre; ad esso sono
stati invitati tre imprenditori messinesi, indicati rispettivamente
con A, B e C.
A

gestisce

una

cooperativa

di

servizi,

operante

attraverso

commesse pubbliche, ed ha un passato di sindacalista alle spalle.
B è impegnato nel settore dell’edilizia e partecipa attivamente alla
vita politica messinese.
C è un giovane imprenditore anch’egli dedito all’edilizia.
Sin dall’inizio, si sono delineati due “blocchi contrapposti” che si
sono mantenuti tali per l’intera durata del focus, eccetto in qualche
occasione.
Da un lato A e B, gli imprenditori con maggiore esperienza alle
spalle, si sono mostrati solidali l’uno verso l’altro, sostenendosi a
vicenda e approvando l’uno ciò che veniva detto dall’altro. Era
evidente quanto fosse profonda la loro conoscenza del contesto in
cui si muovono e delle “regole” su cui esso si fonda. L’esperienza ha
insegnato loro quali sono i vicoli ciechi, quali le strade percorribili e
quali i “trucchi del mestiere” necessari a raggiungere gli obiettivi
prefissati.
29

<<Il focus group è un metodo di ricerca che si basa su una discussione di gruppo, condotta da un
moderatore o “facilitatore”, che è focalizzata su un dato argomento allo scopo di raccogliere
informazioni utili agli obiettivi di ricerca.>> Vanda Lucia Zammuner, I focus group, Il Mulino,
Bologna 2003. Cit. p. 13.

25
Dall’altro lato C, invece, è apparso intriso di ideali e desideroso di
realizzare i suoi progetti nel rispetto di essi. Nello stesso tempo,
però, ha manifestato una grande delusione nei confronti di un
ambiente che, a causa dei suoi meccanismi consolidati, si presenta
rigido e quasi impenetrabile per chi, in particolare i giovani, voglia
apportare delle innovazioni e realizzare dei cambiamenti. Dalle sue
parole, dal tono usato e dai suoi gesti, traspariva un’inclinazione
alla rassegnazione e all’arrendevolezza: <<Da buon messinese che
sopporta… ho mollato>>.
La discussione, in un primo momento, si è incentrata sulle
difficoltà del fare impresa. Subito dopo si è passati ad argomenti
più attinenti l’oggetto del nostro studio, introducendo il tema del
sistema bancario. Tutti si sono trovati concordi sulla difficoltà di
ottenere un prestito a causa dei meccanismi distorti, che
caratterizzano il sistema. Ognuno dei tre ha sottolineato un aspetto
particolare del problema.
C è stato il primo a dire che solo chi ha i soldi è in grado di
ottenere un finanziamento bancario, rafforzando così situazioni
economiche già stabili a discapito delle più deboli. B, nel
frattempo, ascoltava con un sorrisetto ironico, considerando
evidentemente scontato il punto di vista di C e aggiungendo che, in
Sicilia, il costo del denaro è più alto rispetto a quello di altre
regioni, giacché si tiene conto del così detto “rischio Sicilia”. Ha
concluso il suo intervento definendo le banche “usurai riconosciuti
dalla legge”. Anche A le ha considerate aziende di usurai, “imprese
a rischio zero”, sottolineando l’importanza delle garanzie e delle
conoscenze personali per ottenere il loro sostegno. Ha fatto, inoltre,
notare che di fronte a tante difficoltà gli imprenditori diventano
facili prede degli usurai, e così il fenomeno usura dilaga.
B ha collegato al problema dell’inefficienza del sistema bancario a
quello della disinformazione della classe imprenditrice e della
mancanza di capacità propositiva dei singoli, che invece fanno
troppo affidamento sulla disponibilità dei finanziamenti regionali.

26
A proposito del “pizzo”, tutti si sono trovati d’accordo nell’affermare
che tale fenomeno oggi non costituisce un problema rilevante a
Messina, almeno nei loro settori. L’unico ad ammettere di essere
stato parte offesa, in passato, è A che tuttavia ha precisato, con
enfasi, che attualmente a Messina “tutto è bloccato”, non ci sono
richieste né manifestazioni di violenza (C, nel frattempo, esternava
una certa titubanza, attraverso espressioni del viso particolarmente
ironiche) . Interessante, però, notare la schiettezza con cui A
asseriva che , in caso di richiesta di pagamento, sarebbe pazzesco
non pagare mettendo a repentaglio la propria vita e quella dei
familiari.
C ha ribadito la scarsa presenza di questa problematica e ha
parlato del “pizzo” come se fosse solo una realtà del passato,
conosciuta

attraverso

i

racconti

del

padre,

delineando

un’

immagine del vecchio mafioso che si potrebbe definire folkloristica.
Tuttavia non ha negato di averne avuto “sentore” in Calabria, dove
la situazione è diversa.
B ha rafforzato le tesi sopra esposte affermando che, a differenza
della Calabria, a Messina non esiste più il controllo del territorio,
che in passato si realizzava attraverso il “pizzo”... <<quella che
volgarmente

è

concentrata>>.

chiamata

mafia

è

solo

delinquenza

spuria

Inoltre, con fare ironico, ha definito “trendy”

le

indagini e le ricerche che riguardano il fenomeno mafioso,
insinuando che l’attenzione su di esso sia condizionata dal
successo di certe fiction, quali “Il commissario Montalbano” e la
“Piovra”. Alla fine, comunque, ha sostenuto che <<il problema del
pizzo, se esiste, interessa solo i piccoli commercianti>>.
Ciò che ha colpito particolarmente, è il modo in cui è cambiato
l’atteggiamento

dei

tre

imprenditori

nel

rapportarsi

alle

problematiche via via esposte. Nella prima fase si sono mostrati
estremamente disponibili, loquaci e, nonostante i momenti di
scontro, rilassati; nella seconda fase, quando l’attenzione si è
focalizzata su argomenti come quello dell’usura e delle estorsioni,
hanno lasciato trapelare disagio e chiusura sia nell’interazione
27
verbale, che in quella non verbale (accavallavano le gambe,
incrociavano le braccia, giocavano nervosamente con gli oggetti che
avevano sotto mano).
Il focus è servito come punto di riferimento per la formulazione
delle domande contenute nel questionario. Formalmente i quesiti
riguardano le problematiche che interessano le imprese messinesi
e, pertanto, si è cercato di toccare non solo i temi affrontati nel
focus, ma anche altri strettamente collegati alle difficoltà del
mondo imprenditoriale.
Il questionario è composto da 51 domande31, un numero che a
nostro avviso permette di ottenere informazioni sufficienti e, nello
stesso tempo, di evitare che l’attenzione degli imprenditori facenti
parte del campione, si affievolisca durante la compilazione.
Oltre alle domande generiche, che ci consentono di ottenere
informazioni sulle caratteristiche del soggetto che compila e sulla
sua attività (sesso, età, stato civile, grado d’istruzione, settore
economico, ampiezza dell’impresa), sono state utilizzate alcune
domande, per approfondire la nostra conoscenza dei fenomeni di
racket ed usura, incentrate sui seguenti argomenti:
Le pressioni mafiose: si è pensato di chiedere agli intervistati
se sono a conoscenza di episodi non riguardanti direttamente
il singolo, per comprendere quanto i commercianti siano
propensi a riconoscere l’esistenza del fenomeno; se non è
31

Tutti i quesiti, eccetto sei, sono a risposta chiusa, poiché in tal modo, si ha la possibilità di
ottenere risposte precise e immediatamente recepibili, al contrario di quanto avviene con le
domande a risposta aperta. Queste ultime, infatti, danno più tempo per riflettere, inibendo la
spontaneità dei soggetti a cui ci si rivolge; inoltre, mancando di schemi precostituiti, determinano
il rischio di avere risposte prolisse o diverse da un soggetto all’altro, e per questo motivo
impossibili da tradurre in termini quantitativi. Il questionario si apre con la parte strutturata,
necessaria a dare indicazioni su chi lo compila e, contemporaneamente, utile a metterlo a suo agio,
attraverso domande semplici ed immediate. La parte successiva, invece, si concentra sulle
problematiche delle attività economiche e del contesto messinese in generale. In questo caso, sono
stati usati alcuni accorgimenti per affrontare le delicate questioni che sono oggetto del nostro
studio, poiché esse, per loro stessa natura, possono indurre i titolari delle attività economiche a cui
ci si rivolge, ad assumere un atteggiamento di diffidenza e a renderli restii alla collaborazione.
Innanzitutto, in fase di formulazione, si è cercato di essere il più possibile chiari e concisi, per
assicurare una giusta comprensione del contenuto dei quesiti. Inoltre sono state evitate le domande
“suggestive” che, per il modo in cui sono enunciate, determinano il rischio di risposte poco
sincere. Infine, è stata prestata particolare attenzione al criterio da seguire nel dare un ordine alle
domande; così i quesiti riguardanti i temi più scottanti sono stati dispersi tra gli altri, per tentare di
“mascherarli” e renderli meno evidenti, mantenendo un clima disteso e rilassato. Da qui l’idea di
inserire nel questionario argomenti quali il tram, il turismo, l’euro, e così via.

28
ignorata, inoltre, la domanda relativa al problema in
questione può fornire un’idea di quanto frequentemente gli
imprenditori messinesi debbano confrontarsi con questo tipo
di realtà32.
La percezione dell’operatore circa la diffusione del fenomeno
estorsivo33.
L’identità degli estortori (delinquenti isolati, affiliati alla
criminalità organizzata, bande di quartiere). Questo è un
tema abbastanza dibattuto. Vari studi confermano che il
racket

sia

controllato

totalmente

dalla

criminalità

organizzata di stampo mafioso; come si è già avuto modo di
sottolineare,

tuttavia,

esiste

una

corrente

di

pensiero

secondo cui Cosa Nostra non gestirebbe più questo tipo di
attività. L’obiettivo, in questo caso, è quello di comprendere
in che modo l’operatore economico percepisca la figura
dell’estortore e quale sia, quindi, l’opinione più valida in
rapporto alla città di Messina34.
La percezione del fenomeno usura, da parte di coloro che
esercitano attività economiche e costituiscono un bacino di
potenziale clientela degli usurai, più di ogni altra categoria di
individui35.
L’identità degli usurai: come risulta da vari studi, il
fenomeno dell’usura è diventato molto complesso; nel corso
del tempo, infatti, alla figura del classico usuraio di quartiere
si sono affiancate altre categorie di soggetti dediti alla pratica
dell’attività illecita in questione36.
Il sistema bancario e la difficoltà di accedere al credito legale.
Quanta difficoltà incontrano i piccoli imprenditori messinesi
32

L’argomento delle pressioni mafiose è toccato dalla domanda n. 16 del questionario riportato in
Appendice.
33
La domanda relativa è la n. 28: essa permette di cogliere la differenza, se presente, tra la
reazione ad una domanda diretta e la reazione ad una indiretta, in questo caso tra la domanda 16 e
la 28, appunto. In quest’ultima, il riferimento al Censis, infatti, rassicura chi compila, poiché egli
si “limita” ad esprimere un parere su un’affermazione altrui (una fonte ufficiale) e non si sente
coinvolto direttamente.
34
La domanda che si occupa della figura dell’estortore è la n.29.
35
La domanda relativa è la n.37.
36
L’argomento riguardante i soggetti attivi dell’usura è affrontato dalla domanda n. 38.

29
nel rapporto con le banche? Il problema della concessione del
credito spesso viene messo in relazione con il problema
dell’usura, a cui potrebbero rivolgersi coloro ai quali è stato
negato un prestito bancario, a causa di insufficienza di
garanzie37.
Il grado di informazione degli intervistati, circa la legislazione
riguardante

estorsione

ed

usura

ed

il

mondo

dell’associazionismo38.
I problemi socio-economici più gravi della città di Messina39.
Prima di procedere con la somministrazione del questionario, si è
ritenuto opportuno testarlo per valutarne l’efficienza.
III.1 IL CONFRONTO CON GLI OPERATORI ECONOMICI
Prima di illustrare i risultati della nostra ricerca, riteniamo
opportuno

evidenziare

alcuni

elementi

emersi

dalla

nostra

esperienza diretta.
Nel corso della distribuzione dei questionari non sono mancati i
momenti di confronto verbale con gli operatori economici coinvolti
nella ricerca. Quando illustravamo al commerciante il contenuto
del questionario e le sue finalità, accadeva costantemente che egli
si lamentasse della situazione economica di Messina, presentando
un quadro disastroso.
Dai veri e propri sfoghi dei nostri interlocutori è emerso, con
prepotenza, un elemento di fronte al quale è necessario interrogarsi
con grande attenzione e sincerità. Si tratta dell’atteggiamento di

37

Il tema è toccato dalle domande n. 35, 41 e 42.
Le domande volte a sondare il parere degli operatori economici contattati, su legislazione ed
associazionismo, sono le n. 43, 46 e 47. Con la domanda N. 47, in particolare, la nostra attenzione
si concentra sulla conoscenza dei commercianti riguardo all’esistenza di associazioni antiracket ed
antiusura a Messina e sulla loro opinione circa la funzione da esse svolta.
39
La domanda relativa è la n. 51. Essa chiude il questionario e si propone di raggiungere due
obiettivi: il primo è constatare qual è il problema che secondo gli operatori economici pesa
maggiormente sulle attività da loro svolte; il secondo, di grande importanza, è verificare la
coerenza (o mancata coerenza) degli imprenditori, nell’esporre il loro punto di vista riguardo alle
questioni trattate. A tal fine è sufficiente incrociare questa domanda con quelle che fanno
riferimento alle pressioni mafiose, all’usura e alla difficoltà di accedere al sistema creditizio
ufficiale.
38

30
rassegnazione che gli operatori hanno manifestato nei confronti di
uno status quo caratterizzato da molti elementi negativi e scarsa,
se non inesistente, propensione al miglioramento. Gli operatori
hanno descritto una città povera, colma di problemi di ogni genere,
ma in loro non era percepibile nessuna volontà di reazione, nessun
desiderio di riscatto. La frase che ricorreva maggiormente,
soprattutto alla restituzione dei questionari, compilati e non, era:
<<Tanto le cose rimarranno così come sono!>>
La rassegnazione sembrava caratterizzare la quasi totalità delle
persone con cui siamo entrati in contatto, da quelle operanti nei
quartieri più centrali a quelle operanti nei quartieri più periferici,
sia a nord che a sud.
Le

problematiche

più

nominate

e

discusse

riguardano,

innanzitutto, lo stato dell’economia messinese, che per la quasi
totalità dei commercianti vive una situazione di estrema crisi e
necessita di investimenti sia di natura pubblica che privata.
Si lamenta, inoltre, la mancanza di agevolazioni fiscali per i piccoli
commercianti, soffocati dalle tasse che ostacolano la possibilità di
far crescere le proprie attività.
Gli operatori messinesi si sentono soli con le loro difficoltà:
nessuno li aiuta e le istituzioni cittadine, che dovrebbero essere le
prime a farlo, mostrano il più totale disinteresse nei loro confronti
e dell’intera città.
Per alcuni il futuro sembra riservare addirittura la chiusura del
negozio, la cessazione dell’attività. In fondo, come hanno detto in
tanti, ogni giorno nascono nuovi esercizi commerciali per poi
richiudere uno o due anni dopo e questa è la prova che il sistema
economico della città è seriamente malato!
Noi stessi abbiamo avuto modo di verificare che diverse piccole
attività (inserite nell’elenco originale), con zero dipendenti, non
esistono più, soprattutto nel quartiere di Mata e Grifone. Anche per
quanto riguarda le attività grosse, che a Messina sono una
minoranza, due di esse non sono state da noi trovate nella zona di
San Leone. Un commerciante, riferendosi ad una di queste, ha
31
detto: <<Hanno chiuso i battenti dall’oggi al domani e il motivo non
si è mai saputo.>>
Anche il tram è stato tirato in ballo da alcuni commercianti,
soprattutto da parte di quelli che operano in via Catania, dove le
rotaie occupano gran parte della strada, di per sé non molto larga,
togliendo spazio agli automobilisti di passaggio che, per dare
un’occhiata al negozio avvistato, non potrebbero fermarsi senza
bloccare il traffico. Meno gente si ferma, più potenziali clienti si
perdono!
Un altro problema che pesa, soprattutto sui commercianti più
grossi e sulle imprese con un certo numero di dipendenti, è la
mancanza di manodopera qualificata e preparata.
Nel quadro, per nulla roseo, descritto dagli operatori economici,
manca un elemento che non è mai stato menzionato durante le
discussioni:

la

presenza

della

criminalità

organizzata

e

le

conseguenze che derivano dalle sue attività.
Di fronte a quanto detto finora ci chiediamo quale sia il problema
maggiore: vivere in una realtà caratterizzata dal mancato sviluppo
e dalla presenza di criminalità, o vivere questa situazione
comportandosi come se ciò fosse normale, come se la miseria e il
degrado facessero parte della nostra terra, e la tendenza a darsi per
vinti fosse scritta nel nostro DNA?
Lo stesso quadro della città emerge dalle risposte date ai
questionari:
tutti sostengono, come è stato detto in altra sede, che le
attività economiche messinesi non sono fiorenti e che il
settore più diffuso è quello commerciale.
Il settore del turismo è sofferente e per rimetterlo in sesto,
secondo la maggioranza, sarebbe necessario migliorare le
strutture di accoglienza e l’arredo urbano, valorizzare i
monumenti storici e pubblicizzare il territorio.
Per

migliorare

sarebbero

l’andamento

dell’economia

messinese,

utili più investimenti non solo da parte dello

Stato, ma anche da parte dei privati.
32
Alla solitudine, dovuta alla lontananza delle istituzioni
cittadine e nazionali, si aggiunge la solitudine derivante dagli
scarsi rapporti di collaborazione tra gli operatori economici e
dall’inefficienza delle associazioni di categoria.
Si avverte fortemente la mancanza di sicurezza: ci si sente
poco tutelati dalla giustizia e dalle forze dell’ordine e non si
ha fiducia nello Stato e nelle sue istituzioni.
Un altro elemento da sottolineare – come anticipato - è la difficoltà
incontrata nell’ottenere la collaborazione degli operatori economici
da noi contattati. Il primo dato significativo da segnalare, dunque,
riguarda il fatto che una buona percentuale di questionari (30%) è
stata restituita in bianco, nonostante l’anonimato più volte
assicurato a chi avrebbe dovuto compilarli. Nella zona sud, in
particolare, oltre un terzo degli intervistati in quest’area ha scelto
di non compilare il questionario e per essere più specifici, nei
quartieri di Normanno e Santo Stefano si è toccata la punta
massima con i

due terzi degli operatori economici contattati in

ciascuno di essi, che non ha risposto ai quesiti. Importante, a
nostro avviso, evidenziare che all’interno dei quartieri suddetti e in
quello di Giampilieri, all’estremo sud di Messina, qualcuno ha
perfino

rifiutato

momento

il

stesso

questionario
della

proposto,

consegna.

restituendolo

Questa

mancanza

nel
di

collaborazione da parte di non pochi operatori economici è
significativa,

come

dicevamo

prima,

se

pensiamo

che

il

questionario è stato presentato non solo come uno strumento per
effettuare una ricerca su problematiche che li riguardano da vicino,
ma anche come un mezzo attraverso cui esprimere proprie opinioni
e attraverso cui dar voce ai propri eventuali sfoghi, nei limiti del
possibile, e tutto, torniamo a ribadire, nel rispetto assoluto
dell’anonimato.
A questo punto è necessario cercare di comprendere le ragioni che
stanno alla base di tutto ciò e per farlo illustreremo qui di seguito il
contesto in cui si collocano le attività dei nostri operatori,
33
mettendolo in relazione con le reazioni che

essi hanno avuto di

fronte alla ricerca.

