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PHARMACEUTICAL CARE:
SFIDA PER LA FARMACIA
DEL FUTURO
Giancarlo Nadin
INSIEME PER LA SALUTE DEL CITTADINO
Giancarlo Nadin
PHARMACEUTICAL CARE:
SFIDA PER LA FARMACIA
DEL FUTURO
2
PREFAZIONE
Il Pharmaceutical Care (PhC), una forma evoluta di assistenza
farmaceutica basata sul ruolo centrale della farmacia nel
monitoraggio delle terapie croniche, è ormai un modello di
riferimento per le farmacie italiane, come per quelle di molti altri
Paesi europei. Infatti, proprio la presa in carico dei pazienti cronici
da parte della farmacia, con l’obiettivo di migliorare i risultati
terapeutici e garantire la compliance, è uno degli strumenti
essenziali per garantire la sostenibilità del sistema, valorizzando il
ruolo professionale della farmacia.
Per questo motivo, nel 2013 Federfarma ha deciso di aderire
al PCNE, Pharmaceutical Care Network Europe, collaborando alla
realizzazione della ricerca condotta a livello europeo sul grado di
attuazione del PhC e sulla Farmacia dei servizi, estensione italiana
del modello di farmacia impegnata nell’assistenza mirata al singolo
paziente e a garantire, oltre alla dispensazione del farmaco, una
serie di prestazioni aggiuntive utili al cittadino e al sistema.
Questa pubblicazione illustra i risultati della ricerca condotta
nel nostro Paese dal prof. Giancarlo Nadin, docente di marketing
all’Università Cattolica di Milano, con il supporto incondizionato
di GSK, un’azienda con la quale Federfarma ha avviato un
percorso di collaborazione, nato dalla condivisione di alcuni
principi di fondo: il farmaco è un bene essenziale per la collettività
e va adeguatamente valorizzato, la farmacia è un presidio
fondamentale del sistema, impegnata da sempre a garantire una
sicura e appropriata dispensazione del farmaco e il suo corretto
utilizzo e ora impegnata anche sul fronte dell’erogazione di nuovi
servizi alla popolazione.
La ricerca ha realizzato una fotografia della situazione italiana,
con l’obiettivo di analizzare come i farmacisti stiano affrontando
3
le tematiche del PhC, come cioè i nostri colleghi si comportino
quando devono confrontarsi con le problematiche poste da un
malato cronico che ha bisogno di essere seguito e monitorato
nel proprio percorso terapeutico. Un lavoro, quindi, che diventa
propedeutico alla “Farmacia dei servizi”, per predisporci
all’innovazione e capire come affrontare le nuove sfide che la
società ci richiede.
Questi dati hanno costituito un punto di partenza per delineare
un percorso di rilancio della farmacia italiana a partire da un’analisi
delle esperienze innovative, ma anche dei punti deboli, e da un
confronto con gli altri Paesi europei, nei quali si stanno sviluppando
iniziative e progetti sul fronte del Pharmaceutical Care. Su tale
base Federfarma ha disegnato un progetto di sviluppo che punta a
mettere le farmacie in grado di fornire alla popolazione, su tutto il
territorio nazionale, un nucleo base di nuovi servizi di alta valenza
sociale e sanitaria, che valorizzino il contributo professionale della
farmacia soprattutto sul fronte del monitoraggio e dell’aderenza
alle terapie. In quest’ottica le piattaforme informatiche predisposte
da Promofarma sono un importante strumento operativo a
disposizione di tutti i Colleghi.
Il presente lavoro, quindi, non è una delle tante ricerche che poi,
una volta presentate, restano nel cassetto, ma costituisce una base
documentale su cui costruire la farmacia di domani. Per questo
invito tutti i Colleghi a leggere con attenzione questa pubblicazione
e a fare tesoro delle tante utili indicazioni che emergono.
Buona lettura, e buon lavoro a tutti.
Annarosa Racca
Presidente di Federfarma
4
INDICE
Prefazione
1. Pharmaceutical Care e coinvolgimento della farmacia nelle cure primarie	
		
Definizione e ambiti di azione del Pharmaceutical Care
Prospettiva internazionale del Pharmaceutical Care
Il ruolo della farmacia territoriale nelle cure primarie
2. Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia 			
			
Il modello di funzionamento del Pharmaceutical Care
La gestione dei problemi farmaco-correlatati (DRP)
La presa in carico dei nuovi pazienti
Mantenimento della relazione con i pazienti già assistiti
Gli atteggiamenti nei confronti dei servizi
Struttura, organizzazione e processi
Collaborazione interdisciplinare
3. Approcci diversi al Pharmaceutical Care	 			
			
Una vista di insieme
Segmentazione delle farmacie in base al PhC
Il profilo dei tre segmenti di farmacie (condizioni oggettive)
4. L’evoluzione del Pharmaceutical Care in Europa			
		
Numerosi i progetti elaborati
Il profilo dei rispondenti a confronto
Comportamento in tema di Pharmaceutical Care
Evoluzione del Pharmaceutical Care nel corso del tempo
5. Considerazioni conclusive e uno sguardo al futuro della farmacia		
		
Riflessioni in tema di Pharmaceutical Care
Traiettoria evolutiva per una farmacia dei servizi
Protocollo d’intesa
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5
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123
125
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131
136
136
139
142
5
PHARMACEUTICAL CARE
E COINVOLGIMENTO DELLA FARMACIA
NELLE CURE PRIMARIE
Definizione e ambiti di azione
del Pharmaceutical Care
Il concetto di Pharmaceutical Care viene definito come: “Il servizio
di supporto professionale alla corretta ed efficace assunzione del-
la terapia farmacologica al fine di conseguire risultati che migliora-
no la qualità di vita di un paziente”. Questa definizione è stata data
da Hepler e Strand, due accademici rispettivamente appartenenti
all’University of Florida e all’University of Minnesota nei primi anni
Novanta (cfr. Hepler CD, Strand LM.; “Opportunities and responsibi-
lities in pharmaceutical care”. Am J Hosp Pharm. 1990; 47:533–43).
Secondo essa il PhC (Pharmaceutical Care) coinvolge non soltanto
la dispensazione della terapia farmacologica, ma anche il supporto,
il consulto e il servizio di controllo ai pazienti per un uso corretto ed
efficace della terapia farmacologica, soprattutto per coloro che sono
affetti da patologie croniche, magari anche multiple, e che prevedo-
no quindi multi-trattamenti farmacologici.
Un aspetto che caratterizza l’approccio PhC è la messa a punto di
un programma personalizzato di follow-up del paziente, finalizzato a
monitorare l’iter della terapia e il conseguimento dei risultati definiti
e attesi (per esempio la riduzione o eliminazione dei sintomi di uno
stato di malessere). Un programma di PhC dovrebbe, quindi, inclu-
dere:
•	 consulto del paziente per valutare sia l’effettiva comprensione
e capacità di rispettare la terapia farmacologica, sia per iden-
tificare eventuali esigenze e peculiarità nel trattamento farma-
cologico;
•	 valutazione della terapia farmacologica assegnata, per indivi-
duare potenziali problemi legati all’assunzione farmacologica
(per esempio, effetti collaterali, interazione di più farmaci, limi-
6
Pharmaceutical Care e coinvolgimento della farmacia nelle cure primarie
ANALISI DELLO STATO
DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA
tata aderenza e compliance del paziente);
•	 messa a punto di un piano di monitoraggio, per assicurare che
gli obiettivi terapeutici siano raggiunti e verificare l’insorgere
di eventuali complicanze, in tema d’interazione tra farmaci;
•	 educazione del paziente sul suo stato di salute, gestione della
patologia e, in generale, di iniziative per la promozione della
salute della cittadinanza;
•	 collaborazione tra farmacisti e altri operatori sanitari (medici di
medicina generale, specialisti, infermieri, ecc.), per prevenire,
identificare e risolvere problemi legati all’assunzione del far-
maco e alla salute del paziente.
L’essenza del PhC, quindi, consiste nello spostare l’attenzione
dalla semplice consegna del farmaco alla sistematica e organizzata
erogazione di un servizio d’assistenza, per una corretta fruizione del-
la terapia farmacologica e il raggiungimento degli obiettivi di cura.
Così farmacia e farmacista diventano maggiormente responsabiliz-
zati sul risultato della terapia, ma non si sostituiscono al medico, nè
di base nè specialista, ma si integrano assumendo un ruolo specifico
nella rete dei servizi al paziente, contestualizzando in modo più mar-
cato il proprio ruolo fondamentale nel Ssn.
Sulla scorta di questa definizione si è creata nel tempo una speci-
fica teoria, che fa ritenere il PhC disciplina propriamente applicabile
nelle farmacie di comunità. Nel 1994, infatti, viene fondato il PCNE,
un’organizzazione con lo scopo precipuo di diffondere in Europa la
disciplina del PhC. Il nome stesso del gruppo -composto da ricerca-
tori, accademici e farmacisti professionisti- è l’acronimo di Pharma-
ceutical Care Network Europe (vedi www.PCNE.org).
Anche il PCNE, che è incentrato esclusivamente sui temi del PhC
nelle farmacie di comunità, ha consolidato nel tempo proprie prassi
operative, sintesi dell’esperienza compiuta nei vari Paesi membri. La
stessa definizione di PhC, frutto di una visione maturata in più Paesi,
è stata rivista nel 2013 da questo gruppo di ricerca: Kurt E. Her-
sberger (Svizzera), Nina Griese-Mammen (Germania), Maria Cordina
(Malta), Mary P. Tully (Regno Unito), Veerle Foulon (Belgio), Charlotte
Rossing (Danimarca), Foppe J.W. van Mil (Olanda). Eccola:
7
Il PhC è il contributo del
farmacista all’assistenza e la
cura dei pazienti presi nella
loro individualità, al fine di
ottimizzare l’assunzione dei
farmaci e migliorare il loro
stato di salute.
Questa definizione enfatizza alcuni punti decisivi per la farmacia:
1.	 La centralità del farmacista, e soprattutto della farmacia di co-
munità: per il PCNE il PhC è prioritariamente affidato al farma-
cista, perché in possesso della parte critica di conoscenze e
competenze: chimica e cinetica del farmaco.
2.	 Questo non deve indurre a pensare che il PhC sia soltanto del
farmacista, perché è un gioco di squadra, che implica la col-
laborazione tra le diverse professionalità. Ergo, la farmacia è
chiamata a instaurare un dialogo continuo con gli altri opera-
tori della salute.
3.	 Centro di questa attività è la cura e l’assistenza degli individui
presi singolarmente: uno alla volta. Ciò implica che il lavoro del
PhC si sostanzia in piani d’intervento diretti e specifici per sin-
goli pazienti. Il farmaco è un bene standard, soprattutto quan-
do prodotto in serie dall’industria, mentre il PhC è sempre e
solo personalizzato. Quindi, può includere le attività di edu-
cazione, informazione e counselling erogate al banco durante
la consegna del farmaco, ma non è da confondere con esse,
perché qui non è richiesta la conoscenza e il rapporto con il
singolo paziente.
4.	 Ottimizzare l’assunzione del farmaco è un punto fermo del
PhC. La personalizzazione del rapporto di cui abbiamo parlato
al punto precedente, infatti, induce il farmacista a indagare
non soltanto su temi strettamente connessi alla terapia del
paziente, ma anche sulle sue stesse condizioni (stile di vita,
abitudini alimentari, comportamenti e atteggiamenti rispetto
8
Pharmaceutical Care e coinvolgimento della farmacia nelle cure primarie
ANALISI DELLO STATO
DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA
al concetto di salute), tali da generare i cosiddetti problemi
farmaco-correlati. Questa ottimizzazione deve, quindi, essere
ricercata proprio nella riduzione o eliminazione dei problemi
farmaco-correlati.
Vediamo quindi come il farmacista, che adotta un approccio PhC,
è in grado d’affrontare i problemi farmaco-correlati. “Problemi far-
maco-correlati: pietra miliare del PhC”: così titola un articolo di Fop-
pe van Mil (comitato scientifico del PCNE), pubblicato sul “Journal of
the Malta College of Pharmacy Practice” nel 2005.
La gestione dei problemi farmaco-correlati è, infatti, il cuore del
PhC, perché proprio da questi “problemi” può ingenerarsi il suo fal-
limento, ovvero la non ottimizzazione dell’uso dei farmaci, o il peg-
gioramento della qualità di vita del paziente. Le fonti dei problemi
farmaco-correlati possono essere rintracciate in tre fattispecie, come
evidenziato in figura 1.1:
Fig. 1.1 – Fonti dei problemi farmaco-correlati
Si potrebbe pensare che il PhC focalizzi l’attenzione sui problemi
che si originano in farmacia, cioè sostanzialmente sulla dispensazione
(vedi figura 1.1), perché gli altri, perlomeno quelli connessi con i pro-
blemi prescrittivi, dovrebbero essere analizzati altrove(per esempio,
nell’ambito medicale). In realtà l’ambito d’azione del PhC si estende
su tutti e tre i livelli (medicina, farmacia e paziente). La disciplina del
PhC sostanzialmente entra in azione proprio nella terza fase, cioè
quella che vede una forte interazione con il paziente. Questa fase
temporalmente è l’ultima delle tre e, quindi, vede riuniti gli effet-
ti (positivi e negativi) anche delle prime due. Cioè il PhC intervie-
ne nella valutazione e verifica degli effetti integrati e sinergici dei
tre processi governati da soggetti diversi, ma comunque impattanti
sull’outcome terapeutico e sulla salute del paziente (crf fig. 1.1).
Ma allora, ci si potrebbe chiedere, perché proprio il farmacista è
9
chiamato a governare questo processo che travalica i confini del suo
operato (fase della dispensazione)? Perché è colui che, a valle, vede
l’intero processo (integrato nelle tre componenti), perché possiede
competenze sul farmaco e sul paziente e, infine, perché ha modo di
frequentare il paziente più di quanto facciano le altre professioni. Si
stima, infatti, che il farmacista, proprio per il servizio di consegna del
farmaco, abbia la possibilità d’incontrare il paziente ben sei volte più
del medico curante.
I problemi farmaco-correlati possono ulteriormente essere classi-
ficati come reali e manifesti, cioè tali da influenzare il risultato della
terapia, oppure potenziali, cioè problemi non ancora manifesti, ma
che possono impattare negativamente sui risultati terapeutici. Qui il
farmacista è chiamato a valutare le probabilità di rischio e il possibile
impatto e, di conseguenza, capire come limitarne gli effetti.
Infine, i Problemi farmaco-correlati possono essere evitabili e ine-
vitabili. Fra questi ultimi, van Mil cita per esempio la nausea, quale
effetto collaterale nell’assunzione di farmaci oncologici o nelle inte-
razioni tra terapie anti Aids. Che si tratti di problemi evitabili o inevi-
tabili, comunque sia, il farmacista che si ispira al PhC è tenuto a com-
piere le dovute indagini, affinché sia minimizzato l’impatto negativo
sullo stato di salute del paziente. E questo, proprio in ossequio alla
definizione di PhC prima data.
In sostanza, il PhC mette il farmacista e la farmacia territoriale al
centro di questo processo, dando grande risalto al suo ruolo. Ma,
al contempo, responsabilizzandolo maggiormente rispetto ai livelli
connessi alla dispensazione del farmaco.
Prospettiva internazionale
del Pharmaceutical Care
Proprio in virtù di questa rilettura del ruolo della farmacia territoria-
le nell’ambito delle cure primarie, e della sua centralità nella gestio-
ne dei problemi farmaco-correlati o nel supporto per una maggiore
aderenza del paziente cronico, sono stati ovunque attivati progetti e
programmi per un suo maggiore coinvolgimento nel processo delle
cure primarie. La figura 1.2 mette in evidenzia una serie di iniziative
sperimentate in vari Paesi e Continenti, più o meno convergenti con
10
Pharmaceutical Care e coinvolgimento della farmacia nelle cure primarie
ANALISI DELLO STATO
DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA
Fig. 1.2 – Esperienze di programmi e progetti per sviluppare il PhC
la nozione di PhC prima delineata.
Le esperienze che si sono susseguite nel tempo per mettere in atto
la disciplina del PhC sono svariate e presentano anche obiettivi diver-
si. Nessuno di essi, però, riesce a coprire in maniera compiuta l’inte-
ro corpo teorico del PhC. Per esempio, il patient counseling, nato
intorno alla fine degli anni ’80, è un primo passo di avvicinamento al
PhC, ma da esso differerisce in quanto non è finalizzato ad assistere
in via continuativa il paziente cronico, occupandosi prioritariamente
di rimuovere i vincoli che ostacolano una piena comprensione delle
informazioni sul farmaco e sulla sua assunzione.
Esistono svariate iniziative per mettere in piedi programmi per
l’assistenza di pazienti con specifiche patologie, tipo il diabete. Que-
ste vanno classificate con il nome di Disease management, e sono
più particolareggiate rispetto al patient counselling, in quanto non si
limitano a fornire una base conoscitiva condivisa con il paziente, ma
offrono invece il supporto assistenziale continuativo (prevedono, per
esempio, la programmazione degli interventi attraverso il follow-up).
Il desease management, comunque sia, non copre l’intero spettro
11
del PhC, in quanto si concetra su una patologia, quindi con parziale
copertura delle problematiche generali, senza specifici approcci ver-
so pazienti con più morbilità e, quindi, multitrattati.
Ha invece l’obiettivo di coprire in maniera totale tutte le proble-
matiche e la patologie del paziente il Comprehensive Medication
Review. Nato nei Paesi nord europei è un progetto portato avanti
proprio per assicurare assistenza a coloro che sono politrattati (cin-
que terapie concomitanti, che possono comportare l’assunzione
quotidiana di 15-20 pillole).
L’Home Medication Review è un programma sviluppatosi in Au-
stralia, per assicurare l’assistenza in chiave PhC a pazienti che non
possono muoversi da casa.
Il Medication Therapy Management è nato negli USA, per as-
sistere in farmacia pazienti privi di copertura assicurativa, che non
potevano ottenere i servizi sanitari a pagamento. Assomiglia mol-
to al PhC in quanto ha come scopo quello di assistere il paziente
nell’assunzione delle terapie e migliorare l’outcome terapeutico. Si
fonda su alcuni punti essensiali: la revisione della terapia; la stesura
di un fascicolo del paziente con tutte le informazioni cliniche; il pia-
no di azione che prevede l’intervento del farmacista e il possibile
deferimento al medico; il programma di follow-up per assicurare la
continuità assistenziale.
Medicines Use Review è un programma sviluppatosi nel Regno
Unito dal 2005 e voluto dal NHS (Servizio sanitario nazionale), con
lo scopo di verificare le condizioni di consapevolezza del paziente
in tema di assunzione dei farmaci. Si fonda sui seguenti elementi:
revisione delle terapie a opera di farmacista e paziente, finalizzata
a valutare lo stato di consapevolezza del paziente e a identificare
potenziali sovrapposizioni di farmaci; offrire informazioni al paziente
su un uso più corretto del farmaco; presentare al paziente potenziali
rischi causati da un uso improprio del farmaco, quali effetti collatera-
li, interazioni farmaco su farmaco, ecc.
Una valutazione, compiuta nel biennio 2011-12, informa che a
questo programma hanno aderito circa 8 mila farmacie, con una co-
pertura di più di 2 milioni di casi applicativi e con un costo di 68 mi-
lioni di sterline per il NHS. Si stima che il costo nazionale del farmaco
non correttamente impiegato ammonti a circa 300 milioni di sterline
12
Pharmaceutical Care e coinvolgimento della farmacia nelle cure primarie
ANALISI DELLO STATO
DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA
l’anno; perdita secca di valore che, in parte, può essere ridimensio-
nata per effetto di progetti e interventi quali il MUR.
Esistono progetti pilota di applicazione di questo programma
anche in Italia. Qualcosa di simile esiste anche nella vicina Svizzera,
dove hanno coniato il termine Polimedication Check, proprio a te-
stimoniare come questo sforzo d’affiancare il paziente nella guida a
un uso corretto del farmaco abbia maggior importanza proprio nei
pazienti multitrattati (Polimedication).
In sintesi, esistono diverse esperienze compiute nel vecchio Con-
tinente, oltreoceano e fino nell’emisfero australe, tendenti a confer-
mare l’importanza di coinvolgere la farmacia nel percorso delle cure
primarie, e spingerla a favorire il corretto impiego dei farmaci da
parte dei pazienti.
Proprio in ragione di queste esperienze e dell’attenzione da parte
del PCNE ad assumere il ruolo di centro di ricerca, nonché magne-
te delle esperienze europee, la presidenza di Federfama ha ritenuto
nel 2012 di dare seguito alla richiesta di partecipazione dell’Italia al
gruppo di ricerca. Questa partecipazione, che a oggi è assicurata
dall’estensore del presente manuale, ha due scopi.
1.	 Informare e rendere noto al centro di ricerca le iniziative e lo
stato dell’arte dei servizi in farmacia in Italia.
2.	 Accedere a esperienze, programmi e progetti sviluppati negli
altri Paesi, come spunto per riflessioni e iniziative all’interno
dei nostri confini.
Durante il 2013 si è così dato corso al primo programma di lavoro
in comune con il PCNE. Si è trattato di un progetto di ricerca per
valutare l’applicazione nei Paesi UE delle logiche e della pratica PhC
nelle singole farmacie. A questo programma di ricerca hanno aderito
13 Paesi, fra cui l’Italia, collezionando complessivamente un campio-
ne di più di 5.000 risposte, di cui 822 in Italia.
Nel prossimo capitolo analizzeremo nel dettaglio la struttura di
questa ricerca, fondata sugli elementi della disciplina del PhC, e
avremo così modo di posizionare l’Italia nel modello PhC e, insieme,
di confrontarla con la farmacia europea.
13
Il ruolo della farmacia territoriale
nelle cure primarie
La volontà di approfondire in Italia la conoscenza sulla PhC non è,
naturalmente, fine a se stessa, ma va interpretata come la necessità
di capire -e dotarsi di strumenti forti- per affrontare con successo lo
sviluppo della farmacia, intesa come attore importante nel quadro
delle cure primarie. Da più parti, infatti, si avverte l’esigenza di rior-
ganizzarle, dopo che hanno raggiunto livelli ragguardevoli di spesa,
addirittura al di sopra della spesa secondaria.
Alcuni affermano che il futuro delle politiche sanitarie è proprio
da ricercare nelle cure primarie. Tale riorganizzazione in parte è già
in atto, e prende spunto dalla cosiddetta “sanità di iniziativa”, dove
gli operatori della salute -in primis il medico territoriale- si attivano
per la presa in carico del paziente cronico, assicurando un program-
ma di continuità assistenziale. E dove anche lo specialista è al servi-
zio dei percorsi diagnostici e di cura, e collabora con la medicina di
base. Insomma, riorganizzazione e rinforzo nella logica del gioco di
squadra, partendo dal principio che proprio nel servizio territoriale si
può ridurre all’essenziale il coinvolgimento, assai costoso, delle strut-
ture. Peraltro, molti progetti sperimentali vanno proprio in questa
direzione (assistenza integrata 24 ore al giorno, modelli territoriali di
Chronic Care, Creg in Lombardia, strutture di comunità, Case della
salute, e così via).
E la farmacia, che ruolo gioca in questo scenario? La farmacia di
comunità, per sua definizione, è territoriale, cioè ancorata nel tes-
suto sociale. Lo dimostrano le svariate ricerche che mettono in luce
la fiducia che il cittadino riversa appunto nella figura del farmacista,
quale professionista capace di offrire un aiuto, un supporto.
Questo però non è sufficiente. Occorre che la farmacia di comu-
nità sappia interagire in maniera sistematica con le altre professioni
sanitarie, dimostri di saper prendersi in carico il paziente, in quel pro-
gramma di sanità d’iniziativa accennato prima. Come dice l’attuale
presidente di Federfarma, Annarosa Racca, va auspicata una farma-
cia sempre più attiva, per portare l’aderenza media del paziente alle
terapie dal 40% a un potenziale 70%, con benefici per il paziente
stesso e tutta la collettività. Impegno questo che, pur se in un con-
14
Pharmaceutical Care e coinvolgimento della farmacia nelle cure primarie
testo non facile, può essere alla portata delle farmacie, perché di-
spongono di competenze specifiche complementari a quelle delle
altre professionalità sanitarie. Per esempio, proprio in una logica di
Chronic Care model, la farmacia trova un suo collocamento ideale
forte e unico come rappresentato da figura 1.3.
