2. Meister Eckhart – Vita e Opere (I)
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 1
• Proveniente da una famiglia turingia con residenza a Tambach presso
Gotha, Eckhart di Hohenheim, fondatore della tradizione mistica
renana, nasce verso il 1260.
• Entrato fra i Domenicani in data sconosciuta, segue il curricolo
universitario riservato ai migliori elementi dell'ordine
• In seguito è priore del convento domenicano di Erfurt dal 1294 al
1298, ove redige le Istruzioni spirituali
• Nel 1302 ottiene il titolo di maestro in teologia dall'università di
Parigi, e occupa nel 1302-1303 la cattedra di teologia riservata ai
domenicani stranieri.
– A questo primo magistero parigino risalgono due questioni disputate (le
Questioni parigine I e II) e la serie di argomenti - le Rationes Eckardi (RE) -
inseriti in una questione posta dal generale dei Francescani, Gonsalvo di
Spagna, come anche un Sermone su sant'Agostino (in data 28 agosto
1303).
3. Meister Eckhart – Vita e Opere (I)
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 2
• Nel 1303 il capitolo generale domenicano di Besançon divide la grande
provincia tedesca in quella di Saxonia a nord e di Theutonia a sud.
Dal 1303 al 1311, Eckhart è eletto primo provinciale della
provincia domenicana di Saxonia, sorta da una divisione della
Teutonia , la cui sede è a Erfurt.
• Vi soggiorna fino al 1311. Questo secondo periodo di Erfurt è
contrassegnato da una predicazione in lingua tedesca che sembra
aver avuto un'eco considerevole.
– Caratteristica dei Sermoni è di trasporre per un uditorio non
universitario l'essenziale delle tesi sostenute a Parigi contro i teologi
francescani.
4. Meister Eckhart – Vita e Opere (Opus tripartitum)
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 3
Eckhart è inviato una seconda volta a Parigi per insegnarvi, e qui resta
dal 1311 al 1313, mettendo in cantiere la sua grande opera, l'Opus
tripartitum, composto:
• Da una prima opera, l’Opus propositionum, divisa in quattordici
trattati, fungente da base all'insieme del lavoro teologico;
• Dall’Opus quaestionum, dedicato alla discussione di varie quaestiones
teologiche;
• Da un Opus expositionum, suddiviso in due parti:
– la prima costituita dai commenti esegetici o Esposizioni propriamente dette
– la seconda dai Sermoni
• Dell’Opus quaestionum non è rimasto nulla, dell’Opus propositionus è
rimasto solo il Prologo, in cui emerge un progetto che ha di mira i
termini del linguaggio teologico e la delucidazione dei principali
assiomi su cui basare l’attività del teologo, scandita in esegesi,
disputa, predicazione.
5. Meister Eckhart – Vita e Opere (IV)
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 4
• Nel 1313 il generale dell'Ordine, Berengario di Landora, lo invia a
Strasburgo, in Teutonia, per assumervi le funzioni di vicario generale,
incaricato in modo particolare della direzione spirituale delle
monache (cura monialium).
– Qui Eckhart redige la sua più celebre opera tedesca: Il Libro della
consolazione divina
• Nel 1323 o, più verosimilmente, all'inizio del 1324, Eckhart è inviato allo
studium generale di Colonia, per insegnarvi
– È a questo periodo che risalgono, sembra, le sue prime difficoltà.
– Fra l'agosto del 1325 e il gennaio del 1326, talune frasi del BgT sono
chiamate in causa: Eckhart risponde con un trattato oggi perduto, il cui
incipit è Requisitus, risposta che ben presto è essa stessa oggetto di
attacchi.
6. Meister Eckhart – Vita e Opere (V)
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 5
• Nel corso del 1326, a séguito di una denuncia (1), Enrico di
Virneburg, vescovo di Colonia, avvia contro Eckhart un processo
d'inquisizione, e designa una commissione incaricata di istruire il
suo dossier.
