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Corriere della Sera Sabato 21 Dicembre 2013
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La legge di Stabilità Il bilancio
«Prudenza sui conti, all’Italia non serve Babbo Natale»
Letta: presto il provvedimento sui capitali all’estero. A gennaio andrò in Svizzera
DAL NOSTRO INVIATO
BRUXELLES — Per la prima
volta tradisce una punta di nervosismo: a tutti «gli impazienti»
italiani si potrebbe rispondere
mettendo sotto Palazzo Chigi
«una bancarella»; tutti chiedono
qualcosa, manco fossimo al mercato. Ma «non stampiamo moneta». Poi abbassa di colpo il tono
della voce, si ferma, capisce che
sta andando oltre il proverbiale
equilibrio: «Vabbé, lasciamo perdere...».
Enrico Letta a Bruxelles ha da
dire tante cose sull’Italia. Non è
sfogo, ma ci si avvicina, almeno
rispetto ai suoi canoni. Ce
n’è anche per i quotidiani, i media, che si occupano troppo della
«schiuma» delle cose: i Forconi
sembravano sino a qualche giorno fa la fine del mondo, e «invece
oggi mi chiedete se il fenomeno è
finito». La sintesi dell’umore è
nel paragone natalizio: «Qualcuno vorrebbe che fossi Babbo Natale, ma io ho la responsabilità
del buon padre di famiglia, viceversa andiamo incontro alla bancarotta».
Avvocato di se stesso, della
legge di Stabilità, della regola dei
piccoli passi, il presidente del
Consiglio difende il registro del
I fronti all’estero
Il premier
Siamo ancora
nel mezzo di
un mare
tempestoso,
occorre fare
dei passi
uno alla volta
Berna
Arriva l’accelerazione sui
capitali all’estero: «Entro
pochi giorni - ha detto il
premier Enrico Letta - verrà
presentato il
provvedimento per
riportare in Italia capitali
esportati illegalmente. A
gennaio andrò in Svizzera, lì
c’è un tesoro di soldi italiani
che devono tornare in Italia
per renderli utili per il
Paese. In passato sono stati
premiati i furbi, ora occorre
equità».
Bruxelles
Sui risultati del Consiglio
europeo, secondo Letta, c’è
«il bicchiere mezzo pieno»
dell’accordo sull’unione
bancaria e la soddisfazione
per lo spostamento a
ottobre, sotto presidenza
italiana, della discussione
sui contratti fra Bruxelles e i
singoli Stati.
suo governo: per troppi non ha
respiro, per lui ha l’unica cifra
possibile. «Tutti chiedono qualcosa, ma ognuno ha caricato di
aspettative questa legge e non
tutte possono portare a un risultato. Non possiamo più raccontarci che tutto è possibile, ho ereditato otto mesi fa l’Italia che tutti conosciamo, non un altro Paese, senza debiti e deficit, siamo
ancora nel mezzo di un mare
tempestoso in cui occorre fare
dei passi uno per volta, e questo è
il peso che l’Italia può sopportare, chi vuole salire quattro gradini alla volta alla fine si fa male».
Gli imprenditori, i sindacati e i
Comuni forse non hanno compreso appieno che questa legge
di Stabilità «indica per la prima
volta un’inversione di tendenza
su tutti i punti cruciali, tasse,
qualità della spesa, risposte alla
nuova povertà». E comunque, rimarca due volte, nel timore di in-
comprensioni, fra gli «impazienti» non c’è Matteo Renzi, «in
questi primi giorni abbiamo dimostrato che quell’attesa di tensioni e sfracelli tra me e lui era totalmente fuori luogo. Stiamo dimostrando che c’è un’intesa sulle
cose concrete, che continuerà.
Riusciremo a fare le cose necessarie per uscire dalla crisi».