INFERMIERISTICA
Assiste il paziente
FARMACIA
Dispensa, amministra
e controlla la terapia
MMG
Gestisce il paziente
e il PDTA e PAI
SPECIALISTA
Definisce il PDTA,
gestisce la patologia
Fig. 1..3 - Il modello di Chronic Care e il ruolo della farmacia
Qui il gioco di squadra è vincente: assicurare continuità assisten-
ziale ai pazienti cronici significa definire un Piano Diagnostico Tera-
peutico Assistenziale e personalizzarlo per ogni paziente arruolato
nel programma. Il PAI (Piano Assistenziale Individuale), documento
che individua il percorso specifico per il singolo paziente, guida gli
operatori che lo accompagnano. La farmacia in questo scenario può
attivarsi ben oltre quello che oggi realizza, ovvero la consegna del
farmaco accompagnato da informazioni sull’uso.
Grazie alle competenze distintive che possiede in tema di chimica
del farmaco, di farmacologia, di cinetica della terapia sull’individuo,
può aiutare il paziente e il medico ad assicurare una corretta ammi-
nistrazione della terapia. Può così favorire una maggiore aderenza
del paziente e può intercettare e cercare di rimediare a eventuali
problemi farmaco-correlati. In sintesi, può attivarsi profittevolmente
nel mettere in pratica la disciplina del PhC.
15
ANALISI DELLO STATO
DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA
L’essenza del Pharmaceutical Care consiste nello spostare l’atten-
zione dalla semplice consegna del farmaco al paziente, alla sistema-
tica e organizzata erogazione di un servizio di assistenza, per fruire
di una corretta terapia farmacologica e raggiungere gli obiettivi di
cura. Così la farmacia e il farmacista partecipano responsabilmente
al risultato della cura, pur non sostituendosi né alla medicina di base,
né a quella specialistica, ma integrandosi con esse e assumendo un
ruolo nella rete di servizi al paziente, al cittadino e contestualizzando
in maniera più marcata il proprio ruolo fondamentale nel Ssn.
A ben vedere, quanto qui affermato forse non rappresenta nulla
di nuovo nel panorama dell’operatività della farmacia. Quotidiana-
mente, infatti, i 18 mila presidi territoriali che schierano complessi-
vamente qualcosa come 60 mila (fonte sito Federfarma) farmacisti
al servizio della cittadinanza, già operano nella direzione di aiutare
e assistere pazienti, cittadini nonché clienti. I risultati della ricerca
dimostrano, infatti, la disponibilità e le risorse che le farmacie metto-
no in campo per informare i pazienti e supportarli per una migliore
conoscenza del farmaco. Chi più, chi meno, si rende disponibile ad
aiutare anche da un punto di vista umano quanti, a volte visibilmente,
soffrono e richiedono appunto aiuto e ascolto da parte dei farmacisti.
Sotto questo punto di vista il PhC fa già parte dell’attività quotidiana
dei farmacisti e in questo senso dovrebbe trovare piena applicazione,
anche se nella pratica comune non viene chiamato in questo modo o
ancor più non viene riconosciuto come disciplina autonoma.
In realtà, a questa visione ottimistica se ne deve affiancare una più
realistica. Il modello di funzionamento delle nostre farmacie si basa
sulla dispensazione del farmaco e privilegia, correttamente, la veloci-
tà di evasione delle richieste del paziente, siano esse dietro prescri-
zione o su istanza volontaria (scontrino). Questo purtroppo potrebbe
voler dire in molti casi carenza di tempo da dedicare all’assistenza dei
pazienti più bisognosi, proprio perché il ritmo del lavoro in farmacia
è dettato dalla “coda” di clienti che si presentano al banco e che
16
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia
ANALISI DELLO STATO
DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA
devono essere serviti.
Facendo un’associazione di pensiero, anche un po’ provocatoria, po-
tremmo dire che la condizione di massima applicazione del PhC sareb-
be da ricercare in un modello di funzionamento “ambulatoriale” della
farmacia; cioè qualcosa che non esiste e probabilmente non esisterà
mai, proprio perché la farmacia muove il suo funzionamento attorno al
“banco” e trova giustificazione economica nello scambio di farmaci e
prodotti e non nell’erogazione di servizi, come un ambulatorio medico
che, se privato, è remunerato da tariffe di servizio professionale.
Come spiegheremo meglio di seguito, l’applicazione della disci-
plina di PhC in farmacia è un compromesso tra una gestione della
farmacia da banco e una farmacia capace di accogliere il paziente,
per esempio cronico, e supportarlo con un percorso di continuità
assistenziale. Ciò non vuol dire -come evidenziato dalla figura 2.1-
riorganizzare la farmacia come un “ambulatorio medico”, ma creare
le condizioni per assistere in via continuativa i pazienti e al contempo
servire le richieste veloci al banco. Il servizio di dispensa al banco,
comprensivo di consulto, aiuto e rilascio di informazioni potrebbe
non essere sufficiente per taluni pazienti problematici, e in molti casi
purtroppo potrebbe offrire un livello di assistenza estemporanea, o
non sistematica, proprio perché il lavoro segue il ritmo della conse-
gna al banco, e mal si concilia con le esigenze di pazienti critici che
necessitano di supporto.
Fig. 2.1 – Modelli di farmacia a confronto
17
In definitiva, il PhC è una disciplina che è parte naturale della pro-
fessione del farmacista; purtroppo essa viene applicata nella pratica
soltanto in maniera estemporanea e occasionale, in virtù di un mo-
dello di funzionamento della farmacia che vede centrale la dispensa-
zione al banco. Nel futuro però la farmacia, per rendere sistematica
la pratica di erogazione dei servizi, sarà chiamata a integrare alla con-
segna al banco anche la sinergica erogazione di servizi di assistenza
personalizzati ai pazienti, soprattutto cronici e magari multitrattati.
Per fare ciò occorre progredire ed evolversi, seguendo un modello
che è appunto quello presentato in questa ricerca e testato alla luce
dell’esperienza dichiarata da più di 800 farmacie italiane.
Il modello di funzionamento
del Pharmaceutical Care
Il modello parte da un assunto importantissimo: il ruolo chiave
che la farmacia può avere nell’identificare e gestire i problemi far-
maco-correlati che si possono presentare a pazienti cronici e ancor
più gravemente a pazienti multitrattati. Pongo qualche domanda:
qual è il rischio di commettere errori nell’assunzione farmacologi-
ca per un paziente anziano multitrattato? Cioè che è in cura con
più di 5 terapie, che comportano l’assunzione quotidiana di 10-15
pillole o similari? Che tipo di giovamento può ottenere questo pa-
ziente dall’affiancamento del suo farmacista nel percorso di cura?
Sappiamo che i momenti di contatto tra la farmacia e il paziente
sono circa sei volte superiori ai momenti di contatto fra il paziente
stesso e il suo medico curante. Questo dice molto, in termini di
efficacia del servizio offerto dalla farmacia che assiste un simile
paziente. Il modello di PhC parte, quindi, dall’organizzazione di
un sistema di supporto per identificare e gestire i problemi farma-
co-correlati in cui può incappare un paziente cronico. Una gestio-
ne che si fonda su quattro attività fondamentali, che vedremo di
seguito.
Il modello di PhC non soltanto si basa sulla centralità della far-
macia nella gestione dei problemi farmaco-correlati, ma afferma
anche l’importanza della gestione dei pazienti come strumento
base appunto per identificare e gestire i problemi stessi. Da ulti-
18
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia
ANALISI DELLO STATO
DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA
mo, e come riportato graficamente in figura 2.2, perché si possa
sviluppare e progredire la pratica di PhC nelle farmacie italiane è
importante che tre aspetti, che definiremo antecedenti, siano sod-
disfatti: 1) atteggiamenti e predisposizione verso l’erogazione dei
servizi; 2) apertura collaborativa della farmacia verso la rete degli
operatori delle cure primarie; 3) presenza in farmacia di idonea
struttura, strumentazione e organizzazione.
Intendo rappresentare questo modello, che è fondante del PhC
e al contempo programmatico per una sua applicazione in farma-
cia, con la metafora della “costruzione”, in quanto incarna da sem-
pre un ideale di robustezza e longevità.
Fig. 2.2 – Il modello di applicazione del Pharmaceutical Care
19
La farmacia che fa servizi, oltre alla consegna del farmaco, si ado-
pera per gestire problemi connessi all’assunzione della terapia
(fig. 2.2). Aiuta, per esempio, la collettività ad aumentare il grado di
aderenza del paziente alla prescrizione e alla terapia indicata dalla
medicina e produce così un valore sociale distintivo e unico, cioè non
generabile da altri operatori e, quindi, non sostituibile. Perché que-
sto piano di attività sia praticato, occorre però che la farmacia sia in
grado di assicurare una continuità assistenziale al paziente (gestione
dei pazienti ripetuti fig. 2.2).
Per garantire questa continuità assistenziale è fondamentale che la
farmacia instauri, sin da subito, un rapporto duraturo con i nuovi pa-
zienti che entrano in farmacia. In poche parole: “arruolare i pazienti
per un programma di assistenza e supporto continuativo” (prassi di
arruolamento di nuovi pazienti fig. 2.2). Affinché poi questa casa,
costituita appunto su tre piani complementari fra di loro, stia in piedi
e sia solida è necessario che sia eretta su precise fondamenta. In par-
ticolare, tre sono i pilastri che sorreggono e rendono possibili i servizi
di assistenza (PhC) in farmacia.
Innanzitutto, una predisposizione (atteggiamento) a partire dal ti-
tolare di farmacia di sviluppare i servizi in aggiunta e in piena comple-
mentarità con la dispensazione del farmaco. Il tema è particolarmen-
te spinoso, perché nel vissuto di tutti si ritiene che i servizi drenino
risorse e non generino ricavi, tenuto conto che nessuna convenzione
è stata estesa ad essi. Inoltre la farmacia ha perso valore economico
negli ultimi anni (causa la riduzione dei ricavi e dei margini) e, quindi,
ha sempre meno risorse per finanziare l’innovazione connessa al lan-
cio dei servizi. Discuteremo di questo aspetto più avanti.
Il secondo pilastro che forma le fondamenta della casa del PhC
è la collaborazione. Un tema che scotta, perché rimanda da subito
al “dialogo fra sordi-muti” con la medicina generale e gli altri ope-
ratori della sanità, ma non solo! Analizzeremo anche il rapporto che
sussiste tra gli stessi farmacisti e come questo possa impattare nel-
la costruzione di una rete di servizi, offerta potenzialmente dalle 18
mila farmacie (e i 60 mila professionisti schierati), che sono o sareb-
bero i potenziali nodi di una rete, che assicura un beneficio sociale
incommensurabile, oltre a un risparmio di spesa nella prevenzione e
maggiore aderenza.
20
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia
ANALISI DELLO STATO
DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA
Il terzo pilastro riguarda la dotazione strutturale necessaria per
fare servizi. Essa è fatta prioritariamente di elementi materiali, quali
per esempio gli spazi e i locali della farmacia (che comunque sem-
brano non essere un problema per la maggioranza delle farmacie,
come poi vedremo), ma soprattutto di elementi immateriali, cioè
norme, processi, protocolli di azione, schemi operativi che guidano
la farmacia nel praticare i servizi “day-by-day” e che consentono alla
singola farmacia di erogare servizi nel quadro più ampio di protocolli
di cura (PDTA- Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali). Il PDTA
è tanto importante in quanto assicura al paziente un servizio di assi-
stenza senza soluzione di continuità (dall’ospedale al territorio, per
esempio) e cementa al contempo il ruolo della farmacia come attore
chiave (quindi inespugnabile) delle cure primarie.
Definito il modello, entriamo nel dettaglio dei singoli elementi che
lo compongono.
La gestione dei problemi
farmaco-correlati (DRP)
Procedo nella spiegazione del modello a partire dall’ultima fase
(terzo piano della casa), ovvero dai “problemi farmaco-correlati”,
perché nei fatti questa è una misura effettiva di come la farmacia
sia realmente in grado di aiutare i propri pazienti, quando appunto
emergono problemi. La figura 2.3 riporta il dettaglio delle singole
attività che compongono in via schematica il terzo piano della casa
del PhC (riportata in figura 2.2), cioè l’attività di gestione dei proble-
mi farmaco-correlati anche detti, in terminologia anglosassone, DRP
(Drug Related Problem).
Come si evince da una prima osservazione del contenuto di figura
2.3, i singoli passaggi che compongono l’attività di DRP presentano
una logica sequenzialità, finalizzata appunto a garantire al paziente
un’assistenza per la soluzione o il contenimento del suo problema.
Per una definizione precisa, e di taglio anche clinico-farmaceutico
del DRP, si rimanda alle pagine scritte dal gruppo di lavoro del PCNE
che si è occupato appunto del tema (cfr http://www.pcne.org/wor-
king-groups/2/drug-related-problems). Qui a noi interessa invece
21
precisare che il presidio dell’attività da parte del farmacista si struttu-
ra sull’organizzazione di passaggi sequenziali e concatenati; appunto
rappresentati come i gradini di una scala ascendente (figura 2.3).
Fig. 2.3 – I singoli passaggi che scandiscono l’attività di DRP
Innanzitutto vi è da sottolineaere che del totale campione di 822
farmacie, ben 354 (43%) dichiara di non controllare con routine nei
propri pazienti l’esistenza di problemi connessi all’assunzione di far-
maci. Il dato è abbastanza significativo ed evidenzia un atteggiamen-
to carente da parte della farmacia (in poco meno della metà del cam-
pione) nel capire ciò che accade dopo aver dispensato il farmaco.
Atteggiamento questo che, evidentemente, è lontano da una pratica
sistematica di Pharmaceutical Care.
Circoscrivere il problema connesso all’assunzione
di farmaci e condividerlo con il paziente
Innanzitutto il farmacista si adopera per circoscrivere il problema e
per condividere con il paziente una prima valutazione d’impatto sulla
salute. Per misurare la frequenza con la quale tale attività viene svolta
è stato chiesto all’intervistato (titolare di farmacia) di indicare quante
volte ciò è accaduto, a partire dagli ultimi 5 pazienti visitati e che pre-
sentavano evidenti problemi connessi con l’assunzione dei farmaci.
La figura 2.4 mostra i risultati sul sottocampione di rispondenti che
22
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia
ANALISI DELLO STATO
DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA
hanno accertato l’esistenza di problemi, ovvero su 468 (57%) a parti-
re dal campione di 822.
In media possiamo affermare che nella metà dei casi (cioè 2,5 pa-
zienti su 5) viene svolta l’attività di circoscrizione del problema; atti-
vità preliminare a ogni tipo di trattamento successivo. Si badi bene
però che questo valore deve essere riletto anche alla luce di quanti
(34% del campione), avendo dichiarato di non controllare con routine
i problemi farmaco correlati, presentano un valore nullo. In pratica,
sul campione di 822 farmacie il valore medio di risposta a questa
domanda è pari a 1,4.
Fig. 2.4 – Attività di circoscrizione del problema
sugli ultimi cinque pazienti
100
47
121
100
74
26
0 100
1 47
2 121
3 100
4 74
5 26
Condivisione del problema con il paziente
26
6%
100-21%
47-10%
121-26%
100-21%
74-16%
0
1
2
3
4
5
Numero
di pazienti
È interessante notare che il dato medio di 2,5 non è uniforme su
tutti i rispondenti. A fronte di coloro che dichiarano di non riuscire
a circoscrivere sistematicamente il problema con il paziente (57%,
somma di quanti non eseguono mai l’attività, o al massimo due volte
su cinque – colori giallo, verde e viola), vi sono coloro che invece si
23
sono organizzati per farlo sistematicamente (almeno 4 volte su cin-
que) e questi sono 100 su 486, cioè il 22%. Esiste infine il 21% che
riesce a compiere questa attività nella maggioranza dei casi, ovvero
3 volte su 5.
Interpretare e documentare l’obiettivo
per risolvere il problema
Il secondo passo che contraddistingue il processo di gestione dei
problemi farmaco-correlati è l’identificazione di un obiettivo di miglio-
ramento e la sua condivisione con il paziente. Il dato medio desumibile
da figura 2.5 evidenzia che su 5 pazienti in media soltanto su 1,8 viene
eseguita questa fase di processo, peraltro determinante per cercare di
superare il problema e per migliorare l’outcome della terapia.
Fig. 2.5 – Definire l’obiettivo per risolvere il problema
128
101
97
66
15
61
128
101
97
66
15
61
61-13%
128-27%
101-22%97-21%
66-14%
15-3%
0
1
2
3
4
5
Numero
di pazienti
Come per la fase precedente, si evidenziano approcci diversifica-
ti nell’esecuzione dell’attività. In generale valgono le considerazioni
fatte in precedenza, fatto salvo che il numero di coloro che eseguo-
24
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ANALISI DELLO STATO
DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA
no questa attività in maniera sistematica si abbassa (non superando
nemmeno il centinaio di casi), a favore di coloro che invece dichiara-
no di non effettuare questa attività come fase del proprio lavoro (128
casi), oppure di coloro che non la fanno sistematicamente.
Se sommiamo coloro che non eseguono l’attività, oppure che la
eseguono solo residualmente (somma di 0 e 1), raggiungiamo pra-
ticamente la metà del campione. Come abbiamo visto, la somma di
coloro che non fanno o fanno residualmente il primo livello di attivià
(circoscrizione del problema) assume un valore pari al 36%. Esiste,
quindi, una marcata differenza fra il primo step di processo (circoscri-
zione) e il secondo (definizione obiettivo). Credo che questo aspetto
si giustifichi proprio nella modalità di funzionamento della farmacia
tradizionale. Mentre la prima attività è qualcosa di più vicino con la
gestione del banco, la seconda, invece, è qualcosa di estraneo, che
richiede un comportamento proattivo del farmacista, addirittura un
atteggiamento di presa in carico del paziente; oserei definirlo un
“appalto psicologico” del problema del paziente.
Qualche esempio per spiegare meglio il concetto. Normalmente
accade che è il paziente stesso a richiamare l’attenzione del farma-
cista su un problema connesso all’assunzione del farmaco, oppure
è il farmacista che si accorge -dai comportamenti o dallo stato in
cui versa il paziente- che possono esistere problemi connessi con la
terapia. In questi casi è quasi una conseguenza naturale porre delle
domande al paziente, per cercare di circoscrivere quello che sappia-
mo potrebbe essere un problema che vanifica l’effetto della terapia
(vedi figura 2.6).
Questo invece non avviene con altrettanta naturalezza e frequenza
quando parliamo di interpretare e documentare un obiettivo tera-
peutico per il problema che avverte il paziente. Almeno due le mo-
tivazioni. Innanzitutto la mancanza del cosiddetto “appalto psicolo-
gico”. Il farmacista è responsabilizzato sul farmaco, deve assicurare
che il farmaco giunga nelle mani del paziente nelle modalità corrette
e che il paziente abbia le informazioni per una corretta assunzione
(assicurare in via sistematica e certa questa finalità non è sempre
semplice, nè tantomeno scontato). Su quello che accade dopo, il far-
macista non è e non può essere responsabilizzato, conseguentemen-
te trova maggiore difficoltà ad assumersi l’onere di definire obiettivi
25
per la soluzione del problema. Spesso infatti il comportamento che
segue alla circoscrizione di un problema è il deferimento al medico
curante (come vedremo più avanti il farmacista utilizza molto questa
opportunità ritenendo appunto che il suo compito si concluda con
l’emersione del problema cfr figura 2.43). Inoltre definire un obiettivo
per la rimozione del problema comporta di per sè l’accettazione di
un percorso formale di affiancamento dove il farmacista pone le basi
(l’obiettivo appunto) per aiutare il paziente nel tempo, tenuto conto
che molti problemi purtroppo non si risolvono con un intervento una
tantum, ma richiederanno successive revisioni e ritarature. Revisioni
e ritarature che implicano la necessità di tenere traccia formale sia
degli obiettivi che delle successive revisioni; aspetto questo che è
purtroppo lontano dalle possibilità della farmacia tradizionale centra-
ta sulla dinamica del servizio al banco. Per definire obiettivi abbiamo
bisogno di avere strumenti di archiviazione, per esempio un dossier
del paziente la cui gestione e manutenzione quotidiana solleva pro-
blemi organizzativi di non poco conto soprattutto in riferimento alla
gestione dei pazienti al banco. Non si commette infatti un grande
errore nello stimare in circa 5-10 minuti il tempo medio di interazio-
ne al banco con l’avventore. In una dinamica di incontro così veloce
Fig. 2.6 – Dialogo per la circoscrizione del problema
26
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia
ANALISI DELLO STATO
DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA
non è infatti facilmente conciliabile la necessità di mantenere archivi
aggiornati anche se digitali e quindi di più agevole consultabilità. La
figura 2.7 prova a sintetizzare il concetto attraverso relazioni di cau-
sa-effetto tra fenomeni.
Osservando la figura 2.7 ci possiamo accorgere che non esiste un
unico motivo prevalente che spiega la scarsa propensione da defini-
re gli obiettivi terapeutici per pazienti con problemi. Nè tantomeno
esiste un causalità lineare e sequenziale di fenomeni. Invece molti
fenomeni collegati fra di loro, ma pur sempre importanti sono alla
base di questo aspetto.
Mettere a punto una strategia
Il terzo passo connesso ad una corretta gestione dei problemi far-
maco-correlati consiste nella definizione di una strategia risolutiva
del problema.
Sempre tenendo in conto solo coloro che si dichiarano disposti a
presidiare di routine i pazienti con problemi farmaco-correlati (cioè
53% su 822 rispondenti) emerge, fin da una prima visione del grafico
Fig. 2.7 – Fenomeni che inibiscono la definizione degli obiettivi
27
Fig. 2.8 - Percentuale di chi Identifica e mette a punto
una strategia risolutiva
126
87
90
68
25
72
126
87
90
68
25
72
72-15%
126-27%
87-19%
68-15%
25-5%
90-19%
0
1
2
3
4
5
Numero
di pazienti
di figura 2.8, che in media la definizione di un piano strategico di
azione è eseguito per 2 su 5 pazienti.
Il fenomeno fa riflettere, perché nei fatti coloro che non eseguono
questo passaggio, o lo fanno soltanto raramente, ammontano a qua-
si la metà (27%+19%).
Se nella fase precedente il focus era sulla presa in carico del pa-
ziente, con una logica assistenziale di non breve respiro, qui il tema
centrale è la capacità della farmacia e del farmacista di “personaliz-
zare” l’intervento. Spiego meglio che cosa intendo per “personaliz-
zare”. Il farmacista è il depositario della conoscenza del farmaco; ne
conosce tutte le caratteristiche chimiche e farmacologiche, sa quali
sono le interazioni tra più farmaci, così come i potenziali effetti av-
versi. Questa conoscenza, profonda e unica nello scenario degli ope-
ratori della salute, si sostanzia nel prodotto, e pertanto è standard,
tenuto conto che la maggioranza dei farmaci distribuiti in farmacia
sono realizzati in modo uniforme dalle case farmaceutiche e vengono
28
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia
ANALISI DELLO STATO
DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA
spesso dispensati in formato “blisterato”. Questo comporta che il
farmacista abbia come prioritaria attenzione il farmaco, assai meno il
paziente. Nei fatti, il paziente arriva in farmacia con una prescrizione
per una terapia definita dal medico curante e la farmacia si occupa di
dispensare correttamente il farmaco. Questo processo è assicurato e
validato per ogni paziente, ma proprio in quanto standardizzato non
prevede sorta di personalizzazione alcuna. Il servizio di PhC, e in par-
ticolare modo la gestione dei problemi farmaco-correlati, prevede in-
vece un forte livello di personalizzazione dell’intervento, da garantire
esattamente a misura del paziente. Il passaggio della “strategia” è
proprio il momento nel quale questa personalizzazione prende cor-
po. Il farmaco è uguale ovunque, ma l’interazione del farmaco nel
metabolismo del singolo individuo può essere differente sia per “co-
stituzione”, sia perché l’effetto terapeutico dipende anche da altre
situazioni personali, quali il regime alimentare o lo stile di vita più
o meno sedentario. Alle nozioni scientifiche del farmaco (standard)
deve, quindi, aggiungersi la conoscenza del paziente, per garantire
una comprensione personalizzata del trattamento e degli eventuali
punti deboli. In sostanza, il farmacista deve oltrepassare idealmente
il banco che lo separa dal paziente ed entrare nei suoi “panni”, per
comprenderlo al meglio. Riprenderemo l’argomento nel prossimo
paragrafo, quando parleremo di gestione del paziente. Tutto questo
enfatizza quanto indicato in figura 2.1: la farmacia che si riconosce
nel servizio diviene in parte una farmacia “ambulatoriale”.
