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2012

advconsulting.net

Associazione Dipingiamo il loro futuro - Associazione Culturale senza fini di lucro
Corso Torino 1/19 - 16129 Genova - Tel. 010 869 29 95 - info@dipingiamoillorofuturo.com
www.dipingiamoillorofuturo.com
C.F. 95134540103 - Conto Corrente Ubi Banco San Giorgio Ag. 2 Bolzaneto - IBAN IT60A0552601403000000011858

Storie di VOLPI E CONDOR	

con il patrocinio di
carta offerta da

COMUNE DI GENOVA

Favole e fiabe dal mondo per ‘Dipingiamo il loro futuro’

Symbol Freelife Satin

Dipingiamo il loro futuro!

facebook.com/dipingiamoillorofuturo

Storie di
Volpi e condor
Indice
pag 2

Da Genova a Haiti, un giro del mondo di colori e
fiabe
Una nota introduttiva di Anselmo Roveda

pag 4

DIPINGIAMO IL LORO FUTURO!

Un progetto di responsabilità sociale

pag 6

FIND THE CURE

Dedicato a tutti quelli che credono che la fantasia sia un diritto

pag 8

Capitan Volpe e CapronE - Haiti

pag 12

Pochettin - il delfino

pag 16

La bambina e il condor - viale modugno

pag 23

La figlia della luna e del sole - Papa Giovanni XXIII

pag 32

L'asino di Giuha - acquasanta

pag 34

Il cane e la serpe - Romagnosi

pag 36

Il gabbiano e la volpe	- san rocco

pag 39

I due gatti litigiosi - le pratoline

pag 41

La sposa Uccello - giovine italia

pag 46

Ganesh e Caturagama - D’Eramo

pag 48

Il bastone che cresce - fabbriche

pag 50

La palma d'oro - via bologna

pag 55

Il pappagallo intelligente - nemo

pag 57

LA BELLA FIGLIA DEL RE - cavallotti

pag 64

Il falco, il gallo e la gallina - Perasso/Scribanti

pag 69

Il mugnaio e l'Uomo d'acqua - il pratone

pag 74

Macaco e Miseria - Girotondo

pag 77

Il bradipo e il condor- villa banfi

pag 80

Le formiche e il granaio - fabrizi

1
Da Genova a Haiti,
un giro del mondo
di colori e fiabe
Prefazione di Anselmo Roveda

Genova, la Dominante, ha costruito nel corso dei
millenni la propria identità e fortuna sul porto, sugli
scambi, umani e commerciali, che questo comporta.
Una città dal carattere schivo, forse, ma di fatto da
sempre aperta al mondo. Le rotte di navigazione, fin
dalla classicità, hanno avuto punto fermo nel Golfo
di Genova, tanto da farne emporio romano, prima, e
determinare la potenza della Repubblica di Genova,
dopo.
L’assetto politico seguente al Congresso di Vienna
(1814-1815) ne fece, infine, il porto principale delle
aspirazioni sabaude a un’Italia unita e, a unificazione
avvenuta, centro della cantieristica, del traffico
delle merci e di passeggeri (da questi moli partirono
migliaia di migranti connazionali alla volta delle
Americhe). Quella di Genova è allora giocoforza
una vocazione cosmopolita, terreno privilegiato di
incontro e scambio tra tradizioni e culture. Vocazione
coltivata lungo i secoli e rinnovata - corroborandosi
nella tradizione repubblicana e democratica della
città – negli ultimi anni facendo fronte accogliente e
civile ai flussi migratori. Genova, come tutta l’Italia,
ha conosciuto infatti negli ultimi venticinque anni
mutamenti sociali e demografici importanti; oggi nel
nostro Paese vivono quasi cinque milioni di stranieri,
circa un quarto di loro sono minorenni: bambini e
ragazzi che crescono e vivono in Italia, molte volte vi
sono anche nati, sono le seconde generazioni. Genova
non fa eccezione. Riporto dal Notiziario Statistico del
Comune di Genova (I/2011): «Secondo i dati di fonte
anagrafica a fine marzo 2011 risiedono a Genova
52.412 stranieri pari a 8,6 ogni 100 residenti.

2

La comunità più numerosa è quella ecuadoriana
(17.190 unità), seguita dagli albanesi (5.590), dai
marocchini (4.017), dai rumeni (3.911), dai peruviani
(2.840), dai cinesi (1.714), dagli ucraini (1.579), dai
senegalesi (1.337) e dai cingalesi (1.114)». Una realtà
che anche senza bisogno dei riscontri statistici gli
operatori della scuola conoscono bene.
Oggi le classi - e più si scende nell’età degli scolari
più il dato è evidente - accolgono bambini con
famiglie provenienti da ogni parte del pianeta. Così
questa volta, anche collegando la quarta edizione di
“Dipingiamo il loro futuro” alla manifestazione “La
Storia in piazza” (Palazzo Ducale, 29 marzo - 1 aprile
2012) che ha per tema Popoli in movimento, siamo
partiti da qui: dalle comunità che vivono Genova,
anche arrivando da altrove. Abbiamo scelto di
raccontarle, rappresentarle e valorizzarle attraverso
le loro narrazioni rivolte all’infanzia: favole, fiabe e
filastrocche.
Un giro del mondo che parte dalla Liguria e arriva fino
in Ecuador, Bangladesh, Albania, Marocco, Romania,
Perù, Cina, Ucraina, Senegal, Sri Lanka, Tunisia,
India, Nigeria, Filippine, Polonia, Rep. Dominicana,
Colombia e Cile. Questi i paesi di provenienza delle
comunità di cittadini stranieri maggiormente presenti
a Genova.
Per ognuno di questi paesi abbiamo scelto una storia da
raccontare ai bambini delle scuole genovesi. Alla fine
- per una questione di godibilità e rappresentabilità
grafica, vista l’età dei destinatari - è rimasta esclusa
solo la storia ucraina; ma “ è talmente, sapidamente,
divertente che ve la racconto qua:
C'era una volta un povero vecchio, che un giorno si
mise in cammino e andò alla scuola del villaggio.
Là trovò il maestro che fumava un sigaro, e gli disse:
- Voi fumate! Fumate sempre!
- Vorreste provare anche voi nonnino? - E il maestro
gli regalò un sigaro.
Il vecchio gli domandò: - Ditemi un po', signor
maestro, come mai voi fumate sigari e io non riesco
neppure a fumare la pipa?
- Ma io, nonnino, ho studiato a scuola.
Tornando a casa, il vecchio pensò: "Domani vado
anch'io a scuola". E così fece il giorno dopo.
- Bene, che vi occorre, nonnino?
- Sono venuto a scuola.
- Veramente, nonnino, siete un po' in ritardo.
- Ah si? Allora tanti saluti...
Il giorno dopo si alzò più presto e tornò a scuola.
- Che vi occorre nonnino?
- Sono venuto a scuola più presto: ieri mi avete detto
che ero in ritardo.
- Intendevo dire non che venivate tardi, ma che siete
ormai vecchio.
- Quanto a questo, è la verità.
Il nonno tornò a casa e per strada trovò una borsa. La
guardò bene, se mai fosse stregata, poi la raccolse
e proseguì. A casa, insieme con la moglie, cercò
di aprirla, ma non vi riuscirono; allora presero un
coltello, tagliarono, guardarono dentro: era piena di
denaro. Da allora in poi se la passarono bene.
Ma un giorno litigarono, il vecchio colpì la moglie
sulla testa e la donna adirata: - Mi hai percossa! Ora
ti insegno: vado a denunciarti, perché hai trovato la
borsa col denaro -. E così fece.
Trascinarono il vecchio in tribunale; fu trovato
anche il proprietario della borsa. Il giudice interrogò
l'imputato: - Dunque, nonno, trovasti il denaro?
- Si
- E quando lo trovasti?
- Quando andavo a scuola.
Il giudice guardò il vecchio, che aveva più di
settant'anni; guardò il proprietario della borsa ed
escluse che essa gli appartenesse, dato che il vecchio
l'aveva trovata mentre andava a scuola.
Così il denaro rimase al nonno.

Tutte le fiabe delle altre nazioni e culture le trovate
nelle pagine seguenti, le trovate arricchite - è la
peculiarità del progetto - dalle illustrazioni di diciotto
scuole dell’infanzia della città di Genova, oltre
millecinquecento bambini coinvolti. E ancora una
volta, già mi meravigliò positivamente l’anno scorso,
è un piacere vero guardare queste figure.
Figure vivaci e mosse, create e costruite secondo
il segno grafico naturale dell’età ma composte sul
foglio in una rielaborazione che evidenzia il lavoro
appassionato delle insegnanti e dei gruppi. Disegno
infantile non solo come arte presuntamente primitiva,
piuttosto come spontaneità creativa naturale
guidata in un percorso di ascolto, rielaborazione e
composizione grafico-pittorica, talvolta decisamente
materica, capace di dare corpo alle narrazioni.
La catena virtuosa (e divertente) di ascolto,
rielaborazione, attività ha un ulteriore anello, fondante
e fondamentale, nell’azione benefica. Il lavoro svolto
dalle classi e la realizzazione di questo volume
consentiranno, infatti, a Find The Cure di attrezzare
un’area sportiva e ricreativa sull’isola di Haiti,
devastata dal terremoto del 2010. Da Haiti, dalla voce
dei bambini incontrati dai volontari dell’associazione,
arriva anche la prima favola di questa raccolta. L’ho
rinarrata e coinvolto l’artista Chiara Dattola nel
rinarrarla per immagini: sue le illustrazioni interne
della storia “Capitan Volpe e Caprone”, sua la
copertina del volume.
Chiara Dattola, ne apprezzerete sia la composizione
intensamente cromatica che le tavole in bianco e
nero giocate su immaginario caraibico e omaggio
alla silhouette e alla xilografia, è una illustratrice che
lavora non solo nell’editoria per l’infanzia (sue opere
sono pubblicate, oltre che in Italia, in Francia e Corea)
ma anche come commentatrice grafica per testate
come Corriere della Sera, Internazionale, Il Sole 24
Ore, Linus e il francese Les Echos.

3
DIPINGIAMO IL LORO
FUTURO
4a edizione

Un progetto di responsabilità sociale

L’Associazione Dipingiamo il loro futuro è nata nel 2009 grazie all’impegno di due aziende genovesi, il Colorificio
Tassani e l’Agenzia di comunicazione Adv Consulting, che hanno deciso di fare propria la filosofia del Cause
Related Marketing (marketing collegato ad una causa sociale). Grazie al successo ottenuto con la prima edizione,
le due aziende hanno deciso di continuare a far crescere sempre di più il progetto Dipingiamo il loro futuro!
Nato nei primi anni ’80 negli Stati Uniti, il CRM è uno strumento del marketing cosiddetto “sociale” attraverso il
quale le aziende for profit collaborano con organizzazioni non profit per progetti socialmente utili, coprendo un
ruolo attivo e consapevole nell’affrontare le preoccupazioni sociali. Poiché il Colorificio Tassani e Adv Consulting
operano su tutto il territorio nazionale ma hanno sede a Genova, hanno scelto di sviluppare un progetto che
si rivolgesse ai bambini genovesi e alle loro famiglie per promuovere la sensibilizzazione a favore di cause
socialmente utili.
In questi anni Dipingiamo il loro futuro ha sostenuto diversi enti e associazioni: l’Ospedale pediatrico Giannina
Gaslini, l’Amri (Associazione Malattie Reumatiche Infantili) e il Comitato no profit Find The Cure, contribuendo
allo sviluppo della scuola di Msolwa Ujamaa in Tanzania. Per il 2012, continua la collaborazione tra Dipingiamo
il loro futuro e Find The Cure con il progetto “Playground Haiti” per la costruzione di un’area sportiva e ricreativa
nel paese colpito duramente nel 2010 dal terremoto.
L’Associazione Dipingiamo il loro futuro ha così coinvolto 18 scuole dell’infanzia genovesi, per un totale di oltre
1.500 bambini che, grazie alle idropitture donate dal Colorificio Tassani, hanno illustrato le favole e le fiabe curate
dallo scrittore Anselmo Roveda. In collaborazione con Palazzo Ducale e la manifestazione “La Storia in Piazza”,
il tema del progetto 2012 è “Popoli in movimento”: i racconti selezionati quest’anno, eccetto la favola di Haiti e
quella ligure, provengono dalla tradizione dei popoli del mondo e in particolare delle comunità immigrate e oggi
più presenti a Genova. E’ nato così il libro “Storie di Volpi e Condor”, curato da Adv Consulting: la raccolta propone
le favole illustrate dai bambini delle scuole di Genova e viene arricchita dal contributo dell’illustratrice Chiara
Dattola e dalle sue tavole, che animano la favola di Haiti. In occasione de “la Storia in Piazza”, è stato presentato
il volume e organizzata la mostra di dipinti realizzati dai bambini, che hanno colorato gli spazi di Palazzo Ducale.
Dopo “Storie di Lepri e Leoni”, il nuovo libro “Storie di Volpi e Condor” è un viaggio intorno al mondo in cui grandi
e piccini scoprono tradizioni di popoli lontani che vivono vicino a noi... aiutando a garantire il diritto alla felicità
dei bambini di Haiti.

4
5
FIND THE CURE
Destinazione Haiti

FIND THE CURE, comitato no profit in aiuto alle aree
a basso livello di sviluppo, approda nella piccola isola
caraibica di Haiti poco dopo il terribile terremoto del 12
gennaio 2010. La calamità aveva colpito la capitale Port
Au Prince e la periferia provocando la morte di circa
220.000 persone e danneggiando in maniera diretta
l’esistenza di oltre 3 milioni di abitanti. Nonostante i
lavori in corso per altri progetti nei territori indiani
e africani, l’associazione non ha potuto non dare
ascolto a questa richiesta di soccorso: l’aiuto è stato

6

rivolto alla popolazione locale della periferia di Port
Au Prince, la quale si sentiva abbandonata proprio
perché la maggior parte dei soccorsi umanitari erano
stati indirizzati principalmente nelle zone centrali.
Dopo una prima missione incentrata sull’emergenza
e avente come scopo primario la distribuzione di
cibo e medicine alle persone terremotate, FIND THE
CURE ha deciso di continuare a supportare il paese,
che ancora prima del terremoto risultava essere uno
dei più poveri al mondo.
La seconda missione, a sei mesi dal sisma,
è servita per valutare con attenzione come
garantire aiuti efficaci a un paese così difficile
e complesso. Si è deciso, quindi, di concentrare
le forze in una zona periferica di Port Au Prince,
chiamata Carrefour Marine, Route Sibert,
e supportare la ricostruzione di due scuole
distrutte dal sisma, contando sulla conoscenza
e sulla stima sincera verso il responsabile di
queste scuole, Maurizio, italiano di origine, ma
haitiano di adozione, che per anni ha dedicato la
sua vita al sociale, offrendo studi gratuiti a 1600
bambini. Il primo progetto portato a termine nel
2011 prevedeva la costruzione di due mense
per le scuole; con l’inizio del 2012, FIND THE
CURE ha varato, insieme a Maurizio, il progetto
“Playground Haiti”, che si prefigge di acquistare
il terreno adiacente alla scuola per costruire
un’area sportiva e ricreativa (al momento
inesistente) usufruibile da tutti gli studenti.
L’opportunità di crescere anche attraverso il
gioco, la fantasia e lo sport è un diritto che tutti i
bambini del mondo dovrebbero poter esercitare.
Per questo motivo “Dipingiamo il loro futuro” si è
presa a cuore il progetto, e con l’aiuto dei bambini
delle scuole italiane porterà un pezzettino di quel
diritto anche ai bambini delle scuole di Haiti.

FIND THE CURE
Comitato No Profit
Cooperazione Internazionale
In aiuto alle aree a basso livello di sviluppo
Sedi Operative:
Liguria: P.za Lombardia, 13 - 17023 Ceriale (SV)
Piemonte: Via Quintino Sella, 27 - 14100 Asti (AT)
E-mail: info@findthecure.it
Sito Internet: www.findthecure.it

7
Capitan
Volpe e
CapronE
illustrata da Chiara Dattola

Un giorno Capitan Volpe stava
passeggiando insieme al suo amico
Caprone. Caprone aveva delle grosse
e lunghe corna, ma non vedeva più in
là del proprio naso. Insomma, a dirla
tutta, Caprone era proprio stupido.
Capitan Volpe invece no, era scaltro e
intelligente, ma con un brutto vizio: si
divertiva a ingannare gli altri. Passeggia
che ti passeggia Capitan Volpe e Caprone
arrivarono molto lontano. Ma dopo tanto
camminare avevano così sete che decisero
di scendere in un pozzo lì vicino. Nel
pozzo Capitan Volpe e Caprone bevvero
a volontà e si dissetarono.

MET rENA
AK YON
BOUK
KABRIT
Yon jou, kapiten rena ap
flannen. L'ale avec zanmi li,
yon gwo bouk kabrit, kit e gen
gwo kon long.
Bouk kabrit la pat we pi lwen
pase nen li. Rena mamn, nou
konnen se bet ki gen anpil
lespri men ki renmen twompe
lot bet yo.
Yo mache yo mache. Le yo
rive lwen yo te swaf. Yo te
oblije desann nan yon pi. La,
yo chak te bwe mezi dlo yo te
swaf.