– L'Ordine si mobilita per difendere il suo maestro.
• Ma quando s'apre il processo, il capitolo generale di Venezia (1325) ha
appena denunciato i pericoli della «predicazione volgare» in Teutonia, e
il generale dell'Ordine, Barnaba Cagnoli, si è dichiarato ostile alle
«sottigliezze» (subtilia) «davanti a gente del popolo» non meno che alla
discussione di problemi «troppo difficili» nelle scuole domenicane.
– Sono due rimproveri che si possono applicare a Eckhart.
• Avendo fatto appello a papa Giovanni XXII, Eckhart si reca ad
Avignone per perorarvi la sua causa.
• Muore nel 1328, prima d'essere condannato. Il 27 marzo 1329, la
bolla pontificia In agro dominico condanna 17 articoli, e mette in
guardia contro altri 11.
– La diffusione della bolla è limitata alla diocesi di Colonia
7. Meister Eckhart – Il Processo (I)
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 6
Eckhart rimane vittima del primo processo dottrinale che sia stato
mai intentato a un maestro di teologia dell'ordine dei Predicatori.
La difesa di Eckhart si svolse in due fasi: in un primo tempo in
Germania, poi ad Avignone.
1. Nel 1325-1326 si hanno le prime avvisaglie delle future accuse: corre
voce che il suo influsso sul popolo sia pernicioso. Visitatore
apostolico di Teutonia, il suo confratello Nicola di Strasburgo e tacito
estimatore, apre contro di lui un'azione che si conclude con un non
luogo a procedere.
2. Nel 1326, deluso dal risultato, l'arcivescovo di Colonia, Enrico II di
Virneburg, mosso da ragioni politiche e irritato dalla resistenza di
Nicola di Strasburgo, avvia contro Eckhart di lui un processo
d'inquisizione. Due liste di proposizioni sospette sono allora
stabilite - l'una di quarantanove, l'altra di cinquantanove.
3. Il 24 gennaio 1327, nella sala capitolare della cattedrale, di fronte ai
commissari dell'inquisizione, Eckhart fa appello al papa.
8. Meister Eckhart – Il Processo (II)
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 7
4. Il 13 febbraio 1327, nella chiesa dei domenicani di Colonia, di fronte a
tutto il popolo, dinanzi al quale rivendica la propria ortodossia. Il suo
segretario, Corrado di Halberstadt, legge in latino le sue dichiarazioni,
mentre Eckhart spiega e giustifica in tedesco ogni asserzione: è la
Verteidigungsschrift (Vertaidigungscrift)
Io, maestro Eckhart, dottore in Sacra Teologia, protesto innanzitutto,
prendendo Dio a testimone, di aver sempre riprovato, in quanto ho
potuto, ogni errore sulla fede e ogni corruzione di costumi, essendo
questi errori contrari alla mia condizione di maestro e -al mio Ordine. Se
dunque sì trovassero proposizioni erronee concernenti ciò che ho detto,
da me scritte, dette o predicate, in privato e in pubblico, in qualsiasi
tempo e luogo, direttamente o indirettamente, secondo una dottrina
sospetta o falsa, io le revoco qui espressamente e pubblicamente, di
fronte a tutti ed a ciascuno dei presenti....
5. Il 22 febbraio 1327, il suo appello è respinto dal tribunale. Egli parte
cionondimeno per la curia, accompagnato da tre confratelli, fra cui il
suo priore provinciale.
9. Meister Eckhart – Il Processo (III)
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 8
6. Lasciata Colonia nel 1327 per portare la questione davanti al papa,
Eckhart verrà ricevuto in udienza da una commissione pontificia
avignonese, che riduce le liste del dossier d'inquisizione a un insieme
di 28 proposizioni, tradotte in latino e isolate dal loro contesto (Votum
Avenionense) - il che vuol dire che l'ortodossia personale del maestro
non è in causa.
