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Basilea II                                                                                                                         1



     Basilea II
     Il Nuovo Accordo sui requisiti minimi di capitale firmato a Basilea, meglio noto come Basilea II, è un accordo
     internazionale di vigilanza prudenziale, maturato nell'ambito del Comitato di Basilea [1] , riguardante i requisiti
     patrimoniali delle banche. In base a esso, le banche dei Paesi aderenti devono accantonare quote di capitale
     proporzionate al rischio assunto, valutato attraverso lo strumento del rating.
     L'accordo è strutturato in tre "pilastri":
     1. Requisiti patrimoniali;
     2. Controllo delle Autorità di vigilanza;
     3. Disciplina di mercato e Trasparenza.
     Il testo dell'accordo nella versione definitiva nel giugno del 2004, è entrato in vigore nel gennaio 2007, con una
     proroga di un anno concessa alle banche che hanno adottato il metodo advanced. A seguito della crisi finanziaria che
     ha colpito alcuni importanti istituti di credito, è allo studio una possibile nuova versione dell'accordo (Basilea III).


     Motivazioni storiche dell'accordo
     A partire dagli anni novanta la gestione del credito da parte di numerosi istituti di credito s'è rivelata poco prudente e
     ci si è accorti dei limiti del quadro normativo in base al quale il rischio connesso ai prestiti concessi dalle banche alle
     imprese.
     L'accordo esistente sull'argomento, il Basilea I risultò incentrato su una visione semplificata dell'attività bancaria e
     della rischiosità delle aziende.
     Inizialmente, la principale preoccupazione dei partecipanti al Gruppo Basilea II fu la salvaguardia della stabilità del
     settore bancario, perno attorno al quale ruotano le economie mondiali: la logica del nuovo accordo ruota intorno
     all'idea che le banche non debbano assumere rischi eccessivi e debbano tutelarsi dai rischi assunti.
     Lo scopo di Basilea II è assicurare una stabilità del sistema bancario e di modificare il rapporto tra banca e impresa,
     fondandolo su fiducia reciproca, informazioni reali, da aggiornarsi continuamente, vincolate alla effettiva capacità di
     produrre reddito in prospettiva di una crescita futura e non solo degli obiettivi a breve termine.
     L'atteggiamento che le banche dovranno adottare va in direzione di una maggiore responsabilità, sia nei confronti
     delle aziende, sia nei confronti dei risparmiatori. Il sistema economico italiano, in particolare, ha bisogno di una
     maggiore intersezione tra banche, imprese e risparmiatori per dischiudere molte potenzialità.
     Basilea II imponeva un limite al livello di rischiosità dei prestiti, e al di sotto di una certa soglia di rischio non
     poneva restrizioni alla quantità di denaro che un istituto di credito può erogare.
     In Europa sono rimasti in vigore altre normative che ponevano un limite assoluto alla quantità di denaro che una
     banca può prestare, al di là del profilo di rischio degli investimenti, quali la riserva frazionaria e un rapporto fra
     crediti erogati e patrimonio di vigilanza.
     Negli Stati Uniti, nel 1999 fu approvata una legge che abrogava il Glass-Steagall Act, e in particolare la separazione
     fra banca commerciale e banca d'investimenti. Seguì una concentrazione nel settore che portò a un oligopolio di
     grandi istituti come Citigroup, o l'AIG o la Bank of America.
     Su pressione dell'Unione Europea, il 28 aprile 2004 le cinque maggiori banche del settore si riunirono - con l'ausilio
     dell'allora capo della Goldman-Sachs e futuro Segretario del Tesoro Hank Paulson - e lanciarono una proposta al
     capo della SEC di allora, William Donaldson (nominato da George Bush), ex banchiere d'investimento. Le banche
     proposero di accettare nuove norme che impedissero loro di intraprendere iniziative troppo rischiose, se avessero
     ottenuto in cambio la rimozione di qualsiasi limite alla quantità di prestiti che volessero effettuare. Donaldson diede
     il suo assenso alla proposta, e le nuove norme furono sufficienti a far sì che l'Unione Europea ritirasse la minaccia di
     imporre proprie regole alle operazioni estere delle banche statunitensi, secondo il principio dell'home country
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     control.


     I principi cardine di Basilea II
     Nodo fondamentale del problema risultò essere che l'accordo Basilea I valutava le aziende in base a requisiti molto
     semplificati: da quanto tempo esisteva un certa ditta, che patrimonio possedeva, quale ragione sociale. In una parola
     Basilea I si limitava a prendere atto della "storia" patrimoniale di una ditta, e della capacità attuale di rimborso della
     stessa, senza avere la possibilità di valutare se, quanto e in quanto tempo la ditta avrebbe generato reddito. Questo
     induceva un notevole immobilismo e penalizzava fortemente tutta una serie di settori e di investimenti, primi fra tutti
     quelli sull'innovazione e sulla ricerca.
     Era quindi necessario elaborare una struttura di analisi molto più sofisticata per potere comprendere la realtà del
     mercato, che negli anni era notevolmente cambiata. Inoltre le banche si resero conto che il loro ruolo di semplici
     prestatori andava evoluto in un ruolo di maggior responsabilità, cooperazione e integrazione tra impresa e istituto di
     credito, se si desiderava che il mercato non stagnasse, ma continuasse a crescere in modo realmente produttivo.
     Gli accordi hanno elevato la riserva frazionaria delle banche al 2% e fissato il coefficiente di salvaguardia sempre
     all'8%. Le sofferenze (ossia crediti inesigibili) delle maggiori banche italiane sono al di sopra della media europea
     che è dell'1.1%. Gli accordi di Basilea II hanno fissato il coefficiente di solvibilità all'8%. Tale coefficiente fissa
     l'ammontare minimo di capitale che le banche devono possedere in rapporto al complesso delle attività ponderate in
     base al loro rischio creditizio. In altri termini è una frazione il cui numeratore è dato dall'ammontare di patrimonio di
     cui dispone una banca ed il denominatore dall'ammontare delle attività ponderate per classi di rischio. Se si considera
     invece il rapporto tra attivo ponderato e patrimonio di vigilanza il valore richiesto dagli accordi di Basilea II sale a
     12,5%.
     I requisiti minimi patrimoniali devono coprire le perdite inattese dovute a tre rischi:
     • Rischio di credito
     • Rischio di mercato
     • Rischio operativo, che ne rappresenta la maggiore novità.
     La formula per la determinazione del patrimonio di vigilanza viene così ampliata e rivista:
     Patrimonio regolamentare ≥ 8% di [ (RWA Rischio Credito) + (RWA Rischio Mercato) + (RWA Rischio Operativo) ]




     Rischio operativo
     Con la collaborazione degli operatori di settore, il Comitato di Basilea ha individuato i principali fattori di rischio
     operativo [2] :
     • frode interna - esempi: alterazione intenzionale di dati, sottrazione di beni e valori, operazioni in proprio basate su
       informazioni riservate;
     • frode esterna - esempi: furto, contraffazione, falsificazione, emissione di assegni a vuoto, pirateria informatica;
     • rapporto di impiego e sicurezza sul posto di lavoro - esempi: risarcimenti richiesti da dipendenti, violazione delle
       norme a tutela della salute e sicurezza del personale, attività sindacale, pratiche discriminatorie, responsabilità
       civile;
     • pratiche connesse con la clientela, i prodotti e l'attività - esempi: violazione del rapporto fiduciario, abuso di
       informazioni confidenziali, transazioni indebite effettuate per conto della banca, riciclaggio di denaro di
       provenienza illecita, vendita di prodotti non autorizzati;
     • danni a beni materiali - esempi: atti di terrorismo e vandalismo, terremoti, incendi, inondazioni;
     • disfunzioni e avarie di natura tecnica - esempi: anomalie di infrastrutture e applicazioni informatiche, problemi di
       telecomunicazione, interruzioni nell'erogazione di utenze;
     • conformità esecutiva e procedurale - esempi: errata immissione di dati, gestione inadeguata delle garanzie,
       documentazione legale incompleta, indebito accesso consentito ai conti di clienti, inadempimenti di controparti
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        non clienti, controversie legali con fornitori.
     Sono previste tre metodologie di valutazione del rischio operativo.


     Metodo Base (BIA)
     Basic Indicator Approach
     Requisito = α * GI
     Il Requisito di capitale si ottiene moltiplicando il coefficiente α, che al momento è stato fissato al 15%, per
     l'ammontare del Gross Income [Margine di Intermediazione Lordo] (media degli ultimi tre anni).


     Metodo Standard (TSA)
     Standardised Approach
     Requisito = ∑ (β * GI)
     Attività di investimento

                                            Corporate Finance                                      18% (Beta Factor)
                                            Negoziazione e Vendite                                 18%

     Attività Bancaria

                                            Intermedianzione al dettaglio                          12%
                                            Retail Banking                                         12%
                                            Commercial Banking                                     15%

     Altre attività

                                            Pagamenti e Regolamenti                                18%
                                            Gestione Fiduciarie                                    15%
                                            Asset Management                                       12%


     Metodo Avanzato (AMA)
     Il requisito è basato sulla stima dei rischi operativi del sistema di misurazione interno della banca. L'uso dell'AMA è
     soggetto all'approvazione del Organo di Vigilanza.


     Rischio di credito
     Ai fini della ponderazione delle attività per il rischi di credito assume una importanza fondamentale l'attribuzione del
     rating al cliente (sia esso azienda o persona fisica).


     Il rating
     Il rating è l'insieme di procedure di analisi e di calcolo grazie al quale una banca valuta quanto un cliente sia
     rischioso e quanto sarà produttivo in futuro, se gli venisse concesso il credito che chiede. Tramite il rating si calcola
     la "probabilità di default" ovvero la Pd (probability of default) associata ad ogni classe di rischio misurata negli anni
     passati, si raccolgono nuove informazioni sulla capacità di generare reddito futuro del beneficiario.
     Il rating di Basilea II cambia notevolmente rispetto al passato ed è improntato a una notevole flessibilità, restando
     però vincolato ad un controllo incrociato di enti interni ed esterni all'istituto. Basilea II, infatti, introduce la
     possibilità, per gli istituti di credito, di affiancare ai rating emessi dalle agenzie specializzate, Ecai (External Credit
     Assessment Institution), rating prodotti al proprio interno. Ciò significa che le banche potranno dotarsi di strumenti
     particolareggiati volti alla misurazione del rischio. Oltre alla metodologia standard, troviamo il metodo di
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     misurazione IRB (Internal Rating Based Approach), diviso a sua volta nel metodo di base e nel metodo avanzato.
     Questa novità procedurale fornisce molte più informazioni rilevanti e permette di fare valutazioni molto più concrete
     e realistiche.
     Il fatto che le banche possano usare strumenti analitici propri implica, chiaramente, la necessità di assicurare principi
     di trasparenza ed omogeneità. Le banche dovranno riferirsi a modelli che trovano le loro radici in procedure
     automatizzate; così un sistema di rating risulta essere l'intero complesso di raccolta, selezione, organizzazione, e
     valutazione delle informazioni sui soggetti che compongono il portafoglio crediti della banca, le regole che ne
     presiedono il funzionamento, le classi di rischio e le probabilità di insolvenza che le contraddistinguono.
     Il processo ed i suoi metodi, inoltre, sono ulteriormente supervisionati da strutture diverse ed indipendenti ed è
     chiesta espressamente una forte coerenza interna dei modelli ed un rodaggio di almeno tre anni per verificarne la
     validità: infatti gli istituti italiani stanno già adottando quei modelli in prospettiva dell'entrata in vigore della
     normativa nel 2007. I "fornitori di rating", per essere in regola con Basilea II, dovranno soddisfare una serie di
     requisiti, riguardanti in particolare la trasparenza e l'omogeneità dei criteri adottati. Una banca, inoltre, potrà
     "attingere" rating da più fonti, ma pur sempre nel rispetto di un insieme di regole volte a prevenire comportamenti
     opportunistici. Ad esempio, non sarà possibile scegliere, per ogni cliente, l'agenzia che gli assegna il rating migliore,
     così da ridurre il requisito patrimoniale totale.
     Le modifiche dell'approccio di rating comportano costi aggiuntivi dal punto di vista operativo. Tuttavia garantiscono
     informazioni maggiori, più realistiche e precise, più ancorate ai cambiamenti della realtà. È più facile calcolare la
     vera percentuale di rischio, evitando di assumersi rischi inutili da un lato ed individuando esattamente, dall'altro, la
     quota di accantonamento che si deve prevedere, evitando di fissarla troppo in alto e dovendo quindi ricaricare i suoi
     costi sul cliente.