Haiti

8
9
Quando ebbero finito di bere Capitan Volpe
disse a Caprone: "E ora che cosa facciamo
compare? Bere, certo, è stata una cosa saggia...
ma adesso dobbiamo uscire da questo buco.
Facciamo così...alza le zampe, appoggiale
contro il muro, tieni la testa dritta e le corna ben
in alto. In questo modo salirò sul tuo corpo e potrò
uscire, poi ti tirerò su e potrai uscire anche te."
Caprone, ammirato, rispose: "Caro mio, come
sei intelligente, io non ci sarei mai arrivato."
Una volta uscito Capitan Volpe disse a Caprone:
"Caro mio, ora sono fuori. Tu che sei rimasto là
arrangiati, perché io non resterò qui un minuto
di più", detto questo Volpe se ne andò per
davvero.
E così Caprone rimase nel pozzo d'acqua.
Avrebbe dovuto sapere che una volpe non può
riuscire a issare un grosso caprone.

10
Le yo fin bwe dlo, rena a di kabrit la
"Sa n'ap fe koulye a kompe?? Bwe dlo
se youn, men kounye a fok nou soti nan
twou sa a. Leve pye ou avek kon ou.
Mete yo sou mi an. M'ap monte anvan.
M'ap monte sou kon ou yo. Gras a sa,
m'a soti, apre m'a rale ou".
Kabrit la reponn "O monche ala ou
gen lespri! Mwen pa t'ap janm we
sekre sa ou di a".
Le rena soti nan pis, li di kabrit la
"Monche, kounyemwen deyo. Ou
menm ki anndan, degaje ou pou soti,
paske mwen pa fouti rete pi plis".
Se komsa kabrit la te rete nan twou
dlo a.
Li te dwe konnen byen, yon rena pa
kapab rale yon gwo bouk kabrit.

11
Pochettin
illustrata da Scuola Materna Statale Il Delfino

ITALIA

C'era una volta un bambino di nome Pochettin.
Un giorno Pochettin trovò un soldino, lo raccolse e cominciò a pensare: "Che cosa mi posso comprare
con un soldino?". Ghiotto di frutta com'era pensò: "Potrei comprarmi delle noci! Anzi no, che poi si
mangia poco: c'è da buttar via il guscio. E allora... potrei comprami delle ciliegie! Anzi no, che poi
si mangia poco: c'è da scartare dentro l'osso e fuori il picciolo. E allora...Mi comprerò dei fichi! Che
di quelli si mangia tutto, anche la buccia! Evviva!".
Così Pochettin si recò al mercato, al primo banco di frutta chiese: "Scusi, quanti fichi mi dà per un
soldino?". "Uno".
"Uno solo? Troppo poco..." fece Pochettin e andò da un altro banco. "Scusi, quanti fichi mi dà per
un soldino?". "Due".
"Sono troppo pochi..." fece Pochettin e andò da un altro banco..."Tre!" E poi da un altro ancora...
"Quattro!" ... ma i fichi non gli sembravano mai abbastanza, infine arrivò da un fruttivendolo che
disse:
"Senti bambin, io posso darti solo cinque fichi, ma...se dai un'occhiata laggiù, vedrai che c'è un
grande albero, carico di fichi, arrampicati e mangia tutti quelli che vuoi".
Pochettin, dopo aver ringraziato e messo il soldino in tasca, si precipitò verso l'albero.
Si arrampicò, cercò un bel ramo comodo e tutto felice incominciò a mangiare un fico dopo l'altro.
Dovete però sapere che da quelle parti si aggirava un lupo, un lupo molto affamato. Erano settimane
che il lupo non metteva niente sotto i denti, nemmeno una fettina di salame.
Il lupo gironzolava lì intorno quando...improvvisamente si fermò...si mise ad annusare l'aria: "Sniff!
Sniff! Uumhmh! Sento odorino di bambino, finalmente qualcosa da mangiare..."
Il lupo, seguendo il suo fiuto, si trovò proprio sotto il grande albero di fichi e lì vide spuntare
dai rami i piedi di Pochettin. Ora doveva solo pensare al modo per tirarlo giù. Così incominciò a
chiamare: "Ehi Pochettin!? Cosa fai di bello su quell'albero?". "Mangio questi buonissimi fichi",
rispose il bambino. "Davvero sono così buoni? Danne uno anche a me...". "Eh sì! Bravo, l'hai detta
la tua! Così appena ti passo il fico, tu mi tiri giù e mi mangi".
"Ma no, figurati, stai tranquillo...se non ti fidi...lanciamelo, io sto qui buonino" disse il lupo.
Pochettin, che era un bambino generoso, prese un bel fico e glielo lanciò.

12
Ma il lupo fece finta di non aver preso il fico e iniziò a piagnucolare: "Oh! Accidenti!
Pochettin, il fico mi è caduto in una pozzetta di pipì, lanciamene un altro..."
E Pochettin, che in mezzo a tutte quelle foglie non riusciva a vedere bene, lanciò un
altro fico. Ma anche questa volta, il lupo, facendo finta di non aver afferrato il frutto,
si lamentò:
"Oh! Accidenti! Pochettin, come sono sfortunato! Il fico è caduto dritto dritto su una
cacca. Dammene un altro, ma questa volta porgimelo con la tua manina..."
"Eh sì! Bravo, ora l'hai detta la tua! Così mi tiri giù e mi mangi" rispose il bambino.
"Ma no! Come puoi pensare una cosa così terribile... ascolta, facciamo così, passamelo
col tuo piedino..." disse il lupo. Così Pochettin staccò un fico, se lo mise fra le dita del
piede, si allungò un po' cercando di non scivolare e lo passò al lupo, ma ...zacchète!

13
Il lupo lo tirò giù e lo infilò in un sacco, quindi
si avviò verso casa. Il lupo era quasi arrivato,
quando iniziò ad avvertire un forte mal di
pancia, uno di quelli proprio forti: doveva fare
la cacca e doveva farla subito, lì nel bosco. Così
appoggiò il sacco e andò a sistemarsi dietro
un cespuglio. Pochettin, da dentro il sacco, si
era accorto che stava succedendo qualcosa, e
cominciò a gridare: "Lupo, che stai facendo?"
"Lasciami in pace un attimo, che sto facendo la
cacca" rispose il lupo. "Cosa? Fai la cacca qui?
Vai più lontano, che sento puzza, non vorrai
mica mangiare un bambino che sa di puzza!?"

14

"E' vero! Non ci avevo pensato", così il lupo si
allontanò.
"Va bene ora" urlò il lupo, dopo essersi
allontanato un poco.
"No! Vai più lontano che sento ancora puzza"
rispose Pochettin da dentro il sacco.
Il lupo si allontanò ancora: "E ora? Senti ancora
puzza?"
"Sì! Si sente ancora, e tanto, mammamia che
puzza! Vai più in là". Il lupo seguì il consiglio
del bambino e andò più distante; poi quando
non sentì più le lamentele di Pochettin pensò di
essere abbastanza lontano e si fermò.
Intanto Pochettin, bello tranquillo perché il
lupo era lontano, col coltellino fece un taglio
nel sacco, slegò il laccio e si liberò; poi prese
tutte le pietre che trovava e riempì il sacco, lo
chiuse con un bel nodo e si nascose dietro un
cespuglio. Dopo un po' il lupo tornò, si mise il
sacco in spalla e ripartì. Strada facendo il lupo
si sentiva stanchissimo: "Accidenti Pochettin,
come pesi!". "Saranno tutti i fichi che ho
mangiato!" rispose il bambino mentre seguiva
il lupo senza farsi scoprire.
Quando il lupo vide in lontananza la sua casa,
con quel poco di fiato che gli restava, chiamò:

"Moglie Lupa! Metti la pentola sul fuoco e
apparecchia la tavola che fra un po' ci mangiamo
Pochettin!" Poi, dopo poco, il lupo arrivò a casa,
la moglie tutta contenta gli aprì la porta e lui
rovesciò nella pentola tutto il contenuto del
sacco. Tutte quelle pietre fecero rovesciare la
pentola, l'acqua bollente si scaraventò addosso
al lupo e a sua moglie che ululando scapparono
così lontano che nessuno sa dove siano andati a
finire. Pochettin, che aveva assistito a tutta la
scena, scoppiò in una grande risata.

15
La bambina e
il condor
illustrata da Scuola Materna Statale Viale Modugno

16

ECUADOR
C'era una volta, tra le ripide pieghe delle Ande,
una bambina. Come ormai faceva da molti
anni, un giorno portò le sue pecore a pascolare
insieme al suo fedelissimo cagnolino, che
sempre l'accompagnava. Mentre era intenta a
controllare che nessun membro del suo gregge
si allontanasse troppo o si perdesse, atterrò al
suo fianco un condor dalle grandi ali.
L'uccello le si avvicinò e le disse: "Buongiorno
piccola, che graziosa che sei...", e proseguì

"perché non giochiamo un po' insieme? Io
posso portarti con me". La fanciulla, dopo aver
riflettuto alcuni secondi, rispose: "Salve signor
condor, mi piacerebbe giocare con te, ma non
credo che tu possa portarmi, sai, sono molto
pesante".
Il condor allora, per dimostrare di quanto era
capace, afferrò un agnello con i suoi possenti
artigli sollevandolo da terra senza grande
difficoltà.

17
E di nuovo rivolgendosi alla bambina, gonfio di
soddisfazione: "Come vedi piccolina, sono un
animale più forte di quello che pensi!".
La bambina, affascinata dalla dimostrazione, si
lasciò convincere e cominciò a giocare col condor,
che di tanto in tanto la afferrava per le braccia
e la trasportava verso la vetta della montagna,
sempre più su. Passò il pomeriggio e la sera
discese sulle montagne come un lenzuolo scuro e
leggero. Il cagnolino, stanco d'aspettare al pascolo
la sua padrona, tornò da solo a casa guidando il
gregge. Quando arrivò, la madre della bambina,
preoccupatissima, chiese ragione al cane di tanto
ritardo e del perché sua figlia ancora non tornava.
L'animale cominciò ad abbaiare in direzione della
cima della montagna e la mamma capì quel che era
successo.

18
19
20
Una grande disperazione la invase, e cominciò
a piangere. In quel momento, attratto dai
lamenti, s'avvicinò un ninaguro (una specie
di lucciola), che cercò di consolare la donna.
Dopo averla ascoltata, le disse: "Non ti
preoccupare, io ti aiuterò a recuperare tua
figlia, devi solo ascoltarmi. Adesso prendi
con te un po' di liquore, delle patate, galline,
un cuy (un porcellino d'india), una corda,
un'ascia e seguimi", disse il ninaguro.
La donna obbedì e i due si misero in cammino
verso la cima della montagna. Attraversarono
insieme burroni e scarpate da brivido, valli e
lagune, fino a giungere al nido del condor.
Quando arrivarono, così come il ninaguro
aveva indicato, la donna si comportò in
maniera molto gentile con il condor.
"Ti saluto, mio buon genero", gli disse, "sono
venuta perché voglio che tu ti sposi con mia
figlia. Però, prima, come conviene alle grandi
occasioni, bisogna fare una grande festa".

21
Il condor, un po' stupefatto ma emozionatissimo
per le parole che ascoltava, iniziò subito a
danzare bevendo i liquori che gli avevano
portato. Per tutta la notte, il grande rapace
bevve fino ad ubriacarsi.
Fu allora che approfittando della situazione, la
donna colpì l'animale, liberando finalmente la
bambina.

22

Quando l'alba accarezzava di sguincio il
paesaggio, la donna e sua figlia, sempre scortati
dal ninaguro, ripresero la via di casa, dove il
cagnolino li aveva aspettati sveglio e ansioso
per tutta la notte. Durante la sua permanenza
nel nido del condor, la bambina s'era quasi
completamente trasformata in uccello. Ci mise
un'intera settimana a perder le penne!
La figlia della
luna e del sole

ALBANIA

illustrata da Scuola Materna Statale Papa Giovanni XXIII

C'era una volta sulle montagne
dell'Albania un giovane cacciatore, era
l'unico figlio di una madre premurosa e
amorevole. Tutte le volte che il giovane
usciva per andare sui monti la madre gli
diceva: "Figlio mio, vai a caccia su tutti
i monti che vuoi ma non ti avventurare
mai sul monte del drago: è una creatura
orribile e non lascia scampo agli
uomini, chi va lassù non ritorna. Mi
raccomando."
Ma un giorno il cacciatore prima di
partire per i monti si recò a salutare
la sua amata, una splendida fanciulla.
Quel giorno la ragazza disse: "Mio
amato, se è vero che mi vuoi bene oggi
andrai a caccia sul monte del drago".
Il giovane fece ciò che desiderava la sua
amata ma appena ebbe messo piede sul
monte... turumtum... trr... turumtum...
trr... la terra si mise a tremare e gli
alberi a cadere come steli di fiore al passaggio dei cavalli.
Quindi apparve il drago con sette teste e sette code, con occhi di brace come torce accese, con bocca
grande come una caverna. E tutt'intorno fiamme. Fiamme dalla bocca, fiamme dal corpo, tutto
bruciava al suo passaggio.

23
Il drago sbatté tre volte la coda a terra e la terra
tremò ancora.
Il giovane cacciatore non ebbe paura, tirò tutte
le sue frecce ma nulla: neppure un graffio sulla
pellaccia del drago.
Quindi il drago dalle sette teste e dalle sette
code disse: "Ora ti mangerò ragazzo, come ho
mangiato tutti quelli venuti prima di te sulla mia
montagna!"

24

Il ragazzo però chiese: "Drago hai ragione, sei
più forte, mi lascerò mangiare ma ti chiedo solo
di poter andare a salutare per l'ultima volta mia
madre. Poi tornerò da te e mi mangerai".
"E perché mai dovrei lasciarti andare?"
domandò il drago dalle sette teste e dalle sette
code.
Il ragazzo non ci pensò su: "Perché ti do la mia
parola d'onore"
"Bene, vai e torna prima del tramonto" acconsentì
il drago dalle sette teste e dalle sette code.
Il giovane con il cuore triste andò dalla madre
e disse: "Madre, sono venuto a salutarti, sono
andato a cacciare sul monte del drago, mi ha
sconfitto e ora torno a farmi mangiare da lui"
La madre, che amava il suo unico figlio, disse
disperata: "Non tornare sul monte!

Resta qui! Non tornare sul monte del drago!"
Il ragazzo, ancor più triste, disse: "Non posso,
ho dato la mia parola d'onore".
Il cacciatore baciò la madre, quindi, con il
cuore ancor più triste, andò dalla fanciulla che
amava e disse: "Passione mia, sono venuto a
salutarti, il drago mi ha sconfitto e ora torno a
farmi mangiare da lui".

25
La fanciulla, che amava il cacciatore, disse:
"Non tornare sul monte! Resta qui! Non tornare
sul monte del drago!".
Il ragazzo disse solo: "Non posso, ho dato la mia
parola d'onore".
Allora la fanciulla aggiunse: "E io verrò con te".
Il ragazzo disse: "No, è una follia, mangerà anche
te."
Ma la fanciulla ribadì: "Verrò con te".
Il giovane cacciatore provò a insistere, disse e
ripeté che era una pazzia ma la fanciulla non
sentiva ragioni. La fanciulla tanto fece e tanto
disse che alla fine partì con lui.

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Così il cacciatore e la fanciulla presero la strada
per il monte del drago.
Ma appena ebbero messo piede sul monte...
turumtum... trr... turumtum... trr... la terra si
mise a tremare e gli alberi a cadere come steli
di fiore al passaggio dei cavalli.
Quindi apparve nuovamente il drago con sette
teste e sette code, con occhi di brace come torce
accese, con bocca grande come una caverna. E
tutt'intorno fiamme.
Il drago disse: "Oh me fortunato, me fortunato!
Oggi è la mia giornata di fortuna: prima ne
avevo uno, ora ne ho due. Sarà un pranzo
completo".

29
Ma la fanciulla rispose: "Oh povero te, povero
drago dalle sette teste! Oggi è la tua giornata di
disgrazia: prima ne avevi uno, ora non ne hai
nessuno.
Tornerai nelle viscere della terra, perché
questa montagna è e sarà degli uomini".

30

Dette queste parole la fanciulla si avvicinò al
drago e la creatura dalle sette teste e dalle sette
code fece per lanciare una vampata di fiamme
ma la fanciulla lo bloccò con lo sguardo.
Il drago rimase immobile e impaurito, quindi
con voce tremante disse:
"Chi sei fanciulla per avere questo potere?"
"Sono la figlia della luna e del sole, sono la
goccia del cielo che cade in ogni dove, la goccia
che porta gioia ai buoni e danno ai cattivi, la
goccia che feconda i monti e i campi.

Sono la figlia della luna e del sole".
Fu così che il drago tornò a nascondersi nel
ventre della terra e che gli uomini tornarono a
cacciare sul monte.

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L'asino di Giuha
illustrata da Scuola Materna Statale Acquasanta

C'era una volta uno sciocco che si chiamava Giuha e viveva in campagna.
Una volta a Giuha rubarono l'asino, e lui, poverino, lo cercò dappertutto.
Siccome non lo trovava, cominciò a girare per le strade del paese gridando:
"Ridatemi l'asino! Ridatemi l'asino! Ridatemelo, o andrà a finire che farò
quel che fece mio padre!"
A sentirlo gridare così, il ladro venne fuori, un po' spaventato, e chiese:
"Perché, che cosa fece tuo padre?"
E allora Giuha rispose: "Se ne comprò un altro, naturalmente!".