III.2 Le reazioni degli intervistati
Per la compilazione del questionario è stato concesso un arco di
tempo (7 giorni) adeguato per rispondere ai quesiti con tutta calma
e tranquillità.
Prima di dare il via alla distribuzione, però, si è pensato di
codificare i possibili atteggiamenti che gli imprenditori avrebbero
potuto manifestare, prendendo in considerazione tre categorie
generali di reazione: 1) “collaborativi”, 2) “non collaborativi” e 3)
“indifferenti”.
La codificazione ci è stata utile per capire la reazione generale degli
operatori economici di fronte ad un’attività di ricerca che li chiama
direttamente in causa. Dalla rielaborazione dei dati, risulta una
tendenza generale che oscilla tra i collaborativi (63%) e gli
indifferenti (29%) (vd. Grafico 2). Ma tra quelli che a primo impatto
sono apparsi da collocare nella categoria n. 1, una piccola parte
non ha risposto alimentando così la categoria dei non collaborativi
e tra gli indifferenti, cioè coloro che non hanno manifestato
atteggiamenti particolari né hanno assunto posizioni determinate,
lasciando presupporre tanto la compilazione del questionario
quanto la non compilazione, una buona parte non ha risposto ai
quesiti.
L’ incoerenza nel comportamento degli operatori spinge a fare un
discorso più complesso a proposito delle reazioni.
Introduciamo una schematizzazione alternativa, in cui saranno
inserite due categorie principali – collaborativi e non collaborativi e

all’interno

di

queste,

quattro

comportamentali.
Collaborativi

34

diversi

sottogruppi
Entusiasti. Si sono mostrati disponibili dall’inizio fino al
momento

della

restituzione;

estremamente

curiosi

ed

interessati, si sono rivelati molto propensi al dialogo. Hanno
ascoltato con molto interesse e partecipazione le spiegazioni
relative all’obiettivo del nostro lavoro, ponendo anche delle
domande sulle modalità di svolgimento della ricerca. I
quartieri che si sono distinti, in particolar modo, per quanto
riguarda la collaborazione entusiasta sono quelli di Dina e
Clarenza e Gazzi dove, soprattutto in via Catania, i
commercianti si sono rivelati molto agguerriti.
Diffidenti.

Inizialmente

il

loro

comportamento

faceva

presupporre la mancata compilazione; in realtà, al di là di
ogni aspettativa, si sono rivelati estremamente disposti a
comunicare il loro punto di vista. Molti di loro, al momento
della consegna, hanno chiesto informazioni circa il numero
di persone che ha risposto e riguardo l’orientamento generale
delle risposte; come se cercassero delle conferme, delle
rassicurazioni. Alla fine in queste persone, molto combattute,
è prevalsa la voglia di collaborare, di comunicare il proprio
punto di vista, rispondendo a tutto senza remore. Alcune
croci segnate su certe risposte sono state rimarcate più volte
e con molta enfasi. Abbiamo riscontrato questa situazione
nel quartiere di Mata e Grifone, e ancor di più, nei quartieri
collocati all’estremo nord di Messina. Probabilmente a causa
della posizione periferica che caratterizza questi ultimi, i
commercianti

si

sentono

esclusi

e

tenuti

poco

in

considerazione nell’ambito delle questioni cittadine; ciò,
possibilmente, provoca in loro un desiderio di rivalsa che, nel
caso del nostro questionario, si è manifestato attraverso
risposte molto forti (in particolare è stato possibile vederlo
nelle risposte aperte).
Non collaborativi

35
Intimoriti. Con fare spesso ostile, hanno posto numerosissime
domande sulla natura del questionario e hanno chiesto
ripetutamente rassicurazioni a proposito dell’anonimato.
Nonostante siano state date tutte le rassicurazioni del caso,
alla fine i questionari sono stati restituiti in bianco con la
giustificazione che il titolare (anche quello del più piccolo
negozio di generi alimentari) era fuori città e lo sarebbe stato
per un tempo indeterminato: << non ho risposto al
questionario perché il titolare è fuori città e non saprei dirvi
quando rientra; pertanto io non mi assumo la responsabilità
di rispondere>>. Questa è solo una delle tante risposte date.
Una piccola percentuale ha persino finto di non ricordare di
aver ricevuto un questionario. Un esempio è quello del
titolare di un negozio che, con occhi rivolti da tutt’altra parte
e con evidente imbarazzo, ha affermato di non aver ricevuto
nulla, nonostante il ragazzo, suo dipendente, abbia cercato
di ricordargli, con convinzione, <<quel foglio che hanno
portato pochi giorni fa>>. Non si distingue bene se la paura
riscontrata sia dovuta al fattore criminale o

alla

preoccupazione che i dati riguardanti le loro attività, in
particolare quelli sui numeri di dipendenti, possano avere
delle conseguenze indesiderate, in primis un controllo fiscale
a sorpresa! Questo tipo di timore è stato riscontrato
soprattutto in via Corbino Orso (nel quartiere di Gazzi) dove
ci sono attività che si svolgono in strutture abbastanza
grandi, che fanno presupporre la presenza, all’interno, di un
numero di dipendenti maggiore rispetto a quello che risulta
dai dati della Camera di Commercio. Il timore, comunque, è
generalizzato. Non è stato riscontrato solo nel viale S.
Martino. Una paura di altra natura (legata, cioè, al fattore
criminale) è stata percepita, in particolare, in via La Farina
(quartiere di Mata e Grifone), dove svolge la sua attività il
titolare dell’esempio riportato sopra.

36
Scostanti. Abbiamo incontrato un numero rilevante di
commercianti con queste caratteristiche nel quartiere di San
Leone e di Castel Gonzaga. Hanno mostrato un totale
disinteresse verso quella che gli è stata presentata come
un’indagine riguardante le problematiche della loro città.
Con insistenza hanno fatto riferimento all’inutilità di studi e
analisi di qualsivoglia natura, ed hanno spesso rifiutato i
questionari definendoli una perdita di tempo (non importa se
si tratta di soli cinque minuti), sottratto al lavoro o al riposo
a casa. In altri casi i questionari sono stati compilati
parzialmente o, al momento della consegna, non più trovati;
ovviamente rifiutando poi la nostra proposta di fornirgli un
nuovo questionario, in sostituzione di quello smarrito.
Per quanto riguarda le attività svolte da chi

non ha risposto ai

quesiti, quasi due su tre appartengono al settore dei generi
alimentari.

37
IV.
LA PERCEZIONE DEI FENOMENI
di Giuseppa Caravello e Maria Vera Costa

A questo punto, possiamo spostare la nostra attenzione sui
risultati ottenuti attraverso il questionario .
IV.1 ESTORSIONE
Alla

domanda

che

chiedeva

di

esprimere

approvazione

o

disapprovazione sui risultati della ricerca Censis che presenta
Messina come una delle città più colpite dal fenomeno estorsivo,
quasi il 45 % si è definito “abbastanza - molto d’accordo” (vd.
Grafico 6).
La tendenza a segnalare la presenza del problema è più
significativa nei quartieri del sud, mentre è avvertito in misura
minore al centro (vd. Grafico 7). Nel dettaglio, questa risposta è
fornita dagli operatori economici dei seguenti settori: auto-motoaccessori,

tabacchi, farmacie, alimentari-bar-ristoranti, casa-

arredamento (vd. Grafico 8). E’ interessante mettere in evidenza la
palese contraddizione che risulta dal confronto tra questi risultati e
quelli relativi alla domanda sulle pressioni mafiose: nell’ambito
delle stesse categorie commerciali (in particolare rivendite di
alimentari, di tabacchi, bar, ristoranti e negozi di arredamento e
generi casalinghi), i titolari delle attività rispondono di non essere a
conoscenza di casi di intimidazioni o pressioni mafiose, realizzate
ai danni di operatori economici messinesi (vd. Grafico 5).
C’è

inoltre

da

evidenziare

che,

com’è

stato

anticipato

nell’introduzione, all’ultima domanda che chiedeva loro di indicare
quali fossero i problemi più dannosi per l’economia messinese, solo
una percentuale bassissima, ha segnalato le pressioni mafiose; da
ciò dovremmo dedurre che nonostante la grandezza della sua

38
portata, il fenomeno estorsivo appare agli operatori messinesi un
elemento a cui attribuire un’importanza non eccessiva.
È davvero possibile che il pizzo sia considerato solo un costo
aggiuntivo, un’ulteriore tassa che finisce col confondersi con quelle
dello Stato? Dobbiamo pensare che il racket sia talmente diffuso e
radicato che gli imprenditori abbiano finito per adattarsi e
considerarlo un dato di fatto, parte della loro realtà? Purtroppo
questa sembra la risposta più plausibile. Tuttavia insieme a ciò,
dobbiamo considerare un altro elemento assolutamente esplicativo:
l’insicurezza sociale. L’84% si sente poco o niente affatto tutelato
dallo Stato e dalle sue istituzioni e soltanto il 28% ritiene che le
forze dell’ordine siano in grado di assicurare il normale svolgimento
delle attività economiche (vd. Grafico 22 e Grafico 24). In realtà,
non è un risultato che stupisce. Nel contesto meridionale,

la

distanza avvertita nei confronti dello Stato, è una costante che si
traduce in problemi di legittimazione e sfiducia, nello scarso
rispetto delle regole di convivenza, in un'immagine vessatoria delle
Istituzioni statali, nell’incertezza dei rapporti tra cittadini e potere
pubblico. Le conseguenze di ciò sono evidenti. Davanti a quella che
viene percepita come un’autorità pubblica assente, inaffidabile,
poco

responsabile

ed

incapace

di

tutelare

il

cittadino,

l’atteggiamento prevalente sarà di assoluto distacco. Nel caso
specifico, ciò potrebbe comportare che l’operatore economico di
Messina, dovendo affrontare un problema grave e delicato come
una minaccia estorsiva, consideri la richiesta di aiuto alle autorità
competenti, l’ultima possibilità da prendere in considerazione.
A proposito dei soggetti che praticano questa attività illecita, solo in
minima percentuale la responsabilità viene attribuita a delinquenti
isolati (13,20 %); il 26,41% punta il dito sui componenti di bande
di quartiere, mentre il 37% del campione identifica gli estortori con
gli affiliati alla criminalità organizzata (vd. Grafico 9). Questa
tendenza prevale in particolare nel caso delle attività con 16 o più
dipendenti (55,55%), le stesse attività che, sia nel caso della
domanda sulle pressioni mafiose che
39

in quella riguardante la
presenza del fenomeno estorsivo in città, hanno di gran lunga
superato le altre per la percentuale di risposte affermative (vd.
Grafico 10). Questo elemento risulta interessante, soprattutto
considerando che, come sostiene Clelia Fiore, le associazioni
antiracket sono composte esclusivamente da piccoli e medi
commercianti, come se “il fenomeno racket” non toccasse attività di
dimensioni maggiori.
IV.2 USURA
I dati relativi al problema dell’usura a Messina, rivelano una
situazione poco confortante!
Oltre la metà del campione ritiene che Messina è una delle città
meridionali in cui l’usura è maggiormente diffusa (vd. Grafico 11).
La presenza del problema è segnalata da tutte le categorie
economiche

prese

in

considerazione

e

da

tutte

le

attività

economiche di piccola, media o grande dimensione.
Per quanto riguarda i soggetti attivi dell’usura,

solo il 3,77%

ritiene che tale attività illecita sia nelle mani di professionisti del
settore finanziario; il 22,01% di operatori economici sostiene che
essa è praticata da persone insospettabili: coloro i quali si
presentano in veste di amici, o che svolgono professioni nell’ambito
del settore pubblico o che gestiscono altre attività economiche. In
particolare, la tendenza a pensare che l’attività usuraia sia gestita
da soggetti insospettabili, è diffusa nella zona centrale di Messina.
Quasi il 28%, invece, punta il dito sulla criminalità organizzata e
ciò è più evidente nel caso delle medie e grandi imprese (vd. Grafico
13).
Così come emerso nel caso dell’estorsione, anche per quanto
riguarda l’usura, non è alta la percentuale di coloro che la
considerano un ostacolo allo sviluppo delle attività economiche
messinesi (22,60%). Questo risultato assume particolare significato
in relazione alla più elevata tendenza ad indicare <<la difficoltà di
accedere al credito>> come uno degli elementi che pesano sulla vita
economica della città (43%). Se si pensa che proprio la difficoltà di
40
accedere al credito può essere un motivo per cui molti piccoli e
medi imprenditori si lasciano sedurre dalla possibilità di avere un
prestito facile e veloce da parte di individui che poi si rivelano
molto pericolosi, si capisce perché il problema del credito legale
diventi prioritario rispetto a quello del prestito illegale, che ne
potrebbe essere la conseguenza. Tenuto conto di ciò sarebbe
opportuno evidenziare il punto di vista degli operatori contattati
riguardo all’efficacia del sistema bancario: per l’84% del campione,
esso non offre un valido sostegno alle attività imprenditoriali (vd.
Grafico 16). Questo risultato, in molti casi, è rafforzato da
considerazioni
questionario

che
e

tra

gli

operatori

esse

stessi

alcune

hanno

risultano

riportato

sul

particolarmente

significative: <<Il buon funzionamento delle banche dipende da chi
hanno di fronte; favoriscono chi già possiede e non chi vuole
crescere>>, <<Il sistema creditizio piuttosto ostacola lo svolgimento
delle attività>>, <<Se dai garanzie, ok, altrimenti puoi morire!>>
Ma in caso di difficoltà economiche esistono alternative al prestito
bancario? Solo l’8% degli intervistati dice che delle alternative ci
sono, ma non specifica quali (vd. Grafico 17). Chi lo fa (il 4%) indica
le finanziarie, innanzitutto, e la famiglia, mentre per il resto, quasi
la totalità del campione, nessuno ha idea di cosa siano le
“alternative” (vd. Grafico 18).
Si potrebbe dire che, forse, l’usura non costituisce un grosso
problema

per

le

attività

economiche;

anzi,

probabilmente

rappresenta una tentazione per chi ha delle difficoltà finanziarie o
un’alternativa a quel sistema creditizio troppo abituato a voltare le
spalle a chi gli chiede un aiuto e magari è proprio quell’alternativa
che alcuni dicono esserci, senza però specificare di cosa si tratti!
IV.3 LA LEGISLAZIONE E L’ASSOCIAZIONISMO ANTIRACKET E ANTIUSURA
I risultati fin qui esposti rivelano quanto e come i fenomeni presi in
considerazione siano percepiti dagli operatori economici messinesi
ed il quadro descritto dalle loro risposte al questionario è
scoraggiante: estorsione ed usura sono presenti e ben radicate
41
nella

città

peloritana.

Ciò

rappresenta

un

chiaro

segnale

dell’insufficiente efficacia degli strumenti finalizzati alla lotta contro
tali attività criminali, elemento questo che si riscontra con forza
nelle risposte relative alle domande sulla legislazione antiracket ed
antiusura e sull’ associazionismo.
Il legislatore ha creato strumenti di lotta sempre più efficaci quali
la legge 108/96 contro l’usura e la legge 44/99 che ha unificato i
Fondi di Solidarietà di estorsione ed usura e disciplina l’intera
materia relativa al racket; la società civile, nello stesso tempo, si è
data da fare con le associazioni e le fondazioni a sostegno delle
vittime.
Ma quanto di tutto questo è concretamente presente nel mondo
degli operatori economici?
Appena il 12% degli operatori economici dichiara di essere
stato adeguatamente informato sui contenuti del Fondo di
Prevenzione a favore dei soggetti a rischio di usura (legge
108/96) (vd. Grafico 19).
Il 23% del campione afferma di non essere a conoscenza
della legge 44/99 (vd. Grafico 20).
Il 22% non conosce l’esistenza di associazioni antiracket ed
antiusura a Messina e quasi la metà del campione non le
ritiene un valido sostegno (vd. Grafico 21).
Sono due, quindi, gli elementi che emergono con forza: la diffusa
mancanza di informazione e una visione negativa della funzione
delle leggi e dell’associazionismo. Messina vive quotidianamente e
in modo traumatico l’esistenza, la forza e la violenza del racket e
dell’usura. Lo stesso non si può dire dei soggetti che dovrebbero
aiutare, sostenere, accompagnare la vittima nella sua ribellione;
chi viene preso di mira guarda negli occhi chi minaccia di
distruggere la sua attività, di far del male a lui o alla sua famiglia
ma, al contrario, vede le istituzioni e le associazioni come presenze
intangibili e percepisce come elementi estranei, quasi del tutto
sconosciuti, gli strumenti che dovrebbero permettergli di vincere il
“suo incubo personale”.
42
La distanza delle istituzioni dalla società genera la condizione più
adatta al manifestarsi ed al proliferare dell’incertezza nei confronti
dello Stato, e della sfiducia in esso e nelle leggi che lo
rappresentano.
Il fatto che un rilevante numero di persone ignori l’esistenza delle
associazioni e delle fondazioni e, nello stesso tempo, di leggi molto
importanti, è un segnale forte di non efficace funzionamento del
sistema

informativo

messo

in

atto

da

parte

del

mondo

dell’associazionismo e da parte delle istituzioni locali e nazionali.
Nonostante

le

campagne

di

informazione

predisposte

dal

Commissario per il coordinamento delle iniziative antiracket ed
antiusura41, e l’operato delle associazioni, che si impegnano a
fornire agli operatori economici le informazioni necessarie sugli
strumenti di lotta, gli sforzi in tal senso, non si sono dimostrati
all’altezza.

A

tal

proposito

è

opportuno

qui

ricordare

una

conferenza che si è svolta sui temi dell’usura e dell’estorsione a
Milazzo, il 12/10/2003, a cui hanno preso parte Tano Grasso, il
Commissario straordinario Rino Monaco, Lino Busà, presidente di
SOS Impresa e della FAI (Federazione Associazioni Antiracket e
Antiusura), vari ed autorevoli personaggi del mondo della giustizia
e

delle

forze

dell’ordine,

rappresentanti

dell’amministrazione

comunale milazzese ed i responsabili delle varie associazioni
antiracket ed antiusura della provincia di Messina. L’occasione
dell’incontro è stata determinata da una serie di episodi incendiari
che

hanno

avuto

come

protagonisti

alcuni

piccoli

esercizi

commerciali del milazzese e la sede locale del WWF. Questa si è
rivelata

un’esperienza

istruttiva

ed

interessante,

ma

non

adeguatamente pubblicizzata. Il numero di persone che hanno
assistito al confronto era tristemente esiguo ed al termine, invece,
il numero di persone che si trovavano davanti al Municipio, curiose
41

Un’esperienza estremamente significativa in questo contesto, è stata la campagna di
informazione cominciata a novembre del 2000, predisposta da Tano Grasso allora Commissario,
culminata poi con la prima Conferenza Nazionale contro l’usura e l’estorsione. E possibile citare,
inoltre, la campagna di informazione realizzata nell’agosto del 2002, che è stata predisposta da
Rino Monaco, Commissario per il coordinamento delle iniziative antiracket ed usura, dal 2001.