     Metodologie di ponderazione del rischio di credito
     Basilea II prevede tre approcci diversi:


     Metodologia STANDARD (Standardized Approach)
     Non presenta sostanziali cambiamenti rispetto all'accordo di Basilea I, e prevede l'accantonamento medio dell' 8%
     delle attività ponderate per il rischio (inteso come valore degli impieghi ponderate sulla base delle caratteristiche
     della controparte affidata ovvero del finanziamento concesso). Inoltre, seguendo il principio dei requisiti patrimoniali
     proporzionali al rischio degli impieghi, propone che alle attività venga assegnato un fattore di ponderazione stimato
     da agenzie esterne (rating).
     Questo correttivo permette agli istituti di credito una certa sensibilità degli accantonamenti: ad un rating molto alto
     (AAA) corrisponderà un accantonamento più basso dell'8%, perché si ritiene che l'azienda che chiede un credito dia
     eccellenti garanzie di restituirlo nei tempi e modi previsiti. Di contro, ad un rating basso CCC corrisponderà un
     accantonamento maggiore.
     La metodologia standard analizza variabili qualitative e quantitative di tipo statico, come la categoria
     economico-giuridica dell'azienda da finanziare, o la dimensione aziendale. Questa metodologia costituisce una
     piramide relazionale, per cui esiste una sorta di mediazione nel rapporto tra banca-impresa. Quindi è, a ben vedere,
     una fonte di deresponsabilizzazione per le banche.
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     Metodologia IRB Foundation (FIRB)
     La precedente metodologia ha il difetto di creare instabilità nel sistema economico, e soprattutto è causa di scarsa
     cura nei rapporti banca-impresa; per ovviare a questa impasse, il Comitato di Basilea ha introdotto una nuova
     metodologia.
     Questa nuova concezione di valutazione del rischio crea un rapporto diretto tra banca (prestatore) e cliente
     (prenditore), basato su parametri più realistici e flessibili di quelli della modalità standard.
     In sostanza, l'accordo prevede che le banche possano calcolare, sulla base di strumenti analitici propri (previamente
     approvati dagli organi di vigilanza), la PD (probabilità di default).
     La definizione di default deve avere valore comune a livello internazionale, dato che i finanziamenti si muovono su
     scala internazionale. La definizione data è la seguente: si ha default del prenditore al ricorrere di almeno una tra
     due condizioni: la prima di tipo soggettivo (la banca ritiene improbabile che il debitore adempia in pieno alle
     sue obbligazioni) e la seconda di tipo oggettivo (sussiste un ritardo nei pagamenti di almeno 90 giorni - 180
     giorni per l'Italia fino al 2011).


     Metodologia IRB Advanced
     È l'approccio più avanzato, sofisticato e, per conseguenza, costoso. Calcola infatti altri due fattori distinti: LGD
     (Loss Given Default), EaD (Exposure at Default) e la Maturity, che nell'approccio FIRB assumono valori determinati
     dall'Autorità di Vigilanza.
     L'LGD (letteralmente, la perdita manifestata in caso di insolvenza) risponde alla domanda: "Se il cliente a cui presto
     dei soldi sarà inadempiente, quale percentuale del prestito andrà persa, al netto dei recuperi?".
     L'EaD (letteralmente, l'esposizione presente al manifestarsi dell'insolvenza) implica la domanda: "E quale sarà
     l'importo effettivamente prestato al momento dell'insolvenza? Cioè a che punto della storia del prestito il mio
     debitore avrà seri problemi con i pagamenti? Quanto mi avrà restituito nel mentre?"


     Rischio di mercato
     Il rischio di mercato è definito come il rischio di perdite derivanti da negoziazione di strumenti finanziari sui mercati,
     indipendentemente dalla loro classificazione in Bilancio. Fra i rischi ponderati sono presenti il rischio di cambio, di
     tasso e di controparte. La determinazione del rischio di mercato viene tipicamente attribuita ad una specifica
     funzione aziendale, tipiamente la funzione di Risk Management, che su incarico del Consiglio di Amministrazione si
     occupa di applicare i modelli di ponderazione delle attività per il rischio di mercato.
     Sono previste due metodologie di valutazione del rischio di mercato, entrambe basate sul VaR (Value at Risk) ma
     molto diverse fra loro in termini di risultati ottenuti.


     Metodo Standard
     Con il metodo standard il Var viene calcolato applicando una percentuale fissa (30%) alla media delle ultime tre
     misurazioni dell'indicatore rilevante. Per Indicatore Rilevante si intende in genere il fatturato, per un intermediario
     finanziario o azienda bancaria corrisponde al margine di intermediazione.


     Metodo Avanzato
     Per l'attuazione del Metodo Avanzato la funzione di Risk Management deve disporre di strumenti evoluti che
     consentano la rilevazione tempestiva delle informazioni correlate ai mercati, ai corsi azionari ed alle controparti.
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     Pro e Contro di Basilea II: cosa cambierà
     Il grande pregio di Basilea II è il realismo delle analisi del rapporto rischio/redditività e la necessità di aggiornarle di
     continuo, seguendo dunque le aziende e il mercato molto più da vicino. Questo favorisce gli investimenti in
     innovazione e ricerca, che sono più rischiosi, ma possono generare maggiore reddito nel futuro e maggior crescita
     economica. Basilea II, inoltre, darà alle banche una maggior discrezionalità nelle decisioni imprenditoriali di quelle
     imprese che chiedano un credito: in questo senso la banca diventa una sorta di Consulenza-controllore di qualità
     dell'impresa. Il contro è che i rating e le metodologie previsti hanno costi molto più elevati. Alcuni imprenditori,
     inoltre, lamentano la prospettiva dell'ingerenza degli istituti nelle decisione strategiche delle aziende, come una
     mancanza di autonomia. Questa attribuzione di poteri nei confronti degli istituti è fortemente criticata da molti circoli
     liberali europei, in quanto in realtà le banche raramente operano questo "controllo di qualità", o quando lo fanno ciò
     avviene con una discrezionalità tutt'altro che omogenea. Ancora una volta, essi sostengono, l'eccesso di
     regolamentazione sfocia in una falsa percezione di sicurezza, nella quale gli attori (creditori e debitori) operano sotto
     un regime a "scaricabarile".
     L'ovvia conseguenza è che queste analisi, e soprattutto l'IRB advanced, potrebbero essere alla portata solo degli
     istituti più grossi e questo definisce una discriminante tra banche medio-piccole e grandi.
     Più accurate sono le analisi e le informazioni che una banca può ottenere rispetto ad un'impresa, meno la banca
     rischia che l'impresa non restituisca i soldi che le sono stati prestati. Meno la banca rischia, meno ha necessità di
     accantonare denaro (il cosiddetto requisito minimo) per tutelarsi. Meno denaro accantona, meno lo deve ricaricare
     sui clienti, risultando, quindi, più competitiva di una che non abbia effettuato analisi così specifiche.
     Ne consegue che i grandi istituti, in grado di supportare i costi di queste analisi particolarmente complesse, potranno
     detenere requisiti patrimoniali minimi minori rispetto a quelli necessari per gli istituti più piccoli. Basilea II
     introduce, di fatto, una discriminante forte tra istituti di credito.


     Prospettive future: il problema delle PMI e il caso Italia
     Nell'ottica di Basilea II cambiano i ruoli per le piccole e medie banche. Infatti queste ultime potrebbero operare sul
     mercato dei crediti differenziandosi dalle grandi banche mediante una focalizzazione maggiore nella concessione di
     crediti alle piccole e medie imprese (PMI).
     Un rinnovato rapporto gioverebbe ad entrambe le parti: le imprese, infatti, costituirebbero rapporti fiduciari con
     istituti di credito presenti nel territorio, i quali hanno una maggior consapevolezza informativa della storia della
     azienda e del mercato nel quale opera, rispetto ad un grosso istituto centrale. Di contro, gli istituti locali avrebbero
     l'opportunità di crescere trasformando la loro prospettiva locale in globale: le PMI costituiscono in certi casi dei
     centri di eccellenza che sicuramente non operano su mercati di grande scala, ma comunque competono a livello
     internazionale; in altri casi la sopravvivenza stesse delle imprese di piccole e medie dimensioni è legata alla capacità
     di confrontarsi con i mercati esteri.
     Confrontandosi a livello internazionale, avranno bisogno di partner finanziari che adottano prospettive
     internazionali. In questa ottica il passaggio dalla figura della banca-foraggiatrice a quello della banca-assistente
     controllore e consulente può certamente contribuire a ridurre la presenza di intrecci poco chiari tra banche e alta
     finanza e la stagnazione di mercato favorendo di contro la crescita delle piccole realtà in realtà più grandi e
     competitive. Inoltre un approccio vincolato a concetti di controllo e adattamento rispetto al mercato potrà consentire
     alle imprese di sviluppare una mentalità orientata non più solo a obiettivi a brevissimo termine, ma a una produttività
     a medio lungo termine, indispensabile per una crescita reale e solida. Non guardare al futuro sviluppo
     etico-economico vorrebbe dire ingessare il sistema dei finanziamenti-investimenti.
     Basilea II è stata sottoposta da più parti a critiche per l'atteggiamento indotto nei confronti delle PMI. Una PMI,
     infatti, ha minori possibilità di generare reddito o di generarne di ingente. Inoltre in alcuni paesi la PMI è solitamente
     a conduzione familiare e quindi contraria all'ingresso di soci e capitali esterni, da un lato, non attrezzata nel settore
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     analisi e gestione finanza dall'altro. In tal senso Basilea II è già stata sottoposta a diverse modifiche, soprattutto sotto
     la spinta dei governi di Germania e Italia, ma il rischio resta e l'accordo continua a generare polemiche.
     Se osserviamo la situazione italiana, in particolare, notiamo sia il rischio sia la potenzialità di un cambiamento di
     questo tipo. L'Italia è un Paese che deve la sua ossatura produttiva alle PMI, inoltre ha un sistema economico molto
     chiuso, rattrappito, carente di quella capacità di innovare che è la molla necessaria per la competitività.
     L'origine del problema italiano è da rintracciarsi in una serie di motivi storici e politici il cui risultato non è più
     sostenibile nel quadro economico internazionale. L'introduzione delle nuove metodologie dovrebbe spingere le
     banche a cambiare strategie, se anch’esse vogliono competere a livello internazionale. Le banche hanno da tempo
     iniziato a prendere atto delle nuove problematiche elaborando previsioni e cercando di coinvolgere i propri clienti
     nella scoperta delle specifiche della nuova disciplina. Sono infatti costrette a confrontarsi sul piano internazionale e
     vivono un regime di stringente concorrenza. Le imprese, invece, sono rimaste in buona parte ferme. Sondaggi
     rilevano come il 50% degli imprenditori non sappia neanche cosa sia Basilea II e men che meno cosa offra e richieda
     in cambio.
     Le PMI italiane non hanno maturato una mentalità in grado di valutare quanto possa convenire la novità in termini di
     sviluppo futuro. Gioca un ruolo importante anche il fatto che da più parti si è sfavorevoli ad abbandonare la cattiva
     consuetudine nazionale, basata sulla netta prevalenza del finanziamento a breve e sul divieto di far entrare capitali di
     terzi all'interno dell'impresa familiare. Le imprese italiane dimostrano di rifiutare, mediamente parlando, l'ingresso di
     soci e di capitali esterni nell'impresa familiare nel modo più assoluto e anche se il rifiuto dovesse implicare che
     l'azienda smette di crescere e di essere produttiva.
     L'ovvia conseguenza è che le PMI Italia risultano avere un livello di capitalizzazione basso, specie raffrontato con le
     loro numerose sorelle francesi e britanniche: inoltre, le prime fanno largo uso di strumenti di finanziamento emessi
     dalle grandi banche popolari e le seconde dei capitali facilmente reperibili in borsa. Le imprese tedesche, invece,
     godono della presenza di un unico istituto bancario di riferimento, coinvolto anche negli aspetti operativi dei processi
     aziendali.
     Per le imprese italiane in particolare, storicamente sottocapitalizzate e ancora basate sul pluriaffidamento bancario a
     breve, quello di capitalizzazione sarà l'indicatore che darà più preoccupazioni: la ristrettezza del capitale proprio non
     è certo un segnale di solidità e di propensione al rischio. Senza contare che a tutt'oggi la pratica delle garanzie
     personali a fronte dei finanziamenti è stata circoscritta dalla nuova normativa a casi particolari, per cui non può più
     essere di soccorso. L'immissione di nuovo capitale di rischio, attraverso l'ingresso di nuovi soci o l'utilizzo di nuovi
     strumenti finanziari, sembrerebbe essere l'unica via percorribile per diminuire il proprio grado di rischiosità, ma si
     scontra fondamentalmente con due fenomeni: da una parte la riluttanza patologica di molte imprese, specie se a
     conduzione familiare, a diluire la proprietà e a permettere l'ingresso a nuovi soci; dall'altra la mancanza di una
     politica fiscale che incentivi in modo deciso la capitalizzazione.
     Le PMI italiane rischiano quindi, ancora più delle loro sorelle di essere maggiormente penalizzate dalle nuove
     regole: la prospettiva é tutt'altro che irrilevante e desta gravi preoccupazioni se si consideri che le PMI costituiscono
     la base produttiva del sistema economico italiano.
     Questo tipo di aziende dovrebbero partire dalla costruzione di un database dei propri bilanci riclassificati, in modo da
     evidenziare la qualità e l'attendibilità del loro bilancio d'esercizio e da riassumere le rispettive situazioni di
     redditività, solidità e liquidità. Evidenzierebbero i punti di forza ma anche i punti di debolezza e potrebbero correre
     immediatamente ai ripari.
     È però innegabile che l'analisi finanziaria previsionale richiede investimenti di non poco conto in strumenti e
     tecnologie, che le microimprese in particolare non possono affrontare, e sarebbe auspicabile, in questo senso, che
     esse instaurassero un rapporto di consulenza con le banche. Tale processo, però, incontra barriere di non poco conto,
     soprattutto psicologiche: è difficile, infatti, che l'imprenditore si risolva a trasmettere all'esterno dati prima
     gelosamente custoditi e a sottoporsi al giudizio di terzi.
Basilea II                                                                                                                        8