32

MAROCCO
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Il cane e la serpe
illustrata da Scuola Materna Statale di Piazza Romagnosi

C'era una volta un cane che aveva un tremendo
mal di testa; corse qua e là all'impazzata non
sapendo come scacciarlo, finché trovò una
serpe che si crogiolava arrotolata al sole.
Questa gli chiese perché corresse intorno come
un dannato e, appreso il male che lo affliggeva,
gli disse: "Conosco un rimedio ottimo per il mal

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ROMANIA

di testa dei cani, mentre non giova a me che
pure soffro molto il mal di testa".
"Che cosa devo fare?"
"Va' laggiù, mangia un po' di quell'erba, e
guarisci subito".
Il cane seguì il consiglio e sentì alleviato il
dolore.
Poi, ignorando che cosa sia la riconoscenza,
tornò dalla serpe e le disse: "Ora che m'è passato
il mal di testa, sto molto meglio; perciò mi sono
ricordato di un rimedio eccellente contro il mal
di testa delle serpi". "Qual è?" chiese ansiosa la
sua benefattrice. "E' molto semplice. Quando ti
duole la testa, va' a stenderti di traverso sulla
strada maestra e aspetta un po', vedrai che il
mal di testa ti passa certamente".

"Mille grazie" rispose l'ingenua e corse ad
attuare il consiglio: si distese di traverso sulla
strada maestra e aspettò. Dopo qualche tempo
passò un uomo fornito di un grosso randello e
immediatamente la prese a bastonate sulla
testa.

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Il gabbiano
e la volpe
illustrata da Scuola Materna Statale San Rocco

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PERU'
C'era una volta una volpe che rubò i pulcini dal
nido di un gabbiano. La volpe li nascose in un
fagotto e scappò via, voleva tenerli come propri
figli.
Il gabbiano però la seguì e mentre la volpe,
dopo aver deposto il fagotto su una roccia, si
allontanò per andare in cerca di cibo, tolse dal
fagotto i pulcini e al loro posto mise spine e aghi

di pino. La volpe poi tornò e riprese il fagotto,
senza neppure guardarci dentro; ma, mentre
camminava, le spine cominciarono a pungerla.
Molto stupita disse: "Ma chi mi punge sulla
schiena?", poi pensò: "Saranno i pulcini che mi
graffiano e mi danno beccate". Arrivata in un
valloncello solitario aprì il fagotto per dar loro
da mangiare ma dentro trovò solo spine e aghi.

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Allora esclamò: "Chi mi ha preso i pulcini,
i miei nuovi piccoli figli?" Dall'alto di una
roccia il gabbiano si fece molte beffe di lei,
così la volpe si adirò e disse: "Osi prendermi in
giro, vedrai!" e iniziò a inseguire il gabbiano.
Il gabbiano scappava e si burlava di lei, ma ad
un certo punto la volpe lo raggiunse e lo afferrò.
Ma il gabbiano, senza scomporsi, si appoggiò
a una grossa pietra e disse: "Questa pietra sta
per cadere, io la tengo ferma. Ora però aiutami
anche tu". La volpe allora, preoccupata del
crollo della pietra, lasciò la presa e iniziò a
spingere con tutta la sua forza per tenerla su.
A quel punto però il gabbiano volò via.

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Per due giorni la volpe rimase a reggere la
pietra poi si stufò, levò la presa ma la pietra non
cadde. Arrabbiatissima cercò il gabbiano e lo
vide su un isolotto al centro di un lago; la volpe
- che non sapeva nuotare - dalla riva pensò un
piano e poi disse: "Trovato! Prosciugherò tutto
il lago e mi vendicherò del gabbiano" e così
dicendo iniziò a bere l'acqua.
Dopo qualche ora, con la pancia piena e gonfia,
rinunciò.
Non tutte le volpi sono astute.
I due gatti
litigiosi

CINA

illustrata da Scuola Materna Statale Varenna “Le Pratoline”

C'erano una volta due gatti che
amavano giocare e azzuffarsi tra
loro e, talvolta, arrivavano anche
a litigare.
Un giorno mentre attraversavano
le montagne si imbatterono
improvvisamente in una bella
polpetta, rotonda e profumata.
Il gatto più anziano voleva
dividerla perfettamente a metà
e il giovane fu d'accordo. Ma
sfortunatamente,
tagliando,
capitò che una metà fosse
leggermente più grossa dell'altra.
Il gatto più anziano naturalmente
pretendeva per sé il pezzo
più grosso, ma il giovane non
aveva la minima intenzione di
accontentarsi come pranzo della
parte più piccina. Per questa
ragione i due gatti, come al solito, iniziarono a litigare e ad azzuffarsi.
Casualmente saltellava da quelle parti una scimmia e i gatti le chiesero subito consiglio.
"Vale la pena di litigare per un paio di briciole?", osservò la scimmia, poi continuò "Date qui le due
metà, ve le taglierò con precisione!"
I gatti ringraziarono la scimmia, molto curiosi di vedere come li avrebbe aiutati.
La scimmia soppesò con cura le due metà per stabilire quale fosse la più grossa e quale la più
piccina.

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Quindi diede un piccolo morso alla metà più
grande, per eguagliare il peso delle due,
ma purtroppo il boccone era riuscito troppo
grosso, cosicché ora l'altra metà era di nuovo
più grande. A ciò la scimmia pose rimedio
mordendo un pezzetto anche dell'altra metà.
Ma per quanto si desse da fare, un pezzo
rimaneva sempre più grosso dell'altro e,
siccome era stufa della questione, si gettò

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entrambe le parti della polpetta in bocca:
e i due gatti sconcertati si resero conto di
essere stati imbrogliati dalla scimmia. I gatti
si arrabbiarono, ma la scimmia li salutò e
disse solo: "Mille grazie, il cibo in fondo
non era malvagio!". Fu allora che i due gatti
cominciarono a riflettere su dove li aveva
condotti il loro desiderio di litigio.
La sposa
Uccello
illustrata da Scuola Materna
Statale Giovine Italia

C'era una volta un re che sposò la ragazza più bella del villaggio.
Quando fu il tempo del raccolto tutte le nuove spose del villaggio
partirono per andare a vedere il lavoro nei campi. Le donne invitarono
anche la moglie del re, ma lei disse: "Grazie, care sorelle, ma qui ho
tanto da fare, devo ancora andare al pozzo a prendere l'acqua."

SENEGAL

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Le altre la salutarono e si incamminarono.
Quando la moglie del re fu sola prese la brocca, la pulì
bene e la riempì d'acqua, poi s'incamminò verso i campi
di miglio. Arrivata ai campi, controllò di essere sola, si
levò tutti i vestiti e iniziò a cantare:
"Il miglio è alto e maturo, maccuuta mbelangal!
e se l'avessi saputo, maccuuta mbelangal!
non avrei preso marito, maccuuta mbelangal!"
Il canto della giovane sposa svegliò un viaggiatore steso lì
accanto a riposare. L'uomo rimase nascosto tra i cespugli
e guardò lo spettacolo. Perché di spettacolo si trattava.
Il viaggiatore in vita sua ne aveva visto di cose strane,
ma questa le superava tutte: alla sposa del re stavano
crescendo ali colorate, piume sgargianti e un robusto
becco.
Quando la giovane sposa finì di trasformarsi in un
meraviglioso uccello iniziò a beccare il miglio e mangiò
a volontà. Poi il colorato uccello tornò donna, si rimise la
brocca in testa e come se nulla fosse accaduto tornò verso
casa.
Il viaggiatore corse dal re: "O re di questo villaggio, che
tu ci voglia credere o no, hai sposato un uccello!"
"Sei forse impazzito? Vuoi forse essere fustigato per la
tua impudenza? Vattene, prima che ti faccia punire per
le sciocchezze che racconti" disse il re, ma il viaggiatore
insistette e insistette ancora: "O re di questo villaggio,
che tu ci voglia credere o no, hai sposato un uccello! L'ho
visto con questi miei occhi, domani ti condurrò con me e
potrai vedere tu stesso".
Il re si lasciò convincere e il giorno dopo andò con il
viaggiatore. Seguirono di nascosto la sposa del re mentre
si recava al pozzo. La sposa del re prese la brocca, la
pulì bene e la riempì d'acqua, poi s'incamminò verso i
campi.

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Una volta arrivata, si sincerò d'esser sola, si levò
tutti i vestiti e iniziò a cantare: "Il miglio è alto
e maturo, maccuuta mbelangal! e se l'avessi
saputo, maccuuta mbelangal! non avrei preso
marito, maccuuta mbelangal!" e divenne un
meraviglioso uccello, quindi iniziò a beccare il
miglio.
Il re non sapeva cosa fare, allora il viaggiatore

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disse: "So io cosa fare ascolta" e parlarono piano
al riparo dei cespugli.
Nel frattempo il colorato uccello tornò donna,
si rimise la brocca in testa e come se nulla fosse
accaduto tornò verso casa. A casa la sposa iniziò
a impastare, ma dietro di lei arrivò il re e iniziò
a cantare: "maccuuta mbelangal! maccuuta
mbelangal!"
La sposa supplicò: "Non cantare questa
canzone, non cantare, smettila! Ti farò dono di
tutti i miei gioielli, ma ti prego non cantare più".
Ma il re continuava: "maccuuta mbelangal!
maccuuta mbelangal!". La giovane sposa iniziò
a trasformarsi, le spuntarono ali colorate, piume
sgargianti e un robusto becco. Il re si arrabbiò e
provò a prenderla, ma la sposa uccello volò via.
Volò in alto, sempre più in alto, nel cielo

profondo tra mille altri uccelli, dove nessuno
l'avrebbe mai più trovata. Il re rimase solo,
non smise mai di guardare il cielo turbinare di
uccelli cercando di riconoscere il meraviglioso
uccello dalle piume sgargianti che ebbe per
sposa.

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Ganesh e
Caturagama
illustrata da Scuola Materna Statale Italo D’Eramo

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SRI LANKA
C'erano una volta, tanto tempo fa, due fratelli,
figli di dei. Uno si chiamava Ganesh e l'altro
Caturagama. Ganesh era più bello e molto
più gentile di suo fratello perciò alle ragazze
piaceva. Suo fratello non era affatto contento
di questo. Così un giorno Caturagama andò dal
fratello e gli chiese di aiutarlo. Ganesh accettò
con gioia e gli disse: "Domani io mi trasformerò
in elefante per spaventare le ragazze, tu verrai
a salvarle e loro noteranno anche te.
Ma dopo, ricordati, devi farmi bagnare con

questa acqua magica per poter ritornare
alla normalità". Il giorno successivo Ganesh,
diventato un elefante, spaventò le ragazze e
Caturagama le salvò. Caturagama però, per
paura che le ragazze tornassero dal fratello,
gli fece bagnare solo il corpo e così Ganesh,
per colpa della gelosia, rimase con la testa di
elefante e il corpo d'uomo.

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Il bastone
che cresce

BANGLADESH

illustrata da Scuola Materna Statale Via Fabbriche

C'era una volta un uomo a cui venne a mancare in casa sua una borsa piena di monete.
Si recò a denunciare la scomparsa e il giudice convocò davanti a sé tutti gli inquilini della casa.
Consegnò ad ognuno un bastone (i bastoni erano tutti della stessa lunghezza), avvertendo:
"Il bastone del ladro, chiunque egli sia, nella notte crescerà di un dito"; poi li congedò.
Colui che aveva rubato la borsa s'impaurì e nella notte accorciò di un dito il suo bastone.
Il giorno dopo il giudice chiamò di nuovo gli inquilini, esaminò i bastoni e capì chi era stato il ladro.
Recuperò la borsa con le monete e gettò in carcere il disonesto.

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La palma d'oro
illustrata da Scuola Materna Statale Via Bologna
TUNISIA

C'era una volta un principe del deserto che aveva un figlio di nome
Mahmud, intelligente e bello, ma terribilmente pigro.
La cosa che gli piaceva di più era stendersi su un tappeto, all'ombra
di una palma, e guardare le nuvole o l'ombra dei rami sulla sabbia,
mentre i servitori gli portavano il cibo e lo imboccavano.
Perfino alzare la punta di un dito era troppo faticoso per lui e
sarebbe morto di sete, piuttosto che sollevare una brocca d'acqua.
Un giorno che Mahmud, come sempre, dormiva su un mucchio
di cuscini nel giardino del palazzo, un vecchio mendicante bussò
alla porta, e il principe gli offrì, come fa ogni buon musulmano, la
giusta ospitalità. Mentre il vecchio mangiava, Mahmud russava,
e suo padre disse, un po' vergognoso: "Perdonami, ospite, ma mio
figlio è il ragazzo più pigro di tutta l'oasi e, forse, del paese intero.
L'arancia sul suo ramo, la tartaruga che dorme al sole e il pulcino
chiuso nell'uovo sono meno pigri di lui. Io non so proprio come
correggerlo".
"Non preoccuparti, o Signore, perché Allah ha steso la sua mano
su di te.

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Io, il saggio Mansur, so molte cose e conosco il
rimedio per molti mali, perciò ascoltami con
attenzione: da qualche parte, laggiù nel Sud, c'è
un regno immenso dove cresce una palma tutta
d'oro, e chi la vede una volta conquista ogni virtù.
Se tuo figlio riuscirà a vederla guarirà per sempre
dalla pigrizia. Mandalo dunque per il mondo,
perché la cerchi finché non l'avrà trovata".

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Il principe decise di seguire il consiglio e
Mahmud, che lo volesse o no, fu costretto a partire,
senza cavallo e senza servitori, con poche monete
in tasca e una pagnotta nella sacca. Camminò per
mille e cento giorni, andando di città in città e di
deserto in deserto, e conobbe un'infinità di popoli
diversi: Mauritani, Neri, Turchi, Arabi, Berberi,
Europei...

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Gli toccò dormire in povere casette di fango
o sotto tende di pelo di cammello, e imparò a
costruirsi un riparo con rami secchi e foglie di
palma. Soffrì la fame e la sete, stese la mano per
mendicare e per guadagnarsi il pane dovette
lavorare la terra, fabbricarsi vasi, badare alle
bestie, seguire le carovane. Ma la palma d'oro
non si trovava.

54

Finché una sera, dall'alto di una duna ai
bordi del deserto, Mahmud la vide brillare
all'orizzonte, e capì che il suo viaggio era finito.
Poi si guardò le mani: il palmo e le dita non
erano più bianchi e morbidi come un tempo, ma
coperti di calli. Il pigro Mahmud era diventato
un uomo.
Il pappagallo
intelligente

INDIA

illustrata da Scuola Materna Statale Via Cialli “Nemo”

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C'era una volta un uomo che addestrò un
pappagallo e gli insegnò a parlare. Ogni
volta che gli rivolgevano la parola l'uccello
rispondeva: "Può esserci dubbio?". Un giorno
l'uomo lo portò al mercato e lo offrì in vendita,
chiedendo come prezzo cento rupie. Passò di
là un Nobile e chiese all'uccello: "Vali davvero
cento rupie?". Il pappagallo rispose pronto:
"Può esserci dubbio?".

56

Il Nobile tutto contento lo comprò e se lo portò
a casa. Ma, a tutto ciò che gli diceva, riceveva
sempre la stessa risposta: "Può esserci dubbio?"
Allora si vergognò della sua credulità, si
pentì dell'acquisto e stizzito esclamò: "Ho
fatto una bella sciocchezza a comprar questo
pappagallo!". E il pappagallo pronto: "Può
esserci dubbio?". Il Nobile rise di gusto e lo
lasciò volar via.
LA BELLA FIGLIA
DEL RE

NIGERIA

illustrata da Scuola Materna Statale Via Cavallotti

C'era una volta un re che cercava per la propria figlia il giusto marito.
Un giorno il re chiamò a sé la figlia e le disse: "Cara figlia mia, è giunto il
tempo in cui trovare un uomo che ti possa sposare". La ragazza fu felice e
rispose: "Bene padre mio, sarei felice di sposarmi, ma ad una sola condizione:
il mio futuro sposo deve amarmi per davvero, deve amare me e non il nostro
potere e le nostre ricchezze". Il padre decise allora di lasciar scegliere alla
figlia il proprio sposo, quindi fece annunciare in tutti gli angoli del regno
che il tal giorno i pretendenti si presentassero a corte con un dono di nozze.

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Quando venne il tal giorno fin dall'alba si presentarono guerrieri, nobili, principi,
ricchi mercanti e tutti portarono in dono le cose più preziose: abiti pregiati, monili,
arazzi, sculture, pietre preziose e quantità immense di oro di pellicce e di armi.
Ma quel giorno nella capitale del regno c'era anche un giovane povero. Il giovane
era tanto povero quanto innamorato della principessa. Si mise anche lui in coda per
entrare a palazzo e portare il suo dono.
Il suo dono era tutto ciò che possedeva: tre semplici bracciali d'oro lasciati dalla vecchia
madre in punto di morte molti anni prima.

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Quando la giornata fu finita, e tutti i pretendenti fuori da palazzo, il re e sua figlia
rimasero soli in mezzo ad una grande stanza stracolma di ogni ricchezza.
Il re disse alla figlia: "Cara figlia mia, dimmi quale hai scelto tra i tanti pretendenti?".
Ma la figlia rispose: "Padre mio, sono confusa, non saprei chi scegliere".
Il padre allora disse: "Non ti preoccupare cara figlia mia, ti aiuterò a scegliere, ci penserò
su stanotte".
E il re, in cuor suo, pensava: "Se non ha scelto lei, sceglierò io e sceglierò il giovane più
ricco del paese".

