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CORSO DI FORMAZIONE
per addetti antincendio
secondo il D.Lgs. 81/2008 e s.m.
in applicazione del DM 10/03/1998
RISCHIO MEDIO
Ing. Nicola Buonfiglio – Eco Center srl
1
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ProgrammaProgramma
1. Introduzione
2. L’incendio e la prevenzione incendi
2.1) La combustione e l’incendio
2.2) Il triangolo della combustione
2.3) I prodotti della combustione
2.4) I rischi per le persone
2.5) Le sostanze estinguenti
2.6) Le fasi dell’incendio
2.7) Le principali cause di un incendio
2.8) Principali accorgimenti e misure per
prevenire gli incendi
2
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ProgrammaProgramma
3. La protezione antincendio
3.1) Principali misure di protezione antincendio
3.2) Protezione passiva:
→ Isolamento
→ Compartimentazione
→ Reazione al fuoco
→ Vie d’esodo
3.3) Protezione attiva:
→ Rivelazione ed allarme
→ Estinzione
→ Evacuazione fumi
→ Illuminazione di sicurezza
3.4) Segnaletica di sicurezza
3
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ProgrammaProgramma
4. Le procedure da adottare in caso di incendio
4.1) Il piano di emergenza
4.2) Cosa fare se si scopre un incendio
4.3) Cosa fare in caso di allarme
4.4) L’evacuazione in caso di incendio
4.5) Chiamata dei soccorsi e rapporti con i VVF
4. Esercitazioni pratiche
5.1) Gli estintori portatili
5.2) Gli idranti ed i naspi
5.3) I dispositivi di protezione individuale
4
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1.1. INTRODUZIONEINTRODUZIONE
5
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1. Introduzione1. Introduzione
La legislazione vigente stabilisce che
“nei luoghi di lavoro ... ... devono essere
adottate idonee misure per prevenire gli
incendi e per tutelare l’incolumità dei
lavoratori”.
(D.Lgs 81/08 , art.46, comma 2)
6
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Per garantire la prevenzione incendi i datori di
lavoro:
designano i lavoratori incaricati della
attuazione delle misure di prevenzione e di
lotta contro gli incendi, ai quali devono
garantire un’adeguata e specifica FORMAZIONE,
nonché un AGGIORNAMENTO periodico
(D.Lgs 81/08 , artt.18 e 37)
1. Introduzione1. Introduzione
7
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Il programma e la durata dei corsi sono contenuti
nel DM 10/03/1998.
Questo decreto, emanato in osservanza
all’articolo 13 del D.Lgs. 626/94, rimane vigente
e mantiene la propria validità, in conformità a
quanto stabilito nell’articolo 46 del D.Lgs. 81/08.
1. Introduzione1. Introduzione
8
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Sono previsti tre livelli di rischio incendio
nell’ambito delle attività lavorative:
• Rischio incendio basso
• Rischio incendio medio
• Rischio incendio elevato
A ciascun livello è correlato il grado di
approfondimento della formazione da erogare
agli addetti antincendio.
1. Introduzione1. Introduzione
9
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2.2. L’INCENDIOL’INCENDIO EE LALA
PREVENZIONEPREVENZIONE INCENDIINCENDI
10
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La combustione è una reazione chimica
esotermica tra due sostanze, denominate
combustibile e comburente.
COMBUSTIBILE: sostanza dalla quale, nella
reazione, si sviluppano calore e in genere luce.
COMBURENTE: sostanza dalle caratteristiche
chimico-fisiche idonee per la combinazione con i
combustibili ai fini dello sviluppo della reazione di
combustione.
2.1) La combustione e l’incendio2.1) La combustione e l’incendio
11
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Incendio: combustione non controllata con
rilevante sviluppo di fiamme, fumo e gas .
Fiamma: fenomeno termico e luminoso derivante
dalla combustione di un gas; si presente come una
“lingua” luminosa e calda.
Fuoco: manifestazione visibile di una combustione
in atto con presenza di fiamme (il termine si usa
talvolta come sinonimo di fiamma).
Braci: parti dei combustibili solidi che, reagendo
sulla loro superficie a contatto con il comburente,
bruciano diventando incandescenti.
2.1) La combustione e l’incendio2.1) La combustione e l’incendio
12
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Affinché la combustione abbia luogo è necessaria
la presenza di tre “elementi”:
2.2) Il triangolo della combustione2.2) Il triangolo della combustione
Com
burente
Energia Com
bustibile
Com
burente
oilOO22
13
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2.2) Il triangolo della combustione2.2) Il triangolo della combustione
Anche in presenza dei tre elementi
indispensabili, esistono ulteriori condizioni
necessarie affinché la combustione si sviluppi e
cioè che:
la miscelazione tra combustibile e comburente
sia nella giusta proporzione;
l’energia d’attivazione sia di valore
sufficiente;
abbia luogo una catena di reazioni chimiche
intermedie.
14
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Per le finalità di questo corso il comburentecomburente
preso in considerazione è solo l’ossigeno
contenuto nell’aria (in condizioni ordinarie, è in
quantità pari al 21% della miscela che costituisce
l’aria stessa).
Esistono altre sostanze comburenti, come:
 il cloro
 il fluoro
2.2) Il triangolo della combustione2.2) Il triangolo della combustione
15
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I combustibilicombustibili possono trovarsi nello stato fisico
solido, liquido, gassoso.
Tuttavia, la combustione con fiamma avviene
solo per combinazione di sostanze allo stato
gassoso.
La fiamma che si sprigiona da un combustibile solido o
liquido deriva dai gas o dai vapori emessi dai solidi e dai
liquidi per effetto del loro riscaldamento.
2.2) Il triangolo della combustione2.2) Il triangolo della combustione
16
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I combustibili gassosiI combustibili gassosi
Foto degli autori
2.2)2.2) Il triangolo della combustioneIl triangolo della combustione
17
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Solo i combustibili gassosi possono miscelarsi
direttamente con il comburente e bruciare in
presenza di innesco.
Ai combustibili gassosi appartengono il Metano, il
GPL, l’ Acetilene, l’Idrogeno ….
2.2) Il triangolo della combustione2.2) Il triangolo della combustione
18
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NOZIONI IMPORTANTI sui combustibili gassosi:
 campo di infiammabilità
 temperatura di autoaccensione
 potere calorifico
 reattività con altri gas
 densità relativa rispetto all’aria
2.2) Il triangolo della combustione2.2) Il triangolo della combustione
19
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I combustibili liquidiI combustibili liquidi
Foto degli autori Foto degli autori
2.2)2.2) Il triangolo della combustioneIl triangolo della combustione
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I combustibili liquidi emettono, a temperatura
ambiente, vapori che, combinandosi con il
comburente, producono la miscela infiammabile.
Tale emissione aumenta con la temperatura e
varia in funzione della natura della sostanza.
I combustibili liquidi comprendono carburanti
(benzina, gasolio), olii lubrificanti, alcooli
vernici e solventi.
2.2) Il triangolo della combustione2.2) Il triangolo della combustione
21
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COSA BISOGNA SAPERE dei combustibili liquidi:
 temperatura di infiammabilità
 temperatura di autoaccensione
 campo di infiammabilità
 potere calorifico
 tensione di vapore
 peso specifico e miscibilità con l’acqua
2.2) Il triangolo della combustione2.2) Il triangolo della combustione
22
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I combustibili solidi emettono gas a seguito di un
processo chiamato PIROLISI, che avviene
sottoponendo a riscaldamento il materiale.
Il gas emesso combinandosi con il comburente
brucia con fiamma; il restante materiale brucia
senza fiamma, formando le braci; al temine della
combustione rimangono le ceneri, incombustibili.
i combustibili solidi comuni comprendono legno,
carta, carbone; tessuti, fibre tessili in generale;
materie plastiche; gomma.
2.2) Il triangolo della combustione2.2) Il triangolo della combustione
23
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I combustibiliI combustibili
solidisolidi
Foto degli autori
2.2)2.2) Il triangolo della combustioneIl triangolo della combustione
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Le braciLe braci
Foto degli autori
2.2)2.2) Il triangolo della combustioneIl triangolo della combustione
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COSA BISOGNA SAPERE dei combustibili solidi:
 potere calorifico
 temperatura di infiammabilità
 temperatura di autoaccensione
 pezzatura, porosità e forma del materiale
 eventuale reattività con acqua
 composizione chimica della sostanza
 contenuto di umidità del materiale
2.2) Il triangolo della combustione2.2) Il triangolo della combustione
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Accensione ed infiammabilità dei combustibili
SOSTANZA
TEMPERATURA DI
INFIAMMABILITA’ °C
TEMPERATURA DI
ACCENSIONE °C
LIMITI DI INFIAMMABILITA’
% IN VOLUME
INFERIORE SUPERIORE
Acetilene - 335 2,5 80
Acetone -19 535 2,15 13
Acido cianidrico -18 540 5,6 40
Alcool etilico 12 365 3,3 19
Benzina -21 257 1 6,5
Benzene -11 580 1,2 8,0
Butano -60 365 1,6 8,5
Esano -21 233 1,2 7,7
Etano - 515 3 15,5
Etere dietilico -40 180 1,7 36
Etilene - 425 2,7 34
Gasolio 65 220 0,6 6,5
Idrazina 38 270 4,7 100
Idrogeno - 560 4 75
Metano - 595 5 15
Naftalina 77 528 0,9 5,9
Ossido di carbonio - 605 12 75
Petrolio 20 227 1,2 9,0
Propano - 470 2 9,5
Solfuro di carbonio -20 102 1 60
Toluene 6 535 1,2 7
Trielina 61 410 8 90
2.2) Il triangolo della combustione2.2) Il triangolo della combustione
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Potere calorifico di alcuni combustibili
COMBUSTIBILE POTERE CALORIFICO IN KCAL/KG (MJ/KG)
Carta 4000 (~ 17)
Carbone 8360 (35)
Legna 4400 (18)
Gasolio 10000 (42)
Benzina 10000 (42)
Metano 13380 (56) [9000 Kcal/m3
– 38 MJ/m3
]
Materie plastiche
PVC rigido 3600 – 5000 (15 - 21)
Polietilene 8000 – 10000 (33 - 42)
Sostanze Poliuretaniche 7100 – 9000 (30 - 37)
2.2) Il triangolo della combustione2.2) Il triangolo della combustione
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Combustibili solidi in polvere, dal punto di vista
dell’incendio si comportano come gas e portano
facilmente all’esplosione.
Se in polvere, anche sostanze considerate
incombustibili possono bruciare, come i metalli
ossidabili (alluminio, zinco, magnesio).
Sostanze organiche in forma di graniglia o
polvere (grano, mais, farina, zucchero) possono
fermentare e l’aumento di temperatura può
innescare l’autocombustione.
2.2) Il triangolo della combustione2.2) Il triangolo della combustione
29
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NOZIONI IMPORTANTI sulle polveri combustibili:
 concentrazione
 granulometria
 potere calorifico
 reattività con acqua o altre sostanze
 umidità
2.2) Il triangolo della combustione2.2) Il triangolo della combustione
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L’energia di attivazioneenergia di attivazione può essere fornita alla
miscela infiammabile:
•direttamente, ponendola in contatto con sorgenti
di ignizione (fiamme libere, faville, archi elettrici);
•indirettamente, grazie al calore generato altrove
che si trasmette per conduzione, convezione od
irraggiamento.
È possibile anche che il combustibile prenda fuoco
per autocombustione.
2.2) Il triangolo della combustione2.2) Il triangolo della combustione
31
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La combustione genera:
 FIAMME
 CALORE
 FUMO
 GAS COMBUSTI
2.3) I prodotti della combustione2.3) I prodotti della combustione
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I combustibili generalmente disponibili sono
sostanze contenenti atomi di CARBONIO ed
IDROGENO.
Dalla presenza di carbonio si sviluppano
principalmente:
 monossido di carbonio (CO)
 anidride carbonica (CO2)
2.3) I prodotti della combustione2.3) I prodotti della combustione
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Altri gas derivanti dalla combustione:
 ACIDO CLORIDRICO (HCL)
 ALDEIDE ACRILICA (CH2CHCHO)
 ACIDO CIANIDRICO (HCN)
 IDROGENO SOLFORATO (H2S)
 AMMONIACA (NH3)
 FOSGENE (COCL2)
 ANIDRIDE SOLFOROSA (SO2)
2.3) I prodotti della combustione2.3) I prodotti della combustione
34
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I danni alle persone derivano dai prodotti
della combustione (fiamme, calore, fumo,
gas combusti), dalla carenza di ossigeno
e/o dalle strutture e dagli impianti che
subiscono un danneggiamento (crolli,
scoppi, ecc.) a causa dell’azione dei
prodotti stessi.
2.4) I rischi per le persone2.4) I rischi per le persone
35
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Effetti delle fiamme e del calore:
 USTIONI
 IPERTERMIA
 DISIDRATAZIONE
 ARRESTO RESPIRATORIO
2.4) I rischi per le persone2.4) I rischi per le persone
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2.4) I rischi per le persone2.4) I rischi per le persone
Effetti del fumo:
 limita la visibilità fino ad impedirla
 è irritante per le vie respiratorie e
per gli occhi
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2.4) I rischi per le persone2.4) I rischi per le persone
Effetti del monossido di carbonio
(CO):
La presenza di questo gas in una
percentuale dell’1,3% provoca
incoscienza quasi istantanea e morte.
L’intossicazione da monossido di
carbonio è la prima causa di morte in
un incendio.
38
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2.4) I rischi per le persone2.4) I rischi per le persone
Effetti dell’anidride carbonica (CO2):
accelera la respirazione
diminuisce la percentuale di
ossigeno nel sangue
non tossica, ma asfissiante
39
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2.4) I rischi per le persone2.4) I rischi per le persone
La mancanza di ossigeno (anossia):
 respirare in atmosfera carente di ossigeno
ha effetti sul corpo umano quando la
percentuale di ossigeno scende al di sotto
del 17% (contro quella normalmente
contenuta nell’aria del 21%)
 se la percentuale scende al di sotto del 10%
sopraggiunge la morte in pochi minuti
40
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2.4) I rischi per le persone2.4) I rischi per le persone
Effetti degli altri gas combusti:
 acido cloridrico – mortale
 aldeide acrilica – mortale
 acido cianidrico – mortale
 idrogeno solforato – irritante
 ammoniaca – fortemente irritante
 fosgene – tossico
 anidride solforosa - irritante
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Effetti di un incendio sulle strutture e
sugli impianti che si ripercuotono
sull’incolumità delle persone:
 indebolimento o distruzione dei materiali
 rottura delle condotte di fluidi di servizio
 scoppio di apparecchi in pressione
 perdita dell’isolamento elettrico
2.4) I rischi per le persone2.4) I rischi per le persone
42
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2.5) Le sostanze estinguenti2.5) Le sostanze estinguenti
Per estinguere un incendio si deve intervenire su
almeno uno dei tre lati del “triangolo del fuoco”.
SOFFOCARE
ALLONTANARE
INIBIRE
CHIMICAMENTE
RAFFREDDARE
FUOCO
COMBUSTIBILE
COMBURENTE
CALORE
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2.5) Le sostanze estinguenti2.5) Le sostanze estinguenti
Le sostanze estinguenti normalmente utilizzate
sono:
 l’acqua
 la schiuma
 l’anidride carbonica
 polveri
 gas inertizzanti (gas alogenati e loro sostituti)
Il loro uso dipende dal tipo di combustibile che
caratterizza la CLASSE DEGLI INCENDI
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2.5) Le sostanze estinguenti2.5) Le sostanze estinguenti
In funzione del tipo di combustibile sono stabilite
le classi di incendio:
 classe A: combustibili solidi
 classe B: combustibili liquidi
 classe C: combustibili gassosi
 classe D: metalli combustibili
 classe E: apparecchi elettrici sotto tensione
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AZIONE ESTINGUENTE: Raffreddamento
Soffocamento
DA NON UTILIZZARE SU: Impianti elettrici in tensione
Metalli combustibili
Prodotti reattivi
Beni deteriorabili
Liquidi infiammabili leggeri
INEFFICACIA: Gas (incendi classe C)
MASSIMA EFFICACIA: Solidi (incendi classe A)
ACQUA
2.5) Le sostanze estinguenti2.5) Le sostanze estinguenti
46
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AZIONE ESTINGUENTE: Soffocamento
Raffreddamento
INEFFICACIA: Gas (incendi classe C)
Alcoli (escluso prodotto specif.)
Incendio di getto in pressione
MASSIMA EFFICACIA: Liquidi inf.bili (incendi classe B)
DA NON UTILIZZARE SU: Impianti elettrici in tensione
Metalli combustibili
Prodotti reattivi
Beni deteriorabili
SCHIUMA
2.5) Le sostanze estinguenti2.5) Le sostanze estinguenti
47
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AZIONE ESTINGUENTE: Soffocamento
Raffreddamento
DA NON UTILIZZARE IN: Incendi all’aperto
Incendi con forti correnti d’aria
INEFFICACIA: Metalli combustibili
Grandi focolai di incendio
Solidi con formazione di braci
MASSIMA EFFICACIA: Piccoli focolai in luoghi chiusi
ANIDRIDE CARBONICA
2.5) Le sostanze estinguenti2.5) Le sostanze estinguenti
48
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AZIONE ESTINGUENTE: Inibizione chimica
Soffocamento
DA NON UTILIZZARE SU: Apparecchiature elettroniche
Metalli combustibili
Beni deteriorabili
INEFFICACIA: Solidi con formazione di braci
MASSIMA EFFICACIA: Incendi di solidi (classe A)
Incendi di liquidi (classe B)
Incendi di gas (classe C)
POLVERI
2.5) Le sostanze estinguenti2.5) Le sostanze estinguenti
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Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata
AZIONE ESTINGUENTE: Inibizione chimica
Soffocamento
DA NON UTILIZZARE IN: Luoghi frequentati da pubblico
INEFFICACIA: Solidi con formazione di braci
Grandi focolai
Metalli combustibili
MASSIMA EFFICACIA: Impianti elettrici ed
elettronici
GAS
INERTIZZANTI
2.5) Le sostanze estinguenti2.5) Le sostanze estinguenti
50
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EVOLUZIONE DI UN INCENDIO NEL TEMPOEVOLUZIONE DI UN INCENDIO NEL TEMPO
Nell’andamento di un incendio si distinguono le
seguenti fasi:
 innesco
 propagazione
 incendio generalizzato
 estinzione per consumo combustibile
2.6) Le fasi di un incendio2.6) Le fasi di un incendio
51
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Andamento di un incendio
2.6) Le fasi di un incendio2.6) Le fasi di un incendio
52
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Quando è possibile intervenire?
Prima del flash over e della generalizzazione
dell’incendio è possibile spegnere l’incendio con
le misure attive di estinzione
Quando l’incendio è sviluppato in modo
generalizzato rimangono le protezioni passive a
garantire la possibilità di evacuazione
2.6) Le fasi di un incendio2.6) Le fasi di un incendio
53
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Andamento di un incendio
2.6) Le fasi di un incendio2.6) Le fasi di un incendio
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Le cause e i pericoli di incendio più comuni richiamati dal
DM 10/03/98 sono riferibili complessivamente a:
• deposito e manipolazione di sostanze combustibili
• mancato ordine e pulizia, nonché scarsa manutenzione
• negligenza nell’uso di fiamme libere, apparecchi di
riscaldamento e generatori di calore
• mancato rispetto delle disposizioni sul fumo
• uso e manutenzione non corretti degli impianti e degli
apparecchi elettrici
• comportamento inadeguato delle persone sia interne, sia
esterne, dovuto a negligenza, ma anche a insufficiente
formazione professionale
2.7) Le principali cause di un incendio2.7) Le principali cause di un incendio
55
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CAUSE NUMERO PERCENTUALE
SU TOTALE
ALTRE CAUSE 21.728 36,53%
CAUSE ELETTRICHE IN GENERE 13.349 22,44%
CAMINO 9.913 16,66%
MOZZICONE SIGARETTA E FIAMMIFERI 6.154 10,35%
FAVILLE 4.454 7,49%
SURRISCALDAMENTO DI MOTORI E MACCHINE VARIE 1.383 2,32%
AUTOCOMBUSTIONE 938 1,58%
GUASTI AD IMPIANTI DI PRODUZIONE E DI CALORE IN GENERE 387 0,65%
FULMINE 379 0,64%
FUOCHI D ARTIFICIO 268 0,45%
RITORNO DI FIAMMA 247 0,42%
DETONAZIONI E/O DEFLAGRAZIONI 209 0,35%
REAZIONI CHIMICHE TRA ELEMENTI 75 0,13%
TOTALE INCENDI ANNO 2009 59484 100%
Fonte: VVF 2009
2.7) Le principali cause di un incendio2.7) Le principali cause di un incendio
56
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La sicurezza antincendio si attua attraverso:
la prevenzione, che mira a ridurre le occasioni
di sviluppo di un incendio;
la protezione, che punta a limitare i danni,
qualora l’incendio si verifichi.
L’adozione combinata di misure di prevenzione e
protezione serve a ridurre il RISCHIO incendio
2.8) A2.8) Accorgimenti e misure per prevenire gli incendiccorgimenti e misure per prevenire gli incendi
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Principali misure TECNICHE di PREVENZIONE
•Impianti, apparecchi e componenti elettrici a regola d’arte
•Messa a terra di impianti, strutture, serbatoi, ecc
•Protezione dalle scariche atmosferiche
•Impianti e attrezzature di lavoro correttamente progettati,
realizzati, installati, controllati e manutenuti
•Dispositivi di sicurezza su impianti di distribuzione e di
utilizzazione delle sostanze infiammabili
•Ventilazione dei locali
•Utilizzo di materiali incombustibili
•Utilizzo di pavimenti e attrezzi antistatici
2.8) A2.8) Accorgimenti e misure per prevenire gli incendiccorgimenti e misure per prevenire gli incendi
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Alle misure TECNICHE di PREVENZIONE, si
aggiungono le misure PRECAUZIONALI o di
ESERCIZIO.
Tali misure comprendono divieti, limitazioni di
esercizio e misure comportamentali.
2.8) A2.8) Accorgimenti e misure per prevenire gli incendiccorgimenti e misure per prevenire gli incendi
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Deposito ed utilizzo di materiali infiammabili e
facilmente combustibili:
• utilizzare solo lo stretto necessario, evitando gli
accumuli nei luoghi frequentati
• tenere lontano i combustibili dalla vie di esodo
• depositare i combustibili in aree apposite, separate
con strutture resistenti al fuoco
• addestrare adeguatamente il personale che manipola
sostanze infiammabili o chimiche pericolose
• seguire le istruzioni riportate sulle etichette e sulle
schede di sicurezza
2.8) A2.8) Accorgimenti e misure per prevenire gli incendiccorgimenti e misure per prevenire gli incendi
60
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Utilizzo di fonti di calore:
• non utilizzare fonti di calore senza autorizzazione
• seguire le procedure previste per i “lavori a fuoco”
• non disporre bombole di gas vicino ad apparecchi di
riscaldamento
• non depositare materiali combustibili vicino ad
apparecchi di riscaldamento
• non effettuare lavorazioni che producono scintille vicino a
materiale infiammabile
• non utilizzare apparecchi termici senza adeguata
ventilazione degli ambienti
• evitare l'accumulo di grassi o polveri in condotti di
aspirazione di cucine, forni, macchine utensili, ecc.
• controllare gli ambienti ove si usano fiamme libere
tenendoli sgombri da materiali combustibili
2.8) A2.8) Accorgimenti e misure per prevenire gli incendiccorgimenti e misure per prevenire gli incendi
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Rifiuti e scarti di lavoro combustibili:
• evitarne il deposito lungo le vie d’esodo
• rimuoverli regolarmente
Il fumo e l'utilizzo di portacenere
• identificare le aree dove vige il divieto di fumo e
quelle dove è permesso fumare
• Impiegare portacenere nelle aree dove è consentito
fumare; svuotarli regolarmente
• non mescolare il contenuto dei portacenere con altri
rifiuti combustibili
2.8) A2.8) Accorgimenti e misure per prevenire gli incendiccorgimenti e misure per prevenire gli incendi
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Uso delle attrezzature di lavoro
• non utilizzare in modo improprio attrezzature
• non manomettere i dispositivi di sicurezza
• utilizzare le attrezzature solo in ambienti idonei
• far utilizzare le attrezzature solo a personale con
adeguata formazione
2.8) A2.8) Accorgimenti e misure per prevenire gli incendiccorgimenti e misure per prevenire gli incendi
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Impianti ed attrezzature elettriche
• formare il personale sul loro corretto uso;
• evitare i sovraccarichi degli impianti;
• limitare l’uso di prese multiple e comunque
rispettare la potenza massima indicata sulle stesse;
• Utilizzare alimentazioni provvisorie della lunghezza
strettamente necessaria;
• far intervenire sugli impianti e gli apparecchi
elettrici solo personale specializzato;
• disalimentare le apparecchiature elettriche al
termine del loro uso.
2.8) A2.8) Accorgimenti e misure per prevenire gli incendiccorgimenti e misure per prevenire gli incendi
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Regolamentazione accessi in aree pericolose
• Utilizzare apposite procedure autorizzative
Aree non frequentate
• Tenere liberi da materiali combustibili non essenziali i
locali non presidiati
• Impedire l'accesso di persone non autorizzate
Misure contro gli incendi dolosi
• istituire un sistema di controllo accessi
• estendere, se necessario, il controllo anche alle aree
esterne ai fabbricati
2.8) A2.8) Accorgimenti e misure per prevenire gli incendiccorgimenti e misure per prevenire gli incendi
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Vie d’esodo, segnaletica e mezzi d’estinzione
• Mantenere sgombre le vie d’esodo
• Non lasciare aperte le porte tagliafuoco
• Mantenere visibile la segnaletica di sicurezza;
• Mantenere accessibili gli estintori e gli altri presidi
antincendio.
2.8) A2.8) Accorgimenti e misure per prevenire gli incendiccorgimenti e misure per prevenire gli incendi
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Situazioni straordinarie
Le misure precauzionali previste per il normale esercizio
vanno adeguate in caso di situazioni che esulano
dall’attività ordinaria, come ad esempio per interventi di
manutenzione o ristrutturazione.
Ditte esterne
In presenza di imprese appaltatrici, dovranno esser
valutati e gestiti i rischi da interferenza anche ai fini
antincendio, mediante coordinamento delle attività e
scambio di informazioni specifiche.
2.8) A2.8) Accorgimenti e misure per prevenire gli incendiccorgimenti e misure per prevenire gli incendi
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La SORVEGLIANZA per il rispetto delle misure
precauzionali, da effettuare con continuità, riguarda:
 Le vie di uscita quali passaggi, corridoi, scale
 Le porte sulle vie di uscita/ Le porte resistenti al
fuoco
 Le apparecchiature elettriche
 Le fiamme libere
 I rifiuti e gli scarti combustibili
 I materiali infiammabili
 Gli accessi
La sorveglianza rientra tra i compiti degli addetti
antincendio.
2.8) A2.8) Accorgimenti e misure per prevenire gli incendiccorgimenti e misure per prevenire gli incendi
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RIEPILOGO DEGLI ARGOMENTI TRATTATI
• Definizioni
• Il triangolo della combustione: combustibili,
comburenti, fonti di innesco
• Prodotti della combustione
• Rischi per le persone
• Sostanze estinguenti
• Fasi di un incendio
• Cause d’incendio
• Misure di prevenzione e misure precauzionali
2.8)2.8) L’incendio e la prevenzione incendiL’incendio e la prevenzione incendi
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3.3. LA PROTEZIONELA PROTEZIONE
ANTINCENDIOANTINCENDIO
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Le MISURE DI PROTEZIONE servono a limitare i
danni dopo che l’incendio si è sviluppato.
La protezione può essere attiva o passiva.
La PROTEZIONE PASSIVA non richiede interventi
di uomini od impianti e mira a limitare i danni
alle strutture, permettere l’evacuazione e
contenere la propagazione dell’incendio.
La PROTEZIONE ATTIVA si attua con persone,
impianti od attrezzature; è volta a dare l’allarme
ed a combattere le fiamme e l’accumulo di fumo
e di gas tossici.
3.1) Principali misure di protezione antincendio3.1) Principali misure di protezione antincendio
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3.1) Principali misure di protezione antincendio3.1) Principali misure di protezione antincendio
La PROTEZIONE PASSIVA si realizza attraverso:
 isolamento con distanze di sicurezza
 muri tagliafuoco e schermi
 compartimentazioni e resistenza strutturale
 materiali e rivestimenti isolanti/incombustibili
 vie d’uscita
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La PROTEZIONE ATTIVA comprende:
sistemi di rivelazione;
sistemi di allarme;
sistemi di estinzione;
ausili all’evacuazione dipendenti da una forma
di energia per il loro funzionamento, quali:
• sistemi per eliminare fumo, gas nocivi e
calore;
• illuminazione ed impianti elettrici di
sicurezza.
Ne fanno parte, inoltre, le squadre antincendio.
3.1) Principali misure di protezione antincendio3.1) Principali misure di protezione antincendio
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L’ISOLAMENTO serve ad impedire la
propagazione ad edifici o infrastrutture di
incendi originati da impianti o strutture
particolarmente pericolosi installati nelle loro
vicinanze.
Si realizza usualmente con l’interposizione di
spazi scoperti, predisponendo cioè delle Distanze
di Sicurezza.
All’insufficienza delle distanze di sicurezza si
ovvia con l’interposizione di Schermi Protettivi.
3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva
74
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Tratta da: http://www.vvfnapoli.it/document/DISPENSE/Prevenzione%20Incendi.pdf
3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva
75
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La COMPARTIMENTAZIONE consiste nel delimitare
completamente aree di un edificio con strutture
aventi resistenza al fuoco prestabilita.
Questi spazi, chiamati COMPARTIMENTI, sono
autonomi e separati gli uni dagli altri o separabili
con la chiusura di porte od altri serramenti aventi
uguale resistenza al fuoco.
Il compartimento è realizzato allo scopo di
impedire, per un tempo prefissato, la
propagazione dell’incendio a settori adiacenti o a
strutture attigue.
3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva
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Tratte da: http://www.officinebrevettisisti.com/sisti_prodotti_01.htm
Compartimentazione con porte scorrevoli
3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva
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Le strutture che delimitano i compartimenti
devono possedere le seguenti proprietà:
resistenza meccanica contro i cedimenti;
capacità di tenuta contro la propagazione di
fumo e gas;
capacità di isolamento termico.
Queste proprietà sono racchiuse in un unica
definizione: la RESISTENZA AL FUOCO
Tutte le strutture portanti, aventi influenza sulla
stabilità dei compartimenti devono garantire
almeno la resistenza meccanica.
3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva
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La RESISTENZA AL FUOCO, viene definita
attraverso la sigla “REI”, seguita da un numero.
Le tre lettere indicano
 la stabilità «R» (la resistenza meccanica)
 la tenuta a fumo e gas «E»
 l'isolamento termico «I»
Il numero specifica il tempo, espresso in minuti,
per il quale la resistenza al fuoco è garantita.
Es. REI 90: stabilità, tenuta ed isolamento
garantiti per un’ora e mezza.
3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva
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I materiali di rivestimento isolanti/incombustibili
sono quelli che, non alimentando l’incendio,
rallentano la propagazione e proteggono i
materiali combustibili o sensibili ai prodotti della
combustione da essi ricoperti.
La capacità isolante/combustibilità è definita
tramite un indice denominato REAZIONE AL
FUOCO, che esprime la facilità con cui un
materiale brucia e gli effetti negativi della sua
combustione. Tale parametro dà conto di quanto il
materiale contribuisce ad alimentare un incendio.
3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva
80
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Il SISTEMA DI VIE D’USCITA (vie d’esodo) è
costituito da percorsi che permettono la rapida
ed ordinata evacuazione delle persone verso
luoghi sicuri.
I LUOGHI SICURI sono i luoghi dove le persone
possono ritenersi al sicuro dagli effetti di un
incendio.
Le USCITE DI EMERGENZA sono gli accessi ai
luoghi sicuri.
3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva
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Le caratteristiche del sistema di vie d’uscita sono:
 lunghezza e larghezza dei percorsi;
 larghezza e numero delle uscite;
 ubicazione;
 materiali costruttivi e protezione dal fuoco.
Queste sono stabilite dalla legislazione vigente, in
relazione alle caratteristiche dei luoghi di lavoro o
progettate in accordo con essa.
3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva
82
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Per attività a rischio d’incendio medio sono
previste lunghezze delle vie di esodo comprese
tra:
 30 - 45 metri con più vie d’esodo
 9 - 30 metri con una sola via d’esodo
Dove sono presenti più vie d’esodo, queste
devono essere indipendenti tra di loro.
3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva
83
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La definizione pratica del numero di uscite e
della loro larghezza complessiva, avviene
convenzionalmente in numero di moduli unitari,
pari a (0,6 m).
La larghezza minima ammessa per l’uscita
singola, è comunque di 0,8 m, anche qualora,
dalla progettazione, risulti sufficiente un’uscita
di larghezza pari ad un modulo.
3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva
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Le PORTE installate lungo Il sistema di vie
d’uscita devono:
 aprirsi nel verso dell’esodo;
 da aperte, non devono né ostruire né ridurre la
larghezza di passaggi e scale;
 non aprirsi direttamente su scale ma su
pianerottoli;
 essere evidenziate da apposita segnaletica.
3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva
85
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Tratte da: http://www.officinebrevettisisti.com/sisti_prodotti_01.htm
Le PORTE
3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva
86
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Le SCALE sono in molti casi l'unico mezzo di
evacuazione da livelli superiori o inferiori a
quello del terreno o della strada.
Il loro sviluppo verticale costituisce il passaggio
preferenziale del fumo e dei gas di combustione,
che si diffondono per effetto camino.
Per poter far parte del sistema di vie d'esodo, le
scale devono essere esterne o protette, racchiuse
cioè in un compartimento antincendio.
3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva
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Le SCALE
Tratte da: http://www.sistema-filtro-fumi.it/il-sistema-filtro-fumi/prescrizioni-raccomandanzioni-e-normativa-del-sistema-filtro-fumi.html
SCALA A PROVA DI FUMO  SCALA A PROVA DI FUMO INTERNA 
3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva
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Scale di sicurezza esterne
3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva
89
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Il sistema di vie d’uscita deve essere indicato con
SEGNALETICA conforme alla legislazione sulla
sicurezza nel lavoro.
Se una via d’uscita attraversa un’area molto
vasta, il percorso d’esodo si deve poter
distinguere attraverso apposita marcatura sul
pavimento.
3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva
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Il sistema di vie di uscita e la relativa segnaletica
devono essere ben visibili e illuminati all’esterno
ed all’interno dei luoghi di lavoro.
Quando necessaria, l’illuminazione artificiale
deve essere di intensità sufficiente e funzionare
anche in caso di mancanza della tensione di rete
(illuminazione di sicurezza).
3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva
91
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La RIVELAZIONE di un incendio può:
 avvenire da parte delle persone presenti nel
luogo ove si sta sviluppando;
 essere attuata tramite un sistema automatico
che, con appropriati sensori, ne rileva
l’insorgere.
I sistemi di rivelazione automatici permettono la
scoperta di un incendio entro tempi ridotti
rispetto al suo insorgere.
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
92
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L’ALLARME può essere dato:
1.direttamente a voce;
2.attivando manualmente un sistema acustico ed
eventualmente ottico, intervenendo su un
pulsante o una leva di apparecchi fissi;
3.mediante l’attivazione automatica di un
sistema acustico ed eventualmente ottico, da
parte di un apposito impianto.
In ambienti affollati, possono esser opportuni
anche avvisi trasmessi mediante altoparlanti.
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
93
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RIVELAZIONE E ALLARME: SISTEMI AUTOMATICI
Il compito dell’IMPIANTO DI RIVELAZIONE incendi è
quello di rilevare e segnalare tempestivamente un
principio di incendio, in modo da intraprendere le
azioni necessarie.
La funzione di un IMPIANTO DI ALLARME incendio è
quello di attivare le segnalazioni ottiche ed
acustiche per avvertire del pericolo tutte le persone
presenti nell’ambiente di lavoro.
I due impianti sono in genere compresi in un unico
sistema.
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
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I sistemi di rivelazione automatici hanno il
vantaggio di:
mantenere un controllo continuo dei luoghi di
lavoro, anche quando non sono presidiati;
permettere la scoperta di un incendio entro
tempi ridotti rispetto al suo insorgere;
inviare opportuni segnali non solo per lanciare
l’allarme ma per permettere l’intervento più
idoneo ed anche per avviarlo automaticamente.
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
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Pulsante manuale
Rilevatore
Segnalazione
acustica
Segnalazione
ottico - acustica
Elettromagneti
per porte
tagliafuocoAlimentatore
Rete
Centrale di controllo
230 Vac
24 Vdc
Immagini tratte da: http://www.elkron.it/IT/catalogo
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
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Classificazione dei RIVELATORI D’INCENDIO in
funzione della configurazione, dell’effetto rilevato e
del metodo di rivelazione.
RIVELATORI D'INCENDIO
METODO di RIVELAZIONE
STATICI
DIFFERENZIALI
VELOCIMETRICI
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
97
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I mezzi di estinzione si dividono in:
MANUALI
AUTOMATICI
GASIDRAULICI
FISSIMOBIILI
IDRANTI
ESTINTORI CARRELLATI NASPI
ESTINTORI PORTATILI
GAS INERTIZZANTI
CO2
SPRINKLER
A SCHIUMA
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
98
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Gli ESTINTORI sono apparecchi di pronto
intervento, contenenti un agente estinguente
sotto pressione da proiettare sul fuoco.
Sono il primo mezzo cui si accede per estinguere
un incendio.
Sono efficaci però solo nell’estinzione di piccoli
focolai e di principi di incendio, a causa della
limitata quantità di estinguente contenuta.
Per incendi più ampi si devono usare i più grandi
estintori carrellati o si deve passare agli impianti
fissi.
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
99
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3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
Gli estintori si dividono in:
 portatili: concepiti per
essere portati a mano, di
peso non superiore a
20 kg;
 carrellati, pesanti da 20
a 150 kg disposti in modo
solidale su carrelli dotati
di ruote.
Immagini tratte da:
http://www.sirespa.it
100
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Gli ESTINTORI si distinguono per il tipo di
estinguente utilizzato:
1. idrici/a schiuma
2. ad anidride carbonica (CO2)
3. a polvere
4. a gas inertizzanti/halon
Attualmente sono utilizzati quasi esclusivamente
gli estintori a polvere ed a CO2.
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
101
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La scelta degli ESTINTORI dipende dal tipo di
materiale combustibile presente (a quale classe di
fuochi dover far fronte).
Il loro numero e disposizione, in conformità alle
prescrizioni di legge, devono consentirne
l’immediata disponibilità.
Per rischio di incendio medio, la capacità
estinguente deve essere almeno pari a 21A-113B.
Eventuali estintori carrellati, se previsti, sono
integrativi e non sostitutivi di quelli portatili.
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
102
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Criteri da seguire per stabilire numero e
disposizione degli ESTINTORI:
1.almeno uno per piano;
2.percorso fino al più vicino, non più di 30 m;
3.protezione, in rapporto alla capacità di
estinzione, delle seguenti superfici:
Tipo di estintore Superficie protetta
21 A - 113 B - C 100 m2
34 A - 144 B – C 150 m2
55 A - 233 B - C 200 m2
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
103
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Il posizionamento di regola è vicino alle vie
d’uscita e agli apparecchi più rischiosi (quadri
elettrici, caldaie, cucine).
Gli estintori devono essere in posizione visibile e
segnalata, senza ostacoli al loro raggiungimento.
Essi devono essere allocati in posizione protetta
contro danni accidentali.
Devono essere oggetto di accurata, sorveglianza,
controllo e manutenzione.
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
104
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In relazione alla valutazione dei rischi, quando un
eventuale incendio non è affrontabile
esclusivamente mediante estintori, si installano
SISTEMI FISSI, manuali e, se necessario automatici.
I sistemi fissi, manuali od automatici, non possono
essere sostitutivi degli estintori.
I sistemi fissi manuali sono essenzialmente idrici,
quelli automatici si dividono tra idrici ed a gas.
Esistono anche sistemi automatici a polvere, ma
sono meno utilizzati.
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
105
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Il funzionamento dei sistemi fissi di estinzione
richiede la presenza di IMPIANTI, costituiti da:
sorgente di alimentazione;
pompe di mandata;
condotte principali e secondarie;
valvole di regolazione flusso estinguente;
apparecchi erogatori.
Questo schema è relativo agli impianti idrici; gli
impianti automatici inertizzanti non hanno le pompe
di mandata, usando gas estinguenti già compressi.
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
106
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Tratta da: http://www.vvfnapoli.it/document/DISPENSE/Prevenzione%20Incendi.pdf
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
107
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Tratta da: http://www.venetapompe.com/gruppi1.html
Esempio di un
gruppo di
pressurizzazione
per impianto
fisso di
estinzione
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
108
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Per il livello di rischio incendio medio, l’impianto idrico
antincendio deve garantire, in termini portata, pressione e
durata, almeno l’alimentazione al numero di idranti o naspi
contemporaneamente operativi indicati nel prospetto
seguente.
Apparecchi considerati contemporaneamente operativi
Protezione interna Protezione esterna Durata
3 idranti con 120 l/min cadauno e pressione
residua non minore di 0,2 Mpa 4 attacchi DN 70 con
300 l/min cadauno e
pressione residua non
minore di 0,3 MPa
≥ 60 minOppure
4 naspi con 60 l/min cadauno e pressione
residua non minore di 0,3 Mpa
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
109
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Gli IDRANTI sono composti da una presa d’acqua,
(attacco), da una tubazione flessibile (manichetta)
e da una lancia erogatrice.
I NASPI sono costituiti da una bobina girevole, su
cui è avvolta una tubazione semirigida dotata, ad
una estremità, di una lancia erogatrice.
Concettualmente simili, differiscono per la
capacità di erogazione acqua e la facilità d’uso.
Richiedono comunque, personale specificatamente
addestrato per il loro uso.
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
110
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IDRANTI E NASPI
Una idrante a parete Un naspo
Tratta da: http://firetrade.it/Antincendio%20Fire%20Trade%20listino.pdf Tratta da: http://www.fiamma-antincendio.it
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
111
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Gli IDRANTI vanno posizionati in modo che:
 ogni idrante protegga un’area di non più di
1000 m2
;
 ve ne sia almeno uno per piano;
 la distanza tra ogni punto dell’area protetta e
l’idrante (a parete) non superi 20 m.
 siano per quanto possibile, in prossimità di
uscite di emergenza o vie di esodo, in modo
però da non ostacolare, anche in fase operativa,
l’esodo dai locali.
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
112
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I NASPI vanno posizionati in modo che:
ogni naspo protegga un’area di non più di
1000 m2
;
ve ne sia almeno uno per piano;
la distanza tra ogni punto dell’area protetta ed
il naspo (a muro) non superi 30 m.
siano, per quanto possibile, in prossimità di
uscite di emergenza o vie di esodo, in modo però
da non ostacolare, anche in fase operativa,
l’esodo dai locali.
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
113
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I SISTEMI AUTOMATICI di spegnimento IDRICI sono
ad acqua semplice o a schiuma.
I SISTEMI A GAS utilizzano gas inertizzanti o
anidride carbonica.
Esistono anche impianti automatici a polvere, ma
sono poco diffusi.
Gli impianti automatici di spegnimento, in genere,
sono collegati al sistema di rivelazione incendi.
Quelli idrici possono avere gli erogatori che
fungono essi stessi da sensori di rilevazione.
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
114
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I sistemi automatici di spegnimento idrici sono:
ad umido, con tubazioni piene d’acqua in
pressione;
a secco, con tubazioni piene d’aria in pressione:
un erogatore, aprendosi, fa diminuire la pressione
dell’aria, comandando l’apertura delle valvole di
alimentazione dell’acqua.
I sistemi ad umido sono più rapidi nell’intervento.
I sistemi a secco permettono di decidere il ritardo
dell’erogazione dell’acqua.
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
115
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Tratto da: http://cma-sistemiantincendio.it/component/docman/cat_view/71-impianti-antincendio
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
116
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Il più diffuso sistema automatico di spegnimento
idrico è il sistema SPRINKLER.
È un sistema ad acqua frazionata.
In caso di incendio l’apertura dell’ugello
spruzzatore è comandato da un elemento
termosensibile.
Comunemente è un sistema “puntuale”: irrora
acqua solo dove si è verificata l’apertura
dell’ugello spruzzatore.
Esistono anche sistemi cosiddetti a diluvio, che
sono ambientali
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
117
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Tratto da: http://cma-sistemiantincendio.it/component/docman/cat_view/71-impianti-antincendio
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
118
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Il sistema sprinkler funziona così:
il bulbo sensibile alla temperatura che sostiene
il tappo di chiusura dell’orifizio contiene un
liquido che all’aumento della temperatura si
dilata fino a rompere il bulbo;
il tappo dell’orifizio, non più sostenuto dal
bulbo cede sotto la pressione dell’acqua e
permette l’uscita del getto che, sagomato ed
orientato dal deflettore, irrora la zona da
proteggere.
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
119
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Tratto da: http://cma-sistemiantincendio.it/component/docman/cat_view/71-impianti-antincendio
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
120
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I SISTEMI AUTOMATICI A GAS funzionano quasi
esclusivamente per soffocamento, saturando
l’ambiente dove si è sviluppato un incendio.
Sono efficaci al chiuso.
Sono impiegati dove l’uso dell’acqua ha
controindicazioni: musei e pinacoteche, centri di
calcolo, sale motori, locali quadri elettrici, ecc.
L’agente estinguente più usato è la CO2.
Molto più rari sono i sistemi ad inibizione chimica,
che utilizzano gas inertizzanti sostitutivi dell’Halon.
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
121
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Tratto da: http://www.fiamma-antincendio.it/prodotti/a2.htm
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
122
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Gli EVACUATORI DI FUMO E CALORE (EFC) sono
dispositivi che, aprendosi, assicurano l‘uscita del fumo
e dei gas di un incendio, sfruttando i moti ascensionali
naturali dei fluidi caldi.
Il beneficio dato dagli EFC consiste nella possibilità di:
lasciare i locali liberi da fumo e gas agevolando
l’evacuazione delle persone e l’azione dei
soccorritori;
ridurre l’effetto nocivo dei prodotti della
combustione su persone, beni e strutture;
ritardare o evitare la generalizzazione
dell’incendio.
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
123
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Evacuatore a cupola
Tratto da: http://www.caoduro.it/prodotti_ita.php?id_cat=3
Aperture a shed
Tratto da: http://www.soaveinfissi.com/efc.php
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
124
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Dispositivi di apertura automatici
Tratto da: http://www.bassolucernari.com/pdf/exv_08.pdf
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
125
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L’ILLUMINAZIONE DI SICUREZZA è la misura di
protezione attiva che fornisce l’illuminazione
necessaria a:
mettere in sicurezza aree dove sono presenti
particolari rischi;
 consentire l’evacuazione.
L’illuminazione di sicurezza deve entrare in
funzione rapidamente in mancanza della normale
alimentazione di rete.
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
126
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Gli apparecchi per l’illuminazione di sicurezza,
per fornire l’illuminamento previsto, devono
essere posizionati:
 in prossimità di ogni porta di uscita;
 dove sia necessario evidenziare potenziali
pericoli;
 ove sia necessario evidenziare attrezzature di
sicurezza.
Gli apparecchi di illuminazione sono installati di
regola ad un’altezza di 2 m da terra.
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
127
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Gli APPARECCHI AUTOALIMENTATI per
l’illuminazione di sicurezza sono di due tipi:
 apparecchio non permanente: entra in
funzione solo in caso di black out, alimentato
da batterie, caricate dalla rete ordinaria;
 apparecchio permanente: sempre acceso,
cambia l’alimentazione passando da rete a
batterie, in caso di black out, per poi tornare
all’alimentazione ordinaria una volta che questa
sia stata ripristinata.