     Conoscere con un certo grado di approssimazione quali sono le reali possibilità di successo e qual è il verosimile
     ritorno di un investimento è condizione indispensabile per saper presentare alla banca il progetto da finanziare su
     basi più solide, suffragate da dati verosimili. L'analisi previsionale ha, tuttavia, dei limiti: è estremamente
     difficoltoso valutare il grado di adeguatezza e di errore delle valutazioni espresse, tanto più che quasi sempre tale
     analisi si risolve in un ribaltamento del passato sul futuro, cosa ben poco verosimile.
     Ne deriva che risulta essere fondamentale una gestione corretta che ponga la giusta attenzione alle posizioni di
     redditività e di equilibrio finanziario, oltre che l'autovalutazione delle imprese (attraverso i sistemi di rating
     assignement utilizzati dalle banche o indici di sintesi più facilmente padroneggiabili), e, non meno importante, una
     corretta impostazione delle linee di azione per correggere scelte inadatte e consolidare situazioni patrimoniali o
     reddituali vacillanti.
     Un rapporto di maggior controllo fattuale da parte della banca, inoltre, renderebbe anche assai più oneroso, difficile e
     rischioso per l'impresa avere scarsa cura del proprio assetto patrimoniale e perpetrare falsi in bilancio. Le banche,
     infatti, rischiando di concedere denaro che non verrà loro restituito e avendo gli strumenti adatti, effettuano analisi
     estremamente minuziose alla ricerca di falle e discrepanze nelle dichiarazioni patrimoniali. Un'impresa che maneggi
     o annacqui i bilanci si vedrebbe assegnare un rating molto più basso e pagherebbe molto di più il denaro che le
     verrebbe concesso, sempre che la banca si decida a concederlo.
     Si può dunque auspicare che gli accordi di Basilea II contribuiranno, molto più di tanti altri interventi ad hoc, a fare
     del bilancio una true and fair view dello stato della gestione aziendale.
     Ovviamente tutto ciò deve sempre basarsi su criteri di veridicità e trasparenza, che sicuramente è una base solida per
     costituire il rapporto banca-impresa.


     BASILEA III
     Il Comitato per la supervisione bancaria di Basilea calibrerà nel corso del 2010 nuove regole per la gestione delle
     attività a rischio del sistema bancario, note come "Basilea III"; queste nuove regole dovranno integrare o sostituire
     sia la versione del 1988 (Basilea I) sia la versione Basilea II entrata in vigore nel 2008. Le regole di Basilea III si
     articoleranno su tre punti: la garanzia di liquidità a breve, la trasformazione delle scadenze e i requisiti di capitale.
     L'adozione di Basilea III è controversa. Alcuni critici sostengono che questo sistema di regole porterebbe
     all'abbassamento del core Tier 1 di importanti istituti bancari [3] e, se implementato in un frangente di profonda crisi
     economica e finanziaria, aumenterebbe il rischio di credit crunch [4] .


     Basilea II e la funzione aziendale Finanza
     Come precedentemente affermato, le sfide che Basilea II lancia al mondo dell'impresa hanno come implicazione
     diretta la necessità del fattivo contributo di un reparto finanziario esperto, dotato di competenze specialistiche e di un
     valido sistema informativo. Ciò comporta che la funzione finanza, ormai troppo spesso confinata al ruolo di semplice
     controllo finale dei cicli aziendali, sia oggetto di un ripotenziamento. Le risorse qualificate, che in tale funzione
     dovranno essere inserite, dovranno riportare alla funzione finanza le seguenti competenze:
     • elaborazione dei documenti richiesti dalle banche nel processo di rating assignement,
     • confronto dei diversi approcci di ciascuna banca in modo da poter valutare l'offerta ed individuare la più idonea a
       soddisfare le proprie esigenze,
     • individuazione, in sede di pianificazione, dell'impatto che ogni decisione strategica va ad avere sul rating, e la
       conseguente analisi delle diverse alternative riguardo alla gestione futura,
     • programmazione anticipata della necessità di risorse finanziarie,
     • predisposizione di materiale adeguato nella direzione della trasparenza informativa nei confronti delle banche,
       con poste di bilancio più aderenti alla realtà e dati riguardo alla Corporate Governance e ai sistemi di
       pianificazione.
Basilea II                                                                                                                                               9


     Prospettive future e il differenziarsi degli istituti di credito: specializzarsi nel
     rischio
     Come si è detto, alle banche non è richiesto di adottare un modello unico, quanto di garantirne la correttezza e
     assoluta trasparenza. Si pensa, infatti, che adottando modelli diversi le banche si possano specializzare in settori
     diversi di credito e adattarsi meglio al mercato. È probabile, infatti, che banche diverse si dedichino a diversi
     segmenti di clientela: corporate, PMI, retail ecc. ed è altrettanto probabile che gli istituti si diversifichino anche in
     riferimento ai diversi settori di basso, medio, alto rischio. Il differenziarsi nell'adozione di modelli diversi porterebbe
     un maggior grado di concorrenza e una maggior trasparenza, sempre assumendo che valga un principio di
     comportamento etico.
     È probabile che si impongano modelli differenti, tra i quali possiamo citare:
     • Judgemental
     • Statistical
     • Expert-constrained judgemental


     Note
     [1] Comitato di Basileaper la Supervisione Bancaria (http:/ / www. bis. org/ bcbs/ index. htm/ )
     [2] Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria (Febbraio 2003). Prassi corrette per la gestione e il controllo del rischio operativo (http:/ /
         www. bis. org/ publ/ bcbs96ita. pdf). URL consultato il 2007-07-24.
     [3] http:/ / www. laregione. ch/ gallery/ pdf_tematiche/ lunedi%20economia/ 2010. 02. 01_LUNEDIECO. pdf
     [4] http:/ / archivio-radiocor. ilsole24ore. com/ articolo-779224/ banche-tremonti-basilea-iii-e/



     Voci correlate
     •   Accordi di Basilea
     •   Basilea I
     •   Comitato di Basilea
     •   Rischio di credito
     •   Solvency II
     •   Tier 1 capital
     •   Margine d'intermediazione


     Collegamenti esterni
     • Ciclo economico e downturn LGD nelle banche (http://www.tesionline.it/default/tesi.asp?idt=23527)
     • BasileaItalia: rischio bancario e accesso al credito (http://www.basileaitalia.it)
     • L'impatto di Basilea 2 sulle imprese (http://www.e-gav.net/basilea2.htm)
Rating                                                                                                                           1



    Rating
    Il rating, anche valutazione, è un metodo utilizzato per classificare sia i titoli obbligazionari, che le imprese (vedi
    anche modelli di rating IRB secondo Basilea 2) in base alla loro rischiosità. In questo caso, essi si definiscono rating
    di merito creditizio da non confondersi ai rating etici che invece misurano la qualità della governance, della CSR, o
    in generale della sostenibilità sociale ed ambientale di un'emittente.


    Storia del rating
    Si può far risalire l'origine del rating con il documento "History of Railroads and Canals in the United States" (Storia
    finanziaria delle ferrovie e dei canali degli Stati Uniti), pubblicato da Henry Varnum Poor. Durante la sua vita Poor
    si batté affinché le aziende fossero obbligate a rendere pubblici I loro bilanci al pubblico e a possibili investitori.
    Colse questo appello il figlio Henry William, che insieme a Luther Lee Blake, un analista finanziario, crearono indici
    finanziari chiari e trasparenti, fino alla fondazione dell'agenzia di rating Standard & Poor's.
    Una storia simile riguarda un giornalista economico, John Moody, interessato alla trasparenza finanziaria delle
    aziende, causa secondo lui di un mini-crash finanziario del 1909. Già nel 1900 pubblicò il Manual of industrial
    securities e successivamente nel 1909 fondò Moody's.
    Oggi, Standard & Poor's e Moody's sono le due maggiori agenzie di rating al mondo.