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Durante la notte però la figlia del re fu visitata in sogno dalla propria defunta madre che le disse:
"Figlia mia adorata, voglio darti un consiglio. Dì a tuo padre di annunciare la tua morte, dal
comportamento dei pretendenti egli che è un re saggio capirà qual è l'uomo giusto per te, quello che
ti ama per davvero".
Il mattino seguente la principessa raccontò al padre del sogno e questi disse: "Cara figlia mia,
seguiremo il consiglio di tua madre, ora va a nasconderti nelle tue stanze".
Il re convocò a palazzo tutti i pretendenti e con il vestito del lutto diede loro il triste annunciò: "Mia
figlia è morta, è morta stanotte".
Tutti rimasero sgomenti e iniziarono a spazientirsi non sapendo cosa dire e cosa fare.
Quindi il re ripeté ancora:
"Mia figlia è morta, è morta
stanotte; non ci saranno più le
nozze".
I pretendenti iniziarono
a rumoreggiare e molti
guardarono
verso
la
montagna di doni preziosi
ammonticchiati nella stanza.
Così il re disse: "Non temete
per i vostri doni, potete
riprenderli".
Tutti sia affrettarono a
recuperare abiti pregiati,
monili, arazzi, sculture,
pietre preziose e quantità
immense di oro, di pellicce
e di armi, contendendosi
quella o quell'altra proprietà,
strappandosi di mano ora
una pietra preziosa, ora una
sciabola d'oro.
Nel gran trambusto di guerrieri, nobili, principi
e ricchi mercanti tutti indaffarati a riprendere
i propri doni, il re vide il giovane povero in
lacrime, fermo in un angolo della grande stanza.
Il re si avvicinò e disse: "Cos'hai giovanotto?
Non piangere e recupera il tuo dono, torna a
casa".
Ma il giovane disse: "O mio signore, se non vi
è di offesa vorrei che i miei doni, anche se sono
solo tre bracciali d'oro, fossero seppelliti con
la principessa. L'ho amata tanto, da lontano.
Vorrei che almeno quei bracciali, ricordo di mia
madre e mio unico bene, potessero stare con la
principessa per l'eternità. Che testimoniassero
il mio amore, da vicino".
Il re fu felice di quelle parole e strappandosi
il vestito del lutto gridò: "Mia figlia è viva, potrà portare i tuoi bracciali da viva, e tu la sposerai,
figlio mio!". Il trambusto si fermò e i pretendenti guardarono increduli il re, che spiegò: "Ieri ero
pronto a dare mia figlia in moglie al più ricco tra voi, ma oggi, vista la vostra avidità, ho deciso di
darla in moglie al più povero tra voi, perché egli la ama per davvero, non per le sue ricchezze o il
mio potere! Ora andate, finché resto felice di questo evento, non avete da temere! Ma vi conviene
affrettarvi!". La figlia del re uscì dalle sue stanze vestita di uno splendido abito e vedendo il futuro
sposo le batté forte il cuore dall'emozione, il suo sposo era un bel giovane. La principessa e il
giovane povero si sposarono e dopo molti anni, quando morì il vecchio re, lui divenne il re più gusto
e saggio che quel regno abbia conosciuto, e lei divenne la regina più bella e saggia che quel regno
abbia conosciuto.

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Il falco,
il gallo e
la gallina
illustrata da Scuola Materna Statale G.B. Perasso
succ. Via Scribanti

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FILIPPINE
C'era una volta un mondo diverso, in quel
mondo il Falco si innamorò della Gallina e
decise che avrebbe voluto sposarla. Cominciò
così a farle la corte e, per prima cosa, le regalò
un bellissimo anello d'oro.
La Gallina, contentissima, se lo infilò nella
zampa e cominciò a camminare su e giù per il
pollaio, apposta per farsi ammirare.
Il Gallo, appena la vide, le corse subito incontro

e le chiese: "Chi ti ha dato quell'anello?"
"Me l' ha regalato il Falco", si vantò la Gallina
"Dice che vuole sposarmi!"
"Figurati!" esclamò il Gallo. "Chi ha mai sentito
di un falco che sposa una gallina?"
"Vorrà dire che questa sarà la prima volta!" lo
rimbeccò la Gallina - "Il Falco ha intenzioni
serie e mi ha già chiesto di fissare la data delle
nozze".

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"Se volesse veramente sposarti, non ti avrebbe
regalato questo orribile anello di ottone!" rise il
Gallo.
"Di ottone?" protestò la Gallina. "Scherzi, è di
oro purissimo... lui sì che può permetterselo!".
"C'è un modo per scoprire se è veramente d'oro"
disse il Gallo "L'oro, infatti, torna sempre da te,
anche se lo perdi o lo lanci lontano. L'ottone,
invece, non torna mai indietro.

66

Perché non fai la prova?"
La Gallina non era persuasa, ma il Gallo alla
fine la convinse e lei gettò l'anello il più lontano
possibile. Solo che il cerchietto, ovviamente,
non tornò indietro e, quando lo cercarono,
raspando e grattando ovunque non riuscirono
a trovarlo più. "Chicchirichì, avevo ragione io,
io, io! Il Falco è un mascalzone, sarà meglio che
tu prenda me per marito.
Sarai la mia moglie preferita!"
La Gallina era molto dispiaciuta e cominciava
a sospettare che il Gallo l'avesse ingannata, ma
ormai il danno era fatto: chissà cosa avrebbe
detto il Falco, quando si fosse accorto che lei
non aveva più il suo anello.
Posato sul ramo di un albero che faceva ombra
al pollaio, il Corvo aveva visto tutto, anche
dove era finito l'anello. Così, appena il Gallo e
la Gallina si allontanarono, scese in picchiata,
afferrò l'anello d'oro con il becco e lo portò al

suo amico Falco, raccontandogli l'accaduto.
Il Falco si infuriò: era così che la Gallina
ripagava il suo amore? Sbatté le ali e volò
subito dalla sua fidanzata. "Come mai non hai
più il mio anello?" le chiese.
La Gallina, confusa, balbettò: "Perdonami, ma
mi è scivolato dalla zampa, mentre correvo
inseguita dal Gallo. Poi non l'ho più trovato."
"Bugiarda! Mi hanno riferito che l'hai buttato
via tu stessa, perché vuoi sposare quello stupido
galletto", disse il Falco.

67
"Non è vero!" protestò la Gallina, "non lo vorrei,
nemmeno se fosse l'ultimo gallo al mondo!
Perché non mi credi? Ti giuro che il tuo anello
è rotolato via senza che me ne accorgessi."
Il Falco non volle starla a sentire e le disse:
"Il fidanzamento è rotto! E siccome non mi sei
stata fedele, d'ora in poi saremo nemici: se non
mi restituirai l'anello, ruberò tutti i tuoi pulcini,
adesso e per sempre!"

68

Naturalmente la Gallina non ritrovò mai
l'anello e, siccome era rimasta senza fidanzato,
decise di sposare il Gallo, anche se lui aveva
delle altre mogli.
Da allora i falchi rubano i pulcini ogni volta
che possono, mentre le galline continuano a
raspare per terra, nella speranza di ritrovare il
famoso anello di fidanzamento.
Il mugnaio e
l'Uomo d'acqua

POLONIA

illustrata da Scuola Materna Statale Il Pratone

69
C'era una volta un ragazzo che se ne andava
in giro a chiedere lavoro e, dopo aver bussato
a tutte le porte, arrivò a un mulino dove c'era
bisogno di un garzone.
"Mi tocca fare tutto da solo, insieme a mia
moglie, perché i miei aiutanti se ne sono
andati... quei fifoni!" gli disse il mugnaio.

70

"Perché, di che cosa hanno paura?" chiese il
ragazzo e il mugnaio: "Dell'Uomo d'acqua.
Tutte le sere, a mezzanotte esce dal fiume e
viene a farsi un giretto al mio mulino.
Così i garzoni si spaventano e scappano via".
"Io non scapperò" disse il ragazzo e fu
assunto.
La sera, finito il lavoro, il mugnaio e sua moglie
si chiusero in camera e il nuovo garzone si
sdraiò vicino alla macina, con un sacco vuoto
come coperta. A mezzanotte in punto, si sentì
bussare alla porta. Il ragazzo si svegliò subito
e chiese: "Chi è?" Nessuno rispose, ma il "toc
toc" di prima ricominciò. "Insomma, chi è?"
chiese di nuovo il ragazzo.

Niente, solo un altro colpetto alla porta.
"Chiunque tu sia, smettila di bussare e vieni
dentro!" gridò il ragazzo.
A quel punto la porta si aprì piano piano, per far
entrare un ometto con la pelle verde e gli occhi
di rana. Portava un bel frac blu, un cappello
a tubo e gocciolava a tutto andare, lasciandosi
dietro tante piccole pozzanghere.

71
"Avrei dovuto immaginarlo, è solo l'Uomo
d'acqua!" fece il ragazzo e si voltò dall'altra
parte per continuare a dormire.
"Non ti faccio paura?" chiese l'ometto, stupito.
"Proprio no. Finché sono all'asciutto, tu non
puoi farmi niente. Adesso stai zitto e lasciami
dormire" "Neanche per idea: se non posso fare
altro, non ti lascerò dormire!"

72

L'Uomo d'acqua, che era terribilmente
dispettoso, si sedette su una panca e cominciò
a cantare con voce di rana. Era talmente
insopportabile che, a un certo punto, il ragazzo
si tirò su, prese il suo violino e si mise a suonare,
tanto per non sentire quel tremendo gracidio.
"Che meraviglia!" disse l'Uomo d'acqua,
incantato, "Voglio provare anch'io".
Il ragazzo gli diede il violino e l'ometto provò
e riprovò, ma tutto quello che riusciva a
tirare fuori erano dei suoni stridenti e stonati.
"Non lo vedi che non sei capace? Hai le dita
palmate, come quelle delle rane e non potrai
mai suonare come si deve!" L'Uomo d'acqua,
allora, cominciò a pregarlo e a supplicarlo,
strillando: "Insegnami, insegnami". Allora il
ragazzo disse: "Lo vedi da te che hai le dita
troppo corte. Proviamo a farle diventare più
lunghe e poi, forse, potrò insegnarti a suonare".
Prese una morsa e ordinò all'Uomo d'acqua di
metterci dentro le dita, poi strinse e tirò, finché

quello cominciò a gridare: "Basta, basta, mi fa
un male terribile! Non voglio più saperne niente
del violino!" Allora il ragazzo aprì la morsa e
lo lasciò andare e, mentre l'ometto scappava,
gli gridò dietro: "Non farti più vedere qui al
mulino, o ti ridurrò in polpette!". L'Uomo
d'acqua non si fece più vedere e il mugnaio fu
così contento che diede in sposa al ragazzo la
sua unica figlia.

73
Macaco e Miseria
illustrata da Scuola SERVIZI EDUCATIVI PER L’INFANZIA “GIROTONDO”
DELL’ENTE MORALE SANTA MARIA BAMBINA

74
C'era una volta una mercante di sciroppo di frutta che
passeggiava in campagna, la donna era famosa per essere
la venditrice del miglior sciroppo dolce dei paraggi.
Così, anche quel giorno, le persone arrivavano da tutti
i villaggi vicini per comprare la sua deliziosa bevanda
contenuta in un recipiente di zucca. Macaco guardava la
scena dall'alto di un albero, ma ignorava cosa ci fosse di
così ambito dentro la zucca.

REPUBBLICA
DOMINICANA

75
Ma mentre il Macaco si domandava "cosa
conterrà mai quella zucca?", alla venditrice
cadde la zucca; lo sciroppo si rovesciò a terra e
così la donna esclamò: "Guarda qua! Miseria!".
Poi la venditrice, triste per l'accaduto, se ne
andò. Il Macaco ora aveva campo libero,
così scese dall'albero e andò ad assaggiare
lo sciroppo, lo trovò buonissimo e disse: "La
Miseria è ben dolce, dovrò chiedere al Patriarca,
signore di tutte le creature, di procurarmene
un po'". Detto fatto, qualche giorno dopo si recò
dal Patriarca che nel frattempo era impegnato
a contemplare le disgrazie degli uomini e
del mondo. "Buongiorno mio Signore, vorrei
che mi donassi un po' di miseria, per favore",
disse il Macaco. "Vuoi un po' della miseria?
Ce n'è talmente tanta dappertutto...", rispose il
Patriarca, poi aggiunse, "Macaco, io ti credevo
egoista e dedito solo al
piacere, invece... sai,
sono molto contento che tu
voglia condividere un po'
di miseria del mondo. E'
un gesto che ti fa onore".
Macaco,
impaziente
e goloso, quasi non
ascoltava e chiese: "E
dove la trovo questa
bevanda straordinaria?".
Il Patriarca lo guardò
stranito e disse: "Beh, hai
un modo strano di parlare
della miseria... ma vedi,
diciamo, che ce n'è a barili"

76

"E me ne puoi dare?", domandò frettoloso il
Macaco. "Certo, e ti benedico per questo tuo
atto di carità così incosciente e folle". E così il
Macaco se ne andò felice con un'intera botte
di miseria. Il Macaco cercò, come gli aveva
consigliato il Patriarca, una pianura deserta e
lunga cento chilometri, quindi aprì la botte. Ne
uscì fuori un enorme cane ringhiante di nome
Miseria. Il cane iniziò a inseguire Macaco e,
fuggi e scappa, Macaco vide finalmente un
albero in quel deserto. Fuggi e scappa, arrivò
all'albero, ma ormai il cane gli era addosso;
Macaco riuscì a salire sull'albero ma prima si
prese un bel morso sul sedere. Ed è per questa
ragione che i macachi, ancora oggi, non hanno
i peli sul sedere.
Il bradipo
e il
condor
illustrata da Scuola MATERNA STATALE VILLA BANFI

COLOMBIA

C'era una volta un bradipo lento lentissimo.
Il bradipo lento lentissimo viveva tranquillo
tranquillissimo nella foresta. Senza fretta e in
tutta calma il bradipo lento lentissimo guardava
il sole salire nel cielo e poi tramontare, guardava
arrivare e alternarsi le stagioni, guardava correre
sulla foresta le ombre delle grandi nuvole.

77
Il bradipo lento lentissimo se ne stava sempre
appeso a testa in giù e i suoi grandi occhi
avevano il tempo di guardare tutto quello che
accadeva, avevano il tempo di riflettere le luci
più belle: le stelle cadenti e gli arcobaleni dopo
la grande pioggia. Ma agli altri animali della
foresta il bradipo lento lentissimo sembrava
strano stranissimo.

78

Tutti gli altri animali erano sempre impegnati
a correre di qua e di là mentre lui, il bradipo
lento lentissimo, se ne stava quasi immobile.
Gli animali passavano veloci accanto a lui e si
limitavano a dire tra loro: "Poverino, è lento,
troppo lento..."
Ma il bradipo lento lentissimo non se ne curava,
era felice così. Poi un giorno capitò...
Un giorno di primavera, le grandi ombre delle
nuvole correvano sulla foresta dove gli animali
si muovevano indifferenti, senza accorgersi
che l'ombra più lenta e più grande in realtà
era quella del temibile condor. Il condor
roteava alto nel cielo cercando una preda. Solo
il bradipo lento lentissimo, che guardava fisso
nel cielo, se ne accorse e capì il pericolo.

Allora il bradipo lento lentissimo gridò, gridò
più volte segnalando il pericolo.
Gli animali allora fuggirono in tempo e il
condor volò via. Da quel giorno agli animali
della foresta il bradipo lento lentissimo non
sembrò più strano stranissimo.

79
80
Le formiche
e il granaio
illustrata da Scuola MATERNA STATALE FABRIZI

CILE

Dal formicaio uscì una formica,
scalò una collina a gran fatica,
dal colle giù per la valle andò,
nel granaio si arrampicò,
prese un chicco dal granaio
e lo portò al suo formicaio.
Allora uscì la seconda formica,
scalò una collina a gran fatica,
dal colle giù per la valle andò,
nel granaio si arrampicò,
prese un chicco dal granaio
e lo portò al suo formicaio.

81
Allora uscì la terza formica,
scalò una collina a gran fatica,
dal colle giù per la valle andò,
nel granaio si arrampicò,
prese un chicco dal granaio
e lo portò al suo formicaio,

82
Allora uscì la quarta formica...
...e una alla volta le formichine
viaggiarono per valli e colline,
e un grano alla volta tutto il granaio
si portarono nel formicaio.