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
128
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PlafonieraAlimentatore elettronico
e pacco batterie
Sistema
autoalimentato
Tratto da: http://www.beghelli.com/website/index.html
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
129
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Tra le misure di protezione attiva si devono
considerare anche gli ADDETTI ANTINCENDIO e il
più complesso SERVIZIO ANTINCENDIO, costituito
quando necessario, formato da:
• squadre di addetti antincendio;
• squadre di vigili del fuoco professionali;
• responsabile del servizio antincendio.
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
130
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Le misure di protezione, ed in particolare gli
impianti e le attrezzature antincendio, per
garantire le prestazioni loro richieste devono
essere mantenute integre ed in costante
efficienza.
Devono perciò essere sottoposte a CONTROLLO
PERIODICO ed a regolare MANUTENZIONE.
Queste attività deve essere affidata a personale
competente e qualificato.
Esse non rientrano tra i compiti degli addetti
antincendio.
3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva
131
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La SEGNALETICA DI SICUREZZA serve a dare
un’indicazione od una prescrizione concernente
la sicurezza o la salute sul luogo di lavoro.
Alla segnaletica di sicurezza si deve fare ricorso
quando risultano rischi che non si sono potuti
evitare o limitare sufficientemente né con
l’organizzazione del lavoro né con altre misure o
metodi, né con mezzi tecnici di protezione
collettiva.
La segnaletica di sicurezza da utilizzare deve
essere conforme alle prescrizioni di legge.
3.43.4) La segnaletica di sicurezza) La segnaletica di sicurezza
132
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I SEGNALI, resi mediante cartelli, indicazioni
luminose, suoni, voci o gesti, possono essere:
di divieto: per vietare un comportamento che
potrebbe far correre o causare un pericolo;
di avvertimento: per avvisare di un rischio o
pericolo;
di prescrizione: per imporre un determinato
comportamento;
di salvataggio o di soccorso: per fornire indicazioni
relative alle uscite di sicurezza o ai mezzi di soccorso
o di salvataggio;
antincendio.
3.43.4) La segnaletica di sicurezza) La segnaletica di sicurezza
133
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I colori nei cartelli hanno il seguente significato:
3.43.4) La segnaletica di sicurezza) La segnaletica di sicurezza
Colore Significato o scopo Indicazioni e precisazioni
Rosso
Segnali di divieto Atteggiamenti pericolosi
Pericolo - allarme
Alt; arresto; dispositivi di interruzione
d’emergenza; sgombero;
Materiali e attrezzature
antincendio
Identificazione e ubicazione
Giallo
Giallo-arancio
Segnali di avvertimento Attenzione; cautela; verifica
Azzurro Segnali di prescrizione
Comportamento o azione specifica -
obbligo di portare un mezzo di
sicurezza personale
Verde
Segnali di salvataggio o di
soccorso
Porte; uscite; percorsi; materiali;
postazioni; locali
Situazione di sicurezza Ritorno alla normalità
134
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3.43.4) La segnaletica di sicurezza) La segnaletica di sicurezza
SEGNALI DI DIVIETOSEGNALI DI DIVIETO
135
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SEGNALI DI AVVERTIMENTOSEGNALI DI AVVERTIMENTO
3.43.4) La segnaletica di sicurezza) La segnaletica di sicurezza
136
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SEGNALI DI PRESCRIZIONESEGNALI DI PRESCRIZIONE
3.43.4) La segnaletica di sicurezza) La segnaletica di sicurezza
137
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3.43.4) La segnaletica di sicurezza) La segnaletica di sicurezza
SEGNALI DI SALVATAGGIOSEGNALI DI SALVATAGGIO
138
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SEGNALETICA ANTINCENDIOSEGNALETICA ANTINCENDIO
3.43.4) La segnaletica di sicurezza) La segnaletica di sicurezza
139
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RIEPILOGO DEGLI ARGOMENTI TRATTATI
• Misure di protezione passiva
• Misure di protezione attiva
• Segnaletica di sicurezza
3.43.4) La protezione antincendi) La protezione antincendi
140
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4.4. LE PROCEDURE DALE PROCEDURE DA
ADOTTARE IN CASOADOTTARE IN CASO
DI INCENDIODI INCENDIO
141
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In generale, un’EMERGENZA è una
situazione diversa da quelle nelle quali ci
si trova normalmente ad operare, dalla
quale possono derivare CONSEGUENZE
DANNOSE se non vengono attuate
tempestivamente e correttamente alcune
specifiche azioni.
4.1) Il Piano di Emergenza4.1) Il Piano di Emergenza
142
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Le azioni da attuare in caso di emergenza non
possono essere improvvisate.
Devono essere pianificate per poter essere:
ADEGUATE
TEMPESTIVE
COORDINATE
Per essere ESEGUITE CORRETTAMENTE, è
necessario che il personale sia addestrato
mediante opportune esercitazioni.
4.1) Il Piano di Emergenza4.1) Il Piano di Emergenza
143
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Un PIANO DI EMERGENZA è un documento
che ha lo scopo di raccogliere le
INFORMAZIONI e le ISTRUZIONI necessarie
per consentire la corretta gestione delle
situazioni di emergenza ragionevolmente
ipotizzabili.
4.1) Il Piano di Emergenza4.1) Il Piano di Emergenza
144
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Regole generali per gli addetti antincendioRegole generali per gli addetti antincendio
Fare solamente ciò per cui si è stati formati e addestrati
Cercare di mantenere calma e controllo
Lasciare margini di sicurezza per la propria incolumità
Verificare sempre disponibilità di una via di fuga libera
Agire con rapidità, ma evitando di correre
Utilizzare, se previsti e necessari, i DPI
Adottare comunicazioni idonee
Farsi riconoscere e cercare di tranquillizzare altri
soggetti, per ridurre le possibili situazioni di panico.
4.1) Il Piano di Emergenza4.1) Il Piano di Emergenza
145
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Regole generali in caso di incendioRegole generali in caso di incendio
(valide per tutti i lavoratori)(valide per tutti i lavoratori)
Non usare gli ascensori
Attenersi alla segnaletica di sicurezza
In presenza di fumo proteggersi le vie respiratorie
mediante fazzoletto bagnato e camminare chinati ed
eventualmente vicino alle pareti, se non c’è visibilità
Chiudere le porte nel passare dai vari locali
Porre fuori tensione le apparecchiature elettriche prima
di abbandonarle
Allontanarsi da serbatoi esposti al calore delle fiamme, e
strutture esposte per lungo tempo all’incendio
4.1) Il Piano di Emergenza4.1) Il Piano di Emergenza
146
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4.2) Cosa fare se si scopre un incendio4.2) Cosa fare se si scopre un incendio
147
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4.2) Cosa fare se si scopre un incendio4.2) Cosa fare se si scopre un incendio
148
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VALUTAZIONE DELLO SCENARIOVALUTAZIONE DELLO SCENARIO
Acquisire rapidamente gli elementi per
poter decidere se procedere direttamente
all’estinzione, effettuare altre azioni, o
tentare l’estinzione dopo aver effettuato
altre azioni, in applicazione di quanto
previsto dal piano di emergenza.
4.2) Cosa fare se si scopre un incendio4.2) Cosa fare se si scopre un incendio
149
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4.2) Cosa fare se si scopre un incendio4.2) Cosa fare se si scopre un incendio
150
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PRIMO INTERVENTO ed ESTINZIONEPRIMO INTERVENTO ed ESTINZIONE
Allontanare il combustibile non ancora
interessato dal fuoco per conseguire
l’autoestizione dei focolai
oppure
estinguere i focolai d’incendio con i sistemi di
protezione attiva
4.2) Cosa fare se si scopre un incendio4.2) Cosa fare se si scopre un incendio
151
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4.2) Cosa fare se si scopre un incendio4.2) Cosa fare se si scopre un incendio
152
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CHIUSURA DELL’EMERGENZACHIUSURA DELL’EMERGENZA
Accertarsi della completa estinzione del focolaio.
Individuare le cause evidenti dell’incendio e rimuoverle.
Farsi riconoscere dai presenti e tranquillizzarli.
In presenza di fumo, far allontanare le eventuali
persone presenti. In ambienti chiusi, se il focolaio è
completamente spento, arieggiare i locali.
Avvertire il responsabile della gestione emergenze.
Seguire le procedure previste per ripristinare le normali
condizioni di sicurezza e operatività.
4.2) Cosa fare se si scopre un incendio4.2) Cosa fare se si scopre un incendio
153
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4.2) Cosa fare se si scopre un incendio4.2) Cosa fare se si scopre un incendio
154
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SEGNALAZIONE DELL’EMERGENZASEGNALAZIONE DELL’EMERGENZA
Avvertire nel minor tempo possibile:
 l’eventuale centrale di controllo
 il responsabile della gestione delle emergenze
 gli altri addetti antincendio
 tutte le persone presenti nel luogo di lavoro
al fine di:
richiamare altri addetti per effettuare il tentativo di
spegnimento diretto e/o attivare le procedure di lotta
antincendio, evacuazione, chiamata dei servizi di soccorso
pubblico, assistenza disabili.
4.2) Cosa fare se si scopre un incendio4.2) Cosa fare se si scopre un incendio
155
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Le procedure previste IN CASO DI ALLARME
servono a consentire l’intervento degli addetti o
delle squadre di addetti sul luogo dell’incendio per:
• attuare le misure di lotta antincendio;
• essere in grado di attivare tempestivamente le
procedure di evacuazione e chiamata dei
servizi di soccorso pubblico;
• assistere eventuali persone in difficoltà.
In taluni casi le procedure di evacuzione e chiamata
dei servizi di soccorso pubblico possono essere
attivate contestualmente alla ricezione dell’allarme.
4.3) Cosa fare in caso di allarme4.3) Cosa fare in caso di allarme
156
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Se l’allarme giunge DIRETTAMENTE A VIVA
VOCE, l’addetto può portarsi immediatamente al
punto dal quale è stato chiamato e trovarsi di
fronte all’evento.
Valgono allora le indicazioni fornite nei
precedenti paragrafi in relazione alle procedure
da adottare quando si scopre un incendio.
4.3) Cosa fare in caso di allarme4.3) Cosa fare in caso di allarme
157
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Se l’allarme giunge MEDIANTE CHIAMATA
TELEFONICA, l’addetto deve ottenenere le
seguenti informazioni:
• generalità dell’interlocutore
• luogo di provenienza della chiamata ed
eventuali numeri per richiamare
• tipologia e luogo dell’evento
• persone presenti (numero approssimativo)
• eventuale presenza di infortunati
4.3) Cosa fare in caso di allarme4.3) Cosa fare in caso di allarme
158
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L’addetto deve:
• fornire istruzioni su come attendere il proprio arrivo
senza rischi per la salute, oppure come abbandonare in
sicurezza il luogo da cui sta chiamando;
• valutare se avviarsi immediatamente verso il punto
segnalato o se avvisare prima altri addetti o
l’eventuale centrale di gestione delle emergenze;
• in presenza di infortunati richiedere l’intervento di
addetti al pronto soccorso o far chiamare servizi di
soccorso pubblici.
4.3) Cosa fare in caso di allarme4.3) Cosa fare in caso di allarme
159
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Nel recarsi rapidamente, ma senza correre, verso
il luogo dell’evento, in base alle informazioni
ricevute, l’addetto dovrà dotarsi dei necessari
DPI e prelevare nel luogo accessibile più vicino al
principio d’incendio l’eventuale estintore o gli
altri mezzi di estinzione necessari.
Una volta giunto sul posto, dopo aver incontrato
la persona che ha effettuato la chiamata, se
previsto, procedere come nel caso descritto per
la scoperta diretta degli incendi.
4.3) Cosa fare in caso di allarme4.3) Cosa fare in caso di allarme
160
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Se l’allarme è stato ATTIVATO
AUTOMATICAMENTE da un sistema di rivelazione
o manualmente da un pulsante, in assenza di
individuazione del luogo di origine dell’evento, in
generale, è previsto che si dia corso
immediatamente alle procedure di evacuazione e
chiamata dei servizi di soccorso pubblico.
4.3) Cosa fare in caso di allarme4.3) Cosa fare in caso di allarme
161
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Brevi indicazioniBrevi indicazioni sul comportamento che gli addettisul comportamento che gli addetti
devono assumere in presenza di altri soggettidevono assumere in presenza di altri soggetti
Per ridurre la tensione e le situazioni di panico:
• farsi riconoscere e mostrare calma e autorevolezza
• parlare in maniera chiara, senza gridare o mostrare
concitazione
• invitare i presenti a mantenere la calma mostrando
consapevolezza e controllo della situazione
• spiegare brevemente le azioni in corso
4.3) Cosa fare in caso di allarme4.3) Cosa fare in caso di allarme
162
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Brevi indicazioniBrevi indicazioni sul comportamento che gli addettisul comportamento che gli addetti
devono assumere in presenza di altri soggettidevono assumere in presenza di altri soggetti
In presenza di persone in stato confusionale o con segni
di intossicazione da fumi, allontanarle prima possibile dai
fumi, conducendole in spazi aperti o comunque arieggiati
mediante l’apertura di porte o finestre.
Segnalare immediatamente la presenza di persone
infortunate, indicando la possibile intossicazione.
4.3) Cosa fare in caso di allarme4.3) Cosa fare in caso di allarme
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4.4) Evacuazione in caso di incendio4.4) Evacuazione in caso di incendio
Lo SCOPO delle procedure di evacuazione è
quello di consentire a tutte le persone
presenti in un luogo di lavoro, o in parte di
esso, di abbandonarlo in sicurezza, in caso
di emergenza.
164
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Approcci tipici per diverse situazioniApprocci tipici per diverse situazioni
L’attivazione delle procedure di evacuazione può
essere decisa o fin dall’inizio dell’incendio,
contestualmente alla rilevazione dell’evento, o dopo
aver verificato la possibilità di non riuscire controllare
l’incendio.
L’attivazione delle procedure di evacuazione, inoltre,
può essere decisa da una centrale o dal responsabile
della gestione delle emergenze, oppure direttamente
dall’addetto antincendio presente sul luogo
dell’incendio.
4.4) Evacuazione in caso di incendio4.4) Evacuazione in caso di incendio
165
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Approcci tipici per diverse situazioniApprocci tipici per diverse situazioni
L’evacuazione può avvenire in una o più fasi.
Nel primo caso, l’attivazione delle procedure porta
all’evacuazione completa di tutto il luogo di lavoro.
L’evacuazione in una fase unica è attuata generalmente
nei luoghi di piccole dimensioni.
4.4) Evacuazione in caso di incendio4.4) Evacuazione in caso di incendio
166
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Approcci tipici per diverse situazioniApprocci tipici per diverse situazioni
In caso di evacuazione in più fasi, le diverse aree del luogo di
lavoro vengono evacuate in progessione, a partire da quella
interessata direttamente dall’incendio.
L’evacuazione in più fasi viene attuata quando tra le varie
aree è presente una idonea compartimentazione, ed ha lo
scopo di permettere agli addetti di verificare se è stato
possibile contenere e risolvere l’emergenza nella sola area
interessata.
Inoltre consente di evacuare con ordine e sicurezza prima le
persone più esposte al pericolo immediato, e successivamente
quelle meno esposte.
4.4) Evacuazione in caso di incendio4.4) Evacuazione in caso di incendio
167
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Le MODALITÀ OPERATIVE sono variabili in base a:
• complessità del sito
• compartimentazione
• vie di fuga presenti
• sistemi di rivelazione e allarme disponibili
• presenza di pubblico o di persone con ridotte capacità
motorie o sensoriali
• organizzazione del servizio antincendio
Questi elementi sono riportati nel Piano di Emergenza e le
operazioni da compiere in caso di evacuazione devono essere
ben descritte da procedure.
4.4) Evacuazione in caso di incendio4.4) Evacuazione in caso di incendio
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Il SEGNALE di INIZIO EVACUAZIONE può essere dato:
direttamente a viva voce dall’addetto antincendio presente
mediante dispositivi acustici ad azionamento manuale
mediante dispositivi acustici azionati elettricamente.
mediante comunicazione attraverso sistema di altoparlanti.
È fondamentale che il segnale di evacuazione sia chiaramente
udibile in tutto il luogo di lavoro o comunque nelle parti ove
necessario.
Il segnale acustico di evacuazione è un segnale continuo.
In diversi casi, all’allarme acustico può essere associato anche una
segnalazione di tipo ottico.
4.4) Evacuazione in caso di incendio4.4) Evacuazione in caso di incendio
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Se l’addetto è gia presente sul luogo da evacuare, deve:
farsi riconoscere dalle persone presenti
avvertirle della necessità di abbandonare i locali
guidarle verso le vie di uscita praticabili più vicine
assistere le persone con ridotte capacità motorie o sensoriali
appena possibile, avvertire gli altri ADDETTI, il responsabile
della gestione delle emergenze o il responsabile del sito
fuori dall’area da evacuare, dirigersi al punto di raccolta
al punto di raccolta, individuare il personale evacuato
rimanere a disposizione dei servizi pubblici di soccorso
4.4) Evacuazione in caso di incendio4.4) Evacuazione in caso di incendio
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Se gli addetti non si trovano nell’area da evacuare o se
devono evacuare più aree, allora gli stessi devono:
raggiungere rapidamente, ma senza correre, le aree di
competenza
giunti nell’area da evacuare, valutarne le condizioni di
pericolo
se possibile, attuare le procedure di evacuazione
una volta iniziata l’evacuazione di un’area, evitare di
rientrare più volte negli stessi ambienti, lasciandosi dietro
solo ambienti già evacuati
4.4) Evacuazione in caso di incendio4.4) Evacuazione in caso di incendio
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SCOPO delle procedure di chiamata: far sì che, in caso
di emergenza, la chiamata dei servizi di soccorso
pubblico sia efficace.
4.5) Chiamata dei soccorsi e rapporti con i VVF4.5) Chiamata dei soccorsi e rapporti con i VVF
ELEMENTI FONDAMENTALI da definire:
chi deve dare la disposizione di effettuare la chiamata
chi deve effettuare la chiamata
le informazioni da fornire (e come) a chi riceve la
chiamata
172
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Numeri da chiamare sul territorio nazionale:
VIGILI DEL FUOCO (115)
CARABINIERI (112)
POLIZIA di STATO (113)
PRONTO SOCCORSO (118)
4.5) Chiamata dei soccorsi e rapporti con i VVF4.5) Chiamata dei soccorsi e rapporti con i VVF
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Le informazioni minime da fornire sono:
• le proprie generalità
• l’indirizzo del luogo dal quale si chiama
• i numeri di telefono per essere contattati
• il luogo ove è in atto l’emergenza
• il tipo di emergenza
• le eventuali persone coinvolte o ferite
• la fase dell’emergenza
• indicazioni sul percorso per raggiungere il luogo
dell’emergenza
• altre informazioni richieste
4.5) Chiamata dei soccorsi e rapporti con i VVF4.5) Chiamata dei soccorsi e rapporti con i VVF
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Nell’effettuare la chiamata:
• parlare chiaramente e lentamente
• evitare di sovrapporsi all’interlocutore
• accertarsi che le informazioni siano state
recepite
• ascoltare le indicazioni dell’interlocutore
4.5) Chiamata dei soccorsi e rapporti con i VVF4.5) Chiamata dei soccorsi e rapporti con i VVF
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Dopo la chiamata, attendere sul posto, in luogo
sicuro, l’arrivo dei soccorsi. All’arrivo, farsi
riconoscere, per fornire assistenza e
informazioni ai servizi di soccorso, al fine di
consentire un intervento più rapido, preciso ed
efficace, e ridurre il rischio degli operatori stessi.
4.5) Chiamata dei soccorsi e rapporti con i VVF4.5) Chiamata dei soccorsi e rapporti con i VVF
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RIEPILOGO DEGLI ARGOMENTI TRATTATI
• Il piano di emergenza
• Cosa fare se si scopre un incendio
• Cosa fare in caso di allarme
• Evacuazione in caso di incendio
• Chiamata dei soccorsi e rapporti con i VVF
4) Le procedure da adottare in caso di incendio4) Le procedure da adottare in caso di incendio
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5.5. ESERCITAZIONIESERCITAZIONI
PRATICHEPRATICHE
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Tutti i tipi di estintore sono costituiti da:
CONTENITORE CILINDRICO di metallo resistente
a pressione, che contiene l’estinguente;
SISTEMA DI EROGAZIONE composto da una
valvola e da un ugello o manichetta od altro
componente, per la diffusione e l’orientamento
del getto.
Attualmente tutti gli estintori mantengono
permanentemente il prodotto estinguente
all’interno del contenitore alla pressione necessaria
per la sua erogazione “energica”.
5.15.1) Gli estintori portatili) Gli estintori portatili
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5.15.1) Gli estintori portatili) Gli estintori portatili
Com’è fatto un estintore
1.Gruppo di erogazione
2.Serbatoio contenitore
Tratto da: www.uniroma2.it/prevenzione/antincendio/combustione.html
180
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5.15.1) Gli estintori portatili) Gli estintori portatili
DISPOSITIVI DI SICUREZZA
1. Valvola di sicurezza
2. Spina di sicurezza
3. Manometro
Tratto da: ABC dell’antincendio EPC
181
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5.15.1) Gli estintori portatili) Gli estintori portatili
Trattoda:ProgrammaLeonardo“L’ESTINZIONEDEGLIINCENDI”
CE
L’ETICHETTA
1.Tipo estinguente e
classe estinzione
2.Istruzioni per l’uso
3.Avvertenze sicurezza –
possibilità uso su
apparecchi in tensione
4.Estremi omologazione
5.Nome responsabile
182
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La CAPACITÀ ESTINGUENTE degli estintori
portatili si indica con un numero seguito da una
lettera che indica la classe di fuoco estinguibile.
Il numero (dove previsto) indica le dimensioni
del focolare di prova relativo alla classe di fuoco
estinguibile.
Gli estintori, devono garantire un tempo di
funzionamento minimo stabilito in funzione
della capacità estinguente e della quantità di
prodotto estinguente.
5.15.1) Gli estintori portatili) Gli estintori portatili
183
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5.15.1) Gli estintori portatili) Gli estintori portatili
Rappresentazione di un focolare di prova
per fuochi di classe A (13 A)
Tratto da: www.vigilfuoco.it/sitiVVF/ascoliPiceno/viewPage.aspx?s=85&p=11181
184
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Tratto da:http://cma-sistemiantincendio.it/manuale/estinzione/estintori
5.15.1) Gli estintori portatili) Gli estintori portatili
185
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L’estintore portatile a POLVERE è il mezzo di
estinzione più diffuso, data la sua versatilità,
semplicità d’uso ed efficacia.
La polvere è efficace su fuochi di classe A, B, C.
Normalmente si usa quello a pressione
permanente, tramite azoto compresso a 15 bar.
Unica controindicazione è l’eventuale perdita di
pressione o per un difetto o a seguito dell’uso
(serve l’immediata ricarica anche dopo
erogazione parziale); per questo motivo
necessita di sorveglianza accurata.
5.15.1) Gli estintori portatili) Gli estintori portatili
186
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L’estintore portatile a CO2 è il mezzo preferito
nella protezione di apparecchi in tensione e
prodotti delicati o di grande valore.
La CO2 è tenuta in pressione allo stato liquido,
perciò il contenitore è una bombola d’acciaio
molto resistente; pertanto è un estintore pesante.
Per i limiti d’efficacia della CO2, in genere è
classificato solo per i fuochi di classe B e C.
Servono componenti isolanti per maneggiare
l’estintore perché la CO2 erogata produce un forte
raffreddamento.
5.15.1) Gli estintori portatili) Gli estintori portatili
187
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5.15.1) Gli estintori portatili) Gli estintori portatili
Differenze tra estintori a polvere e a CO2
Tratte da: http://www.sirespa.it/antincendio/estintori.html
188
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5.15.1) Gli estintori portatili) Gli estintori portatili
Tratto da: www.vigilfuoco.it/sitiVVF/ascoliPiceno/viewPage.aspx?s=85&p=11181
USO DEGLI ESTINTORI
1. Leggere le
istruzioni
2. Togliere la
spina di
sicurezza
3. Premere la leva di
apertura ed
erogare
l’estinguente
189
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5.15.1) Gli estintori portatili) Gli estintori portatili
Tratto da: www.vigilfuoco.it/sitiVVF/ascoliPiceno/viewPage.aspx?s=85&p=11181
USO DEGLI ESTINTORI
1. Posizionarsi alla giusta
distanza per colpire il
focolare e non sprecare
estinguente
2. Dirigere il getto alla
base delle fiamme e
non sul loro apice
190
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5.15.1) Gli estintori portatili) Gli estintori portatili
TRATTO DA ABC DELL’ANTINCENDIO
Tratto da: www.vigilfuoco.it/sitiVVF/ascoliPiceno/viewPage.aspx?s=85&p=11181
USO DEGLI ESTINTORI
1. Attaccare le fiamme più
vicine e poi quelle più
distanti senza attraversare
le prime con il getto
2. Erogare facendo un
leggero movimento a
ventaglio
191
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5.15.1) Gli estintori portatili) Gli estintori portatili
Tratto da: www.vigilfuoco.it/sitiVVF/ascoliPiceno/viewPage.aspx?s=85&p=11181
USO DEGLI ESTINTORI
1. Mai attaccare le
fiamme
controvento, ma
porsi con il
vento alle spalle
2. Se si agisce in più persone porsi
dallo stesso lato o in posizioni
poste a 90° - mai agire in modo
contrapposto
192
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USO DEGLI ESTINTORI
5.15.1) Gli estintori portatili) Gli estintori portatili
1. Con liquidi in fiamme orientare
il getto per non proiettare fuori
dal contenitore il liquido (si
propaga l’incendio)
2. Per le fiamme di gas
l’estinzione avviene
orientando il getto nella
stessa direzione della fiamma
Tratto da: www.vigilfuoco.it/sitiVVF/ascoliPiceno/viewPage.aspx?s=85&p=11181
193
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5.15.1) Gli estintori portatili) Gli estintori portatili
Ulteriori precauzioni nell’uso degli estintori
1.Dopo aver spento un principio d’incendio, aerare
bene i locali interessati;
2.non abbandonare i locali subito dopo l’estinzione
ma verificare che non vi siano riaccensioni;
3.non dirigere il getto di un estintore sulle persone,
a meno che non vi sia assolutamente alcuna altra
possibilità di spegnere il fuoco su di esse.
194
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Gli IDRANTI sono composti:
1.dalla presa d’acqua, che può essere:
 A parete;
 A colonna soprassuolo;
 Sottosuolo;
2.dall’attrezzatura di erogazione, composta da:
tubazione flessibile in genere lunga 20÷25 m;
lancia erogatrice semplice o con valvola
commutatrice del getto.
Gli idranti possono essere ad umido o a secco.
5.25.2) Gli idranti ed i naspi) Gli idranti ed i naspi
195
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5.25.2) Gli idranti ed i naspi) Gli idranti ed i naspi
Idrante a muro Idrante sottosuoloIdrante
a colonnaTratto da:
http://firetrade.it/Antincendio
%20Fire%20Trade%20listino.pdf
Tratto da:
www.provinz.bz.it/feuerwehrdienst/kin
der/servizio/incarichi/idrante-u.htmTratto da: http://www.sirespa.it
196
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5.25.2) Gli idranti ed i naspi) Gli idranti ed i naspi
lancia manichetta
Tratte da: http://www.mb-fire.it
197
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USO DEGLI IDRANTI
La prima manovra da effettuare per usare un
idrante è lo svolgimento della manichetta.
Si deve prendere la manichetta avvolta su se
stessa per i due raccordi e lanciarla, facendola
rotolare sul pavimento in modo che si dispieghi
totalmente.
Una volta srotolata la manichetta, si avvita il
raccordo femmina alla bocca dell’idrante e
quello maschio alla lancia di erogazione.
5.25.2) Gli idranti ed i naspi) Gli idranti ed i naspi
198
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USO DEGLI IDRANTI
Se la lancia è di tipo tradizionale, senza il comando
di parzializzazione, serviranno due operatori, uno
per aprire la valvola della bocca d’idrante e l’altro
per manovrare la lancia.
Se la lancia è dotata di comando di parzializzazione
in linea teorica può essere sufficiente un solo
operatore.
Al termine dell’intervento la manichetta dovrà
essere lavata, asciugata ed arrotolata, piegata in
due, così da avere i due raccordi accostati.
5.25.2) Gli idranti ed i naspi) Gli idranti ed i naspi
199
Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata
I naspi sono composti:
1.da una bobina girevole collegata alla rete idrica
antincendio;
2.dall’attrezzatura di erogazione, composta da:
tubazione semirigida in gomma, avvolta intorno alla
bobina, normalmente lunga 20÷25 m;
lancia erogatrice dotata di valvola commutatrice del
getto
I naspi sono normalmente ad umido.
5.25.2) Gli idranti ed i naspi) Gli idranti ed i naspi
200
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5.25.2) Gli idranti ed i naspi) Gli idranti ed i naspi
Naspo antincendio in cassetta a muro
Tratte da: http://firetrade.it/Antincendio%20Fire%20Trade%20listino.pdf
201
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USO DEI NASPI
•Srotolare la lunghezza necessaria di tubo dal
tamburo su cui è riposto;
•aprire la valvola d’intercettazione
•azionare la valvola parzializzatrice posta sulla
lancia.
Al termine del’uso, si deve:
•chiudere la valvola sulla lancia e quella di
intercettazione;
•riarrotolare il tubo sul tamburo.
5.25.2) Gli idranti ed i naspi) Gli idranti ed i naspi
202
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Lo scopo dei DISPOSITIVI DI PROTEZIONE
INDIVIDUALE (DPI) da usare in caso di incendio è
quello di difendere l’operatore dagli effetti
nocivi dei prodotti della combustione.
I principali sono quelli che servono a proteggere
dal calore (indumenti) e dai fumi (maschere).
5.35.3) Dispositivi di Protezione Individuale) Dispositivi di Protezione Individuale
203
Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata
I DPI che difendono dal calore sono degli
INDUMENTI che, in funzione del grado di
resistenza, si dividono i 3 categorie d’intervento:
1. normale, per esposizione a “basse” radiazioni
termiche ma per periodi lunghi;
2. di prossimità, per esposizione di durata
breve/brevissima a radiazioni termiche
medie/alte;
3. di penetrazione del fuoco, per entrare in
contatto con le fiamme, per brevissimo
tempo.
5.35.3) Dispositivi di Protezione Individuale) Dispositivi di Protezione Individuale
204
Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata
5.35.3) Dispositivi di Protezione Individuale) Dispositivi di Protezione Individuale
Tuta per avvicinamento al fuoco Tuta per attraversamento del fuoco
Tratte da: http://www.fratellidangelo.com/images/Catalogo%20SAF-TEX.pdf
205
Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata
Tratta da:
http://www.fratellidangelo.com/images/Catalogo%20SAF-
TEX.pdf
Protezioni per interventi meno gravosi
Tratte da: http://www.sirespa.it/dotazione-per-squadre-
emergenza.html
5.35.3) Dispositivi di Protezione Individuale) Dispositivi di Protezione Individuale
206
Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata
La protezione delle vie respiratorie si ottiene con
l’uso di 2 tipi di apparecchi;
1.Le MASCHERE ANTIGAS;
2.Gli AUTORESPIRATORI.
Le maschere antigas depurano l’aria ambiente
inquinata tramite filtri.
Gli autorespiratori forniscono all’operatore l’aria da
bombole e non dall’ambiente inquinato.
Per la protezione base esistono i filtri antipolvere
che però non hanno effetto contro i gas tossici.
5.35.3) Dispositivi di Protezione Individuale) Dispositivi di Protezione Individuale
207
Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata
Le MASCHERE ANTIGAS sono costituite da 2 parti:
1. la maschera vera e propria, che di norma copre
tutto il viso ed è anche detta facciale;
2. il filtro, che può essere:
1) monovalente, se protegge da un solo gas
nocivo od al massimo da una classe
omogenea (vapori organici);
2) polivalente, se protegge da più gas nocivi;
3) universale, se protegge da ogni tipo di gas.
5.35.3) Dispositivi di Protezione Individuale) Dispositivi di Protezione Individuale
208
Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata
Tratte da http://www.spasciani.com
Maschera Filtri
5.35.3) Dispositivi di Protezione Individuale) Dispositivi di Protezione Individuale
209
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Uso delle maschere di protezione
•indossare la maschera senza filtro;
•stringere bene la bardatura;
•verificare la tenuta;
•avvitare il filtro alla maschera;
•allontanarsi dalla zona di intervento non appena
si ricevono gli avvisi di esaurimento del filtro.
5.35.3) Dispositivi di Protezione Individuale) Dispositivi di Protezione Individuale
210
Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata
Gli AUTORESPIRATORI si usano quando non si
conosce il tipo di agente tossico e quando la carenza
di ossigeno rende l’aria irrespirabile.
Essi sono di due tipi:
1. a ciclo aperto: l’operatore inspira aria contenuta
in un bombola ed espira nell’ambiente;
2. a ciclo chiuso: l’operatore inspira ed espira aria
contenuta in un “sacco-polmone” che viene depurata
ed arricchita di ossigeno dopo ogni espirazione.
5.35.3) Dispositivi di Protezione Individuale) Dispositivi di Protezione Individuale
211
Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata
Autorespiratore
completo
Tratto da: http://www.dpisekur.com/sezioni/vie-
respiratorie/autorespiratori/
5.35.3) Dispositivi di Protezione Individuale) Dispositivi di Protezione Individuale
212
Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata
Uso dell’autorespiratore a ciclo aperto
•controllare il corretto montaggio e serraggio di
tutti i tubi ed i rubinetti per evitare perdite;
•provare l’erogatore;
•aprire il rubinetto dell’aria, verificare che non
ci siano perdite e il funzionamento del
manometro.
5.35.3) Dispositivi di Protezione Individuale) Dispositivi di Protezione Individuale
213
Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata
Uso dell’autorespiratore a ciclo aperto
•Indossare la bombola in modo che sia aderente
alle spalle;
•indossare la maschera e verificare la tenuta
contro infiltrazioni di fumo e gas;
•effettuare l’intervento cercando di respirare ad
un ritmo normale;
•quando parte l’allarme acustico che indica che
la pressione residua è di 50 bar, abbandonare il
locale inquinato.