43
di sapere che avvenimento si fosse tenuto, era decisamente alto.
Questo episodio si può considerare emblematico: quella appena
descritta poteva essere un’occasione significativa per sensibilizzare
la cittadinanza, coinvolgere gli operatori economici e, soprattutto,
dimostrare che qualcuno che si preoccupa e non resta indifferente
di fronte ai fenomeni considerati.
Non è accaduto.

44
CONCLUSIONI
di Domenico Carzo

In conclusione, cerchiamo di mettere in risalto alcuni punti chiave
emersi dal lavoro, ribadendo alcuni dati.
Un primo dato – a nostro giudizio rilevante – è rappresentato dal
fatto che un intervistato su tre ha rifiutato di compilare il
questionario distribuito anonimamente. Tra l’altro, la mancata
collaborazione allo studio si è registrata in un zona ben precisa di
Messina: la Zona Industriale Regionale, dove sono concentrate le
attività economiche di maggiori dimensioni. Identico discorso si è
verificato più a Sud, dove, comunque, sono insediate realtà
industriali di medio-grandi dimensioni. Tale atteggiamento –
secondo

quanto

annotato

dagli

intervistatori

–

è

legato

essenzialmente a due motivazioni:
L’omertà vera e propria, una volta intuito il reale scopo del
questionario,

che

veniva

“mascherato”

sotto

forma

di

indagine sulle problematiche delle attività economiche.
La paura di essere sottoposti a controlli, connessa al reale
numero di dipendenti.
Inoltre, nonostante le statistiche Censis (pubblicizzate sui maggiori
mass media nazionali), oltre i due terzi degli intervistati (tra coloro
che hanno compilato il questionario) affermano di non essere a
conoscenza di casi di intimidazioni o pressioni mafiose, realizzate
ai danni di operatori economici messinesi.
Tuttavia, la metà del campione, concorda sulla stessa analisi del
Censis per ciò che concerne il fenomeno dell’estorsione e circa il
40% attribuisce tale reato all’attività della criminalità organizzata;
inoltre alla domanda che chiedeva di indicare quali fossero i
problemi

più

dannosi

per

l’economia

messinesi,

solo

una

percentuale bassissima, il 6,33%, ha segnalato le pressioni
mafiose.
45
I dati, a prima vista, sembrano schizzofrenici; mostrano palesi
contraddizioni, a cui noi cerchiamo di fornire un’interpretazione:
l’estorsione viene indubbiamente percepita come problematica
sociale (soprattutto quando si chiede di esprimere un parere, circa
un altro parere già formulato da altre fonti: il Censis in questo
caso). Quando, invece, si cerca di investigare a fondo il fenomeno,
emerge una ritrosia comune, frutto di una forte insicurezza sociale:
l’84% si sente poco o niente affatto tutelato dallo Stato e dalle sue
istituzioni e il 28% ritiene che le forze dell’ordine siano in grado di
assicurare il normale svolgimento delle attività economiche.
Prendendo in esame il secondo punto di cui ci siamo occupati,
ovvero l’usura, oltre la metà del campione concorda con l’analisi
secondo cui Messina è una delle città meridionali in cui proprio
l’usura è maggiormente diffusa. Per il 22% l’usura è praticata da
persone insospettabili: coloro i quali si presentano in veste di
“amici”, o che svolgono professioni nell’ambito del settore pubblico
o, infine, che gestiscono altre attività economiche. Il 27,67%,
invece, pensa ad un coinvolgimento diretto della criminalità
organizzata, mentre soltanto il 3,77% parla di un inserimento di
professionisti del settore finanziario in questa attività illecita. A
fronte di questo quadro, l’84% non interpreta il sistema bancario
come un supporto per gli imprenditori anche se solo un intervistato
su tre individua delle alternative (soprattutto tra le finanziarie e la
famiglia).
Quali

sostegni

istituzionali

trovano

gli

operatori

economici?

L’impatto delle misure normative a sostegno delle vittime dei
fenomeni di usura ed estorsione non sembra totalmente efficace:
una persona su tre non conosce la Legge 44 del 23/02/99 e
soltanto il 22,64% la reputa efficace. Addirittura il 79,87%, poi,
ritiene di non essere stato sufficientemente informato sui contenuti
della Legge 108/96. Tutto ciò testimonia come, nonostante le
energie profuse, non ci sia né fiducia, né piena conoscenza delle
normative che dovrebbero salvaguardare le vittime. Probabilmente,
è necessario un ulteriore sforzo verso questa direzione, anche
46
attraverso le associazioni di categoria. A tal proposito, concludiamo
con un’ultima considerazione sulle associazioni antiracket e
antiusura messinesi: il 22% degli intervistati non ne conosce
l’esistenza, mentre il 47,79% non le considera un valido sostegno
(nel dettaglio, soprattutto gestori di rivendite di alimentari, negozi
di abbigliamento, titolari di imprese edili, concessionari d’auto e
proprietari di bar). Pure in questo caso, insomma, ci troviamo di
fronte a un piccolo fallimento e, nel contempo, un ulteriore stimolo
per le azioni future.

47
APPENDICE

48
IL CAMPIONAMENTO

Tabella 1. Peso delle attività economiche, relativo a ciascun quartiere, espresso
in percentuale sul totale della popolazione.
GIAMPILIERI

1,51%

SANTO STEFANO

2,41%

NORMANNO

3,98%

DELLA CALISPERA

6,98%

GAZZI

9,98%

MATA E GRIFONE

9,30%

CASTEL GONZAGA

24,69%

DINA E CLARENZA

16,90%

SAN LEONE

9,30%

SAN SALVATORE DEI GRECI

4,97%

PELORO

5,38%

MONTEMARE

1,30%

DEI BASILIANI

0,73%

SAN PANTALEONE

2,11%

NON IDENTIFICATI

0,46%

49
I RISULTATI DELLA RICERCA

IL COMPORTAMENTO DEGLI OPERATORI ECONOMICI

Grafico 1. Reazioni degli operatori economici al momento della consegna del
questionario.

29%
COLLABORATIVI

63%

8%

NON COLLABORATIVI

INDIFFERENTI

Grafico 2. Percentuale degli operatori economici che hanno o non hanno
compilato il questionario.

30%
COMPILATI
NON COMPILATI
70%

50
Grafico 3. La compilazione del questionario, suddivisa tra i quartieri (per le
percentuali si veda la Tabella n. 2).

120
100
80
60
COMPILA

40

NON COMPILA

20

ST

S.

G

IA
M

PI

LI
ER
EF I
N
D
EL O R A NO
LA
M
A
C
A S CA N N
LI
O
TE
SP
L
ER
G
O
N A
ZA
M
G
AT
A
A
G
AZ
D
E
IN
G
Z
A
R
IF I
E
S.
C L ON
SA
AR E
LV
EN
AT
Z
S.
O
LE A
R
E
O
D
N
EI
E
G
R
E
PE C I
M
LO
O
NT RO
EM
D
EI
SA
BA AR
N
E
PA SI
LI
N
TA A N
LE I
O
NE

0

Tabella n. 2. Percentuali degli operatori economici che hanno o non hanno
compilato il questionario.
QUARTIERE

COMPILA

NON COMPILA

Giampilieri

42,85%

57,14%

S. Stefano

37,5%

62,5%

Normanno

37,5%

62,5%

Della Calispera

44,44%

55,55%

Castel Gonzaga

72,22%

27,77%

Gazzi

68,18%

31,81%

Mata e Grifone

76,92%

27,27%

Dina e Clarenza

73,17%

26,82%

S. Leone

64%

36%

S. Salvatore Dei Greci

85,71%

14,28%

Peloro

86,66%

13,33%
51
Montemare

100%

Dei Basiliani

66,66%

33,33%

San Pantaleone

87,5

12,5

ESTORSIONE:
LA PERCEZIONE DEGLI INTERVISTATI
Grafico 4. E’ mai venuto a conoscenza di casi di pressioni o intimidazioni
mafiose realizzate contro terzi?

60
47,79

50
40
30

24,52

22,64

20
10

5,03

0
SI

NO

NON SO

52

NON RISPONDE
Grafico 5. E’ mai venuto a conoscenza di casi di pressioni o intimidazioni
mafiose realizzate contro terzi? Risposte suddivise per attività economiche

90
80
70
60
50
40
30
20
10
0

Ali

Ab

Cos

Ca

A-M

Sa

SI

26,31

18,18

25

22,22

38,46

25

Ta

Altro

N.R.

NO

39,47

68,18

50

55,55

15,38

58,33

80

43,24

50

NON SO-NON RISPONDE

34,21

13,63

25

22,21

46,15

16,66

20

24,32

50

32,43

Ali= Alimentari (la voce si riferisce ai negozi di generi alimentari, ai bar, ai
ristoranti ed alle rosticcerie)
Ab= Abbigliamento ed accessori
Cos= Costruzione e impianti
Ca= Casa (nella categoria sono incluse tutte le attività volte alla vendita di oggetti
per l’arredamento, di casalinghi ed elettrodomestici)
A-M= Auto-Moto (si riferisce alle attività dedite alla riparazione di auto e moto
ed alla vendita dei relativi accessori)
Sa= Salute (comprende le farmacie, le sanitarie e le erboristerie)
Ta= Tabacchi

53
Grafico 6. Dall’ultima ricerca svolta dal Censis risulta che Messina è una delle
città meridionali in cui è più diffusa l’estorsione. Lei è d’accordo?

50

45,28

45
40

37,73

35
30
25
20
11,95

15
10

5,03

5
0
AFFATTO-POCO

ABBASTANZA-MOLTO

NON SO

NON RISPONDE

Grafico 7. Dall’ultima ricerca svolta dal Censis risulta che Messina è una delle
città meridionali in cui è più diffusa l’estorsione. Lei è d’accordo? Risposte
suddivise per aree geografiche

70
60
50
40
30
20
10
0

NORD

CENTRO

SUD

AFFATTO-POCO

29,16

46,05

31,42

ABBASTANZA-MOLTO

58,33

28,94

62,85

NON SO-NON RISPONDE

12,5

25

5,71

54
Grafico 8. Dall’ultima ricerca svolta dal Censis risulta che Messina è una delle
città meridionali in cui è più diffusa l’estorsione. Lei è d’accordo? Risposte
suddivise per attività economiche

70
60
50
40
30
20
10
0

Ali

Ab

Cos

Ca

A-M

Sa

Ta

Altro

AFFATTO-POCO

28,94

50

50

27,77

30,77

16,66

20

51,35

N.R.
50

ABBASTANZA-MOLTO

52,63

22,72

50

50

61,53

58,33

60

40,54

30

NON SO-NON RISPONDE

18,42

27,27

22,22

7,69

25

20

8,1

20

Ali= Alimentari (la voce si riferisce ai negozi di generi alimentari, ai bar, ai
ristoranti ed alle rosticcerie)
Ab= Abbigliamento ed accessori
Cos= Costruzione e impianti
Ca= Casa (nella categoria sono incluse tutte le attività volte alla vendita di oggetti
per l’arredamento, di casalinghi ed elettrodomestici)
A-M= Auto-Moto (si riferisce alle attività dedite alla riparazione di auto e moto
ed alla vendita dei relativi accessori)
Sa= Salute (comprende le farmacie, le sanitarie e le erboristerie)
Ta= Tabacchi

55
Grafico 9. Eventuali fenomeni estorsivi in città, a suo giudizio, sono riconducibili
a:
37,1

40
35
30
25
20
15
10
5
0

26,41
13,2

11,95

E
R
IS
PO
N
D

SO
N
O

N

I
M

IS
T

TI
ER
E
AR

N
O

N

IQ
U
D
E

LL
A

D

C

EN
TI

R
IM

IN

IS
O

AL
IT
A

'

LA
TI

0,63

BA
N

AF
FI
LI
AT
IA

D
EL
IN
Q
U

10,69

Grafico 10. Eventuali fenomeni estorsivi in città, a suo giudizio, sono
riconducibili a: Risposte suddivise per numero dipendenti
60
50
40
30
20
10
0
DA 1 A 15

DELINQUENTI ISOLATI

11,66

15,38

AFFILIATI ALLA
CRIMINALITA'

31,66

38,46

55,55

41,66

25

26,92

22,22

33,33

MISTI

23,33

5,12

11,11

NON SO-NON
RISPONDE

8,33

14,1

11,11

BANDE DI QUARTIERE

56

DA 16 IN SU

NON
DICHIARA

0 dip.

16,66

8,33
USURA:
LA PERCEZIONE DEGLI INTERVISTATI

Grafico 11. Dall’ultima ricerca svolta dal Censis risulta che Messina è una delle
città meridionali in cui ancora oggi esistono casi d’usura. E’ d’accordo?

60

55,97

50
40
30

23,27

20,75

20
10
0
AFFATTO-POCO

ABBASTANZA-MOLTO

57

NON SO- NON RISPONDE
Grafico 12. Dall’ultima ricerca svolta dal Censis risulta che Messina è una delle
città meridionali in cui ancora oggi esistono casi d’usura. E’ d’accordo? Risposte
suddivise per aree geografiche

70
60
50
40
30
20
10
0

NORD

CENTRO

SUD

AFFATTO-POCO

18,75

23,68

28,57

ABBASTANZA-MOLTO

62,5

48,68

62,85

NON SO-NON RISPONDE

18,75

27,63

8,57

Grafico 13. Eventuali fenomeni d’usura in città, a suo giudizio, sono riconducibili
a:

30

27,67

25

27,04
22,01
19,49

20
15
10
3,77

5
0
AFFILIATI ALLA
CRIMINALITA'

SOGGETTI
INSOSPETTABILI

PROFESSIONISTI
DEL RAMO
FINANZIARIO

58

MISTI

NON SO-NON
RISPONDE
Grafico 14. Eventuali fenomeni d’usura in città, a suo giudizio, sono riconducibili
a: Risposte suddivise per aree geografiche

60

50

40

30

20

10

0

NORD

CENTRO

SUD

AFFILIATI ALLA CRIMINALITA'

20,83

19,73

54,28

SOGGETTI INSOSPETTABILI

18,75

25

20

PROFESSIONISTI DEL RAMO FINANZIARIO

6,25

2,63

2,85

MISTI

39,58

23,68

17,14

NON SO-NON RISPONDE

14,58

28,94

5,71

59
Grafico 15. Eventuali fenomeni d’usura in città, a suo giudizio, sono riconducibili
a: Risposte suddivise per numero dipendenti

50
45
40
35
30
25
20
15
10
5
0
0 dip.

DA 1 A 15

DA 16 IN SU

NON
DICHIARA

20

32,05

44,44

25

SOGGETTI
INSOSPETTABILI

23,33

23,07

33,33

PROFESSIONISTI DEL
RAMO FINANZIARIO

6,66

1,28

AFFILIATI ALLA
CRIMINALITA'

8,33

MISTI

35

20,51

11,11

41,66

NON SO-NON RISPONDE

15

23,07

11,11

25

60
GLI OPERATORI ECONOMICI MESSINESI
E IL SISTEMA BANCARIO

Grafico 16. Trova che il sistema bancario offra un valido sostegno alle attività
imprenditoriali?

4%
12%

AFFATTO-POCO
ABBASTANZA-MOLTO
NON RISPONDE

84%

Grafico 17. In caso di difficoltà economiche esistono valide alternative al sistema
bancario?
4%

8%

26%
SI
NO
NON SO
NON RISPONDE

62%

61
Grafico 18. Alternative al prestito bancario, indicate dagli intervistati:

4%
1%

FINANZIARIE E FAMIGLIA
ALTRO
NON RISPONDE

95%

62
LEGISLAZIONE E ASSOCIAZIONISMO ANTIRACKET ED
ANTIUSURA.

Grafico 19. E’ stato adeguatamente informato sui contenuti del Fondo di
Prevenzione a favore dei soggetti a rischio d’usura (Legge 108/96)?

8,17

NON RISPONDE

79,87

NO

11,95

SI

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

Grafico 20. Ritiene che la legge 23 febbraio 1999, n. 44 (Fondo di Solidarietà per
le vittime delle richieste estorsive e per le vittime dell’usura) sia un valido
sostegno per la realtà imprenditoriale?

NON RISPONDE-NON
SO

33,33

NON SONO A
CONOSCENZA
DELLA LEGGE

23,27

20,75

NO

22,64

SI

0

5

10

15

63

20

25

30

35
Grafico 21. Ritiene che le associazioni antiracket ed antiusura siano un valido
sostegno per gli operatori economici messinesi?

NON SO-NON
RISPONDE

8,8

NON NE CONOSCO
L'ESISTENZA

22,01

ABBASTANZA-MOLTO

21,38

AFFATTO-POCO

47,79

0

10

20

64

30

40

50

60
GLI OPERATORI ECONOMICI
E LA LORO PERCEZIONE DELLA SICUREZZA NELLA CITTA’ DI
MESSINA.

Grafico 22. Si sente tutelato dallo Stato e dalle sue istituzioni?

5%
11%

AFFATTO-POCO
ABBASTANZA-MOLTO
NON SO-NON RISPONDE

84%

Grafico 23. Ritiene che la giustizia offra valide garanzie in termini di tutela?