    Descrizione
    Viene espresso attraverso un voto in lettere (vedi sezione sotto), in base al quale il mercato stabilisce un premio per il
    rischio da richiedere all'azienda per accettare quel determinato investimento. Scendendo nel rating aumenta il premio
    per il rischio richiesto e quindi l'emittente deve pagare uno spread maggiore rispetto al tasso risk-free.
    I rating sono periodicamente pubblicati da agenzie specializzate, principalmente Standard & Poor's, Moody's e Fitch
    Ratings.
    Una prima tipologia di potenziale conflitto di interesse riguarda i soggetti che pubblicano i rating e nel contempo
    svolgono attività di banca di investimenti. Il rating potrebbe essere strumentalizzato nell'interesse della banca ovvero
    dei clienti per attività speculative in Borsa, o per l'acquisizione di asset a prezzi di realizzo.
    Un declassamento del rating di aziende o soggetti pubblici particolarmente indebitati, ha la conseguenza a breve
    termine di provocare un rialzo degli interessi applicati ai prestiti in corso, e quindi un aumento degli oneri finanziari.
    Il debitore potrebbe cedere beni immobili e mobili di sua proprietà a prezzi di realizzo, per evitare un peggioramento
    del rating.
    Non raramente, la maggior fonte di finanziamento dei costosi studi che portano a valutare il rating, non sono le
    agenzie di stampa e la comunità finanziaria, ma le stesse società emittenti oggetto dell'indagine e singoli investitori
    con molta liquidità. In questi casi, è evidente un conflitto d'interessi.
    Infatti, per avere un rating, una società, una banca o uno Stato devono rivolgere una richiesta esplicita a una delle
    agenzie di rating. Il servizio è a pagamento. Ottenuto l'incarico, l'agenzia inizia l'analisi della società, della banca o
    dello Stato. L'analista incaricato attinge da informazioni pubbliche (ad esempio, i bilanci), studia i fondamentali
    economici e finanziari e incontra i manager per raccogliere tutte le informazioni necessarie. Solo dopo questa analisi
    è possibile esprimere un voto sull'affidabilità creditizia della società che ha richiesto il rating.
    Terminato il lavoro dell'analista, entra in azione un comitato. Sarà, infatti, un organo collegiale - e non un singolo
    analista - a valutare tutto il materiale raccolto e ad esprimere un giudizio sotto forma di rating. In seguito, il rating
    viene votato a maggioranza dal comitato, formato da esperti del settore in cui opera la società che si sta valutando.
    Dopo la votazione del rating, questo viene comunicato alla società, banca o Stato richiedente. Questo può appellarsi,
    fornendo informazioni aggiuntive e chiedendo di avere un'ulteriore analisi. Il comitato può, se lo ritiene necessario,
Rating                                                                                                                          2


    riunirsi e deliberare di nuovo sul rating alla luce delle informazioni aggiuntive, decidendo di cambiare il voto o di
    mantenere quello deciso in precedenza.
    Una volta notificato il rating alla società che ha voluto farsi valutare, si passa alla pubblicazione. La società può
    chiedere che il rating non venga pubblicato: in tal caso resterà riservato e non di pubblico dominio. In caso di
    pubblicazione, invece, il rating diventa noto al mercato. Da questo momento in poi l'agenzia di valutazione tiene
    sotto monitoraggio il rating, per vautare eventuali promozioni o declassamenti.
    Questo meccanismo espone al rischio di aggiotaggio e insider trading, ovvero all'omissione di comunicazione al
    mercato di informazioni in grado di abbassare il prezzo del titolo, che correttamente per la teoria economica deve
    incorporare nel prezzo tutte le informazioni disponibili in un dato istante.
    L'omissione o la ritardata diffusione non tempestiva avviene per favorire un cliente dell'agenzia di rating che può
    pagare per avere informazioni privilegiate oppure fornire una percentuale su guadagni ottenuti speculando a breve
    termine al ribasso, con la vendita del titolo a prezzi ancora remunerativi primachè la diffusione delle informazioni
    sulla reale situazione dell'emittente, induca il crollo del corso azionario. Più che un guadagno si tratta di una mancata
    perdita, a meno che il prezzo di vendita non superi comunque quello di acquisto del titolo. È più probabile un ritardo
    nella diffusione delle informazioni critiche piuttosto che una completa omissione, che desterebbe dubbi
    sull'attendibilità delle fonti informative dell'agenzia, che forse non era per nulla al corrente dei fatti; cosa che
    dimostra falsa, con un annuncio tardivo.
    In alternativa, è possibile una speculazione al rialzo, ossia nel lungo termine, con l'acquisto di titoli da rivendere a
    prezzi più alti. L'agenzia può avere interesse a sovrastimare per lunghi periodi il rating di un titolo, per stimolare il
    mercato ad acquistarlo e creare una domanda artificiale che ne alza il prezzo.
    Il divario tra prezzo d'acquisto e di vendita, e il guadagno dello speculatore sono maggiori se il rialzo artificioso del
    rating e del prezzo sono preceduti da un declassamento immotivato da reali peggioramenti della solvibilità
    dell'emittente. Il declassamento consente di acquistare titoli quando tutto il mercato vende, per attendere la vendita
    delle proprie posizioni al primo riapprezzamento del titolo (anche ai valori "normali" che precedevano la crisi).
    Esiste poi una seconda forma, più "strutturale", di conflitto d'interessi. La realizzazione di uno studio di settore o
    particolareggiato su un titolo, determina un costo fisso che deve essere remunerato. Chi paga gli studi di settore
    finanzia quest'attività e a sua volta desidera che le informazioni in suo possesso siano redditizie; propriamente non
    paga solo le informazioni, ma la disponibilità di queste informazioni che devono restare riservate, al limite
    disponibili a chi paga altrettanto per venirne a conoscenza. Se vengono diffuse e incorporate nel prezzo, non sono
    più una fonte di profitto. Difficilmente poi chi paga un'informazione accetta che poco tempo dopo venga resa nota al
    mercato al prezzo di un quotidiano o di un'agenzia di stampa.
    Un modello differente prevede che gli studi siano finanziati dalla comunità finanziaria che compra un quotidiano
    economico a diffusione di massa e a basso costo, tale da rendere accessibile in modo tempestivo (come quotidiano) e
    a un largo pubblico l'informazione finanziaria. Una seconda entrata deriverebbe dalle agenzie convocate
    tempestivamente in conferenza stampa non appena siano acquisite informazioni price-sensitive. Tuttavia, è difficile
    dire quanto un modello di business così etico sia remunerativo dei costi della struttura. Quando l'informazione
    tempestiva è comunque obbligatoria per legge, il potere contrattuale maggiore è di chi fruisce le notizie, non di chi le
    produce.
    La società che realizza lo studio di settore non deve pubblicarle almeno per il tempo sufficiente perché il prezzo di
    mercato non risenta dei nuovi dati e sia possibile vendere senza perdite. Viceversa, un'informazione tempestiva al
    mercato è un dovere prima di tutto dell'emittente, che è il principale responsabile di una omissione, ma anche di
    quanti sono a conoscenza di una situazione d'insolvenza che viene taciuta.
    Un secondo problema viene a crearsi quando i risultati di uno studio di settore non aggiungono nessuna informazione
    che possa cambiare rating e prezzo di un titolo, e semplicemente confermano la solvibilità dell'emittente e il rating
    attuale. Non c'è rating sottovalutato per titoli da comprare, né rating sopravvalutato per titoli da acquistare, e in
Rating                                                                                                                            3


    definitiva informazione che qualche acquirente abbia interesse a comprare. Lo studio è comunque un costo sostenuto
    da remunerare.
    Questo rende sconvenienti accertamenti delle informazioni che costano tempo e denaro e rischiano di ripetere
    informazioni già dette senza produrre nulla di nuovo. L'autore dello studio può avere interesse a modificare le
    conclusioni dello studio in modo da rendere il prodotto una potenziale fonte di profitto, più interessante e vendibile.
    La società emittente il titolo ha invece interesse ad uno studio che nuovamente confermi solvibilità e rating del titolo,
    stabilizzandone il prezzo. Uno studio del genere rafforza l'immagine (brand) dell'emittente che è disposto a
    finanziare questa pubblicità. Se ha un forte potere contrattuale, può chiedere all'agenzia di ritoccare in meglio il
    rating del titolo.
    Studi di settore e valutazioni sul rating dei titoli sono pubblicati dagli analisti di borsa. Per essere un analista non
    occorre né l'iscrizione ad un albo professionale né una particolare laurea. Potenzialmente il numero di analisti è
    elevato come il pluralismo della stampa economica.
    Davanti al declassamento di un titolo la comunità finanziaria raramente non reagisce con un deprezzamento,
    privilegiando le decisioni degli analisti rispetto alle ragioni portate dall'emittente. In questo senso, si è parlato di
    "dittatura degli analisti", per il potere di condizionare la Borsa, riconosciuto loro dal mercato che in parte non tiene
    conto dei conflitti d'interesse talora esistenti, in altra parte è relativamente interessato ad un rating veritiero e ad un
    giusto prezzo dei titoli. Un declassamento o una sovrastima del rating aprono (a chi ha le giuste informazioni)
    occasioni di guadagno speculativo.
    Spetta alle autority nazionali il riconoscimento delle tipologie di attività nelle quali il rating rilasciato da un'agenzia
    ha valore "ufficiale", e può essere utilizzato secondo quanto previsto dalle leggi vigenti. Ad esempio, l'autority
    nazionale indica le Agenzie di Rating (ECAI) la cui valutazione può essere usata per gli accantonamenti di capitale
    previsti da Basilea II. La Banca dei Regolamenti Internazionali (BIS) indica i criteri internazionali di valutazione per
    la Agenzie di Rating, che le banche centrali devono applicare (http://www.bis.org/publ/bcbs107b_ita.pdf]).


    Classi di rating

    Standard & Poor's
    •    AAA Elevata capacità di ripagare il debito
    •    AA Alta capacità di pagare il debito
    •    A Solida capacità di ripagare il debito, che potrebbe essere influenzata da circostanze avverse
    •    BBB Adeguata capacità di rimborso, che però potrebbe peggiorare
    •    BB, B Debito prevalentemente speculativo
    •    CCC, CC Debito altamente speculativo
    •    D Società insolvente


    Moody's
    •    Aaa Livello minimo di rischio
    •    Aa Debito di alta qualità
    •    A Debito di buona qualità ma soggetto a rischio futuro
    •    Baa Grado di protezione medio
    •    Ba Debito con un certo rischio speculativo
    •    B Debito con bassa probabilità di ripagamento
    •    Caa, Ca, Investimento ad alto rischio
    • C, Realistico pericolo di insolvenza
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             Moody's                   Standard & Poor's            Fitch Ratings                        Descrizione

    Lungo termine Breve termine Lungo Termine Breve termine Lungo termine Breve termine

    Aaa           P-1           AAA             A-1+        AAA            F1+             "Prime". Massima sicurezza del capitale.

    Aa1                         AA+                         AA+                            Rating alto. Qualità
                                                                                           più che buona
    Aa2                         AA                          AA

    Aa3                         AA-                         AA-

    A1                          A+              A-1         A+             F1              Rating medio-alto.
                                                                                           Qualità media
    A2                          A                           A

    A3            P-2           A-              A-2         A-             F2

    Baa1                        BBB+                        BBB+                           Rating medio-basso.
                                                                                           Qualità medio-bassa
    Baa2          P-3           BBB             A-3         BBB            F3

    Baa3                        BBB-                        BBB-

    Ba1           Not Prime     BB+             B           BB+            B               Area di non-investimento.
                                                                                           Speculativo
    Ba2                         BB                          BB

    Ba3                         BB-                         BB-

    B1                          B+                          B+                             Altamente speculativo

    B2                          B                           B

    B3                          B-                          B-

    Caa                         CCC+            C           CCC            C               Rischio considerevole

    Ca                          CCC                                                        Estremamente speculativo

    C                           CCC-                                                       Rischio di perdere il capitale

    /                           D               /           DDD            /               In perdita

    /                                                       DD

    /                                                       D




    Agenzie di rating
    •      A. M. Best
    •      Baycorp Advantage
    •      Cerved Group
    •      Credo line
    •      Dagong Global
    •      Dominion Bond Rating Service
    •      Egan-Jones Rating Company
    •      /    Fitch Ratings (parte del Fitch Group controllato dalla francese Fimalac)
    •      Japan Credit Rating Agency, Ltd.
    •      Moody's Investors Service
    •      Muros Ratings
    •      Standard & Poor's
Rating                                                                                                                               5


    Critiche
    Le agenzie di rating sono state criticate dagli analisti finanziari per la non piena affidabilità delle loro analisi di rating
    in quanto società private non esenti da conflitti di interessi col resto del mercato. Viene spesso citata a riguardo
    l'analisi di rating positiva fornita nei confronti dell'istituto di credito Lehman Brothers appena una settimana prima
    del suo fallimento all'interno della crisi finanziaria americana dei mutui subprime del 2008. D'altro canto altri analisti
    fanno notare che eventuali agenzie di rating governative sarebbero ancor più inaffidabili in quanto dirette interessate
    a non essere pienamente trasparenti e obiettive.