83
Fonti
La favola haitiana è stata raccolta in creolo dalla voce dei bambini dell'isola e poi tradotta in italiano; per la presente
edizione è stata rinarrata da Anselmo Roveda e illustrata da Chiara Dattola. Le altre favole, fiabe e filastrocche presentate
sono state adattate e riscritte attingendo ai repertori e ai patrimoni di tradizione orale dei popoli, confrontandole e
traendole - secondo la consuetudine del fair use e la normativa sulla citazione per fini non lucrativi - per la rinarrazione
da volumi, materiali in rete e progetti di ricerca. Ecco bibliografia e sitografia essenziali delle fonti utilizzate, alle quali
rimandiamo per approfondire:
u

24 contes des Antilles; par Olivier Larizza; Castor Poche Flammarion, Paris 2004

u
	

Favole amazzoniche; progetto Ambasciata di Colombia in Italia e Fundación Antonio Restrepo Barco; 		
vitasenzadroga.com

u

Fiabe dal mondo; a cura di Amanda Rossi; il-fantamondo.com

u

Fiabe liguri illustrate; a cura di Anselmo Roveda; Falco Editore, Cosenza 2007

u

Fiabe tibetane; Mondadori, Milano 1995

u Il cammello che sapeva leggere. Favole e racconti popolari del Mediterraneo; a cura di Anselmo Roveda; Terre di 	
	Mezzo Editore, Milano 2007
u

Il Giramondo; a cura di Giacomo Prampolini; Bietti, Milano 1972

u Il mugnaio e l'Uomo d'Acqua. Fiabe e leggende della tradizione polacca; a cura di Francesca Lazzarato e Vinicio 	
	Ongini; Mondadori, Milano 1994
u

Il vulcano innamorato e altre storie; a cura di Ucodep; Sinnos Editrice, Roma 2006

u

La bella sposa grassa e altre fiabe africane; a cura di Anselmo Roveda; Terre di Mezzo Editore, Milano 2006

u La fata della luna. Fiabe e miti della tradizione filippina; a cura di Francesca Lazzarato e Vinicio Ongini; Mondadori, 	
	Milano 1992
u

La pagina di Alma; a cura di Alma Carlevarino; nenanet.it

u L'erede dello sceicco. Fiabe e favole del Maghreb; a cura di Francesca Lazzarato e Vinicio Ongini; Mondadori, 		
	Milano 1992
u