5.35.3) Dispositivi di Protezione Individuale) Dispositivi di Protezione Individuale
214
Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata
RIEPILOGO DEGLI ARGOMENTI TRATTATI
• Estintori portatili e loro uso
• Idranti e loro uso
• Naspi e loro uso
• Dispositivi di Protezione Individuale e loro
uso
5.)5.) Esercitazioni praticheEsercitazioni pratiche
215

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Antincendio rischio medio 8 ore

  • 1. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata CORSO DI FORMAZIONE per addetti antincendio secondo il D.Lgs. 81/2008 e s.m. in applicazione del DM 10/03/1998 RISCHIO MEDIO Ing. Nicola Buonfiglio – Eco Center srl 1
  • 2. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata ProgrammaProgramma 1. Introduzione 2. L’incendio e la prevenzione incendi 2.1) La combustione e l’incendio 2.2) Il triangolo della combustione 2.3) I prodotti della combustione 2.4) I rischi per le persone 2.5) Le sostanze estinguenti 2.6) Le fasi dell’incendio 2.7) Le principali cause di un incendio 2.8) Principali accorgimenti e misure per prevenire gli incendi 2
  • 3. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata ProgrammaProgramma 3. La protezione antincendio 3.1) Principali misure di protezione antincendio 3.2) Protezione passiva: → Isolamento → Compartimentazione → Reazione al fuoco → Vie d’esodo 3.3) Protezione attiva: → Rivelazione ed allarme → Estinzione → Evacuazione fumi → Illuminazione di sicurezza 3.4) Segnaletica di sicurezza 3
  • 4. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata ProgrammaProgramma 4. Le procedure da adottare in caso di incendio 4.1) Il piano di emergenza 4.2) Cosa fare se si scopre un incendio 4.3) Cosa fare in caso di allarme 4.4) L’evacuazione in caso di incendio 4.5) Chiamata dei soccorsi e rapporti con i VVF 4. Esercitazioni pratiche 5.1) Gli estintori portatili 5.2) Gli idranti ed i naspi 5.3) I dispositivi di protezione individuale 4
  • 5. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 1.1. INTRODUZIONEINTRODUZIONE 5
  • 6. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 1. Introduzione1. Introduzione La legislazione vigente stabilisce che “nei luoghi di lavoro ... ... devono essere adottate idonee misure per prevenire gli incendi e per tutelare l’incolumità dei lavoratori”. (D.Lgs 81/08 , art.46, comma 2) 6
  • 7. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Per garantire la prevenzione incendi i datori di lavoro: designano i lavoratori incaricati della attuazione delle misure di prevenzione e di lotta contro gli incendi, ai quali devono garantire un’adeguata e specifica FORMAZIONE, nonché un AGGIORNAMENTO periodico (D.Lgs 81/08 , artt.18 e 37) 1. Introduzione1. Introduzione 7
  • 8. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Il programma e la durata dei corsi sono contenuti nel DM 10/03/1998. Questo decreto, emanato in osservanza all’articolo 13 del D.Lgs. 626/94, rimane vigente e mantiene la propria validità, in conformità a quanto stabilito nell’articolo 46 del D.Lgs. 81/08. 1. Introduzione1. Introduzione 8
  • 9. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Sono previsti tre livelli di rischio incendio nell’ambito delle attività lavorative: • Rischio incendio basso • Rischio incendio medio • Rischio incendio elevato A ciascun livello è correlato il grado di approfondimento della formazione da erogare agli addetti antincendio. 1. Introduzione1. Introduzione 9
  • 10. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 2.2. L’INCENDIOL’INCENDIO EE LALA PREVENZIONEPREVENZIONE INCENDIINCENDI 10
  • 11. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata La combustione è una reazione chimica esotermica tra due sostanze, denominate combustibile e comburente. COMBUSTIBILE: sostanza dalla quale, nella reazione, si sviluppano calore e in genere luce. COMBURENTE: sostanza dalle caratteristiche chimico-fisiche idonee per la combinazione con i combustibili ai fini dello sviluppo della reazione di combustione. 2.1) La combustione e l’incendio2.1) La combustione e l’incendio 11
  • 12. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Incendio: combustione non controllata con rilevante sviluppo di fiamme, fumo e gas . Fiamma: fenomeno termico e luminoso derivante dalla combustione di un gas; si presente come una “lingua” luminosa e calda. Fuoco: manifestazione visibile di una combustione in atto con presenza di fiamme (il termine si usa talvolta come sinonimo di fiamma). Braci: parti dei combustibili solidi che, reagendo sulla loro superficie a contatto con il comburente, bruciano diventando incandescenti. 2.1) La combustione e l’incendio2.1) La combustione e l’incendio 12
  • 13. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Affinché la combustione abbia luogo è necessaria la presenza di tre “elementi”: 2.2) Il triangolo della combustione2.2) Il triangolo della combustione Com burente Energia Com bustibile Com burente oilOO22 13
  • 14. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 2.2) Il triangolo della combustione2.2) Il triangolo della combustione Anche in presenza dei tre elementi indispensabili, esistono ulteriori condizioni necessarie affinché la combustione si sviluppi e cioè che: la miscelazione tra combustibile e comburente sia nella giusta proporzione; l’energia d’attivazione sia di valore sufficiente; abbia luogo una catena di reazioni chimiche intermedie. 14
  • 15. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Per le finalità di questo corso il comburentecomburente preso in considerazione è solo l’ossigeno contenuto nell’aria (in condizioni ordinarie, è in quantità pari al 21% della miscela che costituisce l’aria stessa). Esistono altre sostanze comburenti, come:  il cloro  il fluoro 2.2) Il triangolo della combustione2.2) Il triangolo della combustione 15
  • 16. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata I combustibilicombustibili possono trovarsi nello stato fisico solido, liquido, gassoso. Tuttavia, la combustione con fiamma avviene solo per combinazione di sostanze allo stato gassoso. La fiamma che si sprigiona da un combustibile solido o liquido deriva dai gas o dai vapori emessi dai solidi e dai liquidi per effetto del loro riscaldamento. 2.2) Il triangolo della combustione2.2) Il triangolo della combustione 16
  • 17. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata I combustibili gassosiI combustibili gassosi Foto degli autori 2.2)2.2) Il triangolo della combustioneIl triangolo della combustione 17
  • 18. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Solo i combustibili gassosi possono miscelarsi direttamente con il comburente e bruciare in presenza di innesco. Ai combustibili gassosi appartengono il Metano, il GPL, l’ Acetilene, l’Idrogeno …. 2.2) Il triangolo della combustione2.2) Il triangolo della combustione 18
  • 19. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata NOZIONI IMPORTANTI sui combustibili gassosi:  campo di infiammabilità  temperatura di autoaccensione  potere calorifico  reattività con altri gas  densità relativa rispetto all’aria 2.2) Il triangolo della combustione2.2) Il triangolo della combustione 19
  • 20. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata I combustibili liquidiI combustibili liquidi Foto degli autori Foto degli autori 2.2)2.2) Il triangolo della combustioneIl triangolo della combustione 20
  • 21. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata I combustibili liquidi emettono, a temperatura ambiente, vapori che, combinandosi con il comburente, producono la miscela infiammabile. Tale emissione aumenta con la temperatura e varia in funzione della natura della sostanza. I combustibili liquidi comprendono carburanti (benzina, gasolio), olii lubrificanti, alcooli vernici e solventi. 2.2) Il triangolo della combustione2.2) Il triangolo della combustione 21
  • 22. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata COSA BISOGNA SAPERE dei combustibili liquidi:  temperatura di infiammabilità  temperatura di autoaccensione  campo di infiammabilità  potere calorifico  tensione di vapore  peso specifico e miscibilità con l’acqua 2.2) Il triangolo della combustione2.2) Il triangolo della combustione 22
  • 23. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata I combustibili solidi emettono gas a seguito di un processo chiamato PIROLISI, che avviene sottoponendo a riscaldamento il materiale. Il gas emesso combinandosi con il comburente brucia con fiamma; il restante materiale brucia senza fiamma, formando le braci; al temine della combustione rimangono le ceneri, incombustibili. i combustibili solidi comuni comprendono legno, carta, carbone; tessuti, fibre tessili in generale; materie plastiche; gomma. 2.2) Il triangolo della combustione2.2) Il triangolo della combustione 23
  • 24. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata I combustibiliI combustibili solidisolidi Foto degli autori 2.2)2.2) Il triangolo della combustioneIl triangolo della combustione 24
  • 25. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Le braciLe braci Foto degli autori 2.2)2.2) Il triangolo della combustioneIl triangolo della combustione 25
  • 26. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata COSA BISOGNA SAPERE dei combustibili solidi:  potere calorifico  temperatura di infiammabilità  temperatura di autoaccensione  pezzatura, porosità e forma del materiale  eventuale reattività con acqua  composizione chimica della sostanza  contenuto di umidità del materiale 2.2) Il triangolo della combustione2.2) Il triangolo della combustione 26
  • 27. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Accensione ed infiammabilità dei combustibili SOSTANZA TEMPERATURA DI INFIAMMABILITA’ °C TEMPERATURA DI ACCENSIONE °C LIMITI DI INFIAMMABILITA’ % IN VOLUME INFERIORE SUPERIORE Acetilene - 335 2,5 80 Acetone -19 535 2,15 13 Acido cianidrico -18 540 5,6 40 Alcool etilico 12 365 3,3 19 Benzina -21 257 1 6,5 Benzene -11 580 1,2 8,0 Butano -60 365 1,6 8,5 Esano -21 233 1,2 7,7 Etano - 515 3 15,5 Etere dietilico -40 180 1,7 36 Etilene - 425 2,7 34 Gasolio 65 220 0,6 6,5 Idrazina 38 270 4,7 100 Idrogeno - 560 4 75 Metano - 595 5 15 Naftalina 77 528 0,9 5,9 Ossido di carbonio - 605 12 75 Petrolio 20 227 1,2 9,0 Propano - 470 2 9,5 Solfuro di carbonio -20 102 1 60 Toluene 6 535 1,2 7 Trielina 61 410 8 90 2.2) Il triangolo della combustione2.2) Il triangolo della combustione 27
  • 28. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Potere calorifico di alcuni combustibili COMBUSTIBILE POTERE CALORIFICO IN KCAL/KG (MJ/KG) Carta 4000 (~ 17) Carbone 8360 (35) Legna 4400 (18) Gasolio 10000 (42) Benzina 10000 (42) Metano 13380 (56) [9000 Kcal/m3 – 38 MJ/m3 ] Materie plastiche PVC rigido 3600 – 5000 (15 - 21) Polietilene 8000 – 10000 (33 - 42) Sostanze Poliuretaniche 7100 – 9000 (30 - 37) 2.2) Il triangolo della combustione2.2) Il triangolo della combustione 28
  • 29. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Combustibili solidi in polvere, dal punto di vista dell’incendio si comportano come gas e portano facilmente all’esplosione. Se in polvere, anche sostanze considerate incombustibili possono bruciare, come i metalli ossidabili (alluminio, zinco, magnesio). Sostanze organiche in forma di graniglia o polvere (grano, mais, farina, zucchero) possono fermentare e l’aumento di temperatura può innescare l’autocombustione. 2.2) Il triangolo della combustione2.2) Il triangolo della combustione 29
  • 30. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata NOZIONI IMPORTANTI sulle polveri combustibili:  concentrazione  granulometria  potere calorifico  reattività con acqua o altre sostanze  umidità 2.2) Il triangolo della combustione2.2) Il triangolo della combustione 30
  • 31. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata L’energia di attivazioneenergia di attivazione può essere fornita alla miscela infiammabile: •direttamente, ponendola in contatto con sorgenti di ignizione (fiamme libere, faville, archi elettrici); •indirettamente, grazie al calore generato altrove che si trasmette per conduzione, convezione od irraggiamento. È possibile anche che il combustibile prenda fuoco per autocombustione. 2.2) Il triangolo della combustione2.2) Il triangolo della combustione 31
  • 32. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata La combustione genera:  FIAMME  CALORE  FUMO  GAS COMBUSTI 2.3) I prodotti della combustione2.3) I prodotti della combustione 32
  • 33. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata I combustibili generalmente disponibili sono sostanze contenenti atomi di CARBONIO ed IDROGENO. Dalla presenza di carbonio si sviluppano principalmente:  monossido di carbonio (CO)  anidride carbonica (CO2) 2.3) I prodotti della combustione2.3) I prodotti della combustione 33
  • 34. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Altri gas derivanti dalla combustione:  ACIDO CLORIDRICO (HCL)  ALDEIDE ACRILICA (CH2CHCHO)  ACIDO CIANIDRICO (HCN)  IDROGENO SOLFORATO (H2S)  AMMONIACA (NH3)  FOSGENE (COCL2)  ANIDRIDE SOLFOROSA (SO2) 2.3) I prodotti della combustione2.3) I prodotti della combustione 34
  • 35. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata I danni alle persone derivano dai prodotti della combustione (fiamme, calore, fumo, gas combusti), dalla carenza di ossigeno e/o dalle strutture e dagli impianti che subiscono un danneggiamento (crolli, scoppi, ecc.) a causa dell’azione dei prodotti stessi. 2.4) I rischi per le persone2.4) I rischi per le persone 35
  • 36. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Effetti delle fiamme e del calore:  USTIONI  IPERTERMIA  DISIDRATAZIONE  ARRESTO RESPIRATORIO 2.4) I rischi per le persone2.4) I rischi per le persone 36
  • 37. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 2.4) I rischi per le persone2.4) I rischi per le persone Effetti del fumo:  limita la visibilità fino ad impedirla  è irritante per le vie respiratorie e per gli occhi 37
  • 38. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 2.4) I rischi per le persone2.4) I rischi per le persone Effetti del monossido di carbonio (CO): La presenza di questo gas in una percentuale dell’1,3% provoca incoscienza quasi istantanea e morte. L’intossicazione da monossido di carbonio è la prima causa di morte in un incendio. 38
  • 39. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 2.4) I rischi per le persone2.4) I rischi per le persone Effetti dell’anidride carbonica (CO2): accelera la respirazione diminuisce la percentuale di ossigeno nel sangue non tossica, ma asfissiante 39
  • 40. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 2.4) I rischi per le persone2.4) I rischi per le persone La mancanza di ossigeno (anossia):  respirare in atmosfera carente di ossigeno ha effetti sul corpo umano quando la percentuale di ossigeno scende al di sotto del 17% (contro quella normalmente contenuta nell’aria del 21%)  se la percentuale scende al di sotto del 10% sopraggiunge la morte in pochi minuti 40
  • 41. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 2.4) I rischi per le persone2.4) I rischi per le persone Effetti degli altri gas combusti:  acido cloridrico – mortale  aldeide acrilica – mortale  acido cianidrico – mortale  idrogeno solforato – irritante  ammoniaca – fortemente irritante  fosgene – tossico  anidride solforosa - irritante 41
  • 42. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Effetti di un incendio sulle strutture e sugli impianti che si ripercuotono sull’incolumità delle persone:  indebolimento o distruzione dei materiali  rottura delle condotte di fluidi di servizio  scoppio di apparecchi in pressione  perdita dell’isolamento elettrico 2.4) I rischi per le persone2.4) I rischi per le persone 42
  • 43. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 2.5) Le sostanze estinguenti2.5) Le sostanze estinguenti Per estinguere un incendio si deve intervenire su almeno uno dei tre lati del “triangolo del fuoco”. SOFFOCARE ALLONTANARE INIBIRE CHIMICAMENTE RAFFREDDARE FUOCO COMBUSTIBILE COMBURENTE CALORE 43
  • 44. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 2.5) Le sostanze estinguenti2.5) Le sostanze estinguenti Le sostanze estinguenti normalmente utilizzate sono:  l’acqua  la schiuma  l’anidride carbonica  polveri  gas inertizzanti (gas alogenati e loro sostituti) Il loro uso dipende dal tipo di combustibile che caratterizza la CLASSE DEGLI INCENDI 44
  • 45. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 2.5) Le sostanze estinguenti2.5) Le sostanze estinguenti In funzione del tipo di combustibile sono stabilite le classi di incendio:  classe A: combustibili solidi  classe B: combustibili liquidi  classe C: combustibili gassosi  classe D: metalli combustibili  classe E: apparecchi elettrici sotto tensione 45
  • 46. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata AZIONE ESTINGUENTE: Raffreddamento Soffocamento DA NON UTILIZZARE SU: Impianti elettrici in tensione Metalli combustibili Prodotti reattivi Beni deteriorabili Liquidi infiammabili leggeri INEFFICACIA: Gas (incendi classe C) MASSIMA EFFICACIA: Solidi (incendi classe A) ACQUA 2.5) Le sostanze estinguenti2.5) Le sostanze estinguenti 46
  • 47. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata AZIONE ESTINGUENTE: Soffocamento Raffreddamento INEFFICACIA: Gas (incendi classe C) Alcoli (escluso prodotto specif.) Incendio di getto in pressione MASSIMA EFFICACIA: Liquidi inf.bili (incendi classe B) DA NON UTILIZZARE SU: Impianti elettrici in tensione Metalli combustibili Prodotti reattivi Beni deteriorabili SCHIUMA 2.5) Le sostanze estinguenti2.5) Le sostanze estinguenti 47
  • 48. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata AZIONE ESTINGUENTE: Soffocamento Raffreddamento DA NON UTILIZZARE IN: Incendi all’aperto Incendi con forti correnti d’aria INEFFICACIA: Metalli combustibili Grandi focolai di incendio Solidi con formazione di braci MASSIMA EFFICACIA: Piccoli focolai in luoghi chiusi ANIDRIDE CARBONICA 2.5) Le sostanze estinguenti2.5) Le sostanze estinguenti 48
  • 49. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata AZIONE ESTINGUENTE: Inibizione chimica Soffocamento DA NON UTILIZZARE SU: Apparecchiature elettroniche Metalli combustibili Beni deteriorabili INEFFICACIA: Solidi con formazione di braci MASSIMA EFFICACIA: Incendi di solidi (classe A) Incendi di liquidi (classe B) Incendi di gas (classe C) POLVERI 2.5) Le sostanze estinguenti2.5) Le sostanze estinguenti 49
  • 50. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata AZIONE ESTINGUENTE: Inibizione chimica Soffocamento DA NON UTILIZZARE IN: Luoghi frequentati da pubblico INEFFICACIA: Solidi con formazione di braci Grandi focolai Metalli combustibili MASSIMA EFFICACIA: Impianti elettrici ed elettronici GAS INERTIZZANTI 2.5) Le sostanze estinguenti2.5) Le sostanze estinguenti 50
  • 51. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata EVOLUZIONE DI UN INCENDIO NEL TEMPOEVOLUZIONE DI UN INCENDIO NEL TEMPO Nell’andamento di un incendio si distinguono le seguenti fasi:  innesco  propagazione  incendio generalizzato  estinzione per consumo combustibile 2.6) Le fasi di un incendio2.6) Le fasi di un incendio 51
  • 52. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Andamento di un incendio 2.6) Le fasi di un incendio2.6) Le fasi di un incendio 52
  • 53. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Quando è possibile intervenire? Prima del flash over e della generalizzazione dell’incendio è possibile spegnere l’incendio con le misure attive di estinzione Quando l’incendio è sviluppato in modo generalizzato rimangono le protezioni passive a garantire la possibilità di evacuazione 2.6) Le fasi di un incendio2.6) Le fasi di un incendio 53
  • 54. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Andamento di un incendio 2.6) Le fasi di un incendio2.6) Le fasi di un incendio 54
  • 55. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Le cause e i pericoli di incendio più comuni richiamati dal DM 10/03/98 sono riferibili complessivamente a: • deposito e manipolazione di sostanze combustibili • mancato ordine e pulizia, nonché scarsa manutenzione • negligenza nell’uso di fiamme libere, apparecchi di riscaldamento e generatori di calore • mancato rispetto delle disposizioni sul fumo • uso e manutenzione non corretti degli impianti e degli apparecchi elettrici • comportamento inadeguato delle persone sia interne, sia esterne, dovuto a negligenza, ma anche a insufficiente formazione professionale 2.7) Le principali cause di un incendio2.7) Le principali cause di un incendio 55
  • 56. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata CAUSE NUMERO PERCENTUALE SU TOTALE ALTRE CAUSE 21.728 36,53% CAUSE ELETTRICHE IN GENERE 13.349 22,44% CAMINO 9.913 16,66% MOZZICONE SIGARETTA E FIAMMIFERI 6.154 10,35% FAVILLE 4.454 7,49% SURRISCALDAMENTO DI MOTORI E MACCHINE VARIE 1.383 2,32% AUTOCOMBUSTIONE 938 1,58% GUASTI AD IMPIANTI DI PRODUZIONE E DI CALORE IN GENERE 387 0,65% FULMINE 379 0,64% FUOCHI D ARTIFICIO 268 0,45% RITORNO DI FIAMMA 247 0,42% DETONAZIONI E/O DEFLAGRAZIONI 209 0,35% REAZIONI CHIMICHE TRA ELEMENTI 75 0,13% TOTALE INCENDI ANNO 2009 59484 100% Fonte: VVF 2009 2.7) Le principali cause di un incendio2.7) Le principali cause di un incendio 56
  • 57. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata La sicurezza antincendio si attua attraverso: la prevenzione, che mira a ridurre le occasioni di sviluppo di un incendio; la protezione, che punta a limitare i danni, qualora l’incendio si verifichi. L’adozione combinata di misure di prevenzione e protezione serve a ridurre il RISCHIO incendio 2.8) A2.8) Accorgimenti e misure per prevenire gli incendiccorgimenti e misure per prevenire gli incendi 57
  • 58. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Principali misure TECNICHE di PREVENZIONE •Impianti, apparecchi e componenti elettrici a regola d’arte •Messa a terra di impianti, strutture, serbatoi, ecc •Protezione dalle scariche atmosferiche •Impianti e attrezzature di lavoro correttamente progettati, realizzati, installati, controllati e manutenuti •Dispositivi di sicurezza su impianti di distribuzione e di utilizzazione delle sostanze infiammabili •Ventilazione dei locali •Utilizzo di materiali incombustibili •Utilizzo di pavimenti e attrezzi antistatici 2.8) A2.8) Accorgimenti e misure per prevenire gli incendiccorgimenti e misure per prevenire gli incendi 58
  • 59. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Alle misure TECNICHE di PREVENZIONE, si aggiungono le misure PRECAUZIONALI o di ESERCIZIO. Tali misure comprendono divieti, limitazioni di esercizio e misure comportamentali. 2.8) A2.8) Accorgimenti e misure per prevenire gli incendiccorgimenti e misure per prevenire gli incendi 59
  • 60. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Deposito ed utilizzo di materiali infiammabili e facilmente combustibili: • utilizzare solo lo stretto necessario, evitando gli accumuli nei luoghi frequentati • tenere lontano i combustibili dalla vie di esodo • depositare i combustibili in aree apposite, separate con strutture resistenti al fuoco • addestrare adeguatamente il personale che manipola sostanze infiammabili o chimiche pericolose • seguire le istruzioni riportate sulle etichette e sulle schede di sicurezza 2.8) A2.8) Accorgimenti e misure per prevenire gli incendiccorgimenti e misure per prevenire gli incendi 60
  • 61. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Utilizzo di fonti di calore: • non utilizzare fonti di calore senza autorizzazione • seguire le procedure previste per i “lavori a fuoco” • non disporre bombole di gas vicino ad apparecchi di riscaldamento • non depositare materiali combustibili vicino ad apparecchi di riscaldamento • non effettuare lavorazioni che producono scintille vicino a materiale infiammabile • non utilizzare apparecchi termici senza adeguata ventilazione degli ambienti • evitare l'accumulo di grassi o polveri in condotti di aspirazione di cucine, forni, macchine utensili, ecc. • controllare gli ambienti ove si usano fiamme libere tenendoli sgombri da materiali combustibili 2.8) A2.8) Accorgimenti e misure per prevenire gli incendiccorgimenti e misure per prevenire gli incendi 61
  • 62. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Rifiuti e scarti di lavoro combustibili: • evitarne il deposito lungo le vie d’esodo • rimuoverli regolarmente Il fumo e l'utilizzo di portacenere • identificare le aree dove vige il divieto di fumo e quelle dove è permesso fumare • Impiegare portacenere nelle aree dove è consentito fumare; svuotarli regolarmente • non mescolare il contenuto dei portacenere con altri rifiuti combustibili 2.8) A2.8) Accorgimenti e misure per prevenire gli incendiccorgimenti e misure per prevenire gli incendi 62
  • 63. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Uso delle attrezzature di lavoro • non utilizzare in modo improprio attrezzature • non manomettere i dispositivi di sicurezza • utilizzare le attrezzature solo in ambienti idonei • far utilizzare le attrezzature solo a personale con adeguata formazione 2.8) A2.8) Accorgimenti e misure per prevenire gli incendiccorgimenti e misure per prevenire gli incendi 63
  • 64. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Impianti ed attrezzature elettriche • formare il personale sul loro corretto uso; • evitare i sovraccarichi degli impianti; • limitare l’uso di prese multiple e comunque rispettare la potenza massima indicata sulle stesse; • Utilizzare alimentazioni provvisorie della lunghezza strettamente necessaria; • far intervenire sugli impianti e gli apparecchi elettrici solo personale specializzato; • disalimentare le apparecchiature elettriche al termine del loro uso. 2.8) A2.8) Accorgimenti e misure per prevenire gli incendiccorgimenti e misure per prevenire gli incendi 64
  • 65. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Regolamentazione accessi in aree pericolose • Utilizzare apposite procedure autorizzative Aree non frequentate • Tenere liberi da materiali combustibili non essenziali i locali non presidiati • Impedire l'accesso di persone non autorizzate Misure contro gli incendi dolosi • istituire un sistema di controllo accessi • estendere, se necessario, il controllo anche alle aree esterne ai fabbricati 2.8) A2.8) Accorgimenti e misure per prevenire gli incendiccorgimenti e misure per prevenire gli incendi 65
  • 66. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Vie d’esodo, segnaletica e mezzi d’estinzione • Mantenere sgombre le vie d’esodo • Non lasciare aperte le porte tagliafuoco • Mantenere visibile la segnaletica di sicurezza; • Mantenere accessibili gli estintori e gli altri presidi antincendio. 2.8) A2.8) Accorgimenti e misure per prevenire gli incendiccorgimenti e misure per prevenire gli incendi 66
  • 67. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Situazioni straordinarie Le misure precauzionali previste per il normale esercizio vanno adeguate in caso di situazioni che esulano dall’attività ordinaria, come ad esempio per interventi di manutenzione o ristrutturazione. Ditte esterne In presenza di imprese appaltatrici, dovranno esser valutati e gestiti i rischi da interferenza anche ai fini antincendio, mediante coordinamento delle attività e scambio di informazioni specifiche. 2.8) A2.8) Accorgimenti e misure per prevenire gli incendiccorgimenti e misure per prevenire gli incendi 67
  • 68. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata La SORVEGLIANZA per il rispetto delle misure precauzionali, da effettuare con continuità, riguarda:  Le vie di uscita quali passaggi, corridoi, scale  Le porte sulle vie di uscita/ Le porte resistenti al fuoco  Le apparecchiature elettriche  Le fiamme libere  I rifiuti e gli scarti combustibili  I materiali infiammabili  Gli accessi La sorveglianza rientra tra i compiti degli addetti antincendio. 2.8) A2.8) Accorgimenti e misure per prevenire gli incendiccorgimenti e misure per prevenire gli incendi 68
  • 69. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata RIEPILOGO DEGLI ARGOMENTI TRATTATI • Definizioni • Il triangolo della combustione: combustibili, comburenti, fonti di innesco • Prodotti della combustione • Rischi per le persone • Sostanze estinguenti • Fasi di un incendio • Cause d’incendio • Misure di prevenzione e misure precauzionali 2.8)2.8) L’incendio e la prevenzione incendiL’incendio e la prevenzione incendi 69
  • 70. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 3.3. LA PROTEZIONELA PROTEZIONE ANTINCENDIOANTINCENDIO 70
  • 71. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Le MISURE DI PROTEZIONE servono a limitare i danni dopo che l’incendio si è sviluppato. La protezione può essere attiva o passiva. La PROTEZIONE PASSIVA non richiede interventi di uomini od impianti e mira a limitare i danni alle strutture, permettere l’evacuazione e contenere la propagazione dell’incendio. La PROTEZIONE ATTIVA si attua con persone, impianti od attrezzature; è volta a dare l’allarme ed a combattere le fiamme e l’accumulo di fumo e di gas tossici. 3.1) Principali misure di protezione antincendio3.1) Principali misure di protezione antincendio 71
  • 72. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 3.1) Principali misure di protezione antincendio3.1) Principali misure di protezione antincendio La PROTEZIONE PASSIVA si realizza attraverso:  isolamento con distanze di sicurezza  muri tagliafuoco e schermi  compartimentazioni e resistenza strutturale  materiali e rivestimenti isolanti/incombustibili  vie d’uscita 72
  • 73. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata La PROTEZIONE ATTIVA comprende: sistemi di rivelazione; sistemi di allarme; sistemi di estinzione; ausili all’evacuazione dipendenti da una forma di energia per il loro funzionamento, quali: • sistemi per eliminare fumo, gas nocivi e calore; • illuminazione ed impianti elettrici di sicurezza. Ne fanno parte, inoltre, le squadre antincendio. 3.1) Principali misure di protezione antincendio3.1) Principali misure di protezione antincendio 73
  • 74. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata L’ISOLAMENTO serve ad impedire la propagazione ad edifici o infrastrutture di incendi originati da impianti o strutture particolarmente pericolosi installati nelle loro vicinanze. Si realizza usualmente con l’interposizione di spazi scoperti, predisponendo cioè delle Distanze di Sicurezza. All’insufficienza delle distanze di sicurezza si ovvia con l’interposizione di Schermi Protettivi. 3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva 74
  • 75. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Tratta da: http://www.vvfnapoli.it/document/DISPENSE/Prevenzione%20Incendi.pdf 3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva 75
  • 76. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata La COMPARTIMENTAZIONE consiste nel delimitare completamente aree di un edificio con strutture aventi resistenza al fuoco prestabilita. Questi spazi, chiamati COMPARTIMENTI, sono autonomi e separati gli uni dagli altri o separabili con la chiusura di porte od altri serramenti aventi uguale resistenza al fuoco. Il compartimento è realizzato allo scopo di impedire, per un tempo prefissato, la propagazione dell’incendio a settori adiacenti o a strutture attigue. 3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva 76
  • 77. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Tratte da: http://www.officinebrevettisisti.com/sisti_prodotti_01.htm Compartimentazione con porte scorrevoli 3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva 77
  • 78. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Le strutture che delimitano i compartimenti devono possedere le seguenti proprietà: resistenza meccanica contro i cedimenti; capacità di tenuta contro la propagazione di fumo e gas; capacità di isolamento termico. Queste proprietà sono racchiuse in un unica definizione: la RESISTENZA AL FUOCO Tutte le strutture portanti, aventi influenza sulla stabilità dei compartimenti devono garantire almeno la resistenza meccanica. 3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva 78
  • 79. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata La RESISTENZA AL FUOCO, viene definita attraverso la sigla “REI”, seguita da un numero. Le tre lettere indicano  la stabilità «R» (la resistenza meccanica)  la tenuta a fumo e gas «E»  l'isolamento termico «I» Il numero specifica il tempo, espresso in minuti, per il quale la resistenza al fuoco è garantita. Es. REI 90: stabilità, tenuta ed isolamento garantiti per un’ora e mezza. 3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva 79
  • 80. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata I materiali di rivestimento isolanti/incombustibili sono quelli che, non alimentando l’incendio, rallentano la propagazione e proteggono i materiali combustibili o sensibili ai prodotti della combustione da essi ricoperti. La capacità isolante/combustibilità è definita tramite un indice denominato REAZIONE AL FUOCO, che esprime la facilità con cui un materiale brucia e gli effetti negativi della sua combustione. Tale parametro dà conto di quanto il materiale contribuisce ad alimentare un incendio. 3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva 80
  • 81. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Il SISTEMA DI VIE D’USCITA (vie d’esodo) è costituito da percorsi che permettono la rapida ed ordinata evacuazione delle persone verso luoghi sicuri. I LUOGHI SICURI sono i luoghi dove le persone possono ritenersi al sicuro dagli effetti di un incendio. Le USCITE DI EMERGENZA sono gli accessi ai luoghi sicuri. 3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva 81
  • 82. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Le caratteristiche del sistema di vie d’uscita sono:  lunghezza e larghezza dei percorsi;  larghezza e numero delle uscite;  ubicazione;  materiali costruttivi e protezione dal fuoco. Queste sono stabilite dalla legislazione vigente, in relazione alle caratteristiche dei luoghi di lavoro o progettate in accordo con essa. 3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva 82
  • 83. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Per attività a rischio d’incendio medio sono previste lunghezze delle vie di esodo comprese tra:  30 - 45 metri con più vie d’esodo  9 - 30 metri con una sola via d’esodo Dove sono presenti più vie d’esodo, queste devono essere indipendenti tra di loro. 3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva 83
  • 84. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata La definizione pratica del numero di uscite e della loro larghezza complessiva, avviene convenzionalmente in numero di moduli unitari, pari a (0,6 m). La larghezza minima ammessa per l’uscita singola, è comunque di 0,8 m, anche qualora, dalla progettazione, risulti sufficiente un’uscita di larghezza pari ad un modulo. 3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva 84
  • 85. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Le PORTE installate lungo Il sistema di vie d’uscita devono:  aprirsi nel verso dell’esodo;  da aperte, non devono né ostruire né ridurre la larghezza di passaggi e scale;  non aprirsi direttamente su scale ma su pianerottoli;  essere evidenziate da apposita segnaletica. 3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva 85
  • 86. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Tratte da: http://www.officinebrevettisisti.com/sisti_prodotti_01.htm Le PORTE 3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva 86
  • 87. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Le SCALE sono in molti casi l'unico mezzo di evacuazione da livelli superiori o inferiori a quello del terreno o della strada. Il loro sviluppo verticale costituisce il passaggio preferenziale del fumo e dei gas di combustione, che si diffondono per effetto camino. Per poter far parte del sistema di vie d'esodo, le scale devono essere esterne o protette, racchiuse cioè in un compartimento antincendio. 3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva 87
  • 88. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Le SCALE Tratte da: http://www.sistema-filtro-fumi.it/il-sistema-filtro-fumi/prescrizioni-raccomandanzioni-e-normativa-del-sistema-filtro-fumi.html SCALA A PROVA DI FUMO  SCALA A PROVA DI FUMO INTERNA  3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva 88
  • 89. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Scale di sicurezza esterne 3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva 89
  • 90. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Il sistema di vie d’uscita deve essere indicato con SEGNALETICA conforme alla legislazione sulla sicurezza nel lavoro. Se una via d’uscita attraversa un’area molto vasta, il percorso d’esodo si deve poter distinguere attraverso apposita marcatura sul pavimento. 3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva 90
  • 91. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Il sistema di vie di uscita e la relativa segnaletica devono essere ben visibili e illuminati all’esterno ed all’interno dei luoghi di lavoro. Quando necessaria, l’illuminazione artificiale deve essere di intensità sufficiente e funzionare anche in caso di mancanza della tensione di rete (illuminazione di sicurezza). 3.2) La3.2) La protezione passivaprotezione passiva 91
  • 92. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata La RIVELAZIONE di un incendio può:  avvenire da parte delle persone presenti nel luogo ove si sta sviluppando;  essere attuata tramite un sistema automatico che, con appropriati sensori, ne rileva l’insorgere. I sistemi di rivelazione automatici permettono la scoperta di un incendio entro tempi ridotti rispetto al suo insorgere. 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 92
  • 93. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata L’ALLARME può essere dato: 1.direttamente a voce; 2.attivando manualmente un sistema acustico ed eventualmente ottico, intervenendo su un pulsante o una leva di apparecchi fissi; 3.mediante l’attivazione automatica di un sistema acustico ed eventualmente ottico, da parte di un apposito impianto. In ambienti affollati, possono esser opportuni anche avvisi trasmessi mediante altoparlanti. 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 93
  • 94. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata RIVELAZIONE E ALLARME: SISTEMI AUTOMATICI Il compito dell’IMPIANTO DI RIVELAZIONE incendi è quello di rilevare e segnalare tempestivamente un principio di incendio, in modo da intraprendere le azioni necessarie. La funzione di un IMPIANTO DI ALLARME incendio è quello di attivare le segnalazioni ottiche ed acustiche per avvertire del pericolo tutte le persone presenti nell’ambiente di lavoro. I due impianti sono in genere compresi in un unico sistema. 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 94
  • 95. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata I sistemi di rivelazione automatici hanno il vantaggio di: mantenere un controllo continuo dei luoghi di lavoro, anche quando non sono presidiati; permettere la scoperta di un incendio entro tempi ridotti rispetto al suo insorgere; inviare opportuni segnali non solo per lanciare l’allarme ma per permettere l’intervento più idoneo ed anche per avviarlo automaticamente. 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 95
  • 96. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Pulsante manuale Rilevatore Segnalazione acustica Segnalazione ottico - acustica Elettromagneti per porte tagliafuocoAlimentatore Rete Centrale di controllo 230 Vac 24 Vdc Immagini tratte da: http://www.elkron.it/IT/catalogo 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 96
  • 97. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Classificazione dei RIVELATORI D’INCENDIO in funzione della configurazione, dell’effetto rilevato e del metodo di rivelazione. RIVELATORI D'INCENDIO METODO di RIVELAZIONE STATICI DIFFERENZIALI VELOCIMETRICI 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 97
  • 98. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata I mezzi di estinzione si dividono in: MANUALI AUTOMATICI GASIDRAULICI FISSIMOBIILI IDRANTI ESTINTORI CARRELLATI NASPI ESTINTORI PORTATILI GAS INERTIZZANTI CO2 SPRINKLER A SCHIUMA 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 98
  • 99. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Gli ESTINTORI sono apparecchi di pronto intervento, contenenti un agente estinguente sotto pressione da proiettare sul fuoco. Sono il primo mezzo cui si accede per estinguere un incendio. Sono efficaci però solo nell’estinzione di piccoli focolai e di principi di incendio, a causa della limitata quantità di estinguente contenuta. Per incendi più ampi si devono usare i più grandi estintori carrellati o si deve passare agli impianti fissi. 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 99
  • 100. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva Gli estintori si dividono in:  portatili: concepiti per essere portati a mano, di peso non superiore a 20 kg;  carrellati, pesanti da 20 a 150 kg disposti in modo solidale su carrelli dotati di ruote. Immagini tratte da: http://www.sirespa.it 100
  • 101. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Gli ESTINTORI si distinguono per il tipo di estinguente utilizzato: 1. idrici/a schiuma 2. ad anidride carbonica (CO2) 3. a polvere 4. a gas inertizzanti/halon Attualmente sono utilizzati quasi esclusivamente gli estintori a polvere ed a CO2. 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 101
  • 102. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata La scelta degli ESTINTORI dipende dal tipo di materiale combustibile presente (a quale classe di fuochi dover far fronte). Il loro numero e disposizione, in conformità alle prescrizioni di legge, devono consentirne l’immediata disponibilità. Per rischio di incendio medio, la capacità estinguente deve essere almeno pari a 21A-113B. Eventuali estintori carrellati, se previsti, sono integrativi e non sostitutivi di quelli portatili. 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 102
  • 103. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Criteri da seguire per stabilire numero e disposizione degli ESTINTORI: 1.almeno uno per piano; 2.percorso fino al più vicino, non più di 30 m; 3.protezione, in rapporto alla capacità di estinzione, delle seguenti superfici: Tipo di estintore Superficie protetta 21 A - 113 B - C 100 m2 34 A - 144 B – C 150 m2 55 A - 233 B - C 200 m2 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 103
  • 104. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Il posizionamento di regola è vicino alle vie d’uscita e agli apparecchi più rischiosi (quadri elettrici, caldaie, cucine). Gli estintori devono essere in posizione visibile e segnalata, senza ostacoli al loro raggiungimento. Essi devono essere allocati in posizione protetta contro danni accidentali. Devono essere oggetto di accurata, sorveglianza, controllo e manutenzione. 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 104
  • 105. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata In relazione alla valutazione dei rischi, quando un eventuale incendio non è affrontabile esclusivamente mediante estintori, si installano SISTEMI FISSI, manuali e, se necessario automatici. I sistemi fissi, manuali od automatici, non possono essere sostitutivi degli estintori. I sistemi fissi manuali sono essenzialmente idrici, quelli automatici si dividono tra idrici ed a gas. Esistono anche sistemi automatici a polvere, ma sono meno utilizzati. 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 105
  • 106. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Il funzionamento dei sistemi fissi di estinzione richiede la presenza di IMPIANTI, costituiti da: sorgente di alimentazione; pompe di mandata; condotte principali e secondarie; valvole di regolazione flusso estinguente; apparecchi erogatori. Questo schema è relativo agli impianti idrici; gli impianti automatici inertizzanti non hanno le pompe di mandata, usando gas estinguenti già compressi. 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 106
  • 107. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Tratta da: http://www.vvfnapoli.it/document/DISPENSE/Prevenzione%20Incendi.pdf 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 107
  • 108. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Tratta da: http://www.venetapompe.com/gruppi1.html Esempio di un gruppo di pressurizzazione per impianto fisso di estinzione 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 108
  • 109. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Per il livello di rischio incendio medio, l’impianto idrico antincendio deve garantire, in termini portata, pressione e durata, almeno l’alimentazione al numero di idranti o naspi contemporaneamente operativi indicati nel prospetto seguente. Apparecchi considerati contemporaneamente operativi Protezione interna Protezione esterna Durata 3 idranti con 120 l/min cadauno e pressione residua non minore di 0,2 Mpa 4 attacchi DN 70 con 300 l/min cadauno e pressione residua non minore di 0,3 MPa ≥ 60 minOppure 4 naspi con 60 l/min cadauno e pressione residua non minore di 0,3 Mpa 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 109
  • 110. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Gli IDRANTI sono composti da una presa d’acqua, (attacco), da una tubazione flessibile (manichetta) e da una lancia erogatrice. I NASPI sono costituiti da una bobina girevole, su cui è avvolta una tubazione semirigida dotata, ad una estremità, di una lancia erogatrice. Concettualmente simili, differiscono per la capacità di erogazione acqua e la facilità d’uso. Richiedono comunque, personale specificatamente addestrato per il loro uso. 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 110
  • 111. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata IDRANTI E NASPI Una idrante a parete Un naspo Tratta da: http://firetrade.it/Antincendio%20Fire%20Trade%20listino.pdf Tratta da: http://www.fiamma-antincendio.it 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 111
  • 112. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Gli IDRANTI vanno posizionati in modo che:  ogni idrante protegga un’area di non più di 1000 m2 ;  ve ne sia almeno uno per piano;  la distanza tra ogni punto dell’area protetta e l’idrante (a parete) non superi 20 m.  siano per quanto possibile, in prossimità di uscite di emergenza o vie di esodo, in modo però da non ostacolare, anche in fase operativa, l’esodo dai locali. 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 112
  • 113. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata I NASPI vanno posizionati in modo che: ogni naspo protegga un’area di non più di 1000 m2 ; ve ne sia almeno uno per piano; la distanza tra ogni punto dell’area protetta ed il naspo (a muro) non superi 30 m. siano, per quanto possibile, in prossimità di uscite di emergenza o vie di esodo, in modo però da non ostacolare, anche in fase operativa, l’esodo dai locali. 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 113
  • 114. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata I SISTEMI AUTOMATICI di spegnimento IDRICI sono ad acqua semplice o a schiuma. I SISTEMI A GAS utilizzano gas inertizzanti o anidride carbonica. Esistono anche impianti automatici a polvere, ma sono poco diffusi. Gli impianti automatici di spegnimento, in genere, sono collegati al sistema di rivelazione incendi. Quelli idrici possono avere gli erogatori che fungono essi stessi da sensori di rilevazione. 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 114
  • 115. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata I sistemi automatici di spegnimento idrici sono: ad umido, con tubazioni piene d’acqua in pressione; a secco, con tubazioni piene d’aria in pressione: un erogatore, aprendosi, fa diminuire la pressione dell’aria, comandando l’apertura delle valvole di alimentazione dell’acqua. I sistemi ad umido sono più rapidi nell’intervento. I sistemi a secco permettono di decidere il ritardo dell’erogazione dell’acqua. 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 115
  • 116. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Tratto da: http://cma-sistemiantincendio.it/component/docman/cat_view/71-impianti-antincendio 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 116
  • 117. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Il più diffuso sistema automatico di spegnimento idrico è il sistema SPRINKLER. È un sistema ad acqua frazionata. In caso di incendio l’apertura dell’ugello spruzzatore è comandato da un elemento termosensibile. Comunemente è un sistema “puntuale”: irrora acqua solo dove si è verificata l’apertura dell’ugello spruzzatore. Esistono anche sistemi cosiddetti a diluvio, che sono ambientali 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 117
  • 118. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Tratto da: http://cma-sistemiantincendio.it/component/docman/cat_view/71-impianti-antincendio 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 118
  • 119. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Il sistema sprinkler funziona così: il bulbo sensibile alla temperatura che sostiene il tappo di chiusura dell’orifizio contiene un liquido che all’aumento della temperatura si dilata fino a rompere il bulbo; il tappo dell’orifizio, non più sostenuto dal bulbo cede sotto la pressione dell’acqua e permette l’uscita del getto che, sagomato ed orientato dal deflettore, irrora la zona da proteggere. 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 119
  • 120. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Tratto da: http://cma-sistemiantincendio.it/component/docman/cat_view/71-impianti-antincendio 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 120
  • 121. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata I SISTEMI AUTOMATICI A GAS funzionano quasi esclusivamente per soffocamento, saturando l’ambiente dove si è sviluppato un incendio. Sono efficaci al chiuso. Sono impiegati dove l’uso dell’acqua ha controindicazioni: musei e pinacoteche, centri di calcolo, sale motori, locali quadri elettrici, ecc. L’agente estinguente più usato è la CO2. Molto più rari sono i sistemi ad inibizione chimica, che utilizzano gas inertizzanti sostitutivi dell’Halon. 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 121
  • 122. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Tratto da: http://www.fiamma-antincendio.it/prodotti/a2.htm 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 122
  • 123. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Gli EVACUATORI DI FUMO E CALORE (EFC) sono dispositivi che, aprendosi, assicurano l‘uscita del fumo e dei gas di un incendio, sfruttando i moti ascensionali naturali dei fluidi caldi. Il beneficio dato dagli EFC consiste nella possibilità di: lasciare i locali liberi da fumo e gas agevolando l’evacuazione delle persone e l’azione dei soccorritori; ridurre l’effetto nocivo dei prodotti della combustione su persone, beni e strutture; ritardare o evitare la generalizzazione dell’incendio. 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 123
  • 124. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Evacuatore a cupola Tratto da: http://www.caoduro.it/prodotti_ita.php?id_cat=3 Aperture a shed Tratto da: http://www.soaveinfissi.com/efc.php 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 124
  • 125. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Dispositivi di apertura automatici Tratto da: http://www.bassolucernari.com/pdf/exv_08.pdf 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 125
  • 126. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata L’ILLUMINAZIONE DI SICUREZZA è la misura di protezione attiva che fornisce l’illuminazione necessaria a: mettere in sicurezza aree dove sono presenti particolari rischi;  consentire l’evacuazione. L’illuminazione di sicurezza deve entrare in funzione rapidamente in mancanza della normale alimentazione di rete. 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 126
  • 127. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Gli apparecchi per l’illuminazione di sicurezza, per fornire l’illuminamento previsto, devono essere posizionati:  in prossimità di ogni porta di uscita;  dove sia necessario evidenziare potenziali pericoli;  ove sia necessario evidenziare attrezzature di sicurezza. Gli apparecchi di illuminazione sono installati di regola ad un’altezza di 2 m da terra. 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 127
  • 128. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Gli APPARECCHI AUTOALIMENTATI per l’illuminazione di sicurezza sono di due tipi:  apparecchio non permanente: entra in funzione solo in caso di black out, alimentato da batterie, caricate dalla rete ordinaria;  apparecchio permanente: sempre acceso, cambia l’alimentazione passando da rete a batterie, in caso di black out, per poi tornare all’alimentazione ordinaria una volta che questa sia stata ripristinata. 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 128
  • 129. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata PlafonieraAlimentatore elettronico e pacco batterie Sistema autoalimentato Tratto da: http://www.beghelli.com/website/index.html 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 129
  • 130. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Tra le misure di protezione attiva si devono considerare anche gli ADDETTI ANTINCENDIO e il più complesso SERVIZIO ANTINCENDIO, costituito quando necessario, formato da: • squadre di addetti antincendio; • squadre di vigili del fuoco professionali; • responsabile del servizio antincendio. 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 130
  • 131. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Le misure di protezione, ed in particolare gli impianti e le attrezzature antincendio, per garantire le prestazioni loro richieste devono essere mantenute integre ed in costante efficienza. Devono perciò essere sottoposte a CONTROLLO PERIODICO ed a regolare MANUTENZIONE. Queste attività deve essere affidata a personale competente e qualificato. Esse non rientrano tra i compiti degli addetti antincendio. 3.3) La3.3) La protezione attivaprotezione attiva 131
  • 132. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata La SEGNALETICA DI SICUREZZA serve a dare un’indicazione od una prescrizione concernente la sicurezza o la salute sul luogo di lavoro. Alla segnaletica di sicurezza si deve fare ricorso quando risultano rischi che non si sono potuti evitare o limitare sufficientemente né con l’organizzazione del lavoro né con altre misure o metodi, né con mezzi tecnici di protezione collettiva. La segnaletica di sicurezza da utilizzare deve essere conforme alle prescrizioni di legge. 3.43.4) La segnaletica di sicurezza) La segnaletica di sicurezza 132
  • 133. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata I SEGNALI, resi mediante cartelli, indicazioni luminose, suoni, voci o gesti, possono essere: di divieto: per vietare un comportamento che potrebbe far correre o causare un pericolo; di avvertimento: per avvisare di un rischio o pericolo; di prescrizione: per imporre un determinato comportamento; di salvataggio o di soccorso: per fornire indicazioni relative alle uscite di sicurezza o ai mezzi di soccorso o di salvataggio; antincendio. 3.43.4) La segnaletica di sicurezza) La segnaletica di sicurezza 133
  • 134. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata I colori nei cartelli hanno il seguente significato: 3.43.4) La segnaletica di sicurezza) La segnaletica di sicurezza Colore Significato o scopo Indicazioni e precisazioni Rosso Segnali di divieto Atteggiamenti pericolosi Pericolo - allarme Alt; arresto; dispositivi di interruzione d’emergenza; sgombero; Materiali e attrezzature antincendio Identificazione e ubicazione Giallo Giallo-arancio Segnali di avvertimento Attenzione; cautela; verifica Azzurro Segnali di prescrizione Comportamento o azione specifica - obbligo di portare un mezzo di sicurezza personale Verde Segnali di salvataggio o di soccorso Porte; uscite; percorsi; materiali; postazioni; locali Situazione di sicurezza Ritorno alla normalità 134
  • 135. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 3.43.4) La segnaletica di sicurezza) La segnaletica di sicurezza SEGNALI DI DIVIETOSEGNALI DI DIVIETO 135
  • 136. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata SEGNALI DI AVVERTIMENTOSEGNALI DI AVVERTIMENTO 3.43.4) La segnaletica di sicurezza) La segnaletica di sicurezza 136
  • 137. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata SEGNALI DI PRESCRIZIONESEGNALI DI PRESCRIZIONE 3.43.4) La segnaletica di sicurezza) La segnaletica di sicurezza 137
  • 138. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 3.43.4) La segnaletica di sicurezza) La segnaletica di sicurezza SEGNALI DI SALVATAGGIOSEGNALI DI SALVATAGGIO 138
  • 139. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata SEGNALETICA ANTINCENDIOSEGNALETICA ANTINCENDIO 3.43.4) La segnaletica di sicurezza) La segnaletica di sicurezza 139
  • 140. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata RIEPILOGO DEGLI ARGOMENTI TRATTATI • Misure di protezione passiva • Misure di protezione attiva • Segnaletica di sicurezza 3.43.4) La protezione antincendi) La protezione antincendi 140
  • 141. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 4.4. LE PROCEDURE DALE PROCEDURE DA ADOTTARE IN CASOADOTTARE IN CASO DI INCENDIODI INCENDIO 141
  • 142. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata In generale, un’EMERGENZA è una situazione diversa da quelle nelle quali ci si trova normalmente ad operare, dalla quale possono derivare CONSEGUENZE DANNOSE se non vengono attuate tempestivamente e correttamente alcune specifiche azioni. 4.1) Il Piano di Emergenza4.1) Il Piano di Emergenza 142
  • 143. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Le azioni da attuare in caso di emergenza non possono essere improvvisate. Devono essere pianificate per poter essere: ADEGUATE TEMPESTIVE COORDINATE Per essere ESEGUITE CORRETTAMENTE, è necessario che il personale sia addestrato mediante opportune esercitazioni. 4.1) Il Piano di Emergenza4.1) Il Piano di Emergenza 143