    Voci correlate
    •    Investment grade
    •    Basilea 2
    •    Indicatori di redditività
    •    Rating etici


    Altri progetti
    •        Wikimedia Commons contiene file multimediali: http://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Credit
         rating
Rating                                                         6


                        Agenzie di rating
                   Standard & Poor's · Moody's
                         Agenzie minori
                               Fitch
                            A. M. Best
                          Dagong Global
                        Baycorp Advantage
                   Japan Credit Rating Agency
                  Dominion Bond Rating Service
                            Credo Line
                         Termini specifici
           Downgrade - Outlook - Notch - Investment grade

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     Fonti e autori delle voci
     Rating  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=44066085  Autori:: Aethelfirth, Ary29, AttoRenato, Avesan, Barbaking, Camoz87, Cruccone, Eumolpo, Jacopo Werther, Joresre, Llodi,
     Losògià, Luca Ulcelli, Nemo bis, Nick, Phantomas, Rdocb, Sandr0, StefanoT, Young 25, 49 Modifiche anonime




     Fonti, licenze e autori delle immagini
     File:Flag of the United States.svg  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Flag_of_the_United_States.svg  Licenza: Public Domain  Autori:: Dbenbenn, Zscout370, Jacobolus,
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  • 1. Basilea II 1 Basilea II Il Nuovo Accordo sui requisiti minimi di capitale firmato a Basilea, meglio noto come Basilea II, è un accordo internazionale di vigilanza prudenziale, maturato nell'ambito del Comitato di Basilea [1] , riguardante i requisiti patrimoniali delle banche. In base a esso, le banche dei Paesi aderenti devono accantonare quote di capitale proporzionate al rischio assunto, valutato attraverso lo strumento del rating. L'accordo è strutturato in tre "pilastri": 1. Requisiti patrimoniali; 2. Controllo delle Autorità di vigilanza; 3. Disciplina di mercato e Trasparenza. Il testo dell'accordo nella versione definitiva nel giugno del 2004, è entrato in vigore nel gennaio 2007, con una proroga di un anno concessa alle banche che hanno adottato il metodo advanced. A seguito della crisi finanziaria che ha colpito alcuni importanti istituti di credito, è allo studio una possibile nuova versione dell'accordo (Basilea III). Motivazioni storiche dell'accordo A partire dagli anni novanta la gestione del credito da parte di numerosi istituti di credito s'è rivelata poco prudente e ci si è accorti dei limiti del quadro normativo in base al quale il rischio connesso ai prestiti concessi dalle banche alle imprese. L'accordo esistente sull'argomento, il Basilea I risultò incentrato su una visione semplificata dell'attività bancaria e della rischiosità delle aziende. Inizialmente, la principale preoccupazione dei partecipanti al Gruppo Basilea II fu la salvaguardia della stabilità del settore bancario, perno attorno al quale ruotano le economie mondiali: la logica del nuovo accordo ruota intorno all'idea che le banche non debbano assumere rischi eccessivi e debbano tutelarsi dai rischi assunti. Lo scopo di Basilea II è assicurare una stabilità del sistema bancario e di modificare il rapporto tra banca e impresa, fondandolo su fiducia reciproca, informazioni reali, da aggiornarsi continuamente, vincolate alla effettiva capacità di produrre reddito in prospettiva di una crescita futura e non solo degli obiettivi a breve termine. L'atteggiamento che le banche dovranno adottare va in direzione di una maggiore responsabilità, sia nei confronti delle aziende, sia nei confronti dei risparmiatori. Il sistema economico italiano, in particolare, ha bisogno di una maggiore intersezione tra banche, imprese e risparmiatori per dischiudere molte potenzialità. Basilea II imponeva un limite al livello di rischiosità dei prestiti, e al di sotto di una certa soglia di rischio non poneva restrizioni alla quantità di denaro che un istituto di credito può erogare. In Europa sono rimasti in vigore altre normative che ponevano un limite assoluto alla quantità di denaro che una banca può prestare, al di là del profilo di rischio degli investimenti, quali la riserva frazionaria e un rapporto fra crediti erogati e patrimonio di vigilanza. Negli Stati Uniti, nel 1999 fu approvata una legge che abrogava il Glass-Steagall Act, e in particolare la separazione fra banca commerciale e banca d'investimenti. Seguì una concentrazione nel settore che portò a un oligopolio di grandi istituti come Citigroup, o l'AIG o la Bank of America. Su pressione dell'Unione Europea, il 28 aprile 2004 le cinque maggiori banche del settore si riunirono - con l'ausilio dell'allora capo della Goldman-Sachs e futuro Segretario del Tesoro Hank Paulson - e lanciarono una proposta al capo della SEC di allora, William Donaldson (nominato da George Bush), ex banchiere d'investimento. Le banche proposero di accettare nuove norme che impedissero loro di intraprendere iniziative troppo rischiose, se avessero ottenuto in cambio la rimozione di qualsiasi limite alla quantità di prestiti che volessero effettuare. Donaldson diede il suo assenso alla proposta, e le nuove norme furono sufficienti a far sì che l'Unione Europea ritirasse la minaccia di imporre proprie regole alle operazioni estere delle banche statunitensi, secondo il principio dell'home country
  • 2. Basilea II 2 control. I principi cardine di Basilea II Nodo fondamentale del problema risultò essere che l'accordo Basilea I valutava le aziende in base a requisiti molto semplificati: da quanto tempo esisteva un certa ditta, che patrimonio possedeva, quale ragione sociale. In una parola Basilea I si limitava a prendere atto della "storia" patrimoniale di una ditta, e della capacità attuale di rimborso della stessa, senza avere la possibilità di valutare se, quanto e in quanto tempo la ditta avrebbe generato reddito. Questo induceva un notevole immobilismo e penalizzava fortemente tutta una serie di settori e di investimenti, primi fra tutti quelli sull'innovazione e sulla ricerca. Era quindi necessario elaborare una struttura di analisi molto più sofisticata per potere comprendere la realtà del mercato, che negli anni era notevolmente cambiata. Inoltre le banche si resero conto che il loro ruolo di semplici prestatori andava evoluto in un ruolo di maggior responsabilità, cooperazione e integrazione tra impresa e istituto di credito, se si desiderava che il mercato non stagnasse, ma continuasse a crescere in modo realmente produttivo. Gli accordi hanno elevato la riserva frazionaria delle banche al 2% e fissato il coefficiente di salvaguardia sempre all'8%. Le sofferenze (ossia crediti inesigibili) delle maggiori banche italiane sono al di sopra della media europea che è dell'1.1%. Gli accordi di Basilea II hanno fissato il coefficiente di solvibilità all'8%. Tale coefficiente fissa l'ammontare minimo di capitale che le banche devono possedere in rapporto al complesso delle attività ponderate in base al loro rischio creditizio. In altri termini è una frazione il cui numeratore è dato dall'ammontare di patrimonio di cui dispone una banca ed il denominatore dall'ammontare delle attività ponderate per classi di rischio. Se si considera invece il rapporto tra attivo ponderato e patrimonio di vigilanza il valore richiesto dagli accordi di Basilea II sale a 12,5%. I requisiti minimi patrimoniali devono coprire le perdite inattese dovute a tre rischi: • Rischio di credito • Rischio di mercato • Rischio operativo, che ne rappresenta la maggiore novità. La formula per la determinazione del patrimonio di vigilanza viene così ampliata e rivista: Patrimonio regolamentare ≥ 8% di [ (RWA Rischio Credito) + (RWA Rischio Mercato) + (RWA Rischio Operativo) ] Rischio operativo Con la collaborazione degli operatori di settore, il Comitato di Basilea ha individuato i principali fattori di rischio operativo [2] : • frode interna - esempi: alterazione intenzionale di dati, sottrazione di beni e valori, operazioni in proprio basate su informazioni riservate; • frode esterna - esempi: furto, contraffazione, falsificazione, emissione di assegni a vuoto, pirateria informatica; • rapporto di impiego e sicurezza sul posto di lavoro - esempi: risarcimenti richiesti da dipendenti, violazione delle norme a tutela della salute e sicurezza del personale, attività sindacale, pratiche discriminatorie, responsabilità civile; • pratiche connesse con la clientela, i prodotti e l'attività - esempi: violazione del rapporto fiduciario, abuso di informazioni confidenziali, transazioni indebite effettuate per conto della banca, riciclaggio di denaro di provenienza illecita, vendita di prodotti non autorizzati; • danni a beni materiali - esempi: atti di terrorismo e vandalismo, terremoti, incendi, inondazioni; • disfunzioni e avarie di natura tecnica - esempi: anomalie di infrastrutture e applicazioni informatiche, problemi di telecomunicazione, interruzioni nell'erogazione di utenze; • conformità esecutiva e procedurale - esempi: errata immissione di dati, gestione inadeguata delle garanzie, documentazione legale incompleta, indebito accesso consentito ai conti di clienti, inadempimenti di controparti
  • 3. Basilea II 3 non clienti, controversie legali con fornitori. Sono previste tre metodologie di valutazione del rischio operativo. Metodo Base (BIA) Basic Indicator Approach Requisito = α * GI Il Requisito di capitale si ottiene moltiplicando il coefficiente α, che al momento è stato fissato al 15%, per l'ammontare del Gross Income [Margine di Intermediazione Lordo] (media degli ultimi tre anni). Metodo Standard (TSA) Standardised Approach Requisito = ∑ (β * GI) Attività di investimento Corporate Finance 18% (Beta Factor) Negoziazione e Vendite 18% Attività Bancaria Intermedianzione al dettaglio 12% Retail Banking 12% Commercial Banking 15% Altre attività Pagamenti e Regolamenti 18% Gestione Fiduciarie 15% Asset Management 12% Metodo Avanzato (AMA) Il requisito è basato sulla stima dei rischi operativi del sistema di misurazione interno della banca. L'uso dell'AMA è soggetto all'approvazione del Organo di Vigilanza. Rischio di credito Ai fini della ponderazione delle attività per il rischi di credito assume una importanza fondamentale l'attribuzione del rating al cliente (sia esso azienda o persona fisica). Il rating Il rating è l'insieme di procedure di analisi e di calcolo grazie al quale una banca valuta quanto un cliente sia rischioso e quanto sarà produttivo in futuro, se gli venisse concesso il credito che chiede. Tramite il rating si calcola la "probabilità di default" ovvero la Pd (probability of default) associata ad ogni classe di rischio misurata negli anni passati, si raccolgono nuove informazioni sulla capacità di generare reddito futuro del beneficiario. Il rating di Basilea II cambia notevolmente rispetto al passato ed è improntato a una notevole flessibilità, restando però vincolato ad un controllo incrociato di enti interni ed esterni all'istituto. Basilea II, infatti, introduce la possibilità, per gli istituti di credito, di affiancare ai rating emessi dalle agenzie specializzate, Ecai (External Credit Assessment Institution), rating prodotti al proprio interno. Ciò significa che le banche potranno dotarsi di strumenti particolareggiati volti alla misurazione del rischio. Oltre alla metodologia standard, troviamo il metodo di