4%
16%

AFFATTO-POCO
ABBASTANZA-MOLTO
NON SO-NON RISPONDE

80%

65
Grafico 24. Ritiene che le forze dell’ordine siano in grado di garantire il normale
svolgimento della sua attività?

13%
AFFATTO-POCO
ABBASTANZA-MOLTO
28%

NON SO-NON RISPONDE

59%

66
Mafia estorsione ed usura messina
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Mafia estorsione ed usura messina

  • 1. C.I.R.S.D.I.G. Centro Interuniversitario per le ricerche Sulla Sociologia del Diritto e delle Istituzioni Giuridiche Quaderni della Sezione: Diritto e Comunicazioni Sociali www.cirsdig.it UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MESSINA Facoltà di Scienze Politiche Dipartimento di Economia, Statistica, Matematica e Sociologia “Pareto” Estorsione e usura: uno sguardo empirico sulla città di Messina Domenico Carzo ( a cura di ) Working paper n. 14
  • 2. Il Centro interuniversitario per le Ricerche sulla sociologia del diritto, dell’informazione e delle istituzioni giuridiche (C.I.R.S.D.I.G.) con questi working papers intende proporre i risultati dei lavori svolti nell’ambito delle ricerche sia metodologiche che applicative nel campo della sociologia del diritto, dell’informazione e delle istituzioni giuridiche. Tale centro è stato costituito, tra l'Università di Messina e l'Università di Macerata, al fine di stimolare attività indirizzate alla formazione dei ricercatori ed anche per favorire lo scambio d’informazioni e materiali nel quadro di collaborazioni con altri Istituti o Dipartimenti universitari, con Organismi di ricerca nazionali o internazionali. Direzione scientifica: proff. Domenico Carzo e Alberto Febbrajo. Comitato scientifico dei “Quaderni del Cirsdig” Prof. Domenico Carzo (Università di Messina) Prof. Alberto Febbrajo (Università di Macerata) Prof. Mario Morcellini (Università di Roma “La Sapienza”) Prof. Valerio Pocar (Università di Milano “Bicocca”) Prof. Marcello Strazzeri (Università di Lecce) Comitato redazionale: Maria Rita Bartolomei (Università di Macerata) Marco Centorrino (Università di Messina) Roberta Dameno (Università di Milano Bicocca) Pietro Saitta (Università di Messina) Angelo Salento (Università di Lecce) Elena Valentini (Università di Roma “La Sapienza”) Massimiliano Verga (Università di Milano Bicocca) Segreteria di redazione: Antonia Cava (Università di Messina) Mariagrazia Salvo (Università di Messina) Copyright © 2006 2
  • 3. ABSTRACT In questo lavoro intendiamo illustrare i primi risultati di una ricerca sul tema della percezione dell’usura e delle estorsioni (e, conseguentemente, della sicurezza sociale), svolta a Messina e stimolata dai recenti dati pubblicati dal Censis. Il nostro studio ha carattere empirico e coinvolge direttamente commercianti e imprenditori, potenziali vittime dei reati. Lo strumento principale utilizzato per la realizzazione di tale ricerca è un questionario, incentrato sulle difficoltà delle attività commerciali messinesi. Il campione, statisticamente validato, è composto da 368 operatori economici messinesi. I risultati mostrano come oltre la metà del campione concordi con l’analisi secondo cui Messina è una delle città meridionali in cui proprio l’usura è maggiormente diffusa. Inoltre l’impatto delle misure normative a sostegno delle vittime dei fenomeni di usura ed estorsione non sembra totalmente efficace: un terzo degli intervistati non conosce la Legge 44 del 23/02/99 e solo una netta minoranza la reputa efficace. I dati, pertanto, mostrano che ci si trova dinanzi a un piccolo fallimento delle misure di supporto alle vittime di usura ed estorsione. This paper aims to show the early results of a research conducted in Messina (Sicily) on the perception about usury and extortion (and subsequently on social safety). This is an empirical study which involves shopkeepers and entrepreneurs, that is the potential victims of this kind of crimes. To make this study, we submitted a questionnaire which shed light on problems and obstacles experienced by local entrepreneurs. Results show that more than fifty percent of the contacted entrepreneurs agree with those analyses which describe the city of Messina as one of the city with the highest usuries rates. Moreover, the impact of the legislative measures implemented to support the usury related victims seems to be quite insufficient. One third of the entrepreneurs does not know the Law 44/99 and only a small minority considers this act as effective. Thereby, data show that we are witnessing a partial failure of these measures.
  • 4. INTRODUZIONE di Domenico Carzo In questo lavoro intendiamo illustrare i primi risultati di una ricerca sul tema della percezione dell’usura e delle estorsioni (e, conseguentemente, della sicurezza sociale), svolta a Messina e stimolata dai recenti dati pubblicati dal Censis. Secondo l’istituto di ricerca, la città peloritana è uno dei centri meridionali in cui questi fenomeni sono maggiormente diffusi. Rispetto a quel lavoro, tuttavia, il nostro studio ha carattere empirico e coinvolge direttamente commercianti e imprenditori, potenziali vittime dei reati. Lo strumento principale utilizzato per la realizzazione di tale ricerca è un questionario, incentrato sulle difficoltà delle attività commerciali messinesi. Il campione, statisticamente validato, è composto da 368 operatori economici messinesi. L’obiettivo che si è scelto di raggiungere è quello di comprendere quale sia la percezione degli operatori economici di Messina riguardo alla “problematica racket”. IL CONTESTO MESSINESE La realtà socio-economica di Messina presenta alcune caratteristiche che accomunano la città peloritana alle altre di media dimensione del Mezzogiorno: una quasi inesistente mobilità sociale, un alto tasso di disoccupazione, soprattutto giovanile, un alto costo del denaro, la criminalità, l’assenza di infrastrutture, la mancanza di un settore trainante che agisca da volano per l’intero territorio. Questi elementi, caratterizzati da una certa interscambiabilità, possono apparire ora causa, ora effetto, ma rimangono comunque i limiti dell’area in questione. Conseguenza della loro presenza è lo scarso fermento imprenditoriale e, quindi, la mancanza di iniziative imprenditoriali di ampio respiro: le aziende diffuse nel territorio 4
  • 5. messinese sono di piccole dimensioni; poche di esse hanno più di 10 dipendenti e l’attività che svolgono, limitata al solo mercato locale, non ha un peso molto rilevante sull’economia messinese. L’unico settore, su cui si l’economia messinese pare essere fortemente imperniata, è il Terziario. Le attività terziarie si concentrano nell’ambito della Pubblica Amministrazione, del commercio all’ingrosso e della piccola distribuzione, dei trasporti e del turismo (solo in termini di alberghi e ristorazione). Soprattutto il commercio occupa una buona fetta dell’economia del comune capoluogo, nonostante presenti una certa debolezza strutturale, in assenza di un forte sistema di produzione di beni e di reddito. Il settore si caratterizza per un’elevatissima premorienza d’imprese, per lo più originata da una micidiale concorrenza, dalle difficoltà di accesso al credito, dall’incidenza del racket e della piccola e grande criminalità. Questo è il quadro che emerge dalla relazione del Censis, Legalità e sviluppo a Messina (2000)1. Il Procuratore Luigi Croce afferma che in una realtà sociale ed economica di questo tipo, il fenomeno mafioso messinese si è adeguato: <<Ed ecco che gli strumenti principali dell’intervento sull’economia da parte della criminalità organizzata messinese sono state e sono l’estorsione e l’usura, […].>>2, due tipi di reato distinti, che corrono però su binari tendenzialmente convergenti. A questo proposito è utile considerare la specificità del fenomeno mafioso messinese. Per anni la società siciliana ha pensato alla propria terra come ad una realtà caratterizzata da una comoda dicotomia: da una parte la Sicilia Occidentale (Palermo, Trapani, Agrigento, Caltanissetta), sede di storico insediamento mafioso, dall'altra la Sicilia Orientale (Catania, Siracusa, Messina, Ragusa), indenne dalla piaga della mafia. In realtà questa visione della geografia criminale siciliana risulta assolutamente anacronistica ed 1 www.svileg.censis.it Luigi Croce citato in Claudia Puccio, “Usurai e imprenditori criminali”, <<Corriere del Mezzogiorno>>, 17 Dicembre 2000. 2 5
  • 6. estremamente dannosa. Le indagini compiute a partire dalla fine degli anni '80, hanno provato non solo che la mafia si era infiltrata nelle province orientali (con una strategia espansiva quanto mai dinamica ed efficiente), ma che a Catania, Messina, Siracusa e in tutta una serie di centri minori, si era verificata una crescita dei gruppi malavitosi autoctoni con metodologie, modalità organizzative, talvolta rituali e gerarchie di puro stile mafioso. I gruppi criminali – ricostruiti dalle varie operazioni antimafia - dei vari boss locali (Costa, Sparacio, Ferrara) nascono da realtà di quartiere, e presentano un forte radicamento nelle zone di nascita; si tratta di personaggi che godevano di forte prestigio locale, in grado di pilotare il voto e quindi di proporsi come referenti elettorali per certi politici messinesi. Il fenomeno mafioso, a Messina, si caratterizza con tratti meno evoluti di quelli che sono stati rilevati a Palermo o a Catania. La criminalità che si è sviluppata nella città dalla fine degli anni '70 in poi, ha acquistato dei caratteri particolari a causa delle peculiarità che rendono Messina diversa da tutte le altre città siciliane. Cosa Nostra messinese, infatti, non ha vissuto il passaggio dalla mafia rurale a quella imprenditoriale ed ha assunto così, sin dalle sue origini, una natura spiccatamente politico-imprenditoriale. Nella relazione del Censis, sopra menzionata, si legge che il fenomeno mafioso messinese, anziché mettere in atto sofisticate strategie di intervento nell’economia del territorio, si è adattato al quadro economico della città, usando gli strumenti elementari del controllo territoriale ed economico, l’estorsione e l’usura. Queste continuano ad essere presenti nonostante i provvedimenti repressivi della locale D.D.A. di cui, negli ultimi anni, hanno fatto le spese vari boss messinesi: i gruppi criminali <<hanno riorganizzato le rispettive strutture sostanzialmente continuando a spartirsi il territorio cittadino in zone di influenza nelle quali esercitano talune attività criminali tradizionali, (estorsioni, rapine, usura, attività di medio rifornimento dello spaccio di sostanze 6
  • 7. stupefacenti) […].>>3. Come sostiene Franco Barbagallo <<in sostanza cambiano i soggetti, ma estorsione e usura rimangono intatte. Ci sono per esempio spartizioni territoriali tra il viale S. Martino, il rione Giostra e la zona sud, che ci sono state e continueranno ad esserci.>>4 Considerati crimini contro il patrimonio, e modestamente sanzionati come tali fino ai nostri giorni dal Codice Rocco, solo dal '92 l’estorsione e l’usura sono state ritenute anche strumento per la produzione di ricchezza illecita, con un conseguente inasprimento della pena. Qui di seguito riteniamo opportuno illustrare brevemente le caratteristiche che i due fenomeni in questione presentano nella città di Messina, ambito di riferimento del nostro studio1. 3 Francesco Marzachì, Procuratore generale “Discorso di inaugurazione dell’anno giudiziario 2001”, Distretto di Corte di Appello di Messina. http://www.tribunali.it/Messina 4 Franco Barbagallo, citato in Nuccio Anselmo, “Sono reati oscuri, ma siamo al fianco di chi denuncia”, <<Gazzetta del Sud>>, 12 Ottobre 2000. 1 I contenuti dei paragrafi successivi sono in parte il risultato di confronti con alcuni testimoni privilegiati ai quali vanno i nostri ringraziamenti: Franco Cucinotta, cronista dell’emittente RTP, Ferdinando Cucinotta, vicepresidente della Fondazione Antiusura “Padre Pino Puglisi” e Clelia Fiore, presidentessa dell’Asam. Inoltre il nostro grazie va a Nuccio Anselmo, giornalista della Gazzetta del Sud, per gli articoli che gentilmente ci ha fornito e che ci sono stati di grande utilità. 7
  • 8. I. IL RACKET DELLE ESTORSIONI NELLA CITTÀ “BABBA” di Maria Vera Costa Durante gli anni 90 - fino al 1997/98, ma anche più in là – a Messina ci si trovava di fronte alle “classiche” estorsioni: richieste di pizzo “importanti”, seguite poi da una trattativa per abbassarle e da una minaccia molto determinata, per far sì che tale richiesta, comunque alta, venisse soddisfatta. Erano presenti, quindi, tutte le caratteristiche del pizzo così come si era sviluppato nell’intera Sicilia: c’erano gli incendi, le minacce, le telefonate, fattori che facevano precipitare in una situazione di “violenza” chi non si adeguava subito alla volontà degli estortori. Il fenomeno del taglieggiamento si è modificato nel tempo, poiché negli ultimi venti anni sono cambiati la geografia criminale ed il tessuto economico sociale cittadino; anche le vicende giudiziarie, la stagione dei blitz antimafia ed il fenomeno del pentitismo, hanno sicuramente determinato un periodo di crisi per le organizzazioni criminali. Negli anni ’80, sulle attività economiche di Messina, gravava un fenomeno di estorsione probabilmente meno diffuso percentualmente, che tuttavia aveva una redditività maggiore; il tessuto socio-economico cittadino, infatti, era di un tenore più elevato, come quello del Paese in generale. La crisi degli anni 90 e il fenomeno del pentitismo, hanno portato ad uno “stop” improvviso di questa grande attività economica di finanziamento, seguito tuttavia da una rigenerazione del rapporto estortore-vittima, anche se con caratteristiche diverse. Oggi, infatti, il pizzo viene imposto a tappeto e l’entità delle richieste è decisamente più contenuta. Ciò consente un controllo del territorio più capillare e rende più facile ottenere la somma senza il rischio di una denuncia. Bisogna 8
  • 9. pensare che spesso l’operatore di una piccola attività, dopo aver cercato un accordo, si trova davanti ad una richiesta di pizzo di 200 ∈ al mese; questo ovviamente fa sì che la vittima consideri più semplice pagare, considerandola una spesa non tanto ingente da affrontare le difficoltà che una denuncia comporta (ci sono addirittura casi in cui il pizzo si paga in natura, specialmente nel campo degli alimentari). Le vicende giudiziarie degli anni ‘90, hanno inoltre determinato quello che viene definito il fenomeno della “frammentazione”, che ha reso la situazione meno chiara e si è rivelato negativo per le stesse organizzazioni mafiose. Solitamente un blitz antimafia, specialmente se nasce da dichiarazioni di collaboratori di giustizia e quindi l’organizzazione viene scardinata dall’interno, crea un certo scompiglio. Ciò causa l’emergere di nuovi personaggi, anche all’interno del clan, personaggi che magari erano tenuti in secondo piano e che, adesso, si trovano a coprire un ruolo più elevato e, nello stesso tempo, ottengono maggiore autonomia. La frammentazione comporta che più di una persona vada a chiedere il pizzo alla stessa vittima, poiché ognuno non avendo un capo (che magari è in carcere) in grado di fungere da punto di riferimento, si sente maggiormente indipendente e ritiene che sia giunto il momento di fare un salto di qualità e di presentarsi non più in nome e per conto di altri, ma in prima persona. Nel momento in cui si verifica la doppia richiesta, l’operatore per non avere problemi può decidere di sottomettersi ad entrambi, ma se non è in grado di farlo, sarà costretto a scegliere uno dei due, dovendo poi affrontare le conseguenze. Questa situazione ha causato, nell’ultimo periodo, la nascita dell’opinione secondo cui oggi la mafia, avendo subito gravi colpi ed essendo quindi più debole, avrebbe perso il controllo del territorio e, nello stesso tempo, avrebbe spostato la sua attenzione su attività criminali diverse. Il racket sarebbe quindi, seguendo questa teoria, in mano alla criminalità spiccia, in particolare sotto il controllo di alcune bande di piccoli criminali, 9 che non si possono
  • 10. assolutamente definire criminalità organizzata. Secondo Clelia Fiore2 – presidentessa dell’ASAM3 – questa convinzione non è solo errata, ma anche dannosa. È sua opinione, infatti, che i colpi subiti da alcuni criminali di spicco, anche se di fondamentale importanza, non siano stati in grado eliminare il controllo mafioso su Messina. Del resto la richiesta estorsiva non è mai stata fatta dal capo ma dai piccoli delinquenti, come accade oggi. Ciò non significa che alle spalle non ci sia il benestare e il controllo mafioso, tutto il contrario: l’estorsione, l’usura, come la droga, la prostituzione, gli appalti sono e restano delle attività gestite e tutte rientrano nel controllo del territorio, priorità assoluta per la mafia. C’è da sottolineare che aver colpito dei grandi personaggi è stato di grande aiuto, ha indebolito le organizzazioni, ma non si può dimenticare che il pericolo non è finito; l’atteggiamento di chi considera ormai superato il problema della mafia protagonista di determinati fenomeni criminali, è pericoloso, poiché sminuisce delle situazioni, il cui potenziale distruttivo è vero oggi come ieri. Ciò che spesso provoca dei fraintendimenti è il cambiamento delle modalità e caratteristiche dell’estorsione che è stato realizzato negli ultimi anni. Come abbiamo visto sopra, il “prezzo della protezione” è stato ridotto, ma si è estesa la platea dei soggetti entrati nel mirino degli estortori. Sono state incluse attività che in passato erano sostanzialmente immuni al fenomeno: studi professionali, attività di servizio, farmacie. Supermercati, discoteche e locali notturni (compresi i circoli privati), compravendita di auto usate, attività economiche con scarsa specializzazione, commercio all’ingrosso di carni e prodotti ittici sono invece i settori privilegiati della “mafia imprenditrice”; nulla sfugge ai mafiosi, neanche il settore delle pompe funebri. Anche le intimidazioni sono diverse; non si usa la benzina ma il biglietto, le minacce vengono dilatate nel tempo. Si è quindi modificata la strategia di controllo del territorio, un po’ per 2 Da noi intervistata il 17/10/2003. L’ASAM, l’Associazione Antiracket e Antiusura Messinese nasce nel 1996, oltre a condurre la sua battaglia sul territorio peloritano, fa parte della FAI (Federazione delle Associazioni Antiracket e Antiusura Italiane) e agisce quindi anche a livello nazionale. 3 10
  • 11. far meglio fronte alle iniziative di chi combatte questi fenomeni (un buon esempio è la legge 44/1999), un po’ per saggiare il terreno. L’impressione che si ha riguardo al territorio messinese, è che ci siano dei periodi in cui si realizzano delle richieste a tappeto e dei periodi in cui si verificano dei momenti di silenzio molto più lunghi che in passato. Capita anche che alcuni operatori presi di mira, vengano completamente abbandonati, o perché si sono rivolti all’associazione, o perché hanno comunque reagito in qualche modo attirando l’attenzione. In questo caso si cerca di abbassare il rischio, anche perché a volte, considerando il tenore delle richieste, può diventare più conveniente rinunciare. È evidente in ogni caso che, al di là delle trasformazioni, ci troviamo sempre e comunque di fronte ad estorsioni; ciò significa attività commerciali deviate, sviluppo economico distorto, una realtà di imprenditori non liberi, che non hanno interesse a far investimenti. A Messina questo è un fenomeno di massa, non un fenomeno legato ad solo alcune attività o ad alcune situazioni, riguarda tanto le piccole attività quanto le grandi imprese. Purtroppo i grandi imprenditori non denunciano l’estorsione, né tanto meno entrano a far parte dell’ Associazione Antiracket; tutti i soci delle Associazioni di Messina e provincia, sono titolari di piccole e medie attività. Ciò potrebbe far pensare che gli imprenditori delle grandi imprese preferiscano pagare il pizzo e tacere, oppure che siano collusi e quindi, in cambio del pagamento, ottengano qualcosa, come appalti o forniture. È difficile pensare ad un’altra motivazione poiché, nel momento in cui si vengono a scoprire dei casi di taglieggiamento nell’ambito delle grandi attività - com’è accaduto soprattutto negli ultimi anni - sono i dati stessi a confermare il pensiero diffuso che anche le grandi imprese siano vittime del fenomeno. Cos’è cambiato? Fino al 2000 le denunce erano abbastanza costanti nel tempo; si è verificato un momento di crisi durante il periodo di approvazione della legge 44/1999, poiché mancavano 11 delle garanzie. La