In altri termini, se devo personalizzare l’approccio di servizio sul
paziente (non soltanto in termini di relazione cliente-fornitore, ma
anche in termini clinici), devo avere il massimo d’informazioni e co-
noscenza sul paziente. Quindi, dovrò fare in modo che la farmacia
-quando necessario- assuma qualcosa che assomiglia, o trae spunto,
da un’organizzazione di servizio ambulatoriale.
Portare avanti un piano di follow-up e controllo
L’ultimo passo nella gestione dei problemi farmaco-correlati è le-
gato a un controllo costante del cammino compiuto verso la soluzio-
ne del problema.
La figura 2.9 mette in evidenza le risposte fornite dai rispondenti
29
Fig. 2.9 - Percentuale di chi porta avanti
un piano di follow-up e controllo
208
81
78
35
22
43
208
81
78
35
22
43
43-9%
208-45%
78-17%
35-7%
22-5%
81-17%
0
1
2
3
4
5
Numero
di pazienti
nei confronti dell’attività di follow-up.
Il grafico evidenza un sistematico decadimento nell’attività del far-
macista. In media, essa viene portata avanti soltanto su 1,4 pazienti,
rispetto ai 5 oggetto di analisi. Il 45% dei rispondenti dichiara di non
eseguire nemmeno l’attività, il 17% di attivare il follow-up solo con
un paziente su cinque, cioè in maniera residuale. Purtroppo, soltanto
il 14% la esegue in maniera sistematica. È una fotografia che denota
una forte “défaillance”, non soltanto dal punto di vista dell’efficacia
del PhC, ma forse anche dal punto di vista della gestione “commer-
ciale”. Come sostiene la dottoressa Annarosa Racca, presidente di
Federfarma, l’aderenza media del paziente iperteso si aggira intorno
al 40% ed è ipotizzabile che il dato riguardi anche altre patologie.
Riuscire a vincere questa latenza del paziente nell’aderenza alla cura
implica un continuo e costante supporto, oltre al convincimento che
non può bastare un’unica sessione informativa sull’uso corretto del
30
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia
ANALISI DELLO STATO
DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA
farmaco. Infatti, molti altri elementi si aggiungono (stile di vita, re-
gime alimentare, compresenza di altre terapie) e questo fa ritenere
che il comportamento, anche se giudizioso, del paziente, non basti.
Occorre un indirizzo, occorre aggiungere un monitoraggio che con-
forti e guidi, talvolta anche riorientando il processo di assunzione del
farmaco, e forse anche la cura. Questo sforzo si addice proprio alla
farmacia perché, come detto in precedenza, incontra sistematica-
mente il paziente e in quantità maggiore rispetto al medico curante.
La farmacia è, quindi, proprio il luogo dove si può realisticamente
mantenere alto il presidio di cura e la gestione della terapia. Il far-
macista è il professionista che meglio riesce a fare questo lavoro,
proprio perché, a differenza dalla specialistica e talvolta anche della
medicina generale, vede e incontra tutte le richieste farmacologiche
del paziente, che devono essere ritirate proprio in farmacia. Quindi è
in grado di suggerire e apportare misure correttive.
Ma il motivo che induce a pensare che non presidiare il follow-up
sia un errore, è anche di natura economica. Se è vero che gestire il
follow-up del paziente solleva anche una serie di problemi di tipo or-
ganizzativo (come quelli esposti in figura 2.7), è altrettanto vero che
consente di assicurare una solida relazione con il paziente, altrimenti
abbandonato alla sua libera scelta. In figura 2.10 proviamo a sinte-
tizzare il concetto e a indicarne le conseguenze in termini gestionali.
Quando la farmacia, in ragione della propria competenza condivi-
de con il paziente un percorso strutturato e cadenzato di assistenza,
si instaura una relazione continuativa che genera effetti benefici sia
per il paziente, in termini di presidio della patologia, sia per la farma-
cia, anche in termini economici. Benefici di triplice natura. Innanzitut-
to, con un regime cadenzato di incontri, la farmacia A (nell’esempli-
ficazione di figura 2.10) raccoglie tutta la spesa farmaceutica del pa-
ziente assistito (quindi ha anche maggiore certezza di essere ripagata
degli sforzi profusi nell’erogazione dei servizi). In caso contrario, la
spesa potrebbe essere distribuita anche su altri operatori, mancan-
do un vero e proprio “sodalizio terapeutico assistenziale” che lega
il paziente alla farmacia. In termini assoluti il gioco, da questo punto
di vista, potrebbe essere a somma zero, nel senso che comunque la
rete delle farmacie (A, B, C di fig 2.10) beneficerebbe dei volumi
di farmaco movimentati, mentre nella visione del singolo (nel caso
31
Fig. 2.10 – Benefici della relazione con il paziente
A) verrebbe meno una condizione forte per assicurare l’impegno di
risorse a favore dei servizi di assistenza. Secondo aspetto: purtrop-
po il gioco non è mai a somma zero! Sapendo che meno della metà
dei pazienti è in grado di seguire la terapia in maniera giudiziosa,
dobbiamo mettere in conto che nel tempo verranno “perse” delle
prescrizioni, perché il paziente, per esempio sentendosi in “salute”,
deciderà autonomamente di sospendere la terapia. Così il farmaco
non verrà ritirato né nella farmacia A, né tantomeno nelle altre (vedi
punto interrogativo di figura 2.10).
Terzo aspetto rilevante (il dialogo continuo è frutto di un pro-
cesso assistenziale, magari cadenzato con attività di monitoraggio)
e consente al farmacista di agire, in chiave preventiva e sempre in
ossequio alla deontologia professionale, per proporre soluzioni te-
rapeutiche (immaginiamo Otc, ma anche suggerimento di farmaco a
prescrizione successiva da parte del medico curante), in aggiunta al
piano terapeutico in essere (vedi rilevanza e differenza degli scontrini
32
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia
nei due casi contrapposti di figura 2.10).
Lascio al lettore una stima di quanto potrebbe essere l’effetto eco-
nomico generato dalla “concentrazione” di spesa per una farmacia
(effetto uno), dal fenomeno di “up-selling”, cioè sfruttamento pieno
del potenziale di prescrizione in base alla patologia (effetto due) e,
infine, “cross-selling”, cioè le vendite aggiuntive generate dall’auto-
revolezza professionale del farmacista che si adopera per promuo-
vere e tutelare la salute del paziente (effetto tre), attraverso rimedi
anche di natura preventiva.
Dati i quattro passaggi inerenti la gestione in ottica PhC delle pro-
blematiche farmaco-correlate (DRP) propongo di seguito una sintesi
che ricapitola i punti salienti del processo, e raffronta la realtà italiana
con il valore desunto dalla rilevazione internazionale a cui hanno par-
tecipato i colleghi farmacisti che operano Oltralpe (vedi figura 2.11).
Come detto, il processo di gestione dei problemi farmaco-corre-
Fig. 2.11 – Comportamenti di gestione dei DRP a confronto
2,2 2,5 2,2 2,8
1,4 1,04 1,13 0,79
0
1,25
2,5
3,75
5
Circoscrivere
il problema
Identificare
l’obiettivo
Definire
una strategia
Gestire
il follow-up
MEDIA UE
MEDIA IT
lati corre lungo quattro passi fondamentali, concatenati tra di loro
come esposto in figura 2.11. La performance generale delle farma-
cie italiane (campione totale di 822 farmacie, tenuto anche conto
di coloro -43%- che hanno dichiarato di non eseguire con routine
le attività di gestione dei DRP) si attesta intorno al valore medio di
1 paziente su 5, come evidenziato dalla spezzata azzurra di figura
33
2.11. Si riscontrano passaggi operativi più praticati (circoscrizione del
problema) e meno praticati (follow-up del paziente) e per ciscuno di
essi abbiamo provato a dare spiegazioni plausibili del fenomeno e
dell’applicazione in Italia. Rimane ora da chiedersi se questo valo-
re medio, che si attesta intorno all’unità (su base 5 pazienti), sia un
dato confrontabile con quanto accade in altri Paesi che praticano la
disciplina del PhC. Come è desumibile dal grafico di figura 2.11, il
valore medio che assume la gestione dei problemi farmaco-correlati
da parte del campione europeo di farmacie intervistate (5.000 farma-
cie, comprese le 822 italiane) si muove intorno a 2,5 su base ultimi 5
pazienti presi a esempio.
Il dato è sensibilmente superiore a quello italiano. Bisogna ricordare
che vi sono alcuni Paesi ove, sulle tematiche di PhC, vi è già da molti
anni grande attenzione. Per esempio, in Olanda le compagnie di assi-
curazione, che sono il “payer” principale della spesa del farmaco e di
quella sanitaria (diagnostica, medicina generale e specialistica, ospe-
daliera, ecc.) sono molto attente ai livelli di spesa e all’efficacia ed effi-
cienza delle risorse dedicate. Quindi promuovono incontri tra medici e
farmacisti, per mettere a punto programmi personalizzati, in modo da
presidiare in continuità assistenziale le patologie croniche del singolo
paziente. Questo consente di assicurare la compensazione dei pazienti,
di ridurre i problemi farmaco-correlati, e al contempo di ottimizzare
le risorse a beneficio appunto del payer. In questo caso, la farmacia è
molto più predisposta alla gestione dei problemi farmaco-correlati, e
così il valore di questo componente del PhC è senz’altro più elevato del
valore unitario che assume in Italia.
In Gran Bretagna, con una direzione diversa rispetto all’Olanda, si
arriva comunque a un risultato simile, che riconosce alla farmacia un
elevato valore di presidio nella gestione dei DRP. Oltremanica, infatti,
il Servizio sanitario nazionale (NHS, National Health System) promuove
fra le altre attività anche il cosidetto MUR (Medicines Use Review), ov-
vero un servizio che le farmacie offrono ai propri pazienti, arruolati così
in un programma di assistenza che garantisce loro la piena conoscenza
e consapevolezza delle terapie assunte. Al contempo, il farmacista che
attua un programma MUR indaga sull’eventuale insorgenza di intera-
zioni farmaco su farmaco, piuttosto che sulla probabilità d’incorrere in
eventi avversi derivanti dall’assunzione dei farmaci in ragione dello
34
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia
ANALISI DELLO STATO
DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA
stile di vita del paziente (per esempio più o meno sedentario), o del-
le abitudini alimentari, fenomeno questo che interagisce in maniera
significativa con il farmaco.
Senza entrare nei dettagli, risulta chiaro che quando intervengono
stakeholder a favorire l’applicazione della prassi di PhC, si riscontra-
no valori più elevati degli indici di DRP rispetto all’Italia, che si ac-
cinge soltanto ora ad affrontare in maniera strutturata e sistematica
il tema. Vi è da notare, comunque sia, che il valore assunto dal PhC
medio in Europa non è vicino alla sua massima applicazione (cioè 5
casi su 5). Infatti, affermare che il valore medio europeo di presidio
dei DRP (problemi farmaco-correlati) è pari a 2,5 pazienti su 5, lascia
intendere che il bicchiere è mezzo pieno. Cioè la prassi è ancora ben
lungi dall’essere applicata in maniera esaustiva e presenta spazi di
miglioramento dovuti alla difficoltà intrinseca di modellare in farma-
cia questa disciplina, che a volte può entrare in conflitto con la con-
sueta e routinaria gestione della dispensazione del farmaco.
Un’ultima annotazione che emerge dall’osservazione del grafico
di figura 2.11 consiste nel divario rilevante che vi è fra Italia e me-
dia UE per quanto riguarda il processo finale dei DRP, consistente
nell’assicurare al paziente una continuità assistenziale, ovvero il “fol-
low-up”. Mentre in Italia su questo punto si assiste a una riduzione di
applicazione (che si attesta a livelli inferiori all’unità), nella media UE
il valore è superiore alla media (2,5 su 5), attestandosi su valori vicini
a 3 pazienti su 5.
La continuità assistenziale è senza dubbio un requisito indispensa-
bile di questo processo, proprio perché i problemi farmaco-correlati
il più delle volte non vengono risolti in maniera istantanea, riguar-
dando aspetti comportamentali dei pazienti. Al tempo stesso questa
esigenza di continuità assistenziale sembra creare, soprattuto nelle
farmacie italiane, problemi organizzativi, che determinano una sua
ridotta applicazione.
La presa in carico dei nuovi pazienti
La gestione dei problemi farmaco-correlati è strettamente legata
alla capacità di avere in farmacia un’organizzazione capace di gestire
i pazienti con continuità assistenziale. Ciò non significa soltanto avere
35
con loro una buona relazione
fiduciaria, ma implica la mes-
sa a punto di un’organizza-
zione di presidio che, da un
lato, prenda in carico i nuovi
pazienti e, dall’altro, ne ge-
stisca nel tempo la continuità
assistenziale.
Per quanto attiene la pre-
sa in carico di nuovi pazienti
(arruolamento), quattro sono
gli elementi che costituisco-
no questo processo: 1) il dia-
logo iniziale per conoscere lo stato di salute, i sintomi e le diagnosi
mediche; 2) la definizione delle aspettative e dei risultati attesi dalla
terapia; 3) il commento con il paziente della terapia; 4) la verifica che
le informazioni siano state comprese e che siano stati ben definiti i
prossimi passi da fare per la corretta terapia.
Si tratta di passi sequenziali, che consentono alla farmacia di co-
noscere il proprio paziente e di impostare un percorso di assistenza.
Entriamo nel contenuto di ciascuno e verifichiamo come si posiziona
la farmacia italiana.
Fig. 2.12 – I 4 passi fondamentali dell’arruolamento di nuovi pazienti
36
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia
Definire le condizioni mediche del paziente
La farmacia, nel corso di una giornata tipo, incontra cittadini che
non ha mai avuto prima occasione di vedere. Quando questo acca-
de, il comportamento naturale è quello di evadere la richiesta nel
minor tempo possibile. Richiesta che può essere sotto forma di pre-
scrizione medica, oppure riguardare la domanda di farmaci da banco
o di prodotti. In tutti i casi, oltre a evadere in tempi celeri la richiesta,
è lecito chiedersi il motivo per il quale il paziente ha bisogno di quel
determinato rimedio farmaceutico. Questo tipo di approfondimen-
to dovrebbe essere naturale, conseguente al rapporto professionale
instaurato dallo stato fiduciario di cui beneficia il farmacista. D’altro
canto, vi sono una serie di aspetti (scarso tempo a disposizione, pri-
orità incombenti, ritrosia del paziente stesso, ecc.) che si possono
frapporre a questo tipo di approfondimento e che, quindi, limitano il
rapporto con il nuovo paziente alla sola consegna del farmaco.
Il primo passo nella gestione dei nuovi pazienti in ottica PhC parte,
appunto, dall’approfondimento delle condizioni mediche del pazien-
te, che costituiscono la pietra miliare per la costruzione di una rela-
zione d’assistenza. Se la farmacia non si attiva in maniera propositiva
per conoscere il paziente, al di là della mera richiesta (ricetta o scon-
trino) e alla consegna del prodotto, la relazione potrebbe non offrire
spazio per uno sviluppo del rapporto. La figura 2.13 mostra, per gli
822 farmacisti partecipanti all’indagine, quanto questa attività di ap-
profondimento sia realizzata: il 44% non esegue questa attività mai e
il 17% la esegue una volta su 5, cioè raramente. La media di presa in
carico iniziale è, quindi, alquanto modesta, posizionandosi intorno a
un valore di 1,4 pazienti sul totale di 5 presi in considerazione.
Questa mancanza di presa in carico del paziente potrebbe essere
giustificata dal fatto di ritenere che l’attitità di presidio clinico è di
stretta competenza del medico curante. Il riordino dei compiti che
tocca in generale il comparto delle cure primarie e territoriali offre
però -alla farmacia attenta e predisposta al cambiamento- uno spa-
zio d’azione interessante che la vedrebbe protagonista, considerato
che può mettere a disposizione competenze chimico-farmaceutiche
complementari a quelle della medicina generale e specialistica.
Inoltre, se è vero e condivisibile che quanto più la farmacia cono-
37
sce il proprio cliente, anche da un punto di vista clinico, tanto più
riesce a generare occasione di scambio (vedi concetto idealizzato e
raffigurato in figura 2.10), allora questa attività di approfondimento
trova un fondamento di natura economica, oltre che clinica.
Comprendere aspettative e risultati attesi
dalla terapia farmacologica
La richiesta al paziente di condividere aspettative e risultati attesi
dalla terapia farmacologica è il secondo passo che connota la presa
in carico del paziente cronico. Questa, che fra le quattro attività è la
meno presidiata -avendo una media di 1,2 su un totale di 5 pazienti-
segna un punto importante nel processo di assistenza continua con
il paziente.
Questa attività porta direttamente al cuore del PhC. L’attenzione
del farmacista si sposta, dalle proprie competenze sul farmaco, alla
consapevolezza del paziente dei progressi che può ottenere aderen-
do alla terapia. La giudiziosità e meticolosità del paziente è, infatti,
359
117
130
113
40
63
359
117
130
113
40
63
Fig. 2.13 - Richiesta al paziente di descrivere
le condizioni mediche
63-7%
359-44%
117-14%
130-16%
113-14%
40-5%
0
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3
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5
Numero
di pazienti
38
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia
ANALISI DELLO STATO
DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA
409
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118
73
38
51
409
133
118
73
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51
Fig. 2.14 - Le aspettative del paziente
e i risultati attesi
51-6%
409-50%
133-16%
118-14%
73-9%
38-5%
0
1
2
3
4
5
Numero
di pazienti
un aspetto determinante alla riuscita della terapia, dato che, purtrop-
po, soltanto il 40% dei pazienti segue correttamente il percorso tera-
peutico. La capacità della farmacia di valutare la consapevolezza del
paziente è, quindi, un punto chiave per stabilire il successivo percor-
so e l’intensità del programma di assistenza. Vi sono pazienti che si
aspettano, per esempio, una rapida guarigione, altri che al contrario
non confidano affatto nei progressi terapeutici. Tutto ciò influisce sul
comportamento di aderenza prescrittiva e assunzione del farmaco. Il
farmacista che valuta questo punto si mette nei panni del paziente
e, quindi, comprende meglio la strada più corretta per indurlo a un
comportamento aderente.
Implicitamente, stiamo chiedendo al farmacista, che spende gran
parte del proprio tempo concentrato sul farmaco e le sue specificità,
lavoro sostanzialmente standardizzato, di ampliare il suo impegno.
Pensiamo, per esempio, alle informazioni da offrire al paziente circa
l’assunzione del farmaco. Vi sarà un’attività tutta tesa a trasferirle in
maniera codificata (cioè standardizzata su requisiti minimi e fonda-
mentali), cercando di assicurare la migliore copertura dei contenuti,
indipendentemente dal contesto relazionale specifico (chi è il cliente,
39
che tipo di relazione esiste con il farmacista, che dinamiche conte-
stuali e situazionali esistono, ecc.). Il farmacista diventa così il garan-
te del “bugiardino” e offre informazioni importanti, di cui a volte il
paziente è ignaro. Così descritto, questo è un compito incentrato
sull’informazione (appunto standard), che non tiene conto del desti-
natario. Non può essere efficace, se non muove da una conoscenza
specifica del paziente. A questo approccio “informativo”, capace di
assicurare contenuti universalmente validi, si dovrebbe aggiungere
un passaggio in ottica PhC più squisitamente personalizzato, cioè ta-
gliato sulle specifiche caratteristiche del paziente. Questo passaggio
si fonda appunto sulla comprensione, da parte del farmacista, che il
paziente ha acquisito consapevoleza circa il percorso di cura e i suoi
potenziali effetti. In sintesi, si passa da un approccio (standard) che
si basa sul prodotto (farmaco e informazione sintetizzata nel bugiar-
dino), a un approccio che si basa sul paziente (e le sue capacità di
apprendimento) ed è, quindi, personalizzato.
La figura 2.15 rappresenta e mette a confronto i due approcci.
L’approccio personalizzato sul profilo del paziente, in particolare,
porta con sé anche la necessità di tenere traccia dei passaggi che si
Fig. 2.15 – Approcci di assistenza a confronto
40
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia
ANALISI DELLO STATO
DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA
generano nel corso della relazione con il paziente. Mentre il rilascio
di informazioni standard può non richiedere la storicizzazione della
relazione, dato che i contenuti non variano da caso a caso, l’assi-
stenza personalizzata assume invece connotati specialistici e unici,
paziente per paziente, e quindi implica la necessità di storicizzare la
relazione. Tale fase, infatti, assicura una tracciabilità della storia clini-
ca del paziente, dando evidenza di monitoraggi e di risultati clinici
intermedi; elementi questi che favoriscono la ricerca di una maggiore
aderenza e compliance del paziente.
Commento con il paziente sulla terapia farmacologica
Il terzo passo nella gestione con il paziente nuovo consiste nella
condivisione di informazioni sulla terapia farmacologica e, soprattut-
to, dei potenziali effetti collaterali e delle avvertenze all’impiego.
Come è intuibile da una prima osservazione della disposizione de-
gli spicchi che compongono il grafico a torta di figura 2.16, il com-
portamento dichiarato dai farmacisti rispetto a questo passaggio
operativo conferma l’attenzione della categoria nel dare informazioni
Fig. 2.16 - Commento con il paziente della terapia farmacologica
e dei potenziali effetti collaterali
161
119
176
138
91
137
161
119
176
138
91
137
137-17%
161-20%
119-14%
176-21%
138-17%
91-11%
0
1
2
3
4
5
Numero
di pazienti
41
ai pazienti. È un fatto condiviso e riconosciuto che il paziente non ha
le conoscenze per gestire questo strano prodotto che è il farmaco. La
farmacia, che possiede un’asimmetria conoscitiva (conoscenza della
chimica del farmaco e della cinetica sull’individuo), si rende disponi-
bile a mettere in circolo questo sapere a favore del cliente. Inoltre,
questo passaggio che potremmo definire nelle “corde” dei farma-
cisti, visto il suo livello di concreta applicazione nel campione dei
rispondenti, viene eseguito con uno sforzo abbastanza contenuto,
soprattutto se, come abbiamo visto in figura 2.15, è effettuato sulla
base di un approccio standard centrato sul prodotto.
Partendo dal presupposto che è di circa 5 minuti il tempo medio
di interazione con il paziente per la consegna del prodotto al ban-
co (cfr. la ricerca TradeLab riportata su Puntoeffe nel maggio 2009),
è evidente che il rilascio di informazioni sul farmaco, soprattutto se
standard, può tranquillamente rientrare nell’attività a contorno e a
conforto proprio di un servizio di consegna del farmaco, presupposto
anche per la successiva assunzione corretta della terapia da parte
del paziente.
Non c’è, quindi, da meravigliarsi se si riscontra diversità di risposta
e di comportamento dei farmacisti fra questo passo operativo (rila-
scio di informazioni) rispetto ai due precedenti passaggi analizzati,
cioè conoscenza dello stato di salute del paziente e compresione di
aspettative e risultati (vedi disposizione degli spicchi di figure 2.16,
confrontata con le figure 2.13 e 2.14, riportate nella pagina seguente
per semplificare il confronto).
Verifica della comprensione
delle informazioni rilasciate
L’ultima fase della gestione dei nuovi pazienti consiste nella verifica
della comprensione, da parte del farmacista, delle informazioni scam-
biate con il paziente. Il grafico 2.17, che riporta le frequenze di rispo-
sta dei farmacisti rispetto all’argomento in questione, rimarca senza
ombra di dubbio che la farmacia italiana è consapevole della parziale
conoscenza, da parte del cittadino, su questo strano prodotto che è
il farmaco, e sul suo impiego, e quindi evidenzia la necessità di veri-
ficare che il paziente abbia ben compreso le informazioni trasferite.