  • 4. Basilea II 4 misurazione IRB (Internal Rating Based Approach), diviso a sua volta nel metodo di base e nel metodo avanzato. Questa novità procedurale fornisce molte più informazioni rilevanti e permette di fare valutazioni molto più concrete e realistiche. Il fatto che le banche possano usare strumenti analitici propri implica, chiaramente, la necessità di assicurare principi di trasparenza ed omogeneità. Le banche dovranno riferirsi a modelli che trovano le loro radici in procedure automatizzate; così un sistema di rating risulta essere l'intero complesso di raccolta, selezione, organizzazione, e valutazione delle informazioni sui soggetti che compongono il portafoglio crediti della banca, le regole che ne presiedono il funzionamento, le classi di rischio e le probabilità di insolvenza che le contraddistinguono. Il processo ed i suoi metodi, inoltre, sono ulteriormente supervisionati da strutture diverse ed indipendenti ed è chiesta espressamente una forte coerenza interna dei modelli ed un rodaggio di almeno tre anni per verificarne la validità: infatti gli istituti italiani stanno già adottando quei modelli in prospettiva dell'entrata in vigore della normativa nel 2007. I "fornitori di rating", per essere in regola con Basilea II, dovranno soddisfare una serie di requisiti, riguardanti in particolare la trasparenza e l'omogeneità dei criteri adottati. Una banca, inoltre, potrà "attingere" rating da più fonti, ma pur sempre nel rispetto di un insieme di regole volte a prevenire comportamenti opportunistici. Ad esempio, non sarà possibile scegliere, per ogni cliente, l'agenzia che gli assegna il rating migliore, così da ridurre il requisito patrimoniale totale. Le modifiche dell'approccio di rating comportano costi aggiuntivi dal punto di vista operativo. Tuttavia garantiscono informazioni maggiori, più realistiche e precise, più ancorate ai cambiamenti della realtà. È più facile calcolare la vera percentuale di rischio, evitando di assumersi rischi inutili da un lato ed individuando esattamente, dall'altro, la quota di accantonamento che si deve prevedere, evitando di fissarla troppo in alto e dovendo quindi ricaricare i suoi costi sul cliente. Metodologie di ponderazione del rischio di credito Basilea II prevede tre approcci diversi: Metodologia STANDARD (Standardized Approach) Non presenta sostanziali cambiamenti rispetto all'accordo di Basilea I, e prevede l'accantonamento medio dell' 8% delle attività ponderate per il rischio (inteso come valore degli impieghi ponderate sulla base delle caratteristiche della controparte affidata ovvero del finanziamento concesso). Inoltre, seguendo il principio dei requisiti patrimoniali proporzionali al rischio degli impieghi, propone che alle attività venga assegnato un fattore di ponderazione stimato da agenzie esterne (rating). Questo correttivo permette agli istituti di credito una certa sensibilità degli accantonamenti: ad un rating molto alto (AAA) corrisponderà un accantonamento più basso dell'8%, perché si ritiene che l'azienda che chiede un credito dia eccellenti garanzie di restituirlo nei tempi e modi previsiti. Di contro, ad un rating basso CCC corrisponderà un accantonamento maggiore. La metodologia standard analizza variabili qualitative e quantitative di tipo statico, come la categoria economico-giuridica dell'azienda da finanziare, o la dimensione aziendale. Questa metodologia costituisce una piramide relazionale, per cui esiste una sorta di mediazione nel rapporto tra banca-impresa. Quindi è, a ben vedere, una fonte di deresponsabilizzazione per le banche.
  • 5. Basilea II 5 Metodologia IRB Foundation (FIRB) La precedente metodologia ha il difetto di creare instabilità nel sistema economico, e soprattutto è causa di scarsa cura nei rapporti banca-impresa; per ovviare a questa impasse, il Comitato di Basilea ha introdotto una nuova metodologia. Questa nuova concezione di valutazione del rischio crea un rapporto diretto tra banca (prestatore) e cliente (prenditore), basato su parametri più realistici e flessibili di quelli della modalità standard. In sostanza, l'accordo prevede che le banche possano calcolare, sulla base di strumenti analitici propri (previamente approvati dagli organi di vigilanza), la PD (probabilità di default). La definizione di default deve avere valore comune a livello internazionale, dato che i finanziamenti si muovono su scala internazionale. La definizione data è la seguente: si ha default del prenditore al ricorrere di almeno una tra due condizioni: la prima di tipo soggettivo (la banca ritiene improbabile che il debitore adempia in pieno alle sue obbligazioni) e la seconda di tipo oggettivo (sussiste un ritardo nei pagamenti di almeno 90 giorni - 180 giorni per l'Italia fino al 2011). Metodologia IRB Advanced È l'approccio più avanzato, sofisticato e, per conseguenza, costoso. Calcola infatti altri due fattori distinti: LGD (Loss Given Default), EaD (Exposure at Default) e la Maturity, che nell'approccio FIRB assumono valori determinati dall'Autorità di Vigilanza. L'LGD (letteralmente, la perdita manifestata in caso di insolvenza) risponde alla domanda: "Se il cliente a cui presto dei soldi sarà inadempiente, quale percentuale del prestito andrà persa, al netto dei recuperi?". L'EaD (letteralmente, l'esposizione presente al manifestarsi dell'insolvenza) implica la domanda: "E quale sarà l'importo effettivamente prestato al momento dell'insolvenza? Cioè a che punto della storia del prestito il mio debitore avrà seri problemi con i pagamenti? Quanto mi avrà restituito nel mentre?" Rischio di mercato Il rischio di mercato è definito come il rischio di perdite derivanti da negoziazione di strumenti finanziari sui mercati, indipendentemente dalla loro classificazione in Bilancio. Fra i rischi ponderati sono presenti il rischio di cambio, di tasso e di controparte. La determinazione del rischio di mercato viene tipicamente attribuita ad una specifica funzione aziendale, tipiamente la funzione di Risk Management, che su incarico del Consiglio di Amministrazione si occupa di applicare i modelli di ponderazione delle attività per il rischio di mercato. Sono previste due metodologie di valutazione del rischio di mercato, entrambe basate sul VaR (Value at Risk) ma molto diverse fra loro in termini di risultati ottenuti. Metodo Standard Con il metodo standard il Var viene calcolato applicando una percentuale fissa (30%) alla media delle ultime tre misurazioni dell'indicatore rilevante. Per Indicatore Rilevante si intende in genere il fatturato, per un intermediario finanziario o azienda bancaria corrisponde al margine di intermediazione. Metodo Avanzato Per l'attuazione del Metodo Avanzato la funzione di Risk Management deve disporre di strumenti evoluti che consentano la rilevazione tempestiva delle informazioni correlate ai mercati, ai corsi azionari ed alle controparti.
  • 6. Basilea II 6 Pro e Contro di Basilea II: cosa cambierà Il grande pregio di Basilea II è il realismo delle analisi del rapporto rischio/redditività e la necessità di aggiornarle di continuo, seguendo dunque le aziende e il mercato molto più da vicino. Questo favorisce gli investimenti in innovazione e ricerca, che sono più rischiosi, ma possono generare maggiore reddito nel futuro e maggior crescita economica. Basilea II, inoltre, darà alle banche una maggior discrezionalità nelle decisioni imprenditoriali di quelle imprese che chiedano un credito: in questo senso la banca diventa una sorta di Consulenza-controllore di qualità dell'impresa. Il contro è che i rating e le metodologie previsti hanno costi molto più elevati. Alcuni imprenditori, inoltre, lamentano la prospettiva dell'ingerenza degli istituti nelle decisione strategiche delle aziende, come una mancanza di autonomia. Questa attribuzione di poteri nei confronti degli istituti è fortemente criticata da molti circoli liberali europei, in quanto in realtà le banche raramente operano questo "controllo di qualità", o quando lo fanno ciò avviene con una discrezionalità tutt'altro che omogenea. Ancora una volta, essi sostengono, l'eccesso di regolamentazione sfocia in una falsa percezione di sicurezza, nella quale gli attori (creditori e debitori) operano sotto un regime a "scaricabarile". L'ovvia conseguenza è che queste analisi, e soprattutto l'IRB advanced, potrebbero essere alla portata solo degli istituti più grossi e questo definisce una discriminante tra banche medio-piccole e grandi. Più accurate sono le analisi e le informazioni che una banca può ottenere rispetto ad un'impresa, meno la banca rischia che l'impresa non restituisca i soldi che le sono stati prestati. Meno la banca rischia, meno ha necessità di accantonare denaro (il cosiddetto requisito minimo) per tutelarsi. Meno denaro accantona, meno lo deve ricaricare sui clienti, risultando, quindi, più competitiva di una che non abbia effettuato analisi così specifiche. Ne consegue che i grandi istituti, in grado di supportare i costi di queste analisi particolarmente complesse, potranno detenere requisiti patrimoniali minimi minori rispetto a quelli necessari per gli istituti più piccoli. Basilea II introduce, di fatto, una discriminante forte tra istituti di credito. Prospettive future: il problema delle PMI e il caso Italia Nell'ottica di Basilea II cambiano i ruoli per le piccole e medie banche. Infatti queste ultime potrebbero operare sul mercato dei crediti differenziandosi dalle grandi banche mediante una focalizzazione maggiore nella concessione di crediti alle piccole e medie imprese (PMI). Un rinnovato rapporto gioverebbe ad entrambe le parti: le imprese, infatti, costituirebbero rapporti fiduciari con istituti di credito presenti nel territorio, i quali hanno una maggior consapevolezza informativa della storia della azienda e del mercato nel quale opera, rispetto ad un grosso istituto centrale. Di contro, gli istituti locali avrebbero l'opportunità di crescere trasformando la loro prospettiva locale in globale: le PMI costituiscono in certi casi dei centri di eccellenza che sicuramente non operano su mercati di grande scala, ma comunque competono a livello internazionale; in altri casi la sopravvivenza stesse delle imprese di piccole e medie dimensioni è legata alla capacità di confrontarsi con i mercati esteri. Confrontandosi a livello internazionale, avranno bisogno di partner finanziari che adottano prospettive internazionali. In questa ottica il passaggio dalla figura della banca-foraggiatrice a quello della banca-assistente controllore e consulente può certamente contribuire a ridurre la presenza di intrecci poco chiari tra banche e alta finanza e la stagnazione di mercato favorendo di contro la crescita delle piccole realtà in realtà più grandi e competitive. Inoltre un approccio vincolato a concetti di controllo e adattamento rispetto al mercato potrà consentire alle imprese di sviluppare una mentalità orientata non più solo a obiettivi a brevissimo termine, ma a una produttività a medio lungo termine, indispensabile per una crescita reale e solida. Non guardare al futuro sviluppo etico-economico vorrebbe dire ingessare il sistema dei finanziamenti-investimenti. Basilea II è stata sottoposta da più parti a critiche per l'atteggiamento indotto nei confronti delle PMI. Una PMI, infatti, ha minori possibilità di generare reddito o di generarne di ingente. Inoltre in alcuni paesi la PMI è solitamente a conduzione familiare e quindi contraria all'ingresso di soci e capitali esterni, da un lato, non attrezzata nel settore
  • 7. Basilea II 7 analisi e gestione finanza dall'altro. In tal senso Basilea II è già stata sottoposta a diverse modifiche, soprattutto sotto la spinta dei governi di Germania e Italia, ma il rischio resta e l'accordo continua a generare polemiche. Se osserviamo la situazione italiana, in particolare, notiamo sia il rischio sia la potenzialità di un cambiamento di questo tipo. L'Italia è un Paese che deve la sua ossatura produttiva alle PMI, inoltre ha un sistema economico molto chiuso, rattrappito, carente di quella capacità di innovare che è la molla necessaria per la competitività. L'origine del problema italiano è da rintracciarsi in una serie di motivi storici e politici il cui risultato non è più sostenibile nel quadro economico internazionale. L'introduzione delle nuove metodologie dovrebbe spingere le banche a cambiare strategie, se anch’esse vogliono competere a livello internazionale. Le banche hanno da tempo iniziato a prendere atto delle nuove problematiche elaborando previsioni e cercando di coinvolgere i propri clienti nella scoperta delle specifiche della nuova disciplina. Sono infatti costrette a confrontarsi sul piano internazionale e vivono un regime di stringente concorrenza. Le imprese, invece, sono rimaste in buona parte ferme. Sondaggi rilevano come il 50% degli imprenditori non sappia neanche cosa sia Basilea II e men che meno cosa offra e richieda in cambio. Le PMI italiane non hanno maturato una mentalità in grado di valutare quanto possa convenire la novità in termini di sviluppo futuro. Gioca un ruolo importante anche il fatto che da più parti si è sfavorevoli ad abbandonare la cattiva consuetudine nazionale, basata sulla netta prevalenza del finanziamento a breve e sul divieto di far entrare capitali di terzi all'interno dell'impresa familiare. Le imprese italiane dimostrano di rifiutare, mediamente parlando, l'ingresso di soci e di capitali esterni nell'impresa familiare nel modo più assoluto e anche se il rifiuto dovesse implicare che l'azienda smette di crescere e di essere produttiva. L'ovvia conseguenza è che le PMI Italia risultano avere un livello di capitalizzazione basso, specie raffrontato con le loro numerose sorelle francesi e britanniche: inoltre, le prime fanno largo uso di strumenti di finanziamento emessi dalle grandi banche popolari e le seconde dei capitali facilmente reperibili in borsa. Le