Con la legge di Stabilità, aggiunge Letta, abbiamo dato alcune risposte e altre ne arriveran-
Il caso Soppresso in soli sei giorni l’emendamento del deputato del M5S Fraccaro. Gli immobili di Scarpellini
Gli affitti intoccabili dei palazzi del potere
Il Senato cancella il recesso a tempo di record
ROMA — «L’articolo 2-bis del decreto legge
15 ottobre 2013, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 dicembre 2013, n. 137, è
soppresso». Chi ancora ha il coraggio di sostenere che il nostro sistema legislativo è lento e
macchinoso si dovrà ricredere davanti a questo
capolavoro di Palazzo Madama. Dove è stata
cancellata al volo una norma che lo stesso Senato aveva approvato sorprendentemente soltanto sei giorni prima. La cosa era passata nel silenzio generale fra le pieghe di un provvedimento
battezzato «manovrina», grazie a un emendamento presentato alla Camera dal deputato del
Movimento 5 Stelle Massimo Fraccaro. Testuale: «Le amministrazioni dello Stato, le Regioni e
gli enti locali, nonché gli organi costituzionali
nell’ambito della propria autonomia, hanno facoltà di recedere, entro il 31 dicembre 2014, dai
contratti di locazione di immobili in corso alla
data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Il termine di preavviso per l’esercizio del diritto di recesso è stabi-
La vicenda
Quindici anni fa la Camera stipulò senza
gara una serie di contratti con la società
Milano 90, che metteva a disposizione
di Montecitorio quattro immobili
lito in trenta giorni, anche in deroga a eventuali
clausole difformi previste dal contratto».
Una bomba. Con un bersaglio preciso, come
dimostra il passaggio sugli «organi costituzionali»: i palazzi Marini, quegli stabili che ospitano gli uffici dei deputati, presi in affitto con il
meccanismo del «global service» dall’immobiliarista e grande allevatore di cavalli Sergio
Scarpellini, munifico elargitore di contributi liberali ai partiti di destra e sinistra. È un’operazione che ha origine alla fine degli anni Novanta
quando la Camera, d’accordo centrosinistra e
centrodestra, decise di stipulare senza gara una
serie di contratti con la società Milano 90, che
metteva a disposizione di Montecitorio quattro
immobili e relativi servizi. A un prezzo, oltre
500 euro annui al metro quadrato, tale da ripagare abbondantemente i mutui bancari contratti dal privato per acquistare le mura. Fatto sta
che la Camera avrebbe speso in 18 anni ben 444
milioni solo per i canoni d’affitto, senza ritrovarsi in tasca un solo mattone. Una vicenda di-
venuta ben presto l’emblema degli sprechi del
Palazzo, contro cui si erano scagliati a ripetizione con interrogazioni e denunce pubbliche i radicali. Ma inutilmente. Come inutili si erano rivelati i mal di pancia avvertiti da molti parlamentari consapevoli dell’abnormità della storia. A tutti era stato risposto che non c’era
niente da fare: i contratti andavano rispettati e
amen. Dopo molti sforzi si era riusciti a disdettarne almeno uno. E l’emendamento Fraccaro,
divenuto legge il 13 dicembre scorso a Palazzo
Madama con l’approvazione senza modifiche
della «manovrina» uscita da Montecitorio,
avrebbe fatto cadere tutti gli ostacoli per la rescissione degli altri tre, che pesano sulle casse
pubbliche 26 milioni per i soli canoni. Se però il
giovedì seguente non fosse stato recapitato in
Senato nella leggina di conversione di un decreto sulle «misure finanziarie urgenti in favore di
regioni ed enti locali», un provvidenziale
emendamento che sopprime quella disposizione passata sempre al Senato il venerdì precedente. Modifica prontamente approvata dalla
maggioranza senza battere ciglio: con qualche
voto in più, sembra, rispetto a quelli prevedibili. La battaglia si sposta adesso alla Camera, dove Fraccaro riproporrà tale e quale la norma
bocciata. Ma intanto il segnale arrivato dalle
Larghe intese, per paradosso proprio mentre
Matteo Renzi, il nuovo segretario del Pd loro
principale azionista dichiara pubblicamente
guerra ai costi della politica, si può interpretare
in modo inequivocabile: gli affitti dei palazzi
del potere non si toccano. Altra motivazione
non ci sarebbe. E l’impronta digitale della maggioranza, del resto, è facilmente riconoscibile.
