1. La lentezza è nello sguardo dell’osservatore
Le notizie sulla minor crescita delle Cina in 28 anni sono accurate ma fuorvianti
Il presidente americano sa riconoscere un dato che attira l’attenzione quando ne vede uno.
Come la maggior parte dei media del mondo, Donald Trump ha twittato questa settimana che la
crescita della Cina nel 2018 è stata la più lenta in circa tre decenni; questo, egli ha affermato,
dovrebbe costringerla ad un vero accordo sul commercio con l’America. La crescita cinese del 6,6%
lo scorso anno è stata in verità la più debole sin dal 1990, e il paese desidera porre fine alla guerra
commerciale, ma uno sguardo più attento ai dati mostra perché i suoi leaders sono meno
preoccupati di quello che Trump potrebbe pensare.
Per prima cosa, la semplice dimensione della sua economia comporta che la crescita della Cina lo
scorso anno abbia generato un ammontare record di nuova produzione. Il Pil nominale è cresciuto di
8 miliardi di yuan, ben al di sopra di 5,1 miliardi di yuan aggiunti nel 2007 quando raggiunse il
14,2%, la sua crescita più veloce nei decenni recenti. La questione è semplice: la Cina adesso cresce
su una base molto più ampia, ma questo è stato trascurato nell’abbondanza di notizie riguardanti il
suo rallentamento.
Il cambiamento nella natura della crescita cinese fornisce anche una forma di protezione dalla
guerra commerciale. I dazi americani stanno incominciando a procurare dei danni: le aziende cinesi
hanno registrato un brusco declino degli ordini all’esportazione, ma per l’economia in senso più
ampio le vendite all’estero contano meno di un tempo.
Benché la riduzione del surplus commerciale abbia provocato un taglio di mezzo punto del tasso di
crescita lo scorso anno, la domanda interna ha infatti più che coperto tale riduzione. I consumi
hanno pesato per i tre quarti della crescita lo scorso anno, la misura maggiore dal 2000 in avanti e,
infine, la Cina ha compiuto alcuni modesti progressi in direzione della pulizia del suo sistema
finanziario.
Il governo ha inoltre tentato di ridurre il debito, che era esploso nell’ultimo decennio. I critici hanno
fatto rilevare come, in realtà, non sia stata effettuata alcuna operazione di riduzione, poiché il
rapporto tra debito e PIL ha continuato ad aumentare. Ma la stabilizzazione, piuttosto che la
riduzione, era il reale obiettivo della Cina, e in ciò si è registrato un qualche successo: il ritmo di
accumulazione del debito è drasticamente crollato. Nel 2015 erano necessari quattro yuan di nuovo
debito per creare un singolo yuan di nuovo PIL mentre nel 2018 quel multiplo è calato a 2,5, in
linea con la media cinese degli ultimi 15 anni.
A latere di queste notizie positive, tuttavia, vi sono anche alcuni segnali preoccupanti. La crescita
nominale ha rallentato vistosamente, da un tasso annuale dell11’2% nel terzo trimestre del 2017
all’8,1% nell’ultimo dello scorso anno, e rallenterà ulteriormente col decelerare dell’inflazione;
poiché la crescita nominale è strettamente correlata con la crescita del fatturato delle imprese,
queste potrebbero dover affrontare un anno difficile.
Quanto ai consumi, quest’anno sembra meno promettente di quello appena passato. Le imprese
hanno incominciato a tagliare le assunzioni e i redditi stanno crescendo con minore intensità,
pesando sulla fiducia dei consumatori. I tre quintili intermedi della popolazione cinese hanno visto
crescere il reddito solo del 2% in termini reali lo scorso anno, mentre quello dei più ricchi è
cresciuto del 6,6%; poiché coloro che guadagnano meno tendono a spendere una porzione maggiore
del loro reddito rispetto ai ricchi questo non fornisce basi solide per una crescita basata sui consumi:
2. le vendite di autovetture l’anno scorso è diminuita per la prima volta in due decenni, e anche le
vendite di telefoni cellulari sono state deboli.
La Cina si è già indirizzata verso politiche economiche di maggiore stimolo; ha aumentato la spesa
per infrastrutture, diminuito la pressione fiscale sui redditi e allentato alcune restrizioni sui prestiti
bancari: tutto ciò non assomma a un grosso pacchetto di stimoli, ma la direzione intrapresa è chiara.
Se la crescita dovesse rallentare ulteriormente, come sembra probabile, il governo si muoverà con
maggior decisione.
Non vi è alcun dubbio che la Cina tenterà di persuadere Trump a rimuovere i dazi sule merci cinesi,
il che aiuterebbe i suoi esportatori e incrementerebbe la fiducia sui mercati; i colloqui bilaterali
stanno andando avanti in vista della scadenza del 1 marzo e i negoziatori cinesi stanno lavorando a
un’offerta che sperano soddisfi la controparte americana, con la promessa di acquistare più merci di
produzione statunitense unita a riforme per attribuire un miglior trattamento alle aziende straniere;
ma se Trump è davvero convinto in quello che twitta sull’economia cinese corre il rischio di
sovrastimare la forza della posizione americana: la Cina desidera un accordo commerciale, non vi è
dubbio, ma è tutt’altro che disperata.
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