42
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia
ANALISI DELLO STATO
DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA
A differenza di quanto registrato nei passaggi precedenti, questa
attività viene completata sistematicamente (5 casi su 5) dal 36% dei
rispondenti. Questa fase è molto importante soprattutto per i pa-
zienti nuovi ai quali è stata diagnosticata la patologia cronica da poco
tempo. Per loro, infatti, la patologia può anche significare entrare
in una nuova fase della propria vita. Per questo è importante che la
farmacia sia in grado di verificare la corretta comprensione da parte
del paziente, e la condivisione su quelli che saranno i passi successivi.
È doveroso qui fare un’annotazione importante a margine di que-
sta attività, che risulta essere compiuta direi magistralmente dalla
maggioranza delle farmacie. Se è vero che la conferma del feed-back
359
117
130
113
40
63
359
117
130
113
40
63
Fig. 2.13 – Descrizione delle condizioni mediche
Richiesta al paziente di descrivere
le condizioni mediche
63-7%
359-44%
117-14%
130-16%
113-14%
40-5%
0
1
2
3
4
5
Numero
di pazienti
409
133
118
73
38
51
409
133
118
73
38
51
Richiesta al paziente delle aspettative
e i risultati attesi
51-6%
409-50%
133-16%
118-14%
73-9%
38-5%
0
1
2
3
4
5
Numero
di pazienti
Fig. 2.16 – Condivisione con il paziente delle modalità di assunzione
e delle potenziali problematiche
161
119
176
138
91
137
161
119
176
138
91
137
137-17%
161-20%
119-14%
176-21%
138-17%
91-11%
0
1
2
3
4
5
Numero
di pazienti
Commento con il paziente della terapia farmacologica,
dei potenziali effetti collaterali
Fig. 2.14 – Condivisione degli obiettivi e del percorso di miglioramento
43
da parte del paziente è un elemento supportato dai farmacisti, risulta
altrettanto connaturato al servizio mantenere alto nel tempo un pre-
sidio continuativo nell’assistenza ai pazienti.
Infatti, è facilmente condivisibile il concetto secondo il quale si-
ano necessarie ulteriori misure di supporto proprio a favore di quei
pazienti per i quali tanto si è investito, sia in fase informativa, sia di
verifica della comprensione (questi due ultimi passaggi del processo
di gestione dei nuovi pazienti). Considerato che il problema dell’as-
sunzione della terapia farmacologica è di tipo comportamentale, non
si può ritenere che un confronto informativo una tantum, in fase di
prima conoscenza con il paziente, possa risolvere o sollevare da tutti
i rischi di non aderenza a una prassi corretta di assunzione della te-
rapia.
Proprio in quanto problemi comportamentali (per esempio stili di
vita sedentaria in presenza di una terapia che prevede esercizio fi-
sico, piuttosto che una dieta alimentare che mal si coniuga con gli
effetti della terapia farmacologica), siamo portati a ritenere che una
prima informativa ricca e qualificata sull’assunzione del farmaco sia
Fig. 2.17 - Verifica che il paziente abbia compreso
pienamente le informazioni
102
78
125
125
95
297
102
78
125
125
95
297
297-36%
102-12%
78-10%
125-15%
125-15%
95-12%
0
1
2
3
4
5
Numero
di pazienti
44
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia
ANALISI DELLO STATO
DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA
da considerare come il primo passo di un processo più articolato,
fondato sulla continuatività assistenziale. Di questo infatti si parlerà
nel prossimo paragrafo (cfr. “Mantenimento della relazione con i pa-
zienti già assistiti”), dedicato alla gestione dei pazienti continuativi.
In sintesi, la figura 2.18 ricapitola gli aspetti salienti legati all’aper-
tura di relazioni con nuovi pazienti e confronta la performance delle
farmacie italiane con quella delle farmacie europee.
Fig. 2.18 – Rapporto con i nuovi pazienti
0
1,25
2,5
3,75
5
Descrizione
condizioni mediche
Aspettative e
risultati attesi
Commento effetti
e avvertenze
Verifica corretta
comprensione
MEDIA UE
MEDIA IT
Dal raffronto tra il comportamento delle farmacie italiane e quelle
della media europea non emergono sostanziali differenze. In entram-
bi i casi emerge come il punto debole della farmacia in generale
consista proprio nelle prime fasi del processo, legate alla capacità di
adottare un approccio molto personalizzato sul paziente. Il settore
della farmacia è, infatti, un comparto molto “normato”, nel quale
la regolamentazione spesso viene prima di ogni cosa e, quindi, an-
che del cliente. Se questo si giustifica con la necessità di garantire
una normativa capace di dare certezze ai pazienti (clienti), è anche
vero che si corre il rischio di concrentare l’attenzione dell’operatore
unicamente sul prodotto (risultato del processo regolatorio), dimen-
ticando che dietro a ogni farmaco e a ogni terapia esiste un pazien-
te. Centralità del cliente nelle politiche aziendali è, infatti, il mantra
ripetuto in ogni ambito applicativo delle discipline di management
e marketing. L’adozione dei criteri del PhC, che vedono la centralità
del paziente nei processi di assistenza, è quindi fortemente comple-
45
mentare con il marketing, dove l’una con un taglio clinico completa
l’altra che assume, invece, un taglio commerciale.
Mantenimento della relazione
con i pazienti già assistiti
La disciplina del PhC, so-
pratutto quando praticata
nel contesto delle patologie
croniche, non può sottrarsi
a una logica di applicazione
continuativa nel tempo. Un
processo chiave del model-
lo non è soltanto l’arruola-
mento di nuovi pazienti, ma
ancor più il mantenimento
della relazione con i pazienti
e l’assicurazione di una con-
tinuità assistenziale.
Per rapporto con i pazienti si intende qui non solo una costante
relazione di tipo “commerciale” (il paziente che occasionalmente
o anche con cadenza fissa visita la farmacia; aspetto questo che
è sicuramente funzionale per assistiti durante fasi acute di malat-
tie o altre circostanze), ma una relazione di assistenza, supporto
e monitoraggio dell’avanzamento e stabilizzazione della patologia
cronica.
Le fasi ritenute fondamentali per mantenere costante ed efficace
una relazione di assistenza con i propri pazienti cronici sono quat-
tro, così come riportate in figura 2.19.
Ci troviamo di fronte ancora una volta a un percorso operati-
vo scandito da passi concatenati e sequenziali, che nel loro com-
plesso consentono alla farmacia di seguire in maniera sistematica
il paziente cronico per quanto attiene l’assunzione della terapia
farmacologica e le problematiche connesse. Di seguito descrivia-
mo analiticamente tutti i quattro passaggi ed evidenziamo i valori
emergenti dalla ricerca eseguita sul campione di farmacie italiane.
46
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia
ANALISI DELLO STATO
DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA
Comprensione della modalità seguita
per l’assunzione della terapia farmacologica
Ripercorrere e comprendere con il paziente quello che è accadu-
to nel tempo intercorso dall’ultimo incontro (ricordiamo che questo
passo è idealmente concatenato e subordinato all’attivazione dei
passaggi connessi con l’arruolamento di nuovi pazienti) è un approc-
cio di riapertura della relazione molto importante, in quanto consen-
te da un lato di riattivare il contatto, e dall’altro di sensibilizzare il pa-
ziente sugli aspetti fondamentali con cui ci si era lasciati nell’incontro
precedente.
La figura 2.20 indica le risposte fornite dal campione analizzato
circa la realizzazione di questa attività, a partire dagli ultimi cinque
pazienti assistiti con prescrizioni ripetute. Il valore medio è 1,5, ov-
vero ogni 5 pazienti conosciuti soltanto a uno o due in media viene
chiesto di riepilogare quanto accaduto dall’ultimo incontro.
Osservando in dettaglio il grafico, emerge che gran parte dei ri-
spondenti (41%) non pratica affatto questa attività, probabilmente
limitandosi a evadere le richieste del paziente listate nella ricetta.
Per contro, esiste un gruppo di circa 200 rispondenti per i quali l’at-
tività viene svolta sistematicamente, forse come approccio routinario
Fig. 2.19 – I 4 passi della gestione dei pazienti ripetuti
47
Fig. 2.20 – Dialogo iniziale con il paziente per riattivare
la storia di assistenza
Il paziente indica la modalità seguita
per l’assunzione della terapia farmacologica
334
146
141
101
36
64
334
146
141
101
36
64
64-8%
334-41%
146-18%
141-17%
101-12%
36-4%
0
1
2
3
4
5
Numero
di pazienti
di servizio. Questa componente di “routinarietà” è fondamentale,
perché rinsalda i vari momenti durante i quali la farmacia eroga il
servizio di assistenza. Inoltre, se l’inizio del secondo o ennesimo in-
contro si apre riassumendo quando accaduto dall’ultimo incontro,
non soltanto si crea un “ponte” logico nel processo assistenziale, ma
nel contempo si responsabilizza il paziente e, quindi, si enfatizza il
gioco delle parti nel percorso assisstenziale, così come evidenziato
nella figura 2.21.
Va, quindi, creato un ponte logico tra l’ultimo passaggio della pre-
sa in carico del paziente -cioè il momento nel quale si è verificata la
comprensione delle informazioni per seguire un’assunsione corretta
del farmaco (vedi scala sinistra di figura 2.11)- e l’inizio dell’incontro
successivo, quando si responsabilizza il paziente, chiedendogli quali
comportamenti sono stati messi in atto nel periodo intercorrente per
dar corso all’applicazione prescrittiva. Assistere, infatti, non vuol dire
“fare il lavoro” del paziente, ma offrire quel supporto di counselling
che lo aiuta a essere pienamente conscio del ruolo di “guida” che as-
48
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia
ANALISI DELLO STATO
DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA
sume nel processo terapeutico. Tutto ciò rientra pienamente, raffor-
zandolo, nell’evoluzione di quello che viene definito con il concetto di
empowerment del paziente (L. Fioravanti, F. Spandonaro “Continuità
assistenziale: dal principio alla realizzazione: cosa insegna il disea-
se management” in Politiche sanitarie Vol. 8, N. 1, Gennaio-Marzo
2007), e che si sostanzia anche con le iniziative di sviluppo dell’auto-
medicazione (F. E. Pregliasco “Le patologie respiratoire intercorrenti
nel paziente BPCO: il ruolo dell’automedicazione”; Fimmg - ottobre
2005). È anche scontato, inoltre, che questo tipo di ponte tra il primo
e il secondo incontro debba essere riformulato da parte del farma-
cista ad ogni successivo incontro, soprattutto nel momento in cui
al paziente vengono assegnati “compiti” e comportamenti che non
sono scontati nella loro attuazione, ma appunto richiedano impegno
e applicazione.
Le considerazioni fatte in questo paragrafo mettono in luce la forte
condizione di continuità assistenziale che connota il PhC. Corollario
di tutto ciò è la messa a punto e la disponibilità di un sistema di sup-
porto documentale quale strumento per la tracciabilità della storia
passata e come “memoria” del farmacista, che non può ricordare a
mente tutte le “posizioni”. Di questo ne parleremo diffusamente nel
paragrafo relativo agli antecedenti organizzativi del PhC (cfr par. 2.5).
Qui vale comunque la pena ricordare che l’assenza di questo “pon-
te” o di una sua carente tracciatura storico-informativa potrebbe in-
durre a semplificare questa fase, riducendola a una generica apertura
colloquiale, piuttosto che a una attività strutturata che rafforza l’assi-
stenza in ottica PhC come percorso condiviso e continuativo.
Fig. 2.21 – Connessione tra le varie fasi del processo di assistenza
49
Ricerca di potenziali problemi connessi
all’assunzione della terapia farmacologica
(es. interazioni, effetti collaterali, scarsa aderenza, ecc.)
Il secondo passo per assicurare un’efficace gestione dei pazien-
ti cronici assistiti in via continuativa consiste nel dialogo finalizzato
alla ricerca e all’identificazione di problemi connessi con l’assunzione
dei farmaci (interazioni negative, effetti collaterali, scarsa aderenza,
ecc.), come riportato in figura 2.22.
Fig. 2.22 – Ricerca di interazioni negative, effetti collaterali,
scarsa aderenza
Dialogo con il paziente su problemi
connessi con l’assunzione della terapia farmacologica
250
155
156
121
50
90
250
155
156
121
50
90
90-11%
250-30%
155-19%156-19%
121-15%
50-6%
0
1
2
3
4
5
Numero
di pazienti
Se si somma la percentuale di coloro che non eseguono mai il
passaggio, o che lo eseguono una sola volta su cinque (quindi rara-
mente), scopriamo che, nei fatti, la metà del campione non esegue
sistematicamente questo approfondimento. Ricordiamo l’importan-
za della gestione dei problemi farmaco-correlati quale elemento
costituente il “piano più alto” della casa del PhC e, soprattutto, il
50
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia
ANALISI DELLO STATO
DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA
valore insito in questo processo, quale occasione per assicurare un
più elevato outcome terapeutico, anche attraverso la stabilizzazione
e compensazione del paziente cronico e, quindi, anche l’efficace uso
delle risorse della collettività. Efficienza che, come abbiamo detto,
deriva dall’evitare o ridurre il ricorso del paziente al pronto soccorso,
o la necessità di continue ospedalizzazioni.
Mi soffermo meglio sul tema, perché questo è “capitale” nel PhC.
Siamo partiti parlando dell’importanza del PhC come disciplina ca-
pace d’intercettare, gestire e porre rimedio ai problemi farmaco-cor-
relati (DRP - Drug Related Problems) in cui potrebbe incappare un
paziente con patologie croniche. La reale capacità della farmacia
d’intercettare questi potenziali problemi non è però una questione
“estemporanea”, che si risolve con una o più domande fatte a caldo
a un soggetto nei cui confronti non c’è alcun tipo di relazione di sup-
porto o di aiuto.
Un’efficace disamina delle condizioni che possono portare a evi-
denziare problemi farmaco-correlati presuppone, infatti, una cono-
scenza approfondita del paziente. Spesso i problemi trovano radice
in comportamenti errati, o non appropriati, o non giudiziosi del pa-
ziente. Il farmacista che vuole entrare in essi deve conoscere e anche
apprezzare il suo paziente. La figura 2.23 evidenzia questa impor-
Fig. 2.23 – Scoperta e gestione dei DRP nel corso della relazione
Conoscenzadei
comportamenti
Intercettazione
problemi
51
tante relazione fra indagine sui DRP e conoscenza del paziente e dei
suoi comportamenti.
Il percorso conoscitivo, fatto di successivi approfondimenti, neces-
sita di una continuità assistenziale. Approfondire la conoscenza signi-
fica entrare nell’intimo del paziente e scovare le problematiche più
radicate che possono determinare l’insuccesso nella terapia farma-
cologica. Come evidenzia la figura 2.23, al crescere della conoscenza
del paziente cresce in maniera proporzionale la capacità d’intercetta-
re le problematiche relative all’assunzione del farmaco.
Valutazione circa l’efficacia della terapia
farmacologica assunta
Dal momento che il paziente è posto al centro del percorso di cura,
la valutazione congiunta dell’efficacia della terapia assume rilevanza
assoluta. Il farmacista, aiutando il paziente a identificare il punto in
cui si trova nel processo terapeutico, realizza due scopi. Innanzitutto
conferma la centralità del paziente e, quindi, il suo empowerment, e
secondariamente comprende e approfondisce meglio la conoscenza
del paziente, soprattutto dal punto di vista della sua motivazione,
volontà e determinazione a progredire in termini di aderenza alla te-
rapia.
La figura 2.24 riporta la misura di questa fase della gestione dei
pazienti ripetuti, a partire dalle dichiarazioni fornite dagli 822 farma-
cisti che hanno partecipato alla ricerca. Assistiamo a valori medi vicini
a 2 (1,77) pazienti, su una base 5 di riferimento. L’osservazione delle
frequenze di risposta confermano il dato visto in precedenza: la metà
del campione sostanzialmente non esegue questa attività, oppure la
esegue in maniera molto residuale.
La valutazione dell’efficacia della terapia rimanda, inoltre, a un
aspetto importante della legge sui servizi del 2009 e successivi DM
applicativi (DM 16/12/2010). Da quella data, infatti, la farmacia è sta-
ta autorizzata a eseguire nei propri locali servizi di monitoraggio a fa-
vore dei propri pazienti. Si tratta della cosiddetta autoanalisi e analisi
di prima istanza a favore di pazienti.
Questa facoltà è da considerarsi, ai fini del PhC, come uno stru-
mento che assicura credibilità scientifica nelle valutazioni che farma-
52
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia
ANALISI DELLO STATO
DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA
cista e paziente eseguono per l’efficacia della terapia. Tutto ciò verrà
ripreso più avanti, quando parleremo di strumentazione e organizza-
zione dei servizi in ottica PhC.
Qui basta sottolineare quanto questa fase (la valutazione dell’ef-
ficacia), elemento di conferma e rinforzo dell’aderenza del pazien-
te alla terapia, trovi forza e radicamento “scientifico” proprio nella
possibilità di ricorrere alla farmacia per monitorare la patologia cui è
affetto il paziente.
Valutazione del livello raggiunto
negli obiettivi terapeutici prefissati
Infine, l’ultimo passaggio nella gestione dei pazienti ripetuti ri-
guarda la valutazione, insieme con il paziente, del livello di raggiun-
gimento degli obiettivi prefissati e nella loro conferma o revisione.
Una prima lettura della figura 2.25 evidenzia come coloro che non
eseguono del tutto il processo, o svolgono un’attività soltanto resi-
duale, superino di molto il 50% del campione.
Fig. 2.24 - Richiesta al paziente di una valutazione circa
l’efficacia della terapia farmacologica
276
129
155
116
64
82
276
129
155
116
64
82
82-10%
276-33%
129-16%155-19%
116-14%
64-8%
0
1
2
3
4
5
Numero
di pazienti
53
Una prima spiegazione del fenomeno è certamente legata alla ca-
rente attenzione della farmacia a fissare a monte obiettivi terapeutici
con i pazienti in cura (vedi figura 2.14). Ne consegue che, a valle, ha
meno rilevanza l’attuazione di una fase di controllo. Pensare il servi-
zio in ottica di ciclo integrato è, invece, fondamentale per assicurare
un approccio scientifico al paziente e, al contempo, fargli apprezzare
lo sforzo profuso dalla farmacia.
La figura 2.26 mostra i benefici di questo processo ciclico con-
trapposto a una impostazione lineare, che vede poco coinvolto sia
il paziente che il farmacista nei servizi, se non in termini di rilascio
d’informazioni.
L’approccio lineare, esposto nella parte destra di figura 2.26 non
soltanto è poco interattivo, ma essendo lineare è “finito”, cioè non
prevede la possibilità di “reinventarsi”, come è invece caratteristica
del processo circolare, rappresentato nella figura (parte sinistra) dal
serpente immaginario mitologico “uroboro”, che nell’atto di man-
giarsi la coda rinasce e si rinnova.
A parte i riferimenti all’immaginario antropologico, appare chiaro
che la valutazione dell’efficacia delle misure intraprese diviene fonda-
Fig. 2.25 - Richiesta al paziente di una valutazione circa
il livello di raggiungimento degli obiettivi
348
132
118
114
49
61
348
132
118
114
49
61
61-8%
348-42%
132-16%
118-14%
114-14%
49-6%
0
1
2
3
4
5
Numero
di pazienti
54
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia
ANALISI DELLO STATO
DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA
Fig. 2.26 – Il ciclo di counselling del paziente
mentale per definire i nuovi obiettivi e mantenere continuatività assi-
stenziale con il paziente, cioè assicurarsi che torni in farmacia in base
a un programma concordato che, non ultimo, assicura alla farmacia
un flusso dispensatorio continuo e costante (magari crescente), tipico
di una patologia cronica.
La gestione in farmacia dei pazienti ripetuti, scandita dai quattro
passaggi prima descritti, prevede il seguente posizionamento, ri-
spetto alla media dei farmacisti europei esposta in figura 2.27.
In generale, il dato medio si attesta su valori inferiori a quelli regi-
strati a livello europeo. Si evidenzia, in particolar modo, un aumento
del differenziale per quanto attiene l’ultima fase: valutazione del rag-
giungimento di obiettivi e conseguente loro revisione.
La cronicità è un problema fondamentale di compensazione e sta-
bilizzazione dei pazienti e il processo di gestione dei pazienti ripetu-
ti, per sua stessa natura, affronta proprio questo scopo. Un aspetto
chiave della stabilizzazione consiste poi nella capacità di mettere a
punto una metrica della patologia, ovvero definire obiettivi di miglio-
ramento, sistemi di monitoraggio e controllo dell’avanzamento. La
natura stessa della cronicità afferma che questo processo, come ab-
biamo osservato in figura 2.26, è circolare, nel senso che purtroppo
(per il paziente) non ha fine e richiede una continua ritaratura.
La farmacia, capace di affinare e adottare procedure di servizio,
non soltanto offre un’attività personalizzata, ma al contempo crea le
condizioni affinchè il paziente, cronico, trovi interesse a legarsi alla
55
Fig. 2.27 – Il processo di assistenza dei pazienti in cura
0
1,25
2,5
3,75
5
Informazioni sulla
pratica seguita
Ricerca
di problemi
Valutazione
dell’efficacia
Livello di
raggiugimento
obiettivi
MEDIA UE
MEDIA IT
farmacia che garantisce continuità assistenziale. La farmacia di oggi,
infatti, ha metriche di funzionamento prioritariamente indirizzate a
controllare i processi interni (sopratutto legati al prodotto; si pen-
si per esempio al controllo dei mancanti, piuttosto che al controllo
della rotazione di magazzino), mentre scarsa è l’attenzione a creare
metriche anche cliniche per monitorare il servizio al paziente. Di que-
sto aspetto ci occuperemo proprio nei prossimi paragrafi dedicati
agli aspetti organizzativi del PhC, definibili anche come antecedenti,
in quanto creano una corretta infrastruttura hard e soft, che abilita il
singolo farmacista all’erogazione di servizi in ottica di PhC.
Gli atteggiamenti nei confronti
del servizio
Il modello di PhC sin qui presentato enfatizza il rapporto con il
paziente e l’attitudine della farmacia a erogargli un servizio perso-
nalizzato, ovvero una prestazione che, partendo dal farmaco (pro-
dotto standard nella maggioranza dei casi), costruisce un percorso
di assistenza continuativa ritagliato su misura per il paziente, come
evidenziato in figura 2.28.
Erogare servizi personalizzati significa predisporre, o più sempli-
56
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia
ANALISI DELLO STATO
DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA
cemente rivedere, l’organizzazione tradizionale della farmacia (sin-
teticamente rappresentata nella parte in alto di figura 2.28). Essa è
centrata sul funzionamento del banco, che è il punto di equilibrio tra
la gestione interna (gestione dello stock) e la gestione delle richieste
di consegna del farmaco da parte dei pazienti. La personalizzazione
del servizio, ponendo al centro il paziente e non il farmaco, necessita
di una serie di accorgimenti, a partire da un approccio assistenziale
continuativo circolare. Perché questo approccio circolare (vedi figura
2.26 ripresa in figura 2.28) sia svolto efficacemente, occorre che siano
verificati anche altri presupposti. La figura 2.28, nella parte in basso,
ne individua almento quattro fondamentali:
• l’apertura della farmacia alla logica collaborativa,
• l’organizzazione del tempo e delle risorse in farmacia,
• la predisposizione di processi e protocolli operativi,
• il ripensamento degli spazi e della struttura della farmacia.
Naturalmente questi elementi della struttura aziendale non sono
Fig. 2.28 – Servizio standard e personalizzato a confronto
57
slegati da quelli che classicamente compongono la farmacia tradizio-
nale, ma devono essere armoniosamente pensati e progettati affinché
i servizi compenetrino e siano complementari alla dispensazione del
farmaco. Quindi, come esistono processi che regolano il funzionamen-
to dello stock, altrettanto deve accadere per l’erogazione del servizio
e tra questi deve esserci una connessione.