imprese tedesche, invece, godono della presenza di un unico istituto bancario di riferimento, coinvolto anche negli aspetti operativi dei processi aziendali. Per le imprese italiane in particolare, storicamente sottocapitalizzate e ancora basate sul pluriaffidamento bancario a breve, quello di capitalizzazione sarà l'indicatore che darà più preoccupazioni: la ristrettezza del capitale proprio non è certo un segnale di solidità e di propensione al rischio. Senza contare che a tutt'oggi la pratica delle garanzie personali a fronte dei finanziamenti è stata circoscritta dalla nuova normativa a casi particolari, per cui non può più essere di soccorso. L'immissione di nuovo capitale di rischio, attraverso l'ingresso di nuovi soci o l'utilizzo di nuovi strumenti finanziari, sembrerebbe essere l'unica via percorribile per diminuire il proprio grado di rischiosità, ma si scontra fondamentalmente con due fenomeni: da una parte la riluttanza patologica di molte imprese, specie se a conduzione familiare, a diluire la proprietà e a permettere l'ingresso a nuovi soci; dall'altra la mancanza di una politica fiscale che incentivi in modo deciso la capitalizzazione. Le PMI italiane rischiano quindi, ancora più delle loro sorelle di essere maggiormente penalizzate dalle nuove regole: la prospettiva é tutt'altro che irrilevante e desta gravi preoccupazioni se si consideri che le PMI costituiscono la base produttiva del sistema economico italiano. Questo tipo di aziende dovrebbero partire dalla costruzione di un database dei propri bilanci riclassificati, in modo da evidenziare la qualità e l'attendibilità del loro bilancio d'esercizio e da riassumere le rispettive situazioni di redditività, solidità e liquidità. Evidenzierebbero i punti di forza ma anche i punti di debolezza e potrebbero correre immediatamente ai ripari. È però innegabile che l'analisi finanziaria previsionale richiede investimenti di non poco conto in strumenti e tecnologie, che le microimprese in particolare non possono affrontare, e sarebbe auspicabile, in questo senso, che esse instaurassero un rapporto di consulenza con le banche. Tale processo, però, incontra barriere di non poco conto, soprattutto psicologiche: è difficile, infatti, che l'imprenditore si risolva a trasmettere all'esterno dati prima gelosamente custoditi e a sottoporsi al giudizio di terzi.
  • 8. Basilea II 8 Conoscere con un certo grado di approssimazione quali sono le reali possibilità di successo e qual è il verosimile ritorno di un investimento è condizione indispensabile per saper presentare alla banca il progetto da finanziare su basi più solide, suffragate da dati verosimili. L'analisi previsionale ha, tuttavia, dei limiti: è estremamente difficoltoso valutare il grado di adeguatezza e di errore delle valutazioni espresse, tanto più che quasi sempre tale analisi si risolve in un ribaltamento del passato sul futuro, cosa ben poco verosimile. Ne deriva che risulta essere fondamentale una gestione corretta che ponga la giusta attenzione alle posizioni di redditività e di equilibrio finanziario, oltre che l'autovalutazione delle imprese (attraverso i sistemi di rating assignement utilizzati dalle banche o indici di sintesi più facilmente padroneggiabili), e, non meno importante, una corretta impostazione delle linee di azione per correggere scelte inadatte e consolidare situazioni patrimoniali o reddituali vacillanti. Un rapporto di maggior controllo fattuale da parte della banca, inoltre, renderebbe anche assai più oneroso, difficile e rischioso per l'impresa avere scarsa cura del proprio assetto patrimoniale e perpetrare falsi in bilancio. Le banche, infatti, rischiando di concedere denaro che non verrà loro restituito e avendo gli strumenti adatti, effettuano analisi estremamente minuziose alla ricerca di falle e discrepanze nelle dichiarazioni patrimoniali. Un'impresa che maneggi o annacqui i bilanci si vedrebbe assegnare un rating molto più basso e pagherebbe molto di più il denaro che le verrebbe concesso, sempre che la banca si decida a concederlo. Si può dunque auspicare che gli accordi di Basilea II contribuiranno, molto più di tanti altri interventi ad hoc, a fare del bilancio una true and fair view dello stato della gestione aziendale. Ovviamente tutto ciò deve sempre basarsi su criteri di veridicità e trasparenza, che sicuramente è una base solida per costituire il rapporto banca-impresa. BASILEA III Il Comitato per la supervisione bancaria di Basilea calibrerà nel corso del 2010 nuove regole per la gestione delle attività a rischio del sistema bancario, note come "Basilea III"; queste nuove regole dovranno integrare o sostituire sia la versione del 1988 (Basilea I) sia la versione Basilea II entrata in vigore nel 2008. Le regole di Basilea III si articoleranno su tre punti: la garanzia di liquidità a breve, la trasformazione delle scadenze e i requisiti di capitale. L'adozione di Basilea III è controversa. Alcuni critici sostengono che questo sistema di regole porterebbe all'abbassamento del core Tier 1 di importanti istituti bancari [3] e, se implementato in un frangente di profonda crisi economica e finanziaria, aumenterebbe il rischio di credit crunch [4] . Basilea II e la funzione aziendale Finanza Come precedentemente affermato, le sfide che Basilea II lancia al mondo dell'impresa hanno come implicazione diretta la necessità del fattivo contributo di un reparto finanziario esperto, dotato di competenze specialistiche e di un valido sistema informativo. Ciò comporta che la funzione finanza, ormai troppo spesso confinata al ruolo di semplice controllo finale dei cicli aziendali, sia oggetto di un ripotenziamento. Le risorse qualificate, che in tale funzione dovranno essere inserite, dovranno riportare alla funzione finanza le seguenti competenze: • elaborazione dei documenti richiesti dalle banche nel processo di rating assignement, • confronto dei diversi approcci di ciascuna banca in modo da poter valutare l'offerta ed individuare la più idonea a soddisfare le proprie esigenze, • individuazione, in sede di pianificazione, dell'impatto che ogni decisione strategica va ad avere sul rating, e la conseguente analisi delle diverse alternative riguardo alla gestione futura, • programmazione anticipata della necessità di risorse finanziarie, • predisposizione di materiale adeguato nella direzione della trasparenza informativa nei confronti delle banche, con poste di bilancio più aderenti alla realtà e dati riguardo alla Corporate Governance e ai sistemi di pianificazione.
  • 9. Basilea II 9 Prospettive future e il differenziarsi degli istituti di credito: specializzarsi nel rischio Come si è detto, alle banche non è richiesto di adottare un modello unico, quanto di garantirne la correttezza e assoluta trasparenza. Si pensa, infatti, che adottando modelli diversi le banche si possano specializzare in settori diversi di credito e adattarsi meglio al mercato. È probabile, infatti, che banche diverse si dedichino a diversi segmenti di clientela: corporate, PMI, retail ecc. ed è altrettanto probabile che gli istituti si diversifichino anche in riferimento ai diversi settori di basso, medio, alto rischio. Il differenziarsi nell'adozione di modelli diversi porterebbe un maggior grado di concorrenza e una maggior trasparenza, sempre assumendo che valga un principio di comportamento etico. È probabile che si impongano modelli differenti, tra i quali possiamo citare: • Judgemental • Statistical • Expert-constrained judgemental Note [1] Comitato di Basileaper la Supervisione Bancaria (http:/ / www. bis. org/ bcbs/ index. htm/ ) [2] Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria (Febbraio 2003). Prassi corrette per la gestione e il controllo del rischio operativo (http:/ / www. bis. org/ publ/ bcbs96ita. pdf). URL consultato il 2007-07-24. [3] http:/ / www. laregione. ch/ gallery/ pdf_tematiche/ lunedi%20economia/ 2010. 02. 01_LUNEDIECO. pdf [4] http:/ / archivio-radiocor. ilsole24ore. com/ articolo-779224/ banche-tremonti-basilea-iii-e/ Voci correlate • Accordi di Basilea • Basilea I • Comitato di Basilea • Rischio di credito • Solvency II • Tier 1 capital • Margine d'intermediazione Collegamenti esterni • Ciclo economico e downturn LGD nelle banche (http://www.tesionline.it/default/tesi.asp?idt=23527) • BasileaItalia: rischio bancario e accesso al credito (http://www.basileaitalia.it) • L'impatto di Basilea 2 sulle imprese (http://www.e-gav.net/basilea2.htm)
  • 10. Rating 1 Rating Il rating, anche valutazione, è un metodo utilizzato per classificare sia i titoli obbligazionari, che le imprese (vedi anche modelli di rating IRB secondo Basilea 2) in base alla loro rischiosità. In questo caso, essi si definiscono rating di merito creditizio da non confondersi ai rating etici che invece misurano la qualità della governance, della CSR, o in generale della sostenibilità sociale ed ambientale di un'emittente. Storia del rating Si può far risalire l'origine del rating con il documento "History of Railroads and Canals in the United States" (Storia finanziaria delle ferrovie e dei canali degli Stati Uniti), pubblicato da Henry Varnum Poor. Durante la sua vita Poor si batté affinché le aziende fossero obbligate a rendere pubblici I loro bilanci al pubblico e a possibili investitori. Colse questo appello il figlio Henry William, che insieme a Luther Lee Blake, un analista finanziario, crearono indici finanziari chiari e trasparenti, fino alla fondazione dell'agenzia di rating Standard & Poor's. Una storia simile riguarda un giornalista economico, John Moody, interessato alla trasparenza finanziaria delle aziende, causa secondo lui di un mini-crash finanziario del 1909. Già nel 1900 pubblicò il Manual of industrial securities e successivamente nel 1909 fondò Moody's. Oggi, Standard & Poor's e Moody's sono le due maggiori agenzie di rating al mondo. Descrizione Viene espresso attraverso un voto in lettere (vedi sezione sotto), in base al quale il mercato stabilisce un premio per il rischio da richiedere all'azienda per accettare quel determinato investimento. Scendendo nel rating aumenta il premio per il rischio richiesto e quindi l'emittente deve pagare uno spread maggiore rispetto al tasso risk-free. I rating sono periodicamente pubblicati da agenzie specializzate, principalmente Standard & Poor's, Moody's e Fitch Ratings. Una prima tipologia di potenziale conflitto di interesse riguarda i soggetti che pubblicano i rating e nel contempo svolgono attività di banca di investimenti. Il rating potrebbe essere strumentalizzato nell'interesse della banca ovvero dei clienti per attività speculative in Borsa, o per l'acquisizione di asset a prezzi di realizzo. Un declassamento del rating di aziende o soggetti pubblici particolarmente indebitati, ha la conseguenza a breve termine di provocare un rialzo degli interessi applicati ai prestiti in corso, e quindi un aumento degli oneri finanziari. Il debitore potrebbe cedere beni immobili e mobili di sua proprietà a prezzi di realizzo, per evitare un peggioramento del rating. Non raramente, la maggior fonte di finanziamento dei costosi studi che portano a valutare il rating, non sono le agenzie di stampa e la comunità finanziaria, ma le stesse società emittenti oggetto dell'indagine e singoli investitori con molta liquidità. In questi casi, è evidente un conflitto d'interessi. Infatti, per avere un rating, una società, una banca o uno Stato devono rivolgere una richiesta esplicita a una delle agenzie di rating. Il servizio è a pagamento. Ottenuto l'incarico, l'agenzia inizia l'analisi della società, della banca o dello Stato. L'analista incaricato attinge da informazioni pubbliche (ad esempio, i bilanci), studia i fondamentali economici e finanziari e incontra i manager per raccogliere tutte le informazioni necessarie. Solo dopo questa analisi è possibile esprimere un voto sull'affidabilità creditizia della società che ha richiesto il rating. Terminato il lavoro dell'analista, entra in azione un comitato. Sarà, infatti, un organo collegiale - e non un singolo analista - a valutare tutto il materiale raccolto e ad esprimere un giudizio sotto forma di rating. In seguito, il rating viene votato a maggioranza dal comitato, formato da esperti del settore in cui opera la società che si sta valutando. Dopo la votazione del rating, questo viene comunicato alla società, banca o Stato richiedente. Questo può appellarsi, fornendo informazioni aggiuntive e chiedendo di avere un'ulteriore analisi. Il comitato può, se lo ritiene necessario,