Eckhart muore prima del 30 aprile 1328 .
Il 27 marzo 1329, l'affare, che è stato effettivamente portato davanti alla
corte di Avignone, è chiuso d'autorità: il papa Giovanni XXII condanna
diciassette proposizioni come eretiche e ne dichiara altre undici
sospette di eresia. Si tratta della bolla In agro dominico la cui
pubblicazione è, in ogni caso, curiosamente limitata alla diocesi di
Colonia. Come aveva annunziato nella sua protesta d'innocenza,
Eckhart si era sottomesso precedentemente alla decisione della
Santa Sede: non patirà quindi mai la sua condanna.
10. Gli elementi della condanna
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 9
• Non si possiedono al completo gli atti del «processo» di Meister
Eckhart. Del lavoro della commissione d'inquisizione di Colonia non
restano se non due delle tre liste di proposizioni (almeno) trasmesse dai
suoi delatori:
– Della prima lista, i 49 passi sono tratti dal Libro della Consolazione Divina,
dal trattato sull’Uomo Nobile e dal primo Commento alla Genesi;
– Della seconda lista i 59 passi sono tutti desunti dai Sermoni in lingua
tedesca
• A motivo della preponderanza della lingua vernacola, è quindi il
predicatore di Strasburgo e di Colonia a essere principalmente
attaccato, malgrado il maestro di Parigi non venga completamente
risparmiato, poiché la sua lettura altamente tecnicizzata della Genesi è
anch'essa messa in discussione.
11. Ragione spirituale della condanna
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 10
• L'intervento di Enrico II di Virneburg si spiega a un primo livello a causa
della situazione spirituale della Germania all'inizio del XIV secolo. Si
sa, infatti, che l'epoca vede fiorire un pensiero e una pratica spirituali
eterodossi presso i begardi e le beghine del Nord dell'Europa -
entrambi messi sotto accusa fin dal concilio di Vienne nel 1311-
1312. L'arcivescovo di Colonia, è innegabile, è lui stesso impegnato a
fondo contro l'eterodossia: è lui che fa portare al rogo l'eresiarca
Gualtiero d'Olanda nel 1322. Non è dunque escluso che gli ambienti
sospetti di eresia abbiano cercato di nascondersi dietro l'autorità
di Eckhart per ripararsi. Così si spiegherebbero gli innumerevoli
apocrifi che circolano sotto il nome del Maestro e le proposizioni,
sicuramente fantasiose, attribuitegli dalla commissione inquisitoriale di
Colonia, che l'accusato ha sempre assicurato non essere sue.
12. Ragione politica della condanna
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 11
• Grande elettore del Sacro Impero, allora in lotta aperta con il papato,
l'arcivescovo di Colonia guardava di malocchio i domenicani.
Irritato dal loro zelo e dai loro successi come predicatori, senza dubbio
altresì stanco del loro privilegio d'esenzione nei confronti della
giurisdizione vescovile, è verosimile che Enrico abbia cercato, grazie
all'Inquisizione, di dare un esempio colpendo i Predicatori al vertice. In
tale deprecabile intreccio tra dogma e affari del potere che sembra
abbia pesato in maniera determinante su un uomo che la sua
formazione di teologo e il suo fervore di cristiano avrebbero dovuto
secondo logica salvaguardare da un destino così funesto.
13. Meister Eckhart – Introduzione (I)
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 12
• La personalità e l’opera di Eckhart, messa a raffronto con i suoi
contemporanei, al di là delle vicende particolari che la
contrassegnarono, emerge per una serie di particolarità che la
contraddistinguono in maniera particolare:
1. Assenza di dispute accademiche: contrariamente a quanto accade
per gli altri grandi teologi dei secoli XIII e XIV, non si conosce un suo
Commento alle Sentenze e non si possiede di lui se non una manciata
di quaestiones disputatae. V'è qui uno squilibrio evidente, giacché nel
Trecento, letteratura sentenziaria e questioni disputate sono i due
principali mezzi d'espressione del teologo, le due forme letterarie
che determinano lo stile e l'orientamento di un'epoca largamente
segnata da una formalizzazione e tecnicizzazione crescenti del
discorso teologico.