  • 12. legislazione conteneva delle lacune, la gestione del Fondo di solidarietà era affidata ai prefetti che venivano cambiati in continuazione, e soprattutto non c’era una risposta adeguata delle Istituzioni e dello Stato; consideriamo che per chi è sotto estorsione e decide di denunciare, in quei momenti così difficili e con quel livello di minaccia, avere un sostegno forte è assolutamente necessario. In questo difficile periodo le Associazioni Antiracket, insieme alla Fai, si sono impegnate in una decisa pressione nei confronti delle istituzioni statali. L’esito favorevole dell’azione e, quindi, l’approvazione della legge 44/1999, ha favorito la stabilizzazione della posizione di chi denuncia, ha fatto chiarezza riguardo agli attori che si impegnano nella lotta contro il racket ed ha reso più efficiente il sistema dell’accesso al Fondo di solidarietà. Accanto all’introduzione della legge, un altro evento rivelatosi fondamentale per la lotta contro il racket, è stata la nomina di Tano Grasso alla carica di Commissario per il coordinamento alla lotta al racket e all’usura. In seguito al suo insediamento, è stato fatto un enorme lavoro di recupero degli arretrati e c’è stato un forte impegno finalizzato al coinvolgimento dello Stato nella battaglia contro l’estorsione. I risultati sono stati davvero significativi: le Prefetture hanno intensificato la loro attenzione, le forze dell’ordine hanno visto crescere le loro motivazioni ed hanno ottenuto maggiori garanzie nelle attività di indagine. Le Associazioni, infine, hanno acquistato un più alto grado di legittimazione, e questo ha intensificato il senso di sicurezza della vittima del pizzo che decide di non sottostare alle minacce dell’estortore. Questa situazione favorevole e positiva si è mantenuta costante per tutto il 2001. Successivamente, in seguito ad alcune affermazioni fatte dal governo, alla posizione assunta con la defenestrazione di Tano Grasso, all’insediamento del nuovo Commissario, si sono verificate numerose difficoltà, che immediatamente si sono ripercosse sulla fiducia, diffondendo l’insicurezza e determinando 12
  • 13. un calo delle denunce. In un momento tanto delicato, Messina si è rivelata una città fortunata, poiché al suo interno non è venuta meno la collaborazione tra ASAM e Forze dell’Ordine, fattore questo fondamentale per la lotta contro il racket. Si devono a questo proposito menzionare il precedente prefetto Marino e il colonnello Angius, del Comando Provinciale, poiché la collaborazione da loro fornita si è mostrata vitale per l’Associazione. Lo stesso non è accaduto in tutte le città della Sicilia; spesso infatti, laddove non esisteva un rapporto saldo col prefetto, nel periodo buio di cui abbiamo parlato sopra, la situazione è diventata ancora più devastante. 13
  • 14. II. L’USURA A MESSINA di Giuseppa Caravello Nel contesto messinese si possono distinguere diversi tipi di usura: L’usura di tipo familiare, che Mario Centorrino definisce “economia del vicolo”8, fondata su criteri di vicinato e di “solidarietà”. In questo caso l’usura è <<gestita da persone di quartiere, all’interno del quale sono riconosciute come “coloro che prestano i soldi”>>9. In linea di massima, i prestiti consistono in piccole cifre e sono destinati ad un bisogno immediato, come ad esempio una malattia. L’usura praticata da persone che svolgono delle attività legali e godono di un certo prestigio sociale: i colletti bianchi, i professionisti, i commercianti10, la categoria degli impiegati negli enti pubblici. L’usura praticata da certe finanziarie, che distribuiscono depliants e volantini anche negli uffici pubblici, su cui nessuno ha fatto indagini o accertamenti11 per verificare se risultano iscritte in elenchi o Albi ufficiali. Reclamizzano finanziamenti in tempi rapidissimi e forniscono elementi molto scarni sui costi globali di siffatte operazioni. 8 Mario Centorrino, Economia dell’usura, in <<Segno>>, n. 151, Gennaio 1994. Clelia Fiore, da noi intervistata il 17/10/2003. 10 Mario Centorrino, riferendosi al contesto messinese, tra i vari tipi di usura riscontrabili menziona anche l’usura fatta dai commercianti ai danni di altri commercianti: <<[…] a Messina esistono delle fasce commerciali alte, che, costituendo come una sorta di sistema creditizio parallelo, si sono ulteriormente arricchite proprio grazie ai proventi dell’usura.>> (Mario Centorrino, intervento in FISAC/CGIL, Usura: buco nero nel sistema creditizio, Atti del Convegno Regionale, Messina 24 ottobre 1993, cit. p.27). 11 Ferdinando Centorrino, durante un’intervista fattagli da Nuccio Anselmo, dice: <<[…] molti arrivano da noi con dei moduli compilati solo nell’importo e nella firma di chi concede il prestito, molte volte illeggibile. Altre volte questi fantomatici intermediari si fanno vedere la prima volta, incassano l’anticipo e poi scompaiono.>> (Nuccio Anselmo, Usura, un business da 250 miliardi l’anno, in <<Gazzetta del Sud>>, 6 ottobre 2000). 9 14
  • 15. L’usura come strumento della criminalità organizzata di stampo mafioso, che si serve di essa per riciclare i proventi delle attività illecite quali rapine, estorsione, traffico di droga, prostituzione. Secondo Ferdinando Centorrino, vicepresidente della Fondazione antiusura “Padre Pino Puglisi”12, il fenomeno dell'usura nella città di Messina presenta un carattere trasversale sia per quanto riguarda le categorie socioeconomiche colpite, sia per quanto riguarda i soggetti attivi sul “mercato” del credito criminale13. Ciò vuol dire che sono coinvolte tutte le categorie sociali e tutte le attività economiche, eccezion fatta per quelle che hanno una struttura più consolidata: è difficile che all’usura siano sottoposte società o attività strutturate in forma societaria, con un patrimonio di una certa entità. In genere gli assistiti dell’Antiusura sono piccoli e medi imprenditori. L’Osservatorio Antimafia14, costituito dal servizio antiusura messinese, rivela che su circa 500 contatti avuti, in via preventiva ed in via successiva, in sei anni di attività, il 70% di questi è rappresentato da vittime che rientrano nella categoria di commercianti ed artigiani, i quali, impossibilitati per varie ragioni a poter accedere ai canali legali di finanziamento, cadono nelle mani dei cosiddetti "cravattari”. Questo 70% è costituito essenzialmente da persone di sesso maschile che rientrano nella fascia di età tra i 45 e i 55 anni, mentre soltanto il 4-5% è costituito da donne con un’età che varia tra i 35 e i 40 anni. Il 20% delle vittime è rappresentato da semplici cittadini, in genere pensionati o impiegati di enti pubblici e privati i quali, per spese impreviste o voluttuarie, ma anche investimenti sbagliati, hanno 12 La Fondazione Antiusura “Padre Pino Puglisi”135 viene costituira nel 2001 con il concorso dell’Associazione Messinese Antiusura Onlus, dell’Arcidiocesi di Messina, dell’Arci, del Movi e di Ecos Med. La Fondazione fa della prevenzione il cardine della sua azione. Essa dispone di un patrimonio che funge da garanzia per le banche, a favore di soggetti a rischio concreto di usura perché si trovano in uno stato di crisi congiunturale, se titolari di attività economiche, o di necessità particolari, se privati - esclusi dal circuito del credito legale, in quanto non ritenuti meritevoli, secondo i canoni prevalenti della valutazione del merito creditizio da parte delle banche. 13 Nostra intervista del 03/11/2003. 14 www.db.messinaantiusura.it 15
  • 16. fatto ricorso all'usura. In questo 20% cresce il numero delle donne strozzate, fino a toccare il 10%, mentre rimane immutata la fascia d'età. Il residuo 10% delle vittime non rientra in una categoria definita, poiché la fonte del contatto è rimasta anonima. Per quanto riguarda la figura dell'usuraio, si può affermare che 1'80% dei soggetti siano nomi conosciuti alle forze dell'ordine e facenti parte di organizzazioni criminali; il restante 20% è costituito prevalentemente da persone dalla fedina penale pulita, a volte anche conoscenti della vittima, che offrono volontariamente la loro opera. In questo 20% rientra anche qualche professionista o colletto bianco: all’interno degli enti pubblici si è riscontrata la presenza di veri e propri agenti delle organizzazioni criminali. Quasi sempre, comunque, sembrano esserci nessi fra l’esercizio dell’usura e l’attività strutturata della mafia. In questo caso la dinamica del fenomeno si esplicherebbe a due livelli d’azione: al primo livello ci sarebbero i finanziatori veri e propri che non hanno contatti diretti con le vittime; al secondo livello gli intermediari. Secondo Ferdinando Centorrino, questi a volte sono gli usurai di quartiere che diventano agenti della criminalità organizzata: sono persone normali che si atteggiano ad amici delle vittime e promettono loro l’aiuto necessario per farle uscire dalla crisi economica che le attanaglia. Altre volte gli intermediari appartengono al mondo bancario o a quello delle società finanziarie: <<in alcuni casi […] è lo stesso funzionario bancario che indirizza verso il circuito creditizio parallelo>>15. Negli enti pubblici, inoltre, non mancherebbero i <<procacciatori di affari delle cosche criminali che praticano il credito illegale>>16. L’organizzazione, prima di elargire il prestito, si premura a svolgere i dovuti accertamenti sia di carattere documentale sia mandando in loco i propri collaboratori per verificare la consistenza patrimoniale del debitore. Sulla scorta delle informazioni così 15 Luigi Croce, citaro in Claudia Puccio, Usurai e imprenditori criminal, in <<Corriere del Mezzogiorno>>, 17 dicembre 2000. 16 Ferdinando Centorrino citato in Nuccio Anselmo (<<Gazzetta del Sud>>, 6 ottobre 2000): Usura, un business da 250 miliardi l’anno. 16
  • 17. acquisite l’associazione adegua i propri comportamenti finalizzati ad ottenere maggiori vantaggi17. Nel prestito ad usura spesso si crea un circuito perverso, per cui, se non si riesce a pagare un prestito (questo riguarda soprattutto gli operatori economici) si ricorre ad un altro prestito usuraio. Il primo non si estingue e per questo ci si trova legati a due prestiti usurari, a cui può anche aggiungersene un terzo, creando una sorta di catena di S. Antonio, che non risparmia nessuno e da cui non ci si libera tanto facilmente. Il passaggio della vittima da un usuraio all’altro (tutti appartenenti alla stessa associazione) permette di moltiplicare i profitti all’interno dell’associazione e, contemporaneamente, di rendere difficile la ricostruzione del volume complessivo di affari e l’individuazione dei ruoli dei singoli affiliati. Secondo Croce <<la contropartita che i gruppi mafiosi richiedono non è più solo costituita dalla restituzione della somma prestata con l’aggiunta di tassi d’interesse vertiginosi (si giunge anche al 250% l’anno), ma è addirittura la cessione dell’azienda e degli immobili>>18; l’acquisizione dell’attività lecita consente al criminale di coprire i propri traffici. A Messina, attraverso l’usura, la criminalità organizzata si è prepotentemente inserita nel tessuto economico della città, impadronendosi di piccole e medie imprese, arrecando così un grave pregiudizio all’economia della città stessa. Soprattutto a partire dagli anni ’90 si è verificato quello che Franco Cucinotta definisce il “fenomeno del passaggio delle licenze”19: in alcune zone della città è cambiata la gestione di molti esercizi commerciali acquisiti da certi personaggi. 17 Si veda Centorrino M. (a cura di ), 2003, Economia sommersa e/o economia criminale? Un’analisi di questi due fenomeni nel sistema economico della provincia di Messina, disponibile in rete, al sito: http://www.emersionelavorononregolare.it/doc/appro/economia_sommersa.pdf 18 Luigi Croce citato in Claudia Puccio, Usurai e imprenditori criminali, <<Corriere del Mezzogiorno>>, 17 dicembre 2000. 19 Nostra intervista del 24/10/2003. 17
  • 18. Un esempio classico è quello del market “Due Stelle” di Contrada Conca d’oro all’Annunziata, che oggi è diventato la sede distaccata della Sezione Nord della Polizia Municipale. Il market era di proprietà della famiglia La Fauci, che lo aprì nell’89. Secondo la stampa20, dopo un paio di anni sarebbe subentrata Vincenza Settineri, detta “zia Enza”, suocera dell’ex boss Luigi Sparacio e, si presume, vera cassaforte del gruppo criminale di costui. In quegli anni la donna avrebbe fatto diverse acquisizioni, dopo aver provocato il fallimento di commercianti rivoltisi a lei per avere dei prestiti e rimasti prigionieri del vortice di pagamenti, con interessi mensili spaventosi. Vincenza Settineri ed il genero Luigi Sparacio, avrebbero costruito le loro fortune sull’usura, ma anche sull’estorsione. A tal proposito, Franco Cucinotta spiega come gli investigatori abbiano verificato che spesso, a Messina, usura ed estorsione camminano su binari paralleli. Questo accade quando, davanti ad una richiesta estorsiva, l’operatore economico fa presente di avere delle difficoltà economiche che gli impediscono di far fronte al pagamento del pizzo. Il criminale, allora, gli propone di accettare un prestito in denaro per risolvere i problemi economici, ma, nello stesso tempo, mette la vittima sotto estorsione: la restituzione del debito, infatti, comprenderà anche la restituzione del pizzo dovuto21. Per tale motivo a volte la richiesta dei tassi usurai è stata molto alta. Il fenomeno dell’usura a Messina va inserito nel quadro della difficile crescita del Mezzogiorno, a cui contribuisce la difficoltà che 20 Nuccio Anselmo, Un market della suocera del boss diventerà una caserma dei vigili, in <<Gazzetta del Sud>>, 17 maggio 2001. 21 Nella Quarta relazione del Commissario per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura, Gennaio 2002, dell’allora commissario Tano Grasso, si legge che l’estorsione e l’usura a volte s’incontrano ed è possibile individuare tre fattispecie. Una è quella che abbiamo già visto: si ha quando l’usura è strumentale all’estorsione ed è stata riscontrata soprattutto nelle zone in cui c’è una forte presenza della mafia. Le altre si verificano quando il reato estorsivo è strumentale all’usura o quando entrambi i reati concorrono con autonome dinamiche. Nel primo caso la richiesta estorsiva è finalizzata a riscuotere gli interessi usurari o altri ingiusti profitti; nel secondo caso, un imprenditore è, allo steso tempo o in epoche diverse, vittima di usurai e ha denunciato richieste estorsive non finalizzate alla riscossione degli interessi usurari. 18
  • 19. piccole e medie imprese spesso incontrano nell’ottenere un credito dalle banche. A parte il fatto che in qualche caso lo stesso funzionario bancario indirizza verso il circuito creditizio parallelo, il sistema creditizio, nella provincia messinese, è un fattore frenante per lo sviluppo stesso. Come nel resto del Mezzogiorno, ha una scarsa fiducia nelle attività imprenditoriali a causa di un più alto livello di rischio del credito: la presenza di una serie di fattori ostativi dello sviluppo, aumenta i costi e l’incertezza e riduce i rendimenti di qualsiasi attività imprenditoriale e d’investimento nell’area, facendo crescere così il rischio connaturato ad ogni operazione creditizia, in quanto scambio di una prestazione attuale e certa contro una futura ed incerta. Ciò comporta costi elevati del denaro: anche se dall’ultimo Rapporto 2003 sull’economia del Mezzogiorno, realizzato dalla Svimez, risulta che al Sud il costo del denaro è diminuito del 13% dal primo trimestre del 1993 all’ultimo trimestre del 2001, si tratta comunque di un dato poco incoraggiante se confrontato con il 25% e più di riduzione riscontrata nel Centro-Nord. A Messina il costo del denaro si aggirerebbe intorno al 9% contro una media nazionale del 6,76%22; la stessa disponibilità ad erogare crediti è bassa: se non ci sono garanzie patrimoniali capaci di annullare il rischio per la banca, non si concedono prestiti. In una realtà difficile come la nostra è altrettanto difficile che ci sia la possibilità di offrire garanzie patrimoniali tali da essere ritenuti meritevoli di ottenere anche un piccolo credito. Ciò frena lo sviluppo locale perché non favorisce affatto chi vuole intraprendere un’attività e rende problematica la sopravvivenza delle piccole e medie imprese locali già esistenti. A Messina, le PMI sono attualmente in espansione nel settore dei servizi e del commercio, con un rapporto di segno negativo tra natalità di nuove imprese e cessazione di attività nel settore agricolo e manifatturiero. Si tratta di imprese giovani che molto spesso hanno una vita breve, prive peraltro della 22 Cgil, Le Proposte delle Cgil per arrestare il declino e rilanciare lo sviluppo, diritti, legalità e occupazione, Messina, 12 marzo 2003. 19
  • 20. competenza necessaria a dialogare con un sistema sempre più esigente. Chi non ha alternative si aggrappa all’usura, che rappresenta l’ultima spiaggia. Il cattivo funzionamento del mercato del credito, perciò, è da ritenere una delle cause che potrebbero indurre alcune imprese a rivolgersi al mercato illegale. Le banche siciliane, in particolare, hanno contribuito alla perversione del sistema creditizio isolano nei seguenti modi: con la gestione clientelare delle aziende di credito che, alla lunga, hanno portato alla crisi delle stesse a causa dell’indiscriminata concessione di credito a chi presentava credenziali più politiche che imprenditoriali23; con l’assunzione professionalità, di operatori assunzione di credito effettuata di sulla scarsa base di considerazioni clientelari più che di competenza e di affidabilità24. Oltre alle responsabilità del sistema creditizio, però, bisogna ricordare anche quelle di chi ricorre ai prestiti illeciti. L’antiusura di Messina (prima l’Associazione Onlus, poi la Fondazione Padre Pino Puglisi) finora ha avuto, tra i suoi utenti, sia persone che svolgono piccole attività imprenditoriali (commercianti e artigiani) sia privati. Sulla base della sua esperienza, si potrebbe affermare che per i primi il ricorso all’usura non è il portato di crisi congiunturali dell’attività esplicata, che in genere è una delle cause che spingono al prestito illecito, ma più verosimilmente di un’endemica carenza di cultura specifica (imprenditoriale) e di improvvisazione. Sarebbero frequenti i casi in cui si danno vita ad attività economiche che rappresentano una sorta di ripiego, per mancanza 23 Si Veda l’intervento di Maurizio Ientile in Fisac-Cgil, Usura: buco nero nel sistema creditizio, Atti del convegno regionale, Messina, 24 ottobre 1993; Claudia Puccio, Usuraio e imprenditori criminali, intervista a Croce in <<Corriere del Mezzogiorno>>, 17 Dicembre 2000. 24 Claudia Puccio, Usurai e imprenditori criminali, intervista a Luigi Croce in <<Corriere del Mezzogiorno>>, 17 Dicembre 2000. 20