  • 144. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Un PIANO DI EMERGENZA è un documento che ha lo scopo di raccogliere le INFORMAZIONI e le ISTRUZIONI necessarie per consentire la corretta gestione delle situazioni di emergenza ragionevolmente ipotizzabili. 4.1) Il Piano di Emergenza4.1) Il Piano di Emergenza 144
  • 145. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Regole generali per gli addetti antincendioRegole generali per gli addetti antincendio Fare solamente ciò per cui si è stati formati e addestrati Cercare di mantenere calma e controllo Lasciare margini di sicurezza per la propria incolumità Verificare sempre disponibilità di una via di fuga libera Agire con rapidità, ma evitando di correre Utilizzare, se previsti e necessari, i DPI Adottare comunicazioni idonee Farsi riconoscere e cercare di tranquillizzare altri soggetti, per ridurre le possibili situazioni di panico. 4.1) Il Piano di Emergenza4.1) Il Piano di Emergenza 145
  • 146. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Regole generali in caso di incendioRegole generali in caso di incendio (valide per tutti i lavoratori)(valide per tutti i lavoratori) Non usare gli ascensori Attenersi alla segnaletica di sicurezza In presenza di fumo proteggersi le vie respiratorie mediante fazzoletto bagnato e camminare chinati ed eventualmente vicino alle pareti, se non c’è visibilità Chiudere le porte nel passare dai vari locali Porre fuori tensione le apparecchiature elettriche prima di abbandonarle Allontanarsi da serbatoi esposti al calore delle fiamme, e strutture esposte per lungo tempo all’incendio 4.1) Il Piano di Emergenza4.1) Il Piano di Emergenza 146
  • 147. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 4.2) Cosa fare se si scopre un incendio4.2) Cosa fare se si scopre un incendio 147
  • 148. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 4.2) Cosa fare se si scopre un incendio4.2) Cosa fare se si scopre un incendio 148
  • 149. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata VALUTAZIONE DELLO SCENARIOVALUTAZIONE DELLO SCENARIO Acquisire rapidamente gli elementi per poter decidere se procedere direttamente all’estinzione, effettuare altre azioni, o tentare l’estinzione dopo aver effettuato altre azioni, in applicazione di quanto previsto dal piano di emergenza. 4.2) Cosa fare se si scopre un incendio4.2) Cosa fare se si scopre un incendio 149
  • 150. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 4.2) Cosa fare se si scopre un incendio4.2) Cosa fare se si scopre un incendio 150
  • 151. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata PRIMO INTERVENTO ed ESTINZIONEPRIMO INTERVENTO ed ESTINZIONE Allontanare il combustibile non ancora interessato dal fuoco per conseguire l’autoestizione dei focolai oppure estinguere i focolai d’incendio con i sistemi di protezione attiva 4.2) Cosa fare se si scopre un incendio4.2) Cosa fare se si scopre un incendio 151
  • 152. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 4.2) Cosa fare se si scopre un incendio4.2) Cosa fare se si scopre un incendio 152
  • 153. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata CHIUSURA DELL’EMERGENZACHIUSURA DELL’EMERGENZA Accertarsi della completa estinzione del focolaio. Individuare le cause evidenti dell’incendio e rimuoverle. Farsi riconoscere dai presenti e tranquillizzarli. In presenza di fumo, far allontanare le eventuali persone presenti. In ambienti chiusi, se il focolaio è completamente spento, arieggiare i locali. Avvertire il responsabile della gestione emergenze. Seguire le procedure previste per ripristinare le normali condizioni di sicurezza e operatività. 4.2) Cosa fare se si scopre un incendio4.2) Cosa fare se si scopre un incendio 153
  • 154. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 4.2) Cosa fare se si scopre un incendio4.2) Cosa fare se si scopre un incendio 154
  • 155. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata SEGNALAZIONE DELL’EMERGENZASEGNALAZIONE DELL’EMERGENZA Avvertire nel minor tempo possibile:  l’eventuale centrale di controllo  il responsabile della gestione delle emergenze  gli altri addetti antincendio  tutte le persone presenti nel luogo di lavoro al fine di: richiamare altri addetti per effettuare il tentativo di spegnimento diretto e/o attivare le procedure di lotta antincendio, evacuazione, chiamata dei servizi di soccorso pubblico, assistenza disabili. 4.2) Cosa fare se si scopre un incendio4.2) Cosa fare se si scopre un incendio 155
  • 156. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Le procedure previste IN CASO DI ALLARME servono a consentire l’intervento degli addetti o delle squadre di addetti sul luogo dell’incendio per: • attuare le misure di lotta antincendio; • essere in grado di attivare tempestivamente le procedure di evacuazione e chiamata dei servizi di soccorso pubblico; • assistere eventuali persone in difficoltà. In taluni casi le procedure di evacuzione e chiamata dei servizi di soccorso pubblico possono essere attivate contestualmente alla ricezione dell’allarme. 4.3) Cosa fare in caso di allarme4.3) Cosa fare in caso di allarme 156
  • 157. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Se l’allarme giunge DIRETTAMENTE A VIVA VOCE, l’addetto può portarsi immediatamente al punto dal quale è stato chiamato e trovarsi di fronte all’evento. Valgono allora le indicazioni fornite nei precedenti paragrafi in relazione alle procedure da adottare quando si scopre un incendio. 4.3) Cosa fare in caso di allarme4.3) Cosa fare in caso di allarme 157
  • 158. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Se l’allarme giunge MEDIANTE CHIAMATA TELEFONICA, l’addetto deve ottenenere le seguenti informazioni: • generalità dell’interlocutore • luogo di provenienza della chiamata ed eventuali numeri per richiamare • tipologia e luogo dell’evento • persone presenti (numero approssimativo) • eventuale presenza di infortunati 4.3) Cosa fare in caso di allarme4.3) Cosa fare in caso di allarme 158
  • 159. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata L’addetto deve: • fornire istruzioni su come attendere il proprio arrivo senza rischi per la salute, oppure come abbandonare in sicurezza il luogo da cui sta chiamando; • valutare se avviarsi immediatamente verso il punto segnalato o se avvisare prima altri addetti o l’eventuale centrale di gestione delle emergenze; • in presenza di infortunati richiedere l’intervento di addetti al pronto soccorso o far chiamare servizi di soccorso pubblici. 4.3) Cosa fare in caso di allarme4.3) Cosa fare in caso di allarme 159
  • 160. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Nel recarsi rapidamente, ma senza correre, verso il luogo dell’evento, in base alle informazioni ricevute, l’addetto dovrà dotarsi dei necessari DPI e prelevare nel luogo accessibile più vicino al principio d’incendio l’eventuale estintore o gli altri mezzi di estinzione necessari. Una volta giunto sul posto, dopo aver incontrato la persona che ha effettuato la chiamata, se previsto, procedere come nel caso descritto per la scoperta diretta degli incendi. 4.3) Cosa fare in caso di allarme4.3) Cosa fare in caso di allarme 160
  • 161. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Se l’allarme è stato ATTIVATO AUTOMATICAMENTE da un sistema di rivelazione o manualmente da un pulsante, in assenza di individuazione del luogo di origine dell’evento, in generale, è previsto che si dia corso immediatamente alle procedure di evacuazione e chiamata dei servizi di soccorso pubblico. 4.3) Cosa fare in caso di allarme4.3) Cosa fare in caso di allarme 161
  • 162. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Brevi indicazioniBrevi indicazioni sul comportamento che gli addettisul comportamento che gli addetti devono assumere in presenza di altri soggettidevono assumere in presenza di altri soggetti Per ridurre la tensione e le situazioni di panico: • farsi riconoscere e mostrare calma e autorevolezza • parlare in maniera chiara, senza gridare o mostrare concitazione • invitare i presenti a mantenere la calma mostrando consapevolezza e controllo della situazione • spiegare brevemente le azioni in corso 4.3) Cosa fare in caso di allarme4.3) Cosa fare in caso di allarme 162
  • 163. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Brevi indicazioniBrevi indicazioni sul comportamento che gli addettisul comportamento che gli addetti devono assumere in presenza di altri soggettidevono assumere in presenza di altri soggetti In presenza di persone in stato confusionale o con segni di intossicazione da fumi, allontanarle prima possibile dai fumi, conducendole in spazi aperti o comunque arieggiati mediante l’apertura di porte o finestre. Segnalare immediatamente la presenza di persone infortunate, indicando la possibile intossicazione. 4.3) Cosa fare in caso di allarme4.3) Cosa fare in caso di allarme 163
  • 164. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 4.4) Evacuazione in caso di incendio4.4) Evacuazione in caso di incendio Lo SCOPO delle procedure di evacuazione è quello di consentire a tutte le persone presenti in un luogo di lavoro, o in parte di esso, di abbandonarlo in sicurezza, in caso di emergenza. 164
  • 165. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Approcci tipici per diverse situazioniApprocci tipici per diverse situazioni L’attivazione delle procedure di evacuazione può essere decisa o fin dall’inizio dell’incendio, contestualmente alla rilevazione dell’evento, o dopo aver verificato la possibilità di non riuscire controllare l’incendio. L’attivazione delle procedure di evacuazione, inoltre, può essere decisa da una centrale o dal responsabile della gestione delle emergenze, oppure direttamente dall’addetto antincendio presente sul luogo dell’incendio. 4.4) Evacuazione in caso di incendio4.4) Evacuazione in caso di incendio 165
  • 166. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Approcci tipici per diverse situazioniApprocci tipici per diverse situazioni L’evacuazione può avvenire in una o più fasi. Nel primo caso, l’attivazione delle procedure porta all’evacuazione completa di tutto il luogo di lavoro. L’evacuazione in una fase unica è attuata generalmente nei luoghi di piccole dimensioni. 4.4) Evacuazione in caso di incendio4.4) Evacuazione in caso di incendio 166
  • 167. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Approcci tipici per diverse situazioniApprocci tipici per diverse situazioni In caso di evacuazione in più fasi, le diverse aree del luogo di lavoro vengono evacuate in progessione, a partire da quella interessata direttamente dall’incendio. L’evacuazione in più fasi viene attuata quando tra le varie aree è presente una idonea compartimentazione, ed ha lo scopo di permettere agli addetti di verificare se è stato possibile contenere e risolvere l’emergenza nella sola area interessata. Inoltre consente di evacuare con ordine e sicurezza prima le persone più esposte al pericolo immediato, e successivamente quelle meno esposte. 4.4) Evacuazione in caso di incendio4.4) Evacuazione in caso di incendio 167
  • 168. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Le MODALITÀ OPERATIVE sono variabili in base a: • complessità del sito • compartimentazione • vie di fuga presenti • sistemi di rivelazione e allarme disponibili • presenza di pubblico o di persone con ridotte capacità motorie o sensoriali • organizzazione del servizio antincendio Questi elementi sono riportati nel Piano di Emergenza e le operazioni da compiere in caso di evacuazione devono essere ben descritte da procedure. 4.4) Evacuazione in caso di incendio4.4) Evacuazione in caso di incendio 168
  • 169. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Il SEGNALE di INIZIO EVACUAZIONE può essere dato: direttamente a viva voce dall’addetto antincendio presente mediante dispositivi acustici ad azionamento manuale mediante dispositivi acustici azionati elettricamente. mediante comunicazione attraverso sistema di altoparlanti. È fondamentale che il segnale di evacuazione sia chiaramente udibile in tutto il luogo di lavoro o comunque nelle parti ove necessario. Il segnale acustico di evacuazione è un segnale continuo. In diversi casi, all’allarme acustico può essere associato anche una segnalazione di tipo ottico. 4.4) Evacuazione in caso di incendio4.4) Evacuazione in caso di incendio 169
  • 170. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Se l’addetto è gia presente sul luogo da evacuare, deve: farsi riconoscere dalle persone presenti avvertirle della necessità di abbandonare i locali guidarle verso le vie di uscita praticabili più vicine assistere le persone con ridotte capacità motorie o sensoriali appena possibile, avvertire gli altri ADDETTI, il responsabile della gestione delle emergenze o il responsabile del sito fuori dall’area da evacuare, dirigersi al punto di raccolta al punto di raccolta, individuare il personale evacuato rimanere a disposizione dei servizi pubblici di soccorso 4.4) Evacuazione in caso di incendio4.4) Evacuazione in caso di incendio 170
  • 171. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Se gli addetti non si trovano nell’area da evacuare o se devono evacuare più aree, allora gli stessi devono: raggiungere rapidamente, ma senza correre, le aree di competenza giunti nell’area da evacuare, valutarne le condizioni di pericolo se possibile, attuare le procedure di evacuazione una volta iniziata l’evacuazione di un’area, evitare di rientrare più volte negli stessi ambienti, lasciandosi dietro solo ambienti già evacuati 4.4) Evacuazione in caso di incendio4.4) Evacuazione in caso di incendio 171
  • 172. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata SCOPO delle procedure di chiamata: far sì che, in caso di emergenza, la chiamata dei servizi di soccorso pubblico sia efficace. 4.5) Chiamata dei soccorsi e rapporti con i VVF4.5) Chiamata dei soccorsi e rapporti con i VVF ELEMENTI FONDAMENTALI da definire: chi deve dare la disposizione di effettuare la chiamata chi deve effettuare la chiamata le informazioni da fornire (e come) a chi riceve la chiamata 172
  • 173. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Numeri da chiamare sul territorio nazionale: VIGILI DEL FUOCO (115) CARABINIERI (112) POLIZIA di STATO (113) PRONTO SOCCORSO (118) 4.5) Chiamata dei soccorsi e rapporti con i VVF4.5) Chiamata dei soccorsi e rapporti con i VVF 173
  • 174. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Le informazioni minime da fornire sono: • le proprie generalità • l’indirizzo del luogo dal quale si chiama • i numeri di telefono per essere contattati • il luogo ove è in atto l’emergenza • il tipo di emergenza • le eventuali persone coinvolte o ferite • la fase dell’emergenza • indicazioni sul percorso per raggiungere il luogo dell’emergenza • altre informazioni richieste 4.5) Chiamata dei soccorsi e rapporti con i VVF4.5) Chiamata dei soccorsi e rapporti con i VVF 174
  • 175. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Nell’effettuare la chiamata: • parlare chiaramente e lentamente • evitare di sovrapporsi all’interlocutore • accertarsi che le informazioni siano state recepite • ascoltare le indicazioni dell’interlocutore 4.5) Chiamata dei soccorsi e rapporti con i VVF4.5) Chiamata dei soccorsi e rapporti con i VVF 175
  • 176. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Dopo la chiamata, attendere sul posto, in luogo sicuro, l’arrivo dei soccorsi. All’arrivo, farsi riconoscere, per fornire assistenza e informazioni ai servizi di soccorso, al fine di consentire un intervento più rapido, preciso ed efficace, e ridurre il rischio degli operatori stessi. 4.5) Chiamata dei soccorsi e rapporti con i VVF4.5) Chiamata dei soccorsi e rapporti con i VVF 176
  • 177. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata RIEPILOGO DEGLI ARGOMENTI TRATTATI • Il piano di emergenza • Cosa fare se si scopre un incendio • Cosa fare in caso di allarme • Evacuazione in caso di incendio • Chiamata dei soccorsi e rapporti con i VVF 4) Le procedure da adottare in caso di incendio4) Le procedure da adottare in caso di incendio 177
  • 178. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 5.5. ESERCITAZIONIESERCITAZIONI PRATICHEPRATICHE 178
  • 179. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Tutti i tipi di estintore sono costituiti da: CONTENITORE CILINDRICO di metallo resistente a pressione, che contiene l’estinguente; SISTEMA DI EROGAZIONE composto da una valvola e da un ugello o manichetta od altro componente, per la diffusione e l’orientamento del getto. Attualmente tutti gli estintori mantengono permanentemente il prodotto estinguente all’interno del contenitore alla pressione necessaria per la sua erogazione “energica”. 5.15.1) Gli estintori portatili) Gli estintori portatili 179
  • 180. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 5.15.1) Gli estintori portatili) Gli estintori portatili Com’è fatto un estintore 1.Gruppo di erogazione 2.Serbatoio contenitore Tratto da: www.uniroma2.it/prevenzione/antincendio/combustione.html 180
  • 181. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 5.15.1) Gli estintori portatili) Gli estintori portatili DISPOSITIVI DI SICUREZZA 1. Valvola di sicurezza 2. Spina di sicurezza 3. Manometro Tratto da: ABC dell’antincendio EPC 181
  • 182. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 5.15.1) Gli estintori portatili) Gli estintori portatili Trattoda:ProgrammaLeonardo“L’ESTINZIONEDEGLIINCENDI” CE L’ETICHETTA 1.Tipo estinguente e classe estinzione 2.Istruzioni per l’uso 3.Avvertenze sicurezza – possibilità uso su apparecchi in tensione 4.Estremi omologazione 5.Nome responsabile 182
  • 183. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata La CAPACITÀ ESTINGUENTE degli estintori portatili si indica con un numero seguito da una lettera che indica la classe di fuoco estinguibile. Il numero (dove previsto) indica le dimensioni del focolare di prova relativo alla classe di fuoco estinguibile. Gli estintori, devono garantire un tempo di funzionamento minimo stabilito in funzione della capacità estinguente e della quantità di prodotto estinguente. 5.15.1) Gli estintori portatili) Gli estintori portatili 183
  • 184. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 5.15.1) Gli estintori portatili) Gli estintori portatili Rappresentazione di un focolare di prova per fuochi di classe A (13 A) Tratto da: www.vigilfuoco.it/sitiVVF/ascoliPiceno/viewPage.aspx?s=85&p=11181 184
  • 185. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Tratto da:http://cma-sistemiantincendio.it/manuale/estinzione/estintori 5.15.1) Gli estintori portatili) Gli estintori portatili 185
  • 186. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata L’estintore portatile a POLVERE è il mezzo di estinzione più diffuso, data la sua versatilità, semplicità d’uso ed efficacia. La polvere è efficace su fuochi di classe A, B, C. Normalmente si usa quello a pressione permanente, tramite azoto compresso a 15 bar. Unica controindicazione è l’eventuale perdita di pressione o per un difetto o a seguito dell’uso (serve l’immediata ricarica anche dopo erogazione parziale); per questo motivo necessita di sorveglianza accurata. 5.15.1) Gli estintori portatili) Gli estintori portatili 186
  • 187. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata L’estintore portatile a CO2 è il mezzo preferito nella protezione di apparecchi in tensione e prodotti delicati o di grande valore. La CO2 è tenuta in pressione allo stato liquido, perciò il contenitore è una bombola d’acciaio molto resistente; pertanto è un estintore pesante. Per i limiti d’efficacia della CO2, in genere è classificato solo per i fuochi di classe B e C. Servono componenti isolanti per maneggiare l’estintore perché la CO2 erogata produce un forte raffreddamento. 5.15.1) Gli estintori portatili) Gli estintori portatili 187
  • 188. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 5.15.1) Gli estintori portatili) Gli estintori portatili Differenze tra estintori a polvere e a CO2 Tratte da: http://www.sirespa.it/antincendio/estintori.html 188
  • 189. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 5.15.1) Gli estintori portatili) Gli estintori portatili Tratto da: www.vigilfuoco.it/sitiVVF/ascoliPiceno/viewPage.aspx?s=85&p=11181 USO DEGLI ESTINTORI 1. Leggere le istruzioni 2. Togliere la spina di sicurezza 3. Premere la leva di apertura ed erogare l’estinguente 189
  • 190. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 5.15.1) Gli estintori portatili) Gli estintori portatili Tratto da: www.vigilfuoco.it/sitiVVF/ascoliPiceno/viewPage.aspx?s=85&p=11181 USO DEGLI ESTINTORI 1. Posizionarsi alla giusta distanza per colpire il focolare e non sprecare estinguente 2. Dirigere il getto alla base delle fiamme e non sul loro apice 190
  • 191. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 5.15.1) Gli estintori portatili) Gli estintori portatili TRATTO DA ABC DELL’ANTINCENDIO Tratto da: www.vigilfuoco.it/sitiVVF/ascoliPiceno/viewPage.aspx?s=85&p=11181 USO DEGLI ESTINTORI 1. Attaccare le fiamme più vicine e poi quelle più distanti senza attraversare le prime con il getto 2. Erogare facendo un leggero movimento a ventaglio 191
  • 192. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 5.15.1) Gli estintori portatili) Gli estintori portatili Tratto da: www.vigilfuoco.it/sitiVVF/ascoliPiceno/viewPage.aspx?s=85&p=11181 USO DEGLI ESTINTORI 1. Mai attaccare le fiamme controvento, ma porsi con il vento alle spalle 2. Se si agisce in più persone porsi dallo stesso lato o in posizioni poste a 90° - mai agire in modo contrapposto 192
  • 193. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata USO DEGLI ESTINTORI 5.15.1) Gli estintori portatili) Gli estintori portatili 1. Con liquidi in fiamme orientare il getto per non proiettare fuori dal contenitore il liquido (si propaga l’incendio) 2. Per le fiamme di gas l’estinzione avviene orientando il getto nella stessa direzione della fiamma Tratto da: www.vigilfuoco.it/sitiVVF/ascoliPiceno/viewPage.aspx?s=85&p=11181 193
  • 194. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 5.15.1) Gli estintori portatili) Gli estintori portatili Ulteriori precauzioni nell’uso degli estintori 1.Dopo aver spento un principio d’incendio, aerare bene i locali interessati; 2.non abbandonare i locali subito dopo l’estinzione ma verificare che non vi siano riaccensioni; 3.non dirigere il getto di un estintore sulle persone, a meno che non vi sia assolutamente alcuna altra possibilità di spegnere il fuoco su di esse. 194
  • 195. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Gli IDRANTI sono composti: 1.dalla presa d’acqua, che può essere:  A parete;  A colonna soprassuolo;  Sottosuolo; 2.dall’attrezzatura di erogazione, composta da: tubazione flessibile in genere lunga 20÷25 m; lancia erogatrice semplice o con valvola commutatrice del getto. Gli idranti possono essere ad umido o a secco. 5.25.2) Gli idranti ed i naspi) Gli idranti ed i naspi 195
  • 196. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 5.25.2) Gli idranti ed i naspi) Gli idranti ed i naspi Idrante a muro Idrante sottosuoloIdrante a colonnaTratto da: http://firetrade.it/Antincendio %20Fire%20Trade%20listino.pdf Tratto da: www.provinz.bz.it/feuerwehrdienst/kin der/servizio/incarichi/idrante-u.htmTratto da: http://www.sirespa.it 196
  • 197. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 5.25.2) Gli idranti ed i naspi) Gli idranti ed i naspi lancia manichetta Tratte da: http://www.mb-fire.it 197
  • 198. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata USO DEGLI IDRANTI La prima manovra da effettuare per usare un idrante è lo svolgimento della manichetta. Si deve prendere la manichetta avvolta su se stessa per i due raccordi e lanciarla, facendola rotolare sul pavimento in modo che si dispieghi totalmente. Una volta srotolata la manichetta, si avvita il raccordo femmina alla bocca dell’idrante e quello maschio alla lancia di erogazione. 5.25.2) Gli idranti ed i naspi) Gli idranti ed i naspi 198
  • 199. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata USO DEGLI IDRANTI Se la lancia è di tipo tradizionale, senza il comando di parzializzazione, serviranno due operatori, uno per aprire la valvola della bocca d’idrante e l’altro per manovrare la lancia. Se la lancia è dotata di comando di parzializzazione in linea teorica può essere sufficiente un solo operatore. Al termine dell’intervento la manichetta dovrà essere lavata, asciugata ed arrotolata, piegata in due, così da avere i due raccordi accostati. 5.25.2) Gli idranti ed i naspi) Gli idranti ed i naspi 199
  • 200. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata I naspi sono composti: 1.da una bobina girevole collegata alla rete idrica antincendio; 2.dall’attrezzatura di erogazione, composta da: tubazione semirigida in gomma, avvolta intorno alla bobina, normalmente lunga 20÷25 m; lancia erogatrice dotata di valvola commutatrice del getto I naspi sono normalmente ad umido. 5.25.2) Gli idranti ed i naspi) Gli idranti ed i naspi 200
  • 201. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 5.25.2) Gli idranti ed i naspi) Gli idranti ed i naspi Naspo antincendio in cassetta a muro Tratte da: http://firetrade.it/Antincendio%20Fire%20Trade%20listino.pdf 201
  • 202. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata USO DEI NASPI •Srotolare la lunghezza necessaria di tubo dal tamburo su cui è riposto; •aprire la valvola d’intercettazione •azionare la valvola parzializzatrice posta sulla lancia. Al termine del’uso, si deve: •chiudere la valvola sulla lancia e quella di intercettazione; •riarrotolare il tubo sul tamburo. 5.25.2) Gli idranti ed i naspi) Gli idranti ed i naspi 202
  • 203. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Lo scopo dei DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE (DPI) da usare in caso di incendio è quello di difendere l’operatore dagli effetti nocivi dei prodotti della combustione. I principali sono quelli che servono a proteggere dal calore (indumenti) e dai fumi (maschere). 5.35.3) Dispositivi di Protezione Individuale) Dispositivi di Protezione Individuale 203
  • 204. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata I DPI che difendono dal calore sono degli INDUMENTI che, in funzione del grado di resistenza, si dividono i 3 categorie d’intervento: 1. normale, per esposizione a “basse” radiazioni termiche ma per periodi lunghi; 2. di prossimità, per esposizione di durata breve/brevissima a radiazioni termiche medie/alte; 3. di penetrazione del fuoco, per entrare in contatto con le fiamme, per brevissimo tempo. 5.35.3) Dispositivi di Protezione Individuale) Dispositivi di Protezione Individuale 204
  • 205. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata 5.35.3) Dispositivi di Protezione Individuale) Dispositivi di Protezione Individuale Tuta per avvicinamento al fuoco Tuta per attraversamento del fuoco Tratte da: http://www.fratellidangelo.com/images/Catalogo%20SAF-TEX.pdf 205
  • 206. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Tratta da: http://www.fratellidangelo.com/images/Catalogo%20SAF- TEX.pdf Protezioni per interventi meno gravosi Tratte da: http://www.sirespa.it/dotazione-per-squadre- emergenza.html 5.35.3) Dispositivi di Protezione Individuale) Dispositivi di Protezione Individuale 206
  • 207. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata La protezione delle vie respiratorie si ottiene con l’uso di 2 tipi di apparecchi; 1.Le MASCHERE ANTIGAS; 2.Gli AUTORESPIRATORI. Le maschere antigas depurano l’aria ambiente inquinata tramite filtri. Gli autorespiratori forniscono all’operatore l’aria da bombole e non dall’ambiente inquinato. Per la protezione base esistono i filtri antipolvere che però non hanno effetto contro i gas tossici. 5.35.3) Dispositivi di Protezione Individuale) Dispositivi di Protezione Individuale 207
  • 208. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Le MASCHERE ANTIGAS sono costituite da 2 parti: 1. la maschera vera e propria, che di norma copre tutto il viso ed è anche detta facciale; 2. il filtro, che può essere: 1) monovalente, se protegge da un solo gas nocivo od al massimo da una classe omogenea (vapori organici); 2) polivalente, se protegge da più gas nocivi; 3) universale, se protegge da ogni tipo di gas. 5.35.3) Dispositivi di Protezione Individuale) Dispositivi di Protezione Individuale 208
  • 209. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Tratte da http://www.spasciani.com Maschera Filtri 5.35.3) Dispositivi di Protezione Individuale) Dispositivi di Protezione Individuale 209
  • 210. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Uso delle maschere di protezione •indossare la maschera senza filtro; •stringere bene la bardatura; •verificare la tenuta; •avvitare il filtro alla maschera; •allontanarsi dalla zona di intervento non appena si ricevono gli avvisi di esaurimento del filtro. 5.35.3) Dispositivi di Protezione Individuale) Dispositivi di Protezione Individuale 210
  • 211. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Gli AUTORESPIRATORI si usano quando non si conosce il tipo di agente tossico e quando la carenza di ossigeno rende l’aria irrespirabile. Essi sono di due tipi: 1. a ciclo aperto: l’operatore inspira aria contenuta in un bombola ed espira nell’ambiente; 2. a ciclo chiuso: l’operatore inspira ed espira aria contenuta in un “sacco-polmone” che viene depurata ed arricchita di ossigeno dopo ogni espirazione. 5.35.3) Dispositivi di Protezione Individuale) Dispositivi di Protezione Individuale 211
  • 212. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Autorespiratore completo Tratto da: http://www.dpisekur.com/sezioni/vie- respiratorie/autorespiratori/ 5.35.3) Dispositivi di Protezione Individuale) Dispositivi di Protezione Individuale 212
  • 213. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Uso dell’autorespiratore a ciclo aperto •controllare il corretto montaggio e serraggio di tutti i tubi ed i rubinetti per evitare perdite; •provare l’erogatore; •aprire il rubinetto dell’aria, verificare che non ci siano perdite e il funzionamento del manometro. 5.35.3) Dispositivi di Protezione Individuale) Dispositivi di Protezione Individuale 213
  • 214. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Uso dell’autorespiratore a ciclo aperto •Indossare la bombola in modo che sia aderente alle spalle; •indossare la maschera e verificare la tenuta contro infiltrazioni di fumo e gas; •effettuare l’intervento cercando di respirare ad un ritmo normale; •quando parte l’allarme acustico che indica che la pressione residua è di 50 bar, abbandonare il locale inquinato. 5.35.3) Dispositivi di Protezione Individuale) Dispositivi di Protezione Individuale 214
  • 215. Copyright EPC Srl Socio Unico – tutti i diritti riservati, riproduzione vietata RIEPILOGO DEGLI ARGOMENTI TRATTATI • Estintori portatili e loro uso • Idranti e loro uso • Naspi e loro uso • Dispositivi di Protezione Individuale e loro uso 5.)5.) Esercitazioni praticheEsercitazioni pratiche 215

Editor's Notes

  1. Durante la proiezione di questa diapositiva il relatore si presenta ed effettua un rapido giro di interviste per la conoscenza dell’aula. Il relatore dovrebbe entrare in aula con una idea precisa del tipo di attività svolta dalle aziende di provenienza dei presenti in aula, in relazione al rischio di incendio e sul loro livello di conoscenza degli argomenti oggetto del suo intervento; ad ogni modo, il momento iniziale delle presentazioni è fondamentale per tracciare una mappa dell’aula e saggiare il livello generale con qualche domanda o approfondendo un caso o una notizia da adottare come esempio.
  2. Con il programma sono presentati gli argomenti che saranno trattati durante il corso. L’introduzione illustrerà gli obblighi normativi a cui tale corso è legato. L’incendio e la prevenzione incendi descriverà, da una parte, i principi fisici dell’incendio e le conseguenze del suo sviluppo, dall’altra, le misure atte a prevenirne l’insorgenza
  3. Nella Protezione antincendio saranno illustrati tutti i dispositivi utili a combattere l’incendio ed a limitare i danni conseguenti al suo sviluppo
  4. Nella sezione legata alle Procedure da adottare in caso di incendio, dopo alcuni cenni sul piano d’emergenza e in presenza di un principio di incendio sui comportamenti generali da assumere, saranno illustrate le procedure connesse al contrasto diretto dell’incendio, alla segnalazione, all’evacuazione delle persone ed alle relazioni con i soccorritori. Infine, ad ausilio delle Esercitazioni pratiche, vengono riportati alcuni approfondimenti sulle caratteristiche dei mezzi di estinzione, sui dispositivi di protezione individuali (DPI) e sul loro uso. Alla fine di ogni sezione saranno richiamati gli argomenti già trattati a scopo riepilogativo.
  5. Secondo il dettato del D.Lgs. 81/08, il “Testo Unico della normativa di Salute e Sicurezza sul Lavoro”, la prevenzione incendi è una funzione di preminente interesse pubblico, diretta a conseguire, obiettivi di sicurezza della vita umana, di incolumità delle persone e di tutela dei beni e dell’ambiente. Da questo principio generale derivano disposizioni specifiche anche per garantire la sicurezza sul lavoro. In questa slide si riporta l’esplicito richiamo del D.Lgs. 81/08 alla tutela dei lavoratori contro l’incendio. Approfondimento: l’espressione “Prevenzione Incendi” è comunemente usata per indicare il complesso di misure preventive e protettive necessarie a conseguire un livello di sicurezza antincendio accettabile. Il significato operativo dell’espressione “Misure di Prevenzione Icendi” è alquanto diverso, perché tale espressione indica specificamente il complesso di misure finalizzate a ridurre la PROBABILITÀ di sviluppo di un incendio. Esse sono complementari alle misure di protezione che, invece, hanno lo scopo di ridurre le CONSEGUENZE dell’incendio. Tali concetti saranno sviluppati in dettaglio più avanti.
  6. Tra i compiti del datore di lavoro, in materia di prevenzione incendi, sono espressamente previste la designazione, la formazione e l’aggiornamento degli addetti antincendio. Scopo di questo corso è proprio quello di fornire la formazione specifica ai soggetti destinati a ricoprire il compito di addetto antincendio.
  7. Si illustra la fonte normativa dei contenuti dei corsi che saranno sviluppati in questo testo. In particolare, si fa presente che il DM 10/03/1998 “Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro”, benché emanazione del D.Lgs. 19 settembre 1994 n° 626, (abrogato dal nuovo Testo Unico), è stato mantenuto in vigore dal legislatore, che ne ha fatto espressa menzione nell’articolo 46 del D.Lgs 81/2008, ribadendone la validità quale linea guida generale della prevenzione incendi nei luoghi di lavoro.
  8. Secondo quanto previsto dall’art. 2 e dagli allegati I e IX del DM 10/03/1998, il programma e la durata dei corsi devono esser graduati in base al livello di rischio delle attività lavorative in cui si troveranno ad operare gli addetti: basso, medio, elevato. I livelli di rischio incendio sono definiti nel modo seguente: Luoghi di lavoro a rischio di incendio basso: luoghi di lavoro dove sono presenti sostanze a basso tasso di infiammabilità e le condizioni locali e d’esercizio offrono scarse possibilità di sviluppo di principi di incendio ed in cui, in caso di incendio, la probabilità di propagazione dello stesso è da ritenersi limitata. Luoghi di lavoro a rischio di incendio medio: luoghi di lavoro dove sono presenti sostanze infiammabili e/o le condizioni locali e/o d’esercizio che possono favorire lo sviluppo di incendi ma nei quali, in caso di incendio, la probabilità di propagazione dello stesso è da ritenersi limitata. Luoghi di lavoro a rischio di incendio elevato: luoghi di lavoro dove sono presenti sostanze altamente infiammabili e/o per le condizioni locali e/o d’esercizio sussistono notevoli probabilità di sviluppo di incendi e nella fase iniziale sussistono forti probabilità di propagazione delle fiamme, ovvero non è possibile la classificazione come luoghi a rischio di incendio basso o medio. Suggerimento: far notare come la classificazione individui, come criteri distintivi, la presenza o meno di sostanze infiammabili, la possibilità o meno di sviluppo di incendi e, nel caso in cui l’evento nefasto si verifichi, la possibilità di una sua propagazione.
  9. In questa sezione vengono trattate le basi teoriche propedeutiche all’applicazione pratica della Prevenzione Incendi.
  10. Slide di presentazione delle prime definizioni. La combustione è una reazione chimica di ossido-riduzione tra due sostanze, denominate combustibile e comburente, con sviluppo di calore e, generalmente, di luce, accompagnata dall’emissione di fumo e gas, come prodotti residui. Il combustibile è la sostanza che, nella reazione, si “ossida” cedendo gli elettroni alla sostanza ossidante e fornendo energia sotto forma di luce e calore. Il comburente è la sostanza che si “riduce”, acquistando gli elettroni dal combustibile, il quale viene “ossidato”.
  11. Sono presentate altre definizioni base che evidenziano una distinzione tra termini ordinariamente utilizzati come sinonimi (fiamma e fuoco). L’emissione di calore, della luce e dei prodotti residui è una conseguenza della reazione chimica di “combustione”. La fiamma ed il fuoco sono i fenomeni conseguenti e visibili della reazione chimica e dipendono dalle condizioni di sviluppo della stessa. L’incendio non è altro che la conseguente diffusione incontrollata, nello spazio e nel tempo, del fuoco.
  12. Il triangolo del fuoco è la rappresentazione simbolica delle condizioni che si devono realizzare affinché possa verificarsi una combustione. La presenza di un combustibile e di un comburente non è sufficiente, da sola, a determinarne lo sviluppo. Serve un innesco che fornisca la cosiddetta energia di attivazione: quest’energia, sotto forma di calore, costituisce il terzo lato del triangolo della combustione e può avere origine varia. Essendo una reazione esotermica, una volta innescata, la combustione genera calore; questo può esser sufficiente a sostenere la reazione anche in assenza di apporto di energia dall’esterno. Dalla rappresentazione mediante triangolo del fuoco si possono trarre i principi generali della prevenzione e dell’estinzione degli incendi: la necessità di rompere il triangolo eliminando almeno uno dei tre lati ovvero uno dei tre elementi necessari affinché la reazione abbia luogo.
  13. In realtà anche la presenza dei tre elementi del triangolo del fuoco è condizione necessaria ma non sufficiente perché si sviluppi la combustione. Servono altre condizioni favorevoli. Prima di tutto la corretta proporzione tra combustibile e comburente ed il livello appropriato di energia dato dall’innesco. Poi, bisogna tener conto del fatto che la combustione si compie mediante una catena di reazioni chimiche intermedie che originano altre sostanze, instabili, chiamate radicali liberi. Il passaggio attraverso tali composti, nelle loro successive combinazioni e trasformazioni, conduce, dalle sostanze iniziali ai prodotti finali della combustione stessa. È necessaria quindi, come ulteriore condizione, l’iterazione della catena di reazioni chimiche intermedie che producono i radicali liberi.
  14. La slide è la prima di una serie dedicata alla descrizione dei tre elementi che compongono il triangolo della combustione. In questo corso, si prende in considerazione, quale comburente, solamente l’ossigeno dell’aria, ma ne esistono altri (ad es. il cloro), che possono reagire con le sostanze combustibili per dar luogo a reazioni esotermiche. L’ossigeno è normalmente presente nell’aria in percentuale del 21%. Tale concentrazione è sufficiente allo sviluppo del processo di combustione delle sostanze comunemente considerate combustibili e ad essa è associata una determinata evoluzione dei fenomeni chimico-fisici connessi. Una variazione della concentrazione di ossigeno cambia l’evoluzione degli incendi ed il comportamento delle sostanze coinvolte. Così, una miscela più ricca di ossigeno modifica le condizioni di infiammabilità: sostanze considerate incombustibili bruciano con fiamma (ad esempio il ferro); l’energia di attivazione si abbassa notevolmente; aumentano le temperature massime raggiungibili. Gli effetti amplificati del rogo della camera iperbarica, nell’incidente avvenuto il 31 ottobre 1997 presso la clinica Galeazzi di Milano, sono stati determinati proprio dall’atmosfera ricca di ossigeno.
  15. La modalità di combinazione dei combustibili con l’ossigeno nel processo di combustione dipende dal loro stato fisico di aggregazione: gassoso, liquido o solido. La fiamma è presente quando il combustibile, o parte di esso, si combina con l’ossigeno sotto forma di gas o vapori.
  16. I combustibili gassosi (sono quelli che si trovano allo stato fisico di gas a temperatura e pressione ambiente) si miscelano immediatamente con l’ossigeno presente nell’aria e, pertanto, sono particolarmente pericolosi. Infatti, per avviare la combustione della miscela è sufficiente una quantità minima di energia (prodotta ad esempio da una scintilla).
  17. Le miscele di gas – aria comburente prendono fuoco, se innescate, solo se nella miscela la percentuale di gas è all’interno di un campo (IL CAMPO DI INFIAMMABILITÀ) di valori ben determinati; al di fuori di questo campo, se cioè la concentrazione di gas è poco o troppo elevata (la miscela è povera o ricca di combustibile), indipendentemente dall’energia di attivazione, la combustione non avviene. La TEMPERATURA DI AUTOACCENSIONE è quella a cui un combustibile si accende spontaneamente senza più la necessità di un innesco esterno (è anche quella temperatura che deve avere un innesco esterno per accendere il combustibile). Il POTERE CALORIFICO è la quantità di calore che si ottiene dalla combustione di 1 m3 della sostanza esaminata. La REATTIVITÀ CON ALTRI GAS è utile nella scelta degli immagazzinamenti; se gas differenti fuoriusciti dai rispettivi contenitori amplificano il pericolo di incendio una volta miscelati, andranno prese adeguate misure preventive per evitarne il possibile contatto. La DENSITÀ RELATIVA ALL’ARIA indica se il gas fuoriuscito dal suo contenitore tende a disperdersi nell’atmosfera (gas più leggero dell’aria) oppure ad accumularsi in basso (gas più pesante dell’aria). Come si vedrà in seguito l’areazione dei locali è una delle normali misure di prevenzione contro gli incendi; avere informazioni sulla densità dei gas permette di decidere come realizzare le aperture di ventilazione.
  18. Affinché un combustibile liquido bruci è necessario che prima evapori e poi si misceli con il comburente. In questo caso, il calore favorisce l’evaporazione del liquido combustibile. Dopo che si è formata la miscela vapore combustibile-aria, per la sua accensione l’energia ancora richiesta è minima. Nel complesso, per incendiare un combustibile liquido, l’energia che deve essere somministrata serve in parte per far evaporare il liquido ed in parte per accendere la miscela aria–vapori. La differenza tra i vari combustibili liquidi è nella temperatura minima alla quale sono emessi vapori infiammabili; questa temperatura, valore caratteristico dei combustibili liquidi, si chiama TEMPERATURA DI INFIAMMABILITA’ (si dice anche PUNTO DI INFIAMMABILITA’), definita appunto come la “Minima temperatura alla quale alla quale un liquido emette vapori in quantità sufficiente a formare con l’aria una miscela infiammabile in grado di accendersi se posta a contatto con un innesco”. La benzina ha il PUNTO DI INFIAMMABILITA’ a – 21°C, il gasolio a + 65°C; la benzina è in grado di generare un incendio molto più facilmente a temperatura ambiente, mentre il gasolio deve essere riscaldato. Liquidi combustibili con caratteristiche diverse determinano misure di prevenzione e protezione diverse.
  19. La tEMPERATURA DI INFIAMMABILITÀ o PUNTO DI INFIAMMABILITÀ è stata già definita: è la temperatura minima alla quale vengono emessi vapori infiammabili che si miscelano con l’aria comburente e che si accendono a contatto con un innesco. La TEMPERATURA DI AUTOACCENSIONE è quella a cui un combustibile si accende spontaneamente senza più la necessità di un innesco esterno (è anche quella temperatura che deve avere un innesco esterno per accendere il combustibile). Da prove sperimentali si è visto che la combustione si innesca solo se la miscela vapori combustibili – aria comburente contiene determinati valori percentuali dell’una e dell’altra sostanza; la miscela si accende solo se la quantità di vapori combustibili sono contenuti entro un preciso campo di valori, detto appunto “CAMPO DI INFIAMMABILITÀ”. Se il contenuto di vapori combustibili nella miscela con l’aria è inferiore al limite minimo di detto campo o superiore al limite massimo, la miscela non si accende. Il POTERE CALORIFICO è la quantità di calore che si ottiene dalla combustione di 1 kg della sostanza esaminata. La TENSIONE DI VAPORE è un indice della facilità con cui un liquido evapora (dal punto di vista fisico è la pressione esercitata dal vapor saturo al di sopra del liquido quando è raggiunto l’equilibrio tra le due fasi); la tensione di vapore aumenta con la temperatura. Il PESO SPECIFICO serve a sapere se il liquido combustibile galleggia od affonda in acqua: è importante ai fini degli interventi di estinzione. Anche la MISCIBILITÀ IN ACQUA serve all’atto dell’estinzione; si può diluire il combustibile riducendone l’emissione di vapori infiammabili.
  20. Quando il combustibile è solido, a similitudine di quanto accade con i liquidi, perché il processo di combustione si avvii, serve dell’energia sia per rendere disponibile una quantità sufficiente di combustibile allo stato gassoso, sia per innescare la combustione. Per bruciare un combustibile solido, generalmente, serve una quantità maggiore di energia iniziale rispetto ai combustibili gassosi: prima, per liberare i gas contenuti all’interno della sostanza solida mediante PIROLISI; poi, per innescare la miscela tra i gas emesso ed il comburente. Esiste il PUNTO DI INFIAMMABILITA’ anche per i solidi la cui definizione è appunto la “Minima temperatura alla quale alla quale un solido emette vapori in quantità sufficiente a formare con l’aria una miscela infiammabile che può accendersi a contatto con un innesco” L’intero processo di combustione dei solidi, soprattutto quelli tradizionali, legno, carbone, tessuti naturali, ecc., comporta una fase in cui, esaurita la frazione gassosa del materiale, esso continua a bruciare senza fiamma, formando le BRACI. Al termine della combustione, rimane come residuo la CENERE, che altro non è che materiale, in genere di origine minerale, incombustibile. Approfondimento La piroscissione o pirolisi (o cracking in inglese), provoca la rottura dei legami atomici della materia solida permettendo la liberazione della frazione gassosa dei componenti della sostanza combustibile stessa.
  21. Il POTERE CALORIFICO è la quantità di calore che si ottiene dalla combustione di 1 kg della sostanza esaminata; si distingue il potere calorifico inferiore, che è esattamente quello ora definito, e che è quello che interessa ai fini antincendio, dal potere calorifico superiore, che tiene conto anche del calore speso per far evaporare l’acqua contenuta nella sostanza stessa. E’ la misura dell’energia rilasciata dal combustibile in questione, che potrà aumentare la temperatura ambiente e riscaldare gli altri combustibili presenti facendoli arrivare al loro punto di infiammabilità, determinandone, infine, l’accensione. La TEMPERATURA DI INFIAMMABILITÀ o punto di infiammabilità di un combustibile solido: è la temperatura minima alla quale si liberano gas in quantità sufficiente a formare, con l’aria, una miscela che, in presenza di un innesco, da luogo ad una combustione. La TEMPERATURA DI AUTOACCENSIONE è quella a cui un combustibile si accende spontaneamente senza più la necessità di un innesco esterno (è anche quella temperatura che deve avere un innesco esterno per accendere il combustibile). La PEZZATURA e la POROSITÀ vanno conosciute per capire quanto intimamente si mescolano aria comburente ed i gas ottenuti per pirolisi. Grandi pezzi di legno bruciano con maggiore difficoltà rispetto a fascine, a parità di quantità di materiale disponibile. La REATTIVITÀ CON L’ACQUA (ad es. fosforo o magnesio) è importante quando si stabilisce la sostanza estinguente da utilizzare; in alcuni casi specifici, benché in generale il mezzo ideale per spegnere incendi di materiali solidi sia l’acqua, questa non può essere usata poiché reagendo aggraverebbe l’incendio invece che estinguerlo. La conoscenza della COMPOSIZIONE CHIMICA permettere di capire quali saranno le sostanze presenti nei fumi e nei gas risultanti dalla combustione, e quali tra questi saranno tossici o comunque nocivi per le persone e per i beni materiali. Il CONTENUTO DI UMIDITÀ da una parte è un bene, poiché sottrae calore assorbendolo per evaporare; dall’altra può essere pericoloso per quelle sostanze in cui l’umidità favorisce fenomeni come la fermentazione che apportano calore, in casi estremi fino all’autoaccensione.
  22. La tabella riporta valori di temperatura di infiammabilità, temperatura di accensione e campo di infiammabilità (limiti di infiammabilità, inferiore e superiore) tipici per alcuni combustibili liquidi e gassosi. I combustibili gassosi, ovviamente, non hanno una temperatura di infiammabilità. É importante sottolineare come diversi liquidi sono in grado di emettere vapori infiammabili anche a temperature inferiori allo zero, mentre altri, se non vengono portati a temperatura superiore a quella ambiente (ad es., nel caso del gasolio, fino a 65° C), non possono dar luogo a combustione.
  23. La tabella riporta il potere calorifico indicativo di diversi combustibili, solidi, liquidi e gassosi. Da notare la ragguardevole quantità di calore rilasciata dalla combustione dei materiali plastici. Questi, oltre ad essere facilmente incendiabili, emettono nei gas combusti notevoli quantità di sostanze tossiche, a causa della loro composizione chimica contenente, oltre al carbonio e all’idrogeno, cloro e azoto, elementi costituenti di molti composti nocivi.
  24. Un approfondimento sulle polveri è doveroso, poiché, pur essendo dal punto di vista fisico, delle particelle solide, dal punto di vista dell’incendio, si comportano in maniera simile ai gas. Infatti, un granulo di polvere, con massa infinitesimale ha capacità termica praticamente nulla, mentre la superficie esposta all’azione dell’aria comburente è molto ampia in relazione al proprio volume. Per tale motivo la polvere è facilmente incendiabile. Polveri disperse in aria, in determinate condizioni, sono in grado di esplodere. Anche sostanze normalmente considerate incombustibili, come alcuni metalli, in polvere, possono bruciare.
  25. Anche per le polveri viene definito un LIMITE INFERIORE DI INFIAMMABILITÀ, a similitudine dei gas; esiste una concentrazione limite al di sotto della quale la combustione (ed anche l’esplosione) non può avvenire. La pericolosità della polvere è inversamente proporzionale alla sua GRANULOMETRIA: più sono piccole le particelle, più è alta l’infiammabilità od addirittura l’esplosività. Il POTERE CALORIFICO è la quantità di calore che si ottiene dalla combustione di 1 kg della sostanza esaminata. La REATTIVITÀ CON L’ACQUA od altre sostanze è importante per scegliere il tipo di estinguente e per le misure generali di prevenzione per lo stoccaggio dei materiali. La PRESENZA DI UMIDITÀ è importante per quei materiali soggetti a fermentazione od ossidazione, processi nei quali si genera calore che se raggiunge determinati livelli genera autocombustione.
  26. Questa slide è relativa al terzo lato del triangolo del fuoco, quello relativo all’energia di attivazione. La combustione prende avvio o perché la miscela di aria e combustibile entra direttamente a contatto con la sorgente di ignizione o perché una fonte di calore, non a contatto diretto con la miscela infiammabile, è in grado di far aumentare la temperatura del materiale combustibile fino a fargli raggiungere quella di autoaccensione. Nel primo caso si parla di accensione o innesco diretto, nel secondo di accensione od innesco indiretto. Esempi di sorgenti reali di innesco diretto sono: fiamme libere quali quelle di fornelli, forni, caldaie, saldatrici a gas, accendisigari, fiammiferi, candele, sigarette, ecc.; scariche elettrostatiche, scariche atmosferiche, scintille e archi elettrici, faville da sfregamento e/o urto, scarichi di motori a scoppio, ecc.; superfici calde (forni, caldaie, tubazioni, marmitte, ecc.), cuscinetti surriscaldati, metalli incandescenti, filamenti elettrici roventi, braci, reazioni chimiche, ecc. Fiamme e scintille, anche di breve durata, sono caratterizzate da una temperatura molto alta e un contenuto energetico generalmente sufficiente ad accendere fuochi di gas, polveri e vapori combustibili. Esempi di trasmissione del calore a distanza dal posto in cui viene prodotto sono rappresentati dalla sua propagazione attraverso elementi metallici strutturali degli edifici, o dalla diffusione, attraverso scale o altri collegamenti verticali, di fumi e correnti di aria o gas caldi, generati da un incendio. Tali esempi evidenziano come un incendio possa, in certe condizioni, propagarsi e creare situazioni di pericolo anche in aree ritenute sicure. Si menziona anche il fenomeno dell’autocombustione o riscaldamento spontaneo. L’autocombustione è un evento che si manifesta in particolari situazioni, con determinati materiali, soprattutto di origine naturale, in cui sono essi stessi a generare il calore che serve ad avviare una combustione, in assenza di fonti esterne che apportano energia. Casi tipici sono quelli che si verificano con cumuli di sostanze vegetali secche come le granaglie, ammassi di fieno, mucchi di carbone, ma anche stracci o segatura imbevuti di olio di lino o alcune polveri, come il nichel. Il fenomeno è dovuto a processi di fermentazione (le granaglie od i prodotti agricoli come il fieno), esclusivamente per i materiali naturali, o di ossidazione spontanea (ad es. il carbone), che avvengono in particolari condizioni di temperatura ed umidità, con scarsità di ventilazione in grado di dissipare il calore che si forma dalle reazioni, permettendone l’accumulo.
  27. Si descrivono, di seguito, i prodotti generati dalla combustione, in caso di incendio. Della natura delle fiamme si è parlato nelle definizioni. Il calore è una forma di energia che si trasmette tra corpi (qualunque sia lo stato di aggregazione, solido, liquido o gassoso) a temperatura differente (a puro titolo di richiamo, la temperatura è una grandezza che indica lo stato di agitazione delle molecole e quindi il loro contenuto energetico). Il fumo è composto da minutissime (spesso di diametro inferiore al micron) particelle solide, liquide o di vapore condensato che rimangono in sospensione e vengono trascinate nei moti convettivi dei gas combusti. Le particelle solide del fumo possono essere costituite da carbonio, catrame, incombusti per carenza di ossigeno, metalli pesanti ed altre sostanze incombustibili (ceneri). I gas combusti sono i prodotti finali che restano allo stato gassoso anche a temperatura ambiente. Essi costituiscono la maggior parte dei prodotti di reazione della combustione. Sono differenti sia in quantità sia in qualità, in funzione della composizione chimica dei combustibili reagenti e delle condizioni con cui la reazione avviene: fondamentalmente la quantità di ossigeno disponibile per la reazione, la temperatura iniziale e quella raggiunta durante le varie fasi della combustione.
  28. Tra i principali componenti dei gas combusti vi sono l’anidride carbonica, il monossido di carbonio ed il vapor d’acqua, prodotti dalla ricombinazione con l’ossigeno degli atomi di carbonio e idrogeno che compongono i combustibili ordinari (il monossido di carbonio si forma in carenza di ossigeno, per combustione incompleta). Tali composti, tuttavia non sono gli unici gas prodotti della combustione.
  29. Oltre al carbonio e all’idrogeno, i combustibili ed in particolare, le materie plastiche contengono molti altri elementi chimici, quali ad esempio il cloro, lo zolfo, l’azoto, ecc., che partecipano alla reazione di combustione, determinando la formazione di diversi composti pericolosi. La slide riporta alcuni prodotti di reazione, derivanti sia dalla combustione di materie plastiche, sia da quella di altre sostanze organiche. L’acido cloridrico si forma da composti contenenti cloro, come quasi tutte le plastiche più comuni: il PVC o i poliesteri. Può derivare anche dalla lana trattata. L’aldeide acrilica (acroleina) si forma dalla combustione di alcuni derivati del petrolio, olii e grassi, ma anche per lenta combustione della carta. L’acido cianidrico è originato da combustioni incomplete di lana, seta ed alcune resine come le acriliche o poliammidiche. L’idrogeno solforato denota la presenza di zolfo tra i componenti del materiale combustibile. Può derivare da lana, gomma, pelli, carne e capelli. L’ammoniaca si sviluppa dai materiali che contengono azoto: lana, seta, resine acriliche, fenoliche e poliammidiche. Il fosgene è un gas che si forma dalla decomposizione di composti di cloro e carbonio come alcuni idrocarburi clorurati (molti solventi come ad es. la trielina – tricloroetilene). L’anidride solforosa si sviluppa da una combustione di zolfo o di materiali che ne contengono grandi quantità, in condizioni di eccesso di aria.
  30. Si descrivono ora gli effetti dannosi dei prodotti della combustione sulle persone. Questi possono essere causati dall’azione diretta di fiamme e calore, fumo, gas combusti, oppure, in maniera indiretta, dall’effetto che questi fattori hanno sulle strutture e sugli impianti. Va considerata inoltre la carenza di ossigeno che viene consumato nel processo di combustione.