14. Meister Eckhart – Introduzione (II)
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 13
2. L’esegesi “mistica” di Eckhart è particolare: diversamente dai teologi
della mistica, egli non ha commentato la Teologia mistica dello
Pseudo Dionigi l'Areopagita, malgrado questi sia onnipresente in lui.
Eckhart sposa il sermone all'esegesi, ed è questa la vera singolarità
di Eckhart attinente alla mistica dionisiana: nei suoi sermoni che egli
commenta Dionigi, e ciò con il commentare in primo luogo la Scrittura.
La sua teologia mistica è radicata nell'intelligenza della Bibbia e
nell'esperienza della fede. Ragion per cui essa assume la duplice
forma della comunicazione di un sapere e di una lezione di vita
esclusivamente desunte dalla Scrittura.
3. Eckhart fa passare tutti gli aspetti del suo sapere e della sua
pratica professionali di teologo universitario nei suoi sermoni,
dalle dispute scolastiche all'esegesi dotta. Questo trasferimento di
temi, di luoghi e di problemi dal mondo della Scuola a quello del
Chiostro presuppone l'invenzione di una lingua nuova. L’utilizzo
del volgare avviene senza sostanziali differenze dottrinali con i
contenuti dei testi latini, malgrado l’uditorio sia diverso
15. Meister Eckhart – Introduzione (III)
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 14
Il temperamento di Eckhart si riverbera nel suo linguaggio procedente
per continue inversioni e rovesciamenti, tanto che, egli stesso conscio
dell’arditezza del suo linguaggio, avverte:
bisogna notare che alcune delle proposizioni, delle questioni e delle esposizioni
seguenti appariranno a un primo sguardo (primo anspectu monstruosa)
assurde, dubbie e false, ma se saranno studiate con acutezza e maggior
ingegno, saranno valutate ben diversamente (1)
Le caratteristiche comuni di talune figure che egli userà – il
parallelismo antitetico, l’iterazione, l’iperbole, l’ossimoro,
l’asserzione paradossale, ecc. – rimandano sempre alla circolarità di
un silenzio che si fa parola e di una parola che sbocca nel silenzio.
4. Infine l'intervento teologico di Eckhart in lingua volgare fa sì che vi sia
una possibilità d'interazione fra quanto egli dà e quanto riceve dal
suo uditorio di religiose e di beghine. Parlando lo stesso linguaggio,
egli ne riceve e ne assimila molti temi: dalla «deificazione» (cf.
Sorella Katrei) a quel tipo di speculazione trinitaria che il concilio di
Vienne vieterà alle donne «divenute folli».
16. L’eclettismo dialettico di Eckhart
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 15
• Eckhart ha dunque un posto a se stante: egli non appartiene ad
alcuno schieramento. La sua visione stessa della teologia come
scienza non è catalogabile, perché è aperta a tutte le risorse della
tradizione: egli legge e cita abbondantemente Bonaventura (spec.
l’Itinerarium mentis in Deum), riprende parecchi passi e idee di san
Bernardo, parla con rispetto di san Francesco; ma, nello stesso
tempo, ha familiarità con i filosofi
• Ciò si spiega, in realtà, se si prende atto del progetto teologico
fondamentale di Eckhart: l’essere a un tempo il professore artefice
di una teologia profonda, tecnica, «forte» e un predicatore i cui
sermoni sono principalmente indirizzati a degli illetterati.