  • 21. di altri sbocchi occupazionali: molti intraprendono un’attività nell’ottica della rendita garantita che in quella del rischio d’impresa, da gestire con cognizione di causa. Pertanto si è riscontrata una certa impreparazione, da parte di piccoli imprenditori, nel gestire la propria attività per quanto riguarda l’acquisto delle merci e gli aspetti finanziari, e una mancanza di professionalità anche nell’approccio al cliente. Ferdinando Centorrino ricorda anche i limiti delle associazioni di categoria che sono poco aperte al nuovo, poco aperte al dialogo con le autorità e le sedi istituzionali e non molto disponibili a discutere e a confrontarsi tra loro, su interessi concorrenti. Per cui si presentano come un corpo quasi staccato dalla comunità. Per quanto riguarda i privati, questi spesso finiscono nei tentacoli dell’usura per colpa di una cattiva gestione dell’ “economia domestica”. Ci sono persone che, pur non avendo un reddito molto alto, non resistono alle suggestioni del consumismo e così <<assistiamo a prime comunioni che diventano party in perfetto stile holliwoodiano, oppure all’acquisto di auto da sogno senza aver quasi una lira in tasca>>25. 25 Ferdinando Centorrino citato in Nuccio Anselmo, Usura, un business da 250 miliardi l’anno, <<Gazzetta del Sud>>, 6 ottobre 2000. 21
  • 22. III. LA RICERCA di Giuseppa Caravello e Maria Vera Costa Da quanto detto emerge, dunque, che i fenomeni presi in esame sono presenti nella città di Messina e che su di essi si stende la mano della criminalità organizzata, arrecando gravi danni all’economia cittadina. Il costo più alto di tali attività criminali pesa soprattutto sugli operatori economici e per questo motivo, per la realizzazione di tale ricerca, si è pensato di rivolgersi ad essi. L’obiettivo è verificare quanta e quale percezione dei due fenomeni abbiano gli operatori messinesi da noi contattati e quali siano le loro opinioni circa l’efficacia delle leggi e dell’associazionismo nella lotta contro i due crimini. Il lavoro di ricerca qui presentato si articola in tre fasi: 1. INDIVIDUAZIONE DELLA POPOLAZIONE E CAMPIONAMENTO. 2. QUESTIONARIO 3. RIELABORAZIONE DEI DATI. Nella prima fase si è lavorato su un elenco fornito dalla Camera del Commercio di Messina, comprendente 3.681 unità (attività)26. Si è, quindi, cercato un criterio che permettesse di riordinare i dati in modo da avere una visione della loro distribuzione sul territorio. A questo fine si è deciso di utilizzare, come punto di riferimento, i quartieri (o circoscrizioni) in cui è suddivisa la città, e di mettere 26 La lista iniziale, in realtà, comprendeva 12.710 unità. Molte di queste, tuttavia, erano registrate erroneamente (alcune inesistenti, altre trasferite, ecc.). Ragion per cui, il numero definitivo è frutto di una selezione del dato grezzo. 22
  • 23. ogni attività in relazione con la sua circoscrizione di appartenenza27. Figura 1. La città di Messina divisa in quartieri I. GIAMPILIERI II. SANTO STEFANO III. NORMANNO IV. DELLA CALISPERA V. GAZZI VI. MATA E GRIFONE VII. CASTEL GONZAGA VIII. DINA E CLARENZA IX. SAN LEONE X. SAN SALVATORE DEI GRECI XI. PELORO XII. MONTEMARE XIII. DEI BASILIANI XIV. SAN PANTALEONE Il territorio della città di Messina, con i suoi 14 quartieri, si estende da nord a sud-sud-est lungo il corso dell’omonimo Stretto. Geograficamente l’area comunale è rappresentabile come un rettangolo irregolare, a nord-ovest circondato dalle pendici dei monti Peloritani, ricchi di vegetazione e solcati da una fitta rete di torrenti e canali che all'interno dell'area urbana, caratterizzata da una breve pianura di natura alluvionale, sono stati ricoperti e adattati ad arterie stradali. Da nord a sud dunque il paesaggio cambia divenendo via via più pianeggiante e più abitato. La struttura economica messinese in grandissima parte è costituita da piccole imprese, con numero di dipendenti da zero a tre, che rappresentano l’89% del totale delle attività cittadine e che si 27 Attraverso l’uso delle proporzioni, è stato messo in evidenza il peso (espresso in percentuale) delle attività di ciascuna circoscrizione, sul totale della popolazione. Le informazioni ottenute sono state, quindi, riassunte in una tabella, riportata in Appendice. 23
  • 24. occupano soprattutto di commercio al minuto. Quasi i due terzi di esse si concentrano nell’area urbana, cioè nei quartieri centrali di Castel Gonzaga e Dina e Clarenza, e in quello contiguo, verso nord, di San Leone. Nelle zone dell’estremo nord-ovest (Peloro, Montemare e Dei Basiliani), invece, le attività diventano sempre meno frequenti e un buon numero di esse è di carattere ambulante. Nel sud messinese, da Gazzi (in particolare la Z.I.R., la Zona Industriale Regionale) al quartiere più estremo di Giampilieri, le attività più grosse con 15 o più dipendenti rappresentano più di un terzo del totale di esse nel territorio e sono dedite soprattutto al commercio all’ingrosso (auto e motoveicoli, alimentari e abbigliamento i settori più diffusi). In quest’area, in rapporto alla sua popolazione di operatori economici, si è registrata una più forte tendenza a non compilare il questionario (come approfondiremo in seguito): in particolare uno su due operatori ha consegnato in bianco o direttamente non ha accettato il questionario stesso. Le zone in cui ciò è accaduto sono: Gazzi: Z.I.R.; Della Calispera: Contesse, Villaggio Cep e Santa Lucia; Normanno: Tremestieri; Santo Stefano: Galati Marina, Santa Margherita; A questo bisogna aggiungere anche la SS 114 nelle aree di Normanno (Mili Marina), Santo Stefano e Giampilieri. Si tratta di zone di periferia caratterizzate da un certo degrado sociale che potrebbe essere l’humus ideale per il proliferare della criminalità. Individuata l’appartenenza delle varie attività economiche ai rispettivi quartieri, si è proceduto all’estrazione casuale del campione: l’operazione ha richiesto l’utilizzo delle tavole dei numeri casuali28, attraverso le quali è stato estratto, per ogni quartiere, il 28 Luigi Vajani, Elementi di statistica, Padova, Cedam, 1980, pp.294-295. 24
  • 25. 10% delle attività economiche in esso presenti. Il campione da noi utilizzato, dunque, è composto da 368 unità. Nella seconda fase, al fine di conoscere il punto di vista degli operatori economici appartenenti al campione, sono stati realizzati i seguenti passaggi: Focus group29; Elaborazione del questionario; Test di efficienza del questionario; Distribuzione. Prima di realizzare il questionario, si è deciso di organizzare un focus group il cui scopo è stato quello di fornire delle linee di orientamento nella formulazione dei quesiti da porre; ad esso sono stati invitati tre imprenditori messinesi, indicati rispettivamente con A, B e C. A gestisce una cooperativa di servizi, operante attraverso commesse pubbliche, ed ha un passato di sindacalista alle spalle. B è impegnato nel settore dell’edilizia e partecipa attivamente alla vita politica messinese. C è un giovane imprenditore anch’egli dedito all’edilizia. Sin dall’inizio, si sono delineati due “blocchi contrapposti” che si sono mantenuti tali per l’intera durata del focus, eccetto in qualche occasione. Da un lato A e B, gli imprenditori con maggiore esperienza alle spalle, si sono mostrati solidali l’uno verso l’altro, sostenendosi a vicenda e approvando l’uno ciò che veniva detto dall’altro. Era evidente quanto fosse profonda la loro conoscenza del contesto in cui si muovono e delle “regole” su cui esso si fonda. L’esperienza ha insegnato loro quali sono i vicoli ciechi, quali le strade percorribili e quali i “trucchi del mestiere” necessari a raggiungere gli obiettivi prefissati. 29 <<Il focus group è un metodo di ricerca che si basa su una discussione di gruppo, condotta da un moderatore o “facilitatore”, che è focalizzata su un dato argomento allo scopo di raccogliere informazioni utili agli obiettivi di ricerca.>> Vanda Lucia Zammuner, I focus group, Il Mulino, Bologna 2003. Cit. p. 13. 25
  • 26. Dall’altro lato C, invece, è apparso intriso di ideali e desideroso di realizzare i suoi progetti nel rispetto di essi. Nello stesso tempo, però, ha manifestato una grande delusione nei confronti di un ambiente che, a causa dei suoi meccanismi consolidati, si presenta rigido e quasi impenetrabile per chi, in particolare i giovani, voglia apportare delle innovazioni e realizzare dei cambiamenti. Dalle sue parole, dal tono usato e dai suoi gesti, traspariva un’inclinazione alla rassegnazione e all’arrendevolezza: <<Da buon messinese che sopporta… ho mollato>>. La discussione, in un primo momento, si è incentrata sulle difficoltà del fare impresa. Subito dopo si è passati ad argomenti più attinenti l’oggetto del nostro studio, introducendo il tema del sistema bancario. Tutti si sono trovati concordi sulla difficoltà di ottenere un prestito a causa dei meccanismi distorti, che caratterizzano il sistema. Ognuno dei tre ha sottolineato un aspetto particolare del problema. C è stato il primo a dire che solo chi ha i soldi è in grado di ottenere un finanziamento bancario, rafforzando così situazioni economiche già stabili a discapito delle più deboli. B, nel frattempo, ascoltava con un sorrisetto ironico, considerando evidentemente scontato il punto di vista di C e aggiungendo che, in Sicilia, il costo del denaro è più alto rispetto a quello di altre regioni, giacché si tiene conto del così detto “rischio Sicilia”. Ha concluso il suo intervento definendo le banche “usurai riconosciuti dalla legge”. Anche A le ha considerate aziende di usurai, “imprese a rischio zero”, sottolineando l’importanza delle garanzie e delle conoscenze personali per ottenere il loro sostegno. Ha fatto, inoltre, notare che di fronte a tante difficoltà gli imprenditori diventano facili prede degli usurai, e così il fenomeno usura dilaga. B ha collegato al problema dell’inefficienza del sistema bancario a quello della disinformazione della classe imprenditrice e della mancanza di capacità propositiva dei singoli, che invece fanno troppo affidamento sulla disponibilità dei finanziamenti regionali. 26
  • 27. A proposito del “pizzo”, tutti si sono trovati d’accordo nell’affermare che tale fenomeno oggi non costituisce un problema rilevante a Messina, almeno nei loro settori. L’unico ad ammettere di essere stato parte offesa, in passato, è A che tuttavia ha precisato, con enfasi, che attualmente a Messina “tutto è bloccato”, non ci sono richieste né manifestazioni di violenza (C, nel frattempo, esternava una certa titubanza, attraverso espressioni del viso particolarmente ironiche) . Interessante, però, notare la schiettezza con cui A asseriva che , in caso di richiesta di pagamento, sarebbe pazzesco non pagare mettendo a repentaglio la propria vita e quella dei familiari. C ha ribadito la scarsa presenza di questa problematica e ha parlato del “pizzo” come se fosse solo una realtà del passato, conosciuta attraverso i racconti del padre, delineando un’ immagine del vecchio mafioso che si potrebbe definire folkloristica. Tuttavia non ha negato di averne avuto “sentore” in Calabria, dove la situazione è diversa. B ha rafforzato le tesi sopra esposte affermando che, a differenza della Calabria, a Messina non esiste più il controllo del territorio, che in passato si realizzava attraverso il “pizzo”... <<quella che volgarmente è concentrata>>. chiamata mafia è solo delinquenza spuria Inoltre, con fare ironico, ha definito “trendy” le indagini e le ricerche che riguardano il fenomeno mafioso, insinuando che l’attenzione su di esso sia condizionata dal successo di certe fiction, quali “Il commissario Montalbano” e la “Piovra”. Alla fine, comunque, ha sostenuto che <<il problema del pizzo, se esiste, interessa solo i piccoli commercianti>>. Ciò che ha colpito particolarmente, è il modo in cui è cambiato l’atteggiamento dei tre imprenditori nel rapportarsi alle problematiche via via esposte. Nella prima fase si sono mostrati estremamente disponibili, loquaci e, nonostante i momenti di scontro, rilassati; nella seconda fase, quando l’attenzione si è focalizzata su argomenti come quello dell’usura e delle estorsioni, hanno lasciato trapelare disagio e chiusura sia nell’interazione 27
  • 28. verbale, che in quella non verbale (accavallavano le gambe, incrociavano le braccia, giocavano nervosamente con gli oggetti che avevano sotto mano). Il focus è servito come punto di riferimento per la formulazione delle domande contenute nel questionario. Formalmente i quesiti riguardano le problematiche che interessano le imprese messinesi e, pertanto, si è cercato di toccare non solo i temi affrontati nel focus, ma anche altri strettamente collegati alle difficoltà del mondo imprenditoriale. Il questionario è composto da 51 domande31, un numero che a nostro avviso permette di ottenere informazioni sufficienti e, nello stesso tempo, di evitare che l’attenzione degli imprenditori facenti parte del campione, si affievolisca durante la compilazione. Oltre alle domande generiche, che ci consentono di ottenere informazioni sulle caratteristiche del soggetto che compila e sulla sua attività (sesso, età, stato civile, grado d’istruzione, settore economico, ampiezza dell’impresa), sono state utilizzate alcune domande, per approfondire la nostra conoscenza dei fenomeni di racket ed usura, incentrate sui seguenti argomenti: Le pressioni mafiose: si è pensato di chiedere agli intervistati se sono a conoscenza di episodi non riguardanti direttamente il singolo, per comprendere quanto i commercianti siano propensi a riconoscere l’esistenza del fenomeno; se non è 31 Tutti i quesiti, eccetto sei, sono a risposta chiusa, poiché in tal modo, si ha la possibilità di ottenere risposte precise e immediatamente recepibili, al contrario di quanto avviene con le domande a risposta aperta. Queste ultime, infatti, danno più tempo per riflettere, inibendo la spontaneità dei soggetti a cui ci si rivolge; inoltre, mancando di schemi precostituiti, determinano il rischio di avere risposte prolisse o diverse da un soggetto all’altro, e per questo motivo impossibili da tradurre in termini quantitativi. Il questionario si apre con la parte strutturata, necessaria a dare indicazioni su chi lo compila e, contemporaneamente, utile a metterlo a suo agio, attraverso domande semplici ed immediate. La parte successiva, invece, si concentra sulle problematiche delle attività economiche e del contesto messinese in generale. In questo caso, sono stati usati alcuni accorgimenti per affrontare le delicate questioni che sono oggetto del nostro studio, poiché esse, per loro stessa natura, possono indurre i titolari delle attività economiche a cui ci si rivolge, ad assumere un atteggiamento di diffidenza e a renderli restii alla collaborazione. Innanzitutto, in fase di formulazione, si è cercato di essere il più possibile chiari e concisi, per assicurare una giusta comprensione del contenuto dei quesiti. Inoltre sono state evitate le domande “suggestive” che, per il modo in cui sono enunciate, determinano il rischio di risposte poco sincere. Infine, è stata prestata particolare attenzione al criterio da seguire nel dare un ordine alle domande; così i quesiti riguardanti i temi più scottanti sono stati dispersi tra gli altri, per tentare di “mascherarli” e renderli meno evidenti, mantenendo un clima disteso e rilassato. Da qui l’idea di inserire nel questionario argomenti quali il tram, il turismo, l’euro, e così via. 28
  • 29. ignorata, inoltre, la domanda relativa al problema in questione può fornire un’idea di quanto frequentemente gli imprenditori messinesi debbano confrontarsi con questo tipo di realtà32. La percezione dell’operatore circa la diffusione del fenomeno estorsivo33. L’identità degli estortori (delinquenti isolati, affiliati alla criminalità organizzata, bande di quartiere). Questo è un tema abbastanza dibattuto. Vari studi confermano che il racket sia controllato totalmente dalla criminalità organizzata di stampo mafioso; come si è già avuto modo di sottolineare, tuttavia, esiste una corrente di pensiero secondo cui Cosa Nostra non gestirebbe più questo tipo di attività. L’obiettivo, in questo caso, è quello di comprendere in che modo l’operatore economico percepisca la figura dell’estortore e quale sia, quindi, l’opinione più valida in rapporto alla città di Messina34. La percezione del fenomeno usura, da parte di coloro che esercitano attività economiche e costituiscono un bacino di potenziale clientela degli usurai, più di ogni altra categoria di individui35. L’identità degli usurai: come risulta da vari studi, il fenomeno dell’usura è diventato molto complesso; nel corso del tempo, infatti, alla figura del classico usuraio di quartiere si sono affiancate altre categorie di soggetti dediti alla pratica dell’attività illecita in questione36. Il sistema bancario e la difficoltà di accedere al credito legale. Quanta difficoltà incontrano i piccoli imprenditori messinesi 32 L’argomento delle pressioni mafiose è toccato dalla domanda n. 16 del questionario riportato in Appendice. 33 La domanda relativa è la n. 28: essa permette di cogliere la differenza, se presente, tra la reazione ad una domanda diretta e la reazione ad una indiretta, in questo caso tra la domanda 16 e la 28, appunto. In quest’ultima, il riferimento al Censis, infatti, rassicura chi compila, poiché egli si “limita” ad esprimere un parere su un’affermazione altrui (una fonte ufficiale) e non si sente coinvolto direttamente. 34 La domanda che si occupa della figura dell’estortore è la n.29. 35 La domanda relativa è la n.37. 36 L’argomento riguardante i soggetti attivi dell’usura è affrontato dalla domanda n. 38. 29
  • 30. nel rapporto con le banche? Il problema della concessione del credito spesso viene messo in relazione con il problema dell’usura, a cui potrebbero rivolgersi coloro ai quali è stato negato un prestito bancario, a causa di insufficienza di garanzie37. Il grado di informazione degli intervistati, circa la legislazione riguardante estorsione ed usura ed il mondo dell’associazionismo38. I problemi socio-economici più gravi della città di Messina39. Prima di procedere con la somministrazione del questionario, si è ritenuto opportuno testarlo per valutarne l’efficienza. III.1 IL CONFRONTO CON GLI OPERATORI ECONOMICI Prima di illustrare i risultati della nostra ricerca, riteniamo opportuno evidenziare alcuni elementi emersi dalla nostra esperienza diretta. Nel corso della distribuzione dei questionari non sono mancati i momenti di confronto verbale con gli operatori economici coinvolti nella ricerca. Quando illustravamo al commerciante il contenuto del questionario e le sue finalità, accadeva costantemente che egli si lamentasse della situazione economica di Messina, presentando un quadro disastroso. Dai veri e propri sfoghi dei nostri interlocutori è emerso, con prepotenza, un elemento di fronte al quale è necessario interrogarsi con grande attenzione e sincerità. Si tratta dell’atteggiamento di 37 Il tema è toccato dalle domande n. 35, 41 e 42. Le domande volte a sondare il parere degli operatori economici contattati, su legislazione ed associazionismo, sono le n. 43, 46 e 47. Con la domanda N. 47, in particolare, la nostra attenzione si concentra sulla conoscenza dei commercianti riguardo all’esistenza di associazioni antiracket ed antiusura a Messina e sulla loro opinione circa la funzione da esse svolta. 39 La domanda relativa è la n. 51. Essa chiude il questionario e si propone di raggiungere due obiettivi: il primo è constatare qual è il problema che secondo gli operatori economici pesa maggiormente sulle attività da loro svolte; il secondo, di grande importanza, è verificare la coerenza (o mancata coerenza) degli imprenditori, nell’esporre il loro punto di vista riguardo alle questioni trattate. A tal fine è sufficiente incrociare questa domanda con quelle che fanno riferimento alle pressioni mafiose, all’usura e alla difficoltà di accedere al sistema creditizio ufficiale. 38 30