84

Storie di mezzo mondo; a cura di Giacomo Prampolini; Bietti, Milano 1972
2012

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  • 2. Indice pag 2 Da Genova a Haiti, un giro del mondo di colori e fiabe Una nota introduttiva di Anselmo Roveda pag 4 DIPINGIAMO IL LORO FUTURO! Un progetto di responsabilità sociale pag 6 FIND THE CURE Dedicato a tutti quelli che credono che la fantasia sia un diritto pag 8 Capitan Volpe e CapronE - Haiti pag 12 Pochettin - il delfino pag 16 La bambina e il condor - viale modugno pag 23 La figlia della luna e del sole - Papa Giovanni XXIII pag 32 L'asino di Giuha - acquasanta pag 34 Il cane e la serpe - Romagnosi pag 36 Il gabbiano e la volpe - san rocco pag 39 I due gatti litigiosi - le pratoline pag 41 La sposa Uccello - giovine italia pag 46 Ganesh e Caturagama - D’Eramo pag 48 Il bastone che cresce - fabbriche pag 50 La palma d'oro - via bologna pag 55 Il pappagallo intelligente - nemo pag 57 LA BELLA FIGLIA DEL RE - cavallotti pag 64 Il falco, il gallo e la gallina - Perasso/Scribanti pag 69 Il mugnaio e l'Uomo d'acqua - il pratone pag 74 Macaco e Miseria - Girotondo pag 77 Il bradipo e il condor- villa banfi pag 80 Le formiche e il granaio - fabrizi 1
  • 3. Da Genova a Haiti, un giro del mondo di colori e fiabe Prefazione di Anselmo Roveda Genova, la Dominante, ha costruito nel corso dei millenni la propria identità e fortuna sul porto, sugli scambi, umani e commerciali, che questo comporta. Una città dal carattere schivo, forse, ma di fatto da sempre aperta al mondo. Le rotte di navigazione, fin dalla classicità, hanno avuto punto fermo nel Golfo di Genova, tanto da farne emporio romano, prima, e determinare la potenza della Repubblica di Genova, dopo. L’assetto politico seguente al Congresso di Vienna (1814-1815) ne fece, infine, il porto principale delle aspirazioni sabaude a un’Italia unita e, a unificazione avvenuta, centro della cantieristica, del traffico delle merci e di passeggeri (da questi moli partirono migliaia di migranti connazionali alla volta delle Americhe). Quella di Genova è allora giocoforza una vocazione cosmopolita, terreno privilegiato di incontro e scambio tra tradizioni e culture. Vocazione coltivata lungo i secoli e rinnovata - corroborandosi nella tradizione repubblicana e democratica della città – negli ultimi anni facendo fronte accogliente e civile ai flussi migratori. Genova, come tutta l’Italia, ha conosciuto infatti negli ultimi venticinque anni mutamenti sociali e demografici importanti; oggi nel nostro Paese vivono quasi cinque milioni di stranieri, circa un quarto di loro sono minorenni: bambini e ragazzi che crescono e vivono in Italia, molte volte vi sono anche nati, sono le seconde generazioni. Genova non fa eccezione. Riporto dal Notiziario Statistico del Comune di Genova (I/2011): «Secondo i dati di fonte anagrafica a fine marzo 2011 risiedono a Genova 52.412 stranieri pari a 8,6 ogni 100 residenti. 2 La comunità più numerosa è quella ecuadoriana (17.190 unità), seguita dagli albanesi (5.590), dai marocchini (4.017), dai rumeni (3.911), dai peruviani (2.840), dai cinesi (1.714), dagli ucraini (1.579), dai senegalesi (1.337) e dai cingalesi (1.114)». Una realtà che anche senza bisogno dei riscontri statistici gli operatori della scuola conoscono bene. Oggi le classi - e più si scende nell’età degli scolari più il dato è evidente - accolgono bambini con famiglie provenienti da ogni parte del pianeta. Così questa volta, anche collegando la quarta edizione di “Dipingiamo il loro futuro” alla manifestazione “La Storia in piazza” (Palazzo Ducale, 29 marzo - 1 aprile 2012) che ha per tema Popoli in movimento, siamo partiti da qui: dalle comunità che vivono Genova, anche arrivando da altrove. Abbiamo scelto di raccontarle, rappresentarle e valorizzarle attraverso le loro narrazioni rivolte all’infanzia: favole, fiabe e filastrocche. Un giro del mondo che parte dalla Liguria e arriva fino in Ecuador, Bangladesh, Albania, Marocco, Romania, Perù, Cina, Ucraina, Senegal, Sri Lanka, Tunisia, India, Nigeria, Filippine, Polonia, Rep. Dominicana, Colombia e Cile. Questi i paesi di provenienza delle comunità di cittadini stranieri maggiormente presenti a Genova. Per ognuno di questi paesi abbiamo scelto una storia da raccontare ai bambini delle scuole genovesi. Alla fine - per una questione di godibilità e rappresentabilità grafica, vista l’età dei destinatari - è rimasta esclusa solo la storia ucraina; ma “ è talmente, sapidamente, divertente che ve la racconto qua:
  • 4. C'era una volta un povero vecchio, che un giorno si mise in cammino e andò alla scuola del villaggio. Là trovò il maestro che fumava un sigaro, e gli disse: - Voi fumate! Fumate sempre! - Vorreste provare anche voi nonnino? - E il maestro gli regalò un sigaro. Il vecchio gli domandò: - Ditemi un po', signor maestro, come mai voi fumate sigari e io non riesco neppure a fumare la pipa? - Ma io, nonnino, ho studiato a scuola. Tornando a casa, il vecchio pensò: "Domani vado anch'io a scuola". E così fece il giorno dopo. - Bene, che vi occorre, nonnino? - Sono venuto a scuola. - Veramente, nonnino, siete un po' in ritardo. - Ah si? Allora tanti saluti... Il giorno dopo si alzò più presto e tornò a scuola. - Che vi occorre nonnino? - Sono venuto a scuola più presto: ieri mi avete detto che ero in ritardo. - Intendevo dire non che venivate tardi, ma che siete ormai vecchio. - Quanto a questo, è la verità. Il nonno tornò a casa e per strada trovò una borsa. La guardò bene, se mai fosse stregata, poi la raccolse e proseguì. A casa, insieme con la moglie, cercò di aprirla, ma non vi riuscirono; allora presero un coltello, tagliarono, guardarono dentro: era piena di denaro. Da allora in poi se la passarono bene. Ma un giorno litigarono, il vecchio colpì la moglie sulla testa e la donna adirata: - Mi hai percossa! Ora ti insegno: vado a denunciarti, perché hai trovato la borsa col denaro -. E così fece. Trascinarono il vecchio in tribunale; fu trovato anche il proprietario della borsa. Il giudice interrogò l'imputato: - Dunque, nonno, trovasti il denaro? - Si - E quando lo trovasti? - Quando andavo a scuola. Il giudice guardò il vecchio, che aveva più di settant'anni; guardò il proprietario della borsa ed escluse che essa gli appartenesse, dato che il vecchio l'aveva trovata mentre andava a scuola. Così il denaro rimase al nonno. Tutte le fiabe delle altre nazioni e culture le trovate nelle pagine seguenti, le trovate arricchite - è la peculiarità del progetto - dalle illustrazioni di diciotto scuole dell’infanzia della città di Genova, oltre millecinquecento bambini coinvolti. E ancora una volta, già mi meravigliò positivamente l’anno scorso, è un piacere vero guardare queste figure. Figure vivaci e mosse, create e costruite secondo il segno grafico naturale dell’età ma composte sul foglio in una rielaborazione che evidenzia il lavoro appassionato delle insegnanti e dei gruppi. Disegno infantile non solo come arte presuntamente primitiva, piuttosto come spontaneità creativa naturale guidata in un percorso di ascolto, rielaborazione e composizione grafico-pittorica, talvolta decisamente materica, capace di dare corpo alle narrazioni. La catena virtuosa (e divertente) di ascolto, rielaborazione, attività ha un ulteriore anello, fondante e fondamentale, nell’azione benefica. Il lavoro svolto dalle classi e la realizzazione di questo volume consentiranno, infatti, a Find The Cure di attrezzare un’area sportiva e ricreativa sull’isola di Haiti, devastata dal terremoto del 2010. Da Haiti, dalla voce dei bambini incontrati dai volontari dell’associazione, arriva anche la prima favola di questa raccolta. L’ho rinarrata e coinvolto l’artista Chiara Dattola nel rinarrarla per immagini: sue le illustrazioni interne della storia “Capitan Volpe e Caprone”, sua la copertina del volume. Chiara Dattola, ne apprezzerete sia la composizione intensamente cromatica che le tavole in bianco e nero giocate su immaginario caraibico e omaggio alla silhouette e alla xilografia, è una illustratrice che lavora non solo nell’editoria per l’infanzia (sue opere sono pubblicate, oltre che in Italia, in Francia e Corea) ma anche come commentatrice grafica per testate come Corriere della Sera, Internazionale, Il Sole 24 Ore, Linus e il francese Les Echos. 3
  • 5. DIPINGIAMO IL LORO FUTURO 4a edizione Un progetto di responsabilità sociale L’Associazione Dipingiamo il loro futuro è nata nel 2009 grazie all’impegno di due aziende genovesi, il Colorificio Tassani e l’Agenzia di comunicazione Adv Consulting, che hanno deciso di fare propria la filosofia del Cause Related Marketing (marketing collegato ad una causa sociale). Grazie al successo ottenuto con la prima edizione, le due aziende hanno deciso di continuare a far crescere sempre di più il progetto Dipingiamo il loro futuro! Nato nei primi anni ’80 negli Stati Uniti, il CRM è uno strumento del marketing cosiddetto “sociale” attraverso il quale le aziende for profit collaborano con organizzazioni non profit per progetti socialmente utili, coprendo un ruolo attivo e consapevole nell’affrontare le preoccupazioni sociali. Poiché il Colorificio Tassani e Adv Consulting operano su tutto il territorio nazionale ma hanno sede a Genova, hanno scelto di sviluppare un progetto che si rivolgesse ai bambini genovesi e alle loro famiglie per promuovere la sensibilizzazione a favore di cause socialmente utili. In questi anni Dipingiamo il loro futuro ha sostenuto diversi enti e associazioni: l’Ospedale pediatrico Giannina Gaslini, l’Amri (Associazione Malattie Reumatiche Infantili) e il Comitato no profit Find The Cure, contribuendo allo sviluppo della scuola di Msolwa Ujamaa in Tanzania. Per il 2012, continua la collaborazione tra Dipingiamo il loro futuro e Find The Cure con il progetto “Playground Haiti” per la costruzione di un’area sportiva e ricreativa nel paese colpito duramente nel 2010 dal terremoto. L’Associazione Dipingiamo il loro futuro ha così coinvolto 18 scuole dell’infanzia genovesi, per un totale di oltre 1.500 bambini che, grazie alle idropitture donate dal Colorificio Tassani, hanno illustrato le favole e le fiabe curate dallo scrittore Anselmo Roveda. In collaborazione con Palazzo Ducale e la manifestazione “La Storia in Piazza”, il tema del progetto 2012 è “Popoli in movimento”: i racconti selezionati quest’anno, eccetto la favola di Haiti e quella ligure, provengono dalla tradizione dei popoli del mondo e in particolare delle comunità immigrate e oggi più presenti a Genova. E’ nato così il libro “Storie di Volpi e Condor”, curato da Adv Consulting: la raccolta propone le favole illustrate dai bambini delle scuole di Genova e viene arricchita dal contributo dell’illustratrice Chiara Dattola e dalle sue tavole, che animano la favola di Haiti. In occasione de “la Storia in Piazza”, è stato presentato il volume e organizzata la mostra di dipinti realizzati dai bambini, che hanno colorato gli spazi di Palazzo Ducale. Dopo “Storie di Lepri e Leoni”, il nuovo libro “Storie di Volpi e Condor” è un viaggio intorno al mondo in cui grandi e piccini scoprono tradizioni di popoli lontani che vivono vicino a noi... aiutando a garantire il diritto alla felicità dei bambini di Haiti. 4
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  • 7. FIND THE CURE Destinazione Haiti FIND THE CURE, comitato no profit in aiuto alle aree a basso livello di sviluppo, approda nella piccola isola caraibica di Haiti poco dopo il terribile terremoto del 12 gennaio 2010. La calamità aveva colpito la capitale Port Au Prince e la periferia provocando la morte di circa 220.000 persone e danneggiando in maniera diretta l’esistenza di oltre 3 milioni di abitanti. Nonostante i lavori in corso per altri progetti nei territori indiani e africani, l’associazione non ha potuto non dare ascolto a questa richiesta di soccorso: l’aiuto è stato 6 rivolto alla popolazione locale della periferia di Port Au Prince, la quale si sentiva abbandonata proprio perché la maggior parte dei soccorsi umanitari erano stati indirizzati principalmente nelle zone centrali. Dopo una prima missione incentrata sull’emergenza e avente come scopo primario la distribuzione di cibo e medicine alle persone terremotate, FIND THE CURE ha deciso di continuare a supportare il paese, che ancora prima del terremoto risultava essere uno dei più poveri al mondo.
  • 8. La seconda missione, a sei mesi dal sisma, è servita per valutare con attenzione come garantire aiuti efficaci a un paese così difficile e complesso. Si è deciso, quindi, di concentrare le forze in una zona periferica di Port Au Prince, chiamata Carrefour Marine, Route Sibert, e supportare la ricostruzione di due scuole distrutte dal sisma, contando sulla conoscenza e sulla stima sincera verso il responsabile di queste scuole, Maurizio, italiano di origine, ma haitiano di adozione, che per anni ha dedicato la sua vita al sociale, offrendo studi gratuiti a 1600 bambini. Il primo progetto portato a termine nel 2011 prevedeva la costruzione di due mense per le scuole; con l’inizio del 2012, FIND THE CURE ha varato, insieme a Maurizio, il progetto “Playground Haiti”, che si prefigge di acquistare il terreno adiacente alla scuola per costruire un’area sportiva e ricreativa (al momento inesistente) usufruibile da tutti gli studenti. L’opportunità di crescere anche attraverso il gioco, la fantasia e lo sport è un diritto che tutti i bambini del mondo dovrebbero poter esercitare. Per questo motivo “Dipingiamo il loro futuro” si è presa a cuore il progetto, e con l’aiuto dei bambini delle scuole italiane porterà un pezzettino di quel diritto anche ai bambini delle scuole di Haiti. FIND THE CURE Comitato No Profit Cooperazione Internazionale In aiuto alle aree a basso livello di sviluppo Sedi Operative: Liguria: P.za Lombardia, 13 - 17023 Ceriale (SV) Piemonte: Via Quintino Sella, 27 - 14100 Asti (AT) E-mail: info@findthecure.it Sito Internet: www.findthecure.it 7
  • 9. Capitan Volpe e CapronE illustrata da Chiara Dattola Un giorno Capitan Volpe stava passeggiando insieme al suo amico Caprone. Caprone aveva delle grosse e lunghe corna, ma non vedeva più in là del proprio naso. Insomma, a dirla tutta, Caprone era proprio stupido. Capitan Volpe invece no, era scaltro e intelligente, ma con un brutto vizio: si divertiva a ingannare gli altri. Passeggia che ti passeggia Capitan Volpe e Caprone arrivarono molto lontano. Ma dopo tanto camminare avevano così sete che decisero di scendere in un pozzo lì vicino. Nel pozzo Capitan Volpe e Caprone bevvero a volontà e si dissetarono. MET rENA AK YON BOUK KABRIT Yon jou, kapiten rena ap flannen. L'ale avec zanmi li, yon gwo bouk kabrit, kit e gen gwo kon long. Bouk kabrit la pat we pi lwen pase nen li. Rena mamn, nou konnen se bet ki gen anpil lespri men ki renmen twompe lot bet yo. Yo mache yo mache. Le yo rive lwen yo te swaf. Yo te oblije desann nan yon pi. La, yo chak te bwe mezi dlo yo te swaf. Haiti 8
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  • 11. Quando ebbero finito di bere Capitan Volpe disse a Caprone: "E ora che cosa facciamo compare? Bere, certo, è stata una cosa saggia... ma adesso dobbiamo uscire da questo buco. Facciamo così...alza le zampe, appoggiale contro il muro, tieni la testa dritta e le corna ben in alto. In questo modo salirò sul tuo corpo e potrò uscire, poi ti tirerò su e potrai uscire anche te." Caprone, ammirato, rispose: "Caro mio, come sei intelligente, io non ci sarei mai arrivato." Una volta uscito Capitan Volpe disse a Caprone: "Caro mio, ora sono fuori. Tu che sei rimasto là arrangiati, perché io non resterò qui un minuto di più", detto questo Volpe se ne andò per davvero. E così Caprone rimase nel pozzo d'acqua. Avrebbe dovuto sapere che una volpe non può riuscire a issare un grosso caprone. 10
  • 12. Le yo fin bwe dlo, rena a di kabrit la "Sa n'ap fe koulye a kompe?? Bwe dlo se youn, men kounye a fok nou soti nan twou sa a. Leve pye ou avek kon ou. Mete yo sou mi an. M'ap monte anvan. M'ap monte sou kon ou yo. Gras a sa, m'a soti, apre m'a rale ou". Kabrit la reponn "O monche ala ou gen lespri! Mwen pa t'ap janm we sekre sa ou di a". Le rena soti nan pis, li di kabrit la "Monche, kounyemwen deyo. Ou menm ki anndan, degaje ou pou soti, paske mwen pa fouti rete pi plis". Se komsa kabrit la te rete nan twou dlo a. Li te dwe konnen byen, yon rena pa kapab rale yon gwo bouk kabrit. 11
  • 13. Pochettin illustrata da Scuola Materna Statale Il Delfino ITALIA C'era una volta un bambino di nome Pochettin. Un giorno Pochettin trovò un soldino, lo raccolse e cominciò a pensare: "Che cosa mi posso comprare con un soldino?". Ghiotto di frutta com'era pensò: "Potrei comprarmi delle noci! Anzi no, che poi si mangia poco: c'è da buttar via il guscio. E allora... potrei comprami delle ciliegie! Anzi no, che poi si mangia poco: c'è da scartare dentro l'osso e fuori il picciolo. E allora...Mi comprerò dei fichi! Che di quelli si mangia tutto, anche la buccia! Evviva!". Così Pochettin si recò al mercato, al primo banco di frutta chiese: "Scusi, quanti fichi mi dà per un soldino?". "Uno". "Uno solo? Troppo poco..." fece Pochettin e andò da un altro banco. "Scusi, quanti fichi mi dà per un soldino?". "Due". "Sono troppo pochi..." fece Pochettin e andò da un altro banco..."Tre!" E poi da un altro ancora... "Quattro!" ... ma i fichi non gli sembravano mai abbastanza, infine arrivò da un fruttivendolo che disse: "Senti bambin, io posso darti solo cinque fichi, ma...se dai un'occhiata laggiù, vedrai che c'è un grande albero, carico di fichi, arrampicati e mangia tutti quelli che vuoi". Pochettin, dopo aver ringraziato e messo il soldino in tasca, si precipitò verso l'albero. Si arrampicò, cercò un bel ramo comodo e tutto felice incominciò a mangiare un fico dopo l'altro. Dovete però sapere che da quelle parti si aggirava un lupo, un lupo molto affamato. Erano settimane che il lupo non metteva niente sotto i denti, nemmeno una fettina di salame. Il lupo gironzolava lì intorno quando...improvvisamente si fermò...si mise ad annusare l'aria: "Sniff! Sniff! Uumhmh! Sento odorino di bambino, finalmente qualcosa da mangiare..." Il lupo, seguendo il suo fiuto, si trovò proprio sotto il grande albero di fichi e lì vide spuntare dai rami i piedi di Pochettin. Ora doveva solo pensare al modo per tirarlo giù. Così incominciò a chiamare: "Ehi Pochettin!? Cosa fai di bello su quell'albero?". "Mangio questi buonissimi fichi", rispose il bambino. "Davvero sono così buoni? Danne uno anche a me...". "Eh sì! Bravo, l'hai detta la tua! Così appena ti passo il fico, tu mi tiri giù e mi mangi". "Ma no, figurati, stai tranquillo...se non ti fidi...lanciamelo, io sto qui buonino" disse il lupo. Pochettin, che era un bambino generoso, prese un bel fico e glielo lanciò. 12
  • 14. Ma il lupo fece finta di non aver preso il fico e iniziò a piagnucolare: "Oh! Accidenti! Pochettin, il fico mi è caduto in una pozzetta di pipì, lanciamene un altro..." E Pochettin, che in mezzo a tutte quelle foglie non riusciva a vedere bene, lanciò un altro fico. Ma anche questa volta, il lupo, facendo finta di non aver afferrato il frutto, si lamentò: "Oh! Accidenti! Pochettin, come sono sfortunato! Il fico è caduto dritto dritto su una cacca. Dammene un altro, ma questa volta porgimelo con la tua manina..." "Eh sì! Bravo, ora l'hai detta la tua! Così mi tiri giù e mi mangi" rispose il bambino. "Ma no! Come puoi pensare una cosa così terribile... ascolta, facciamo così, passamelo col tuo piedino..." disse il lupo. Così Pochettin staccò un fico, se lo mise fra le dita del piede, si allungò un po' cercando di non scivolare e lo passò al lupo, ma ...zacchète! 13
  • 15. Il lupo lo tirò giù e lo infilò in un sacco, quindi si avviò verso casa. Il lupo era quasi arrivato, quando iniziò ad avvertire un forte mal di pancia, uno di quelli proprio forti: doveva fare la cacca e doveva farla subito, lì nel bosco. Così appoggiò il sacco e andò a sistemarsi dietro un cespuglio. Pochettin, da dentro il sacco, si era accorto che stava succedendo qualcosa, e cominciò a gridare: "Lupo, che stai facendo?" "Lasciami in pace un attimo, che sto facendo la cacca" rispose il lupo. "Cosa? Fai la cacca qui? Vai più lontano, che sento puzza, non vorrai mica mangiare un bambino che sa di puzza!?" 14 "E' vero! Non ci avevo pensato", così il lupo si allontanò. "Va bene ora" urlò il lupo, dopo essersi allontanato un poco. "No! Vai più lontano che sento ancora puzza" rispose Pochettin da dentro il sacco. Il lupo si allontanò ancora: "E ora? Senti ancora puzza?" "Sì! Si sente ancora, e tanto, mammamia che puzza! Vai più in là". Il lupo seguì il consiglio del bambino e andò più distante; poi quando non sentì più le lamentele di Pochettin pensò di essere abbastanza lontano e si fermò.