L’emendamento porta la firma della relatrice
del provvedimento, circostanza che qualifica
l’emendamento come iniziativa non personale.
Ma essendo la senatrice del Pd Magda Zanoni
esperta di contabilità statale, visto che il suo
curriculum la qualifica come «consulente di bilanci pubblici», certo non ne può ignorare le
conseguenze. E cioè che oltre a mettere in pericolo i contratti blindati e dorati dei palazzi Marini, quella perfida norma grillina consentirebbe a molte amministrazioni di liberarsi di onerosi contratti incautamente sottoscritti senza
clausola di recesso: è appena il caso di ricordare
che spendiamo circa 12 miliardi l’anno per gli
affitti degli uffici pubblici. Chissà perché nessuno ci aveva pensato prima.
Sergio Rizzo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
444
i milioni di euro spesi in 18
anni dalla Camera per
onorare i contratti d’affitto
no: via dal decreto «salva Roma»
la norma sulle slot machine
(«sbagliata ma rimedieremo»),
la web tax sarà riscritta in coordinamento con la Ue. E poi un’accelerazione sui capitali all’estero:
«Entro pochi giorni verrà presentato il provvedimento per riportare in Italia capitali esportati
illegalmente, se ne sta occupando una commissione presieduta
dal procuratore aggiunto di Milano Francesco Greco. A gennaio
andrò in Svizzera, lì c’è un tesoro
di soldi italiani che devono tornare in Italia per renderli utili per
il Paese. In passato sono stati
premiati i furbi, ora occorre
equità».
Sui risultati del Consiglio europeo c’è «il bicchiere mezzo pieno» dell’accordo sull’unione
bancaria e la soddisfazione per lo
spostamento a ottobre, sotto
presidenza italiana, della discussione sui contratti fra Bruxelles e
i singoli Stati: per il ministro Enzo Moavero, che ha negoziato
merito e tempi, la prova ulteriore
di un’autorevolezza italiana crescente.
Marco Galluzzo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Un’asta mensile
per i Btp a 7 anni
di STEFANIA TAMBURELLO
U
no degli obiettivi principali
della gestione del debito
pubblico nel prossimo anno sarà
quello di allungare la vita del
pesante stock di titoli emessi
dallo Stato che a fine novembre
era di 6,35 anni. Per renderlo
gestionalmente meno oneroso.
Così nelle linee guida pubblicate
ieri dal ministero dell’Economia
si segnala che verranno emessi
meno Bot, che si cercherà di
alleggerire i collocamenti dei Btp
a 3 e 5 anni accentuando invece
quelli dei titoli a 10 anni, che
saranno confermate le scadenze
più lunghe di 15 e 20 anni e che
— ed è questa la novità del 2014
— saranno messi regolarmente
in asta, a metà mese, i Buoni
settennali. Un debutto questo
anticipato nei mesi scorsi dal
successo di una prima
emissione, affidata a un
sindacato di collocamento.
Anche per i Btp Italia,
confermati in due edizioni,
potranno esserci degli
allungamenti di scadenza oltre
quella corrente di 4 anni, al fine
di limitare le dimensioni delle
singole emissioni e rendere il
titolo sempre più indirizzato ai
risparmiatori. Visto l’interesse
degli investitori istituzionali per
il titolo, il Tesoro però valuterà
anche l’opportunità di proporre
uno strumento indicizzato
all’inflazione domestica in grado
di rispondere alle loro esigenze,
puntando «oltre che sulle
caratteristiche finanziarie dello
strumento anche sulle modalità
di emissione e il formato».
© RIPRODUZIONE RISERVATA