  • 11. Rating 2 riunirsi e deliberare di nuovo sul rating alla luce delle informazioni aggiuntive, decidendo di cambiare il voto o di mantenere quello deciso in precedenza. Una volta notificato il rating alla società che ha voluto farsi valutare, si passa alla pubblicazione. La società può chiedere che il rating non venga pubblicato: in tal caso resterà riservato e non di pubblico dominio. In caso di pubblicazione, invece, il rating diventa noto al mercato. Da questo momento in poi l'agenzia di valutazione tiene sotto monitoraggio il rating, per vautare eventuali promozioni o declassamenti. Questo meccanismo espone al rischio di aggiotaggio e insider trading, ovvero all'omissione di comunicazione al mercato di informazioni in grado di abbassare il prezzo del titolo, che correttamente per la teoria economica deve incorporare nel prezzo tutte le informazioni disponibili in un dato istante. L'omissione o la ritardata diffusione non tempestiva avviene per favorire un cliente dell'agenzia di rating che può pagare per avere informazioni privilegiate oppure fornire una percentuale su guadagni ottenuti speculando a breve termine al ribasso, con la vendita del titolo a prezzi ancora remunerativi primachè la diffusione delle informazioni sulla reale situazione dell'emittente, induca il crollo del corso azionario. Più che un guadagno si tratta di una mancata perdita, a meno che il prezzo di vendita non superi comunque quello di acquisto del titolo. È più probabile un ritardo nella diffusione delle informazioni critiche piuttosto che una completa omissione, che desterebbe dubbi sull'attendibilità delle fonti informative dell'agenzia, che forse non era per nulla al corrente dei fatti; cosa che dimostra falsa, con un annuncio tardivo. In alternativa, è possibile una speculazione al rialzo, ossia nel lungo termine, con l'acquisto di titoli da rivendere a prezzi più alti. L'agenzia può avere interesse a sovrastimare per lunghi periodi il rating di un titolo, per stimolare il mercato ad acquistarlo e creare una domanda artificiale che ne alza il prezzo. Il divario tra prezzo d'acquisto e di vendita, e il guadagno dello speculatore sono maggiori se il rialzo artificioso del rating e del prezzo sono preceduti da un declassamento immotivato da reali peggioramenti della solvibilità dell'emittente. Il declassamento consente di acquistare titoli quando tutto il mercato vende, per attendere la vendita delle proprie posizioni al primo riapprezzamento del titolo (anche ai valori "normali" che precedevano la crisi). Esiste poi una seconda forma, più "strutturale", di conflitto d'interessi. La realizzazione di uno studio di settore o particolareggiato su un titolo, determina un costo fisso che deve essere remunerato. Chi paga gli studi di settore finanzia quest'attività e a sua volta desidera che le informazioni in suo possesso siano redditizie; propriamente non paga solo le informazioni, ma la disponibilità di queste informazioni che devono restare riservate, al limite disponibili a chi paga altrettanto per venirne a conoscenza. Se vengono diffuse e incorporate nel prezzo, non sono più una fonte di profitto. Difficilmente poi chi paga un'informazione accetta che poco tempo dopo venga resa nota al mercato al prezzo di un quotidiano o di un'agenzia di stampa. Un modello differente prevede che gli studi siano finanziati dalla comunità finanziaria che compra un quotidiano economico a diffusione di massa e a basso costo, tale da rendere accessibile in modo tempestivo (come quotidiano) e a un largo pubblico l'informazione finanziaria. Una seconda entrata deriverebbe dalle agenzie convocate tempestivamente in conferenza stampa non appena siano acquisite informazioni price-sensitive. Tuttavia, è difficile dire quanto un modello di business così etico sia remunerativo dei costi della struttura. Quando l'informazione tempestiva è comunque obbligatoria per legge, il potere contrattuale maggiore è di chi fruisce le notizie, non di chi le produce. La società che realizza lo studio di settore non deve pubblicarle almeno per il tempo sufficiente perché il prezzo di mercato non risenta dei nuovi dati e sia possibile vendere senza perdite. Viceversa, un'informazione tempestiva al mercato è un dovere prima di tutto dell'emittente, che è il principale responsabile di una omissione, ma anche di quanti sono a conoscenza di una situazione d'insolvenza che viene taciuta. Un secondo problema viene a crearsi quando i risultati di uno studio di settore non aggiungono nessuna informazione che possa cambiare rating e prezzo di un titolo, e semplicemente confermano la solvibilità dell'emittente e il rating attuale. Non c'è rating sottovalutato per titoli da comprare, né rating sopravvalutato per titoli da acquistare, e in
  • 12. Rating 3 definitiva informazione che qualche acquirente abbia interesse a comprare. Lo studio è comunque un costo sostenuto da remunerare. Questo rende sconvenienti accertamenti delle informazioni che costano tempo e denaro e rischiano di ripetere informazioni già dette senza produrre nulla di nuovo. L'autore dello studio può avere interesse a modificare le conclusioni dello studio in modo da rendere il prodotto una potenziale fonte di profitto, più interessante e vendibile. La società emittente il titolo ha invece interesse ad uno studio che nuovamente confermi solvibilità e rating del titolo, stabilizzandone il prezzo. Uno studio del genere rafforza l'immagine (brand) dell'emittente che è disposto a finanziare questa pubblicità. Se ha un forte potere contrattuale, può chiedere all'agenzia di ritoccare in meglio il rating del titolo. Studi di settore e valutazioni sul rating dei titoli sono pubblicati dagli analisti di borsa. Per essere un analista non occorre né l'iscrizione ad un albo professionale né una particolare laurea. Potenzialmente il numero di analisti è elevato come il pluralismo della stampa economica. Davanti al declassamento di un titolo la comunità finanziaria raramente non reagisce con un deprezzamento, privilegiando le decisioni degli analisti rispetto alle ragioni portate dall'emittente. In questo senso, si è parlato di "dittatura degli analisti", per il potere di condizionare la Borsa, riconosciuto loro dal mercato che in parte non tiene conto dei conflitti d'interesse talora esistenti, in altra parte è relativamente interessato ad un rating veritiero e ad un giusto prezzo dei titoli. Un declassamento o una sovrastima del rating aprono (a chi ha le giuste informazioni) occasioni di guadagno speculativo. Spetta alle autority nazionali il riconoscimento delle tipologie di attività nelle quali il rating rilasciato da un'agenzia ha valore "ufficiale", e può essere utilizzato secondo quanto previsto dalle leggi vigenti. Ad esempio, l'autority nazionale indica le Agenzie di Rating (ECAI) la cui valutazione può essere usata per gli accantonamenti di capitale previsti da Basilea II. La Banca dei Regolamenti Internazionali (BIS) indica i criteri internazionali di valutazione per la Agenzie di Rating, che le banche centrali devono applicare (http://www.bis.org/publ/bcbs107b_ita.pdf]). Classi di rating Standard & Poor's • AAA Elevata capacità di ripagare il debito • AA Alta capacità di pagare il debito • A Solida capacità di ripagare il debito, che potrebbe essere influenzata da circostanze avverse • BBB Adeguata capacità di rimborso, che però potrebbe peggiorare • BB, B Debito prevalentemente speculativo • CCC, CC Debito altamente speculativo • D Società insolvente Moody's • Aaa Livello minimo di rischio • Aa Debito di alta qualità • A Debito di buona qualità ma soggetto a rischio futuro • Baa Grado di protezione medio • Ba Debito con un certo rischio speculativo • B Debito con bassa probabilità di ripagamento • Caa, Ca, Investimento ad alto rischio • C, Realistico pericolo di insolvenza
  • 13. Rating 4 Moody's Standard & Poor's Fitch Ratings Descrizione Lungo termine Breve termine Lungo Termine Breve termine Lungo termine Breve termine Aaa P-1 AAA A-1+ AAA F1+ "Prime". Massima sicurezza del capitale. Aa1 AA+ AA+ Rating alto. Qualità più che buona Aa2 AA AA Aa3 AA- AA- A1 A+ A-1 A+ F1 Rating medio-alto. Qualità media A2 A A A3 P-2 A- A-2 A- F2 Baa1 BBB+ BBB+ Rating medio-basso. Qualità medio-bassa Baa2 P-3 BBB A-3 BBB F3 Baa3 BBB- BBB- Ba1 Not Prime BB+ B BB+ B Area di non-investimento. Speculativo Ba2 BB BB Ba3 BB- BB- B1 B+ B+ Altamente speculativo B2 B B B3 B- B- Caa CCC+ C CCC C Rischio considerevole Ca CCC Estremamente speculativo C CCC- Rischio di perdere il capitale / D / DDD / In perdita / DD / D Agenzie di rating • A. M. Best • Baycorp Advantage • Cerved Group • Credo line • Dagong Global • Dominion Bond Rating Service • Egan-Jones Rating Company • / Fitch Ratings (parte del Fitch Group controllato dalla francese Fimalac) • Japan Credit Rating Agency, Ltd. • Moody's Investors Service • Muros Ratings • Standard & Poor's
  • 14. Rating 5 Critiche Le agenzie di rating sono state criticate dagli analisti finanziari per la non piena affidabilità delle loro analisi di rating in quanto società private non esenti da conflitti di interessi col resto del mercato. Viene spesso citata a riguardo l'analisi di rating positiva fornita nei confronti dell'istituto di credito Lehman Brothers appena una settimana prima del suo fallimento all'interno della crisi finanziaria americana dei mutui subprime del 2008. D'altro canto altri analisti fanno notare che eventuali agenzie di rating governative sarebbero ancor più inaffidabili in quanto dirette interessate a non essere pienamente trasparenti e obiettive. Voci correlate • Investment grade • Basilea 2 • Indicatori di redditività • Rating etici Altri progetti • Wikimedia Commons contiene file multimediali: http://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Credit rating
  • 15. Rating 6 Agenzie di rating Standard & Poor's · Moody's Agenzie minori Fitch A. M. Best Dagong Global Baycorp Advantage Japan Credit Rating Agency Dominion Bond Rating Service Credo Line Termini specifici Downgrade - Outlook - Notch - Investment grade Collabora al Progetto Economia | Visita il Progetto Economia Accedi al Portale Economia | Discussioni progetto:Economia
  • 16. Fonti e autori delle voci 7 Fonti e autori delle voci Rating  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=44066085  Autori:: Aethelfirth, Ary29, AttoRenato, Avesan, Barbaking, Camoz87, Cruccone, Eumolpo, Jacopo Werther, Joresre, Llodi, Losògià, Luca Ulcelli, Nemo bis, Nick, Phantomas, Rdocb, Sandr0, StefanoT, Young 25, 49 Modifiche anonime Fonti, licenze e autori delle immagini File:Flag of the United States.svg  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Flag_of_the_United_States.svg  Licenza: Public Domain  Autori:: Dbenbenn, Zscout370, Jacobolus, Indolences, Technion. File:Flag of Australia.svg  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Flag_of_Australia.svg  Licenza: Public Domain  Autori:: Ian Fieggen File:Flag of Italy.svg  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Flag_of_Italy.svg  Licenza: Public Domain  Autori:: see below File:Flag of Ukraine.svg  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Flag_of_Ukraine.svg  Licenza: Public Domain  Autori:: Created by: Jon Harald Søby, colors by Zscout370 File:Flag of the People's Republic of China.svg  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Flag_of_the_People's_Republic_of_China.svg  Licenza: Public Domain  Autori:: Drawn by User:SKopp, redrawn by User:Denelson83 and User:Zscout370 Recode by cs:User:-xfi- (code), User:Shizhao (colors) File:Flag of Canada.svg  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Flag_of_Canada.svg  Licenza: Public Domain  Autori:: User:E Pluribus Anthony, User:Mzajac File:Flag of the United Kingdom.svg  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Flag_of_the_United_Kingdom.svg  Licenza: Public Domain  Autori:: Original flag by James I of England/James VI of ScotlandSVG recreation by User:Zscout370 File:Flag of Japan.svg  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Flag_of_Japan.svg  Licenza: Public Domain  Autori:: Various File:Flag of Russia.svg  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Flag_of_Russia.svg  Licenza: Public Domain  Autori:: Zscout370 Immagine:Commons-logo.svg  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Commons-logo.svg  Licenza: logo  Autori:: SVG version was created by User:Grunt and cleaned up by 3247, based on the earlier PNG version, created by Reidab. Immagine:Nyse_2009g.JPG  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Nyse_2009g.JPG  Licenza: Creative Commons Attribution-Share Alike  Autori:: chensiyuan Image:Nyse_2009g.JPG  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Nyse_2009g.JPG  Licenza: Creative Commons Attribution-Share Alike  Autori:: chensiyuan Licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported //creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/