  31. Si riportano gli effetti di fiamme e calore sulle persone. USTIONE è il nome dato alla lesione della cute causata dal calore. La classificazione dell’ustione, di 1°, 2° o 3° grado si stabilisce in base alla gravità, estensione ed alla profondità di tessuto intaccato; la più leggera è di 1° grado, la peggiore di 3°. Le ustioni possono essere causate sia per contatto diretto alle fiamme, sia per esposizione al calore radiante. L’IPERTERMIA è l’aumento della temperatura corporea oltre i limiti fisiologici. Essa provoca un sovraccarico termico al sistema di termoregolazione che, quando non è più in grado di fronteggiarlo, porta al collasso. LA DISIDRATAZIONE è la carenza di acqua nell’organismo. L’ARRESTO RESPIRATORIO si verifica respirando aria calda allorché i capillari giungono al collasso. Secondo la letteratura, si ritiene che la massima temperatura sopportabile per pochi minuti sia compresa tra i 150 e gli 80°C; Per circa un’ora possono essere sopportati 50 - 60°C se l’aria è secca, meno se umida.
  32. Il primo effetto negativo dovuto alla grande quantità di fumo prodotta in un incendio (generalmente in modo molto rapido) è la mancanza di visibilità negli ambienti ed in particolare lungo le vie di esodo. Diminuisce così la possibilità di allontanarsi rapidamente dal luogo dell’incendio, e si prolunga la durata dell’esposizione alle sostanze tossiche. In caso di grande affollamento, è frequente l’insorgenza di crisi di panico, ulteriore impedimento all’evacuazione. Le condizioni di visibilità ridotta, inoltre, ostacolano i soccorsi. Il fumo è un prodotto irritante per le vie respiratorie e per gli occhi.
  33. I maggiori rischi per le persone derivano, tuttavia, più che dal calore, dall’azione tossica o comunque nociva dei gas combusti e del fumo visibile, a cui si aggiunge la carenza di ossigeno dell’aria, che viene consumato durante la reazione chimica, sottraendolo alla disponibilità per la respirazione delle persone. Il monossido di carbonio è la principale causa di morte in un incendio. E' un gas che si unisce ai globuli rossi del sangue creando un composto stabile, chiamato “carbossiemoglobina”, in sostituzione dell’ossiemoglobina formata con l’ossigeno. Ad ogni atto respiratorio milioni di globuli rossi sono sottratti alla possibilità di fissare l’ossigeno presente nell’aria. Tale processo può portare alla morte dell'organismo in 3 o 4 minuti.
  34. L'anidride carbonica è un gas asfissiante. Non forma, come il monossido di carbonio un legame stabile con l’emoglobina, ma provoca un aumento degli atti respiratori, per cui l'organismo tende ad inalarne sempre di più, insieme agli altri gas presenti nell'aria. Più anidride carbonica si inala, più si abbassa il livello di ossigeno nel sangue, con conseguente torpore e perdita di conoscenza; la morte sopraggiunge per soffocamento. Se la presenza di CO2 raggiunge il 5% l’aria diventa irrespirabile.
  35. L’aumento della percentuale degli altri gas combusti nell’aria ed il consumo di ossigeno respirabile nella reazione di combustione, determinano una carenza di quest’ultimo che ha effetti dannosi sul corpo umano. Questi si manifestano in maniera sempre più grave, in funzione della diminuzione percentuale dell’elemento nell’aria respirata. Al di sotto del 17% (la percentuale di ossigeno normalmente contenuta nell’aria è del 21%), si hanno problemi di coordinazione motoria affaticamento e possibile perdita di conoscenza. Tra il 12 ed il 10%, si manifestano vomito e sintomi di paralisi. Se la concentrazione scende al di sotto del 10% la morte sopraggiunge in pochi minuti, dopo un possibile collasso e passaggio per uno stato di coma.
  36. Acido cloridrico: una concentrazione di 1500 p.p.m. è fatale in pochi minuti; è fortemente irritante per gli occhi, per la pelle e per le vie respiratorie. Aldeide acrilica (CH2CHCHO): concentrazioni superiori a 10 p.p.m. possono essere mortali; estremamente irritante per gli occhi e per le vie respiratorie. Acido cianidrico (HCN): possiede un odore caratteristico di mandorle amare agisce interrompendo la catena respiratoria a livello cellulare e generando grave sofferenza funzionale nei tessuti ad alto fabbisogno di ossigeno, quali il cuore e il sistema nervoso centrale. Alla concentrazione dello 0,3% è mortale. Idrogeno solforato (H2S): a concentrazioni relativamente basse, provoca vertigini e vomito. Ad alte concentrazioni, attacca il sistema nervoso, provocando affanno e successivamente, il blocco della respirazione. Si riconosce per l’odore di uova marce. Ammoniaca (NH3): entro concentrazioni limitate, è fortemente irritante per naso, gola e polmoni. Un’esposizione prolungata può portare alla morte. Fosgene (COCL2): è altamente tossico. E’ molto insidioso perché gli effetti si manifestano a distanza di 24 – 72 ore dall’esposizione. L’Anidride solforosa (SO2): è irritante per le mucose degli occhi e delle vie respiratorie.
  37. I prodotti della combustione possono arrecare danno anche indirettamente alle persone, agendo sui materiali, sugli impianti e le strutture dei luoghi di lavoro. Le strutture metalliche degli edifici si indeboliscono, quando sottoposte ad un riscaldamento intenso. L’acciaio a 600°C dimezza la sua resistenza, mentre l’alluminio addirittura giunge a fusione. La maggior parte delle materie plastiche fonde a meno di 200°C, facendo cadere gocce incandescenti e rilasciando gas corrosivi che attaccano le strutture contribuendo al loro indebolimento. Il cedimento improvviso delle strutture, soggette all’azione progressiva del calore e dei gas, determina il crollo degli edifici. I materiali fragili, come i vetri, sottoposti alle tensioni imposte dalle dilatazioni termiche impedite si rompono, proiettando schegge pericolose e lasciando libero il passaggio, quando usati in serramenti, a fumi, gas od aria che contribuisce ad alimentare l’incendio. L’elevate temperature possono inoltre provocare la rottura di condotte di gas, di vapore, di acqua, o di liquidi di processo o anche lo scoppio di apparecchiature in pressione con proiezione di schegge, sovrappressioni e spargimenti di fluidi pericolosi. Il danneggiamento degli isolanti elettrici lascia esposte parti conduttrici in tensione che possono entrare in contato con le persone sia direttamente, sia tramite liquidi (come l’acqua) dispersi dagli impianti.
  38. Si passa a descrivere ora le sostanze estinguenti e le loro modalità di azione. L’estinzione degli incendi si attua intervenendo su almeno uno dei tre lati del triangolo del fuoco. Si può cercare di agire sul combustibile, o allontanandolo o arrestando la catena di reazioni che alimenta la combustione (INIBIZIONE CHIMICA). Nel primo caso si cerca di sottrarre al fuoco già acceso nuovo combustibile che possa alimentarlo. Esempi di allontanamento, oltre alla tempestiva rimozione di materiale combustibile solido presente in prossimità di una fiamma attiva o di qualunque altro innesco, sono rappresentati dalla chiusura di valvole del gas o di saracinesche di serbatoi di carburanti, od ancora, dal travaso di liquidi infiammabili in serbatoi lontani dal fuoco. L’inibizione chimica (detta anche inertizzazione) si ottiene, invece, introducendo nella miscela di composti iniziali ed intermedi che sta partecipando alla combustione, delle sostanze in grado di reagire con gli stessi (ad esempio il potassio di alcune polveri estinguenti) e formare altri composti stabili. Questi, non essendo in grado di reagire ulteriormente, interrompono il processo. Il soffocamento serve a ridurre (a valori insufficienti allo sviluppo o al sostentamento della combustione) la quantità di comburente in contatto col combustibile. Generalmente, il soffocamento avviene ricoprendo il combustibile con materiali solidi (es. coperte antincendio) o sostanze estinguenti, in grado di realizzare una separazione del comburente dal combustibile presente. È considerato soffocamento anche la diluizione dell’ossigeno presente nell’aria fino ad una percentuale inferiore alla minima necessaria al sostentamento della combustione. Raffreddare serve ad ostacolare l’azione del calore sia in relazione all’evaporazione dei liquidi combustibili e della pirolisi dei solidi, sia come fonte di ignizione. In sostanza, raffreddando si cerca di portare la temperatura al di sotto di quella di accensione e del punto di infiammabilità.
  39. Gli agenti estinguenti “tradizionali” intervengono producendo una o più azioni utili ad interrompere la combustione: raffreddamento, soffocamento, inibizione chimica. Il loro uso e modalità di estinzione variano in funzione del tipo di combustibile (ovvero del tipo di materiali atti ad incendiarsi), della sua quantità e della disponibilità di aria, dell’ambiente (aperto, chiuso) e delle strutture sottoposte ad incendio, della temperatura esistente, del calore prodotto, della possibilità di trasmissione del calore e della propagazione dei prodotti di combustione.
  40. Per sapere in quali casi possono essere utilizzati i vari estinguenti, gli incendi sono stati classificati in funzione del tipo di combustibile. Classe A: annovera tutti gli incendi di materiali solidi, di norma di natura organica. Comprende, da un parte, quelli a base cellulosica, come il legno, la carta, i tessuti, la paglia, ecc. e, dall’altra, i materiali plastici, la gomma ed i derivati, la pelle, ecc.. Caratteristica dei materiali a base di cellulosa è quella di bruciare prima in modo vivace, caratterizzato da fiamme, e poi senza fiamme visibili, in modo lento, con formazione di braci. Classe B: include gli incendi di idrocarburi liquidi in genere, catrami, grassi, olii, vernici, resine, solventi e alcoli. Tali sostanze sono contraddistinte da combustioni con altissime fiamme, bruciando totalmente, previa evaporazione o in forma gassosa, senza dare origine a braci. Classe C: comprende gli incendi di tutti i tipi di gas, quali il metano, il propano, il butano, l’acetilene, l’idrogeno, ecc.; i gas bruciano sempre con fiamma. Indipendentemente dal tipo di estinguente usato, lo spegnimento di fuochi di classe C può essere considerato definitivo solo dopo aver eliminato ogni possibilità di presenza o ulteriore rilascio di gas e vapori infiammabili. Classe D: comprende gli incendi di sostanze che reagiscono con gli agenti estinguenti ordinari e soprattutto con l’acqua, quali i metalli come sodio, potassio, alluminio, magnesio, titanio, zirconio e le loro leghe. Classe E: è relativa, in generale, agli incendi di apparecchiature elettriche sotto tensione. Questa classe non ha alcun rapporto con la natura dei materiali e le nuove normative non la contemplano più (norma En 2 – 2005), dato che, in effetti, i materiali che compongono le apparecchiature elettriche sono ascrivibili alla classe A ed in qualche caso alla B. Si espone la suddivisione tradizionale perché di interesse per l’utilizzo degli estintori, che nelle loro etichette, riportano la possibilità di essere usati o meno sugli apparati sotto tensione. Si accenna solamente anche alla la classe F, introdotta di recente (norma En 2 – 2005), relativa a fuochi di mezzi di cottura (olii e grassi vegetali o animali) in apparecchi di cottura.
  41. L’acqua è l’estinguente più comune e diffuso. Agisce per RAFFREDDAMENTO (assorbe, per evaporare, circa 600 kCal – 2,6 MJ, a kg) e per SOFFOCAMENTO, grazie al vapore prodotto (circa 1700 litri per kg d’acqua liquida) che ristagna sopra il materiale in combustione, frapponendosi tra ossigeno e combustibile. La sua massima efficacia è sui combustibili solidi, dove è in grado di raffreddare anche le braci, penetrando in profondità, grazie alla pressione con cui viene usualmente erogata dagli impianti di estinzione manuali. Non è invece efficace sugli incendi di classe C (a parte alcune nuove applicazioni ad altissima pressione). Non può essere usata su apparecchi elettrici in tensione, essendo conduttrice. In ogni caso, l’impiego di acqua su apparecchiature elettriche, sebbene efficace ai fini dell’estinzione (dopo aver posto fuori tensione e sezionato l’impianto o l’apparecchio), provocherebbe gravi danni al materiale o all’impianto. Sui metalli combustibili non va utilizzata poiché in generale questi, a contatto con l’acqua, possono reagire in maniera esplosiva. Da tenere in conto anche l’eventualità che siano sprigionate sostanze tossiche nella reazione con l’acqua. L’uso negli incendi di carburanti, che sviluppano altissime temperature, è controproducente perché l’acqua, in parte, bollirebbe immediatamente, provocando spruzzi di combustibile e, in parte, dato il suo maggiore peso specifico, affonderebbe, sollevando lo strato di combustibile causandone la fuoriuscita, con il risultato finale di espandere l’incendio. Un discorso diverso vale per i liquidi solubili in acqua, poiché, con la diminuzione di concentrazione viene ridotta anche la loro volatilità, limitando così l’emissione di vapori infiammabili.
  42. Le schiume sono dispersioni di gas in liquidi. La schiuma estinguente si ottiene miscelando acqua, aria ed appositi agenti schiumogeni, che possono essere proteinici o fluoroproteinici oppure di origine sintetica (gli unici che permettono di avere schiume a media od alta espansione). Ne deriva un aggregato di bolle di aria (o altro gas) rivestite da delle membrane colloidali, resistenti quanto basta per creare uno strato compatto di durata sufficiente. Dal punto di vista funzionale si distinguono in base al rapporto di espansione (R.E.), cioè al rapporto tra il volume di schiuma ed il volume della soluzione iniziale: schiume a bassa espansione > R.E. tra 1 e 20; schiume a media espansione > R.E. tra 20 e 200; schiume a alta espansione > R.E. oltre 200. La schiuma, inglobando molta aria è in genere più leggera dei carburanti infiammabili e per questo ne è l’estinguente ideale, poiché riesce a formare una strato sulla superficie dei liquidi in fiamme impedendo, da una parte, il contatto con l’ossigeno dell’ambiente e, dall’altra, la formazione dei vapori infiammabili. Grazie al contenuto di acqua di formazione, la schiuma ha anche potere raffreddante. Le schiume ad alta espansione si usano per saturare lo spazio circostante combustibili solidi di classe A, realizzando la separazione dal comburente. In formulazione specifica, la schiuma è in grado di spegnere i fuochi di classe F. Non è adatta allo spegnimento di gas in fiamme (fuochi di classe C), mentre la sua componente acquosa non ne consente l’uso su apparecchi in tensione (classe E), materiali deteriorabili, e metalli in fiamme (classe D).
  43. L’anidride carbonica è un gas inodore, incolore, inerte (non reagisce con altre sostanze), non tossico per l’uomo (benché ne sia stata illustrata la sua pericolosità come asfissiante), più pesante dell’aria e non conduttivo dal punto di vista elettrico. Non essendo corrosiva e non lasciando residui, è indicata per l’estinzione di apparecchi elettrici e di materiali solidi deteriorabili. La sua caratteristica negativa è l’alta volatilità, per cui, in ambienti aperti, si disperde facilmente. Si impiega o in caso di piccoli focolai, come estinguente diretto, o in caso di ambienti chiusi, dove si usano impianti che intervengono per saturare i locali. La sua azione estinguente è duplice, in quanto agisce: •per SOFFOCAMENTO, a causa del maggiore peso specifico rispetto a quello dell’aria, che ne determina la stratificazione in basso , permettendo di separare l’aria dalla superficie superiore dei materiali combustibili; •per RAFFREDDAMENTO intenso, dovuto alla rapida espansione del gas; infatti, essendo contenuta allo stato liquido in recipienti ad alta pressione, nel fuoriuscire dalla valvola di comando e trovandosi istantaneamente alla pressione atmosferica, l’anidride carbonica subisce un cambiamento di stato, diventando gassosa, con forte assorbimento di calore e abbassamento della temperatura nell’atmosfera circostante il getto. Si fa osservare che in un ambiente saturo di biossido di carbonio la concentrazione di ossigeno è insufficiente par la sopravvivenza delle persone. L’anidride carbonica può esser utilizzata su Fuochi di Classe A - B – C – E, con l’avvertenza che, riguardo la classe A, non spegne le braci e che, dopo lo spegnimento di un fuoco di classe C, deve essere interrotto l’afflusso di gas.
  44. Le polveri sono particelle solide finemente suddivise, costituite da miscele di sali e altre sostanze naturali o sintetiche. Ad esse vengono aggiunti diversi additivi, per renderle idonee ad essere proiettate sul materiale che brucia, mediante l’uso di gas propellenti in pressione attraverso appositi erogatori, per migliorarne la fluidità, l’idrorepellenza, la conservabilità e, in alcuni casi, la compatibilità con le schiume (per realizzare prodotti estinguenti denominati “Twin Agents”) . Normalmente si usa suddividerle in: • POLVERI CHIMICHE: bicarbonato di sodio e potassio, indicate per fuochi di classe B e C (liquidi e gas); •POLVERI CHIMICHE POLIVALENTI: a base di sali di ammonio, idonee per fuochi delle classi A, B e C (solidi, liquidi e gas); • POLVERI INERTI: costituite da allumina, grafite, cloruri alcalini, da usare specificatamente per i fuochi di classe D (metalli). La principale azione estinguente esplicata dalle polveri consiste nella INIBIZIONE CHIMICA. A questa si aggiunge il SOFFOCAMENTO (più specifico delle polveri polivalenti) dovuto al fatto che le polveri, fondendo, creano una sorta di crosta vetrosa che impedisce il contatto con l’aria. Esiste anche una blanda azione di RAFFREDDAMENTO, provocata dall’assorbimento di calore nella decomposizione delle polveri a contatto con il combustibile infiammato. Non contenendo acqua, sono indicate anche per la classe E (apparecchi in tensione) e D (metalli), anche se per la classe D si devono usare solo ed esclusivamente le polveri apposite per ciascuna delle sostanze appartenenti a questa classe. Di contro, pur non essendo abrasive e corrosive, si depositano in modo copioso in ogni recesso di tutte le apparecchiature esposte al getto degli estintori, danneggiandole irrimediabilmente nella maggior parte dei casi. Pertanto, se ne sconsiglia l’uso in presenza di apparecchiature critiche (delicate o particolarmente importanti) e, in generale, di apparecchi elettronici, preferendogli l’anidride carbonica. A causa del limitato potere raffreddante, sono inefficaci sulle braci di solidi.
  45. In passato, hanno avuto ampia diffusione gli “Idrocarburi alogenati”, (normalmente conosciuti come “Halon”), dei gas derivati da idrocarburi saturi (ad es. il metano) tramite la parziale sostituzione degli atomi di idrogeno con atomi di alogeni (Cloro Cl, Bromo Br, Fluoro F, Iodio I), ottenendo così da gas infiammabili, sostanze estinguenti. I prodotti di maggiore efficacia e quindi più utilizzati sono stati: l’Halon 1301 – Bromotrifluoroetano (CBrF3)‏ l’Halon 1211 - Bromoclorodifluorometano (CBrClF2)‏ L’azione estinguente degli halon era esplicata prima di tutto per INIBIZIONE CHIMICA (INERTIZZAZIONE), intervenendo con elevata efficacia nell’interruzione della catena di reazione della combustione. Il peso maggiore rispetto all’aria ne determinava la stratificazione al di sotto di questa, esercitando anche un’azione di soffocamento. Avevano le proprietà di non condurre l’elettricità, non essere corrosivi e non tossici per l’uomo. Erano indicati per spegnere fuochi di classe B, C e per l’applicazione su apparati elettrici/elettronici. Non potevano essere usati su metalli in fiamme (classe D) ed erano inefficaci sulle braci, avendo un limitato potere raffreddante. Il principale problema di queste sostanze, la loro estrema dannosità per l’ozono atmosferico, ne ha determinato il ritiro dal commercio ed il divieto di uso, con l’eccezione di alcune situazioni “Critiche” definite dalla normativa vigente, corrispondenti fondamentalmente all’ambito militare, petrolchimico/estrattivo, nucleare ed al trasporto per nave ed aereo. Al loro posto sono stati introdotti gli idroclorofluorocarburi e gli idrofluorocarburi, denominati “Clean Agents”. Essi hanno le stesse caratteristiche degli halon e la stessa funzionalità, ma non la stessa efficacia. La pericolosità nei confronti dell’ozono è decisamente minore ma non nulla. Per questo motivo anche questa famiglia di gas estinguenti è sottoposta a limitazioni di utilizzo da parte della normativa europea (vedi il regolamento 1005/2009 CE del 16 settembre 2009 “Sulle sostanze che riducono lo strato di ozono”). E’ stato quindi introdotto l’uso dei gas inerti, come l’argon (Ar), l’azoto (N2) e loro miscele, che agiscono essenzialmente per soffocamento.
  46. Ai fini del comportamento da tenere in caso di emergenza, ha importanza conoscere l’evoluzione tipica di un incendio e delle varie fasi in cui esso si sviluppa, perché solo in alcune di esse è possibile compiere le azioni necessarie a contenere o spegnere il fuoco, o dar luogo alle procedure di evacuazione, in condizioni di sicurezza. L’innesco è la fase in cui si sviluppa il focolaio di incendio, il quale rimane inizialmente circoscritto. In questa fase risulta fondamentale la disponibilità di un sistema di rivelazione e allarme tempestivo, poiché quanto prima viene rilevato il focolaio e dato l’allarme, tanto più tempo rimane per un possibile intervento di spegnimento o contenimento e per l’evacuazione e la chiamata dei soccorsi, se necessario. Durante la fase di propagazione, il focolaio si estende, andando ad attaccare i materiali combustibili che si trovano nelle vicinanze. Il fumo ed i primi gas prodotti cominciano a svilupparsi in maniera copiosa mentre le fiamme ancora non sono eccessivamente diffuse; la temperatura aumenta gradualmente ma questo aumento non interessa subito tutto il materiale combustibile. Finché il fumo ed i gas prodotti non saturano gli ambienti è ancora possibile tentare azioni di contenimento o estinzione, oltre all’evacuazione. Nell’istante in cui la temperatura raggiunge il valore di autoaccensione di tutti i materiali combustibili presenti, all’incirca intorno ai 600°C (punto di “Flash over”), tutti questi prendono fuoco. Da quel momento non è più possibile alcun intervento di spegnimento; Sono possibili solo interventi di raffreddamento delle aree circostanti l’incendio per evitare l’ulteriore propagazione. In tali condizioni ci si deve affidare alla resistenza e tenuta delle strutture per evitare crolli e per mantenere circoscritto l’incendio, in modo da proseguire una eventuale evacuazione non completata. L’autoestinzione sopraggiunge per il progressivo esaurimento di tutto il materiale combustibile presente, consumato dall’incendio.
  47. La slide riporta la rappresentazione grafica dell’andamento tipico di un incendio nel piano cartesiano tempo – temperatura.
  48. È fondamentale rimarcare che interventi diretti di estinzione possono esser compiuti solo prima del flash over, fino a che le temperature non hanno raggiunto valori tali da innescare tutte le sostanze ed i materiali presenti e fumo e gas tossici non hanno saturato gli ambienti.
  49. La figura consente di visualizzare cromaticamente le fasi di un incendio e le aree di intervento. Poiché gli interventi di estinzione sono possibili solo nell’area arancione, questa deve essere temporalmente la più estesa possibile. Per “estendere” quest’area si possono adottare diversi provvedimenti, primo fra tutti disporre di un sistema di rivelazione e allarme incendi rapido, che diminuisce il “tempo morto” (nel grafico, la zona arancione si estende a sinistra, riducendo quella gialla), poiché qualunque intervento si attiva solo dopo l’avvenuto allarme. L’utilizzo di materiali incombustibili o a bassa reazione al fuoco concorre a contenere la temperatura e ad allontanare il momento del flash over (in questo caso, la zona arancione si espande verso destra, visto che la posticipazione del flash over allontana l’inizio della zona rossa di incendio generalizzato). La presenza di evacuatori di fumo permette, oltre a smaltire il calore contenuto nei fumi di combustione - e quindi, di nuovo, a mantenere più bassa la temperatura - anche di impedire che i fumi riempiendo l’ambiente si vedono a stratificare dall’alto verso il basso, rendendo irrespirabile l’aria nei locali colpiti da incendio ed impedendo la visibilità; ostacolando in definitiva, sia l’intervento degli addetti antincendio e delle squadre di soccorso esterne, sia l’evacuazione dei presenti.
  50. Le cause ed i pericoli di incendio più comuni espressamente richiamati dal DM 10 marzo 1998 sono: a) deposito di sostanze infiammabili o facilmente combustibili in luogo non idoneo o loro manipolazione senza le dovute cautele; b) accumulo di rifiuti, carta od altro materiale combustibile che può essere incendiato accidentalmente o deliberatamente; c) negligenza relativamente all'uso di fiamme libere e di apparecchi generatori di calore; d) inadeguata pulizia delle aree di lavoro e scarsa manutenzione delle apparecchiature; e) uso di impianti elettrici difettosi o non adeguatamente protetti; f) riparazioni o modifiche di impianti elettrici effettuate da persone non qualificate; g) presenza di apparecchiature elettriche sotto tensione anche quando non sono utilizzate (salvo che siano progettate per essere permanentemente in servizio); h) utilizzo non corretto di apparecchi di riscaldamento portatili; i) ostruzione delle aperture di ventilazione di apparecchi di riscaldamento, macchinari, apparecchiature elettriche e di ufficio; j) presenza di fiamme libere in aree ove sono proibite, compreso il divieto di fumo o il mancato utilizzo di portacenere; k) negligenze di appaltatori o degli addetti alla manutenzione; l) inadeguata formazione professionale dei personale sull'uso di materiali od attrezzature pericolose ai fini antincendio.
  51. Non sempre è possibile stabilire con certezza a posteriori cosa ha originato un incendio. Dalle statistiche elaborate dai Vigili del Fuoco nell’anno 2009, ad esempio, non risulta definita la causa del 36% degli incendi registrati. Tra quelli chiaramente individuati, gli incendi di origine elettrica, sono i più frequenti, dovuti ad impianti realizzati non a regola d’arte, ad apparecchiature elettriche difettose, o, comunque, al cattivo uso degli stessi. Risulta evidente l’importanza di una realizzazione ed un uso corretto di impianti e apparecchi, nonché la loro regolare manutenzione. Da notare anche il contributo dovuto alle sigarette.
  52. La slide richiama la classica suddivisione tra misure di prevenzione e misure di protezione che, correttamente predisposte, servono, nel loro insieme, a ridurre il rischio di incendio.
  53. Si riportano ora le principali misure tecniche di prevenzione contro gli sviluppi degli incendi. Sebbene la maggior parte di queste non sia di specifica competenza degli addetti antincendio, è bene che essi ne siano informati poiché, comunque, le misure tecniche hanno impatto sullo svolgimento del loro incarico. Alle misure di protezione è dedicata una apposita sezione del corso. Realizzazione di impianti, apparecchi e componenti elettrici a regola d'arte È una misura molto importante poiché le statistiche evidenziano tra le principali cause di incendio proprio quelle di origine elettrica. La realizzazione degli impianti in conformità alle norme tecniche da loro la presunzione di esecuzione a regola d’arte. Questa è garantita dalla dichiarazione di conformità rilasciata dall’installatore al termine dei lavori o nei casi previsti dal DM 37/08, dalla dichiarazione di rispondenza. Per quanto riguarda le apparecchiature elettriche, queste devono rispettare i requisiti di sicurezza delle direttive europee. Ne sono garanzia la marcatura CE e, per le direttive di prodotto che la prevedono, la dichiarazione di conformità CE. Alcuni componenti sono esclusi dal campo di applicazione delle direttive europee e non devono essere marcati CE, come ad es. le prese a spina ad uso domestico. In questi casi, la rispondenza alle norme tecniche può essere attestata da marchi di qualità, rilasciati da enti terzi (ad es. il marchio IMQ). Collegamento elettrico a terra La messa a terra degli impianti e delle strutture ha un doppio effetto ai fini della prevenzione dagli incendi. Con l’adozione degli opportuni collegamenti equipotenziali, riduce la possibilità del verificarsi di scariche elettrostatiche, che determinano facilmente l’innesco di incendi o esplosioni, in presenza di miscele di gas o vapori infiammabili. Nel caso specifico degli impianti, coordinata con le protezioni differenziali, consente di interrompere le correnti di dispersione, sufficienti in taluni casi a determinare l’innesco dell’incendio. I sistemi di messa a terra ed i collegamenti equipotenziali devono essere definiti all’interno della progettazione complessiva degli impianti elettrici, fatta in conformità alla legislazione vigente. Sistemi di protezione dalle scariche atmosferiche La valutazione del rischio da scariche atmosferiche e l’adozione delle misure conseguenti (tra cui, ove richiesto a seguito della valutazione, la progettazione e l’installazione di un parafulmine) consentono di ridurre a valori ritenuti tollerabili il rischio di innesco causato dalla fulminazione diretta o indiretta degli impianti e delle strutture. Dispositivi di sicurezza degli impianti di distribuzione e degli utilizzatori di sostanze infiammabili Questi dispositivi servono ad evitare fuoriuscite involontarie di combustibili, come le termocoppie per il controllo di bruciatori delle cucine a gas, ad impedire l’aumento incontrollato della temperatura (termostati di forni o stufe) ed a prevenire il contatto tra aria e vapori infiammabili (tipici sono i casi dei serbatoi dei distributori di carburante, nei quali l'aria che entra al momento dell'erogazione del prodotto viene introdotta dal fondo del serbatoio e fatta gorgogliare attraverso il combustibile in modo da saturarsi di vapori di benzina e superare il limite superiore del campo di infiammabilità). Tali sistemi possono essere collegati ad impianti d’allarme (da non confondere con gli impianti di rilevazione e rivelazione incendi, che sono dispositivi di protezione; i sistemi di allarme qui trattati servono, in genere, ad avvisare di perdite di combustibile). Ventilazione dei locali La ventilazione naturale o artificiale di un ambiente dove possono accumularsi gas o vapori infiammabili evita che in tale ambiente possano verificarsi concentrazioni al di sopra del limite inferiore del campo d'infiammabilità. Impiego di materiali incombustibili Dal punto di vista della prevenzione, l’uso di materiali e attrezzature di lavoro incombustibili o difficilmente combustibili riduce la possibilità di sviluppo degli incendi. quando non è possibile utilizzare materiali incombustibili, si deve cercare almeno di sostituire le sostanze più pericolose con altre che lo sono meno (ad es. benzina con gasolio); Adozione di pavimenti ed attrezzi antistatici Si tratta di un provvedimento adottato in caso di ambienti lavoro dove è prevista la presenza di gas, polveri o vapori infiammabili. Progettazione, realizzazione, installazione, controllo periodico e manutenzione di impianti ed attrezzature di lavoro Oltre agli impianti ed alle apparecchiature elettriche, in generale, tutti gli impianti di servizio e di processo e le attrezzature utilizzate durante il lavoro, devono essere realizzate in conformità alle direttive di prodotto applicabili ed alla legislazione vigente. Tra le misure tecniche di prevenzione, si devono considerare anche il controllo periodico e la manutenzione degli impianti e delle attrezzature di lavoro. Il loro mantenimento in efficienza è una delle misure generali di tutela stabilita dalla normativa sulla sicurezza sul lavoro ed è uno degli obblighi spettanti al datore di lavoro, che deve affidarli a personale competente e qualificato (D.Lgs 81/08, art. 71, co.8, lett. c). Tale attività esula dai compiti degli addetti antincendio. Lo scopo del controllo e della manutenzione è quello di rilevare e rimuovere qualunque difetto, danno od impedimento che possa pregiudicare il corretto funzionamento di dispositivi, apparecchiature e impianti. In particolare dal punto di vista impiantistico, devono essere sottoposti a controllo e manutenzione: gli impianti elettrici e quelli di protezione dalle scariche atmosferiche gli impianti idrici e sanitari gli impianti di riscaldamento e refrigerazione gli impianti di distribuzione ed utilizzo gas gli apparecchi a rischio specifico (ascensori, montacarichi, ecc.). Il controllo periodico e la manutenzione di tutte le attrezzature di lavoro deve essere fatto in conformità alle istruzioni dei costruttori, alla normativa tecnica ed alla legislazione vigente. Il controllo e la manutenzione dei presidi antincendio saranno oggetto di trattazione specifica.
  54. Le misure precauzionali, da considerare oltre alle misure tecniche di prevenzione, sono costituite da divieti, limitazioni di esercizio e misure comportamentali. Esse indirizzano e regolano lo svolgimento delle attività quotidiane delle persone sul luogo di lavoro perché le misure tecniche, da sole, non sono sufficienti a perseguire la sicurezza contro gli incendi.
  55. Da questa diapositiva inizia la trattazione delle aree principali di intervento delle misure precauzionali e di esercizio per prevenire lo sviluppo degli incendi. Vengono fornite indicazioni dirette sulle misure che i lavoratori, le persone preposte al controllo, quelle che hanno compiti dirigenziali, i datori di lavoro e qualunque altro soggetto presente, in relazione al ruolo e alla competenza, devono adottare o far rispettare. Deposito ed utilizzo di materiali infiammabili e facilmente combustibili Utilizzare solo lo stretto necessario per il lavoro, evitando di accumulare sostanze pericolose nei luoghi frequentati; tenere lontano i combustibili dalla vie di esodo; depositare i combustibili in aree appositamente destinate a tale scopo, che devono essere separate dal resto dei locali di lavoro con strutture resistenti al fuoco; formare e addestrare adeguatamente il personale che manipola sostanze infiammabili o chimiche pericolose sulle situazioni che possono incrementare il rischio d’incendio; seguire scrupolosamente le istruzioni riportate sulle etichette e sulle schede di sicurezza delle sostanze utilizzate.
  56. Utilizzo di fonti di calore Non utilizzare fonti di calore (ad es. stufe o fornelli) senza autorizzazione; (conseguentemente al primo punto) non effettuare “lavori a fuoco” senza le autorizzazioni stabilite con apposite procedure; porre attenzione a: impiegare e/o tenere bombole di gas vicino agli apparecchi di riscaldamento (anche vuote); non depositare materiali combustibili vicino ad apparecchi di riscaldamento; non usare fiamme libere o effettuare lavorazioni che producano scintille, in presenza di materiale infiammabile; non utilizzare apparecchi termici in mancanza di adeguata ventilazione degli ambienti; pulire i condotti di aspirazione di cucine, forni, seghe, molatrici ecc., per evitare l'accumulo di grassi o polveri; controllare gli ambienti in cui sono previste lavorazioni con fiamme libere e quelli dove sono state usate, per evitare che siano rimaste braci o fiamme accese incustodite; sgombrare da materiali combustibili le aree dove si effettuano lavori di saldatura o di taglio alla fiamma, tenendo presente il rischio legato alla proiezione di eventuali faville.
  57. Rifiuti e scarti di lavoro combustibili evitare, anche temporaneamente, il deposito di scarti e rifiuti lungo le vie d’esodo,; rimuovere regolarmente i rifiuti, senza farli accumulare. Il fumo e l'utilizzo di portacenere Le sigarette sono fra le maggiori cause di incendio. Individuare e distinguere nettamente e chiaramente le aree dove vige il divieto di fumo e quelle dove invece fumare è permesso; Dotare le aree dove è consentito fumare di portacenere in quantità sufficiente; questi andranno svuotati regolarmente e frequentemente; non raccogliere il contenuto dei portacenere con altri rifiuti combustibili.
  58. Uso delle attrezzature di lavoro Non utilizzare in modo improprio attrezzature ma seguire le istruzioni riportate nell’apposito libretto e le procedure predisposte dal datore di lavoro; non manomettere od escludere allarmi o dispositivi di sicurezza; utilizzare gli apparecchi solo in ambienti idonei (controllare la presenza di infiammabili, alto carico di incendio etc.); formare e addestrare adeguatamente il personale all’uso delle attrezzature di lavoro.
  59. Impianti ed attrezzature elettriche Formare il personale sul corretto uso delle attrezzature e degli impianti elettrici e istruirlo a riconoscere difetti; non sovraccaricare l’impianto per evitare il surriscaldamento dei cavi ed il deterioramento degli isolanti; non utilizzare prese multiple: se non evitabile, limitarsi alla loro capacità di assorbimento elettrico; evitare l’impiego di più prese in “cascata”; controllare che le spie siano sempre complet realizzare, in caso di necessità, le alimentazioni provvisorie con cavi della lunghezza strettamente necessaria; un cavo troppo lungo avvolto su se stesso è soggetto ad un riscaldamento maggiore rispetto ad uno totalmente svolto; far intervenire sugli impianti elettrici solo personale specializzato; disalimentare le apparecchiature elettriche (saldatrici, elettroutensili, generatori od alimentatori, apparecchi di illuminazione, ecc.), al termine del loro uso.
  60. Regolamentazione accessi in aree pericolose Regolare l’accesso in aree pericolose con apposite procedure autorizzative (permessi di lavoro). Aree non frequentate Tenere liberi da materiali combustibili non essenziali i locali non presidiati dove, se si sviluppasse un incendio, non sarebbe prontamente rilevato (scantinati, locali deposito); adottare precauzioni per impedire l'accesso di persone non autorizzate a tali aree. Misure contro gli incendi dolosi istituire un sistema di controllo accessi, almeno nelle aree a maggior rischio, per evitare che estranei malintenzionati possano appiccare il fuoco; estendere il controllo anche alle aree esterne ai fabbricati, laddove sia possibile raggiungere eventuali materiali combustibili.
  61. Vie d’esodo, segnaletica e mezzi d’estinzione I presidi antincendio e le vie di fuga devono essere fruibili in qualunque momento, pertanto ci si deve assicurare di: non ingombrare le vie d’esodo con materiali o mezzi di trasporto, garantendo il libero passaggio attraverso corridoi ed uscite d’emergenza; non lasciare aperte le porte tagliafuoco, per evitare la diffusione di eventuali prodotti di combustione; non appoggiare materiali di fronte o sulla segnaletica di sicurezza, occultandone la vista; non porre materiali in modo da ostacolare l’uso dei mezzi di estinzione; gli estintori e gli altri presidi antincendio devono essere sempre a portata di mano.
  62. Situazioni straordinarie Le misure precauzionali del normale esercizio, per mantenere la loro efficacia, devono essere adattate, di volta in volta, in funzione delle eventuali condizioni straordinarie che possono presentarsi come, ad esempio, nel caso di manutenzioni o ristrutturazioni. Ditte esterne Le misure precauzionali da adottare in presenza di personale appartenente a ditte esterne, ad es. imprese appaltatrici, derivano da una preventiva valutazione del rischio che tenga conto anche delle possibili interferenze tra le attività lavorative, in conformità a quanto previsto dall’art. 26 del D. Lgs 81/08.
  63. Il sottostante elenco riporta gli ambiti in cui agli addetti antincendio spettano compiti di sorveglianza, per garantire il rispetto delle misure precauzionali di esercizio descritte nelle slide precedenti. In particolare deve esser verificato periodicamente che: le vie di uscita, quali passaggi, corridoi, scale, siano libere da ostruzioni e da fonti di pericolo; le porte sulle vie di uscita si aprano facilmente; le porte resistenti al fuoco non siano danneggiate e chiudano regolarmente; le porte resistenti al fuoco siano chiuse, ove previsto; le apparecchiature elettriche che non devono restare in servizio siano messe fuori tensione; non vi siano fiamme libere incustodite o senza controllo; i rifiuti e gli scarti combustibili siano rimossi dal luogo di lavoro; i materiali infiammabili siano depositati in luoghi sicuri; il luogo di lavoro sia protetto contro gli accessi incontrollati. I controlli che gli addetti antincendio devono svolgere nell’ambito della sorveglianza devono essere definiti, in fase di programmazione, dal datore di lavoro o da un servizio appositamente incaricato (ad esempio, il servizio di prevenzione e protezione).
  64. In questa sezione vengono esposti i fondamenti della protezione contro gli effetti degli incendi.
  65. Le misure di protezione hanno lo scopo di limitare le conseguenze dello sviluppo di un incendio. La protezione può essere attiva o passiva. I sistemi di protezione passiva non agiscono sull’incendio, ma, per il solo fatto di essere presenti, ne ostacolano il propagarsi e limitano i danni che possono essere arrecati alle persone ed alle cose. La protezione passiva non necessita di alcun intervento da parte degli uomini e non contempla l’uso di impianti od attrezzature. I sistemi di protezione attiva richiedono l’intervento dell’uomo e/o l’ausilio di attrezzature ed impianti. La protezione attiva è finalizzata alla sollecita rilevazione e segnalazione dell’incendio, all’azione di spegnimento dello stesso ed allo smaltimento dei prodotti nocivi della combustione.
  66. La slide elenca le principali misure di protezione passiva che saranno di seguito descritte.
  67. La slide elenca le principali misure di protezione attiva che saranno di seguito descritte.
  68. La prima misura di protezione passiva considerata è l’isolamento, realizzato mediante distanze di sicurezza o schermi protettivi. Il distanziamento delle installazioni trova diffusa applicazione in ambito industriale, dove, in taluni casi, è possibile disporre di ampi spazi. La determinazione delle distanze di sicurezza consegue da calcoli che tengono conto dell’energia termica irradiata e della diffusione dei fumi caldi negli scenari di incendio previsti nella progettazione, sebbene le distanze di sicurezza stabilite nelle norme, generalmente sono ricavate sperimentalmente o dall’esperienza di incendi reali. Nella progettazione, si tiene conto anche della disponibilità di misure di protezione attiva. In mancanza di spazio, o dove sia ritenuto necessario, l’isolamento da impianti od apparecchi pericolosi, può essere fatto anche avvalendosi di barriere, ottenute con la costruzione di muri tagliafuoco, interrando gli impianti o gli apparati oppure rivestendoli con materiali isolanti. Approfondimento Tutte le definizioni riguardanti la sicurezza antincendio, sono contenute nel Decreto del Ministero dell’Interno 30/11/1983 “Termini, definizioni generali e simboli grafici di prevenzione incendi” e sue modifiche ed integrazioni.
  69. La compartimentazione si attua delimitando determinate aree con strutture “tagliafuoco”, in grado di impedire per un tempo stabilito la propagazione di un incendio. Le strutture tagliafuoco devono essere sia verticali, sia orizzontali. Il sezionamento verticale comprende i muri, le porte tagliafuoco e le protezioni dei condotti orizzontali mentre quello orizzontale solai e pavimenti tagliafuoco nonché le protezioni di condotti verticali. I compartimenti possono comprendere locali situati su più piani, in dipendenza di scelte progettuali; la superficie, però, non può eccedere quella indicata dalle regole tecniche emanate dal Ministero degli Interni. Va sottolineato come il compartimento sia uno spazio racchiuso da elementi costruttivi (muri, solai, porte, ecc.) di resistenza al fuoco predeterminata. Aver realizzato i compartimenti fa si che, per il tempo definito dal valore di resistenza al fuoco: se si innesca un incendio in un compartimento, il fuoco rimane confinato in esso e non si propaga nella zone adiacenti; se si innesca un incendio all’esterno di un compartimento, esso rimane immune dagli effetti dell’incendio stesso. Approfondimento La definizione di compartimento contenuta nel DM 30.11.1983 recita: “Parte di edifici delimitata da elementi costruttivi di resistenza al fuoco predeterminata e organizzata per rispondere alle esigenze della prevenzione incendi” La definizione contempla anche il fatto che un compartimento sia organizzato per rispondere alle esigenza della prevenzione incendi; vuol dire che un compartimento viene realizzato con specifici scopi, come per esempio per racchiudere le scale di sicurezza, per creare luoghi sicuri, spazi calmi, ecc. (vedere le slide sulle vie d’esodo che seguono).
  70. La compartimentazione è completamente realizzata quando le porte sono chiuse. L’azionamento in chiusura delle porte scorrevoli, oltre che manualmente, può esser comandato da un sistema automatico di rilevazione incendi.
  71. La resistenza al fuoco è caratterizzata attraverso i tre parametri: stabilità: attitudine di un elemento da costruzione a conservare la resistenza meccanica sotto l'azione del fuoco; tenuta: attitudine di un elemento da costruzione a non lasciar passare né produrre, se sottoposto all'azione del fuoco su un lato, fiamme, vapori o gas caldi sul lato non esposto; isolamento termico: attitudine di un elemento da costruzione a ridurre, entro un dato limite, la trasmissione del calore. Tuttavia tali caratteristiche non sono mantenute all’infinito dalle strutture, ma possono esser conseguite per un tempo minimo, specificato dal costruttore in funzione delle condizioni di installazione. La slide evidenzia l’importanza di un altro elemento da considerare, congiuntamente alla compartimentazione delle aree, e cioè la resistenza strutturale degli elementi. Sebbene non sia espressamente menzionata come una misura di protezione passiva, contribuisce a determinare le conseguenze dell’incendio, oltre ad essere fondamentale nella gestione dei tempi di evacuazione. La resistenza al fuoco del “perimetro” che deve avere un compartimento (e quindi i suoi elementi strutturali e di separazione) è stabilita in funzione del carico d’incendio, dell’infiammabilità dei materiali, della destinazione dei locali, dell’affollamento, della lunghezza delle vie di esodo, della modalità di stoccaggio dei materiali, delle lavorazioni, dell’ubicazione e accessibilità, dell’altezza dei locali e del fabbricato, della presenza di piani interrati, impianti antincendio, ecc. Approfondimento: Il DM 9 marzo 2007 definisce il carico di incendio come “potenziale termico netto della totalità dei materiali combustibili contenuti in uno spazio corretto in base ai parametri indicativi della partecipazione alla combustione dei singoli materiali”. Il carico d’incendio specifico è il carico di incendio riferito all’unità di superficie lorda. E’ espresso in MJ/m2. In sostanza il carico di incendio da evidenza della quantità di calore che può essere liberata dal complesso dei materiali combustibili presenti in un determinato ambiente. Nella normativa precedente al DM 9 marzo 2007 il carico d’incendio è espresso in chilogrammi di legna equivalente per unità di superficie, facendo riferimento alla definizione del DM 30 novembre 1983, ora abrogata. Per esempio quando si trova scritto che il carico di incendio di un locale è pari a 30 kg/m2 di legna equivalente si deve intendere che i materiali combustibili presenti in esso, incendiati, sviluppano, per unità di superficie, tanto calore quanto ne svilupperebbero 30 kg di legna (avente determinate caratteristiche standard).
  72. Convenzionalmente, la stabilità, la tenuta e l’isolamento si indicano rispettivamente con le lettere R, E, I ed un elemento può essere dotato di una, due o tutt’e tre le caratteristiche. Pertanto: col simbolo «REI» si identifica un elemento costruttivo che deve conservare, per un tempo determinato, la stabilità, la tenuta e l'isolamento termico; con il simbolo «RE» si identifica un elemento costruttivo che deve conservare, per un tempo determinato, la stabilità e la tenuta; con il simbolo «R» si identifica un elemento costruttivo che deve conservare, per un tempo determinato, la stabilità. Per la classificazione degli elementi non portanti (come porte e muri divisori) il criterio «R» è automaticamente soddisfatto qualora siano soddisfatti i criteri «E» ed «I». Come detto queste caratteristiche non sono conservate indefinitamente ma per un intervallo di tempo prestabilito, determinato attraverso prove di omologazione o calcoli. Gli elementi costruttivi vengono classificati, oltre che con le lettere rappresentative delle loro attitudini, R, E o I, da un numero che indica il tempo in minuti per i quali conservano le caratteristiche suindicate. La classificazione è espressa, quindi, nel modo seguente: R 45; R 60; R 120; ..... RE 45; RE 60; RE 120; …. REI 45; REI 60; REI 120; ..... EI 45; EI 60; EI 120; ........ Se su una parete sono presenti elementi con diversa resistenza al fuoco, globalmente quella parete deve essere considerata a resistenza pari alla minore delle resistenze degli elementi in essa presenti. Approfondimento: Nell’attuale normativa sono previste le seguenti classi di resistenza al fuoco: Classe 15 - 20 - 30 - 45 - 60 - 90 - 120 - 180 - 240 – 360 La resistenza al fuoco è regolata dai DM 16/02/2007, DM 09/03/2007 e DM 09/05/2007 che recepiscono le disposizioni originate dalla direttiva CE sui prodotti da costruzione (DIR 89/106/CE recepita con DPR 21/04/93 n° 246). In questa direttiva e nel decreto italiano sono disciplinate molte altre caratteristiche che nel complesso definiscono la resistenza al fuoco, ma i parametri R, E, I, sono i principali e la loro conoscenza è più che sufficiente per gli scopi di prevenzione incendi di questo corso.