  • 16. Intanto Pochettin, bello tranquillo perché il lupo era lontano, col coltellino fece un taglio nel sacco, slegò il laccio e si liberò; poi prese tutte le pietre che trovava e riempì il sacco, lo chiuse con un bel nodo e si nascose dietro un cespuglio. Dopo un po' il lupo tornò, si mise il sacco in spalla e ripartì. Strada facendo il lupo si sentiva stanchissimo: "Accidenti Pochettin, come pesi!". "Saranno tutti i fichi che ho mangiato!" rispose il bambino mentre seguiva il lupo senza farsi scoprire. Quando il lupo vide in lontananza la sua casa, con quel poco di fiato che gli restava, chiamò: "Moglie Lupa! Metti la pentola sul fuoco e apparecchia la tavola che fra un po' ci mangiamo Pochettin!" Poi, dopo poco, il lupo arrivò a casa, la moglie tutta contenta gli aprì la porta e lui rovesciò nella pentola tutto il contenuto del sacco. Tutte quelle pietre fecero rovesciare la pentola, l'acqua bollente si scaraventò addosso al lupo e a sua moglie che ululando scapparono così lontano che nessuno sa dove siano andati a finire. Pochettin, che aveva assistito a tutta la scena, scoppiò in una grande risata. 15
  • 17. La bambina e il condor illustrata da Scuola Materna Statale Viale Modugno 16 ECUADOR
  • 18. C'era una volta, tra le ripide pieghe delle Ande, una bambina. Come ormai faceva da molti anni, un giorno portò le sue pecore a pascolare insieme al suo fedelissimo cagnolino, che sempre l'accompagnava. Mentre era intenta a controllare che nessun membro del suo gregge si allontanasse troppo o si perdesse, atterrò al suo fianco un condor dalle grandi ali. L'uccello le si avvicinò e le disse: "Buongiorno piccola, che graziosa che sei...", e proseguì "perché non giochiamo un po' insieme? Io posso portarti con me". La fanciulla, dopo aver riflettuto alcuni secondi, rispose: "Salve signor condor, mi piacerebbe giocare con te, ma non credo che tu possa portarmi, sai, sono molto pesante". Il condor allora, per dimostrare di quanto era capace, afferrò un agnello con i suoi possenti artigli sollevandolo da terra senza grande difficoltà. 17
  • 19. E di nuovo rivolgendosi alla bambina, gonfio di soddisfazione: "Come vedi piccolina, sono un animale più forte di quello che pensi!". La bambina, affascinata dalla dimostrazione, si lasciò convincere e cominciò a giocare col condor, che di tanto in tanto la afferrava per le braccia e la trasportava verso la vetta della montagna, sempre più su. Passò il pomeriggio e la sera discese sulle montagne come un lenzuolo scuro e leggero. Il cagnolino, stanco d'aspettare al pascolo la sua padrona, tornò da solo a casa guidando il gregge. Quando arrivò, la madre della bambina, preoccupatissima, chiese ragione al cane di tanto ritardo e del perché sua figlia ancora non tornava. L'animale cominciò ad abbaiare in direzione della cima della montagna e la mamma capì quel che era successo. 18
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  • 22. Una grande disperazione la invase, e cominciò a piangere. In quel momento, attratto dai lamenti, s'avvicinò un ninaguro (una specie di lucciola), che cercò di consolare la donna. Dopo averla ascoltata, le disse: "Non ti preoccupare, io ti aiuterò a recuperare tua figlia, devi solo ascoltarmi. Adesso prendi con te un po' di liquore, delle patate, galline, un cuy (un porcellino d'india), una corda, un'ascia e seguimi", disse il ninaguro. La donna obbedì e i due si misero in cammino verso la cima della montagna. Attraversarono insieme burroni e scarpate da brivido, valli e lagune, fino a giungere al nido del condor. Quando arrivarono, così come il ninaguro aveva indicato, la donna si comportò in maniera molto gentile con il condor. "Ti saluto, mio buon genero", gli disse, "sono venuta perché voglio che tu ti sposi con mia figlia. Però, prima, come conviene alle grandi occasioni, bisogna fare una grande festa". 21
  • 23. Il condor, un po' stupefatto ma emozionatissimo per le parole che ascoltava, iniziò subito a danzare bevendo i liquori che gli avevano portato. Per tutta la notte, il grande rapace bevve fino ad ubriacarsi. Fu allora che approfittando della situazione, la donna colpì l'animale, liberando finalmente la bambina. 22 Quando l'alba accarezzava di sguincio il paesaggio, la donna e sua figlia, sempre scortati dal ninaguro, ripresero la via di casa, dove il cagnolino li aveva aspettati sveglio e ansioso per tutta la notte. Durante la sua permanenza nel nido del condor, la bambina s'era quasi completamente trasformata in uccello. Ci mise un'intera settimana a perder le penne!
  • 24. La figlia della luna e del sole ALBANIA illustrata da Scuola Materna Statale Papa Giovanni XXIII C'era una volta sulle montagne dell'Albania un giovane cacciatore, era l'unico figlio di una madre premurosa e amorevole. Tutte le volte che il giovane usciva per andare sui monti la madre gli diceva: "Figlio mio, vai a caccia su tutti i monti che vuoi ma non ti avventurare mai sul monte del drago: è una creatura orribile e non lascia scampo agli uomini, chi va lassù non ritorna. Mi raccomando." Ma un giorno il cacciatore prima di partire per i monti si recò a salutare la sua amata, una splendida fanciulla. Quel giorno la ragazza disse: "Mio amato, se è vero che mi vuoi bene oggi andrai a caccia sul monte del drago". Il giovane fece ciò che desiderava la sua amata ma appena ebbe messo piede sul monte... turumtum... trr... turumtum... trr... la terra si mise a tremare e gli alberi a cadere come steli di fiore al passaggio dei cavalli. Quindi apparve il drago con sette teste e sette code, con occhi di brace come torce accese, con bocca grande come una caverna. E tutt'intorno fiamme. Fiamme dalla bocca, fiamme dal corpo, tutto bruciava al suo passaggio. 23
  • 25. Il drago sbatté tre volte la coda a terra e la terra tremò ancora. Il giovane cacciatore non ebbe paura, tirò tutte le sue frecce ma nulla: neppure un graffio sulla pellaccia del drago. Quindi il drago dalle sette teste e dalle sette code disse: "Ora ti mangerò ragazzo, come ho mangiato tutti quelli venuti prima di te sulla mia montagna!" 24 Il ragazzo però chiese: "Drago hai ragione, sei più forte, mi lascerò mangiare ma ti chiedo solo di poter andare a salutare per l'ultima volta mia madre. Poi tornerò da te e mi mangerai". "E perché mai dovrei lasciarti andare?" domandò il drago dalle sette teste e dalle sette code. Il ragazzo non ci pensò su: "Perché ti do la mia parola d'onore"
  • 26. "Bene, vai e torna prima del tramonto" acconsentì il drago dalle sette teste e dalle sette code. Il giovane con il cuore triste andò dalla madre e disse: "Madre, sono venuto a salutarti, sono andato a cacciare sul monte del drago, mi ha sconfitto e ora torno a farmi mangiare da lui" La madre, che amava il suo unico figlio, disse disperata: "Non tornare sul monte! Resta qui! Non tornare sul monte del drago!" Il ragazzo, ancor più triste, disse: "Non posso, ho dato la mia parola d'onore". Il cacciatore baciò la madre, quindi, con il cuore ancor più triste, andò dalla fanciulla che amava e disse: "Passione mia, sono venuto a salutarti, il drago mi ha sconfitto e ora torno a farmi mangiare da lui". 25
  • 27. La fanciulla, che amava il cacciatore, disse: "Non tornare sul monte! Resta qui! Non tornare sul monte del drago!". Il ragazzo disse solo: "Non posso, ho dato la mia parola d'onore". Allora la fanciulla aggiunse: "E io verrò con te". Il ragazzo disse: "No, è una follia, mangerà anche te." Ma la fanciulla ribadì: "Verrò con te". Il giovane cacciatore provò a insistere, disse e ripeté che era una pazzia ma la fanciulla non sentiva ragioni. La fanciulla tanto fece e tanto disse che alla fine partì con lui. 26
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  • 30. Così il cacciatore e la fanciulla presero la strada per il monte del drago. Ma appena ebbero messo piede sul monte... turumtum... trr... turumtum... trr... la terra si mise a tremare e gli alberi a cadere come steli di fiore al passaggio dei cavalli. Quindi apparve nuovamente il drago con sette teste e sette code, con occhi di brace come torce accese, con bocca grande come una caverna. E tutt'intorno fiamme. Il drago disse: "Oh me fortunato, me fortunato! Oggi è la mia giornata di fortuna: prima ne avevo uno, ora ne ho due. Sarà un pranzo completo". 29
  • 31. Ma la fanciulla rispose: "Oh povero te, povero drago dalle sette teste! Oggi è la tua giornata di disgrazia: prima ne avevi uno, ora non ne hai nessuno. Tornerai nelle viscere della terra, perché questa montagna è e sarà degli uomini". 30 Dette queste parole la fanciulla si avvicinò al drago e la creatura dalle sette teste e dalle sette code fece per lanciare una vampata di fiamme ma la fanciulla lo bloccò con lo sguardo. Il drago rimase immobile e impaurito, quindi con voce tremante disse:
  • 32. "Chi sei fanciulla per avere questo potere?" "Sono la figlia della luna e del sole, sono la goccia del cielo che cade in ogni dove, la goccia che porta gioia ai buoni e danno ai cattivi, la goccia che feconda i monti e i campi. Sono la figlia della luna e del sole". Fu così che il drago tornò a nascondersi nel ventre della terra e che gli uomini tornarono a cacciare sul monte. 31
  • 33. L'asino di Giuha illustrata da Scuola Materna Statale Acquasanta C'era una volta uno sciocco che si chiamava Giuha e viveva in campagna. Una volta a Giuha rubarono l'asino, e lui, poverino, lo cercò dappertutto. Siccome non lo trovava, cominciò a girare per le strade del paese gridando: "Ridatemi l'asino! Ridatemi l'asino! Ridatemelo, o andrà a finire che farò quel che fece mio padre!" A sentirlo gridare così, il ladro venne fuori, un po' spaventato, e chiese: "Perché, che cosa fece tuo padre?" E allora Giuha rispose: "Se ne comprò un altro, naturalmente!". 32 MAROCCO
  • 34. 33
  • 35. Il cane e la serpe illustrata da Scuola Materna Statale di Piazza Romagnosi C'era una volta un cane che aveva un tremendo mal di testa; corse qua e là all'impazzata non sapendo come scacciarlo, finché trovò una serpe che si crogiolava arrotolata al sole. Questa gli chiese perché corresse intorno come un dannato e, appreso il male che lo affliggeva, gli disse: "Conosco un rimedio ottimo per il mal 34 ROMANIA di testa dei cani, mentre non giova a me che pure soffro molto il mal di testa". "Che cosa devo fare?" "Va' laggiù, mangia un po' di quell'erba, e guarisci subito". Il cane seguì il consiglio e sentì alleviato il dolore.
  • 36. Poi, ignorando che cosa sia la riconoscenza, tornò dalla serpe e le disse: "Ora che m'è passato il mal di testa, sto molto meglio; perciò mi sono ricordato di un rimedio eccellente contro il mal di testa delle serpi". "Qual è?" chiese ansiosa la sua benefattrice. "E' molto semplice. Quando ti duole la testa, va' a stenderti di traverso sulla strada maestra e aspetta un po', vedrai che il mal di testa ti passa certamente". "Mille grazie" rispose l'ingenua e corse ad attuare il consiglio: si distese di traverso sulla strada maestra e aspettò. Dopo qualche tempo passò un uomo fornito di un grosso randello e immediatamente la prese a bastonate sulla testa. 35
  • 37. Il gabbiano e la volpe illustrata da Scuola Materna Statale San Rocco 36 PERU'
  • 38. C'era una volta una volpe che rubò i pulcini dal nido di un gabbiano. La volpe li nascose in un fagotto e scappò via, voleva tenerli come propri figli. Il gabbiano però la seguì e mentre la volpe, dopo aver deposto il fagotto su una roccia, si allontanò per andare in cerca di cibo, tolse dal fagotto i pulcini e al loro posto mise spine e aghi di pino. La volpe poi tornò e riprese il fagotto, senza neppure guardarci dentro; ma, mentre camminava, le spine cominciarono a pungerla. Molto stupita disse: "Ma chi mi punge sulla schiena?", poi pensò: "Saranno i pulcini che mi graffiano e mi danno beccate". Arrivata in un valloncello solitario aprì il fagotto per dar loro da mangiare ma dentro trovò solo spine e aghi. 37
  • 39. Allora esclamò: "Chi mi ha preso i pulcini, i miei nuovi piccoli figli?" Dall'alto di una roccia il gabbiano si fece molte beffe di lei, così la volpe si adirò e disse: "Osi prendermi in giro, vedrai!" e iniziò a inseguire il gabbiano. Il gabbiano scappava e si burlava di lei, ma ad un certo punto la volpe lo raggiunse e lo afferrò. Ma il gabbiano, senza scomporsi, si appoggiò a una grossa pietra e disse: "Questa pietra sta per cadere, io la tengo ferma. Ora però aiutami anche tu". La volpe allora, preoccupata del crollo della pietra, lasciò la presa e iniziò a spingere con tutta la sua forza per tenerla su. A quel punto però il gabbiano volò via. 38 Per due giorni la volpe rimase a reggere la pietra poi si stufò, levò la presa ma la pietra non cadde. Arrabbiatissima cercò il gabbiano e lo vide su un isolotto al centro di un lago; la volpe - che non sapeva nuotare - dalla riva pensò un piano e poi disse: "Trovato! Prosciugherò tutto il lago e mi vendicherò del gabbiano" e così dicendo iniziò a bere l'acqua. Dopo qualche ora, con la pancia piena e gonfia, rinunciò. Non tutte le volpi sono astute.
  • 40. I due gatti litigiosi CINA illustrata da Scuola Materna Statale Varenna “Le Pratoline” C'erano una volta due gatti che amavano giocare e azzuffarsi tra loro e, talvolta, arrivavano anche a litigare. Un giorno mentre attraversavano le montagne si imbatterono improvvisamente in una bella polpetta, rotonda e profumata. Il gatto più anziano voleva dividerla perfettamente a metà e il giovane fu d'accordo. Ma sfortunatamente, tagliando, capitò che una metà fosse leggermente più grossa dell'altra. Il gatto più anziano naturalmente pretendeva per sé il pezzo più grosso, ma il giovane non aveva la minima intenzione di accontentarsi come pranzo della parte più piccina. Per questa ragione i due gatti, come al solito, iniziarono a litigare e ad azzuffarsi. Casualmente saltellava da quelle parti una scimmia e i gatti le chiesero subito consiglio. "Vale la pena di litigare per un paio di briciole?", osservò la scimmia, poi continuò "Date qui le due metà, ve le taglierò con precisione!" I gatti ringraziarono la scimmia, molto curiosi di vedere come li avrebbe aiutati. La scimmia soppesò con cura le due metà per stabilire quale fosse la più grossa e quale la più piccina. 39
  • 41. Quindi diede un piccolo morso alla metà più grande, per eguagliare il peso delle due, ma purtroppo il boccone era riuscito troppo grosso, cosicché ora l'altra metà era di nuovo più grande. A ciò la scimmia pose rimedio mordendo un pezzetto anche dell'altra metà. Ma per quanto si desse da fare, un pezzo rimaneva sempre più grosso dell'altro e, siccome era stufa della questione, si gettò 40 entrambe le parti della polpetta in bocca: e i due gatti sconcertati si resero conto di essere stati imbrogliati dalla scimmia. I gatti si arrabbiarono, ma la scimmia li salutò e disse solo: "Mille grazie, il cibo in fondo non era malvagio!". Fu allora che i due gatti cominciarono a riflettere su dove li aveva condotti il loro desiderio di litigio.
  • 42. La sposa Uccello illustrata da Scuola Materna Statale Giovine Italia C'era una volta un re che sposò la ragazza più bella del villaggio. Quando fu il tempo del raccolto tutte le nuove spose del villaggio partirono per andare a vedere il lavoro nei campi. Le donne invitarono anche la moglie del re, ma lei disse: "Grazie, care sorelle, ma qui ho tanto da fare, devo ancora andare al pozzo a prendere l'acqua." SENEGAL 41
  • 43. Le altre la salutarono e si incamminarono. Quando la moglie del re fu sola prese la brocca, la pulì bene e la riempì d'acqua, poi s'incamminò verso i campi di miglio. Arrivata ai campi, controllò di essere sola, si levò tutti i vestiti e iniziò a cantare: "Il miglio è alto e maturo, maccuuta mbelangal! e se l'avessi saputo, maccuuta mbelangal! non avrei preso marito, maccuuta mbelangal!" Il canto della giovane sposa svegliò un viaggiatore steso lì accanto a riposare. L'uomo rimase nascosto tra i cespugli e guardò lo spettacolo. Perché di spettacolo si trattava. Il viaggiatore in vita sua ne aveva visto di cose strane, ma questa le superava tutte: alla sposa del re stavano crescendo ali colorate, piume sgargianti e un robusto becco. Quando la giovane sposa finì di trasformarsi in un meraviglioso uccello iniziò a beccare il miglio e mangiò a volontà. Poi il colorato uccello tornò donna, si rimise la brocca in testa e come se nulla fosse accaduto tornò verso casa. Il viaggiatore corse dal re: "O re di questo villaggio, che tu ci voglia credere o no, hai sposato un uccello!" "Sei forse impazzito? Vuoi forse essere fustigato per la tua impudenza? Vattene, prima che ti faccia punire per le sciocchezze che racconti" disse il re, ma il viaggiatore insistette e insistette ancora: "O re di questo villaggio, che tu ci voglia credere o no, hai sposato un uccello! L'ho visto con questi miei occhi, domani ti condurrò con me e potrai vedere tu stesso". Il re si lasciò convincere e il giorno dopo andò con il viaggiatore. Seguirono di nascosto la sposa del re mentre si recava al pozzo. La sposa del re prese la brocca, la pulì bene e la riempì d'acqua, poi s'incamminò verso i campi. 42
  • 44. 43
  • 45. Una volta arrivata, si sincerò d'esser sola, si levò tutti i vestiti e iniziò a cantare: "Il miglio è alto e maturo, maccuuta mbelangal! e se l'avessi saputo, maccuuta mbelangal! non avrei preso marito, maccuuta mbelangal!" e divenne un meraviglioso uccello, quindi iniziò a beccare il miglio. Il re non sapeva cosa fare, allora il viaggiatore 44 disse: "So io cosa fare ascolta" e parlarono piano al riparo dei cespugli. Nel frattempo il colorato uccello tornò donna, si rimise la brocca in testa e come se nulla fosse accaduto tornò verso casa. A casa la sposa iniziò a impastare, ma dietro di lei arrivò il re e iniziò a cantare: "maccuuta mbelangal! maccuuta mbelangal!"
  • 46. La sposa supplicò: "Non cantare questa canzone, non cantare, smettila! Ti farò dono di tutti i miei gioielli, ma ti prego non cantare più". Ma il re continuava: "maccuuta mbelangal! maccuuta mbelangal!". La giovane sposa iniziò a trasformarsi, le spuntarono ali colorate, piume sgargianti e un robusto becco. Il re si arrabbiò e provò a prenderla, ma la sposa uccello volò via. Volò in alto, sempre più in alto, nel cielo profondo tra mille altri uccelli, dove nessuno l'avrebbe mai più trovata. Il re rimase solo, non smise mai di guardare il cielo turbinare di uccelli cercando di riconoscere il meraviglioso uccello dalle piume sgargianti che ebbe per sposa. 45
  • 47. Ganesh e Caturagama illustrata da Scuola Materna Statale Italo D’Eramo 46 SRI LANKA
  • 48. C'erano una volta, tanto tempo fa, due fratelli, figli di dei. Uno si chiamava Ganesh e l'altro Caturagama. Ganesh era più bello e molto più gentile di suo fratello perciò alle ragazze piaceva. Suo fratello non era affatto contento di questo. Così un giorno Caturagama andò dal fratello e gli chiese di aiutarlo. Ganesh accettò con gioia e gli disse: "Domani io mi trasformerò in elefante per spaventare le ragazze, tu verrai a salvarle e loro noteranno anche te. Ma dopo, ricordati, devi farmi bagnare con questa acqua magica per poter ritornare alla normalità". Il giorno successivo Ganesh, diventato un elefante, spaventò le ragazze e Caturagama le salvò. Caturagama però, per paura che le ragazze tornassero dal fratello, gli fece bagnare solo il corpo e così Ganesh, per colpa della gelosia, rimase con la testa di elefante e il corpo d'uomo. 47
  • 49. Il bastone che cresce BANGLADESH illustrata da Scuola Materna Statale Via Fabbriche C'era una volta un uomo a cui venne a mancare in casa sua una borsa piena di monete. Si recò a denunciare la scomparsa e il giudice convocò davanti a sé tutti gli inquilini della casa. Consegnò ad ognuno un bastone (i bastoni erano tutti della stessa lunghezza), avvertendo: "Il bastone del ladro, chiunque egli sia, nella notte crescerà di un dito"; poi li congedò. Colui che aveva rubato la borsa s'impaurì e nella notte accorciò di un dito il suo bastone. Il giorno dopo il giudice chiamò di nuovo gli inquilini, esaminò i bastoni e capì chi era stato il ladro. Recuperò la borsa con le monete e gettò in carcere il disonesto. 48
  • 50. 49
  • 51. La palma d'oro illustrata da Scuola Materna Statale Via Bologna TUNISIA C'era una volta un principe del deserto che aveva un figlio di nome Mahmud, intelligente e bello, ma terribilmente pigro. La cosa che gli piaceva di più era stendersi su un tappeto, all'ombra di una palma, e guardare le nuvole o l'ombra dei rami sulla sabbia, mentre i servitori gli portavano il cibo e lo imboccavano. Perfino alzare la punta di un dito era troppo faticoso per lui e sarebbe morto di sete, piuttosto che sollevare una brocca d'acqua. Un giorno che Mahmud, come sempre, dormiva su un mucchio di cuscini nel giardino del palazzo, un vecchio mendicante bussò alla porta, e il principe gli offrì, come fa ogni buon musulmano, la giusta ospitalità. Mentre il vecchio mangiava, Mahmud russava, e suo padre disse, un po' vergognoso: "Perdonami, ospite, ma mio figlio è il ragazzo più pigro di tutta l'oasi e, forse, del paese intero. L'arancia sul suo ramo, la tartaruga che dorme al sole e il pulcino chiuso nell'uovo sono meno pigri di lui. Io non so proprio come correggerlo". "Non preoccuparti, o Signore, perché Allah ha steso la sua mano su di te. 50
  • 52. 51