L’evoluzione della farmacia verso la “Farmacia dei servizi” è stata
pensata come un elemento in aggiunta alla consegna del farmaco e,
come tale, non è mai decollata. L’assenza di una Convenzione che ne
riconosca il valore e che generi profitto ha, inoltre, indotto la maggior
parte dei titolari di farmacia a trascurarla, come forma d’innovazione
della farmacia. Il PhC, che nei fatti è il luogo in cui potrebbe svilupparsi
la “farmacia dei servizi”, deve essere invece integrato nell’organizza-
zione classica della farmacia.
I quattro elementi (struttu-
ra, organizzazione, processi e
collaborazione) costituiscono
i pilastri del PhC e, in quan-
to tali, sono stati oggetto di
studio nella ricerca condotta
in Italia e in Europa.
A essi poi si accompagna
un ulteriore pilastro, che mi-
sura gli atteggiamenti del
titolare volti ad arricchire l’of-
ferta della farmacia attraverso
i servizi. Per atteggiamenti e
convincimenti ci si riferisce qui al grado di predisposizione del titolare
a impegnarsi in una serie di attività (i vari piani della casa del PhC), che
sicuramente sottrae risorse alla farmacia, in parte anche distogliendole
dalla normale routine di dispensazione del farmaco, che rimane ancora
l’unica attività capace di generare introiti vitali alla farmacia.
Il PhC è una disciplina che, come abbiamo visto, è di non immediata
applicazione, richiedendo un cambio di passo sia nei comportamenti
di servizio, sia nell’organizzazione della farmacia. Se poi consideria-
mo che non esiste una Convenzione che riconosca una remunerazione
per i servizi erogati, è facile ipotizzare che lo sviluppo della pratica di
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  • 1. PHARMACEUTICAL CARE: SFIDA PER LA FARMACIA DEL FUTURO Giancarlo Nadin INSIEME PER LA SALUTE DEL CITTADINO
  • 2. Giancarlo Nadin PHARMACEUTICAL CARE: SFIDA PER LA FARMACIA DEL FUTURO
  • 3. 2 PREFAZIONE Il Pharmaceutical Care (PhC), una forma evoluta di assistenza farmaceutica basata sul ruolo centrale della farmacia nel monitoraggio delle terapie croniche, è ormai un modello di riferimento per le farmacie italiane, come per quelle di molti altri Paesi europei. Infatti, proprio la presa in carico dei pazienti cronici da parte della farmacia, con l’obiettivo di migliorare i risultati terapeutici e garantire la compliance, è uno degli strumenti essenziali per garantire la sostenibilità del sistema, valorizzando il ruolo professionale della farmacia. Per questo motivo, nel 2013 Federfarma ha deciso di aderire al PCNE, Pharmaceutical Care Network Europe, collaborando alla realizzazione della ricerca condotta a livello europeo sul grado di attuazione del PhC e sulla Farmacia dei servizi, estensione italiana del modello di farmacia impegnata nell’assistenza mirata al singolo paziente e a garantire, oltre alla dispensazione del farmaco, una serie di prestazioni aggiuntive utili al cittadino e al sistema. Questa pubblicazione illustra i risultati della ricerca condotta nel nostro Paese dal prof. Giancarlo Nadin, docente di marketing all’Università Cattolica di Milano, con il supporto incondizionato di GSK, un’azienda con la quale Federfarma ha avviato un percorso di collaborazione, nato dalla condivisione di alcuni principi di fondo: il farmaco è un bene essenziale per la collettività e va adeguatamente valorizzato, la farmacia è un presidio fondamentale del sistema, impegnata da sempre a garantire una sicura e appropriata dispensazione del farmaco e il suo corretto utilizzo e ora impegnata anche sul fronte dell’erogazione di nuovi servizi alla popolazione. La ricerca ha realizzato una fotografia della situazione italiana, con l’obiettivo di analizzare come i farmacisti stiano affrontando
  • 4. 3 le tematiche del PhC, come cioè i nostri colleghi si comportino quando devono confrontarsi con le problematiche poste da un malato cronico che ha bisogno di essere seguito e monitorato nel proprio percorso terapeutico. Un lavoro, quindi, che diventa propedeutico alla “Farmacia dei servizi”, per predisporci all’innovazione e capire come affrontare le nuove sfide che la società ci richiede. Questi dati hanno costituito un punto di partenza per delineare un percorso di rilancio della farmacia italiana a partire da un’analisi delle esperienze innovative, ma anche dei punti deboli, e da un confronto con gli altri Paesi europei, nei quali si stanno sviluppando iniziative e progetti sul fronte del Pharmaceutical Care. Su tale base Federfarma ha disegnato un progetto di sviluppo che punta a mettere le farmacie in grado di fornire alla popolazione, su tutto il territorio nazionale, un nucleo base di nuovi servizi di alta valenza sociale e sanitaria, che valorizzino il contributo professionale della farmacia soprattutto sul fronte del monitoraggio e dell’aderenza alle terapie. In quest’ottica le piattaforme informatiche predisposte da Promofarma sono un importante strumento operativo a disposizione di tutti i Colleghi. Il presente lavoro, quindi, non è una delle tante ricerche che poi, una volta presentate, restano nel cassetto, ma costituisce una base documentale su cui costruire la farmacia di domani. Per questo invito tutti i Colleghi a leggere con attenzione questa pubblicazione e a fare tesoro delle tante utili indicazioni che emergono. Buona lettura, e buon lavoro a tutti. Annarosa Racca Presidente di Federfarma
  • 5. 4 INDICE Prefazione 1. Pharmaceutical Care e coinvolgimento della farmacia nelle cure primarie Definizione e ambiti di azione del Pharmaceutical Care Prospettiva internazionale del Pharmaceutical Care Il ruolo della farmacia territoriale nelle cure primarie 2. Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia Il modello di funzionamento del Pharmaceutical Care La gestione dei problemi farmaco-correlatati (DRP) La presa in carico dei nuovi pazienti Mantenimento della relazione con i pazienti già assistiti Gli atteggiamenti nei confronti dei servizi Struttura, organizzazione e processi Collaborazione interdisciplinare 3. Approcci diversi al Pharmaceutical Care Una vista di insieme Segmentazione delle farmacie in base al PhC Il profilo dei tre segmenti di farmacie (condizioni oggettive) 4. L’evoluzione del Pharmaceutical Care in Europa Numerosi i progetti elaborati Il profilo dei rispondenti a confronto Comportamento in tema di Pharmaceutical Care Evoluzione del Pharmaceutical Care nel corso del tempo 5. Considerazioni conclusive e uno sguardo al futuro della farmacia Riflessioni in tema di Pharmaceutical Care Traiettoria evolutiva per una farmacia dei servizi Protocollo d’intesa 2 5 5 9 12 15 17 20 34 45 55 59 74 89 89 101 112 123 123 125 129 131 136 136 139 142
  • 6. 5 PHARMACEUTICAL CARE E COINVOLGIMENTO DELLA FARMACIA NELLE CURE PRIMARIE Definizione e ambiti di azione del Pharmaceutical Care Il concetto di Pharmaceutical Care viene definito come: “Il servizio di supporto professionale alla corretta ed efficace assunzione del- la terapia farmacologica al fine di conseguire risultati che migliora- no la qualità di vita di un paziente”. Questa definizione è stata data da Hepler e Strand, due accademici rispettivamente appartenenti all’University of Florida e all’University of Minnesota nei primi anni Novanta (cfr. Hepler CD, Strand LM.; “Opportunities and responsibi- lities in pharmaceutical care”. Am J Hosp Pharm. 1990; 47:533–43). Secondo essa il PhC (Pharmaceutical Care) coinvolge non soltanto la dispensazione della terapia farmacologica, ma anche il supporto, il consulto e il servizio di controllo ai pazienti per un uso corretto ed efficace della terapia farmacologica, soprattutto per coloro che sono affetti da patologie croniche, magari anche multiple, e che prevedo- no quindi multi-trattamenti farmacologici. Un aspetto che caratterizza l’approccio PhC è la messa a punto di un programma personalizzato di follow-up del paziente, finalizzato a monitorare l’iter della terapia e il conseguimento dei risultati definiti e attesi (per esempio la riduzione o eliminazione dei sintomi di uno stato di malessere). Un programma di PhC dovrebbe, quindi, inclu- dere: • consulto del paziente per valutare sia l’effettiva comprensione e capacità di rispettare la terapia farmacologica, sia per iden- tificare eventuali esigenze e peculiarità nel trattamento farma- cologico; • valutazione della terapia farmacologica assegnata, per indivi- duare potenziali problemi legati all’assunzione farmacologica (per esempio, effetti collaterali, interazione di più farmaci, limi-
  • 7. 6 Pharmaceutical Care e coinvolgimento della farmacia nelle cure primarie ANALISI DELLO STATO DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA tata aderenza e compliance del paziente); • messa a punto di un piano di monitoraggio, per assicurare che gli obiettivi terapeutici siano raggiunti e verificare l’insorgere di eventuali complicanze, in tema d’interazione tra farmaci; • educazione del paziente sul suo stato di salute, gestione della patologia e, in generale, di iniziative per la promozione della salute della cittadinanza; • collaborazione tra farmacisti e altri operatori sanitari (medici di medicina generale, specialisti, infermieri, ecc.), per prevenire, identificare e risolvere problemi legati all’assunzione del far- maco e alla salute del paziente. L’essenza del PhC, quindi, consiste nello spostare l’attenzione dalla semplice consegna del farmaco alla sistematica e organizzata erogazione di un servizio d’assistenza, per una corretta fruizione del- la terapia farmacologica e il raggiungimento degli obiettivi di cura. Così farmacia e farmacista diventano maggiormente responsabiliz- zati sul risultato della terapia, ma non si sostituiscono al medico, nè di base nè specialista, ma si integrano assumendo un ruolo specifico nella rete dei servizi al paziente, contestualizzando in modo più mar- cato il proprio ruolo fondamentale nel Ssn. Sulla scorta di questa definizione si è creata nel tempo una speci- fica teoria, che fa ritenere il PhC disciplina propriamente applicabile nelle farmacie di comunità. Nel 1994, infatti, viene fondato il PCNE, un’organizzazione con lo scopo precipuo di diffondere in Europa la disciplina del PhC. Il nome stesso del gruppo -composto da ricerca- tori, accademici e farmacisti professionisti- è l’acronimo di Pharma- ceutical Care Network Europe (vedi www.PCNE.org). Anche il PCNE, che è incentrato esclusivamente sui temi del PhC nelle farmacie di comunità, ha consolidato nel tempo proprie prassi operative, sintesi dell’esperienza compiuta nei vari Paesi membri. La stessa definizione di PhC, frutto di una visione maturata in più Paesi, è stata rivista nel 2013 da questo gruppo di ricerca: Kurt E. Her- sberger (Svizzera), Nina Griese-Mammen (Germania), Maria Cordina (Malta), Mary P. Tully (Regno Unito), Veerle Foulon (Belgio), Charlotte Rossing (Danimarca), Foppe J.W. van Mil (Olanda). Eccola:
  • 8. 7 Il PhC è il contributo del farmacista all’assistenza e la cura dei pazienti presi nella loro individualità, al fine di ottimizzare l’assunzione dei farmaci e migliorare il loro stato di salute. Questa definizione enfatizza alcuni punti decisivi per la farmacia: 1. La centralità del farmacista, e soprattutto della farmacia di co- munità: per il PCNE il PhC è prioritariamente affidato al farma- cista, perché in possesso della parte critica di conoscenze e competenze: chimica e cinetica del farmaco. 2. Questo non deve indurre a pensare che il PhC sia soltanto del farmacista, perché è un gioco di squadra, che implica la col- laborazione tra le diverse professionalità. Ergo, la farmacia è chiamata a instaurare un dialogo continuo con gli altri opera- tori della salute. 3. Centro di questa attività è la cura e l’assistenza degli individui presi singolarmente: uno alla volta. Ciò implica che il lavoro del PhC si sostanzia in piani d’intervento diretti e specifici per sin- goli pazienti. Il farmaco è un bene standard, soprattutto quan- do prodotto in serie dall’industria, mentre il PhC è sempre e solo personalizzato. Quindi, può includere le attività di edu- cazione, informazione e counselling erogate al banco durante la consegna del farmaco, ma non è da confondere con esse, perché qui non è richiesta la conoscenza e il rapporto con il singolo paziente. 4. Ottimizzare l’assunzione del farmaco è un punto fermo del PhC. La personalizzazione del rapporto di cui abbiamo parlato al punto precedente, infatti, induce il farmacista a indagare non soltanto su temi strettamente connessi alla terapia del paziente, ma anche sulle sue stesse condizioni (stile di vita, abitudini alimentari, comportamenti e atteggiamenti rispetto
  • 9. 8 Pharmaceutical Care e coinvolgimento della farmacia nelle cure primarie ANALISI DELLO STATO DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA al concetto di salute), tali da generare i cosiddetti problemi farmaco-correlati. Questa ottimizzazione deve, quindi, essere ricercata proprio nella riduzione o eliminazione dei problemi farmaco-correlati. Vediamo quindi come il farmacista, che adotta un approccio PhC, è in grado d’affrontare i problemi farmaco-correlati. “Problemi far- maco-correlati: pietra miliare del PhC”: così titola un articolo di Fop- pe van Mil (comitato scientifico del PCNE), pubblicato sul “Journal of the Malta College of Pharmacy Practice” nel 2005. La gestione dei problemi farmaco-correlati è, infatti, il cuore del PhC, perché proprio da questi “problemi” può ingenerarsi il suo fal- limento, ovvero la non ottimizzazione dell’uso dei farmaci, o il peg- gioramento della qualità di vita del paziente. Le fonti dei problemi farmaco-correlati possono essere rintracciate in tre fattispecie, come evidenziato in figura 1.1: Fig. 1.1 – Fonti dei problemi farmaco-correlati Si potrebbe pensare che il PhC focalizzi l’attenzione sui problemi che si originano in farmacia, cioè sostanzialmente sulla dispensazione (vedi figura 1.1), perché gli altri, perlomeno quelli connessi con i pro- blemi prescrittivi, dovrebbero essere analizzati altrove(per esempio, nell’ambito medicale). In realtà l’ambito d’azione del PhC si estende su tutti e tre i livelli (medicina, farmacia e paziente). La disciplina del PhC sostanzialmente entra in azione proprio nella terza fase, cioè quella che vede una forte interazione con il paziente. Questa fase temporalmente è l’ultima delle tre e, quindi, vede riuniti gli effet- ti (positivi e negativi) anche delle prime due. Cioè il PhC intervie- ne nella valutazione e verifica degli effetti integrati e sinergici dei tre processi governati da soggetti diversi, ma comunque impattanti sull’outcome terapeutico e sulla salute del paziente (crf fig. 1.1). Ma allora, ci si potrebbe chiedere, perché proprio il farmacista è
  • 10. 9 chiamato a governare questo processo che travalica i confini del suo operato (fase della dispensazione)? Perché è colui che, a valle, vede l’intero processo (integrato nelle tre componenti), perché possiede competenze sul farmaco e sul paziente e, infine, perché ha modo di frequentare il paziente più di quanto facciano le altre professioni. Si stima, infatti, che il farmacista, proprio per il servizio di consegna del farmaco, abbia la possibilità d’incontrare il paziente ben sei volte più del medico curante. I problemi farmaco-correlati possono ulteriormente essere classi- ficati come reali e manifesti, cioè tali da influenzare il risultato della terapia, oppure potenziali, cioè problemi non ancora manifesti, ma che possono impattare negativamente sui risultati terapeutici. Qui il farmacista è chiamato a valutare le probabilità di rischio e il possibile impatto e, di conseguenza, capire come limitarne gli effetti. Infine, i Problemi farmaco-correlati possono essere evitabili e ine- vitabili. Fra questi ultimi, van Mil cita per esempio la nausea, quale effetto collaterale nell’assunzione di farmaci oncologici o nelle inte- razioni tra terapie anti Aids. Che si tratti di problemi evitabili o inevi- tabili, comunque sia, il farmacista che si ispira al PhC è tenuto a com- piere le dovute indagini, affinché sia minimizzato l’impatto negativo sullo stato di salute del paziente. E questo, proprio in ossequio alla definizione di PhC prima data. In sostanza, il PhC mette il farmacista e la farmacia territoriale al centro di questo processo, dando grande risalto al suo ruolo. Ma, al contempo, responsabilizzandolo maggiormente rispetto ai livelli connessi alla dispensazione del farmaco. Prospettiva internazionale del Pharmaceutical Care Proprio in virtù di questa rilettura del ruolo della farmacia territoria- le nell’ambito delle cure primarie, e della sua centralità nella gestio- ne dei problemi farmaco-correlati o nel supporto per una maggiore aderenza del paziente cronico, sono stati ovunque attivati progetti e programmi per un suo maggiore coinvolgimento nel processo delle cure primarie. La figura 1.2 mette in evidenzia una serie di iniziative sperimentate in vari Paesi e Continenti, più o meno convergenti con
  • 11. 10 Pharmaceutical Care e coinvolgimento della farmacia nelle cure primarie ANALISI DELLO STATO DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA Fig. 1.2 – Esperienze di programmi e progetti per sviluppare il PhC la nozione di PhC prima delineata. Le esperienze che si sono susseguite nel tempo per mettere in atto la disciplina del PhC sono svariate e presentano anche obiettivi diver- si. Nessuno di essi, però, riesce a coprire in maniera compiuta l’inte- ro corpo teorico del PhC. Per esempio, il patient counseling, nato intorno alla fine degli anni ’80, è un primo passo di avvicinamento al PhC, ma da esso differerisce in quanto non è finalizzato ad assistere in via continuativa il paziente cronico, occupandosi prioritariamente di rimuovere i vincoli che ostacolano una piena comprensione delle informazioni sul farmaco e sulla sua assunzione. Esistono svariate iniziative per mettere in piedi programmi per l’assistenza di pazienti con specifiche patologie, tipo il diabete. Que- ste vanno classificate con il nome di Disease management, e sono più particolareggiate rispetto al patient counselling, in quanto non si limitano a fornire una base conoscitiva condivisa con il paziente, ma offrono invece il supporto assistenziale continuativo (prevedono, per esempio, la programmazione degli interventi attraverso il follow-up). Il desease management, comunque sia, non copre l’intero spettro
  • 12. 11 del PhC, in quanto si concetra su una patologia, quindi con parziale copertura delle problematiche generali, senza specifici approcci ver- so pazienti con più morbilità e, quindi, multitrattati. Ha invece l’obiettivo di coprire in maniera totale tutte le proble- matiche e la patologie del paziente il Comprehensive Medication Review. Nato nei Paesi nord europei è un progetto portato avanti proprio per assicurare assistenza a coloro che sono politrattati (cin- que terapie concomitanti, che possono comportare l’assunzione quotidiana di 15-20 pillole). L’Home Medication Review è un programma sviluppatosi in Au- stralia, per assicurare l’assistenza in chiave PhC a pazienti che non possono muoversi da casa. Il Medication Therapy Management è nato negli USA, per as- sistere in farmacia pazienti privi di copertura assicurativa, che non potevano ottenere i servizi sanitari a pagamento. Assomiglia mol- to al PhC in quanto ha come scopo quello di assistere il paziente nell’assunzione delle terapie e migliorare l’outcome terapeutico. Si fonda su alcuni punti essensiali: la revisione della terapia; la stesura di un fascicolo del paziente con tutte le informazioni cliniche; il pia- no di azione che prevede l’intervento del farmacista e il possibile deferimento al medico; il programma di follow-up per assicurare la continuità assistenziale. Medicines Use Review è un programma sviluppatosi nel Regno Unito dal 2005 e voluto dal NHS (Servizio sanitario nazionale), con lo scopo di verificare le condizioni di consapevolezza del paziente in tema di assunzione dei farmaci. Si fonda sui seguenti elementi: revisione delle terapie a opera di farmacista e paziente, finalizzata a valutare lo stato di consapevolezza del paziente e a identificare potenziali sovrapposizioni di farmaci; offrire informazioni al paziente su un uso più corretto del farmaco; presentare al paziente potenziali rischi causati da un uso improprio del farmaco, quali effetti collatera- li, interazioni farmaco su farmaco, ecc. Una valutazione, compiuta nel biennio 2011-12, informa che a questo programma hanno aderito circa 8 mila farmacie, con una co- pertura di più di 2 milioni di casi applicativi e con un costo di 68 mi- lioni di sterline per il NHS. Si stima che il costo nazionale del farmaco non correttamente impiegato ammonti a circa 300 milioni di sterline
  • 13. 12 Pharmaceutical Care e coinvolgimento della farmacia nelle cure primarie ANALISI DELLO STATO DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA l’anno; perdita secca di valore che, in parte, può essere ridimensio- nata per effetto di progetti e interventi quali il MUR. Esistono progetti pilota di applicazione di questo programma anche in Italia. Qualcosa di simile esiste anche nella vicina Svizzera, dove hanno coniato il termine Polimedication Check, proprio a te- stimoniare come questo sforzo d’affiancare il paziente nella guida a un uso corretto del farmaco abbia maggior importanza proprio nei pazienti multitrattati (Polimedication). In sintesi, esistono diverse esperienze compiute nel vecchio Con- tinente, oltreoceano e fino nell’emisfero australe, tendenti a confer- mare l’importanza di coinvolgere la farmacia nel percorso delle cure primarie, e spingerla a favorire il corretto impiego dei farmaci da parte dei pazienti. Proprio in ragione di queste esperienze e dell’attenzione da parte del PCNE ad assumere il ruolo di centro di ricerca, nonché magne- te delle esperienze europee, la presidenza di Federfama ha ritenuto nel 2012 di dare seguito alla richiesta di partecipazione dell’Italia al gruppo di ricerca. Questa partecipazione, che a oggi è assicurata dall’estensore del presente manuale, ha due scopi. 1. Informare e rendere noto al centro di ricerca le iniziative e lo stato dell’arte dei servizi in farmacia in Italia. 2. Accedere a esperienze, programmi e progetti sviluppati negli altri Paesi, come spunto per riflessioni e iniziative all’interno dei nostri confini. Durante il 2013 si è così dato corso al primo programma di lavoro in comune con il PCNE. Si è trattato di un progetto di ricerca per valutare l’applicazione nei Paesi UE delle logiche e della pratica PhC nelle singole farmacie. A questo programma di ricerca hanno aderito 13 Paesi, fra cui l’Italia, collezionando complessivamente un campio- ne di più di 5.000 risposte, di cui 822 in Italia. Nel prossimo capitolo analizzeremo nel dettaglio la struttura di questa ricerca, fondata sugli elementi della disciplina del PhC, e avremo così modo di posizionare l’Italia nel modello PhC e, insieme, di confrontarla con la farmacia europea.