  • 31. rassegnazione che gli operatori hanno manifestato nei confronti di uno status quo caratterizzato da molti elementi negativi e scarsa, se non inesistente, propensione al miglioramento. Gli operatori hanno descritto una città povera, colma di problemi di ogni genere, ma in loro non era percepibile nessuna volontà di reazione, nessun desiderio di riscatto. La frase che ricorreva maggiormente, soprattutto alla restituzione dei questionari, compilati e non, era: <<Tanto le cose rimarranno così come sono!>> La rassegnazione sembrava caratterizzare la quasi totalità delle persone con cui siamo entrati in contatto, da quelle operanti nei quartieri più centrali a quelle operanti nei quartieri più periferici, sia a nord che a sud. Le problematiche più nominate e discusse riguardano, innanzitutto, lo stato dell’economia messinese, che per la quasi totalità dei commercianti vive una situazione di estrema crisi e necessita di investimenti sia di natura pubblica che privata. Si lamenta, inoltre, la mancanza di agevolazioni fiscali per i piccoli commercianti, soffocati dalle tasse che ostacolano la possibilità di far crescere le proprie attività. Gli operatori messinesi si sentono soli con le loro difficoltà: nessuno li aiuta e le istituzioni cittadine, che dovrebbero essere le prime a farlo, mostrano il più totale disinteresse nei loro confronti e dell’intera città. Per alcuni il futuro sembra riservare addirittura la chiusura del negozio, la cessazione dell’attività. In fondo, come hanno detto in tanti, ogni giorno nascono nuovi esercizi commerciali per poi richiudere uno o due anni dopo e questa è la prova che il sistema economico della città è seriamente malato! Noi stessi abbiamo avuto modo di verificare che diverse piccole attività (inserite nell’elenco originale), con zero dipendenti, non esistono più, soprattutto nel quartiere di Mata e Grifone. Anche per quanto riguarda le attività grosse, che a Messina sono una minoranza, due di esse non sono state da noi trovate nella zona di San Leone. Un commerciante, riferendosi ad una di queste, ha 31
  • 32. detto: <<Hanno chiuso i battenti dall’oggi al domani e il motivo non si è mai saputo.>> Anche il tram è stato tirato in ballo da alcuni commercianti, soprattutto da parte di quelli che operano in via Catania, dove le rotaie occupano gran parte della strada, di per sé non molto larga, togliendo spazio agli automobilisti di passaggio che, per dare un’occhiata al negozio avvistato, non potrebbero fermarsi senza bloccare il traffico. Meno gente si ferma, più potenziali clienti si perdono! Un altro problema che pesa, soprattutto sui commercianti più grossi e sulle imprese con un certo numero di dipendenti, è la mancanza di manodopera qualificata e preparata. Nel quadro, per nulla roseo, descritto dagli operatori economici, manca un elemento che non è mai stato menzionato durante le discussioni: la presenza della criminalità organizzata e le conseguenze che derivano dalle sue attività. Di fronte a quanto detto finora ci chiediamo quale sia il problema maggiore: vivere in una realtà caratterizzata dal mancato sviluppo e dalla presenza di criminalità, o vivere questa situazione comportandosi come se ciò fosse normale, come se la miseria e il degrado facessero parte della nostra terra, e la tendenza a darsi per vinti fosse scritta nel nostro DNA? Lo stesso quadro della città emerge dalle risposte date ai questionari: tutti sostengono, come è stato detto in altra sede, che le attività economiche messinesi non sono fiorenti e che il settore più diffuso è quello commerciale. Il settore del turismo è sofferente e per rimetterlo in sesto, secondo la maggioranza, sarebbe necessario migliorare le strutture di accoglienza e l’arredo urbano, valorizzare i monumenti storici e pubblicizzare il territorio. Per migliorare sarebbero l’andamento dell’economia messinese, utili più investimenti non solo da parte dello Stato, ma anche da parte dei privati. 32
  • 33. Alla solitudine, dovuta alla lontananza delle istituzioni cittadine e nazionali, si aggiunge la solitudine derivante dagli scarsi rapporti di collaborazione tra gli operatori economici e dall’inefficienza delle associazioni di categoria. Si avverte fortemente la mancanza di sicurezza: ci si sente poco tutelati dalla giustizia e dalle forze dell’ordine e non si ha fiducia nello Stato e nelle sue istituzioni. Un altro elemento da sottolineare – come anticipato - è la difficoltà incontrata nell’ottenere la collaborazione degli operatori economici da noi contattati. Il primo dato significativo da segnalare, dunque, riguarda il fatto che una buona percentuale di questionari (30%) è stata restituita in bianco, nonostante l’anonimato più volte assicurato a chi avrebbe dovuto compilarli. Nella zona sud, in particolare, oltre un terzo degli intervistati in quest’area ha scelto di non compilare il questionario e per essere più specifici, nei quartieri di Normanno e Santo Stefano si è toccata la punta massima con i due terzi degli operatori economici contattati in ciascuno di essi, che non ha risposto ai quesiti. Importante, a nostro avviso, evidenziare che all’interno dei quartieri suddetti e in quello di Giampilieri, all’estremo sud di Messina, qualcuno ha perfino rifiutato momento il stesso questionario della proposto, consegna. restituendolo Questa mancanza nel di collaborazione da parte di non pochi operatori economici è significativa, come dicevamo prima, se pensiamo che il questionario è stato presentato non solo come uno strumento per effettuare una ricerca su problematiche che li riguardano da vicino, ma anche come un mezzo attraverso cui esprimere proprie opinioni e attraverso cui dar voce ai propri eventuali sfoghi, nei limiti del possibile, e tutto, torniamo a ribadire, nel rispetto assoluto dell’anonimato. A questo punto è necessario cercare di comprendere le ragioni che stanno alla base di tutto ciò e per farlo illustreremo qui di seguito il contesto in cui si collocano le attività dei nostri operatori, 33
  • 34. mettendolo in relazione con le reazioni che essi hanno avuto di fronte alla ricerca. III.2 Le reazioni degli intervistati Per la compilazione del questionario è stato concesso un arco di tempo (7 giorni) adeguato per rispondere ai quesiti con tutta calma e tranquillità. Prima di dare il via alla distribuzione, però, si è pensato di codificare i possibili atteggiamenti che gli imprenditori avrebbero potuto manifestare, prendendo in considerazione tre categorie generali di reazione: 1) “collaborativi”, 2) “non collaborativi” e 3) “indifferenti”. La codificazione ci è stata utile per capire la reazione generale degli operatori economici di fronte ad un’attività di ricerca che li chiama direttamente in causa. Dalla rielaborazione dei dati, risulta una tendenza generale che oscilla tra i collaborativi (63%) e gli indifferenti (29%) (vd. Grafico 2). Ma tra quelli che a primo impatto sono apparsi da collocare nella categoria n. 1, una piccola parte non ha risposto alimentando così la categoria dei non collaborativi e tra gli indifferenti, cioè coloro che non hanno manifestato atteggiamenti particolari né hanno assunto posizioni determinate, lasciando presupporre tanto la compilazione del questionario quanto la non compilazione, una buona parte non ha risposto ai quesiti. L’ incoerenza nel comportamento degli operatori spinge a fare un discorso più complesso a proposito delle reazioni. Introduciamo una schematizzazione alternativa, in cui saranno inserite due categorie principali – collaborativi e non collaborativi e all’interno di queste, quattro comportamentali. Collaborativi 34 diversi sottogruppi
  • 35. Entusiasti. Si sono mostrati disponibili dall’inizio fino al momento della restituzione; estremamente curiosi ed interessati, si sono rivelati molto propensi al dialogo. Hanno ascoltato con molto interesse e partecipazione le spiegazioni relative all’obiettivo del nostro lavoro, ponendo anche delle domande sulle modalità di svolgimento della ricerca. I quartieri che si sono distinti, in particolar modo, per quanto riguarda la collaborazione entusiasta sono quelli di Dina e Clarenza e Gazzi dove, soprattutto in via Catania, i commercianti si sono rivelati molto agguerriti. Diffidenti. Inizialmente il loro comportamento faceva presupporre la mancata compilazione; in realtà, al di là di ogni aspettativa, si sono rivelati estremamente disposti a comunicare il loro punto di vista. Molti di loro, al momento della consegna, hanno chiesto informazioni circa il numero di persone che ha risposto e riguardo l’orientamento generale delle risposte; come se cercassero delle conferme, delle rassicurazioni. Alla fine in queste persone, molto combattute, è prevalsa la voglia di collaborare, di comunicare il proprio punto di vista, rispondendo a tutto senza remore. Alcune croci segnate su certe risposte sono state rimarcate più volte e con molta enfasi. Abbiamo riscontrato questa situazione nel quartiere di Mata e Grifone, e ancor di più, nei quartieri collocati all’estremo nord di Messina. Probabilmente a causa della posizione periferica che caratterizza questi ultimi, i commercianti si sentono esclusi e tenuti poco in considerazione nell’ambito delle questioni cittadine; ciò, possibilmente, provoca in loro un desiderio di rivalsa che, nel caso del nostro questionario, si è manifestato attraverso risposte molto forti (in particolare è stato possibile vederlo nelle risposte aperte). Non collaborativi 35
  • 36. Intimoriti. Con fare spesso ostile, hanno posto numerosissime domande sulla natura del questionario e hanno chiesto ripetutamente rassicurazioni a proposito dell’anonimato. Nonostante siano state date tutte le rassicurazioni del caso, alla fine i questionari sono stati restituiti in bianco con la giustificazione che il titolare (anche quello del più piccolo negozio di generi alimentari) era fuori città e lo sarebbe stato per un tempo indeterminato: << non ho risposto al questionario perché il titolare è fuori città e non saprei dirvi quando rientra; pertanto io non mi assumo la responsabilità di rispondere>>. Questa è solo una delle tante risposte date. Una piccola percentuale ha persino finto di non ricordare di aver ricevuto un questionario. Un esempio è quello del titolare di un negozio che, con occhi rivolti da tutt’altra parte e con evidente imbarazzo, ha affermato di non aver ricevuto nulla, nonostante il ragazzo, suo dipendente, abbia cercato di ricordargli, con convinzione, <<quel foglio che hanno portato pochi giorni fa>>. Non si distingue bene se la paura riscontrata sia dovuta al fattore criminale o alla preoccupazione che i dati riguardanti le loro attività, in particolare quelli sui numeri di dipendenti, possano avere delle conseguenze indesiderate, in primis un controllo fiscale a sorpresa! Questo tipo di timore è stato riscontrato soprattutto in via Corbino Orso (nel quartiere di Gazzi) dove ci sono attività che si svolgono in strutture abbastanza grandi, che fanno presupporre la presenza, all’interno, di un numero di dipendenti maggiore rispetto a quello che risulta dai dati della Camera di Commercio. Il timore, comunque, è generalizzato. Non è stato riscontrato solo nel viale S. Martino. Una paura di altra natura (legata, cioè, al fattore criminale) è stata percepita, in particolare, in via La Farina (quartiere di Mata e Grifone), dove svolge la sua attività il titolare dell’esempio riportato sopra. 36
  • 37. Scostanti. Abbiamo incontrato un numero rilevante di commercianti con queste caratteristiche nel quartiere di San Leone e di Castel Gonzaga. Hanno mostrato un totale disinteresse verso quella che gli è stata presentata come un’indagine riguardante le problematiche della loro città. Con insistenza hanno fatto riferimento all’inutilità di studi e analisi di qualsivoglia natura, ed hanno spesso rifiutato i questionari definendoli una perdita di tempo (non importa se si tratta di soli cinque minuti), sottratto al lavoro o al riposo a casa. In altri casi i questionari sono stati compilati parzialmente o, al momento della consegna, non più trovati; ovviamente rifiutando poi la nostra proposta di fornirgli un nuovo questionario, in sostituzione di quello smarrito. Per quanto riguarda le attività svolte da chi non ha risposto ai quesiti, quasi due su tre appartengono al settore dei generi alimentari. 37
  • 38. IV. LA PERCEZIONE DEI FENOMENI di Giuseppa Caravello e Maria Vera Costa A questo punto, possiamo spostare la nostra attenzione sui risultati ottenuti attraverso il questionario . IV.1 ESTORSIONE Alla domanda che chiedeva di esprimere approvazione o disapprovazione sui risultati della ricerca Censis che presenta Messina come una delle città più colpite dal fenomeno estorsivo, quasi il 45 % si è definito “abbastanza - molto d’accordo” (vd. Grafico 6). La tendenza a segnalare la presenza del problema è più significativa nei quartieri del sud, mentre è avvertito in misura minore al centro (vd. Grafico 7). Nel dettaglio, questa risposta è fornita dagli operatori economici dei seguenti settori: auto-motoaccessori, tabacchi, farmacie, alimentari-bar-ristoranti, casa- arredamento (vd. Grafico 8). E’ interessante mettere in evidenza la palese contraddizione che risulta dal confronto tra questi risultati e quelli relativi alla domanda sulle pressioni mafiose: nell’ambito delle stesse categorie commerciali (in particolare rivendite di alimentari, di tabacchi, bar, ristoranti e negozi di arredamento e generi casalinghi), i titolari delle attività rispondono di non essere a conoscenza di casi di intimidazioni o pressioni mafiose, realizzate ai danni di operatori economici messinesi (vd. Grafico 5). C’è inoltre da evidenziare che, com’è stato anticipato nell’introduzione, all’ultima domanda che chiedeva loro di indicare quali fossero i problemi più dannosi per l’economia messinese, solo una percentuale bassissima, ha segnalato le pressioni mafiose; da ciò dovremmo dedurre che nonostante la grandezza della sua 38
  • 39. portata, il fenomeno estorsivo appare agli operatori messinesi un elemento a cui attribuire un’importanza non eccessiva. È davvero possibile che il pizzo sia considerato solo un costo aggiuntivo, un’ulteriore tassa che finisce col confondersi con quelle dello Stato? Dobbiamo pensare che il racket sia talmente diffuso e radicato che gli imprenditori abbiano finito per adattarsi e considerarlo un dato di fatto, parte della loro realtà? Purtroppo questa sembra la risposta più plausibile. Tuttavia insieme a ciò, dobbiamo considerare un altro elemento assolutamente esplicativo: l’insicurezza sociale. L’84% si sente poco o niente affatto tutelato dallo Stato e dalle sue istituzioni e soltanto il 28% ritiene che le forze dell’ordine siano in grado di assicurare il normale svolgimento delle attività economiche (vd. Grafico 22 e Grafico 24). In realtà, non è un risultato che stupisce. Nel contesto meridionale, la distanza avvertita nei confronti dello Stato, è una costante che si traduce in problemi di legittimazione e sfiducia, nello scarso rispetto delle regole di convivenza, in un'immagine vessatoria delle Istituzioni statali, nell’incertezza dei rapporti tra cittadini e potere pubblico. Le conseguenze di ciò sono evidenti. Davanti a quella che viene percepita come un’autorità pubblica assente, inaffidabile, poco responsabile ed incapace di tutelare il cittadino, l’atteggiamento prevalente sarà di assoluto distacco. Nel caso specifico, ciò potrebbe comportare che l’operatore economico di Messina, dovendo affrontare un problema grave e delicato come una minaccia estorsiva, consideri la richiesta di aiuto alle autorità competenti, l’ultima possibilità da prendere in considerazione. A proposito dei soggetti che praticano questa attività illecita, solo in minima percentuale la responsabilità viene attribuita a delinquenti isolati (13,20 %); il 26,41% punta il dito sui componenti di bande di quartiere, mentre il 37% del campione identifica gli estortori con gli affiliati alla criminalità organizzata (vd. Grafico 9). Questa tendenza prevale in particolare nel caso delle attività con 16 o più dipendenti (55,55%), le stesse attività che, sia nel caso della domanda sulle pressioni mafiose che 39 in quella riguardante la
  • 40. presenza del fenomeno estorsivo in città, hanno di gran lunga superato le altre per la percentuale di risposte affermative (vd. Grafico 10). Questo elemento risulta interessante, soprattutto considerando che, come sostiene Clelia Fiore, le associazioni antiracket sono composte esclusivamente da piccoli e medi commercianti, come se “il fenomeno racket” non toccasse attività di dimensioni maggiori. IV.2 USURA I dati relativi al problema dell’usura a Messina, rivelano una situazione poco confortante! Oltre la metà del campione ritiene che Messina è una delle città meridionali in cui l’usura è maggiormente diffusa (vd. Grafico 11). La presenza del problema è segnalata da tutte le categorie economiche prese in considerazione e da tutte le attività economiche di piccola, media o grande dimensione. Per quanto riguarda i soggetti attivi dell’usura, solo il 3,77% ritiene che tale attività illecita sia nelle mani di professionisti del settore finanziario; il 22,01% di operatori economici sostiene che essa è praticata da persone insospettabili: coloro i quali si presentano in veste di amici, o che svolgono professioni nell’ambito del settore pubblico o che gestiscono altre attività economiche. In particolare, la tendenza a pensare che l’attività usuraia sia gestita da soggetti insospettabili, è diffusa nella zona centrale di Messina. Quasi il 28%, invece, punta il dito sulla criminalità organizzata e ciò è più evidente nel caso delle medie e grandi imprese (vd. Grafico 13). Così come emerso nel caso dell’estorsione, anche per quanto riguarda l’usura, non è alta la percentuale di coloro che la considerano un ostacolo allo sviluppo delle attività economiche messinesi (22,60%). Questo risultato assume particolare significato in relazione alla più elevata tendenza ad indicare <<la difficoltà di accedere al credito>> come uno degli elementi che pesano sulla vita economica della città (43%). Se si pensa che proprio la difficoltà di 40