  73. I materiali da costruzione e gli arredi contribuiscono all’alimentazione degli incendi in maniera differente, in funzione delle loro proprietà chimico–fisiche. L’insieme delle caratteristiche dei materiali che definiscono il loro grado di partecipazione ad un incendio prende in nome di REAZIONE AL FUOCO. L’attuale disciplina di prevenzione incendi classifica la REAZIONE AL FUOCO in due modi differenti. Per i rivestimenti e gli arredi, continua a valere la classificazione italiana che definisce sei classi di reazione al fuoco: 0, 1, 2, 3, 4, 5. I materiali di classe 0 sono incombustibili; il grado di combustibilità cresce dalla classe 1 alla 5. La classe di reazione al fuoco è assegnata a ciascun materiale per mezzo di prove sperimentali effettuate da laboratori autorizzati. Per i materiali da costruzione (compresi i rivestimenti incorporati in modo fisso nelle strutture), vale la recente classificazione europea che suddivide tali materiali in 7 classi: A1 – A2 – B – C – D – E – F. I materiali incombustibili sono in classe A1 (che equivale alla classe 0 italiana). La classe di un materiale da applicare o è stabilita per legge (nelle Regole Tecniche emanate dal Ministero degli Interni) o va scelta attraverso la progettazione delle misure di protezione contro gli incendi. L’impiego di materiali isolanti/incombustibili permette: di posticipare il momento del flash over; di disporre di più tempo per l’evacuazione. Approfondimento: Si vedano, in proposito: DM 26 giugno 1984 e successive modifiche ed integrazioni (DM 03/09/2001, DM 28/05/2002); Direttiva 89/106/CEE recepita nel nostro ordinamento con il DPR n. 246/1993 DM 10/3/2005 (modificato dal DM 25/10/2007) e DM 15/3/2005. Circolare del Ministero dell’Interno n. 9 Prot. P525/4122 del 18 Aprile 2005
  74. Il sistema di vie d’uscita, detto anche di vie d’esodo, è una misura di protezione passiva che permette di far allontanare le persone presenti in una struttura nella quale, malgrado gli accorgimenti preventivi, si sia sviluppato un incendio. Le vie d’uscita devono essere realizzate in modo che l’evacuazione si possa effettuare rapidamente, così da esporre per il minor tempo possibile le persone agli effetti dannosi dell’incendio, ed ordinatamente, affinché non si generino, durante l’esodo, situazioni d’intralcio o di ulteriore pericolo a motivo dell’esodo stesso. Il sistema di vie d’uscita è formato da più elementi: i camminamenti, che possono essere orizzontali, inclinati o verticali (le scale), che comprendono eventuali spazi intermedi (spazi calmi) e idonei disimpegni (filtri a prova di fumo); la destinazione, che viene chiamata luogo sicuro; le uscite, con le porte. Il sistema è completato dalla segnaletica e dall’illuminazione d’emergenza (benchè questa a rigore, è una misura di protezione attiva). Approfondimento Dalla normativa si traggono le definizioni ufficiali degli elementi componenti i sistema di vie d’uscita: sistema di vie di uscita: percorso senza ostacoli al deflusso che consente alle persone che occupano un edificio o un locale di raggiungere un luogo sicuro; uscita: apertura atta a consentire il deflusso di persone verso un luogo sicuro avente altezza non inferiore a 2,00 m; luogo sicuro: spazio scoperto, ovvero compartimento antincendio, separato da altri compartimenti mediante spazio scoperto o filtri a prova di fumo, avente caratteristiche idonee a ricevere e contenere un predeterminato numero di persone (luogo sicuro statico), ovvero a consentire il movimento ordinato (luogo sicuro dinamico); spazio calmo: luogo sicuro statico contiguo e comunicante con una via di esodo verticale od in essa inserito. Tale spazio non dovrà costituire intralcio alla fruibilità delle vie di esodo ed avere caratteristiche tali da garantire la permanenza di persone con ridotte o impedite capacità motorie in attesa dei soccorsi; filtro a prova di fumo: vano delimitato da strutture con resistenza al fuoco REI predeterminata, e comunque non inferiore a 60, dotato di due o più porte munite di congegni di autochiusura con resistenza al fuoco REI predeterminata, e comunque non inferiore a 60, con camino di ventilazione di sezione adeguata e comunque non inferiore a 0,10 mq sfociante al di sopra della copertura dell'edificio, oppure vano con le stesse caratteristiche di resistenza al fuoco e mantenuto in sovrappressione ad almeno 0,3 mbar, anche in condizioni di emergenza, oppure aerato direttamente verso l'esterno con aperture libere di superficie non inferiore a 1 mq con esclusione di condotti. NOTA: la normativa usa terminologia diversa per definire il medesimo oggetto: Il passaggio che da accesso ad un luogo sicuro è chiamato nel D.Lgs 81/08, nell’allegato IV, “Uscita di emergenza”, nel DM 10/03/98 “Uscita di piano” e nel DM 30/11/83 semplicemente “Uscita”. Si tratta sempre della stessa cosa che, nell’uso comune, ad esempio nella segnaletica, è spesso indicata come “Uscita di sicurezza”.
  75. La configurazione e le caratteristiche strutturali del sistema delle vie di uscita deve essere oggetto di accurata progettazione che tenga conto, in accordo con la legislazione vigente, di: presenza di persone ed affollamento (pers/mq) prevedibile; velocità di deflusso, considerando persone con difficoltà motorie o minori; tempo di evacuazione massimo ammissibile in relazione ai rischi degli ambienti vincoli architettonici; presenza di sistemi di protezione attiva. In funzione di questi requisiti, si definiscono: Lunghezza; larghezza e numero delle uscite (la larghezza delle vie d’esodo è almeno pari a quella delle uscite); ubicazione; resistenza al fuoco delle strutture perimetrali delle vie d’uscita; reazione al fuoco dei materiali utilizzati lungo le vie; accesso alle vie stesse.
  76. Le regole tecniche emanate dal Ministero dell’Interno, che disciplinano la prevenzione incendi di molte attività, prescrivono quale debba essere la lunghezza delle vie d’esodo. Per le altre attività valgono le disposizioni del DM 10/03/1998. Dal punto di vista tecnico, la definizione della misura della lunghezza delle vie d’esodo, si basa sul contenimento del tempo di evacuazione, normalmente entro un valore che si aggira su circa 3 minuti, tenendo conto delle possibili velocità medie con cui si muovono le persone, ricavate sperimentalmente in funzione dell’affollamento. I valori numerici riportati nella slide, sono quelli indicati dal DM 10/03/1998. In generale, per rischio d’incendio medio, è bene poter disporre di vie d’esodo indipendenti, la cui lunghezza ideale è compresa tra 30 e 45 metri. Se non è possibile disporre di più di una via d’uscita, allora la lunghezza da percorrere deve essere ridotta, a 9 – 30 metri. In presenza di pubblico esterno e di persone con ridotte capacità motorie, i percorsi dovrebbero avere le lunghezze minori. Le vie d’uscita sono indipendenti quando sono alternative tra di loro, in modo che, qualora un ostacolo ne ostruisca una, sia possibile raggiungere un luogo sicuro percorrendone un’altra. Si rammenta che, in caso di rischio incendio basso, le lunghezze ammissibili per le vie d’uscita hanno valori maggiori: tra 45 e 60 metri, in presenza di più vie d’esodo indipendenti; tra 12 e 45 metri, se disponibile una sola via d’uscita. In questo caso si considera accettabile che il tempo di evacuazione si aggiri sui 5 minuti.
  77. Anche il dimensionamento delle uscite è disciplinato dalle regole tecniche di prevenzione incendi e dal DM 10/03/98. Ai fini antincendio, il numero e la larghezza delle uscite è convenzionalmente definito in moduli. Il modulo è un parametro di larghezza di valore 0,6 m. Si tenga presente però che non si possano realizzare uscite di larghezza pari ad un modulo, ma che esse debbono avere una larghezza minima non inferiore a 0,8 m.
  78. Le porte del sistema di vie d’uscita sono elementi molto importanti per la sicurezza antincendio e per questo motivo deve essere dedicata loro particolare attenzione. Prima di tutto, dal punto di vista costruttivo, devono avere un comportamento al fuoco (l’insieme di resistenza e reazione al fuoco) pari a quello del percorso in cui sono inserite, per garantire l’isolamento e la tenuta contro i prodotti nocivi della combustione, permettendo un’evacuazione sicura, rapida ed ordinata. Per questo motivo le porte installate lungo le vie d’uscita devono essere dotate di dispositivi di autochiusura. Se, per esigenze lavorative le porte fossero mantenute in posizione normalmente aperta, esse potranno essere dotate di dispositivi elettromagnetici che rilasciano i battenti qualora comandati da un segnale proveniente dai dispositivi di rilevazione fumi, di allarme incendio ed in mancanza di alimentazione elettrica. Dal punto di vista funzionale, devono aprirsi facilmente, nel verso dell’esodo e non arrecare alcun intralcio al movimento; questa disposizione può essere derogata se l’apertura nel senso dell'esodo determini pericoli per il passaggio; in questo caso dovranno essere adottati accorgimenti atti a garantire condizioni di sicurezza equivalente. L’apertura nel verso dell’esodo è obbligatoria se le porte sono ai piedi di scale e se l’affollamento è superiore a 50 persone. Non sono ammesse, quali porte per le vie d’esodo, le saracinesche a rullo, le porte scorrevoli e quelle girevoli su asse centrale. Le porte scorrevoli ad azionamento automatico non possono essere usate come porte per le vie d’uscita in emergenza a meno che non permettano anche il movimento di apertura a spinta verso l’esterno e non rimangano aperte in mancanza di alimentazione elettrica. Il personale deve avere uscite diverse da quelle destinate al traffico veicolare, a meno che il passaggio dei pedoni non sia sicuro. Le porte che danno accesso a scale devono far accedere a pianerottoli e mai direttamente sulle scale, per evitare il pericolo di caduta.
  79. Ogni porta sul percorso di uscita deve poter essere aperta facilmente ed immediatamente dalle persone in esodo. Le porte resistenti al fuoco devono esser dotate di dispositivo di autochiusura.
  80. Le scale sono gli elementi più delicati nell’ambito del sistema di vie d’uscita. Esse sono, in molti casi, l'unico mezzo per l'evacuazione delle persone da luoghi che non si trovano al livello del terreno o della strada. A parte il pericolo intrinseco di caduta e la complicazione di percorso per le persone con difficoltà motorie, dal punto di vista dello scenario d’emergenza, costituiscono una facile via di propagazione dell’incendio. In essei, se invase da fumo e gas caldi, questi, a causa dello sviluppo verticale, per effetto camino, si diffondono velocemente ed entrando in contatto con altri materiali combustibili, possono portarli facilmente alla temperatura di autoaccensione. Inoltre, una volta saturato il volume delle trombe delle scale da parte dei fumi, l’evacuazione non sarebbe più possibile. Per poter essere utilizzate come vie di esodo le scale devono essere protette contro gli effetti di un incendio con strutture di adeguata resistenza al fuoco. Approfondimenti Ai fini antincendio vengono realizzate fondamentalmente 4 tipi di scale: scale di sicurezza esterne scale protette scale a prova di fumo scale a prova di fumo interne La definizione dei vari tipi di scale è contenuta nel DM 30.11.1983. La principali caratteristiche di ciascun tipo di scala, sono: SCALA DI SICUREZZA ESTERNA: scala totalmente esterna, rispetto al fabbricato servito, munita di parapetto regolamentare e di altre caratteristiche stabilite dalla norma. In genere è costruita in grigliato metallico o in cemento armato; presenta alcuni inconvenienti che non la fanno ritenere la migliore dal punto di vista della protezione. Potrebbe infatti essere sottoposta all’azione di fiamme, fumo e calore che fuoriescono da porte, finestre, ed altre aperture esistenti sulla parete esterna su cui è ubicata la scala, che ne impedirebbero l’utilizzo. Pertanto è necessario che siano predisposti opportuni accorgimenti per scongiurare questa eventualità, quali la protezione con strutture REI o il distanziamento dalle pareti dell’edificio. Nell’utilizzo di scale di sicurezza esterne, si consideri anche la possibilità che il panico dovuto alla visione del vuoto, impedisca l’avanzamento delle persone. SCALA PROTETTA: scala in vano costituente compartimento antincendio avente accesso diretto da ogni piano, con porte di resistenza al fuoco REI predeterminata e dotate di congegno di autochiusura. La "scala protetta" propone il livello minimo di sicurezza, ma non è riparata dall’ingresso di fumo e gas, che la invade ogni volta che si aprono le parte di accesso; per questo motivo non può essere considerata “Luogo Sicuro”. Va bene per luoghi di lavoro piccoli con basso affollamento, dove l’evacuazione è rapida. SCALA A PROVA DI FUMO: scala in vano costituente compartimento antincendio avente accesso per ogni piano – mediante porte di resistenza al fuoco almeno RE predeterminata e dotate di congegno di autochiusura – da spazio scoperto o da disimpegno aperto per almeno un lato su spazio scoperto dotato di parapetto a giorno. E’ la scala che offre la migliore protezione antincendio ed è considerata “luogo sicuro dinamico”, e conseguentemente l'accesso alla scala coincide con l'uscita dal compartimento (uscita di sicurezza). Grazie al disimpegno di accesso è impedita l’invasione del fumo nella scala. SCALA A PROVA DI FUMO INTERNA: scala in vano costituente compartimento antincendio avente accesso, per ogni piano, da filtro a prova di fumo. Differisce dalla scala di e prove di fumo per l’accesso, che avviene invece che attraverso uno spazio scoperto o da un disimpegno aperto almeno su un lato su spazio scoperto, da un "filtro a prova di fumo", che è un disimpegno delimitato da strutture almeno REI 60, aerato o mantenuto in sovrappressione, che impedisce al il fumo ed ai prodotti tossici della combustione di entrare nel vano scala. La "scala a prova di fumo interna" rappresenta un’ottima soluzione in sostituzione al posto della scala a prova di fumo, essendo meno complicata nella costruzione, offrendo un elevato livello di sicurezza sia per l'esodo di emergenza, sia per la compartimentazione dell'edificio.
  81. I disegni illustrano una SCALA A PROVA DI FUMO ed una SCALA A PROVA DI FUMO INTERNA.
  82. Nelle foto sono riportate delle scale di sicurezza esterne.
  83. E’ molto importante che il sistema di vie d’uscita sia chiaramente segnalato. Le segnalazioni servono ad orientare rapidamente, in caso di evacuazione, soprattutto le persone estranee all’ambiente di lavoro, come clienti, visitatori, ecc. La collocazione della segnaletica, deve essere appropriata. Non sono sufficienti i cartelli in corrispondenza delle porte o delle scale, ma questi devono essere disposti opportunamente anche lungo i percorsi di esodo, per instradare correttamente e velocemente le persone presenti. Nel caso in cui un percorso di esodo attraversi un’area di piano molto vasta, il percorso stesso deve essere chiaramente definito attraverso idonea segnaletica a pavimento, in modo da evitare confusione e sovrapposizione od incrocio con altri flussi di movimento, in grado di rallentare l’eventuale esodo o creare situazioni di rischio aggiuntive. Approfondimento La segnaletica da utilizzare deve essere conforme alla normativa vigente, che nel caso specifico corrisponde al contenuto del titolo V del D.Lgs 9 aprile 2008, n. 81 e degli allegati da XXIV a XXXII.
  84. Tutte le vie di uscita, sia internamente alle costruzioni, sia al loro esterno, devono essere adeguatamente illuminate, per consentire la loro identificazione e percorribilità in sicurezza fino al raggiungimento di un luogo sicuro. Dove l’illuminazione naturale è assente od insufficiente, deve essere previsto un sistema di illuminazione artificiale. L’illuminazione è richiesta lungo tutto il percorso d’esodo, con particolare attenzione alle scale e alle uscite. L’illuminazione serve, inoltre, per la corretta individuazione e lettura della segnaletica (i segnali possono essere autoilluminati). L’illuminazione artificiale delle vie di uscita e della relativa segnaletica deve rispondere agli specifici requisiti di visibilità, durata e affidabilità di funzionamento. Deve essere pertanto “illuminazione di sicurezza”. Le caratteristiche dell’illuminazione di sicurezza sono trattate in apposita sezione.
  85. Si passa ora a trattare i sistemi di protezione attiva. Il primo obiettivo della protezione attiva è quello di rilevare la presenza di un principio d’incendio e segnalarlo, dando, se necessario, l’allarme. Quest’obiettivo è perseguibile sia con l’operato degli addetti antincendio e con il contributo di tutto il personale, adeguatamente formato, sia con l’ausilio di sistemi tecnologici automatici, sia con la combinazione di entrambe le modalità.
  86. Il segnale di allarme deve essere inconfondibile e chiaramente udibile in tutto il luogo di lavoro o in quelle parti dove esso è necessario. L’allarme a voce si usa solo in ambienti piccoli, ad esempio quando i lavori si svolgono in un unico locale, in attività a basso rischio. In ambienti più grandi e complessi, si deve ricorrere a sistemi acustici elettrici che possono essere attivati manualmente o in modo automatico. In ambienti particolarmente rumorosi può essere opportuno aggiungere anche una segnalazione di tipo ottico. Questa però non può mai essere l’unica segnalazione. I sistemi elettrici possono essere ad attivazione manuale, automatica, o combinata, eventualmente anche in abbinamento con i sistemi di rivelazione, così da permettere, oltre alla segnalazione automatica, anche quella da parte delle persone che rilevassero la presenza di un incendio. In ambienti molto affollati, dove possono essere presenti persone estranee all’attività lavorativa, è consigliato l’utilizzo di messaggi vocali trasmessi tramite altoparlanti, in aggiunta alle segnalazioni acustiche e ottiche. I dispositivi di segnalazione manuale devono essere posizionati in modo da essere facilmente raggiungibili, di semplice uso e inequivocabilmente identificabili. Essi sono in genere a leva od a pulsante e sono protetti dagli azionamenti accidentali, tipicamente con dei sottili schermi di plastica trasparente o vetro (per il vetro deve essere messo a disposizione un martelletto di rottura).
  87. La funzione di un impianto automatico di rivelazione incendi è quella di rilevare un principio incendio nel minor tempo possibile e di fornire segnalazioni ed indicazioni opportune per permettere di intraprendere le azioni del caso (effettuare controlli, isolare gli ambienti a rischio, circoscrivere e spegnere l’incendio, dare l’allarme ed evacuare le persone, attuare piani d’emergenza). La funzione di un sistema automatico di allarme antincendio è quella di attivare le segnalazioni acustiche, ed eventualmente ottiche, che avvisino del pericolo tutti i presenti negli ambienti di lavoro. Le funzione dei due impianti possono essere riunite in un unico sistema. Il sistema di rivelazione ed allarme incendi automatico può essere così composto: rilevatori d’incendio; centrale di controllo e segnalazione; dispositivi d’allarme incendio; eventuali punti di segnalazione manuale (comandi di attivazione); apparecchiature di alimentazione; cablaggi per il trasporto segnali ed energia. La velocità di rivelazione, dipende dalla taratura dei sensori e dal metodo di rilevazione.
  88. Il maggior vantaggio dei sistemi automatici di rivelazione incendio è nella riduzione del tempo che intercorre tra la scoperta di un principio d’incendio ed il relativo allarme. Essi, potendo funzionare continuativamente, rilevano l’eventuale principio d’incendio al suo manifestarsi, coprendo gli intervalli di tempo tra eventuali ronde di controllo o supplendo all’assenza del personale, per esempio in locali non presidiati o frequentati, oppure di notte. Altro vantaggio dei sistemi automatici di rivelazione incendi consiste nel fatto che il segnale da loro emesso, all’atto della rilevazione di un principio d’incendio, può essere “trattato” in molteplici modi: emettere segnalazioni, avvisi o allarme generale, avviare controlli (per evitare falsi allarmi) o azionare impianti di spegnimento automatici. Un segnale, un messaggio, un avviso o lo stesso allarme, oltre che localmente, può essere trasmesso a distanza (Vigili del Fuoco, ospedali, Pubblica Sicurezza, ecc.).
  89. In questa diapositiva è rappresentato un esempio di sistema automatico di rivelazione e allarme. I collegamenti e le didascalie sono solamente indicativi.
  90. I sensori dei sistemi di rivelazione sono in grado di percepire uno o più prodotti della combustione. La classificazione dei rivelatori è stabilita secondo tre criteri: L’effetto della combustione percepito; Il metodo di rivelazione; La configurazione degli apparecchi di rivelazione. In funzione dell’effetto percepito, si distinguono: rivelatore di calore (è sensibile all‘aumento di temperatura); rivelatore di fumo (a ionizzazione o ottici) sensibile alle particelle trascinate in sospensione nel fumo; rivelatore dei gas: rileva i prodotti gassosi della combustione e/o di decomposizione termica; rivelatore di fiamme: reagisce alla radiazione ottica emessa dalle fiamme di un incendio; rivelatore multi-criterio: è in grado di percepire più di un prodotto dell'incendio. In base al metodo di rivelazione si ha: rivelatore statico: invia un segnale se il valore del fenomeno misurato supera un certo valore di soglia; Differenziale: genera il segnale quando la differenza (normalmente piccola) tra i livelli del fenomeno misurato in due o più punti nello spazio, supera il valore di soglia per un periodo di tempo determinato; velocimetrico: il segnale deriva dalla velocità di variazione nel tempo del fenomeno misurato, che supera il valore di soglia per un periodo di tempo determinato. Infine, la classificazione in base alla configurazione, suddivide i rivelatori in: rivelatore puntiforme: reagisce all’effetto per cui è sensibile, in prossimità di un punto fisso; rivelatore lineare: risponde al fenomeno sorvegliato lungo una linea continua; rivelatore multi-punto: rileva l’effetto controllato in prossimità di un certo numero di punti fissi.
  91. Si riporta una panoramica generale dei mezzi di estinzione attualmente in uso. L’estinzione di un incendio può avvenire con l’ausilio di mezzi di spegnimento manuali o grazie ad impianti automatici. I mezzi di spegnimento manuali sono di due tipi: quelli mobili, costituiti dagli estintori, portatili e carrellati; quelli fissi, ovvero gli idranti ed i naspi. I principali impianti automatici sono: idraulici, e cioè gli impianti sprinkler e quelli a schiuma a gas, ad anidride carbonica o a gas inertizzanti Esistono anche impianti automatici di estinzione a polvere chimica, ma sono poco diffusi.
  92. Gli estintori sono il primo mezzo di estinzione a cui si accede per spegnere un principio di incendio; la loro caratteristica principale è, infatti, la possibilità di intervento rapido e puntuale sul focolaio d’incendio, per sfruttare il fatto che la massima probabilità di successo nello spegnimento si ha proprio nei primi momenti in cui un incendio si sta avviando. La rapidità di intervento con estintore portatile non ha confronto con quella di idranti e naspi. Inoltre, dal punto di vista del deterioramento dei beni, un intervento localizzato effettuato mediante estintore è sicuramente meno invasivo dell’uso massiccio di acqua, inevitabilmente rilasciata da impianti fissi, automatici o manuali. Di contro, è bene essere consapevoli che gli estintori portatili perdono la loro efficacia con incendi in fase avanzata, perché la loro scarica ha una durata variabile da 8 a 15 secondi ed una gittata utile che varia da 5 ad 8 metri, valori troppo limitati per incendi estesi, con grande sviluppo di calore.
  93. Gli estintori si definiscono portatili, se il loro peso è contenuto entro i 20 kg, carrellati, oltre 20 kg, fino a 150 kg. Gli estintori portatili sono concepiti per l’utilizzo ed il trasporto a mano, da parte di un solo operatore, ragione per la quale, un peso superiore a quello definito, comporterebbe difficoltà nelle operazioni di estinzione. Gli estintori carrellati, a causa del loro peso, sono dotati di ruote e sono concepiti per un utilizzo da parte di due operatori, dei quali uno trasporta ed attiva l’estintore, l’altro impugna la lancia e opera l’estinzione. A causa delle maggiori dimensioni e peso presentano una minore maneggevolezza d’uso, dovuta allo spostamento del carrello di supporto; per questo motivo sono generalmente muniti di tubo, di lunghezza variabile da 3 a 6 metri e di una lancia di erogazione, con dispositivo di intercettazione del getto. In virtù della differente quantità di prodotto estinguente contenuto (la durata del loro getto varia da 30 a 90 secondi) rispetto agli estintori portatili, gli estintori carrellati sono in grado di spegnere oltre i principi di incendio, anche piccoli incendi già sviluppati (tenendo sempre conto che non vi è possibilità di estinzione di un incendio generalizzato).
  94. La classificazione più utilizzata per gli estintori, ai fini pratici, è quella basata sulla sostanza estinguente adoperata. Secondo questo criterio, si possono avere i seguenti tipi di estintori portatili: estintore idrico; estintore a schiuma; estintore a polvere; estintore ad anidride carbonica (CO2); estintore ad idrocarburi alogenati (Halon). Gli estintori idrici, i primi mezzi portatili di spegnimento creati per i principi d’incendio, e quelli a schiuma, avendo scarsa efficacia in dimensione portatile, non sono stati più adoperati nel tempo. Si osserva però che, per motivi ecologici, stanno tornando in uso, anche perchè grazie all’utilizzo di nuovi additivi messi a disposizione dalla ricerca scientifica, la loro efficacia è notevolmente aumentata e vengono addirittura omologati per l’utilizzo su apparecchi in tensione fino a 1000 volt. Inoltre gli estintori caricati con schiume specifiche sono gli unici idonei allo spegnimento dei fuochi di classe F (olii da cucina), di recente introduzione. Nella situazione attuale comunque, sono utilizzati quasi esclusivamente estintori a polvere ed a CO2, in ragione della loro versatilità, essendo efficaci su più tipi di fuoco, compresi quelli sviluppati in apparecchiature sotto tensione. Gli estintori ad halon sono vietati dal 2008 perché dannosi per l’ambiente; i loro sostituti (gas inertizzanti o clean agents) sono poco diffusi.
  95. È molto importante che la scelta del tipo di estintore, sia adeguata ai materiali combustibili presenti nei luoghi di lavoro (che definiscono le classi di fuoco) e che la disposizione ed il numero di tali estintori siano fissati in modo da consentire un impiego rapido in caso di necessità. Porre attenzione alla presenza di apparecchi in tensione, per i quali possono essere impiegati solo estintori dichiarati idonei. Laddove esistenti, le disposizioni di legge specifiche danno indicazioni sul numero ed ubicazione degli estintori. In assenza di tali disposizioni, per i luoghi di lavoro sono di ausilio i criteri generali di sicurezza antincendio contenuti nel DM 10/03/1998. La slide riporta la capacità estinguente minima richiesta per il rischio medio, per il rischio basso, si ammette una capacità minima di 13A-89B. Il significato della sigla di definizione della capacità estinguente è illustrato nella sezione sulle esercitazioni pratiche. È bene ricordare che eventuali estintori carrellati, se previsti, devono essere considerati integrativi e non sostitutivi di quelli portatili, perché non hanno la stessa prontezza facilità e versatilità di impiego.
  96. Una volta scelto/scelti il tipo/i tipi di estintore, i criteri da seguire per stabilirne il numero e la disposizione negli ambienti di lavoro, in modo da garantire la prontezza di impiego richiesta, sono contenuti nelle disposizioni di legge specifiche, laddove esistenti; altrimenti sono di ausilio i criteri generali di sicurezza antincendio contenuti nel DM 10/03/1998. Nel decreto è stabilito che si deve: posizionare almeno un estintore per piano; fare in modo che il percorso per raggiungere il più vicino estintore non superi 30 m; dislocare tanti estintori quanti sono necessari affinché, in funzione della capacità estinguente, vi sia almeno un estintore a presidio di una data superficie, determinata secondo il prospetto riportato nella slide, per attività a medio rischio di incendio. Si ricorda che per rischio di incendio basso si deve disporre di un numero di estintori di idonea capacità, sufficiente a proteggere la superficie del luogo di lavoro secondo quanto indicato nel sottostante elenco: TIPO DI ESTINTORE SUPERFICIE PROTETTA 13 A - 89 B – C 100 m2 21 A - 113 B – C 150 m2 34 A - 144 B – C 200 m2 55 A - 233 B – C 250 m2
  97. Gli estintori vanno posizionati, di regola, vicino alle vie d’uscita, in modo che l’operatore possa allontanarsi velocemente dal pericolo, qualora il tentativo di spegnimento non abbia avuto esito positivo, e vicino agli apparecchi che sono fonte di pericolo, come i quadri elettrici, gli apparati di generazione calore, le cucine, ecc., per privilegiare la prontezza d’intervento. Essi devono essere chiaramente visibili ed identificabili, utilizzando per questo l’apposita segnaletica. Devono essere facilmente raggiungibili e deve essere eliminato qualunque ostacolo che impedisca di servirsene, in caso di necessità. Gli estintori devono essere posizionati in modo da essere protetti da danni provocati da urti e dalla corrosione. Normalmente o sono agganciati a staffe fissate alle pareti, ad 1 – 1,5 m dal pavimento, oppure se poggiati a terra, su piantane dotate di cartello di segnalazione. In ogni caso la loro posizione non deve restringere le vie d’uscita od essere di intralcio in caso di evacuazione. Gli estintori devono essere oggetto di costante sorveglianza, controllo e manutenzione, per far sì che siano utilizzabili in perfetta efficienza al momento del bisogno. Gli estintori devono essere sottoposti a controlli almeno ogni 6 mesi.
  98. Quando la valutazione manifesta situazioni di rischio incendio tali da non potere essere adeguatamente affrontate con il solo impiego di estintori, portatili o carrellati, si devono predisporre mezzi di estinzione di maggiore capacità, conseguibili solo con l’adozione di sistemi fissi. I sistemi fissi di estinzione sono di due tipi, manuali od automatici. I sistemi fissi manuali sono essenzialmente idrici e sono composti da idranti o da naspi, o da sistemi d’erogazione di schiuma. I sistemi automatici possono essere idrici o a gas, di questi ultimi sono diffusi praticamente solo quelli che usano gas che agiscono per soffocamento. Idranti o naspi ed erogatori di schiuma sono presidi antincendio locali o “puntuali”, nel senso che proteggono un area circoscritta alla loro gittata. I sistemi fissi automatici idrici possono essere sia locali (proteggono l’area limitata all’intorno dell’erogatore) sia “ambientali”, nel senso che intervengono in tutto l’ambiente in cui si è sviluppato un incendio e non solo vicino al focolaio. I sistemi fissi a gas sono solo “ambientali” dovendo saturare l’ambiente in cui intervengono. Si evidenzia che idranti e naspi non possono essere sostitutivi degli estintori, questo perché un sistema fisso non può garantire la stessa velocità e flessibilità di intervento degli estintori. Analogamente sistemi automatici non possono essere alternativi agli idranti o naspi. Si richiamano, a titolo informativo i sistemi automatici a polvere, il cui uso è relativamente poco diffuso, essendo vincolati alla capacità dei serbatoi contenenti l’agente estinguente. Sono sistemi puntuali. Essi sono di due tipi: impianti veri e propri o apparecchi singoli, gli “estintori automatici”, costituiti da piccoli serbatoi collegati ad erogatori azionati dalla rottura di elementi termo sensibili, opportunamente tarati.
  99. I sistemi fissi di estinzione hanno a monte, per il loro funzionamento, un impianto di alimentazione della sostanza estinguente più o meno complesso . Per quanto riguarda i sistemi fissi idrici, quest’impianto è composto da: fonte di alimentazione (acquedotto, serbatoi in pressione, vasca, serbatoi di schiumogeni); pompe di mandata; condotte montanti principali; rete di condotte secondarie; serie di valvole necessarie a permettere o regolare il flusso di estinguente; idranti o naspi per i sistemi manuali ovvero serie di testine di erogazione per quelli automatici e lance o erogatori per i sistemi a schiuma, manuali o automatici. I due tipi di sistema di estinzione fisso idrico, manuale ed automatico, richiedono all’impianto di alimentazione prestazioni diverse, relativamente a pressione disponibile al punto di erogazione e alla portata di acqua. Gli impianti automatici fissi inertizzanti non necessitano di pompe poiché il prodotto estinguente è già in pressione ed è immagazzinato in batterie di bombole poste in locali protetti. I sistemi a polvere, in configurazione di impianto, sono anche essi privi di pompe, poiché l’estinguente è veicolato nelle tubature per mezzo di gas inerte in pressione. Gli “estintori automatici” a polvere, che come detto sono costituiti da testine singole autoalimentate da serbatoi incorporati, non necessitano di tubature. La pressurizzazione è sempre ottenuta mediante un gas inerte (azoto, anidride carbonica).
  100. L’immagine mostra una possibile configurazione di impianto.
  101. Per garantire la pressione idraulica richiesta dall’impianto si ricorre a gruppi di pompaggio. Considerata l’importanza cruciale del loro funzionamento, la normativa fornisce prescrizioni puntuali sul numero e tipo di pompe che devono poter intervenire, come riserva, in caso di mancato funzionamento o alimentazione delle pompe principali.
  102. Per il dimensionamento della rete idrica di alimentazione dei sistemi fissi manuali antincendio, la norma UNI 10779 ha distinto tre livelli di pericolosità, numerandoli da 1 a 3 dove con il numero 3 si intende la situazione peggiore da dover affrontare dal punto di vista della sicurezza antincendio. Le prestazioni richieste dalla norma tecnica, all’impianto idrico, per il livello di pericolosità 2, ovvero per il rischio di incendio medio, devono essere tali da assicurare almeno quanto indicato nella tabelle delle slide. Per il livello di rischio basso, si rimanda alle slide e alle note del relativo corso.
  103. Idranti e naspi sono concettualmente dei mezzi di estinzione simili, atti a proiettare acqua sul fuoco a determinate pressioni, in modo da sfruttare, oltre all’effetto raffreddante e soffocante con cui agisce l’acqua come estinguente, anche l’impatto del getto per disgregare i materiali solidi e penetrare in profondità per entrare in contatto con le braci. La differenza tra i due mezzi consiste nelle prestazioni offerte in termini di pressione e portata, prestazioni che, di contro, pesano da una parte, a livello impiantistico, sulla rete idrica e dall’altra, sulla difficoltà nel loro uso. Si deve tener presente che l’acqua che esce dal bocchello di una lancia esercita una spinta sull'operatore, tanto maggiore quanto maggiore è la pressione. Nel caso degli idranti, tale spinta può essere, in alcuni casi, difficilmente sostenibile da un solo operatore. I naspi, invece, operando a pressioni e con portate minori, risultano di maggior facilità d’uso. Gli idranti possono essere a secco o ad umido, mentre i naspi sono normalmente ad umido.
  104. Le foto mostrano come un idrante ed un naspo abbiano sostanzialmente la stessa funzione, e cioè quella di consentire di proiettare acqua sul fuoco, avvicinandosi quanto possibile mediante una tubazione che può essere svolta (per l’intera lunghezza nel caso dell’idrante, anche parzialmente per il naspo) orientando opportunamente il getto mediante una lancia. La foto di sinistra è solo indicativa e rappresenta una situazione non reale. Infatti la manichetta viene collegata alla presa d’acqua solo dopo esser stata svolta completamente, come si vedrà nella parte relativa alle esercitazioni. Il naspo, invece, è pronto per l’uso.
  105. La scelta del posizionamento degli idranti va fatta tenendo presente che: gli ambienti di lavoro, per essere considerati protetti, devono avere ogni loro parte, area, compartimento o sezione, sempre raggiungibile dal getto di almeno un idrante; anzi, in circostanze particolari (carico d’incendio particolarmente elevato, incendio che precluda l’utilizzo di un idrante, ecc.) è richiesto che sia possibile raggiungere dal getto di due distinti idranti ogni parte dell’area interessata; vista la maggiore complessità dell’utilizzo degli idranti, a cui, tra l’altro, si fa ricorso quando il fuoco ha superato la fase di “Principio d’incendio”, deve essere comunque garantita la maggiore velocità d’intervento possibile e la sicurezza degli operatori. Le disposizioni sul posizionamento degli idranti, che si trovano espresse nella norma UNI 10779 e nel DM 10 marzo 1998, tengono conto dei requisiti prestazionali richiesti per i mezzi di estinzione stessi. Ricapitolando, le disposizioni in questione sono: Ogni apparecchio deve proteggere aree di non più di 1000 m2; Da ogni punto dell'area protetta si deve poter raggiungere un idrante, percorrendo non più di 20 m; Nei fabbricati a più piani deve essere installato almeno un idrante a piano; gli idranti devono essere installati, completi dell’attrezzatura di erogazione in posizione ben visibile, segnalata con appositi cartelli che devono facilitarne l'individuazione anche a distanza e facilmente raggiungibile; La posizione degli idranti installati deve essere preferibilmente lungo od in prossimità delle vie d’uscita, ad eccezione delle scale. A proposito delle facile raggiungibilità degli idranti, ovvero della loro pronta disponibilità, deve essere proibito posizionare, nei pressi degli idranti, macchinari, attrezzature, o altri materiali ingombranti che ne possano comunque ostacolare il rapido raggiungimento. Riguardo agli idranti esterni, la loro installazione deve garantire l’incolumità degli operatori e la funzionalità delle attrezzature. Per rispondere a ciò, detti idranti trovano in genere posizione ottimale fra i 5 ed i 10 metri di distanza dalle pareti perimetrali dei fabbricati e ad una distanza reciproca massima di 60 metri. Si deve tener infine presente che l’utilizzo degli idranti esterni è da riservare normalmente a personale esperto ed addestrato professionalmente (vigili del fuoco o operatori esperti di squadre aziendali) funzionando con pressioni e portate superiori.
  106. Valgono le stesse osservazioni fatte per gli idranti ad uso interno. Si noti che per i naspi, l’area protetta da ciascun apparecchio è racchiusa in una circonferenza di raggio pari a 30 m (la distanza da percorrere per raggiungere un naspo da qualunque punto dell’area che questo protegge è di 30 m) e non di 20 m come per gli idranti. Questo requisito è contenuto nella norma UNI 10779 – 2007 (la precedente edizione non differenziava questo requisito di posizionamento degli apparecchi di estinzione, tra idranti e naspi). Da rammentare che il DM 10/03/1998 esclude la collocazione di naspi, così come già visto per gli idranti, nei vani scala.
  107. Gli impianti di spegnimento automatici di distinguono in base alle sostanze utilizzate per l’azione estinguente: Impianti ad acqua Sprinkler (ad umido, a secco, alternativi, a preallarme, a diluvio etc.); Impianti a schiuma; Impianti ad anidride carbonica; Impianti a gas estinguente (sostituti dell’Halon); Impianti a polvere. Gli impianti a polvere sono meno diffusi. Peculiarità degli impianti automatici è quella di essere collegati al sistema di rivelazione incendi e in entrare in funzione grazie ai comandi impartiti da questo sistema. Gli impianti sprinkler possono essere attivati anche direttamente dagli erogatori, che integrano il sensore di rilevazione incendi.
  108. Nei sistemi ad umido, tutto l’impianto è permanentemente riempito di acqua in pressione; questo è il sistema più rapido nell’intervento e si può adottare nei locali in cui non esiste rischio di gelo. Quelli a secco, in genere, si usano quando c’è il pericolo di congelamento; le tubazioni sono riempite di aria in pressione. L’apertura di un ugello fa diminuire la pressione e questa variazione comanda l’intervento di una valvola che permette il riempimento delle tubazioni con acqua. Gli impianti a secco si prestano anche alla realizzazione di controlli anti falso allarme; infatti, è possibile ritardare la scarica d’acqua per appurare se il fuoco è realmente presente oppure se si verificato un malfunzionamento del sistema di rivelazione; questi sistemi si dicono a “pre-allarme”. L’impianto di alimentazione ha la stessa configurazione dei sistemi fissi manuali. Si deve però tenere presente che i sistemi automatici richiedono quantità d’acqua molto maggiori ed in diversi casi anche pressioni di funzionamento superiori.
  109. In figura è riportato una schema che illustra la differenza tra un impianto A SECCO ed uno AD UMIDO.
  110. Il sistema sprinkler tipico è con impianto ad umido ed erogatore chiuso, ma si possono trovare anche sistemi con impianto a secco. Nel sistema tradizionale, il tappo dell’ugello è tenuto in posizione di chiusura, da un elemento termosensibile a bulbo di vetro, che contiene un liquido che varia il suo volume in funzione della temperatura; in alternativa al bulbo, si possono trovare altri dispositivi che fondono alla temperatura di taratura. La temperatura di taratura dell’erogatore è distinguibile dal colore del bulbo: per esempio il rosso indica temperatura di apertura a 68°C. Il sistema sprinkler assomma sia la funzione di estinzione, sia quelle di rivelazione ed allarme; infatti, il fluire dell’acqua attiva una segnalazione (campanella o sirena). Gli ugelli spruzzatori (generalmente di diametro inferiore a 1mm) hanno il compito di dirigere l’acqua sul focolaio, provvedendo a frazionarla in gocce ed a dare la forma più opportuna al getto. Il sistema prende il nome di impianto a diluvio quando non limita il getto ad un solo ugello, ma a tutti quelli presenti nell’ambiente dove è scoppiato un incendio. Lo scopo di questo sistema è quello di proteggere le zone adiacenti all’incendio non interessate dall’iniziale focolaio, mantenendole alla temperatura ambiente. Questo tipo di impianto si usa quando si è in presenza di sostanze facilmente infiammabili, ove anche un limitato aumento di temperatura può essere rischioso (ad esempio serbatoi di gas). Dato il notevolissimo dispendio di risorse idriche, per ambienti di lavoro molto grandi,, si usa sezionare l’impianto in più settori. Se all’acqua si aggiungono, nell’erogazione, sostanze schiumogene, si hanno gli impianti automatici di spegnimento a schiuma. Sono simili ai sistemi a diluvio, essendo utilizzati non solo per l’estinzione ma anche per raffreddare parti, ad es. serbatoi di combustibili, non interessate inizialmente dall’incendio. Differiscono, nell’alimentazione, per la presenza dei serbatoi di sostanza schiumogena e nell’erogazione, per i dispositivi di spandimento della schiuma (elementi versatori).
  111. Lo schema in figura illustra un impianto A DILUVIO.
  112. Il funzionamento del sistema sprinkler è semplice. Quando la temperatura della zona protetta da un erogatore aumenta, a causa dell’insorgenza di un incendio, fino al valore di taratura dell’elemento termosensibile dell’erogatore stesso, il liquido contenuto nel bulbo esercita una forza sufficiente, dovuta all’aumento di volume, a rompere le pareti del bulbo stesso (in alternativa se l’elemento sensibile è un fusibile, avvenire la sua fusione). Il tappo cede alla pressione dell’acqua e avviene la scarica, solo nel campo d’azione dell’erogatore apertosi. L’impianto a secco è usato, a parte in caso di pericolo di congelamento, anche in quei casi dove, per evitare gli allarmi, si ritarda la scarica. In questo caso, l’apertura di un ugello provoca solo un allarme (originato dalla caduta di pressione nelle tubazioni all’apertura di un ugello stesso), ma non l’erogazione. La scarica può avere o comando manuale, dopo che gli addetti hanno verificato l’effettiva presenza di un incendio, oppure sempre a comando automatico, dovuto, per esempio, all’apertura di un secondo erogatore vicino al primo, segno che l’aumento di temperatura è effettivo e che si sta diffondendo nell’ambiente.
  113. La slide mostra: un erogatore con un bulbo rosso (attivabile a 68°); un erogatore in funzione; la traiettoria dell’acqua per una determinata configurazione degli erogatori; i colori dei bulbi termosensibili e le relative temperature di azionamento.
  114. I sistemi automatici a gas funzionano essenzialmente per soffocamento, saturando l’ambiente di lavoro dove si è sviluppato l’incendio con CO2 o altri gas inerti come l’azoto. Per essere efficaci, devono essere impiegati in ambienti chiusi. Vengono adoperati a protezione di beni preziosi o di apparecchiature/apparati delicati o molto importanti, dove l’uso di acqua è controindicato. Tipicamente si trovano in musei, pinacoteche, centri di calcolo, locali quadri elettrici, sale motori. I gas inerti non sono tossici ma rendono l’aria irrespirabile, riducendo la concentrazione di ossigeno. Pertanto, dal momento in cui scatta l’allarme antincendio, prima di tutto parte un segnale ottico ed acustico, che avverte il personale eventualmente presente dell’imminente scarica e della necessità di evacuazione. La loro autonomia è limitata, dato che la sostanza estinguente è contenuta in batterie di bombole. Quindi, l’attivazione dell’impianto deve essere associata a una serie di azioni che permettano di contenere la dispersione dell’ estinguente (chiusura di serrande tagliafuoco e serramenti). Meno diffusi sono gli impianti che utilizzano gas inertizzanti.
  115. Il pacco bombole di un impianto a gas inerte.
  116. Gli evacuatori di fumo e calore, come è evidente dal loro nome, permettono, sfruttando il moto ascensionale di convezione naturale dei fluidi caldi (talvolta forzandolo con ventilatori), di far uscire il fumo ed i gas di combustione all’esterno, dalla copertura degli edifici, consentendo così di: agevolare lo sfollamento delle persone e l’azione dei soccorritori grazie alla minore presenza di fumo, almeno fino ad un’altezza da terra tale da non compromettere la visibilità e la possibilità di movimento; ridurre l’effetto nocivo di fumo e gas di combustione su persone e beni e sulle strutture, riducendo in particolare il rischio collasso di quelle portanti; ritardare o evitare l’incendio a pieno sviluppo – (“flash over”). Tali sistemi di protezione attiva dall’incendio sono di frequentemente comandati da impianti di rivelazione che inviano il segnale all’apposito congegno di apertura. Il loro funzionamento può comunque essere regolato tramite elementi fusibili (tarati a determinate temperature) od avere anche un’apertura manuale. La funzione degli EFC può comunque essere svolta, od almeno integrata, anche dalle normali aperture di ventilazione, se esistenti sulla copertura, opportunamente modificate, ad esempio dotandole di comandi di apertura, collegati al sistema di rivelazione. Esempi di elementi di ventilazione utilizzabili come EFC sono i lucernai a soffitto, i condotti dotati di ventilatori, le aperture a shed. La disposizione ed il numero di EFC è disciplinato dalla norma UNI 9494. In generale viene consigliato di avere, a parità di superficie di apertura disponibile, un numero maggiore di EFC piccoli, piuttosto che pochi di grandi dimensioni, perché così di favorisce un’evacuazione più rapida, riducendo la distanza tra un eventuale focolaio e l’EFC. Inoltre, avendo un numero maggiore di EFC, la protezione dei locali risulta più omogenea.
  117. Due tipologie di evacuatori di fumo e calore.
  118. Oltre al dispositivo di comando termico, posto direttamente sull’EFC, esistono anche comandi manuali o sistemi collegati all’impianto di rivelazione.