  • 14. 13 Il ruolo della farmacia territoriale nelle cure primarie La volontà di approfondire in Italia la conoscenza sulla PhC non è, naturalmente, fine a se stessa, ma va interpretata come la necessità di capire -e dotarsi di strumenti forti- per affrontare con successo lo sviluppo della farmacia, intesa come attore importante nel quadro delle cure primarie. Da più parti, infatti, si avverte l’esigenza di rior- ganizzarle, dopo che hanno raggiunto livelli ragguardevoli di spesa, addirittura al di sopra della spesa secondaria. Alcuni affermano che il futuro delle politiche sanitarie è proprio da ricercare nelle cure primarie. Tale riorganizzazione in parte è già in atto, e prende spunto dalla cosiddetta “sanità di iniziativa”, dove gli operatori della salute -in primis il medico territoriale- si attivano per la presa in carico del paziente cronico, assicurando un program- ma di continuità assistenziale. E dove anche lo specialista è al servi- zio dei percorsi diagnostici e di cura, e collabora con la medicina di base. Insomma, riorganizzazione e rinforzo nella logica del gioco di squadra, partendo dal principio che proprio nel servizio territoriale si può ridurre all’essenziale il coinvolgimento, assai costoso, delle strut- ture. Peraltro, molti progetti sperimentali vanno proprio in questa direzione (assistenza integrata 24 ore al giorno, modelli territoriali di Chronic Care, Creg in Lombardia, strutture di comunità, Case della salute, e così via). E la farmacia, che ruolo gioca in questo scenario? La farmacia di comunità, per sua definizione, è territoriale, cioè ancorata nel tes- suto sociale. Lo dimostrano le svariate ricerche che mettono in luce la fiducia che il cittadino riversa appunto nella figura del farmacista, quale professionista capace di offrire un aiuto, un supporto. Questo però non è sufficiente. Occorre che la farmacia di comu- nità sappia interagire in maniera sistematica con le altre professioni sanitarie, dimostri di saper prendersi in carico il paziente, in quel pro- gramma di sanità d’iniziativa accennato prima. Come dice l’attuale presidente di Federfarma, Annarosa Racca, va auspicata una farma- cia sempre più attiva, per portare l’aderenza media del paziente alle terapie dal 40% a un potenziale 70%, con benefici per il paziente stesso e tutta la collettività. Impegno questo che, pur se in un con-
  • 15. 14 Pharmaceutical Care e coinvolgimento della farmacia nelle cure primarie testo non facile, può essere alla portata delle farmacie, perché di- spongono di competenze specifiche complementari a quelle delle altre professionalità sanitarie. Per esempio, proprio in una logica di Chronic Care model, la farmacia trova un suo collocamento ideale forte e unico come rappresentato da figura 1.3. INFERMIERISTICA Assiste il paziente FARMACIA Dispensa, amministra e controlla la terapia MMG Gestisce il paziente e il PDTA e PAI SPECIALISTA Definisce il PDTA, gestisce la patologia Fig. 1..3 - Il modello di Chronic Care e il ruolo della farmacia Qui il gioco di squadra è vincente: assicurare continuità assisten- ziale ai pazienti cronici significa definire un Piano Diagnostico Tera- peutico Assistenziale e personalizzarlo per ogni paziente arruolato nel programma. Il PAI (Piano Assistenziale Individuale), documento che individua il percorso specifico per il singolo paziente, guida gli operatori che lo accompagnano. La farmacia in questo scenario può attivarsi ben oltre quello che oggi realizza, ovvero la consegna del farmaco accompagnato da informazioni sull’uso. Grazie alle competenze distintive che possiede in tema di chimica del farmaco, di farmacologia, di cinetica della terapia sull’individuo, può aiutare il paziente e il medico ad assicurare una corretta ammi- nistrazione della terapia. Può così favorire una maggiore aderenza del paziente e può intercettare e cercare di rimediare a eventuali problemi farmaco-correlati. In sintesi, può attivarsi profittevolmente nel mettere in pratica la disciplina del PhC.
  • 16. 15 ANALISI DELLO STATO DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA L’essenza del Pharmaceutical Care consiste nello spostare l’atten- zione dalla semplice consegna del farmaco al paziente, alla sistema- tica e organizzata erogazione di un servizio di assistenza, per fruire di una corretta terapia farmacologica e raggiungere gli obiettivi di cura. Così la farmacia e il farmacista partecipano responsabilmente al risultato della cura, pur non sostituendosi né alla medicina di base, né a quella specialistica, ma integrandosi con esse e assumendo un ruolo nella rete di servizi al paziente, al cittadino e contestualizzando in maniera più marcata il proprio ruolo fondamentale nel Ssn. A ben vedere, quanto qui affermato forse non rappresenta nulla di nuovo nel panorama dell’operatività della farmacia. Quotidiana- mente, infatti, i 18 mila presidi territoriali che schierano complessi- vamente qualcosa come 60 mila (fonte sito Federfarma) farmacisti al servizio della cittadinanza, già operano nella direzione di aiutare e assistere pazienti, cittadini nonché clienti. I risultati della ricerca dimostrano, infatti, la disponibilità e le risorse che le farmacie metto- no in campo per informare i pazienti e supportarli per una migliore conoscenza del farmaco. Chi più, chi meno, si rende disponibile ad aiutare anche da un punto di vista umano quanti, a volte visibilmente, soffrono e richiedono appunto aiuto e ascolto da parte dei farmacisti. Sotto questo punto di vista il PhC fa già parte dell’attività quotidiana dei farmacisti e in questo senso dovrebbe trovare piena applicazione, anche se nella pratica comune non viene chiamato in questo modo o ancor più non viene riconosciuto come disciplina autonoma. In realtà, a questa visione ottimistica se ne deve affiancare una più realistica. Il modello di funzionamento delle nostre farmacie si basa sulla dispensazione del farmaco e privilegia, correttamente, la veloci- tà di evasione delle richieste del paziente, siano esse dietro prescri- zione o su istanza volontaria (scontrino). Questo purtroppo potrebbe voler dire in molti casi carenza di tempo da dedicare all’assistenza dei pazienti più bisognosi, proprio perché il ritmo del lavoro in farmacia è dettato dalla “coda” di clienti che si presentano al banco e che
  • 17. 16 Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia ANALISI DELLO STATO DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA devono essere serviti. Facendo un’associazione di pensiero, anche un po’ provocatoria, po- tremmo dire che la condizione di massima applicazione del PhC sareb- be da ricercare in un modello di funzionamento “ambulatoriale” della farmacia; cioè qualcosa che non esiste e probabilmente non esisterà mai, proprio perché la farmacia muove il suo funzionamento attorno al “banco” e trova giustificazione economica nello scambio di farmaci e prodotti e non nell’erogazione di servizi, come un ambulatorio medico che, se privato, è remunerato da tariffe di servizio professionale. Come spiegheremo meglio di seguito, l’applicazione della disci- plina di PhC in farmacia è un compromesso tra una gestione della farmacia da banco e una farmacia capace di accogliere il paziente, per esempio cronico, e supportarlo con un percorso di continuità assistenziale. Ciò non vuol dire -come evidenziato dalla figura 2.1- riorganizzare la farmacia come un “ambulatorio medico”, ma creare le condizioni per assistere in via continuativa i pazienti e al contempo servire le richieste veloci al banco. Il servizio di dispensa al banco, comprensivo di consulto, aiuto e rilascio di informazioni potrebbe non essere sufficiente per taluni pazienti problematici, e in molti casi purtroppo potrebbe offrire un livello di assistenza estemporanea, o non sistematica, proprio perché il lavoro segue il ritmo della conse- gna al banco, e mal si concilia con le esigenze di pazienti critici che necessitano di supporto. Fig. 2.1 – Modelli di farmacia a confronto
  • 18. 17 In definitiva, il PhC è una disciplina che è parte naturale della pro- fessione del farmacista; purtroppo essa viene applicata nella pratica soltanto in maniera estemporanea e occasionale, in virtù di un mo- dello di funzionamento della farmacia che vede centrale la dispensa- zione al banco. Nel futuro però la farmacia, per rendere sistematica la pratica di erogazione dei servizi, sarà chiamata a integrare alla con- segna al banco anche la sinergica erogazione di servizi di assistenza personalizzati ai pazienti, soprattutto cronici e magari multitrattati. Per fare ciò occorre progredire ed evolversi, seguendo un modello che è appunto quello presentato in questa ricerca e testato alla luce dell’esperienza dichiarata da più di 800 farmacie italiane. Il modello di funzionamento del Pharmaceutical Care Il modello parte da un assunto importantissimo: il ruolo chiave che la farmacia può avere nell’identificare e gestire i problemi far- maco-correlati che si possono presentare a pazienti cronici e ancor più gravemente a pazienti multitrattati. Pongo qualche domanda: qual è il rischio di commettere errori nell’assunzione farmacologi- ca per un paziente anziano multitrattato? Cioè che è in cura con più di 5 terapie, che comportano l’assunzione quotidiana di 10-15 pillole o similari? Che tipo di giovamento può ottenere questo pa- ziente dall’affiancamento del suo farmacista nel percorso di cura? Sappiamo che i momenti di contatto tra la farmacia e il paziente sono circa sei volte superiori ai momenti di contatto fra il paziente stesso e il suo medico curante. Questo dice molto, in termini di efficacia del servizio offerto dalla farmacia che assiste un simile paziente. Il modello di PhC parte, quindi, dall’organizzazione di un sistema di supporto per identificare e gestire i problemi farma- co-correlati in cui può incappare un paziente cronico. Una gestio- ne che si fonda su quattro attività fondamentali, che vedremo di seguito. Il modello di PhC non soltanto si basa sulla centralità della far- macia nella gestione dei problemi farmaco-correlati, ma afferma anche l’importanza della gestione dei pazienti come strumento base appunto per identificare e gestire i problemi stessi. Da ulti-
  • 19. 18 Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia ANALISI DELLO STATO DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA mo, e come riportato graficamente in figura 2.2, perché si possa sviluppare e progredire la pratica di PhC nelle farmacie italiane è importante che tre aspetti, che definiremo antecedenti, siano sod- disfatti: 1) atteggiamenti e predisposizione verso l’erogazione dei servizi; 2) apertura collaborativa della farmacia verso la rete degli operatori delle cure primarie; 3) presenza in farmacia di idonea struttura, strumentazione e organizzazione. Intendo rappresentare questo modello, che è fondante del PhC e al contempo programmatico per una sua applicazione in farma- cia, con la metafora della “costruzione”, in quanto incarna da sem- pre un ideale di robustezza e longevità. Fig. 2.2 – Il modello di applicazione del Pharmaceutical Care
  • 20. 19 La farmacia che fa servizi, oltre alla consegna del farmaco, si ado- pera per gestire problemi connessi all’assunzione della terapia (fig. 2.2). Aiuta, per esempio, la collettività ad aumentare il grado di aderenza del paziente alla prescrizione e alla terapia indicata dalla medicina e produce così un valore sociale distintivo e unico, cioè non generabile da altri operatori e, quindi, non sostituibile. Perché que- sto piano di attività sia praticato, occorre però che la farmacia sia in grado di assicurare una continuità assistenziale al paziente (gestione dei pazienti ripetuti fig. 2.2). Per garantire questa continuità assistenziale è fondamentale che la farmacia instauri, sin da subito, un rapporto duraturo con i nuovi pa- zienti che entrano in farmacia. In poche parole: “arruolare i pazienti per un programma di assistenza e supporto continuativo” (prassi di arruolamento di nuovi pazienti fig. 2.2). Affinché poi questa casa, costituita appunto su tre piani complementari fra di loro, stia in piedi e sia solida è necessario che sia eretta su precise fondamenta. In par- ticolare, tre sono i pilastri che sorreggono e rendono possibili i servizi di assistenza (PhC) in farmacia. Innanzitutto, una predisposizione (atteggiamento) a partire dal ti- tolare di farmacia di sviluppare i servizi in aggiunta e in piena comple- mentarità con la dispensazione del farmaco. Il tema è particolarmen- te spinoso, perché nel vissuto di tutti si ritiene che i servizi drenino risorse e non generino ricavi, tenuto conto che nessuna convenzione è stata estesa ad essi. Inoltre la farmacia ha perso valore economico negli ultimi anni (causa la riduzione dei ricavi e dei margini) e, quindi, ha sempre meno risorse per finanziare l’innovazione connessa al lan- cio dei servizi. Discuteremo di questo aspetto più avanti. Il secondo pilastro che forma le fondamenta della casa del PhC è la collaborazione. Un tema che scotta, perché rimanda da subito al “dialogo fra sordi-muti” con la medicina generale e gli altri ope- ratori della sanità, ma non solo! Analizzeremo anche il rapporto che sussiste tra gli stessi farmacisti e come questo possa impattare nel- la costruzione di una rete di servizi, offerta potenzialmente dalle 18 mila farmacie (e i 60 mila professionisti schierati), che sono o sareb- bero i potenziali nodi di una rete, che assicura un beneficio sociale incommensurabile, oltre a un risparmio di spesa nella prevenzione e maggiore aderenza.
  • 21. 20 Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia ANALISI DELLO STATO DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA Il terzo pilastro riguarda la dotazione strutturale necessaria per fare servizi. Essa è fatta prioritariamente di elementi materiali, quali per esempio gli spazi e i locali della farmacia (che comunque sem- brano non essere un problema per la maggioranza delle farmacie, come poi vedremo), ma soprattutto di elementi immateriali, cioè norme, processi, protocolli di azione, schemi operativi che guidano la farmacia nel praticare i servizi “day-by-day” e che consentono alla singola farmacia di erogare servizi nel quadro più ampio di protocolli di cura (PDTA- Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali). Il PDTA è tanto importante in quanto assicura al paziente un servizio di assi- stenza senza soluzione di continuità (dall’ospedale al territorio, per esempio) e cementa al contempo il ruolo della farmacia come attore chiave (quindi inespugnabile) delle cure primarie. Definito il modello, entriamo nel dettaglio dei singoli elementi che lo compongono. La gestione dei problemi farmaco-correlati (DRP) Procedo nella spiegazione del modello a partire dall’ultima fase (terzo piano della casa), ovvero dai “problemi farmaco-correlati”, perché nei fatti questa è una misura effettiva di come la farmacia sia realmente in grado di aiutare i propri pazienti, quando appunto emergono problemi. La figura 2.3 riporta il dettaglio delle singole attività che compongono in via schematica il terzo piano della casa del PhC (riportata in figura 2.2), cioè l’attività di gestione dei proble- mi farmaco-correlati anche detti, in terminologia anglosassone, DRP (Drug Related Problem). Come si evince da una prima osservazione del contenuto di figura 2.3, i singoli passaggi che compongono l’attività di DRP presentano una logica sequenzialità, finalizzata appunto a garantire al paziente un’assistenza per la soluzione o il contenimento del suo problema. Per una definizione precisa, e di taglio anche clinico-farmaceutico del DRP, si rimanda alle pagine scritte dal gruppo di lavoro del PCNE che si è occupato appunto del tema (cfr http://www.pcne.org/wor- king-groups/2/drug-related-problems). Qui a noi interessa invece
  • 22. 21 precisare che il presidio dell’attività da parte del farmacista si struttu- ra sull’organizzazione di passaggi sequenziali e concatenati; appunto rappresentati come i gradini di una scala ascendente (figura 2.3). Fig. 2.3 – I singoli passaggi che scandiscono l’attività di DRP Innanzitutto vi è da sottolineaere che del totale campione di 822 farmacie, ben 354 (43%) dichiara di non controllare con routine nei propri pazienti l’esistenza di problemi connessi all’assunzione di far- maci. Il dato è abbastanza significativo ed evidenzia un atteggiamen- to carente da parte della farmacia (in poco meno della metà del cam- pione) nel capire ciò che accade dopo aver dispensato il farmaco. Atteggiamento questo che, evidentemente, è lontano da una pratica sistematica di Pharmaceutical Care. Circoscrivere il problema connesso all’assunzione di farmaci e condividerlo con il paziente Innanzitutto il farmacista si adopera per circoscrivere il problema e per condividere con il paziente una prima valutazione d’impatto sulla salute. Per misurare la frequenza con la quale tale attività viene svolta è stato chiesto all’intervistato (titolare di farmacia) di indicare quante volte ciò è accaduto, a partire dagli ultimi 5 pazienti visitati e che pre- sentavano evidenti problemi connessi con l’assunzione dei farmaci. La figura 2.4 mostra i risultati sul sottocampione di rispondenti che
  • 23. 22 Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia ANALISI DELLO STATO DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA hanno accertato l’esistenza di problemi, ovvero su 468 (57%) a parti- re dal campione di 822. In media possiamo affermare che nella metà dei casi (cioè 2,5 pa- zienti su 5) viene svolta l’attività di circoscrizione del problema; atti- vità preliminare a ogni tipo di trattamento successivo. Si badi bene però che questo valore deve essere riletto anche alla luce di quanti (34% del campione), avendo dichiarato di non controllare con routine i problemi farmaco correlati, presentano un valore nullo. In pratica, sul campione di 822 farmacie il valore medio di risposta a questa domanda è pari a 1,4. Fig. 2.4 – Attività di circoscrizione del problema sugli ultimi cinque pazienti 100 47 121 100 74 26 0 100 1 47 2 121 3 100 4 74 5 26 Condivisione del problema con il paziente 26 6% 100-21% 47-10% 121-26% 100-21% 74-16% 0 1 2 3 4 5 Numero di pazienti È interessante notare che il dato medio di 2,5 non è uniforme su tutti i rispondenti. A fronte di coloro che dichiarano di non riuscire a circoscrivere sistematicamente il problema con il paziente (57%, somma di quanti non eseguono mai l’attività, o al massimo due volte su cinque – colori giallo, verde e viola), vi sono coloro che invece si
  • 24. 23 sono organizzati per farlo sistematicamente (almeno 4 volte su cin- que) e questi sono 100 su 486, cioè il 22%. Esiste infine il 21% che riesce a compiere questa attività nella maggioranza dei casi, ovvero 3 volte su 5. Interpretare e documentare l’obiettivo per risolvere il problema Il secondo passo che contraddistingue il processo di gestione dei problemi farmaco-correlati è l’identificazione di un obiettivo di miglio- ramento e la sua condivisione con il paziente. Il dato medio desumibile da figura 2.5 evidenzia che su 5 pazienti in media soltanto su 1,8 viene eseguita questa fase di processo, peraltro determinante per cercare di superare il problema e per migliorare l’outcome della terapia. Fig. 2.5 – Definire l’obiettivo per risolvere il problema 128 101 97 66 15 61 128 101 97 66 15 61 61-13% 128-27% 101-22%97-21% 66-14% 15-3% 0 1 2 3 4 5 Numero di pazienti Come per la fase precedente, si evidenziano approcci diversifica- ti nell’esecuzione dell’attività. In generale valgono le considerazioni fatte in precedenza, fatto salvo che il numero di coloro che eseguo-
  • 25. 24 Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia ANALISI DELLO STATO DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA no questa attività in maniera sistematica si abbassa (non superando nemmeno il centinaio di casi), a favore di coloro che invece dichiara- no di non effettuare questa attività come fase del proprio lavoro (128 casi), oppure di coloro che non la fanno sistematicamente. Se sommiamo coloro che non eseguono l’attività, oppure che la eseguono solo residualmente (somma di 0 e 1), raggiungiamo pra- ticamente la metà del campione. Come abbiamo visto, la somma di coloro che non fanno o fanno residualmente il primo livello di attivià (circoscrizione del problema) assume un valore pari al 36%. Esiste, quindi, una marcata differenza fra il primo step di processo (circoscri- zione) e il secondo (definizione obiettivo). Credo che questo aspetto si giustifichi proprio nella modalità di funzionamento della farmacia tradizionale. Mentre la prima attività è qualcosa di più vicino con la gestione del banco, la seconda, invece, è qualcosa di estraneo, che richiede un comportamento proattivo del farmacista, addirittura un atteggiamento di presa in carico del paziente; oserei definirlo un “appalto psicologico” del problema del paziente. Qualche esempio per spiegare meglio il concetto. Normalmente accade che è il paziente stesso a richiamare l’attenzione del farma- cista su un problema connesso all’assunzione del farmaco, oppure è il farmacista che si accorge -dai comportamenti o dallo stato in cui versa il paziente- che possono esistere problemi connessi con la terapia. In questi casi è quasi una conseguenza naturale porre delle domande al paziente, per cercare di circoscrivere quello che sappia- mo potrebbe essere un problema che vanifica l’effetto della terapia (vedi figura 2.6). Questo invece non avviene con altrettanta naturalezza e frequenza quando parliamo di interpretare e documentare un obiettivo tera- peutico per il problema che avverte il paziente. Almeno due le mo- tivazioni. Innanzitutto la mancanza del cosiddetto “appalto psicolo- gico”. Il farmacista è responsabilizzato sul farmaco, deve assicurare che il farmaco giunga nelle mani del paziente nelle modalità corrette e che il paziente abbia le informazioni per una corretta assunzione (assicurare in via sistematica e certa questa finalità non è sempre semplice, nè tantomeno scontato). Su quello che accade dopo, il far- macista non è e non può essere responsabilizzato, conseguentemen- te trova maggiore difficoltà ad assumersi l’onere di definire obiettivi
  • 26. 25 per la soluzione del problema. Spesso infatti il comportamento che segue alla circoscrizione di un problema è il deferimento al medico curante (come vedremo più avanti il farmacista utilizza molto questa opportunità ritenendo appunto che il suo compito si concluda con l’emersione del problema cfr figura 2.43). Inoltre definire un obiettivo per la rimozione del problema comporta di per sè l’accettazione di un percorso formale di affiancamento dove il farmacista pone le basi (l’obiettivo appunto) per aiutare il paziente nel tempo, tenuto conto che molti problemi purtroppo non si risolvono con un intervento una tantum, ma richiederanno successive revisioni e ritarature. Revisioni e ritarature che implicano la necessità di tenere traccia formale sia degli obiettivi che delle successive revisioni; aspetto questo che è purtroppo lontano dalle possibilità della farmacia tradizionale centra- ta sulla dinamica del servizio al banco. Per definire obiettivi abbiamo bisogno di avere strumenti di archiviazione, per esempio un dossier del paziente la cui gestione e manutenzione quotidiana solleva pro- blemi organizzativi di non poco conto soprattutto in riferimento alla gestione dei pazienti al banco. Non si commette infatti un grande errore nello stimare in circa 5-10 minuti il tempo medio di interazio- ne al banco con l’avventore. In una dinamica di incontro così veloce Fig. 2.6 – Dialogo per la circoscrizione del problema
  • 27. 26 Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia ANALISI DELLO STATO DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA non è infatti facilmente conciliabile la necessità di mantenere archivi aggiornati anche se digitali e quindi di più agevole consultabilità. La figura 2.7 prova a sintetizzare il concetto attraverso relazioni di cau- sa-effetto tra fenomeni. Osservando la figura 2.7 ci possiamo accorgere che non esiste un unico motivo prevalente che spiega la scarsa propensione da defini- re gli obiettivi terapeutici per pazienti con problemi. Nè tantomeno esiste un causalità lineare e sequenziale di fenomeni. Invece molti fenomeni collegati fra di loro, ma pur sempre importanti sono alla base di questo aspetto. Mettere a punto una strategia Il terzo passo connesso ad una corretta gestione dei problemi far- maco-correlati consiste nella definizione di una strategia risolutiva del problema. Sempre tenendo in conto solo coloro che si dichiarano disposti a presidiare di routine i pazienti con problemi farmaco-correlati (cioè 53% su 822 rispondenti) emerge, fin da una prima visione del grafico Fig. 2.7 – Fenomeni che inibiscono la definizione degli obiettivi
  • 28. 27 Fig. 2.8 - Percentuale di chi Identifica e mette a punto una strategia risolutiva 126 87 90 68 25 72 126 87 90 68 25 72 72-15% 126-27% 87-19% 68-15% 25-5% 90-19% 0 1 2 3 4 5 Numero di pazienti di figura 2.8, che in media la definizione di un piano strategico di azione è eseguito per 2 su 5 pazienti. Il fenomeno fa riflettere, perché nei fatti coloro che non eseguono questo passaggio, o lo fanno soltanto raramente, ammontano a qua- si la metà (27%+19%). Se nella fase precedente il focus era sulla presa in carico del pa- ziente, con una logica assistenziale di non breve respiro, qui il tema centrale è la capacità della farmacia e del farmacista di “personaliz- zare” l’intervento. Spiego meglio che cosa intendo per “personaliz- zare”. Il farmacista è il depositario della conoscenza del farmaco; ne conosce tutte le caratteristiche chimiche e farmacologiche, sa quali sono le interazioni tra più farmaci, così come i potenziali effetti av- versi. Questa conoscenza, profonda e unica nello scenario degli ope- ratori della salute, si sostanzia nel prodotto, e pertanto è standard, tenuto conto che la maggioranza dei farmaci distribuiti in farmacia sono realizzati in modo uniforme dalle case farmaceutiche e vengono