  • 53. Io, il saggio Mansur, so molte cose e conosco il rimedio per molti mali, perciò ascoltami con attenzione: da qualche parte, laggiù nel Sud, c'è un regno immenso dove cresce una palma tutta d'oro, e chi la vede una volta conquista ogni virtù. Se tuo figlio riuscirà a vederla guarirà per sempre dalla pigrizia. Mandalo dunque per il mondo, perché la cerchi finché non l'avrà trovata". 52
  • 54. Il principe decise di seguire il consiglio e Mahmud, che lo volesse o no, fu costretto a partire, senza cavallo e senza servitori, con poche monete in tasca e una pagnotta nella sacca. Camminò per mille e cento giorni, andando di città in città e di deserto in deserto, e conobbe un'infinità di popoli diversi: Mauritani, Neri, Turchi, Arabi, Berberi, Europei... 53
  • 55. Gli toccò dormire in povere casette di fango o sotto tende di pelo di cammello, e imparò a costruirsi un riparo con rami secchi e foglie di palma. Soffrì la fame e la sete, stese la mano per mendicare e per guadagnarsi il pane dovette lavorare la terra, fabbricarsi vasi, badare alle bestie, seguire le carovane. Ma la palma d'oro non si trovava. 54 Finché una sera, dall'alto di una duna ai bordi del deserto, Mahmud la vide brillare all'orizzonte, e capì che il suo viaggio era finito. Poi si guardò le mani: il palmo e le dita non erano più bianchi e morbidi come un tempo, ma coperti di calli. Il pigro Mahmud era diventato un uomo.
  • 56. Il pappagallo intelligente INDIA illustrata da Scuola Materna Statale Via Cialli “Nemo” 55
  • 57. C'era una volta un uomo che addestrò un pappagallo e gli insegnò a parlare. Ogni volta che gli rivolgevano la parola l'uccello rispondeva: "Può esserci dubbio?". Un giorno l'uomo lo portò al mercato e lo offrì in vendita, chiedendo come prezzo cento rupie. Passò di là un Nobile e chiese all'uccello: "Vali davvero cento rupie?". Il pappagallo rispose pronto: "Può esserci dubbio?". 56 Il Nobile tutto contento lo comprò e se lo portò a casa. Ma, a tutto ciò che gli diceva, riceveva sempre la stessa risposta: "Può esserci dubbio?" Allora si vergognò della sua credulità, si pentì dell'acquisto e stizzito esclamò: "Ho fatto una bella sciocchezza a comprar questo pappagallo!". E il pappagallo pronto: "Può esserci dubbio?". Il Nobile rise di gusto e lo lasciò volar via.
  • 58. LA BELLA FIGLIA DEL RE NIGERIA illustrata da Scuola Materna Statale Via Cavallotti C'era una volta un re che cercava per la propria figlia il giusto marito. Un giorno il re chiamò a sé la figlia e le disse: "Cara figlia mia, è giunto il tempo in cui trovare un uomo che ti possa sposare". La ragazza fu felice e rispose: "Bene padre mio, sarei felice di sposarmi, ma ad una sola condizione: il mio futuro sposo deve amarmi per davvero, deve amare me e non il nostro potere e le nostre ricchezze". Il padre decise allora di lasciar scegliere alla figlia il proprio sposo, quindi fece annunciare in tutti gli angoli del regno che il tal giorno i pretendenti si presentassero a corte con un dono di nozze. 57
  • 59. Quando venne il tal giorno fin dall'alba si presentarono guerrieri, nobili, principi, ricchi mercanti e tutti portarono in dono le cose più preziose: abiti pregiati, monili, arazzi, sculture, pietre preziose e quantità immense di oro di pellicce e di armi. Ma quel giorno nella capitale del regno c'era anche un giovane povero. Il giovane era tanto povero quanto innamorato della principessa. Si mise anche lui in coda per entrare a palazzo e portare il suo dono. Il suo dono era tutto ciò che possedeva: tre semplici bracciali d'oro lasciati dalla vecchia madre in punto di morte molti anni prima. 58
  • 60. Quando la giornata fu finita, e tutti i pretendenti fuori da palazzo, il re e sua figlia rimasero soli in mezzo ad una grande stanza stracolma di ogni ricchezza. Il re disse alla figlia: "Cara figlia mia, dimmi quale hai scelto tra i tanti pretendenti?". Ma la figlia rispose: "Padre mio, sono confusa, non saprei chi scegliere". Il padre allora disse: "Non ti preoccupare cara figlia mia, ti aiuterò a scegliere, ci penserò su stanotte". E il re, in cuor suo, pensava: "Se non ha scelto lei, sceglierò io e sceglierò il giovane più ricco del paese". 59
  • 61. 60
  • 62. Durante la notte però la figlia del re fu visitata in sogno dalla propria defunta madre che le disse: "Figlia mia adorata, voglio darti un consiglio. Dì a tuo padre di annunciare la tua morte, dal comportamento dei pretendenti egli che è un re saggio capirà qual è l'uomo giusto per te, quello che ti ama per davvero". Il mattino seguente la principessa raccontò al padre del sogno e questi disse: "Cara figlia mia, seguiremo il consiglio di tua madre, ora va a nasconderti nelle tue stanze". Il re convocò a palazzo tutti i pretendenti e con il vestito del lutto diede loro il triste annunciò: "Mia figlia è morta, è morta stanotte". Tutti rimasero sgomenti e iniziarono a spazientirsi non sapendo cosa dire e cosa fare. Quindi il re ripeté ancora: "Mia figlia è morta, è morta stanotte; non ci saranno più le nozze". I pretendenti iniziarono a rumoreggiare e molti guardarono verso la montagna di doni preziosi ammonticchiati nella stanza. Così il re disse: "Non temete per i vostri doni, potete riprenderli". Tutti sia affrettarono a recuperare abiti pregiati, monili, arazzi, sculture, pietre preziose e quantità immense di oro, di pellicce e di armi, contendendosi quella o quell'altra proprietà, strappandosi di mano ora una pietra preziosa, ora una sciabola d'oro.
  • 63. Nel gran trambusto di guerrieri, nobili, principi e ricchi mercanti tutti indaffarati a riprendere i propri doni, il re vide il giovane povero in lacrime, fermo in un angolo della grande stanza. Il re si avvicinò e disse: "Cos'hai giovanotto? Non piangere e recupera il tuo dono, torna a casa". Ma il giovane disse: "O mio signore, se non vi è di offesa vorrei che i miei doni, anche se sono solo tre bracciali d'oro, fossero seppelliti con la principessa. L'ho amata tanto, da lontano. Vorrei che almeno quei bracciali, ricordo di mia madre e mio unico bene, potessero stare con la principessa per l'eternità. Che testimoniassero il mio amore, da vicino". Il re fu felice di quelle parole e strappandosi il vestito del lutto gridò: "Mia figlia è viva, potrà portare i tuoi bracciali da viva, e tu la sposerai, figlio mio!". Il trambusto si fermò e i pretendenti guardarono increduli il re, che spiegò: "Ieri ero pronto a dare mia figlia in moglie al più ricco tra voi, ma oggi, vista la vostra avidità, ho deciso di darla in moglie al più povero tra voi, perché egli la ama per davvero, non per le sue ricchezze o il mio potere! Ora andate, finché resto felice di questo evento, non avete da temere! Ma vi conviene affrettarvi!". La figlia del re uscì dalle sue stanze vestita di uno splendido abito e vedendo il futuro sposo le batté forte il cuore dall'emozione, il suo sposo era un bel giovane. La principessa e il giovane povero si sposarono e dopo molti anni, quando morì il vecchio re, lui divenne il re più gusto e saggio che quel regno abbia conosciuto, e lei divenne la regina più bella e saggia che quel regno abbia conosciuto. 62
  • 64. 63
  • 65. Il falco, il gallo e la gallina illustrata da Scuola Materna Statale G.B. Perasso succ. Via Scribanti 64 FILIPPINE
  • 66. C'era una volta un mondo diverso, in quel mondo il Falco si innamorò della Gallina e decise che avrebbe voluto sposarla. Cominciò così a farle la corte e, per prima cosa, le regalò un bellissimo anello d'oro. La Gallina, contentissima, se lo infilò nella zampa e cominciò a camminare su e giù per il pollaio, apposta per farsi ammirare. Il Gallo, appena la vide, le corse subito incontro e le chiese: "Chi ti ha dato quell'anello?" "Me l' ha regalato il Falco", si vantò la Gallina "Dice che vuole sposarmi!" "Figurati!" esclamò il Gallo. "Chi ha mai sentito di un falco che sposa una gallina?" "Vorrà dire che questa sarà la prima volta!" lo rimbeccò la Gallina - "Il Falco ha intenzioni serie e mi ha già chiesto di fissare la data delle nozze". 65
  • 67. "Se volesse veramente sposarti, non ti avrebbe regalato questo orribile anello di ottone!" rise il Gallo. "Di ottone?" protestò la Gallina. "Scherzi, è di oro purissimo... lui sì che può permetterselo!". "C'è un modo per scoprire se è veramente d'oro" disse il Gallo "L'oro, infatti, torna sempre da te, anche se lo perdi o lo lanci lontano. L'ottone, invece, non torna mai indietro. 66 Perché non fai la prova?" La Gallina non era persuasa, ma il Gallo alla fine la convinse e lei gettò l'anello il più lontano possibile. Solo che il cerchietto, ovviamente, non tornò indietro e, quando lo cercarono, raspando e grattando ovunque non riuscirono a trovarlo più. "Chicchirichì, avevo ragione io, io, io! Il Falco è un mascalzone, sarà meglio che tu prenda me per marito.
  • 68. Sarai la mia moglie preferita!" La Gallina era molto dispiaciuta e cominciava a sospettare che il Gallo l'avesse ingannata, ma ormai il danno era fatto: chissà cosa avrebbe detto il Falco, quando si fosse accorto che lei non aveva più il suo anello. Posato sul ramo di un albero che faceva ombra al pollaio, il Corvo aveva visto tutto, anche dove era finito l'anello. Così, appena il Gallo e la Gallina si allontanarono, scese in picchiata, afferrò l'anello d'oro con il becco e lo portò al suo amico Falco, raccontandogli l'accaduto. Il Falco si infuriò: era così che la Gallina ripagava il suo amore? Sbatté le ali e volò subito dalla sua fidanzata. "Come mai non hai più il mio anello?" le chiese. La Gallina, confusa, balbettò: "Perdonami, ma mi è scivolato dalla zampa, mentre correvo inseguita dal Gallo. Poi non l'ho più trovato." "Bugiarda! Mi hanno riferito che l'hai buttato via tu stessa, perché vuoi sposare quello stupido galletto", disse il Falco. 67
  • 69. "Non è vero!" protestò la Gallina, "non lo vorrei, nemmeno se fosse l'ultimo gallo al mondo! Perché non mi credi? Ti giuro che il tuo anello è rotolato via senza che me ne accorgessi." Il Falco non volle starla a sentire e le disse: "Il fidanzamento è rotto! E siccome non mi sei stata fedele, d'ora in poi saremo nemici: se non mi restituirai l'anello, ruberò tutti i tuoi pulcini, adesso e per sempre!" 68 Naturalmente la Gallina non ritrovò mai l'anello e, siccome era rimasta senza fidanzato, decise di sposare il Gallo, anche se lui aveva delle altre mogli. Da allora i falchi rubano i pulcini ogni volta che possono, mentre le galline continuano a raspare per terra, nella speranza di ritrovare il famoso anello di fidanzamento.
  • 70. Il mugnaio e l'Uomo d'acqua POLONIA illustrata da Scuola Materna Statale Il Pratone 69
  • 71. C'era una volta un ragazzo che se ne andava in giro a chiedere lavoro e, dopo aver bussato a tutte le porte, arrivò a un mulino dove c'era bisogno di un garzone. "Mi tocca fare tutto da solo, insieme a mia moglie, perché i miei aiutanti se ne sono andati... quei fifoni!" gli disse il mugnaio. 70 "Perché, di che cosa hanno paura?" chiese il ragazzo e il mugnaio: "Dell'Uomo d'acqua. Tutte le sere, a mezzanotte esce dal fiume e viene a farsi un giretto al mio mulino. Così i garzoni si spaventano e scappano via". "Io non scapperò" disse il ragazzo e fu assunto.
  • 72. La sera, finito il lavoro, il mugnaio e sua moglie si chiusero in camera e il nuovo garzone si sdraiò vicino alla macina, con un sacco vuoto come coperta. A mezzanotte in punto, si sentì bussare alla porta. Il ragazzo si svegliò subito e chiese: "Chi è?" Nessuno rispose, ma il "toc toc" di prima ricominciò. "Insomma, chi è?" chiese di nuovo il ragazzo. Niente, solo un altro colpetto alla porta. "Chiunque tu sia, smettila di bussare e vieni dentro!" gridò il ragazzo. A quel punto la porta si aprì piano piano, per far entrare un ometto con la pelle verde e gli occhi di rana. Portava un bel frac blu, un cappello a tubo e gocciolava a tutto andare, lasciandosi dietro tante piccole pozzanghere. 71
  • 73. "Avrei dovuto immaginarlo, è solo l'Uomo d'acqua!" fece il ragazzo e si voltò dall'altra parte per continuare a dormire. "Non ti faccio paura?" chiese l'ometto, stupito. "Proprio no. Finché sono all'asciutto, tu non puoi farmi niente. Adesso stai zitto e lasciami dormire" "Neanche per idea: se non posso fare altro, non ti lascerò dormire!" 72 L'Uomo d'acqua, che era terribilmente dispettoso, si sedette su una panca e cominciò a cantare con voce di rana. Era talmente insopportabile che, a un certo punto, il ragazzo si tirò su, prese il suo violino e si mise a suonare, tanto per non sentire quel tremendo gracidio. "Che meraviglia!" disse l'Uomo d'acqua, incantato, "Voglio provare anch'io".
  • 74. Il ragazzo gli diede il violino e l'ometto provò e riprovò, ma tutto quello che riusciva a tirare fuori erano dei suoni stridenti e stonati. "Non lo vedi che non sei capace? Hai le dita palmate, come quelle delle rane e non potrai mai suonare come si deve!" L'Uomo d'acqua, allora, cominciò a pregarlo e a supplicarlo, strillando: "Insegnami, insegnami". Allora il ragazzo disse: "Lo vedi da te che hai le dita troppo corte. Proviamo a farle diventare più lunghe e poi, forse, potrò insegnarti a suonare". Prese una morsa e ordinò all'Uomo d'acqua di metterci dentro le dita, poi strinse e tirò, finché quello cominciò a gridare: "Basta, basta, mi fa un male terribile! Non voglio più saperne niente del violino!" Allora il ragazzo aprì la morsa e lo lasciò andare e, mentre l'ometto scappava, gli gridò dietro: "Non farti più vedere qui al mulino, o ti ridurrò in polpette!". L'Uomo d'acqua non si fece più vedere e il mugnaio fu così contento che diede in sposa al ragazzo la sua unica figlia. 73
  • 75. Macaco e Miseria illustrata da Scuola SERVIZI EDUCATIVI PER L’INFANZIA “GIROTONDO” DELL’ENTE MORALE SANTA MARIA BAMBINA 74
  • 76. C'era una volta una mercante di sciroppo di frutta che passeggiava in campagna, la donna era famosa per essere la venditrice del miglior sciroppo dolce dei paraggi. Così, anche quel giorno, le persone arrivavano da tutti i villaggi vicini per comprare la sua deliziosa bevanda contenuta in un recipiente di zucca. Macaco guardava la scena dall'alto di un albero, ma ignorava cosa ci fosse di così ambito dentro la zucca. REPUBBLICA DOMINICANA 75
  • 77. Ma mentre il Macaco si domandava "cosa conterrà mai quella zucca?", alla venditrice cadde la zucca; lo sciroppo si rovesciò a terra e così la donna esclamò: "Guarda qua! Miseria!". Poi la venditrice, triste per l'accaduto, se ne andò. Il Macaco ora aveva campo libero, così scese dall'albero e andò ad assaggiare lo sciroppo, lo trovò buonissimo e disse: "La Miseria è ben dolce, dovrò chiedere al Patriarca, signore di tutte le creature, di procurarmene un po'". Detto fatto, qualche giorno dopo si recò dal Patriarca che nel frattempo era impegnato a contemplare le disgrazie degli uomini e del mondo. "Buongiorno mio Signore, vorrei che mi donassi un po' di miseria, per favore", disse il Macaco. "Vuoi un po' della miseria? Ce n'è talmente tanta dappertutto...", rispose il Patriarca, poi aggiunse, "Macaco, io ti credevo egoista e dedito solo al piacere, invece... sai, sono molto contento che tu voglia condividere un po' di miseria del mondo. E' un gesto che ti fa onore". Macaco, impaziente e goloso, quasi non ascoltava e chiese: "E dove la trovo questa bevanda straordinaria?". Il Patriarca lo guardò stranito e disse: "Beh, hai un modo strano di parlare della miseria... ma vedi, diciamo, che ce n'è a barili" 76 "E me ne puoi dare?", domandò frettoloso il Macaco. "Certo, e ti benedico per questo tuo atto di carità così incosciente e folle". E così il Macaco se ne andò felice con un'intera botte di miseria. Il Macaco cercò, come gli aveva consigliato il Patriarca, una pianura deserta e lunga cento chilometri, quindi aprì la botte. Ne uscì fuori un enorme cane ringhiante di nome Miseria. Il cane iniziò a inseguire Macaco e, fuggi e scappa, Macaco vide finalmente un albero in quel deserto. Fuggi e scappa, arrivò all'albero, ma ormai il cane gli era addosso; Macaco riuscì a salire sull'albero ma prima si prese un bel morso sul sedere. Ed è per questa ragione che i macachi, ancora oggi, non hanno i peli sul sedere.
  • 78. Il bradipo e il condor illustrata da Scuola MATERNA STATALE VILLA BANFI COLOMBIA C'era una volta un bradipo lento lentissimo. Il bradipo lento lentissimo viveva tranquillo tranquillissimo nella foresta. Senza fretta e in tutta calma il bradipo lento lentissimo guardava il sole salire nel cielo e poi tramontare, guardava arrivare e alternarsi le stagioni, guardava correre sulla foresta le ombre delle grandi nuvole. 77
  • 79. Il bradipo lento lentissimo se ne stava sempre appeso a testa in giù e i suoi grandi occhi avevano il tempo di guardare tutto quello che accadeva, avevano il tempo di riflettere le luci più belle: le stelle cadenti e gli arcobaleni dopo la grande pioggia. Ma agli altri animali della foresta il bradipo lento lentissimo sembrava strano stranissimo. 78 Tutti gli altri animali erano sempre impegnati a correre di qua e di là mentre lui, il bradipo lento lentissimo, se ne stava quasi immobile. Gli animali passavano veloci accanto a lui e si limitavano a dire tra loro: "Poverino, è lento, troppo lento..." Ma il bradipo lento lentissimo non se ne curava, era felice così. Poi un giorno capitò...
  • 80. Un giorno di primavera, le grandi ombre delle nuvole correvano sulla foresta dove gli animali si muovevano indifferenti, senza accorgersi che l'ombra più lenta e più grande in realtà era quella del temibile condor. Il condor roteava alto nel cielo cercando una preda. Solo il bradipo lento lentissimo, che guardava fisso nel cielo, se ne accorse e capì il pericolo. Allora il bradipo lento lentissimo gridò, gridò più volte segnalando il pericolo. Gli animali allora fuggirono in tempo e il condor volò via. Da quel giorno agli animali della foresta il bradipo lento lentissimo non sembrò più strano stranissimo. 79
  • 81. 80
  • 82. Le formiche e il granaio illustrata da Scuola MATERNA STATALE FABRIZI CILE Dal formicaio uscì una formica, scalò una collina a gran fatica, dal colle giù per la valle andò, nel granaio si arrampicò, prese un chicco dal granaio e lo portò al suo formicaio. Allora uscì la seconda formica, scalò una collina a gran fatica, dal colle giù per la valle andò, nel granaio si arrampicò, prese un chicco dal granaio e lo portò al suo formicaio. 81
  • 83. Allora uscì la terza formica, scalò una collina a gran fatica, dal colle giù per la valle andò, nel granaio si arrampicò, prese un chicco dal granaio e lo portò al suo formicaio, 82
  • 84. Allora uscì la quarta formica... ...e una alla volta le formichine viaggiarono per valli e colline, e un grano alla volta tutto il granaio si portarono nel formicaio. 83
  • 85. Fonti La favola haitiana è stata raccolta in creolo dalla voce dei bambini dell'isola e poi tradotta in italiano; per la presente edizione è stata rinarrata da Anselmo Roveda e illustrata da Chiara Dattola. Le altre favole, fiabe e filastrocche presentate sono state adattate e riscritte attingendo ai repertori e ai patrimoni di tradizione orale dei popoli, confrontandole e traendole - secondo la consuetudine del fair use e la normativa sulla citazione per fini non lucrativi - per la rinarrazione da volumi, materiali in rete e progetti di ricerca. Ecco bibliografia e sitografia essenziali delle fonti utilizzate, alle quali rimandiamo per approfondire: u 24 contes des Antilles; par Olivier Larizza; Castor Poche Flammarion, Paris 2004 u Favole amazzoniche; progetto Ambasciata di Colombia in Italia e Fundación Antonio Restrepo Barco; vitasenzadroga.com u Fiabe dal mondo; a cura di Amanda Rossi; il-fantamondo.com u Fiabe liguri illustrate; a cura di Anselmo Roveda; Falco Editore, Cosenza 2007 u Fiabe tibetane; Mondadori, Milano 1995 u Il cammello che sapeva leggere. Favole e racconti popolari del Mediterraneo; a cura di Anselmo Roveda; Terre di Mezzo Editore, Milano 2007 u Il Giramondo; a cura di Giacomo Prampolini; Bietti, Milano 1972 u Il mugnaio e l'Uomo d'Acqua. Fiabe e leggende della tradizione polacca; a cura di Francesca Lazzarato e Vinicio Ongini; Mondadori, Milano 1994 u Il vulcano innamorato e altre storie; a cura di Ucodep; Sinnos Editrice, Roma 2006 u La bella sposa grassa e altre fiabe africane; a cura di Anselmo Roveda; Terre di Mezzo Editore, Milano 2006 u La fata della luna. Fiabe e miti della tradizione filippina; a cura di Francesca Lazzarato e Vinicio Ongini; Mondadori, Milano 1992 u La pagina di Alma; a cura di Alma Carlevarino; nenanet.it u L'erede dello sceicco. Fiabe e favole del Maghreb; a cura di Francesca Lazzarato e Vinicio Ongini; Mondadori, Milano 1992 u 84 Storie di mezzo mondo; a cura di Giacomo Prampolini; Bietti, Milano 1972
  • 86. 2012 advconsulting.net Associazione Dipingiamo il loro futuro - Associazione Culturale senza fini di lucro Corso Torino 1/19 - 16129 Genova - Tel. 010 869 29 95 - info@dipingiamoillorofuturo.com www.dipingiamoillorofuturo.com C.F. 95134540103 - Conto Corrente Ubi Banco San Giorgio Ag. 2 Bolzaneto - IBAN IT60A0552601403000000011858 Storie di VOLPI E CONDOR con il patrocinio di carta offerta da COMUNE DI GENOVA Favole e fiabe dal mondo per ‘Dipingiamo il loro futuro’ Symbol Freelife Satin Dipingiamo il loro futuro! facebook.com/dipingiamoillorofuturo Storie di Volpi e condor