  119. L’illuminazione di sicurezza è un sistema di illuminazione che entra in funzione quando l’energia elettrica che alimenta l’illuminazione ordinaria, viene a mancare. Le sue caratteristiche prestazionali sono rivolte a fornire l'illuminamento necessario sia a garantire l'abbandono, in sicurezza, degli ambienti di lavoro da parte delle persone, sia a permettere di terminare un processo in corso, potenzialmente pericoloso, prima di abbandonare il locale. La sorgente di alimentazione alternativa alla rete è costituita da: impianti centralizzati, dotati di gruppi elettrogeni o gruppi di continuità (UPS = Uninterruptable Power Supply), collegati a batterie di accumulatori centralizzati; batterie inserite direttamente nei corpi illuminanti (apparecchi autoalimentati) e mantenute in carica dalla rete, in condizioni ordinarie. Se l’alimentazione è centralizzata occorre che il gruppo elettrogeno o le batterie di accumulatori centralizzate od il gruppo UPS siano posti in luogo sicuro, non soggetto al rischio di incendio. In questo caso le condutture che alimentano gli apparecchi di sicurezza devono appartenere ad un circuito elettrico indipendente e, anche se investite direttamente dall’incendio, devono essere in grado di funzionare, per il tempo previsto. Se l’alimentazione è autonoma il discorso è completamente differente, poiché le batterie mantenute in carica dalle linee ordinarie che alimentano gli apparecchi di illuminazione di sicurezza, al momento del “Black-out”, sono pronte all’uso. I livelli di illuminamento che devono essere forniti dall’impianto di illuminazione di sicurezza, sono indicati nelle specifiche disposizioni di prevenzione incendi e nelle norme tecniche (UNI EN 1838): lungo i percorsi d’esodo, 2 lux, con un incremento fino a 5 lux, in corrispondenza di scale e uscite; tali valori devono essere rilevati ad 1 m dal piano di calpestio; nelle aree a rischio specifico, un valore almeno pari al 10% dell’illuminamento in condizioni normali e, comunque, mai inferiore ai 15 lux. Anche il tempo di intervento e l’autonomia delle sorgenti di alimentazione sono in genere stabilite da legislazione e norme. L’attivazione dell’illuminazione di sicurezza generalmente deve avvenire in modo automatico in meno di 0,5 secondi. Questa rapidità di intervento è garantita, per motivi tecnici, dai gruppi di continuità statici, collegati a batterie di accumulatori, o dalle lampade autoalimentate. La durata richiesta varia normalmente da 30 minuti a 2 ore. Per assicurare le durate maggiori, si può ricorrere alla combinazione di sistemi a batteria e gruppi elettrogeni, più lenti ad attivarsi, ma dotati di maggiore autonomia.
  120. Gli apparecchi dell’illuminazione di sicurezza, per fornire l’illuminamento richiesto, devono essere posizionati: in corrispondenza di ogni uscita di emergenza; vicino ad ogni scala, in modo che ogni rampa sia illuminata direttamente; vicino ad ogni cambio di livello del pavimento; sul segnale di uscita (a parte il caso in cui sia autoilluminato); vicino ad ogni cambio di direzione; vicino ogni diramazione di corridoi; vicino ad ogni allarme antincendio; vicino ad ogni attrezzatura antincendio; all’esterno di ogni uscita; vicino alla cassetta del pronto soccorso. Con il termine “vicino”, si intende che l’apparecchio di illuminazione sia installato a meno di 2 m misurati in orizzontale. Di regola, gli apparecchi di illuminazione, vengono installati a 2 m da terra. Sono ammesse deroghe, verso un’altezza maggiore, quando si teme che l’apparecchio possa subire urti o colpi (dotandolo, in caso, anche di griglia protettiva), oppure ad altezze inferiori, se si teme, per la geometria dell’ambiente, un rapido oscuramento dovuto al fumo. In questo caso però si deve tenere presente che, con grande affollamento, il flusso luminoso di lampade ad altezze più basse si riduce a causa del grande numero di persone che passano davanti alle lampade stesse.
  121. Gli apparecchi autoalimentati per l’illuminazione di sicurezza sono di due tipi: permanenti e non permanenti. Negli apparecchi non permanenti, la lampada si accende solo in caso di mancanza di alimentazione ordinaria; in caso di blackout essa viene alimentata dalla batteria di cui è dotata, la cui ricarica viene assicurata automaticamente al ritorno della rete. Negli apparecchi permanenti, la lampada può essere accesa in modo continuativo e la batteria è mantenuta in carica durante il funzionamento ordinario dal dispositivo di autoalimentazione della lampada. In assenza di energia di rete, il passaggio all’alimentazione a batteria avviene mediante commutazione elettronica. È importante tenere presente del tempo necessario alla ricarica delle batterie dopo ogni interruzione di tensione della rete ordinaria.
  122. L’alimentatore elettronico e le batterie ricaricabili sono inserite direttamente all’interno della plafoniera.
  123. Tra le misure di protezione attiva deve esser considerato anche il personale direttamente impiegato nelle operazioni di lotta antincendio e gestione dell’evacuazione in caso di emergenza. Questo può esser costituito semplicemente da addetti antincendio correttamente formati e addestrati oppure, quando la complessità o il livello di rischio dell’attività svolta lo richiede, da servizi antincendio più articolati e organizzati, formati da apposite squadre e responsabili. Il personale deve essere fisicamente e psicologicamente idoneo a sopportare gli sforzi fisici e gli stress emotivi che lo svolgimento del loro compito, in condizioni di emergenza, comporta e, per questo motivo, deve ricevere la specifica formazione e addestramento, adeguati al rischio connesso all’attività svolta. La numerosità e composizione delle squadre antincendio dipende da diversi fattori, come le dimensioni e la struttura del luogo di lavoro, l’affollamento, il tipo di rischi specifici dovuti a materiali utilizzati e lavorazioni effettuate la disponibilità di soccorsi esterni, ecc.
  124. Oltre alla sorveglianza della corretta attuazione delle misure precauzionali di esercizio svolta dagli addetti antincendio, è necessario che sia garantita l’efficienza degli impianti e delle attrezzature antincendio, mediante controlli periodici e regolare manutenzione nel rispetto delle disposizioni legislative, delle norme tecniche e delle istruzioni fornite da fabbricanti e installatori (art. 4 DM 10/03/98). Ancora una volta questa attività uno degli obblighi spettanti al datore di lavoro, che deve affidarli a personale competente e qualificato (DM 10/03/98, art.3 co. 1, lett e) all. VI, p.to 6.4). Tale attività esula dai compiti degli addetti antincendio. In particolare devono essere garantiti: il funzionamento dell’illuminazione di sicurezza; l’efficienza dei mezzi (impianti o attrezzature manuali) d’estinzione degli incendi; la funzionalità dei sistemi di rilevazione e allarme in caso di incendio.
  125. Secondo il D.Lgs 81/08 (art. 162) “la segnaletica di sicurezza e di salute sul luogo di lavoro è il complesso di segnali, riferito ad un oggetto, ad un’attività o ad una situazione determinata, che fornisce un’indicazione o una prescrizione concernente la sicurezza o la salute sul luogo di lavoro……”. La segnaletica di sicurezza è utilizzata quando, a seguito della valutazione dei rischi, ne risultano alcuni che non possono essere evitati o sufficientemente limitati in altro modo: sistemi di organizzazione del lavoro o mezzi tecnici di protezione collettiva (art.163 del D.Lgs 81/08). Dalla definizione risulta evidente che la segnaletica può agire non solo come misura di protezione (riduzione delle conseguenze di un evento dannoso), ma anche come misura di prevenzione (riduce la probabilità che un evento dannoso si verifichi). Le prescrizioni su come debba essere realizzata la segnaletica di sicurezza, sono contenute negli allegati da XXIV a XXXII del D.Lgs 81/08.
  126. I segnali, che, a seconda dei casi, possono essere resi mediante un cartello, un colore, un segnale luminoso o acustico, una comunicazione verbale o un segnale gestuale, si dividono in: SEGNALI DI DIVIETO, che servono a vietare comportamenti che potrebbero far correre o causare un pericolo; SEGNALI DI AVVERTIMENTO, per avvisare di un rischio o pericolo; SEGNALI DI PRESCRIZIONE, per prescrivere o imporre prescrive un determinato comportamento; SEGNALI DI SALVATAGGIO O DI SOCCORSO, da usare per fornire indicazioni relative alle uscite di sicurezza o ai mezzi di soccorso o di salvataggio; SEGNALI DI INFORMAZIONE, per le indicazioni diverse da quelle sopra specificate, come i segnali antincendio. La segnaletica di sicurezza, in qualunque forma sia resa, è, per obbligo di legge, oggetto di specifica informazione e formazione dei lavoratori. Requisiti essenziali della segnaletica di sicurezza e di salute sul luogo di lavoro sono la chiarezza del significato dei segnali e la visibilità (l’udibilità di quelli acustici). Soffermando l’attenzione sulla segnaletica che utilizza la cartellonistica come supporto, si fa presente che la forma, i colori, i pittogrammi, il posizionamento, le dimensioni ed il materiale utilizzato, sono materia di regolamentazione legislativa (nel caso specifico le prescrizioni sono contenute nell’Allegato XXV del D.Lgs 81/08). Nella direzione della chiarezza va l’uso di pittogrammi il più possibile semplici, con omissione dei particolari di difficile comprensione. I pittogrammi sono standardizzati, tuttavia sono ammesse piccole modifiche, soprattutto nel senso di aumentare i particolari, purché non venga stravolto il significato. Per quanto riguarda i materiali di costruzione dei cartelli, essi devono essere resistenti agli urti alle intemperie e ad eventuali agenti aggressivi degli ambienti di lavoro. Le dimensioni e le proprietà colorimetriche e fotometriche dei cartelli devono da garantirne una buona visibilità e comprensione. Per le caratteristiche cromatiche e fotometriche dei materiali, il “Testo Unico sulla Sicurezza e Salute sul Lavoro” rinvia alla normativa di buona tecnica dell'UNI. Per garantire la visibilità, si deve porre attenzione a sistemare i cartelli “tenendo conto di eventuali ostacoli, ad un'altezza e in una posizione appropriata rispetto all'angolo di visuale, all'ingresso alla zona interessata in caso di rischio generico ovvero nelle immediate adiacenze di un rischio specifico o dell'oggetto che s'intende segnalare e in un posto bene illuminato e facilmente accessibile e visibile” (D.Lgs 81/08, All. XXV, p.to 2.1). In caso di cattiva illuminazione naturale si devono usare colori fosforescenti, materiali riflettenti o si deve provvedere all’illuminazione artificiale. I cartelli vanno rimossi quando non sussiste più la situazione che ne giustificava la presenza.
  127. Come detto, anche i colori dei cartelli sono rigorosamente disciplinati avendo un preciso significato: Il rosso è il colore dei divieti e serve per proibire atteggiamenti od azioni pericolose. Si usa anche per intimare un alt od un arresto di azione, movimento, ecc. ed usato quindi per segnalare i dispositivi di interruzione d’emergenza. Esso inoltre è il colore dei cartelli relativi alle attrezzature antincendio, per indicarne l’ubicazione. Il giallo od il giallo-arancio si usa per i segnali di avvertimento ad indicare attenzione, cautela, verifica. Con l’azzurro si colorano i cartelli di obbligo o prescrizione; esso è associato al dover comportarsi in un certo modo o compiere un’azione specifica. Il verde è indice di salvataggio o di soccorso; si usa per segnalare porte, uscite, percorsi, materiali, postazioni, locali e situazioni di sicurezza, nonché il ritorno alla normalità al termine di una situazione anomala o di emergenza.
  128. Gli esempi riportati in questa slide e nelle seguenti sono tratti dall’allegato XXV del DLgs 81/08. CARTELLI DI DIVIETO Forma rotonda Pittogramma nero su fondo bianco; bordo e banda (verso il basso da sinistra a destra lungo il simbolo, con un’inclinazione di 45°) rossi (il rosso deve coprire almeno il 35% della superficie del cartello)
  129. CARTELLI DI AVVERTIMENTO Forma triangolare Pittogramma nero su fondo giallo, bordo nero (il giallo deve coprire almeno il 50% della superficie del cartello)
  130. CARTELLI DI PRESCRIZIONE Forma rotonda Pittogramma bianco su fondo azzurro (l’azzurro deve coprire almeno il 50% della sup. del cartello)
  131. CARTELLI DI SALVATAGGIO Forma quadrata o rettangolare Pittogramma bianco su fondo verde (il verde deve coprire almeno il 50% della superficie del cartello)
  132. CARTELLI PER LE ATTREZZATURE ANTINCENDIO Forma quadrata o rettangolare Pittogramma bianco su fondo rosso (il rosso deve coprire almeno il 50% della superficie del cartello)
  133. In questa sezione vengono fornite indicazioni generali sui comportamenti e sulle azioni che gli ADDETTI ANTINCENDIO devono adottare in caso di incendio. Le indicazioni possono solo essere di carattere generale, perché le procedure specifiche non possono prescindere dalle condizioni particolari del luogo di lavoro, e devono essere descritte nel PIANO DI EMERGENZA (per tutti i lavoratori, con indicazioni diverse a seconda dei ruoli) o comunque pianificate in base alla natura dell'attività, alle dimensioni dell'azienda o dell'unità produttiva e al numero delle persone presenti. Il piano di emergenza è obbligatorio per aziende con numero di lavoratori pari o superiore a dieci, come previsto dal DM 10/03/1998. Sotto i dieci lavoratori è comunque richiesta l'adozione di misure organizzative e gestionali da attuare in caso di incendio. Si veda in proposito: D.Lgs. 81/08 – art. 18, co.1, lett. h), i), t) D.Lgs. 81/08 – art. 43 D.Lgs. 81/08 – art. 46 DM 10/03/98 - art. 5 DM 10/03/98 – allegato VIII Sebbene il PIANO DI EMERGENZA non faccia espressamente parte dei programmi dei corsi per ADDETTI ANTINCENDIO previsti dall’allegato IX del DM 10 marzo 1998, è opportuno che il relatore ne faccia un breve cenno prima di iniziare a trattare delle varie procedure da adottare in caso di incendio. Infatti le azioni che l’addetto antincendio dovrà compiere in caso di emergenza e le decisioni che dovrà assumere deriveranno in parte dalle conoscenze ed esperienze acquisite con il presente corso e, in parte, da quanto sarà stato previsto dal piano di emergenza del proprio luogo di lavoro.
  134. Per cominciare si può cercare di fornire una definizione di EMERGENZA. La definizione riportata è generale e può contenere nel suo ambito anche aspetti funzionali e non solamente quelli inerenti la sicurezza. Nel caso specifico delle emergenze incendi, oggetto del presente corso, si fa riferimento ad aspetti relativi alla salute e sicurezza dei lavoratori e degli altri soggetti presenti nel luogo di lavoro.
  135. Ad ogni situazione di emergenza corrispondono azioni specifiche che possono consentire meglio di altre di ridurne le conseguenze. Tuttavia, di fronte ad un pericolo imminente, non si ha la possibilità di analizzare in dettaglio l’effetto di azioni non pianificate e, spesso, manca la lucidità è l’obiettività per scegliere quella più idonea. Azioni simultanee non pianificate e non coordinate tra loro, inoltre, possono ostacolarsi reciprocamente o amplificare, nel loro insieme, le condizioni di pericolo dovute alla situazione di emergenza. Oltre alla pianificazione, è poi necessaria la messa in pratica delle procedure di emergenza. Le esercitazioni periodiche e l’applicazione pratica delle procedure consentono di evidenziare preventivamente eventuali carenze e ridurre i margini di errore nell’esecuzione delle operazioni durante le emergenze reali. E’ utile sapere che lo svolgimento di esercitazioni periodiche e la familiarità con l’applicazione pratica delle procedure di emergenza consente di ridurre in maniera considerevole la possibilità di manifestazioni di panico in condizioni di emergenza reali.
  136. PIANO DI EMERGENZA è un documento che contiene tutte le informazioni e istruzioni finalizzate alla gestione delle emergenze specifiche ipotizzabili. In sintesi la struttura di un piano di emergenza conforme ai requisiti del D.M. 10/03/98 può esser suddivisa in due parti. La prima di queste è quella contenente tutte le informazioni sul luogo di lavoro e sull’attività svolta, rilevanti ai fini: dell’analisi delle situazioni di emergenza possibili; della pianificazione delle azioni per gestirle correttamente; della pronta individuazione di tutto ciò che può servire nel corso di un emergenza in atto. Tali informazioni contengono le caratteristiche dei luoghi; l’attività svolta; gli impianti e le attrezzature di lavoro presenti; il sistema di rivelazione e di allarme incendio; i sistemi di estinzione; l’ubicazione degli organi di sezionamento impianti; il numero di persone previste e la loro ubicazione; i lavoratori esposti a rischi particolari; il ruolo di tutti i soggetti presenti; la struttura del servizio antincendi; i nominativi degli incaricati di sovraintendere all'attuazione e al controllo del piano e degli addetti; il livello di informazione e formazione; l’addestramento e le esercitazioni svolte; i DPI disponibili; le possibilità di intervento dei servizi di soccorso pubblico. La seconda parte del piano di emergenza deve servire a definire, per le varie categorie di soggetti presenti ad ogni titolo nel luogo di lavoro (lavoratori, addetti antincendio, addetti al pronto soccorso, pubblico, personale esterno), in base al livello di formazione e addestramento noto ed ipotizzabile, i comportamenti e le azioni pianificate e coordinate da attuare per prevenire e fronteggiare, se possibile, le emergenze stesse, nonché per effettuare l’evacuazione del luogo di lavoro e richiedere l’intervento dei servizi di soccorso pubblico. Il piano di emergenza è uno strumento fondamentale per gli addetti antincendio, per poter eseguire i propri compiti in sicurezza e in maniera efficace. La conoscenza dell’intero piano di emergenza, e non solamente delle procedure loro destinate, consente agli addetti antincendio di sapere in anticipo quali siano le situazioni ed i contesti che devono aspettarsi di incontrare durante le possibili emergenze originate nel proprio sito; la tipologia e l’ubicazione delle misure di protezione (attive e passive) disponibili; le possibili reazioni ed i comportamenti da attendersi dagli altri soggetti non direttamente coinvolti nelle gestione delle emergenze.
  137. Dopo le necessarie considerazioni sull’importanza del piano di emergenza, è bene ricordare che la formazione degli addetti antincendio prevede comunque la trattazione delle diverse procedure da attuare in caso di emergenza. Pertanto, indipendentemente da quanto potrà essere espressamente previsto nei piani di emergenza, la parte che segue fornisce agli addetti antincendio indicazioni comportamentali generali per l’approccio ai casi più tipici e per tutti quegli aspetti non sempre espressamente dettagliati dal piano di emergenza. Tra le regole più generali si riportano le seguenti: fare solamente ciò per cui si è stati formati e addestrati, evitando di mettere a rischio la propria vita e quella degli altri con azioni estemporanee del cui esito non si può aver certezza. La necessità di ulteriore formazione e addestramento, per compiti assegnati che non si ritiene di essere in grado di assolvere, va segnalata tempestivamente; nelle situazioni di emergenza, cercare di mantenere la calma ed il controllo delle proprie emozioni (una formazione solida e un addestramento idoneo rendono più facile ottenere questo risultato, consentendo di dominare adeguatamente la situazione); agire sempre lasciando margini di sicurezza anche per la propria incolumità; verificare sempre la disponibilità di una via di fuga libera prima di intraprendere qualunque azione, in maniera da poterla utilizzare se l’azione risultasse inefficace (tenendo conto della praticabilità dei percorsi invasi dal fumo, della tenuta delle strutture, e della possibilità di lasciare il punto interessato dall’incendio, una volta raggiunto); agire con rapidità, ma evitando di correre, per limitare il rischio di cadute; utilizzare, se previsti e necessari, i DPI; adottare idonee modalità di comunicazione in presenza di altre persone, adeguando i contenuti alla tipologia e al ruolo di tali soggetti; farsi riconoscere e tranquillizzare altri soggetti per ridurre le possibili situazioni di panico.
  138. Le regole di comportamento generali in caso d’incendio, riportate in questa slide, sono valide per tutti i lavoratori, anche per coloro che non ricoprono l’incarico di addetti antincendio. Gli addetti antincendio, oltre a seguirle direttamente dovranno controllarne l’applicazione da parte degli altri lavoratori, aiutandoli, laddove necessario. In particolare: gli ascensori non devono essere usati, poiché, se non espressamente costruiti e appositamente protetti, in caso di incendio, possono fermarsi, intrappolando le persone al loro interno. Le loro porte non costituiscono una idonea barriera alla penetrazione di fumi e calore. Inoltre il vano ascensori può costituire una via di trasmissione dell’incendio e dei fumi; in caso di necessità ed in mancanza di istruzioni dirette da parte del personale appositamente incaricato, seguire sempre le indicazioni della segnaletica di sicurezza per trovare le uscite di piano; proteggere bocca e naso dal fumo mediante panni o indumenti umidi. Per ridurre l’esposizione ai fumi, che normalmente tendono a salire verso l’alto ed a concentrarsi nella parte superiore dei vani, cercare di camminare chinati. Nei luoghi chiusi, se non c’è visibilità sufficiente, camminare vicino alle pareti, per non perdere completamente i riferimenti spaziali dell’ambiente nel quale ci si trova; chiudere le porte, per ritardare la propagazione dei fumi, quando si abbandona un locale; se possibile, spegnere e disalimentare le apparecchiature elettriche, prima di lasciare il posto di lavoro; non avvicinarsi a recipienti in pressione o a serbatoi contenenti combustibili esposti alle fiamme ed evitare di attraversare strutture esposte alle fiamme per un tempo molto lungo.
  139. Si prende ora in considerazione la prima procedura espressamente prevista dal programma ministeriale. Il diagramma ha lo scopo di schematizzare il processo logico generale che l’addetto dovrebbe seguire quando scopre direttamente la presenza di un incendio (o meglio di un principio di incendio). I singoli blocchi vengono esaminati nelle slide successive.
  140. Il primo blocco è rappresentato dalla valutazione dello scenario in atto.
  141. La prima cosa che si deve fare, quando si scopre un principio di incendio in atto, è valutare rapidamente l’evento nel complesso. Ciò al fine di acquisire tutti gli elementi necessari a decidere se procedere direttamente all’estinzione, effettuare altre azioni, o tentare l’estinzione dopo aver effettuato altre azioni, in applicazione di quanto previsto dal piano di emergenza. Gli elementi per la decisione vengono acquisiti identificando, mediante rapido esame a vista (ed eventualmente anche mediante olfatto, udito e percezione di calore o umidità): il tipo di evento; le condizioni di visibilità, fondamentali per decidere quali azioni si è in grado di compiere in sicurezza, tra le quali considerare anche il tempestivo abbandono dei locali; presenza di fumo e gas combusti che rendono l’aria ambiente pericolosa per la respirazione. Qualora nell’area siano presenti anche altre persone, le stesse devono essere allontanate e condotte in luogo protetto da fumo e gas, prima di procedere con il tentativo di spegnimento. In questo caso, il tentativo dovrà essere attuato solo se dotati degli idonei DPI; i materiali combustibili e gli altri inneschi presenti. Da questi dipendono i possibili sviluppi e la propagazione dell’incendio. In molti casi, più dell’effettivo tentativo di estinzione, può esser opportuno un intervento volto semplicemente ad allontanare dall’innesco altro materiale combustibile, evitando la propagazione del principio di incendio; la fase dell’incendio, l’evoluzione possibile e la rapidità ipotizzabile (in base al tipo, alla quantità e alla distribuzione del materiale combustibile presente; si ricorda che un incendio può essere estinto solamente nelle sue fasi iniziali); l’eventuale disponibilità di DPI e il reale addestramento all’uso degli stessi (è fondamentale che negli interventi di emergenza gli stessi addetti antincendi non mettano a repentaglio la propria incolumità); la compartimentazione e le vie di fuga utilizzabili. Questi elementi sono di particolare importanza nel decidere se effettuare il tentativo di estinzione o evacuare subito tutte le aree. Si può provare ad estinguere un principio di incendio solo dopo essersi accertati che almeno una via di fuga rimanga disponibile, anche successivamente all’eventuale fallimento del tentativo stesso. la disponibilità di sistemi di allarme incendi (la prossimità di pulsanti di segnalazione allarme, al cui azionamento è legata l’attivazione della procedura di evacuazione, consente di ritardare la segnalazione dell’emergenza per tentare lo spegnimento); la presenza di sistemi di spegnimento automatico che, anche se non spengono direttamente il principio di incendio, ne ritardano sicuramente la propagazione. Se l’incendio è in fase iniziale, può risultare opportuno effettuare il tentativo diretto, prima che gli impianti automatici si attivino o, a volte, anche con impianti automatici attivati; i sistemi di estinzione manuali a portata di mano. È fondamentale, prima dell’uso, controllare che il mezzo di estinzione sia idoneo al tipo di fuoco, in particolare in presenza di impianti o apparecchi in tensione o incendi di liquidi; la presenza di altre persone (altri addetti antincendio, lavoratori, pubblico). In genere è opportuno farsi riconoscere prima di effettuare il tentativo e spiegare cosa si sta facendo. Solo in casi particolari l’azione di spegnimento deve esser così tempestiva da precedere qualunque altra azione; la presenza di infortunati. In tal caso, prima di compiere altre azioni, è generalmente necessario provvedere a richiedere l’intervento degli addetti al pronto soccorso o del servizio di soccorso pubblico, segnalandone la presenza. Se vi sono persone con abiti infiammati, intervenire immediatamente, togliere loro gli abiti, finquando possibile, altrimenti soffocare le fiamme, usando una coperta, un telo o simili, realizzati con un tessuto non facilmente infiammabile.
  142. Il secondo blocco che si considera è quello relativo al tentativo di estinzione. A questo punto è chiaro che, se l’addetto ha deciso di procedere al tentativo, egli ritiene di aver possibilità di successo, anche da solo, con i mezzi di estinzione disponibili a portata di mano. Inoltre egli ritiene che la situazione presente nell’area in cui è stato scoperto l’incendio sia tale da consentire il permanervi (seppur brevemente) senza pericoli immediati per la propria incolumità o per quella di eventuali altre persone presenti a qualsiasi titolo. In caso contrario, infatti, l’azione più idonea sarebbe quella di allontanarsi e far allontanare immediatamente le altre persone dall’area, attuando tutte le misure di compartimentazione e confinamento dei fumi predisposte, provvedendo a segnalare l’evento appena possibile e ad attivare le successive procedure. Si ricorda che gli incendi possono essere spenti solo nelle fasi iniziali.
  143. Prima di descrivere le azioni da intraprendere per spegnere un principio di incendio vero e proprio, si premette che inneschi attivi vicino a materiali infiammabili (ad es. una sigaretta o una sorgente di fiamma posata o caduta vicino a fogli di carta o buste o involucri in plastica) devono sempre essere allontanati tempestivamente. Nel caso di sigarette accese, dopo averle allontanate, spegnerle schiacciandole. In caso di principio di incendio, qualora, in base alla valutazione dello scenario, si ritenga opportuno intervenire direttamente, si può procedere mediante diverse azioni volte a: impedire l’evoluzione del focolaio in incendio vero e proprio, ad esempio allontanando gli altri materiali combustibili dal focolaio e consentendo l’autoestinzione dello stesso, dopo che il materiale combustibile già attaccato sia stato completamente consumato; tentare di estinguere direttamente i focolai iniziali, fino a giungere al loro completo spegnimento, prima che l’incendio possa svilupparsi e propagarsi agli altri materiali presenti, evolvendo nella fase di incendio generalizzato. Di seguito si riportano esempi di casi tipici di intervento. Cestino di carta straccia incendiato: se possibile, lo stesso deve essere allontanato dagli altri materiali infiammabili presenti. Se disponibile una coperta antincendio, utilizzarla per spegnere il fuoco per soffocamento, coprendo il cestino, altrimenti utilizzare acqua (accertarsi che si tratti di acqua!) o un estintore. Se le fiamme nel cestino non consentono più di avvicinarsi e spostarlo, intervenire direttamente con un estintore per spegnere il fuoco. Porre attenzione a non far schizzare rifiuti incendiati fuori dal cestino. Accensione di indumenti, panni o altri oggetti posti a contatto di componenti caldi, quali radiatori, motori, ecc.: allontanare con cautela l’oggetto da altre parti infiammabili. Quindi spegnere le fiamme mediante acqua o un estintore. Se non è possibile avvicinarsi all’oggetto o spostarlo, intervenire direttamente mediante estintore. Non utilizzare acqua in presenza di componenti in tensione. Fumo, odore di bruciato, scintille provenienti da apparecchi elettrici, componenti dell’impianto, organi di collegamento mobile (adattatori, prolunghe, prese multiple, avvolgicavo, ecc): spegnere gli apparecchi e poi disalimentare gli stessi, disinserendo con cautela le spine dalle prese, se possibile. Disalimentare i componenti dell’impianto intervenendo sugli interruttori generali dei quadri di competenza (solo se si è certi di saperlo fare). Se non è sufficiente, o in presenza di fiamme, allontanare, se possibile, gli altri materiali combustibili dai componenti elettrici e procedere allo spegnimento mediante estintori portatili. Utilizzare solo estintori idonei all’uso su componenti in tensione. Non utilizzare acqua. Non avvicinarsi a parti normalmente in tensione se non si è certi che le stesse siano state disalimentate, specialmente in media e alta tensione. Incendio di liquidi contenuti in recipienti aperti (bidoni, vasche, pentolame, ecc.): verificare se si può ottenere lo spegnimento per soffocamento (ad esempio mediante opportuno uso di coperta antincendio o, nel caso di pentole o padelle, chiudendo le stesse con i relativi coperchi). Qualora necessario, utilizzare gli estintori idonei (con le modalità di utilizzo descritte nella sezione sulle esercitazioni pratiche). Incendio di liquidi sversati a terra da serbatoi o recipienti, a causa di perdite o rovesciamento: cercare subito di contenere l’espansione del liquido, arginandolo mediante sabbia, terra, o altro materiale incombustile. Quindi procedere allo spegnimento con idonei estintori. L’intera superficie della pozza deve essere rapidamente coperta dalla sostanza estinguente. Porre attenzione a non spandere ulteriormente il liquido durante l’estinzione, utilizzando l’estintore come illustrato nella sezione sulle esercitazioni pratiche. Non utilizzare acqua. Cercare di porre rimedio alla causa dello sversamento. Fughe di gas: il pericolo maggiore è rappresentato dalla possibilità di esplosioni. Se il gas che fuoriesce da un recipiente in pressione o da un condotto (ad esempio da una flangia o da una valvola) è incendiato, il pericolo di esplosione non sussiste immediatamente. La prima azione da compiere è cercare di interrompere la perdita agendo sulle valvole di afflusso del combustibile. Tale azione, se efficace e tempestiva, è sufficiente all’estinzione dell’incendio per esaurimento del combustibile. Bisogna evitare comunque che altro materiale posto in prossimità del getto possa prendere fuoco, propagando l’incendio prima dell’interruzione della fuga di gas. Se, per la presenza delle fiamme, non è possibile accedere alle valvole di intercettazione del flusso, si può effettuare un tentativo di spegnimento con idonei estintori (per le modalità di utilizzo vedere la sezione sulle esercitazioni pratiche). Qualora non sia possibile interrompere il flusso di gas incendiato, può risultare opportuno raffreddare con acqua la parte di condotto o serbatoio prossima al foro di uscita, per evitare che l’eccessivo riscaldamento del metallo ne determini il cedimento improvviso con conseguente esplosione.
  144. Se il tentativo di estinzione ha avuto successo, prima di poter riprendere le normali attività lavorative svolte negli ambienti interessati dall’incendio, è necessario compiere una serie di azioni. Chiameremo tali azioni CHIUSURA DELL’EMERGENZA.
  145. Lo scopo delle operazioni di chiusura è quello di ripristinare le normali condizioni di sicurezza e salubrità dell’ambiente lavorativo e le condizioni operative compatibili con lo svolgimento dell’attività, nonché accertare le cause dell’evento per impedirne il ripetersi. In generale, dopo qualunque intervento, è necessario accertarsi subito della completa estinzione del focolaio, per evitare riaccensioni. Si devono individuare rapidamente eventuali cause evidenti dell’incendio e rimuoverle, se oggetto di possibile imminente riaccensione. In presenza di fumo, si devono far allontanare le eventuali persone presenti e, in ambienti chiusi, se il focolaio è completamente spento, aprire con cautela le porte e le finestre per arieggiare i locali. Avvertire il responsabile della gestione delle emergenze o il responsabile del sito per far eseguire un’analisi più approfondita della dinamica dell’incendio, al fine di adottare le misure necessarie ad evitarne il ripetersi. Sarà il responsabile della gestione delle emergenze o il responsabile del sito ad attivare le procedure necessarie (verifica condizioni sicurezza, verifica funzionalità apparecchiature, pulizia straordinaria) per ripristinare le condizioni di sicurezza e operatività necessarie alla ripresa delle attività lavorative.
  146. Qualora l’addetto ritenga non possibile procedere al tentativo diretto di estinzione o questo non sia risultato inefficace, se non vi ha già provveduto o se il segnale di emergenza non è già stato lanciato indipendentemente (ad esempio per attivazione del sistema di rivelazione incendi), l’addetto deve procedere con la segnalazione dell’emergenza in corso.
  147. Lo scopo in generale è quello di avvertire nel minor tempo possibile, a seconda della struttura organizzativa esistente, l’eventuale centrale di controllo, il responsabile della gestione delle emergenze, gli altri addetti antincendio, tutte le persone nel luogo di lavoro, della presenza di un incendio non gestito o non gestibile localmente in maniera autonoma, al fine di: richiamare altri addetti per rendere possibile il tentativo di estinzione o effettuarne uno ulteriore (solo se l’intervento è sufficientemente tempestivo); attivare, eventualmente, le successive procedure di lotta antincendio (in particolare le azioni volte a rallentare o contenere lo sviluppo dell’incendio), evacuazione, chiamata dei servizi di soccorso pubblico, assistenza ai disabili. Le modalità operative possono variare seconda della complessità del sito, dell’organizzazione e dei dispositivi di segnalazione presenti e della situazione in atto. Se il soggetto o i soggetti cui è diretta la segnalazione sono a vista ed a portata di voce, è possibile avvertirli mediante semplice chiamata a viva voce. Se la segnalazione dell’emergenza in atto viene effettuata mediante chiamata telefonica o ricetrasmittenti, alla risposta, farsi riconoscere e fornire indicazioni precise: sul posto dal quale si sta chiamando; sul tipo di emergenza; sull’area interessata; sull’eventuale presenza di infortunati. Quindi, comunicare le successive azioni (attesa dei soccorsi, inizio lotta antincendio, ad es. per ritardare propagazione, abbandono dei locali) e dove incontrare eventualmente il soggetto chiamato o i soccorsi. Nel caso che la segnalazione venga effettuata mediante attivazione dei pulsanti di allarme, le scelte successive dipendono dalla tipologia dell’impianto e dal suo funzionamento. Ad esempio, solo se si dispone di centrali in grado di individuare il punto o il settore di attivazione dell’allarme gli altri addetti avranno a disposizione subito l’informazione sul luogo dell’emergenza e potranno raggiungere la zona da cui è partito il segnale. In altri casi, risulterebbe inutile attendere ulteriormente l’arrivo di altri addetti, ma potrebbe essere opportuno dar subito avvio alle procedure di evacuazione, a partire proprio dai locali in cui si è osservata la presenza dell’incendio.
  148. Si passa adesso a definire in maniera generale quali siano i comportamenti e le azioni che gli addetti antincendio devono attuare qualora ad essi giunga un segnale di allarme. Lo scopo delle procedure da adottare in caso di allarme, qualora queste siano distinte da quelle di evacuazione, è quello di consentire l’intervento degli addetti o delle squadre di addetti (o eventualmente anche di vigili del fuoco professionisti, se presenti) sul luogo dell’incendio, sia per attuare le misure di lotta antincendio, sia per essere in grado di attivare tempestivamente le procedure di evacuazione e chiamata dei servizi di soccorso pubblico, successivamente descritte. Anche in questo caso, è il piano di emergenza a dover contemplare procedure operative dedicate. Queste possono variare molto, in funzione della complessità del sito e dell’attività svolta, ma anche in funzione della specifica struttura organizzativa del sistema di gestione delle emergenze aziendale. Pertanto, data la varietà delle situazioni che si possono presentare, nelle prossime slide non si utilizzerà ulteriormente lo schema a blocchi per illustrare il flusso logico delle azioni possibili, ma si tratteranno direttamente quelle più tipiche, fornendo alcune regole di approccio generali. In taluni casi le procedure di evacuzione e chiamata dei servizi di soccorso pubblico possono essere attivate contestualmente alla ricezione dell’allarme.
  149. Nel caso in cui l’allarme giunga direttamente a viva voce, l’addetto può raggiungere immediatamente il punto dal quale è stato chiamato e trovarsi di fronte all’evento. Valgono allora le indicazioni fornite nei precedenti paragrafi in relazione alle procedure da adottare quando si scopre un incendio.
  150. Se l’allarme giunge mediante chiamata telefonica, durante la comunicazione l’addetto deve ottenenere le seguenti informazioni: generalità dell’interlocutore; da dove proviene la chiamata ed eventuali numeri per richiamare l’interlocutore; tipologia dell’evento; persone presenti (numero approssimativo); eventuale presenza di infortunati.
  151. In base alle informazioni ricevute, l’addetto deve fornire istruzioni all’interlocutore su come attendere il proprio arrivo senza rischi per la salute, oppure come abbandonare in sicurezza il luogo da cui sta chiamando. Può esser opportuno fornire all’interlocutore indicazioni sui tempi previsti per giungere sul posto. Quindi l’addetto deve valutare se avviarsi immediatamente verso il punto segnalato (in base all’entità dell’evento e alla necessità di tempestività dedotte dal colloquio telefonico ) o se avvisare prima altri addetti o l’eventuale centrale di gestione delle emergenze. In presenza di infortunati richiedere l’intervento di addetti al pronto soccorso o far chiamare servizi di soccorso pubblici.
  152. Nel recarsi rapidamente, ma senza correre, verso il luogo dell’evento, in base alle informazioni ricevute, l’addetto dovrà dotarsi dei necessari DPI e prelevare nel luogo accessibile più vicino al principio d’incendio l’eventuale estintore o gli altri mezzi di estinzione necessari. Una volta giunto sul posto, dopo aver incontrato la persona che ha effettuato la chiamata, se previsto, procedere come nel caso precedentemente descritto per la scoperta degli incendi.
  153. Un altro caso tipico è quello in cui è previsto un sistema automatico e manuale di rilevazione e allarme, ma senza centralina di indirizzamento. In tali casi, non potendo orientare l’intervento degli addetti, il piano di emergenza prevede normalmente l’attivazione immediata delle procedure di evacuazione e chiamata dei servizi di soccorso pubblico di seguito descritte. Può esser prevista una procedura che consenta ai vari addetti di raggiungere rapidamente in sicurezza i punti principali del luogo di lavoro, per identificare l’emergenza realmente in corso e adottare le conseguenti misure e comunque, per gestire le procedure di evacuazione e chiamata dei servizi di soccorso pubblico. (In questo caso, la cautela degli addetti nel percorrerre le varie parti del luogo di lavoro e raggiungere un posizione dalla quale identificare l’emergenza dovrà essere massima. In particolare dovranno sempre accertarsi di avere una via di fuga praticabile).
  154. Si forniscono ora brevi indicazioni sul comportamento che gli addetti devono assumere in presenza di altri soggetti (altri lavoratori, clienti, pubblico, pazienti, ditte esterne, ecc.) In caso di incendio, oltre a dover fronteggiare gli effetti propri dell’evento, gli addetti devono essere in grado di gestire comportamenti anomali di eventuali altri soggetti causati da crisi di panico, reazioni isteriche all’emergenza, stati confusionali o riduzione delle capacità cognitive o reattive causate da intossicazione da fumi. Gli atteggiamenti indicati per ridurre la tensione e la possibilità di generare condizioni di panico sono: farsi riconoscere e mostrare calma e autorevolezza; parlare in maniera chiara, evitando di gridare o mostrare concitazione; invitare i presenti a mantenere la calma mostrando consapevolezza e controllo della situazione; spiegare brevemente le azioni in corso. Lo svolgimento di esercitazioni pratiche mirate, può migliorare, anche per questi aspetti, la condotta degli addetti, in caso di emergenza.
  155. In presenza di persone in stato confusionale o con segni di intossicazione da fumi, allontanarle prima possibile dalla presenza dei fumi, conducendole in spazi aperti o comunque arieggiati mediante l’apertura di porte o finestre. Segnalare immediatamente la presenza di persone infortunate, indicando la possibile intossicazione.
  156. Le operazioni di evacuazione hanno lo scopo di consentire a tutte le persone presenti in un luogo di lavoro o in parte di esso, di abbandonarlo in sicurezza in caso di emergenza.
  157. A seconda della situazione presente, l’attivazione delle procedure di evacuazione può essere decisa o fin dall’inizio dell’incendio, contestualmente alla rilevazione dell’evento, o (soprattutto in strutture più organizzate) anche dopo aver verificato la possibilità di non riuscire controllare l’incendio direttamente con le forze presenti. È importante distinguere anche le situazioni in cui l’attivazione delle procedure di evacuazione può essere decisa da una centrale (se presente) o dal responsabile della gestione delle emergenze - che potrà attivare una serie di sistemi di segnalazione acustici (o comunicazioni tramite altoparlanti) ed eventualmente ottici, opportunamente coordinati, e fornire istruzioni operative specifiche alle varie squadre di addetti - dai casi in cui l’evacuazione può riferirsi a piccole strutture o ad aree limitate del luogo di lavoro e dovrà esser decisa, per ragioni di tempestività, direttamente dall’addetto antincendio presente sul posto.
  158. In base all’entità dell’evento e all’organizzazione del servizio antincendio aziendale, l’evacuazione può avvenire in una o più fasi. Nel primo caso, attuato generalmente nei luoghi di piccole dimensioni, l’attivazione delle procedure porta all’evacuazione completa di tutto il luogo di lavoro.
  159. In caso di evacuazione in più fasi (attuato in strutture più complesse, dotate di centrale di controllo, quando l’evento iniziale è ben delimitato) le diverse aree del luogo di lavoro vengono evacuate in progessione, a partire da quella interessata direttamente dall’incendio fino ad arrivare, se necessario, a quelle più lontane. L’evacuazione in più fasi viene attuata quando tra le varie aree è presente una idonea compartimentazione, ed ha lo scopo di permettere agli addetti di verificare se è stato possibile contenere e risolvere l’emergenza nella sola area interessata o se la stessa ha possibilità di estendersi anche alle altre aree. Inoltre, consente di evacuare con ordine e sicurezza prima le persone più esposte al pericolo immediato, e successivamente quelle meno esposte.
  160. Le modalità di evacuazione di un sito in caso di incendio variano molto in funzione della complessità del sito, della compartimentazione, delle vie di fuga, dei sistemi di rivelazione e allarme disponibili, della presenza di pubblico o di persone con ridotte capacità motorie o sensoriali e dell’organizzazione del servizio antincendio. Questi elementi sono riportati nel piano di emergenza e le operazioni da compiere in caso di evacuazione devono essere ben descritte da procedure. Di seguito si forniranno indicazioni di tipo generale ed esempi per alcuni casi tipici. Il comportamento può essere esteso ai casi analoghi, tenendo conto delle indicazioni specifiche riportate nel piano di emergenza.
  161. In generale il segnale di allarme incendio e quello di inizio evacuazione hanno una diversa funzione e sono distinti tra di loro. In molti casi, specialmente quando il sito produttivo non è molto grande o la struttura del servizio antincendio non è particolarmente complessa, il segnale d’allarme può attivare direttamente le procedure di evacuazione. Il segnale di INIZIO EVACUAZIONE può essere dato: direttamente a viva voce dall’addetto antincendio presente; mediante dispositivi acustici ad azionamento manuale; mediante dispositivi acustici azionati elettricamente; mediante comunicazione attraverso sistema di altoparlanti (in situazioni nelle quali sono previsti elevati affollamenti). In ogni caso è fondamentale che l’allarme sia chiaramente udibile in tutto il luogo di lavoro, o nelle parti ove l’allarme è necessario. Il segnale acustico di evacuazione è un segnale continuo. In diversi casi può essere necessario associare all’allarme acustico anche una segnalazione di tipo ottico (ad esempio in ambienti con elevato rumore di fondo, oppure dove è previsto l’utilizzo di cuffie per lo svolgimento dei lavori). I segnali ottici non possono essere utilizzati come unico mezzo di segnalazione.
  162. Si riportano ora alcuni esempi di modalità operative applicabili a situazioni specifiche. Il primo esempio è relativo ai casi in cui può presentarsi la necessità per l’addetto, giunto o presente sul luogo dell’incendio, di decidere autonomamente di procedere subito all’evacuazione dei locali o di parte dell’edificio interessata dall’evento (es. caso di luoghi di lavoro di dimensioni ridotte, in assenza di sistemi di allarme elettrici o ad azionamento manuale, o in presenza di un pericolo grave o immediato per persone presenti in una determinata area). La prima azione da compiere è quella di farsi riconoscere dalle persone presenti: dichiarando di essere un ADDETTO ANTINCENDI ; invitando a mantenere la calma; evidenziando che la situazione è sotto controllo. Quindi avvertire tutti i presenti della necessità di abbandonare ordinatamente i locali e di seguire le istruzioni impartite e guidare tutte le persone presenti verso le vie di uscita praticabili più vicine, invitando a seguire le indicazioni della segnaletica di sicurezza. Nell’allontanarsi dall’area interessata dall’incendio, lasciarsi alle spalle solo ambienti sicuramente già evacuati; bussare alle porte chiuse e segnalare ad alta voce la situazione di emergenza; verificare che le stanze siano già state abbandonate e chiuderne le porte. Assistere nell’evacuazione le persone con ridotte capacità motorie, visive o uditive. Appena possibile, avvertire gli altri ADDETTI ALLE EMERGENZE e il responsabile della gestione delle emergenze, per farsi aiutare nell’evacuazione, far predisporre l’eventuale evacuazione delle altre aree e attivare la procedura di chiamata dei VIGILI del FUOCO e del PRONTO SOCCORSO. Prima di uscire dall’edificio o dall’area, se gli altri occupanti sono già usciti, togliere tensione ai locali, agendo sull’interruttore generale posto sul quadro elettrico principale, se il quadro è posto in posizione raggiungibile senza ulteriori rischi (ad esempio nel caso in cui l’incendio o i fumi abbiano già raggiunto tale quadro o lo stesso sia difficilmente raggiungibile). Una volta fuori dall’edificio o dall’area da evacuare, condurre il personale e gli altri soggetti presenti al punto di raccolta previsto nel piano di emergenza (questo dovrebbe esser stato scelto in luogo sicuro, in posizione tale da non costituire intralcio all’intervento dei servizi pubblici di soccorso). Raggiunto il punto di raccolta, procedere all’individuazione del personale evacuato registrandone i nominativi. Raccordarsi con il responsabile delle emergenze o con la centrale di controllo. Rimanere a disposizione dei servizi di pubblico soccorso.
  163. Se gli addetti non si trovano subito nell’area da evacuare o gli stessi addetti devono procedere ad evacuare più aree, allora devono raggiungere rapidamente, ma senza correre, le aree di competenza (la cautela degli addetti nel percorrere le varie parti del luogo di lavoro e avvicinarsi all’area da evacuare dovrà essere massima; in particolare dovranno sempre accertarsi che il percorso sia praticabile e non presenti pericoli dovuti alla presenza di fumi, crolli, ecc. Essi dovranno verificare comunque sempre di avere almeno una via di fuga praticabile). Una volta giunti nell’area da evacuare, gli addetti devono valutare le condizioni di pericolo dell’area (se l’incendio e presente in tale area, presenza di fumi, percorribilità dell’area, necessità di uso di DPI). Quindi, se le condizioni lo consentono, attuare le procedure di evacuazione. Una volta iniziata l’evacuazione di un area, procedere evitando di rientrare più volte negli stessi ambienti, lasciandosi dietro solo ambienti già evacuati. In generale, una volta evacuata un area, non vi si deve più rientrare, fino alla conclusione dell’emergenza.