  • 29. 28 Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia ANALISI DELLO STATO DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA spesso dispensati in formato “blisterato”. Questo comporta che il farmacista abbia come prioritaria attenzione il farmaco, assai meno il paziente. Nei fatti, il paziente arriva in farmacia con una prescrizione per una terapia definita dal medico curante e la farmacia si occupa di dispensare correttamente il farmaco. Questo processo è assicurato e validato per ogni paziente, ma proprio in quanto standardizzato non prevede sorta di personalizzazione alcuna. Il servizio di PhC, e in par- ticolare modo la gestione dei problemi farmaco-correlati, prevede in- vece un forte livello di personalizzazione dell’intervento, da garantire esattamente a misura del paziente. Il passaggio della “strategia” è proprio il momento nel quale questa personalizzazione prende cor- po. Il farmaco è uguale ovunque, ma l’interazione del farmaco nel metabolismo del singolo individuo può essere differente sia per “co- stituzione”, sia perché l’effetto terapeutico dipende anche da altre situazioni personali, quali il regime alimentare o lo stile di vita più o meno sedentario. Alle nozioni scientifiche del farmaco (standard) deve, quindi, aggiungersi la conoscenza del paziente, per garantire una comprensione personalizzata del trattamento e degli eventuali punti deboli. In sostanza, il farmacista deve oltrepassare idealmente il banco che lo separa dal paziente ed entrare nei suoi “panni”, per comprenderlo al meglio. Riprenderemo l’argomento nel prossimo paragrafo, quando parleremo di gestione del paziente. Tutto questo enfatizza quanto indicato in figura 2.1: la farmacia che si riconosce nel servizio diviene in parte una farmacia “ambulatoriale”. In altri termini, se devo personalizzare l’approccio di servizio sul paziente (non soltanto in termini di relazione cliente-fornitore, ma anche in termini clinici), devo avere il massimo d’informazioni e co- noscenza sul paziente. Quindi, dovrò fare in modo che la farmacia -quando necessario- assuma qualcosa che assomiglia, o trae spunto, da un’organizzazione di servizio ambulatoriale. Portare avanti un piano di follow-up e controllo L’ultimo passo nella gestione dei problemi farmaco-correlati è le- gato a un controllo costante del cammino compiuto verso la soluzio- ne del problema. La figura 2.9 mette in evidenza le risposte fornite dai rispondenti
  • 30. 29 Fig. 2.9 - Percentuale di chi porta avanti un piano di follow-up e controllo 208 81 78 35 22 43 208 81 78 35 22 43 43-9% 208-45% 78-17% 35-7% 22-5% 81-17% 0 1 2 3 4 5 Numero di pazienti nei confronti dell’attività di follow-up. Il grafico evidenza un sistematico decadimento nell’attività del far- macista. In media, essa viene portata avanti soltanto su 1,4 pazienti, rispetto ai 5 oggetto di analisi. Il 45% dei rispondenti dichiara di non eseguire nemmeno l’attività, il 17% di attivare il follow-up solo con un paziente su cinque, cioè in maniera residuale. Purtroppo, soltanto il 14% la esegue in maniera sistematica. È una fotografia che denota una forte “défaillance”, non soltanto dal punto di vista dell’efficacia del PhC, ma forse anche dal punto di vista della gestione “commer- ciale”. Come sostiene la dottoressa Annarosa Racca, presidente di Federfarma, l’aderenza media del paziente iperteso si aggira intorno al 40% ed è ipotizzabile che il dato riguardi anche altre patologie. Riuscire a vincere questa latenza del paziente nell’aderenza alla cura implica un continuo e costante supporto, oltre al convincimento che non può bastare un’unica sessione informativa sull’uso corretto del
  • 31. 30 Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia ANALISI DELLO STATO DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA farmaco. Infatti, molti altri elementi si aggiungono (stile di vita, re- gime alimentare, compresenza di altre terapie) e questo fa ritenere che il comportamento, anche se giudizioso, del paziente, non basti. Occorre un indirizzo, occorre aggiungere un monitoraggio che con- forti e guidi, talvolta anche riorientando il processo di assunzione del farmaco, e forse anche la cura. Questo sforzo si addice proprio alla farmacia perché, come detto in precedenza, incontra sistematica- mente il paziente e in quantità maggiore rispetto al medico curante. La farmacia è, quindi, proprio il luogo dove si può realisticamente mantenere alto il presidio di cura e la gestione della terapia. Il far- macista è il professionista che meglio riesce a fare questo lavoro, proprio perché, a differenza dalla specialistica e talvolta anche della medicina generale, vede e incontra tutte le richieste farmacologiche del paziente, che devono essere ritirate proprio in farmacia. Quindi è in grado di suggerire e apportare misure correttive. Ma il motivo che induce a pensare che non presidiare il follow-up sia un errore, è anche di natura economica. Se è vero che gestire il follow-up del paziente solleva anche una serie di problemi di tipo or- ganizzativo (come quelli esposti in figura 2.7), è altrettanto vero che consente di assicurare una solida relazione con il paziente, altrimenti abbandonato alla sua libera scelta. In figura 2.10 proviamo a sinte- tizzare il concetto e a indicarne le conseguenze in termini gestionali. Quando la farmacia, in ragione della propria competenza condivi- de con il paziente un percorso strutturato e cadenzato di assistenza, si instaura una relazione continuativa che genera effetti benefici sia per il paziente, in termini di presidio della patologia, sia per la farma- cia, anche in termini economici. Benefici di triplice natura. Innanzitut- to, con un regime cadenzato di incontri, la farmacia A (nell’esempli- ficazione di figura 2.10) raccoglie tutta la spesa farmaceutica del pa- ziente assistito (quindi ha anche maggiore certezza di essere ripagata degli sforzi profusi nell’erogazione dei servizi). In caso contrario, la spesa potrebbe essere distribuita anche su altri operatori, mancan- do un vero e proprio “sodalizio terapeutico assistenziale” che lega il paziente alla farmacia. In termini assoluti il gioco, da questo punto di vista, potrebbe essere a somma zero, nel senso che comunque la rete delle farmacie (A, B, C di fig 2.10) beneficerebbe dei volumi di farmaco movimentati, mentre nella visione del singolo (nel caso
  • 32. 31 Fig. 2.10 – Benefici della relazione con il paziente A) verrebbe meno una condizione forte per assicurare l’impegno di risorse a favore dei servizi di assistenza. Secondo aspetto: purtrop- po il gioco non è mai a somma zero! Sapendo che meno della metà dei pazienti è in grado di seguire la terapia in maniera giudiziosa, dobbiamo mettere in conto che nel tempo verranno “perse” delle prescrizioni, perché il paziente, per esempio sentendosi in “salute”, deciderà autonomamente di sospendere la terapia. Così il farmaco non verrà ritirato né nella farmacia A, né tantomeno nelle altre (vedi punto interrogativo di figura 2.10). Terzo aspetto rilevante (il dialogo continuo è frutto di un pro- cesso assistenziale, magari cadenzato con attività di monitoraggio) e consente al farmacista di agire, in chiave preventiva e sempre in ossequio alla deontologia professionale, per proporre soluzioni te- rapeutiche (immaginiamo Otc, ma anche suggerimento di farmaco a prescrizione successiva da parte del medico curante), in aggiunta al piano terapeutico in essere (vedi rilevanza e differenza degli scontrini
  • 33. 32 Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia nei due casi contrapposti di figura 2.10). Lascio al lettore una stima di quanto potrebbe essere l’effetto eco- nomico generato dalla “concentrazione” di spesa per una farmacia (effetto uno), dal fenomeno di “up-selling”, cioè sfruttamento pieno del potenziale di prescrizione in base alla patologia (effetto due) e, infine, “cross-selling”, cioè le vendite aggiuntive generate dall’auto- revolezza professionale del farmacista che si adopera per promuo- vere e tutelare la salute del paziente (effetto tre), attraverso rimedi anche di natura preventiva. Dati i quattro passaggi inerenti la gestione in ottica PhC delle pro- blematiche farmaco-correlate (DRP) propongo di seguito una sintesi che ricapitola i punti salienti del processo, e raffronta la realtà italiana con il valore desunto dalla rilevazione internazionale a cui hanno par- tecipato i colleghi farmacisti che operano Oltralpe (vedi figura 2.11). Come detto, il processo di gestione dei problemi farmaco-corre- Fig. 2.11 – Comportamenti di gestione dei DRP a confronto 2,2 2,5 2,2 2,8 1,4 1,04 1,13 0,79 0 1,25 2,5 3,75 5 Circoscrivere il problema Identificare l’obiettivo Definire una strategia Gestire il follow-up MEDIA UE MEDIA IT lati corre lungo quattro passi fondamentali, concatenati tra di loro come esposto in figura 2.11. La performance generale delle farma- cie italiane (campione totale di 822 farmacie, tenuto anche conto di coloro -43%- che hanno dichiarato di non eseguire con routine le attività di gestione dei DRP) si attesta intorno al valore medio di 1 paziente su 5, come evidenziato dalla spezzata azzurra di figura
  • 34. 33 2.11. Si riscontrano passaggi operativi più praticati (circoscrizione del problema) e meno praticati (follow-up del paziente) e per ciscuno di essi abbiamo provato a dare spiegazioni plausibili del fenomeno e dell’applicazione in Italia. Rimane ora da chiedersi se questo valo- re medio, che si attesta intorno all’unità (su base 5 pazienti), sia un dato confrontabile con quanto accade in altri Paesi che praticano la disciplina del PhC. Come è desumibile dal grafico di figura 2.11, il valore medio che assume la gestione dei problemi farmaco-correlati da parte del campione europeo di farmacie intervistate (5.000 farma- cie, comprese le 822 italiane) si muove intorno a 2,5 su base ultimi 5 pazienti presi a esempio. Il dato è sensibilmente superiore a quello italiano. Bisogna ricordare che vi sono alcuni Paesi ove, sulle tematiche di PhC, vi è già da molti anni grande attenzione. Per esempio, in Olanda le compagnie di assi- curazione, che sono il “payer” principale della spesa del farmaco e di quella sanitaria (diagnostica, medicina generale e specialistica, ospe- daliera, ecc.) sono molto attente ai livelli di spesa e all’efficacia ed effi- cienza delle risorse dedicate. Quindi promuovono incontri tra medici e farmacisti, per mettere a punto programmi personalizzati, in modo da presidiare in continuità assistenziale le patologie croniche del singolo paziente. Questo consente di assicurare la compensazione dei pazienti, di ridurre i problemi farmaco-correlati, e al contempo di ottimizzare le risorse a beneficio appunto del payer. In questo caso, la farmacia è molto più predisposta alla gestione dei problemi farmaco-correlati, e così il valore di questo componente del PhC è senz’altro più elevato del valore unitario che assume in Italia. In Gran Bretagna, con una direzione diversa rispetto all’Olanda, si arriva comunque a un risultato simile, che riconosce alla farmacia un elevato valore di presidio nella gestione dei DRP. Oltremanica, infatti, il Servizio sanitario nazionale (NHS, National Health System) promuove fra le altre attività anche il cosidetto MUR (Medicines Use Review), ov- vero un servizio che le farmacie offrono ai propri pazienti, arruolati così in un programma di assistenza che garantisce loro la piena conoscenza e consapevolezza delle terapie assunte. Al contempo, il farmacista che attua un programma MUR indaga sull’eventuale insorgenza di intera- zioni farmaco su farmaco, piuttosto che sulla probabilità d’incorrere in eventi avversi derivanti dall’assunzione dei farmaci in ragione dello
  • 35. 34 Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia ANALISI DELLO STATO DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA stile di vita del paziente (per esempio più o meno sedentario), o del- le abitudini alimentari, fenomeno questo che interagisce in maniera significativa con il farmaco. Senza entrare nei dettagli, risulta chiaro che quando intervengono stakeholder a favorire l’applicazione della prassi di PhC, si riscontra- no valori più elevati degli indici di DRP rispetto all’Italia, che si ac- cinge soltanto ora ad affrontare in maniera strutturata e sistematica il tema. Vi è da notare, comunque sia, che il valore assunto dal PhC medio in Europa non è vicino alla sua massima applicazione (cioè 5 casi su 5). Infatti, affermare che il valore medio europeo di presidio dei DRP (problemi farmaco-correlati) è pari a 2,5 pazienti su 5, lascia intendere che il bicchiere è mezzo pieno. Cioè la prassi è ancora ben lungi dall’essere applicata in maniera esaustiva e presenta spazi di miglioramento dovuti alla difficoltà intrinseca di modellare in farma- cia questa disciplina, che a volte può entrare in conflitto con la con- sueta e routinaria gestione della dispensazione del farmaco. Un’ultima annotazione che emerge dall’osservazione del grafico di figura 2.11 consiste nel divario rilevante che vi è fra Italia e me- dia UE per quanto riguarda il processo finale dei DRP, consistente nell’assicurare al paziente una continuità assistenziale, ovvero il “fol- low-up”. Mentre in Italia su questo punto si assiste a una riduzione di applicazione (che si attesta a livelli inferiori all’unità), nella media UE il valore è superiore alla media (2,5 su 5), attestandosi su valori vicini a 3 pazienti su 5. La continuità assistenziale è senza dubbio un requisito indispensa- bile di questo processo, proprio perché i problemi farmaco-correlati il più delle volte non vengono risolti in maniera istantanea, riguar- dando aspetti comportamentali dei pazienti. Al tempo stesso questa esigenza di continuità assistenziale sembra creare, soprattuto nelle farmacie italiane, problemi organizzativi, che determinano una sua ridotta applicazione. La presa in carico dei nuovi pazienti La gestione dei problemi farmaco-correlati è strettamente legata alla capacità di avere in farmacia un’organizzazione capace di gestire i pazienti con continuità assistenziale. Ciò non significa soltanto avere
  • 36. 35 con loro una buona relazione fiduciaria, ma implica la mes- sa a punto di un’organizza- zione di presidio che, da un lato, prenda in carico i nuovi pazienti e, dall’altro, ne ge- stisca nel tempo la continuità assistenziale. Per quanto attiene la pre- sa in carico di nuovi pazienti (arruolamento), quattro sono gli elementi che costituisco- no questo processo: 1) il dia- logo iniziale per conoscere lo stato di salute, i sintomi e le diagnosi mediche; 2) la definizione delle aspettative e dei risultati attesi dalla terapia; 3) il commento con il paziente della terapia; 4) la verifica che le informazioni siano state comprese e che siano stati ben definiti i prossimi passi da fare per la corretta terapia. Si tratta di passi sequenziali, che consentono alla farmacia di co- noscere il proprio paziente e di impostare un percorso di assistenza. Entriamo nel contenuto di ciascuno e verifichiamo come si posiziona la farmacia italiana. Fig. 2.12 – I 4 passi fondamentali dell’arruolamento di nuovi pazienti
  • 37. 36 Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia Definire le condizioni mediche del paziente La farmacia, nel corso di una giornata tipo, incontra cittadini che non ha mai avuto prima occasione di vedere. Quando questo acca- de, il comportamento naturale è quello di evadere la richiesta nel minor tempo possibile. Richiesta che può essere sotto forma di pre- scrizione medica, oppure riguardare la domanda di farmaci da banco o di prodotti. In tutti i casi, oltre a evadere in tempi celeri la richiesta, è lecito chiedersi il motivo per il quale il paziente ha bisogno di quel determinato rimedio farmaceutico. Questo tipo di approfondimen- to dovrebbe essere naturale, conseguente al rapporto professionale instaurato dallo stato fiduciario di cui beneficia il farmacista. D’altro canto, vi sono una serie di aspetti (scarso tempo a disposizione, pri- orità incombenti, ritrosia del paziente stesso, ecc.) che si possono frapporre a questo tipo di approfondimento e che, quindi, limitano il rapporto con il nuovo paziente alla sola consegna del farmaco. Il primo passo nella gestione dei nuovi pazienti in ottica PhC parte, appunto, dall’approfondimento delle condizioni mediche del pazien- te, che costituiscono la pietra miliare per la costruzione di una rela- zione d’assistenza. Se la farmacia non si attiva in maniera propositiva per conoscere il paziente, al di là della mera richiesta (ricetta o scon- trino) e alla consegna del prodotto, la relazione potrebbe non offrire spazio per uno sviluppo del rapporto. La figura 2.13 mostra, per gli 822 farmacisti partecipanti all’indagine, quanto questa attività di ap- profondimento sia realizzata: il 44% non esegue questa attività mai e il 17% la esegue una volta su 5, cioè raramente. La media di presa in carico iniziale è, quindi, alquanto modesta, posizionandosi intorno a un valore di 1,4 pazienti sul totale di 5 presi in considerazione. Questa mancanza di presa in carico del paziente potrebbe essere giustificata dal fatto di ritenere che l’attitità di presidio clinico è di stretta competenza del medico curante. Il riordino dei compiti che tocca in generale il comparto delle cure primarie e territoriali offre però -alla farmacia attenta e predisposta al cambiamento- uno spa- zio d’azione interessante che la vedrebbe protagonista, considerato che può mettere a disposizione competenze chimico-farmaceutiche complementari a quelle della medicina generale e specialistica. Inoltre, se è vero e condivisibile che quanto più la farmacia cono-
  • 38. 37 sce il proprio cliente, anche da un punto di vista clinico, tanto più riesce a generare occasione di scambio (vedi concetto idealizzato e raffigurato in figura 2.10), allora questa attività di approfondimento trova un fondamento di natura economica, oltre che clinica. Comprendere aspettative e risultati attesi dalla terapia farmacologica La richiesta al paziente di condividere aspettative e risultati attesi dalla terapia farmacologica è il secondo passo che connota la presa in carico del paziente cronico. Questa, che fra le quattro attività è la meno presidiata -avendo una media di 1,2 su un totale di 5 pazienti- segna un punto importante nel processo di assistenza continua con il paziente. Questa attività porta direttamente al cuore del PhC. L’attenzione del farmacista si sposta, dalle proprie competenze sul farmaco, alla consapevolezza del paziente dei progressi che può ottenere aderen- do alla terapia. La giudiziosità e meticolosità del paziente è, infatti, 359 117 130 113 40 63 359 117 130 113 40 63 Fig. 2.13 - Richiesta al paziente di descrivere le condizioni mediche 63-7% 359-44% 117-14% 130-16% 113-14% 40-5% 0 1 2 3 4 5 Numero di pazienti
  • 39. 38 Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia ANALISI DELLO STATO DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA 409 133 118 73 38 51 409 133 118 73 38 51 Fig. 2.14 - Le aspettative del paziente e i risultati attesi 51-6% 409-50% 133-16% 118-14% 73-9% 38-5% 0 1 2 3 4 5 Numero di pazienti un aspetto determinante alla riuscita della terapia, dato che, purtrop- po, soltanto il 40% dei pazienti segue correttamente il percorso tera- peutico. La capacità della farmacia di valutare la consapevolezza del paziente è, quindi, un punto chiave per stabilire il successivo percor- so e l’intensità del programma di assistenza. Vi sono pazienti che si aspettano, per esempio, una rapida guarigione, altri che al contrario non confidano affatto nei progressi terapeutici. Tutto ciò influisce sul comportamento di aderenza prescrittiva e assunzione del farmaco. Il farmacista che valuta questo punto si mette nei panni del paziente e, quindi, comprende meglio la strada più corretta per indurlo a un comportamento aderente. Implicitamente, stiamo chiedendo al farmacista, che spende gran parte del proprio tempo concentrato sul farmaco e le sue specificità, lavoro sostanzialmente standardizzato, di ampliare il suo impegno. Pensiamo, per esempio, alle informazioni da offrire al paziente circa l’assunzione del farmaco. Vi sarà un’attività tutta tesa a trasferirle in maniera codificata (cioè standardizzata su requisiti minimi e fonda- mentali), cercando di assicurare la migliore copertura dei contenuti, indipendentemente dal contesto relazionale specifico (chi è il cliente,
  • 40. 39 che tipo di relazione esiste con il farmacista, che dinamiche conte- stuali e situazionali esistono, ecc.). Il farmacista diventa così il garan- te del “bugiardino” e offre informazioni importanti, di cui a volte il paziente è ignaro. Così descritto, questo è un compito incentrato sull’informazione (appunto standard), che non tiene conto del desti- natario. Non può essere efficace, se non muove da una conoscenza specifica del paziente. A questo approccio “informativo”, capace di assicurare contenuti universalmente validi, si dovrebbe aggiungere un passaggio in ottica PhC più squisitamente personalizzato, cioè ta- gliato sulle specifiche caratteristiche del paziente. Questo passaggio si fonda appunto sulla comprensione, da parte del farmacista, che il paziente ha acquisito consapevoleza circa il percorso di cura e i suoi potenziali effetti. In sintesi, si passa da un approccio (standard) che si basa sul prodotto (farmaco e informazione sintetizzata nel bugiar- dino), a un approccio che si basa sul paziente (e le sue capacità di apprendimento) ed è, quindi, personalizzato. La figura 2.15 rappresenta e mette a confronto i due approcci. L’approccio personalizzato sul profilo del paziente, in particolare, porta con sé anche la necessità di tenere traccia dei passaggi che si Fig. 2.15 – Approcci di assistenza a confronto
  • 41. 40 Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia ANALISI DELLO STATO DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA generano nel corso della relazione con il paziente. Mentre il rilascio di informazioni standard può non richiedere la storicizzazione della relazione, dato che i contenuti non variano da caso a caso, l’assi- stenza personalizzata assume invece connotati specialistici e unici, paziente per paziente, e quindi implica la necessità di storicizzare la relazione. Tale fase, infatti, assicura una tracciabilità della storia clini- ca del paziente, dando evidenza di monitoraggi e di risultati clinici intermedi; elementi questi che favoriscono la ricerca di una maggiore aderenza e compliance del paziente. Commento con il paziente sulla terapia farmacologica Il terzo passo nella gestione con il paziente nuovo consiste nella condivisione di informazioni sulla terapia farmacologica e, soprattut- to, dei potenziali effetti collaterali e delle avvertenze all’impiego. Come è intuibile da una prima osservazione della disposizione de- gli spicchi che compongono il grafico a torta di figura 2.16, il com- portamento dichiarato dai farmacisti rispetto a questo passaggio operativo conferma l’attenzione della categoria nel dare informazioni Fig. 2.16 - Commento con il paziente della terapia farmacologica e dei potenziali effetti collaterali 161 119 176 138 91 137 161 119 176 138 91 137 137-17% 161-20% 119-14% 176-21% 138-17% 91-11% 0 1 2 3 4 5 Numero di pazienti
  • 42. 41 ai pazienti. È un fatto condiviso e riconosciuto che il paziente non ha le conoscenze per gestire questo strano prodotto che è il farmaco. La farmacia, che possiede un’asimmetria conoscitiva (conoscenza della chimica del farmaco e della cinetica sull’individuo), si rende disponi- bile a mettere in circolo questo sapere a favore del cliente. Inoltre, questo passaggio che potremmo definire nelle “corde” dei farma- cisti, visto il suo livello di concreta applicazione nel campione dei rispondenti, viene eseguito con uno sforzo abbastanza contenuto, soprattutto se, come abbiamo visto in figura 2.15, è effettuato sulla base di un approccio standard centrato sul prodotto. Partendo dal presupposto che è di circa 5 minuti il tempo medio di interazione con il paziente per la consegna del prodotto al ban- co (cfr. la ricerca TradeLab riportata su Puntoeffe nel maggio 2009), è evidente che il rilascio di informazioni sul farmaco, soprattutto se standard, può tranquillamente rientrare nell’attività a contorno e a conforto proprio di un servizio di consegna del farmaco, presupposto anche per la successiva assunzione corretta della terapia da parte del paziente. Non c’è, quindi, da meravigliarsi se si riscontra diversità di risposta e di comportamento dei farmacisti fra questo passo operativo (rila- scio di informazioni) rispetto ai due precedenti passaggi analizzati, cioè conoscenza dello stato di salute del paziente e compresione di aspettative e risultati (vedi disposizione degli spicchi di figure 2.16, confrontata con le figure 2.13 e 2.14, riportate nella pagina seguente per semplificare il confronto). Verifica della comprensione delle informazioni rilasciate L’ultima fase della gestione dei nuovi pazienti consiste nella verifica della comprensione, da parte del farmacista, delle informazioni scam- biate con il paziente. Il grafico 2.17, che riporta le frequenze di rispo- sta dei farmacisti rispetto all’argomento in questione, rimarca senza ombra di dubbio che la farmacia italiana è consapevole della parziale conoscenza, da parte del cittadino, su questo strano prodotto che è il farmaco, e sul suo impiego, e quindi evidenzia la necessità di veri- ficare che il paziente abbia ben compreso le informazioni trasferite.