  • 41. accedere al credito può essere un motivo per cui molti piccoli e medi imprenditori si lasciano sedurre dalla possibilità di avere un prestito facile e veloce da parte di individui che poi si rivelano molto pericolosi, si capisce perché il problema del credito legale diventi prioritario rispetto a quello del prestito illegale, che ne potrebbe essere la conseguenza. Tenuto conto di ciò sarebbe opportuno evidenziare il punto di vista degli operatori contattati riguardo all’efficacia del sistema bancario: per l’84% del campione, esso non offre un valido sostegno alle attività imprenditoriali (vd. Grafico 16). Questo risultato, in molti casi, è rafforzato da considerazioni questionario che e tra gli operatori esse stessi alcune hanno risultano riportato sul particolarmente significative: <<Il buon funzionamento delle banche dipende da chi hanno di fronte; favoriscono chi già possiede e non chi vuole crescere>>, <<Il sistema creditizio piuttosto ostacola lo svolgimento delle attività>>, <<Se dai garanzie, ok, altrimenti puoi morire!>> Ma in caso di difficoltà economiche esistono alternative al prestito bancario? Solo l’8% degli intervistati dice che delle alternative ci sono, ma non specifica quali (vd. Grafico 17). Chi lo fa (il 4%) indica le finanziarie, innanzitutto, e la famiglia, mentre per il resto, quasi la totalità del campione, nessuno ha idea di cosa siano le “alternative” (vd. Grafico 18). Si potrebbe dire che, forse, l’usura non costituisce un grosso problema per le attività economiche; anzi, probabilmente rappresenta una tentazione per chi ha delle difficoltà finanziarie o un’alternativa a quel sistema creditizio troppo abituato a voltare le spalle a chi gli chiede un aiuto e magari è proprio quell’alternativa che alcuni dicono esserci, senza però specificare di cosa si tratti! IV.3 LA LEGISLAZIONE E L’ASSOCIAZIONISMO ANTIRACKET E ANTIUSURA I risultati fin qui esposti rivelano quanto e come i fenomeni presi in considerazione siano percepiti dagli operatori economici messinesi ed il quadro descritto dalle loro risposte al questionario è scoraggiante: estorsione ed usura sono presenti e ben radicate 41
  • 42. nella città peloritana. Ciò rappresenta un chiaro segnale dell’insufficiente efficacia degli strumenti finalizzati alla lotta contro tali attività criminali, elemento questo che si riscontra con forza nelle risposte relative alle domande sulla legislazione antiracket ed antiusura e sull’ associazionismo. Il legislatore ha creato strumenti di lotta sempre più efficaci quali la legge 108/96 contro l’usura e la legge 44/99 che ha unificato i Fondi di Solidarietà di estorsione ed usura e disciplina l’intera materia relativa al racket; la società civile, nello stesso tempo, si è data da fare con le associazioni e le fondazioni a sostegno delle vittime. Ma quanto di tutto questo è concretamente presente nel mondo degli operatori economici? Appena il 12% degli operatori economici dichiara di essere stato adeguatamente informato sui contenuti del Fondo di Prevenzione a favore dei soggetti a rischio di usura (legge 108/96) (vd. Grafico 19). Il 23% del campione afferma di non essere a conoscenza della legge 44/99 (vd. Grafico 20). Il 22% non conosce l’esistenza di associazioni antiracket ed antiusura a Messina e quasi la metà del campione non le ritiene un valido sostegno (vd. Grafico 21). Sono due, quindi, gli elementi che emergono con forza: la diffusa mancanza di informazione e una visione negativa della funzione delle leggi e dell’associazionismo. Messina vive quotidianamente e in modo traumatico l’esistenza, la forza e la violenza del racket e dell’usura. Lo stesso non si può dire dei soggetti che dovrebbero aiutare, sostenere, accompagnare la vittima nella sua ribellione; chi viene preso di mira guarda negli occhi chi minaccia di distruggere la sua attività, di far del male a lui o alla sua famiglia ma, al contrario, vede le istituzioni e le associazioni come presenze intangibili e percepisce come elementi estranei, quasi del tutto sconosciuti, gli strumenti che dovrebbero permettergli di vincere il “suo incubo personale”. 42
  • 43. La distanza delle istituzioni dalla società genera la condizione più adatta al manifestarsi ed al proliferare dell’incertezza nei confronti dello Stato, e della sfiducia in esso e nelle leggi che lo rappresentano. Il fatto che un rilevante numero di persone ignori l’esistenza delle associazioni e delle fondazioni e, nello stesso tempo, di leggi molto importanti, è un segnale forte di non efficace funzionamento del sistema informativo messo in atto da parte del mondo dell’associazionismo e da parte delle istituzioni locali e nazionali. Nonostante le campagne di informazione predisposte dal Commissario per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura41, e l’operato delle associazioni, che si impegnano a fornire agli operatori economici le informazioni necessarie sugli strumenti di lotta, gli sforzi in tal senso, non si sono dimostrati all’altezza. A tal proposito è opportuno qui ricordare una conferenza che si è svolta sui temi dell’usura e dell’estorsione a Milazzo, il 12/10/2003, a cui hanno preso parte Tano Grasso, il Commissario straordinario Rino Monaco, Lino Busà, presidente di SOS Impresa e della FAI (Federazione Associazioni Antiracket e Antiusura), vari ed autorevoli personaggi del mondo della giustizia e delle forze dell’ordine, rappresentanti dell’amministrazione comunale milazzese ed i responsabili delle varie associazioni antiracket ed antiusura della provincia di Messina. L’occasione dell’incontro è stata determinata da una serie di episodi incendiari che hanno avuto come protagonisti alcuni piccoli esercizi commerciali del milazzese e la sede locale del WWF. Questa si è rivelata un’esperienza istruttiva ed interessante, ma non adeguatamente pubblicizzata. Il numero di persone che hanno assistito al confronto era tristemente esiguo ed al termine, invece, il numero di persone che si trovavano davanti al Municipio, curiose 41 Un’esperienza estremamente significativa in questo contesto, è stata la campagna di informazione cominciata a novembre del 2000, predisposta da Tano Grasso allora Commissario, culminata poi con la prima Conferenza Nazionale contro l’usura e l’estorsione. E possibile citare, inoltre, la campagna di informazione realizzata nell’agosto del 2002, che è stata predisposta da Rino Monaco, Commissario per il coordinamento delle iniziative antiracket ed usura, dal 2001. 43
  • 44. di sapere che avvenimento si fosse tenuto, era decisamente alto. Questo episodio si può considerare emblematico: quella appena descritta poteva essere un’occasione significativa per sensibilizzare la cittadinanza, coinvolgere gli operatori economici e, soprattutto, dimostrare che qualcuno che si preoccupa e non resta indifferente di fronte ai fenomeni considerati. Non è accaduto. 44
  • 45. CONCLUSIONI di Domenico Carzo In conclusione, cerchiamo di mettere in risalto alcuni punti chiave emersi dal lavoro, ribadendo alcuni dati. Un primo dato – a nostro giudizio rilevante – è rappresentato dal fatto che un intervistato su tre ha rifiutato di compilare il questionario distribuito anonimamente. Tra l’altro, la mancata collaborazione allo studio si è registrata in un zona ben precisa di Messina: la Zona Industriale Regionale, dove sono concentrate le attività economiche di maggiori dimensioni. Identico discorso si è verificato più a Sud, dove, comunque, sono insediate realtà industriali di medio-grandi dimensioni. Tale atteggiamento – secondo quanto annotato dagli intervistatori – è legato essenzialmente a due motivazioni: L’omertà vera e propria, una volta intuito il reale scopo del questionario, che veniva “mascherato” sotto forma di indagine sulle problematiche delle attività economiche. La paura di essere sottoposti a controlli, connessa al reale numero di dipendenti. Inoltre, nonostante le statistiche Censis (pubblicizzate sui maggiori mass media nazionali), oltre i due terzi degli intervistati (tra coloro che hanno compilato il questionario) affermano di non essere a conoscenza di casi di intimidazioni o pressioni mafiose, realizzate ai danni di operatori economici messinesi. Tuttavia, la metà del campione, concorda sulla stessa analisi del Censis per ciò che concerne il fenomeno dell’estorsione e circa il 40% attribuisce tale reato all’attività della criminalità organizzata; inoltre alla domanda che chiedeva di indicare quali fossero i problemi più dannosi per l’economia messinesi, solo una percentuale bassissima, il 6,33%, ha segnalato le pressioni mafiose. 45
  • 46. I dati, a prima vista, sembrano schizzofrenici; mostrano palesi contraddizioni, a cui noi cerchiamo di fornire un’interpretazione: l’estorsione viene indubbiamente percepita come problematica sociale (soprattutto quando si chiede di esprimere un parere, circa un altro parere già formulato da altre fonti: il Censis in questo caso). Quando, invece, si cerca di investigare a fondo il fenomeno, emerge una ritrosia comune, frutto di una forte insicurezza sociale: l’84% si sente poco o niente affatto tutelato dallo Stato e dalle sue istituzioni e il 28% ritiene che le forze dell’ordine siano in grado di assicurare il normale svolgimento delle attività economiche. Prendendo in esame il secondo punto di cui ci siamo occupati, ovvero l’usura, oltre la metà del campione concorda con l’analisi secondo cui Messina è una delle città meridionali in cui proprio l’usura è maggiormente diffusa. Per il 22% l’usura è praticata da persone insospettabili: coloro i quali si presentano in veste di “amici”, o che svolgono professioni nell’ambito del settore pubblico o, infine, che gestiscono altre attività economiche. Il 27,67%, invece, pensa ad un coinvolgimento diretto della criminalità organizzata, mentre soltanto il 3,77% parla di un inserimento di professionisti del settore finanziario in questa attività illecita. A fronte di questo quadro, l’84% non interpreta il sistema bancario come un supporto per gli imprenditori anche se solo un intervistato su tre individua delle alternative (soprattutto tra le finanziarie e la famiglia). Quali sostegni istituzionali trovano gli operatori economici? L’impatto delle misure normative a sostegno delle vittime dei fenomeni di usura ed estorsione non sembra totalmente efficace: una persona su tre non conosce la Legge 44 del 23/02/99 e soltanto il 22,64% la reputa efficace. Addirittura il 79,87%, poi, ritiene di non essere stato sufficientemente informato sui contenuti della Legge 108/96. Tutto ciò testimonia come, nonostante le energie profuse, non ci sia né fiducia, né piena conoscenza delle normative che dovrebbero salvaguardare le vittime. Probabilmente, è necessario un ulteriore sforzo verso questa direzione, anche 46
  • 47. attraverso le associazioni di categoria. A tal proposito, concludiamo con un’ultima considerazione sulle associazioni antiracket e antiusura messinesi: il 22% degli intervistati non ne conosce l’esistenza, mentre il 47,79% non le considera un valido sostegno (nel dettaglio, soprattutto gestori di rivendite di alimentari, negozi di abbigliamento, titolari di imprese edili, concessionari d’auto e proprietari di bar). Pure in questo caso, insomma, ci troviamo di fronte a un piccolo fallimento e, nel contempo, un ulteriore stimolo per le azioni future. 47
  • 49. IL CAMPIONAMENTO Tabella 1. Peso delle attività economiche, relativo a ciascun quartiere, espresso in percentuale sul totale della popolazione. GIAMPILIERI 1,51% SANTO STEFANO 2,41% NORMANNO 3,98% DELLA CALISPERA 6,98% GAZZI 9,98% MATA E GRIFONE 9,30% CASTEL GONZAGA 24,69% DINA E CLARENZA 16,90% SAN LEONE 9,30% SAN SALVATORE DEI GRECI 4,97% PELORO 5,38% MONTEMARE 1,30% DEI BASILIANI 0,73% SAN PANTALEONE 2,11% NON IDENTIFICATI 0,46% 49
  • 50. I RISULTATI DELLA RICERCA IL COMPORTAMENTO DEGLI OPERATORI ECONOMICI Grafico 1. Reazioni degli operatori economici al momento della consegna del questionario. 29% COLLABORATIVI 63% 8% NON COLLABORATIVI INDIFFERENTI Grafico 2. Percentuale degli operatori economici che hanno o non hanno compilato il questionario. 30% COMPILATI NON COMPILATI 70% 50
  • 51. Grafico 3. La compilazione del questionario, suddivisa tra i quartieri (per le percentuali si veda la Tabella n. 2). 120 100 80 60 COMPILA 40 NON COMPILA 20 ST S. G IA M PI LI ER EF I N D EL O R A NO LA M A C A S CA N N LI O TE SP L ER G O N A ZA M G AT A A G AZ D E IN G Z A R IF I E S. C L ON SA AR E LV EN AT Z S. O LE A R E O D N EI E G R E PE C I M LO O NT RO EM D EI SA BA AR N E PA SI LI N TA A N LE I O NE 0 Tabella n. 2. Percentuali degli operatori economici che hanno o non hanno compilato il questionario. QUARTIERE COMPILA NON COMPILA Giampilieri 42,85% 57,14% S. Stefano 37,5% 62,5% Normanno 37,5% 62,5% Della Calispera 44,44% 55,55% Castel Gonzaga 72,22% 27,77% Gazzi 68,18% 31,81% Mata e Grifone 76,92% 27,27% Dina e Clarenza 73,17% 26,82% S. Leone 64% 36% S. Salvatore Dei Greci 85,71% 14,28% Peloro 86,66% 13,33% 51
  • 52. Montemare 100% Dei Basiliani 66,66% 33,33% San Pantaleone 87,5 12,5 ESTORSIONE: LA PERCEZIONE DEGLI INTERVISTATI Grafico 4. E’ mai venuto a conoscenza di casi di pressioni o intimidazioni mafiose realizzate contro terzi? 60 47,79 50 40 30 24,52 22,64 20 10 5,03 0 SI NO NON SO 52 NON RISPONDE
  • 53. Grafico 5. E’ mai venuto a conoscenza di casi di pressioni o intimidazioni mafiose realizzate contro terzi? Risposte suddivise per attività economiche 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 Ali Ab Cos Ca A-M Sa SI 26,31 18,18 25 22,22 38,46 25 Ta Altro N.R. NO 39,47 68,18 50 55,55 15,38 58,33 80 43,24 50 NON SO-NON RISPONDE 34,21 13,63 25 22,21 46,15 16,66 20 24,32 50 32,43 Ali= Alimentari (la voce si riferisce ai negozi di generi alimentari, ai bar, ai ristoranti ed alle rosticcerie) Ab= Abbigliamento ed accessori Cos= Costruzione e impianti Ca= Casa (nella categoria sono incluse tutte le attività volte alla vendita di oggetti per l’arredamento, di casalinghi ed elettrodomestici) A-M= Auto-Moto (si riferisce alle attività dedite alla riparazione di auto e moto ed alla vendita dei relativi accessori) Sa= Salute (comprende le farmacie, le sanitarie e le erboristerie) Ta= Tabacchi 53
  • 54. Grafico 6. Dall’ultima ricerca svolta dal Censis risulta che Messina è una delle città meridionali in cui è più diffusa l’estorsione. Lei è d’accordo? 50 45,28 45 40 37,73 35 30 25 20 11,95 15 10 5,03 5 0 AFFATTO-POCO ABBASTANZA-MOLTO NON SO NON RISPONDE Grafico 7. Dall’ultima ricerca svolta dal Censis risulta che Messina è una delle città meridionali in cui è più diffusa l’estorsione. Lei è d’accordo? Risposte suddivise per aree geografiche 70 60 50 40 30 20 10 0 NORD CENTRO SUD AFFATTO-POCO 29,16 46,05 31,42 ABBASTANZA-MOLTO 58,33 28,94 62,85 NON SO-NON RISPONDE 12,5 25 5,71 54
  • 55. Grafico 8. Dall’ultima ricerca svolta dal Censis risulta che Messina è una delle città meridionali in cui è più diffusa l’estorsione. Lei è d’accordo? Risposte suddivise per attività economiche 70 60 50 40 30 20 10 0 Ali Ab Cos Ca A-M Sa Ta Altro AFFATTO-POCO 28,94 50 50 27,77 30,77 16,66 20 51,35 N.R. 50 ABBASTANZA-MOLTO 52,63 22,72 50 50 61,53 58,33 60 40,54 30 NON SO-NON RISPONDE 18,42 27,27 22,22 7,69 25 20 8,1 20 Ali= Alimentari (la voce si riferisce ai negozi di generi alimentari, ai bar, ai ristoranti ed alle rosticcerie) Ab= Abbigliamento ed accessori Cos= Costruzione e impianti Ca= Casa (nella categoria sono incluse tutte le attività volte alla vendita di oggetti per l’arredamento, di casalinghi ed elettrodomestici) A-M= Auto-Moto (si riferisce alle attività dedite alla riparazione di auto e moto ed alla vendita dei relativi accessori) Sa= Salute (comprende le farmacie, le sanitarie e le erboristerie) Ta= Tabacchi 55
  • 56. Grafico 9. Eventuali fenomeni estorsivi in città, a suo giudizio, sono riconducibili a: 37,1 40 35 30 25 20 15 10 5 0 26,41 13,2 11,95 E R IS PO N D SO N O N I M IS T TI ER E AR N O N IQ U D E LL A D C EN TI R IM IN IS O AL IT A ' LA TI 0,63 BA N AF FI LI AT IA D EL IN Q U 10,69 Grafico 10. Eventuali fenomeni estorsivi in città, a suo giudizio, sono riconducibili a: Risposte suddivise per numero dipendenti 60 50 40 30 20 10 0 DA 1 A 15 DELINQUENTI ISOLATI 11,66 15,38 AFFILIATI ALLA CRIMINALITA' 31,66 38,46 55,55 41,66 25 26,92 22,22 33,33 MISTI 23,33 5,12 11,11 NON SO-NON RISPONDE 8,33 14,1 11,11 BANDE DI QUARTIERE 56 DA 16 IN SU NON DICHIARA 0 dip. 16,66 8,33
  • 57. USURA: LA PERCEZIONE DEGLI INTERVISTATI Grafico 11. Dall’ultima ricerca svolta dal Censis risulta che Messina è una delle città meridionali in cui ancora oggi esistono casi d’usura. E’ d’accordo? 60 55,97 50 40 30 23,27 20,75 20 10 0 AFFATTO-POCO ABBASTANZA-MOLTO 57 NON SO- NON RISPONDE
  • 58. Grafico 12. Dall’ultima ricerca svolta dal Censis risulta che Messina è una delle città meridionali in cui ancora oggi esistono casi d’usura. E’ d’accordo? Risposte suddivise per aree geografiche 70 60 50 40 30 20 10 0 NORD CENTRO SUD AFFATTO-POCO 18,75 23,68 28,57 ABBASTANZA-MOLTO 62,5 48,68 62,85 NON SO-NON RISPONDE 18,75 27,63 8,57 Grafico 13. Eventuali fenomeni d’usura in città, a suo giudizio, sono riconducibili a: 30 27,67 25 27,04 22,01 19,49 20 15 10 3,77 5 0 AFFILIATI ALLA CRIMINALITA' SOGGETTI INSOSPETTABILI PROFESSIONISTI DEL RAMO FINANZIARIO 58 MISTI NON SO-NON RISPONDE
  • 59. Grafico 14. Eventuali fenomeni d’usura in città, a suo giudizio, sono riconducibili a: Risposte suddivise per aree geografiche 60 50 40 30 20 10 0 NORD CENTRO SUD AFFILIATI ALLA CRIMINALITA' 20,83 19,73 54,28 SOGGETTI INSOSPETTABILI 18,75 25 20 PROFESSIONISTI DEL RAMO FINANZIARIO 6,25 2,63 2,85 MISTI 39,58 23,68 17,14 NON SO-NON RISPONDE 14,58 28,94 5,71 59
  • 60. Grafico 15. Eventuali fenomeni d’usura in città, a suo giudizio, sono riconducibili a: Risposte suddivise per numero dipendenti 50 45 40 35 30 25 20 15 10 5 0 0 dip. DA 1 A 15 DA 16 IN SU NON DICHIARA 20 32,05 44,44 25 SOGGETTI INSOSPETTABILI 23,33 23,07 33,33 PROFESSIONISTI DEL RAMO FINANZIARIO 6,66 1,28 AFFILIATI ALLA CRIMINALITA' 8,33 MISTI 35 20,51 11,11 41,66 NON SO-NON RISPONDE 15 23,07 11,11 25 60
  • 61. GLI OPERATORI ECONOMICI MESSINESI E IL SISTEMA BANCARIO Grafico 16. Trova che il sistema bancario offra un valido sostegno alle attività imprenditoriali? 4% 12% AFFATTO-POCO ABBASTANZA-MOLTO NON RISPONDE 84% Grafico 17. In caso di difficoltà economiche esistono valide alternative al sistema bancario? 4% 8% 26% SI NO NON SO NON RISPONDE 62% 61
  • 62. Grafico 18. Alternative al prestito bancario, indicate dagli intervistati: 4% 1% FINANZIARIE E FAMIGLIA ALTRO NON RISPONDE 95% 62
  • 63. LEGISLAZIONE E ASSOCIAZIONISMO ANTIRACKET ED ANTIUSURA. Grafico 19. E’ stato adeguatamente informato sui contenuti del Fondo di Prevenzione a favore dei soggetti a rischio d’usura (Legge 108/96)? 8,17 NON RISPONDE 79,87 NO 11,95 SI 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 Grafico 20. Ritiene che la legge 23 febbraio 1999, n. 44 (Fondo di Solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e per le vittime dell’usura) sia un valido sostegno per la realtà imprenditoriale? NON RISPONDE-NON SO 33,33 NON SONO A CONOSCENZA DELLA LEGGE 23,27 20,75 NO 22,64 SI 0 5 10 15 63 20 25 30 35
  • 64. Grafico 21. Ritiene che le associazioni antiracket ed antiusura siano un valido sostegno per gli operatori economici messinesi? NON SO-NON RISPONDE 8,8 NON NE CONOSCO L'ESISTENZA 22,01 ABBASTANZA-MOLTO 21,38 AFFATTO-POCO 47,79 0 10 20 64 30 40 50 60
  • 65. GLI OPERATORI ECONOMICI E LA LORO PERCEZIONE DELLA SICUREZZA NELLA CITTA’ DI MESSINA. Grafico 22. Si sente tutelato dallo Stato e dalle sue istituzioni? 5% 11% AFFATTO-POCO ABBASTANZA-MOLTO NON SO-NON RISPONDE 84% Grafico 23. Ritiene che la giustizia offra valide garanzie in termini di tutela? 4% 16% AFFATTO-POCO ABBASTANZA-MOLTO NON SO-NON RISPONDE 80% 65
  • 66. Grafico 24. Ritiene che le forze dell’ordine siano in grado di garantire il normale svolgimento della sua attività? 13% AFFATTO-POCO ABBASTANZA-MOLTO 28% NON SO-NON RISPONDE 59% 66