  164. Lo scopo delle procedure per la chiamata dei soccorsi è quello di definire preventivamente alcune semplici regole per far si che, in caso di emergenza, la chiamata dei servizi di soccorso pubblico sia efficace. Le modalità operative possono variare in base alle dimensioni e complessità del luogo di lavoro, attività svolta, struttura e organizzazione del servizio antincendio. In generale, però, deve sempre essere individuato: chi deve dare la disposizione di effettuare la chiamata; chi deve effettuare la chiamata; le informazioni da fornire a chi riceve la chiamata. Tali informazioni sono riportate nel Piano di Emergenza. In ogni caso, specialmente nei luoghi di lavoro di piccole dimensioni o in strutture non particolarmente complesse, gli addetti antincendio dovrebbero sempre essere in grado di effettuare la chiamata autonomamente.
  165. La slide riporta i principali numeri da chiamare sul territorio nazionale per richiedere un pronto intervento in caso di emergenza.
  166. Si riportano le informazioni minime da fornire in caso di chiamata. La persona o le persone preventivamente incaricate di effettuare la chiamata, in caso di necessità, devono essere in grado di fornire tempestivamente tali informazioni.
  167. La slide fornisce alcune indicazioni finalizzate a rendere efficace lo scambio di informazioni durante la chiamata.
  168. All’arrivo dei servizi di soccorso può essere necessario fornire ulteriori informazioni e assistenza agli stessi. Tra le informazioni che possono essere ulteriormente richieste sul luogo: descrizione evento possibili cause evento persone presenti eventuali infortunati materiali o sostanze presenti impianti presenti ubicazione quadri elettrici, serbatoi e valvole intercettazione combustibili attacchi per le mandate delle autopompe sorgenti di alimentazione delle autopompe dispositivi antincendio (tipo e ubicazione) Tra le azioni che possono esser richieste: messa a disposizione del piano di emergenza messa a disposizione di planimetrie o schemi impiantistici del sito messa a disposizione di chiavi apertura di porte o cancelli accompagnare gli operatori in prossimità della zona dell’intervento
  169. Questa sezione è dedicata alla descrizione delle caratteristiche costruttive/funzionali dei mezzi di estinzione più diffusi (estintori, idranti e naspi), dei dispositivi di protezione individuale contro gli incendi e del loro utilizzo.
  170. Tutti i tipi di estintore sono concettualmente simili tra loro, essendo essenzialmente costituiti da un recipiente metallico di forma cilindrica, che contiene la sostanza estinguente ed al cui interno viene generata la pressione necessaria per l’erogazione della stessa, nonché da un apparato di erogazione, fondamentalmente formato da una valvola e da un ugello o una manichetta od un diffusore per l’orientamento del getto. La pressione interna necessaria ad espellere l’estinguente: può essere ottenuta tramite la liberazione di un gas ausiliario, contenuto tal quale in una cartuccia aggiuntiva rispetto al contenitore dell’estinguente (in passato il gas poteva anche essere generato per reazione chimica tra due prodotti contenuti in apposite fiale che venivano aperte nel momento dell’erogazione); il contenitore non è in pressione e la pressione necessaria all’erogazione è generata al momento dell’erogazione stessa; mantenendo permanentemente in pressione il contenitore dell’estinguente, grazie ad una compressione preliminare di una miscela di estinguente e aria compressa deumidificata oppure gas inerte, in genere azoto. Azionando l’apparato di erogazione si mette in comunicazione l’interno del contenitore con l’ambiente esterno, a pressione atmosferica. La differenza di pressione tra interno del contenitore ed ambiente provoca l’energica espulsione dell’estinguente, che quindi viene proiettato a qualche metro di distanza dall’estintore. Attualmente vengono usati quasi esclusivamente estintori a pressione permanente.
  171. Nell’immagine sono evidenziate le parti principali di un estintore a polvere. Il contenitore dell’agente estinguente è un serbatoio di acciaio o alluminio che deve resistere alla pressione interna, dovuta al gas propellente, necessaria alla proiezione dell’estinguente. Gli estintori a polvere e quelli idrici hanno una pressione interna di esercizio intorno a 14 bar mentre quelli a CO2 di circa 60 bar. Gli estintori a polvere, che non hanno alte pressioni di funzionamento, si riconoscono perché sono di lamiera saldata e quindi è facilmente individuabile il cordone di saldatura. Gli estintori ad anidride carbonica, dovendo sopportare pressioni molto più alte, contengono il gas (che è sia estinguente, sia propellente) in bombole ricavate da un unico pezzo e quindi non hanno cordoni di saldatura. All’interno del serbatoio degli estintori vi è il tubo pescante che serve a convogliare l’estinguente verso gli organi di erogazione. Il gruppo di erogazione, posto o nella parte superiore dell’estintore o all’estremità del tubo, comprende: la valvola di apertura o di erogazione; la maniglia di movimentazione; il manometro indicatore della pressione interna; il tubo di scarica; se l’estintore è a polvere, il tubo termina con un ugello, se è a CO2, con una maniglia ed un cono diffusore. Gli estintori più piccoli (fino a 3 kg), non necessitano di tubo di scarica e quindi l’ugello od il cono diffusore sono incorporati nel gruppo maniglia – valvola di apertura.
  172. Gli estintori sono dotati di due dispositivi di sicurezza: la valvola di sicurezza, che serve a far uscire una certa quantità di gas propellente quando la pressione interna supera il valore di taratura della valvola (ad esempio quanto l’estintore è esposto ad alte temperature); la spina di sicurezza contro gli azionamenti accidentali: è un perno metallico bloccato con una sorta di sigillo (da rompere al momento dell’uso) che impedisce il movimento di apertura alla leva della valvola di erogazione. A tutto questo si aggiunge il manometro, posto sul gruppo di erogazione (gli estintori a CO2 non hanno manometro). È dotato di un quadrante in cui il campo di variazione della pressione è rappresentato da una fascia colorata, verde al centro e rossa ad entrambe le estremità. L’ago indicatore, in condizioni di efficienza dell’estintore è posto nella zona verde centrale. Se l’indicatore si spostasse nella zona rossa a sinistra di quella verde, vorrebbe dire che l’estintore è scarico o che non è in grado, con il gas propellente residuo, di erogare tutto l’estinguente. Anche l’indicatore in campo rosso a destra dell’area verde indica una condizione non accettabile; la pressione all’interno del serbatoio è aumentata e certamente farà intervenire la valvola di sicurezza disperdendo una parte di gas propellente in atmosfera.
  173. Con l’entrata in vigore del DM 07/01/2005, che ha abrogato il precedente decreto relativo agli estintori portatili, (D.M. 20.12.1982) la disciplina di classificazione ed omologazione degli estintori portatili è demandata all’applicazione della norma UNI EN 3-7. Questa norma tecnica, oltre ai requisiti di prova per stabilire la capacità di estinzione, definisce anche come deve essere marcato un estintore, ed il colore che deve avere. Su tutti gli estintori è incollata sul serbatoio – contenitore un’etichetta che riporta tutte le informazioni essenziali, sia sulle caratteristiche del dispositivo, sia sulle modalità di uso. In particolare, le informazioni sull’uso corretto e sicuro sono una premessa per un intervento rapido ed efficace di fronte al pericolo rappresentato da un principio di incendio. L’etichetta è divisa, a partire dall’alto verso il basso in cinque sezioni: Prima sezione: la parola “ estintore”; il tipo di agente estinguente e la massa dell’estintore; le classi di fuoco e la capacità di spegnimento dell’estintore . Seconda sezione: le istruzioni per l’uso, comprensive di figure che spiegano come usare l’apparecchio; i pittogrammi dei tipi di fuoco che possono essere estinti. Terza sezione: le avvertenze di sicurezza o pericolo; l’indicazione sulla possibilità d’uso o meno su apparecchi elettrici sotto tensione. Quarta sezione: le avvertenze o disposizioni generali, tra cui quelle sulla manutenzione; indicazioni degli estremi di omologazione del Ministero dell’Interno e l’indicazione della conformità alla norma EN3-7:2004. Parte quinta: il nome della società responsabile dell’apparecchio, responsabile cioè della commercializzazione. L’etichetta deve essere realizzata in un colore nettamente contrastante con il colore del serbatoio (che è rosso) e deve essere in buono stato, senza abrasioni o cancellazioni in nessuna delle sezioni. Anche se disciplinati da norme diverse, quanto detto sopra vale anche per gli estintori carrellati.
  174. La capacità di spegnimento di un estintore portatile viene indicata sull'apparecchio da un numero seguito da una lettera. La lettera si riferisce alla classe di fuoco che l’estintore può spegnere. Il numero indica le caratteristiche dimensionali del focolare tipo che l'estintore è in grado di estinguere. Maggiore è questo numero più grande è la capacità di estinzione. I fuochi di classe C hanno un unico focolare tipo e pertanto la lettera C non è accompagnata da alcun numero. Tutti gli estintori portatili, in proporzione alla capacità estinguente devono garantire una durata minima di erogazione stabilita dalla norma UNI EN 3-7. FUOCHI DI CLASSE A Per la classe A, il focolare tipo è costituito da una catasta di tronchetti di legno di pino a sezione quadrata fissa, posta su un telaio di metallo. La catasta è costituita da quattordici strati di tronchetti di cui uno perpendicolare a quello successivo. I tronchetti degli strati pari sono orientati in un verso ed hanno lunghezza fissa di 50 cm (questa condizione è identica per tutti i focolari); I tronchetti degli strati dispari posti ortogonalmente a quelli degli strati pari, hanno lunghezza variabile a seconda del focolare. La lunghezza di questi secondi tronchetti espressa in decimetri è il numero riportato sull’estintore per indicarne la capacità estinguente dei fuochi di classe A. In questa direzione, sono affiancati tanti tronchetti di lunghezza fissa degli strati pari quanto è il numero indicante la capacità estinguente dell’estintore. Per esempio un estintore di classe 13 A ha spento un focolare in cui i tronchetti degli stati dispari erano lunghi 13 dm e i tronchetti a lunghezza fissa degli strati pari affiancati l’uno all’altro erano 13. Una volta accesa la catasta e lasciata stabilizzare la fiamma, si prova l’estintore da omologare. L’estintore è omologato se lo spegnimento avviene con successo entro un tempo minimo stabilito in funzione della capacità estinguente. FUOCHI DI CLASSE B Per i fuochi di classe B, i focolari sono realizzati da recipienti metallici cilindrici in acciaio; questi recipienti hanno dimensioni variabili in funzione del volume del liquido da contenere. Il liquido di prova è costituito per 1/3 del volume da acqua e per i restanti 2/3 da combustibile. La forma e le dimensioni del recipiente sono calcolate in modo che il liquido di prova abbia 10 cm di spessore d’acqua e 2 cm di spessore di combustibile circa. Il volume complessivo (acqua + combustibile) della miscela di prova corrisponde al numero che indica la capacità di spegnimento nell’ambito della classe B dell’estintore: per esempio, capacità di estinzione 89 B corrisponde allo spegnimento di una miscela di 89 litri di cui circa 30 d’acqua e circa 59 di combustibile. Una volta acceso il liquido e lasciata stabilizzare la fiamma, si prova l’estintore da omologare. L’estintore è omologato se tutte le fiamme risultano estinte. FUOCHI DI CLASSE C Il focolare di classe C, invece, è costituito da bombole standard di gas propano (da 25 kg). Si fa uscire il gas dalle bombole e lo si accende. Si verifica lo spegnimento delle fiamme da parte dell’estintore da omologare; se l’estintore ha carica estinguente superiore a 3 kg, deve essere in grado si spegnere le fiamme due volte. ESTINTORI CARRELLATI Per gli estintori carrellati, le prove su focolai A e C sono fatte con un unico focolaio standard mentre sono diverse le prove su focolari di classe B. Pertanto l’estinzione di fuochi di classe A e C è indicata solo con la rispettiva lettera distintiva, mentre l’estinzione dei fuochi di classe B è indicata con la rispettiva lettera ed un numero romano, da I a IV, ad indicare la potenzialità crescente. Questa classificazione della capacità estinguente è prevista dalla norma tecnica UNI EN 1866-1 che ha sostituito la precedente UNI 9492 citata dalle norme legislative. Pertanto, secondo la nuova norma, un estintore carrellato sarà classificato A-IIB-C.
  175. Si riporta a scopo chiarificatore lo schema di focolare di prova per fuochi di classe A (13 A).
  176. La foto mostra una prova di estinzione di fuochi di classe A.
  177. La slide riporta una descrizione più ampia di uno dei due estintori portatili maggiormente diffusi e versatili, quello a polvere. L’ estintore portatile a polvere è efficace con i fuochi di classe A, B, C. Salvo rare eccezioni è utilizzabile su apparecchi in tensione. Ormai è quasi esclusivamente utilizzato l’estintore a pressurizzazione permanente, di più facile e pronto uso. Normalmente la pressione interna è data da gas inerte, azoto, compresso a circa 15 bar. L’unica controindicazione di questo estintore è la possibile perdita della pressione interna a causa di difetti di tenuta della valvola di chiusura, per tale motivo è dotato di un indicatore di pressione, che deve indicare un valore compreso all'interno di un campo verde. Per lo stesso motivo dopo ogni uso anche parziale dell’estintore serve l’immediata ricarica, perché è molto probabile che il passaggio di polvere estinguente attraverso le guarnizioni di chiusura del dispositivo di erogazione impediscano una chiusura perfetta della valvola, con conseguente perdita del gas di pressurizzazione in tempi non lunghi (alcune ore) e l’inefficacia dell’estintore per mancanza di pressione interna. E’ un estintore che necessita di una continua ed attenta sorveglianza , in particolare per verificare la pressione segnata dal manometro e l’assenza di segni di manomissioni ed anomalie quali ugelli ostruiti, perdite, tracce di corrosione, etc. L’estintore portatile a polvere viene generalmente prodotto con carica nominale da 1 – 2 – 4 – 6 – 9 – 12 kg. Un estintore a polvere da kg 6 ha un getto utile di circa 7 metri, una autonomia di funzionamento di circa 10 secondi e generalmente una classificazione 21A-113B-C (a volte anche maggiore). Si ricorda che le polveri, particelle solide finissime, possono danneggiare le apparecchiature e macchinari. Una volta spento l’incendio, è bene arieggiare il locale, poiché, oltre ai prodotti della combustione (CO, CO2, vari acidi e gas, presenza di polveri incombuste nell’aria) la stessa polvere estinguente, molto fine, può essere inspirata insieme ad altre sostanze pericolose dall’operatore.
  178. L’estintore a CO2 segue solo quello a polvere, in quanto a diffusione, ed è il mezzo di spegnimento da preferire per gli apparecchi sotto tensione e per proteggere merci di grande valore o molto delicate. Anche l’estintore a CO2 può essere considerato di uso universale, perché è utilizzabile su fuochi di classe A - B – C, benché sconti le limitazioni di efficacia, già indicate nelle slide specifiche sui prodotti estinguenti (da ricordare soprattutto che la CO2 non spegne le braci prodotte da materiali solidi e che provoca un intenso raffreddamento che può essere controindicato in alcuni casi, ad es. apparecchiature sensibili al freddo). Di conseguenza lo si trova generalmente con classificazione per fuochi di classe B e C. L’estintore portatile a CO2 viene generalmente prodotto con carica nominale da 2 e 5 kg. Un estintore a CO2 da kg 5 ha un getto utile di circa 4 metri, una autonomia di funzionamento di circa 9 secondi e generalmente una classificazione 34B-C. L’estintore portatile a CO2 è costituito da una robusta bombola d’acciaio a pareti molto spesse, collaudata a 250 bar, contenente CO2 allo stato liquido alla pressione di circa 60 bar è un estintore molto robusto ed affidabile, ma più pesante di quello a polvere. La bombola contenente la CO2 è un apparecchio in pressione ed è sottoposto alla disciplina di controlli e collaudi degli apparecchi a pressione e dei gas compressi e liquefatti. All’atto dell’erogazione, una parte della CO2, evapora istantaneamente provocando un brusco abbassamento di temperatura (-79 °C) tale da solidificare l’altra parte in una massa gelida e leggera detta “neve carbonica” o “ghiaccio secco”. Anche l’estintore è sottoposto ad un forte raffreddamento; pertanto, durante e subito dopo l’erogazione, si deve assolutamente evitare il contatto sia con il getto di gas, sia con l’involucro metallico, impugnando l’estintore solo per la maniglia di trasporto e per il cono di erogazione, che sono termicamente isolanti (in plastica). Infine va ricordato che, dopo l’uso in ambienti chiusi, è bene aerare i locali prima di frequentarli. Il serbatoio dell'estintore ad anidride carbonica deve essere collaudato ogni 5 anni. Nei locali chiusi occorre prevedere una quantità di anidride carbonica pari al 30 % della cubatura del locale stesso per ottenere lo spegnimento dell’incendio per saturazione d’ossigeno.
  179. Gli estintori a CO2 si differenziano da quelli a polvere per: la presenza di un diffusore troncoconico in materiale plastico termicamente isolante o direttamente sull’erogatore o al termine di una manichetta, perché un contatto accidentale con la CO2 comporta ustioni da congelamento (gli estintori a polvere hanno un ugello semplice al termine della manichetta); la mancanza del manometro; la mancanza di cordoni di saldatura, essendo realizzati a partire da pezzi pieni di metallo e non da lamiera. Gli estintori ad anidride carbonica più vecchi possono avere la parte conica superiore (ogiva) colorata di grigio, ad indicazione del tipo di gas contenuto. Tale caratteristica non è più richiesta dalla normativa vigente.
  180. Queste istruzioni valgono per tutti i tipi di estintore a pressurizzazione permanente. Se si dovesse utilizzare un estintore da mettere in pressione al momento dell’uso, si deve solo far precedere alle azioni di seguito descritte la manovra atta a liberare il gas propellente (girare il volantino di apertura della bombolina aggiuntiva o premere il cursore che rompe la ritenuta della bombolina interna). La prima cosa da fare è quella di controllare sulle istruzioni che l’estinguente sia idoneo rispetto al tipo di fuoco che si deve spegnere. Verificare che l’estintore sia carico, accertandosi che l’indicatore del manometro sia nel campo verde della scala (gli estintori a CO2 non hanno manometro) Si deve togliere la spina di sicurezza, rompendo il sigillo che la trattiene nella sua posizione. Infine, impugnando la maniglia di sostegno che serve a movimentare l’estintore, si preme a fondo la leva che comanda la valvola di apertura per erogare l’estinguente sul focolaio d’incendio. Da ricordare, usando estintori ad anidride carbonica, che al momento della fuoriuscita, questo gas ha una temperatura inferiore a -70° C; è richiesta particolare precauzione per evitare ustioni da congelamento. Un estintore parzialmente scarico non va riutilizzato ma va fatto ricaricare e sostituito con uno nuovo. Non si deve lasciare infatti, ad un operatore inconsapevole, qualora si dovesse ripresentare la necessità di impiego dell’estintore, un mezzo a potenzialità ridotta. Va considerato inoltre che, nel caso di estintori a polvere, il deposito di questa nella sede della valvola di erogazione, seppur minimo, ne minerebbe la perfetta tenuta, facendo fuoriuscire il gas propellente e lasciando l’estintore del tutto inutilizzabile.
  181. È importante non sprecare l’estinguente perché va ricordato che un estintore portatile ha un’autonomia di funzionamento di pochi secondi (tra 6 e 15, in base alla capacità degli estintori). Pertanto, occorre avvicinarsi, procedendo chinati verso il fuoco, per sfuggire all’azione nociva dei fumi, fino alla giusta distanza e dare inizio all’erogazione proiettando l’estinguente sulla base delle fiamme (si devono “massimizzare” tutti gli effetti estinguenti, compreso il soffocamento). La giusta distanza dalla fiamma può variare a seconda della lunghezza del getto, tra 3 e 10 metri in funzione della capacità dell’estintore, della temperatura raggiunta nell’ambiente e, se all’aperto, della presenza del vento (in quest’ultimo caso bisogna serrare la distanza il più possibile per limitare l’effetto di dispersione dell’estinguente). Nell’avvicinarsi alle fiamme, in particolare all’aperto, occorre evitare di procedere su terreno dove sono presenti materiali facilmente combustibili e valutare sempre attentamente i possibili sviluppi dell’incendio ed il più probabile percorso di propagazione delle fiamme.
  182. Nell’affrontare le fiamme, se il più lontano fosse il focolaio più esteso, rinunciare ad attaccarlo attraversando con il getto le fiamme più vicine, ma concentrarsi su queste, agendo in progressione aprendosi un varco per agire in profondità con maggiore sicurezza. Nell’effettuare l’erogazione, un leggero movimento a ventaglio permette una migliore distribuzione dell’estinguente. Ricordando sempre che non si deve sprecare l’estinguente, se la situazione lo permette, erogare in modo intermittente.
  183. Quando, nell’operare all’aperto, si è in presenza di vento, porsi “sopravvento” al fuoco, intervenire cioè avendo il vento alle spalle ed erogare l’estinguente nella medesima direzione del vento stesso. Mai porsi “sottovento” al focolare, cioè con il vento che spinge le fiamme nella direzione di chi opera, che oltre a correre un rischio ben maggiore, potrebbe vedere ridotta la portata del getto di estinguente, erogato controvento. Nota: Sopravvento = in direzione del vento; Sottovento = in direzione contraria del vento (sono termini della tradizione marinara). Quando l’azione di spegnimento è portata avanti da due operatori (o più) il modo più efficace di procedere è affiancati, avanzando nella stessa direzione. Se ciò non fosse possibile, gli operatori avanzeranno da direzioni diverse che però devono formare un angolo reciproco di non oltre 90°: non deve mai accadere che gli operatori lavorino in direzioni contrapposte, perché in questo caso rischiano di colpirsi vicendevolmente con il getto di estinguente e di proiettarsi reciprocamente frammenti o schizzi di liquido incandescenti od infiammati.
  184. Quando si devono spegnere liquidi in fiamme bisogna agire in modo da non produrre spruzzi accesi al di fuori del recipiente che contiene il liquido, perché c’è il rischio di propagare velocemente l’incendio. Si può operare cercando di dirigere il getto d’estinguente contro il bordo più lontano del recipiente, evitando di dirigere il getto direttamente sul fluido infiammato. Per le fiamme dovute ad un gas che fuoriesce da un tubo o da una bombola, il modo corretto di intervenire è quello di erogare l’estinguente nella stessa direzione verso cui tende la fiamma. Ricordare che dopo lo spegnimento si deve subito chiudere la valvola di alimentazione del gas, per evitare una pericolosa riaccensione. Fronteggiare la fiamma di fronte o di lato è controproducente.
  185. Dopo esser riusciti a spegnere un principio d’incendio è bene non lasciare incustoditi i locali dove è avvenuto l’incidente, perché nuove fiamme si possono destare a causa di nuclei caldi come eventuali braci o per via di fonti di combustibili, come le perdite di gas o liquidi. Dopo essersi assicurati del definitivo spegnimento del principio d’incendio, bisogna aerare i locali oggetto dell’intervento, per allontanare il fumo e tutte le sostanze nocive presenti, oltre che per abbassare la temperatura. Qualora avessero preso fuoco gli indumenti di una persona, il modo migliore, per la sua salvaguardia è quello di soffocare le fiamme con coperte od altri indumenti. Se questo non è possibile, usare l’acqua. Se non si ha altra possibilità, solo come ultima ratio, si dirige il getto di un estintore su di una persona, perché le sostanze estinguenti hanno un effetto dannoso, sui corpi e sui tessuti umani interessati dall’azione del fuoco.
  186. Si prendono adesso in considerazione gli idranti e i naspi. Si riporta la definizione di idrante presente nel DM 30/11/1983: Attacco unificato, dotato di valvola di intercettazione ad apertura manuale, collegato a una rete di alimentazione idrica. Un idrante può essere a muro, a colonna soprassuolo oppure sottosuolo. La definizione considera come idrante solamente una presa d’acqua, variamente disposta, con relativa valvola. Tuttavia, dal punto di vista pratico, per poter essere impiegato l’idrante deve essere dotato della necessaria attrezzatura di erogazione.
  187. La norma UNI 10779, “Impianti di estinzione incendi - Reti di idranti - Progettazione, installazione ed esercizio” da delle definizioni più specifiche degli idranti, rispetto al Decreto Ministeriale 30 novembre 1983 "Termini, definizioni generali e simboli grafici di prevenzione incendi" del Ministero dell’Interno, pur prendendolo a riferimento. idrante a colonna soprasuolo: Apparecchiatura antincendio, permanentemente collegata a una rete di alimentazione idrica, costituita da una valvola alloggiata nella porzione interrata dell’apparecchio, manovrata attraverso un albero verticale che ruota nel corpo cilindrico, nel quale sono anche ricavati uno o più attacchi con filettatura unificata. idrante a muro: apparecchiatura antincendio composta essenzialmente da una cassetta, o da un portello di protezione, un supporto della tubazione, una valvola manuale di intercettazione, una tubazione flessibile completa di raccordi, una lancia erogatrice. idrante sottosuolo: apparecchiatura antincendio, permanentemente collegata a una rete di alimentazione idrica, costituita da una valvola provvista di un attacco unificato ed alloggiato in una custodia con chiusino installato a piano di calpestio. Si può osservare che queste definizioni, nel caso degli idranti a muro (od a parete), oltre alla disposizione delle prese d’acqua e delle relative valvole, prendono in considerazione anche le attrezzature di erogazione, che nella pratica fanno sempre parte della dotazione di questo tipo di idranti.
  188. Quello che contraddistingue un idrante dal punto di vista pratico sono le lance erogatrici e le manichette (le tubazioni flessibili). Le lance idriche sono gli elementi terminali che servono ad erogare l'acqua e dirigerne il getto. Le lance per idranti possono essere di due tipi: tradizionali; a triplice effetto, dette anche a getto frazionato. La lancia idrica tradizionale è costituita da una parte in bronzo filettata, di raccordo alle manichette, da un corpo conico in rame e dal bocchello erogatore in bronzo, avvitato sul corpo, munito di un foro calibrato. È una lancia ancora molto diffusa, anche se viene gradualmente sostituita da quelle a triplice effetto. Infatti, non avendo organi per l’interruzione del getto d’acqua, richiede l’intervento di due persone, una che maneggia la lancia ed una alla valvola d’intercettazione, per aprire o chiudere l’acqua secondo necessità. Dal punto di vista dell’efficacia, pur mantenendo il vantaggio di produrre un getto energico, in grado di penetrare in profondità in materiali che producono braci, con fuoco covante, laddove questa caratteristica non è prioritaria, si perdono tutti i vantaggi del frazionamento dell’acqua, che favorisce l’evaporazione e quindi l’azione di raffreddamento e la produzione di vapore acqueo, con la sua capacità di soffocamento. Queste controindicazioni vengono superate dalla lancia a triplice effetto. Essa ha generalmente il corpo in alluminio, parzialmente protetto da materiale isolante plastico, ed è dotata di un rubinetto a 3 posizioni, che consente di aprire o chiudere il getto e di selezionare “getto pieno” o “getto frazionato”. A titolo informativo, si sappia che esistono delle varianti, chiamate a volte lance americane, che consentono di regolare l’apertura del getto d’acqua, passando con continuità dal getto pieno al getto completamente aperto e nebulizzato. Sintetizzando, i vantaggi del frazionamento dell’acqua sono: minore consumo d’acqua e maggiore rendimento; massimo effetto di raffreddamento per evaporazione; massimo effetto di soffocamento per produzione di vapore acqueo; massimo effetto di diluizione; minore conducibilità elettrica; minori danni per impatto violento del getto; minore proiezione di materiali incandescenti. Di contro, il frazionamento del getto richiede una pressione alla lancia elevata e causa una diminuzione considerevole della gittata, che risulta essere anche la metà di quella di un getto pieno. Se però, le temperature dell’incendio non hanno raggiunto ancora valori proibitivi, che impediscono di avvicinarsi al focolaio, la limitazione di gittata non è più eccessivamente penalizzante. Altra componente importante dell’attrezzatura di estinzione di un idrante è la manichetta. La manichetta è tecnicamente una tubazione flessibile, che a riposo è piatta e che diventa a sezione circolare, una volta srotolata e messa in pressione con l’acqua. Per comodità si usano in spezzoni lunghi 20 m, da giuntare tra loro, nel caso serva raggiungere punti più lontani dall’idrante. Alle estremità hanno due raccordi filettati, per le connessioni con lance, o con attacchi degli idranti o con altri spezzoni di manichetta. La loro fabbricazione avviene ormai solo con materiali sintetici rivestiti internamente di gomma, per garantire l’impermeabilità e limitare l’attrito dell’acqua, con conseguenti perdite di carico (un tempo erano fatte di cotone o canapa). I materiali sintetici hanno un’ottima resistenza all’abrasione, caratteristica debole delle manichette in materiali naturali, ed un’elevata tenuta alla pressione, tant’è che sopportano pressioni d’esercizio di 12 – 15 bar. Anche con i nuovi materiali sintetici, le tubazioni flessibili necessitano di una manutenzione accurata; soprattutto, devono essere fatte ben asciugare, una volta utilizzate.
  189. Viene descritto di seguito l’uso degli idranti. Da sottolineare che per utilizzare gli idranti serve uno specifico addestramento. La manovra che necessita di maggiore “destrezza” è lo svolgimento della manichetta. Di norma, le manichette sono avvolte in doppio, cioè, sono piegate in due per far combaciare i due raccordi filettati e poi arrotolate, partendo dalla metà tessile, in modo cha al termine dell’arrotolamento, si ottiene un rotolo con i raccordi ben in vista. Prendendo ad esempio un idrante a muro, la prima cosa da fare è ovviamente quella di rompere il sigillo ed aprire il portello o rompere il vetro o la plastica trasparente che chiudono la cassetta a muro dove è riposta l’attrezzatura, dopodiché si può procedere con lo srotolamento della manichetta (idranti sottosuolo o soprassuolo a colonna prevedono la rimozione del chiusino o dei coperchi di protezione delle bocche degli idranti; in questi casi, le manichette devono essere comunque conservate in un luogo facilmente raggiungibile). La manovra completa di dispiegamento e messa in opera prevede le seguenti fasi: impugnare la manichetta tenendo fermi i due raccordi filettati; lanciare la manichetta con una spinta in modo da farla rotolare e distendere sul pavimento; a questo punto, la manichetta è distesa per metà della sua lunghezza, essendo ancora piegata in “doppio”; collegare il raccordo filettato femmina alla bocca dell'idrante; afferrare il raccordo filettato maschio e correre per stendere la manichetta in tutta la sua lunghezza. aggiungere un’eventuale altra manichetta se fosse necessaria maggiore lunghezza per raggiungere l’incendio e collegare la lancia al raccordo maschio. Fare bene attenzione a che il raccordo con la filettatura maschio si trovi, alla fine della manovra, dal lato della lancia erogatrice, cioè dal lato del fuoco, e quello con la filettatura femmina dal lato della bocca dell’idrante. Lo stendimento delle manichette deve essere effettuato senza spigoli od attorcigliamenti, per evitare ostruzioni al passaggio dell’acqua.
  190. Quando l’insieme lancia/manichetta è pronto all’uso, si apre la valvola della bocca di idrante (con gli idranti a muro si ruota in senso antiorario l’apposito volantino). Se si ha a disposizione una lancia tradizionale senza possibilità di regolazione, servono due operatori: uno tiene energicamente la lancia e l’altro apre la valvola. Se invece si può disporre di una lancia con rubinetto di parzializzazione, in linea teorica può bastare un solo operatore, che, dopo aver verificato che il rubinetto parzializzatore sulla lancia sia chiuso, va ad aprire la valvola alla bocca dell’idrante. Nella realtà la manovra degli idranti è bene che sia fatta da almeno due persone, sia per contrastare la forza di reazione dell’acqua che esce dalla lancia ad alta pressione, sia per guidare la manichetta mentre l’operatore alla lancia si muove. Infatti, oltre ad impedire che la manichetta prenda delle pieghe che riducono la portata, è importante evitare (approntando eventuali materiali di protezione) l’appoggio della stessa su spigoli appuntiti o taglienti, o su superfici abrasive, per preservarla dal danneggiamento. Nell’orientare il getto d’acqua, tenendosi alla debita distanza, è meglio dirigerlo alla base delle fiamme, azionando, dove presente, il rubinetto di parzializzazione sulla lancia, in modo da selezionare getto pieno, parziale o frazionato, secondo necessità. Al termine dell’intervento si deve chiudere il rubinetto, (negli idranti a muro ruotando il volantino in senso orario). Dirigere il getto su impianti, apparecchi, componenti elettrici in generale è assolutamente da evitare. È molto importante che dopo l’uso le manichette ricevano tutte le cure del caso per essere in perfetta efficienza nell’eventualità di un futuro nuovo utilizzo. Prima di tutto, le manichette devono essere lavate internamente con acqua potabile, spazzolate esternamente e messe ad asciugare all'ombra, in modo da garantire la totale evacuazione di tutta l’acqua (per es. ponendole in posizione verticale per favorire il gocciolamento). A seguire si deve provvedere al riavvolgimento: le manichette devono essere piegate in due, affiancando i due raccordi maschio e femmina e devono essere arrotolate a partire dalla parte opposta a quella dei raccordi. Nell'avvolgimento, fare in modo che il raccordo maschio si trovi all'interno del rotolo, per facilitare la successiva messa in opera. Alla fine, le manichette antincendio devono essere riposte scollegate dalla lancia e dall’idrante. L’avvertenza di riporre le manichette scollegate da lancia ed idrante è motivata dal fatto che srotolare una manichetta con gli estremi vincolati è molto più complesso e richiede un tempo maggiore.
  191. Il naspo è definito come una “attrezzatura antincendio costituita da una bobina mobile su cui è avvolta una tubazione semirigida collegata ad una estremità, in modo permanente, ad una rete di alimentazione idrica in pressione e terminante all'altra estremità con una lancia erogatrice munita di valvola regolatrice di chiusura del getto.” Se la bobina su a cui è avvolta la manichetta, può ruotare solo su un piano, il naspo si dirà fisso; se invece è dotato di un sistema, quale ad esempio un braccio snodabile ed un giunto orientabile all’attacco idrico, che permette la rotazione della bobina su più piani, allora si avrà un naspo orientabile. A titolo informativo si fa cenno ai naspi automatici. Essi sono in tutto e per tutto uguali ai naspi manuali salvo per il fatto che la valvola dell’attacco dell’acqua si apre automaticamente, comandata dalla rotazione del tamburo porta manichetta. Il vantaggio principale dei naspi è la semplicità di utilizzo: non necessitano della preparazione iniziale della manichetta (quella dell’idrante va srotolata), essendo la loro di tipo semirigido, già collegata all’attacco idrico ed alla lancia; La loro tubazione deve essere srotolata solo per la lunghezza necessaria all’intervento; il loro tubo, semirigido, è più resistente della manichetta e non necessita delle stesse cure; Il tubo mantiene la propria forma anche senza l’azione della pressione dell’acqua e, pertanto, è più difficile che possa subire piegature od attorcigliamenti che ne impediscono il regolare flusso; La pressione d’esercizio minore permette un uso meno faticoso all’operatore; Sono sistemi concepiti con la lancia dotata di valvola parzializzatrice, pertanto possono essere azionati da una sola persona.
  192. L’immagine mostra un naspo in cassetta a muro.
  193. La procedura di utilizzo consiste in: aprire il portello (o rompere il vetro) della cassetta in cui è contenuto il tamburo su cui è avvolto il tubo del naspo; assicurarsi che la valvola parzializzatrice sulla lancia sia in posizione “Chiusa”; aprire la valvola d’intercettazione posta a parete (di norma ruotando la manopola in senso antiorario); srotolare il tubo della lunghezza necessaria a portarsi alla distanza utile per l’estinzione; giunti alla debita distanza, aprire la valvola parzializzatrice ed investire le fiamme con il getto d’acqua, preferibilmente verso la base delle stesse; al termine dell’intervento, chiudere la valvola parzializzatrice e quella d’intercettazione; riaprire la valvola parzializzatrice e riarrotolare il tubo sul tamburo (facendo uscire così l’acqua residua nel tubo); a tubo riarrotolato, chiudere la valvola parzializzatrice.
  194. Inizia ora la trattazione dei dispositivi di protezione individuale specifici per l’incendio. Dato che gli effetti da cui bisogna difendersi sono il calore e soprattutto l’insieme di fumo e gas tossici, i dispositivi di protezione individuale (DPI) che devono essere messi a disposizione degli addetti antincendio sono indumenti in grado di difendere dal calore ed apparecchi che impediscano l’inspirazione di prodotti gassosi tossici.
  195. È importante chiarire che la protezione data da questi indumenti ha una durata prestabilita. È necessario non solo formare gli addetti all’uso di questi DPI, ma anche allenarli ad effettuare le operazioni con indosso tali tute, poiché agire indossando tali indumenti risulta fisicamente molto gravoso. La consapevolezza della durata della protezione deve indurre gli operatori a stabilire il tempo che è possibile dedicare agli interventi, considerando anche quello necessario ad allontanarsi dal pericolo. Ovviamente tali indumenti devono coprire il corpo per intero e quindi devono comprendere guanti, scarpe di sicurezza e caschi con visiera. Il complesso degli indumenti e degli accessori viene realizzato con materiali ignifughi e che non fondano o si restringano per effetto del calore. Devono essere conformi a quanto previsto dal D.Lgs 475/92.
  196. Sono illustrate le due tute per compiti più gravosi.
  197. In figura indumenti singoli per compiti meno gravosi.
  198. La scelta del tipo protezione delle vie respiratorie dipende dal livello di inquinamento dell’aria e dalla conoscenza del tipo di inquinante. Per situazioni meno gravose, sono disponibili filtri antipolvere, che salvaguardano le vie respiratorie da polveri e dalle particelle solide contenute nel fumo, ma che non hanno alcun effetto sui gas tossici. I filtri antipolvere possono agire per azione meccanica ed elettrostatica. L'azione meccanica di filtrazione è dovuta all’effetto barriera opposto da un materiale filtrante al passaggio delle polveri o particelle. L'azione elettrostatica di filtrazione, che si aggiunge a quella meccanica, è dovuta all'attrazione esercitata dal materiale del filtro, che viene caricato elettricamente, sulle particelle di polvere e di fumi aventi carica di segno contrario. Di ben altra efficacia protettiva sono le maschere antigas e gli autorespiratori, che sono in grado di impedire l’inspirazione anche dei gas tossici. La maschera antigas è un dispositivo che utilizza un filtro per depurare l’aria inquinata presente nell’ambiente in cui si deve operare. È necessario però usare il filtro idoneo al tipo di inquinante presente. Gli autorespiratori, invece, mettono a disposizione degli operatori aria non inquinata del tutto indipendente da quella in cui essi agiscono, perché contenuta in bombole od in un “sacco-polmone”, che l’operatore porta con sé nei suoi movimenti.
  199. Le maschere antigas sono in grado di impedire l’inspirazione dei gas tossici, perché, prima di giungere alle prime vie respiratorie, l’aria dell’ambiente inquinato viene fatta passare attraverso un filtro che assorbe la parte nociva. I filtri antigas sono provvisti, in genere, di un pre-filtro antifumo e antipolvere. Bisogna ricordare bene le limitazioni per l’uso della maschera antigas. Prima di tutto la qualità dell’aria ambiente. L’operatore che indossa la maschera antigas, respira l’aria ambiente, depurata dagli agenti tossici; se il consumo di ossigeno dovuto alla combustione, ne facesse diminuire la percentuale presente in quest’aria al di sotto del 17%, essa, per quanto purificata dai gas tossici, provocherebbe l’anossia e non permetterebbe la sopravvivenza delle persone. In secondo luogo la capacità di depurazione dei filtri. I filtri delle maschere in genere sono specifici per uno o più tipi di gas. Esistono anche i filtri universali, ma in ogni caso non sono in grado di purificare aria con concentrazioni di agenti nocivi superiori ad un certo valore, in genere il 2%. La capacità depurante, comunque, ha una limitazione temporale. L’uso della maschera antigas presuppone perciò, in via generale, che prima di intervenire, gli operatori sappiamo a che tipo di atmosfera ambientale vanno incontro e quanto durerà, presumibilmente, il loro intervento.
  200. Un esempio di maschera con relativi filtri.
  201. Uso della maschera antigas Per prima cosa bisogna indossare il facciale: farlo senza il filtro montato, agevola l’operazione. La procedura completa prevede: indossare la maschera: appoggiare la mentoniera al mento; indossare il facciale in modo che aderisca perfettamente al viso; tendere i tiranti superiori, facendoli passare sopra il capo, e sistemarli sulla nuca; agire immediatamente sulle bardature stringendole in modo da rendere la maschera ben aderente; verificare la tenuta: tappare col palmo della mano la sede di avvitamento per il filtro; aspirare profondamente: non si dovrà avvertire nessuna infiltrazione d'aria; montare il filtro: prelevare il filtro dal suo imballaggio e verificare l’integrità dello stesso e dei sigilli che ne proteggono l’apertura; togliere i sigilli ed avvitare a fondo il filtro al bocchettone della maschera. Da questo momento si può procedere all’intervento. Come detto i filtri non hanno durata illimitata; appena l’operatore si rende conto dell’approssimarsi dell’esaurimento, deve lasciare il luogo dell’intervento o, se le condizioni lo permettono, cambiare il filtro. Accorgersi dell’esaurimento del filtro è possibile perché: si avverte una certa difficoltà a respirare, dovuta alla graduale saturazione della massa filtrante; si avvertono gli effetti dei gas nocivi, che iniziano a passare alle vie respiratorie e producono lacrimazione o tosse, anche prima di raggiungere concentrazioni pericolose; alcuni gas hanno odori caratteristici che si riconoscono ancor prima dei possibili effetti sull’apparato respiratorio; si percepisce “l’allarme olfattivo” di cui alcuni particolari filtri sono dotati.
  202. Quando non è possibile sapere che tipo di agente nocivo è presente nei prodotti della combustione non si possono usare maschere antigas. In tai caso e quando l’agente nocivo, pur noto, è in quantità superiore alla capacità depurante delle maschere antigas, si ricorre agli autorespiratori. Gli autorespiratori sono di due tipi, quelli a ciclo aperto e quelli a ciclo chiuso. AUTORESPIRATORI A CICLO APERTO L’autorespiratore a ciclo aperto, detto anche ad aria, è costituito da una o più bombole di aria, compressa a 200 bar, collegate ad un facciale; l'aria viene erogata automaticamente tramite un dispositivo riduttore-regolatore di pressione, l’erogatore. L'aria espirata viene scaricata all’esterno attraverso la valvola di scarico dell’erogatore. Il funzionamento è il seguente: l’aria proveniente dalla/e bombola/e subisce due stadi di riduzione della pressione, passando attraverso l’erogatore al valore che serve per la respirazione, poco più di 1 bar; La messa a disposizione dell’aria nella maschera può avvenire secondo due tecniche diverse: a domanda: l’aria viene erogata solo quando l'operatore inspira, creando un afflusso proporzionale alla richiesta; in questo modo si crea una depressione nella maschera, che favorisce l'ingresso dell'aria, attivando la valvola dell’erogatore. Con tale tipo di funzionamento, si consuma meno aria, rendendo maggiore l’autonomia operativa, ma la sicurezza è minore, perché se la tenuta della maschera sul viso non è perfetta, esiste la possibilità di infiltrazione di agenti tossici dall'esterno. a sovrapressione: l'aria viene erogata in continuazione, creando all'interno della maschera una pressione leggermente maggiore di quella esterna (sovrapressione di circa 2,5 mbar). Con questo tipo di funzionamento si ha un maggiore consumo d’aria, e quindi l’autonomia diminuisce, ma a favore della sicurezza, perché se anche l’aderenza della maschera sul viso non fosse perfetta, la sovrapressione farebbe uscire aria verso l'esterno, impedendo l’infiltrazione di gas tossico nell’interno della maschera. Gli attuali autorespiratori, spesso, hanno la possibilità di funzionare sia a domanda sia in sovrapressione, con il passaggio dall’una all’altra modalità in modo manuale o automatico. In entrambi i casi la massima portata di aria è di 300 - 400 litri/min. L'autonomia è ovviamente proporzionale al volume delle bombole ed al consumo di aria. A titolo di informazione si può considerare che per un lavoro medio di un operatore addestrato il consumo è di circa 30 litri d'aria al minuto. È utile sapere che quando la pressione all’interno della bombola scende sotto 50 bar circa, un allarme acustico (un fischio) avverte del prossimo esaurimento dell'aria, quindi l'operatore o provvede a sostituire la bombola, o abbandona rapidamente il luogo a rischio. AUTORESPIRATORI A CICLO CHIUSO L'autorespiratore a ciclo chiuso è detto anche ad ossigeno. Con questo apparecchio nulla viene emesso verso l'esterno, e la quantità di aria in ciclo è costante. È costituito da una maschera, collegata da 2 tubi corrugati ad uno zaino contenente una piccola bombola di ossigeno alla pressione di 200 bar, una cartuccia depuratrice ed un sacco polmone. L'operatore respira sempre la stessa aria, depurata ad ogni ciclo da anidride carbonica e vapore acqueo, e rigenerata con l'aggiunta dell’ossigeno mancante. Quando la persona espira, l’aria emessa, povera di ossigeno ed arricchita di CO2 e di umidità, passa dalla cartuccia depuratrice, contenente soda o potassa caustica, che assorbe il vapore acqueo e fissa, con una reazione chimica, la CO2; l’aria, dopo la depurazione, ma ancora povera di ossigeno, entra nel sacco polmone, dove affluisce anche l'ossigeno proveniente dalla bombola, che reintegra la quantità assorbita dai polmoni. Il dosaggio di ossigeno dalla bombola al sacco polmonare avviene normalmente in modo automatico, regolato dall'attività respiratoria dell'operatore; in caso di difficoltà respiratoria, può anche essere comandato manualmente. La miscela gassosa del sacco polmone viene inspirata dall'operatore e ricomincia il ciclo descritto. Questo tipo di autorespiratore ha il vantaggio di una autonomia molto maggiore, senza alcuna emissione all’esterno ma, oltre al costo molto maggiore, è più difficile da usare e richiede operatori esperti ed addestrati. Per questa ragione, è stato quasi completamente soppiantato dagli autorespiratori ad aria ed il suo utilizzo è riservato a quelle poche situazioni in cui le sue caratteristiche sono irrinunciabili.
  203. Nella foto un autorespiratore a ciclo aperto.
  204. Modalità d'impiego autorespiratore a ciclo aperto Prima di usare un autoprotettore ad aria si devono effettuare i controlli di sicurezza preliminari, dando per scontato che la bombola sia stata caricata con aria pura. Controlli preliminari Con il rubinetto della bombola chiuso e i condotti non in pressione, accertarsi che tutti i tubi e le connessioni siano integri e correttamente montati e serrati e provare l’erogatore. Aprire lentamente il rubinetto della bombola, controllare che non vi siano perdite; controllare il funzionamento e l’indicazione del manometro.
  205. Indossare l’autoprotettore Per prima cosa mettersi in spalla la bombola come uno zaino. Regolare spallacci e cintura in vita in modo da avere la bombola aderente alle spalle, senza però impedire i movimenti. Indossare la maschera e stringere le bardature in modo da garantire la tenuta sul viso. Fare un prova di tenuta anche dell’erogatore. Uso Bisogna cercare di respirare in modo regolare. Controllare il manometro, poiché è necessario abbandonare il locale certi di avere ancora aria sufficiente a coprire a ritroso il percorso fatto. È comunque obbligatorio abbandonare i locali inquinati quando si avverte l’allarme acustico che avvisa che nella bombola la pressione residua è 50 bar. Al termine dell’intervento, nel riporre il tutto, per ultimo si chiude il rubinetto dell’aria, si scarica, per mezzo dell’erogatore, l’aria residua nei tubi, e poi si svitano i raccordi per togliere i tubi stessi. L’uso dell’autorespiratore a ciclo chiuso viene descritto nella trattazione relativa al rischio di incendio alto, essendo un dispositivo di utilizzo estremamente specialistico, per interventi particolarmente gravosi.