  • 43. 42 Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia ANALISI DELLO STATO DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA A differenza di quanto registrato nei passaggi precedenti, questa attività viene completata sistematicamente (5 casi su 5) dal 36% dei rispondenti. Questa fase è molto importante soprattutto per i pa- zienti nuovi ai quali è stata diagnosticata la patologia cronica da poco tempo. Per loro, infatti, la patologia può anche significare entrare in una nuova fase della propria vita. Per questo è importante che la farmacia sia in grado di verificare la corretta comprensione da parte del paziente, e la condivisione su quelli che saranno i passi successivi. È doveroso qui fare un’annotazione importante a margine di que- sta attività, che risulta essere compiuta direi magistralmente dalla maggioranza delle farmacie. Se è vero che la conferma del feed-back 359 117 130 113 40 63 359 117 130 113 40 63 Fig. 2.13 – Descrizione delle condizioni mediche Richiesta al paziente di descrivere le condizioni mediche 63-7% 359-44% 117-14% 130-16% 113-14% 40-5% 0 1 2 3 4 5 Numero di pazienti 409 133 118 73 38 51 409 133 118 73 38 51 Richiesta al paziente delle aspettative e i risultati attesi 51-6% 409-50% 133-16% 118-14% 73-9% 38-5% 0 1 2 3 4 5 Numero di pazienti Fig. 2.16 – Condivisione con il paziente delle modalità di assunzione e delle potenziali problematiche 161 119 176 138 91 137 161 119 176 138 91 137 137-17% 161-20% 119-14% 176-21% 138-17% 91-11% 0 1 2 3 4 5 Numero di pazienti Commento con il paziente della terapia farmacologica, dei potenziali effetti collaterali Fig. 2.14 – Condivisione degli obiettivi e del percorso di miglioramento
  • 44. 43 da parte del paziente è un elemento supportato dai farmacisti, risulta altrettanto connaturato al servizio mantenere alto nel tempo un pre- sidio continuativo nell’assistenza ai pazienti. Infatti, è facilmente condivisibile il concetto secondo il quale si- ano necessarie ulteriori misure di supporto proprio a favore di quei pazienti per i quali tanto si è investito, sia in fase informativa, sia di verifica della comprensione (questi due ultimi passaggi del processo di gestione dei nuovi pazienti). Considerato che il problema dell’as- sunzione della terapia farmacologica è di tipo comportamentale, non si può ritenere che un confronto informativo una tantum, in fase di prima conoscenza con il paziente, possa risolvere o sollevare da tutti i rischi di non aderenza a una prassi corretta di assunzione della te- rapia. Proprio in quanto problemi comportamentali (per esempio stili di vita sedentaria in presenza di una terapia che prevede esercizio fi- sico, piuttosto che una dieta alimentare che mal si coniuga con gli effetti della terapia farmacologica), siamo portati a ritenere che una prima informativa ricca e qualificata sull’assunzione del farmaco sia Fig. 2.17 - Verifica che il paziente abbia compreso pienamente le informazioni 102 78 125 125 95 297 102 78 125 125 95 297 297-36% 102-12% 78-10% 125-15% 125-15% 95-12% 0 1 2 3 4 5 Numero di pazienti
  • 45. 44 Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia ANALISI DELLO STATO DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA da considerare come il primo passo di un processo più articolato, fondato sulla continuatività assistenziale. Di questo infatti si parlerà nel prossimo paragrafo (cfr. “Mantenimento della relazione con i pa- zienti già assistiti”), dedicato alla gestione dei pazienti continuativi. In sintesi, la figura 2.18 ricapitola gli aspetti salienti legati all’aper- tura di relazioni con nuovi pazienti e confronta la performance delle farmacie italiane con quella delle farmacie europee. Fig. 2.18 – Rapporto con i nuovi pazienti 0 1,25 2,5 3,75 5 Descrizione condizioni mediche Aspettative e risultati attesi Commento effetti e avvertenze Verifica corretta comprensione MEDIA UE MEDIA IT Dal raffronto tra il comportamento delle farmacie italiane e quelle della media europea non emergono sostanziali differenze. In entram- bi i casi emerge come il punto debole della farmacia in generale consista proprio nelle prime fasi del processo, legate alla capacità di adottare un approccio molto personalizzato sul paziente. Il settore della farmacia è, infatti, un comparto molto “normato”, nel quale la regolamentazione spesso viene prima di ogni cosa e, quindi, an- che del cliente. Se questo si giustifica con la necessità di garantire una normativa capace di dare certezze ai pazienti (clienti), è anche vero che si corre il rischio di concrentare l’attenzione dell’operatore unicamente sul prodotto (risultato del processo regolatorio), dimen- ticando che dietro a ogni farmaco e a ogni terapia esiste un pazien- te. Centralità del cliente nelle politiche aziendali è, infatti, il mantra ripetuto in ogni ambito applicativo delle discipline di management e marketing. L’adozione dei criteri del PhC, che vedono la centralità del paziente nei processi di assistenza, è quindi fortemente comple-
  • 46. 45 mentare con il marketing, dove l’una con un taglio clinico completa l’altra che assume, invece, un taglio commerciale. Mantenimento della relazione con i pazienti già assistiti La disciplina del PhC, so- pratutto quando praticata nel contesto delle patologie croniche, non può sottrarsi a una logica di applicazione continuativa nel tempo. Un processo chiave del model- lo non è soltanto l’arruola- mento di nuovi pazienti, ma ancor più il mantenimento della relazione con i pazienti e l’assicurazione di una con- tinuità assistenziale. Per rapporto con i pazienti si intende qui non solo una costante relazione di tipo “commerciale” (il paziente che occasionalmente o anche con cadenza fissa visita la farmacia; aspetto questo che è sicuramente funzionale per assistiti durante fasi acute di malat- tie o altre circostanze), ma una relazione di assistenza, supporto e monitoraggio dell’avanzamento e stabilizzazione della patologia cronica. Le fasi ritenute fondamentali per mantenere costante ed efficace una relazione di assistenza con i propri pazienti cronici sono quat- tro, così come riportate in figura 2.19. Ci troviamo di fronte ancora una volta a un percorso operati- vo scandito da passi concatenati e sequenziali, che nel loro com- plesso consentono alla farmacia di seguire in maniera sistematica il paziente cronico per quanto attiene l’assunzione della terapia farmacologica e le problematiche connesse. Di seguito descrivia- mo analiticamente tutti i quattro passaggi ed evidenziamo i valori emergenti dalla ricerca eseguita sul campione di farmacie italiane.
  • 47. 46 Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia ANALISI DELLO STATO DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA Comprensione della modalità seguita per l’assunzione della terapia farmacologica Ripercorrere e comprendere con il paziente quello che è accadu- to nel tempo intercorso dall’ultimo incontro (ricordiamo che questo passo è idealmente concatenato e subordinato all’attivazione dei passaggi connessi con l’arruolamento di nuovi pazienti) è un approc- cio di riapertura della relazione molto importante, in quanto consen- te da un lato di riattivare il contatto, e dall’altro di sensibilizzare il pa- ziente sugli aspetti fondamentali con cui ci si era lasciati nell’incontro precedente. La figura 2.20 indica le risposte fornite dal campione analizzato circa la realizzazione di questa attività, a partire dagli ultimi cinque pazienti assistiti con prescrizioni ripetute. Il valore medio è 1,5, ov- vero ogni 5 pazienti conosciuti soltanto a uno o due in media viene chiesto di riepilogare quanto accaduto dall’ultimo incontro. Osservando in dettaglio il grafico, emerge che gran parte dei ri- spondenti (41%) non pratica affatto questa attività, probabilmente limitandosi a evadere le richieste del paziente listate nella ricetta. Per contro, esiste un gruppo di circa 200 rispondenti per i quali l’at- tività viene svolta sistematicamente, forse come approccio routinario Fig. 2.19 – I 4 passi della gestione dei pazienti ripetuti
  • 48. 47 Fig. 2.20 – Dialogo iniziale con il paziente per riattivare la storia di assistenza Il paziente indica la modalità seguita per l’assunzione della terapia farmacologica 334 146 141 101 36 64 334 146 141 101 36 64 64-8% 334-41% 146-18% 141-17% 101-12% 36-4% 0 1 2 3 4 5 Numero di pazienti di servizio. Questa componente di “routinarietà” è fondamentale, perché rinsalda i vari momenti durante i quali la farmacia eroga il servizio di assistenza. Inoltre, se l’inizio del secondo o ennesimo in- contro si apre riassumendo quando accaduto dall’ultimo incontro, non soltanto si crea un “ponte” logico nel processo assistenziale, ma nel contempo si responsabilizza il paziente e, quindi, si enfatizza il gioco delle parti nel percorso assisstenziale, così come evidenziato nella figura 2.21. Va, quindi, creato un ponte logico tra l’ultimo passaggio della pre- sa in carico del paziente -cioè il momento nel quale si è verificata la comprensione delle informazioni per seguire un’assunsione corretta del farmaco (vedi scala sinistra di figura 2.11)- e l’inizio dell’incontro successivo, quando si responsabilizza il paziente, chiedendogli quali comportamenti sono stati messi in atto nel periodo intercorrente per dar corso all’applicazione prescrittiva. Assistere, infatti, non vuol dire “fare il lavoro” del paziente, ma offrire quel supporto di counselling che lo aiuta a essere pienamente conscio del ruolo di “guida” che as-
  • 49. 48 Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia ANALISI DELLO STATO DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA sume nel processo terapeutico. Tutto ciò rientra pienamente, raffor- zandolo, nell’evoluzione di quello che viene definito con il concetto di empowerment del paziente (L. Fioravanti, F. Spandonaro “Continuità assistenziale: dal principio alla realizzazione: cosa insegna il disea- se management” in Politiche sanitarie Vol. 8, N. 1, Gennaio-Marzo 2007), e che si sostanzia anche con le iniziative di sviluppo dell’auto- medicazione (F. E. Pregliasco “Le patologie respiratoire intercorrenti nel paziente BPCO: il ruolo dell’automedicazione”; Fimmg - ottobre 2005). È anche scontato, inoltre, che questo tipo di ponte tra il primo e il secondo incontro debba essere riformulato da parte del farma- cista ad ogni successivo incontro, soprattutto nel momento in cui al paziente vengono assegnati “compiti” e comportamenti che non sono scontati nella loro attuazione, ma appunto richiedano impegno e applicazione. Le considerazioni fatte in questo paragrafo mettono in luce la forte condizione di continuità assistenziale che connota il PhC. Corollario di tutto ciò è la messa a punto e la disponibilità di un sistema di sup- porto documentale quale strumento per la tracciabilità della storia passata e come “memoria” del farmacista, che non può ricordare a mente tutte le “posizioni”. Di questo ne parleremo diffusamente nel paragrafo relativo agli antecedenti organizzativi del PhC (cfr par. 2.5). Qui vale comunque la pena ricordare che l’assenza di questo “pon- te” o di una sua carente tracciatura storico-informativa potrebbe in- durre a semplificare questa fase, riducendola a una generica apertura colloquiale, piuttosto che a una attività strutturata che rafforza l’assi- stenza in ottica PhC come percorso condiviso e continuativo. Fig. 2.21 – Connessione tra le varie fasi del processo di assistenza
  • 50. 49 Ricerca di potenziali problemi connessi all’assunzione della terapia farmacologica (es. interazioni, effetti collaterali, scarsa aderenza, ecc.) Il secondo passo per assicurare un’efficace gestione dei pazien- ti cronici assistiti in via continuativa consiste nel dialogo finalizzato alla ricerca e all’identificazione di problemi connessi con l’assunzione dei farmaci (interazioni negative, effetti collaterali, scarsa aderenza, ecc.), come riportato in figura 2.22. Fig. 2.22 – Ricerca di interazioni negative, effetti collaterali, scarsa aderenza Dialogo con il paziente su problemi connessi con l’assunzione della terapia farmacologica 250 155 156 121 50 90 250 155 156 121 50 90 90-11% 250-30% 155-19%156-19% 121-15% 50-6% 0 1 2 3 4 5 Numero di pazienti Se si somma la percentuale di coloro che non eseguono mai il passaggio, o che lo eseguono una sola volta su cinque (quindi rara- mente), scopriamo che, nei fatti, la metà del campione non esegue sistematicamente questo approfondimento. Ricordiamo l’importan- za della gestione dei problemi farmaco-correlati quale elemento costituente il “piano più alto” della casa del PhC e, soprattutto, il
  • 51. 50 Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia ANALISI DELLO STATO DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA valore insito in questo processo, quale occasione per assicurare un più elevato outcome terapeutico, anche attraverso la stabilizzazione e compensazione del paziente cronico e, quindi, anche l’efficace uso delle risorse della collettività. Efficienza che, come abbiamo detto, deriva dall’evitare o ridurre il ricorso del paziente al pronto soccorso, o la necessità di continue ospedalizzazioni. Mi soffermo meglio sul tema, perché questo è “capitale” nel PhC. Siamo partiti parlando dell’importanza del PhC come disciplina ca- pace d’intercettare, gestire e porre rimedio ai problemi farmaco-cor- relati (DRP - Drug Related Problems) in cui potrebbe incappare un paziente con patologie croniche. La reale capacità della farmacia d’intercettare questi potenziali problemi non è però una questione “estemporanea”, che si risolve con una o più domande fatte a caldo a un soggetto nei cui confronti non c’è alcun tipo di relazione di sup- porto o di aiuto. Un’efficace disamina delle condizioni che possono portare a evi- denziare problemi farmaco-correlati presuppone, infatti, una cono- scenza approfondita del paziente. Spesso i problemi trovano radice in comportamenti errati, o non appropriati, o non giudiziosi del pa- ziente. Il farmacista che vuole entrare in essi deve conoscere e anche apprezzare il suo paziente. La figura 2.23 evidenzia questa impor- Fig. 2.23 – Scoperta e gestione dei DRP nel corso della relazione Conoscenzadei comportamenti Intercettazione problemi
  • 52. 51 tante relazione fra indagine sui DRP e conoscenza del paziente e dei suoi comportamenti. Il percorso conoscitivo, fatto di successivi approfondimenti, neces- sita di una continuità assistenziale. Approfondire la conoscenza signi- fica entrare nell’intimo del paziente e scovare le problematiche più radicate che possono determinare l’insuccesso nella terapia farma- cologica. Come evidenzia la figura 2.23, al crescere della conoscenza del paziente cresce in maniera proporzionale la capacità d’intercetta- re le problematiche relative all’assunzione del farmaco. Valutazione circa l’efficacia della terapia farmacologica assunta Dal momento che il paziente è posto al centro del percorso di cura, la valutazione congiunta dell’efficacia della terapia assume rilevanza assoluta. Il farmacista, aiutando il paziente a identificare il punto in cui si trova nel processo terapeutico, realizza due scopi. Innanzitutto conferma la centralità del paziente e, quindi, il suo empowerment, e secondariamente comprende e approfondisce meglio la conoscenza del paziente, soprattutto dal punto di vista della sua motivazione, volontà e determinazione a progredire in termini di aderenza alla te- rapia. La figura 2.24 riporta la misura di questa fase della gestione dei pazienti ripetuti, a partire dalle dichiarazioni fornite dagli 822 farma- cisti che hanno partecipato alla ricerca. Assistiamo a valori medi vicini a 2 (1,77) pazienti, su una base 5 di riferimento. L’osservazione delle frequenze di risposta confermano il dato visto in precedenza: la metà del campione sostanzialmente non esegue questa attività, oppure la esegue in maniera molto residuale. La valutazione dell’efficacia della terapia rimanda, inoltre, a un aspetto importante della legge sui servizi del 2009 e successivi DM applicativi (DM 16/12/2010). Da quella data, infatti, la farmacia è sta- ta autorizzata a eseguire nei propri locali servizi di monitoraggio a fa- vore dei propri pazienti. Si tratta della cosiddetta autoanalisi e analisi di prima istanza a favore di pazienti. Questa facoltà è da considerarsi, ai fini del PhC, come uno stru- mento che assicura credibilità scientifica nelle valutazioni che farma-
  • 53. 52 Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia ANALISI DELLO STATO DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA cista e paziente eseguono per l’efficacia della terapia. Tutto ciò verrà ripreso più avanti, quando parleremo di strumentazione e organizza- zione dei servizi in ottica PhC. Qui basta sottolineare quanto questa fase (la valutazione dell’ef- ficacia), elemento di conferma e rinforzo dell’aderenza del pazien- te alla terapia, trovi forza e radicamento “scientifico” proprio nella possibilità di ricorrere alla farmacia per monitorare la patologia cui è affetto il paziente. Valutazione del livello raggiunto negli obiettivi terapeutici prefissati Infine, l’ultimo passaggio nella gestione dei pazienti ripetuti ri- guarda la valutazione, insieme con il paziente, del livello di raggiun- gimento degli obiettivi prefissati e nella loro conferma o revisione. Una prima lettura della figura 2.25 evidenzia come coloro che non eseguono del tutto il processo, o svolgono un’attività soltanto resi- duale, superino di molto il 50% del campione. Fig. 2.24 - Richiesta al paziente di una valutazione circa l’efficacia della terapia farmacologica 276 129 155 116 64 82 276 129 155 116 64 82 82-10% 276-33% 129-16%155-19% 116-14% 64-8% 0 1 2 3 4 5 Numero di pazienti
  • 54. 53 Una prima spiegazione del fenomeno è certamente legata alla ca- rente attenzione della farmacia a fissare a monte obiettivi terapeutici con i pazienti in cura (vedi figura 2.14). Ne consegue che, a valle, ha meno rilevanza l’attuazione di una fase di controllo. Pensare il servi- zio in ottica di ciclo integrato è, invece, fondamentale per assicurare un approccio scientifico al paziente e, al contempo, fargli apprezzare lo sforzo profuso dalla farmacia. La figura 2.26 mostra i benefici di questo processo ciclico con- trapposto a una impostazione lineare, che vede poco coinvolto sia il paziente che il farmacista nei servizi, se non in termini di rilascio d’informazioni. L’approccio lineare, esposto nella parte destra di figura 2.26 non soltanto è poco interattivo, ma essendo lineare è “finito”, cioè non prevede la possibilità di “reinventarsi”, come è invece caratteristica del processo circolare, rappresentato nella figura (parte sinistra) dal serpente immaginario mitologico “uroboro”, che nell’atto di man- giarsi la coda rinasce e si rinnova. A parte i riferimenti all’immaginario antropologico, appare chiaro che la valutazione dell’efficacia delle misure intraprese diviene fonda- Fig. 2.25 - Richiesta al paziente di una valutazione circa il livello di raggiungimento degli obiettivi 348 132 118 114 49 61 348 132 118 114 49 61 61-8% 348-42% 132-16% 118-14% 114-14% 49-6% 0 1 2 3 4 5 Numero di pazienti
  • 55. 54 Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia ANALISI DELLO STATO DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA Fig. 2.26 – Il ciclo di counselling del paziente mentale per definire i nuovi obiettivi e mantenere continuatività assi- stenziale con il paziente, cioè assicurarsi che torni in farmacia in base a un programma concordato che, non ultimo, assicura alla farmacia un flusso dispensatorio continuo e costante (magari crescente), tipico di una patologia cronica. La gestione in farmacia dei pazienti ripetuti, scandita dai quattro passaggi prima descritti, prevede il seguente posizionamento, ri- spetto alla media dei farmacisti europei esposta in figura 2.27. In generale, il dato medio si attesta su valori inferiori a quelli regi- strati a livello europeo. Si evidenzia, in particolar modo, un aumento del differenziale per quanto attiene l’ultima fase: valutazione del rag- giungimento di obiettivi e conseguente loro revisione. La cronicità è un problema fondamentale di compensazione e sta- bilizzazione dei pazienti e il processo di gestione dei pazienti ripetu- ti, per sua stessa natura, affronta proprio questo scopo. Un aspetto chiave della stabilizzazione consiste poi nella capacità di mettere a punto una metrica della patologia, ovvero definire obiettivi di miglio- ramento, sistemi di monitoraggio e controllo dell’avanzamento. La natura stessa della cronicità afferma che questo processo, come ab- biamo osservato in figura 2.26, è circolare, nel senso che purtroppo (per il paziente) non ha fine e richiede una continua ritaratura. La farmacia, capace di affinare e adottare procedure di servizio, non soltanto offre un’attività personalizzata, ma al contempo crea le condizioni affinchè il paziente, cronico, trovi interesse a legarsi alla
  • 56. 55 Fig. 2.27 – Il processo di assistenza dei pazienti in cura 0 1,25 2,5 3,75 5 Informazioni sulla pratica seguita Ricerca di problemi Valutazione dell’efficacia Livello di raggiugimento obiettivi MEDIA UE MEDIA IT farmacia che garantisce continuità assistenziale. La farmacia di oggi, infatti, ha metriche di funzionamento prioritariamente indirizzate a controllare i processi interni (sopratutto legati al prodotto; si pen- si per esempio al controllo dei mancanti, piuttosto che al controllo della rotazione di magazzino), mentre scarsa è l’attenzione a creare metriche anche cliniche per monitorare il servizio al paziente. Di que- sto aspetto ci occuperemo proprio nei prossimi paragrafi dedicati agli aspetti organizzativi del PhC, definibili anche come antecedenti, in quanto creano una corretta infrastruttura hard e soft, che abilita il singolo farmacista all’erogazione di servizi in ottica di PhC. Gli atteggiamenti nei confronti del servizio Il modello di PhC sin qui presentato enfatizza il rapporto con il paziente e l’attitudine della farmacia a erogargli un servizio perso- nalizzato, ovvero una prestazione che, partendo dal farmaco (pro- dotto standard nella maggioranza dei casi), costruisce un percorso di assistenza continuativa ritagliato su misura per il paziente, come evidenziato in figura 2.28. Erogare servizi personalizzati significa predisporre, o più sempli-
  • 57. 56 Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia ANALISI DELLO STATO DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA cemente rivedere, l’organizzazione tradizionale della farmacia (sin- teticamente rappresentata nella parte in alto di figura 2.28). Essa è centrata sul funzionamento del banco, che è il punto di equilibrio tra la gestione interna (gestione dello stock) e la gestione delle richieste di consegna del farmaco da parte dei pazienti. La personalizzazione del servizio, ponendo al centro il paziente e non il farmaco, necessita di una serie di accorgimenti, a partire da un approccio assistenziale continuativo circolare. Perché questo approccio circolare (vedi figura 2.26 ripresa in figura 2.28) sia svolto efficacemente, occorre che siano verificati anche altri presupposti. La figura 2.28, nella parte in basso, ne individua almento quattro fondamentali: • l’apertura della farmacia alla logica collaborativa, • l’organizzazione del tempo e delle risorse in farmacia, • la predisposizione di processi e protocolli operativi, • il ripensamento degli spazi e della struttura della farmacia. Naturalmente questi elementi della struttura aziendale non sono Fig. 2.28 – Servizio standard e personalizzato a confronto
  • 58. 57 slegati da quelli che classicamente compongono la farmacia tradizio- nale, ma devono essere armoniosamente pensati e progettati affinché i servizi compenetrino e siano complementari alla dispensazione del farmaco. Quindi, come esistono processi che regolano il funzionamen- to dello stock, altrettanto deve accadere per l’erogazione del servizio e tra questi deve esserci una connessione. L’evoluzione della farmacia verso la “Farmacia dei servizi” è stata pensata come un elemento in aggiunta alla consegna del farmaco e, come tale, non è mai decollata. L’assenza di una Convenzione che ne riconosca il valore e che generi profitto ha, inoltre, indotto la maggior parte dei titolari di farmacia a trascurarla, come forma d’innovazione della farmacia. Il PhC, che nei fatti è il luogo in cui potrebbe svilupparsi la “farmacia dei servizi”, deve essere invece integrato nell’organizza- zione classica della farmacia. I quattro elementi (struttu- ra, organizzazione, processi e collaborazione) costituiscono i pilastri del PhC e, in quan- to tali, sono stati oggetto di studio nella ricerca condotta in Italia e in Europa. A essi poi si accompagna un ulteriore pilastro, che mi- sura gli atteggiamenti del titolare volti ad arricchire l’of- ferta della farmacia attraverso i servizi. Per atteggiamenti e convincimenti ci si riferisce qui al grado di predisposizione del titolare a impegnarsi in una serie di attività (i vari piani della casa del PhC), che sicuramente sottrae risorse alla farmacia, in parte anche distogliendole dalla normale routine di dispensazione del farmaco, che rimane ancora l’unica attività capace di generare introiti vitali alla farmacia. Il PhC è una disciplina che, come abbiamo visto, è di non immediata applicazione, richiedendo un cambio di passo sia nei comportamenti di servizio, sia nell’organizzazione della farmacia. Se poi consideria- mo che non esiste una Convenzione che riconosca una remunerazione per i servizi erogati, è facile ipotizzare che lo sviluppo della pratica di