3. Era la sera del 12 Giugno quando la responsabile delle
operaie, la”maestra”, Maria Assunta Pugliese ricevette dai
concessionari Pranzo e Villani l’ordine di procedere
l’indomani alla disinfestazione del tabacco sistemato in
ballette nel deposito.
4. In questa operazione si impiega del solfuro di carbonio, liquido
molto infiammabile e velenoso (veniva usato dai nazisti nei
campi di concentramento per l’eliminazione dei detenuti).
Per legge questa operazione doveva essere fatta da operai
specializzati alla presenza di un chimico. Per risparmiare
queste operazione venivano fatte dalle tabacchine.
5. La mattina successiva le operaie prescelte la sera
prima dalla maestra iniziano le operazioni di
disinfestazione. Dapprima chiudono
ermeticamente ogni finestra e porta per impedire
qualsiasi spiraglio di aria.
Successivamente prendono i barattoli di solfuro e li
portano, uno ad uno con cautela, ma anche con una certa
fretta per concludere rapidamente lo sgradevole lavoro nei
locali dove sono depositate le ballette di tabacco.
8. Alle sette e trenta improvvisamente si udì la
sirena dell’orologio comune che abitualmente
scandiva le ore delle giornate lavorative. La
maggior parte dei calimeresi pensò ad un
errore dei meccanismi dell’ orologio e con un
sorriso aspettarono che terminasse il suono
della sirena. Dopo il terzo avviso i calimeresi
erano tutti ormai convinti che qualcosa di grave
era avvenuto.
9. Ed ebbero la conferma all’ innalzarsi di un tetro fumo
nero dalla fabbrica di tabacco alle spalle del municipio.
10. Il 13 Giugno 1961, Festa di Sant’ Antonio, numerose operaie
morirono arse vive in questo deposito di tabacco per una banale
disattenzione di un carabiniere addetto alla vigilanza delle
operazioni che generarono l’ incendio.
11. Il fuoco era divampato proprio dinanzi all’ unica porta del
deposito impedendo alle tabacchine di uscire.
Alle finestre, robuste grate avevano fatto dello stanzone una
gabbia mortale. Dalla strada la gente assisteva alla tragedia
impotente. Le operaie trasformate in torce umane urlavano e si
dibattevano dietro le grate.
12. Utilizzando scale ed asce dal vicino cantiere della Famiglia Lepore si
abbatterono le grate delle finestre consentendo alla sopravvissute di
uscire dal deposito. Ma cinque tabacchine, tra cui la direttrice,
avevano perso la vita e molte rimasero ferite per ustioni o
intossicazioni da ossido di carbonio.
13. Negli anni ’60 Calimera era un paese di settemila abitanti al centro
di una zona in cui era intensa la produzione di tabacco. Un quarto
del tabacco che si fumava all’ora in Italia si produceva in Puglia.
Il processo produttivo del tabacco si svolgeva in tre fasi: la
coltivazione, la manipolazione e la manifattura.
14. Il Monopolio di Stato interveniva solo nell’ultima fase, mentre le
prime due erano date in “concessione” a privati, i quali decidevano
in modo del tutto discrezionale chi e quanto tabacco i contadini
potevano produrre.
Lo ritiravano e lo facevano “manipolare” in ballette o in botti
nei propri magazzini da operaie “tabacchine”, poi lo
rivendevano al Monopolio di Stato con guadagni vertiginosi
senza nessun rischio derivante dai processi di produzione.
15. Il Monopolio di Stato ha sempre tutelato, con lauti
incentivi economici, solo il concessionario, che il più
delle volte era un politico locale. All’origine del dramma
di Calimera c’è proprio l’avidità di questa figura e il suo
disprezzo per il lavoro e la vita dei propri subalterni.