• Eckhart è un teologo che per le sue funzioni di cura animarum
obbligato a confrontarsi in permanenza con degli uditòri non
universitari, di tipo monastico e spirituale, presso i quali non vige
contrapposizione tipica del mondo accademico fra speculazione
intellettuale e contemplazione d'amore, tra scienza teorica e scienza
pratica
17. La ratio speculationis filosofico-teologica di Eckhart
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 16
• Va innanzitutto precisato come tutta la riflessione di Eckhart sia
contraddistinta dall’articolare filosofia e mistica in una sintesi unitaria
e coerente, soprattutto nel senso secondo il quale l’intelligenza
teoretica dell’essere (Seinslehre) deve inverarsi nella sua
esperienza etica (Lebenslehre). Pertanto l’attività intellettuale non
rimane confinata in una sfera distante ed astratta, ma reca seco un
preciso riferimento esistenziale, quello di essere al contempo sapientia
vitae.
• Da un punto di vista della recezione dottrinale, in Eckhart, come in
Alberto, convivono la tradizione agostiniana, riletta alla luce
dell’intellettualismo avicenniano, e l’apofatica dionisiana.
Eckhart approfondisce l'intuizione centrale della teologia albertiana
secondo la quale il dono della sapienza infusa e l'amore di carità, nella
loro connessione medesima, assicurano l'espandersi della fede
teologale per sfociare in una contemplazione mistica.
18. Onto-Teologia: Dio come puritas essendi
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 17
• Sulla traccia di Plotino e Dionigi, Dio non può venir pensato in relazione
al questo o quello, ma fuori dalle limitazioni accidentali, fino al limite
massimo, ossia la rimozione del concetto di Dio in quanto soggetto
antropomorficamente connotato (con volizioni proprie, ecc).
• Eckhart intepreta l’Io sono colui che sono di Esodo 3,14 proprio alla
luce della tradizione dionisiana, nel senso che l’auto-attribuzione che
Dio fa del proprio essere sta a significare che egli si dà a conoscere
come nuda purezza di essere (purum esse), pura sostanzialità priva
di ogni accidentalità e qualificazione, «la nuda purezza dell’essere
Dio che è in se stesso» (puritas sive impermixtio, puritas essendi)
l’essere nominato in Es. 3,14, privo di nome, è quindi l’Essere
assoluto, al di là di ogni nominabilità.
– Dio infatti, in quanto soggetto, sarebbe ancora frutto di una definizione, di
un modo.
– Il termine primo che indica la soggettività, ‘Io’, indica pertanto – neo
platonicamente - la perfetta unità di Dio
19. L’«Io» come essenza di Dio
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 18
quando il testo dice io, ciò significa innanzitutto l'essenza di Dio, che
solo Dio è, perché tutte le cose sono in Dio e da Dio; fuori e senza di
lui, niente è in verità, tutte le creature sono un meschino ed un puro
nulla in rapporto a Dio … Così, la parola io indica l'essenza della
verità divina, perché è l'attestazione di una essenza
È la prova che solo lui è
In secondo luogo, significa che non esiste separazione tra Dio e
tutte le cose, perché Dio è in tutte le cose: è più intimo ad esse di
quanto non lo siano a se stesse (2)
• Eckhart qui riunifica la metafisica dell’Esodo e la metafisica della
conversione, la teologia del Dio-Essere (sostantivato) con la teologia
dell’essere Dio.
Pertanto, dice De Libera, il significato dell’Io non è personale, ma
essenziale: non apre su una psicologia dell’essere e dell’unione, ma su
un’ontologia dell’ipseità: “Io” è il nome dell’unità ontologica di Dio con
tutto ciò che è lui, “la nuda purezza dell’essere di Dio che è in se
stesso” (2)
20. Vero e falso Dio
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 19
• Per l’uomo questo Io divino rappresenta la meta spirituale, sia
spogliando se stesso di tutte le determinazioni accidentali sia
spogliando Dio da tutte le predicazioni positive, da ogni immagine
particolare, per restituirlo alla trascendenza della sua infinità sine modis:
da qui l’audace preghiera “prego Dio che mi liberi da dio” (Beati
Pauperes Spiritu )
21. Got e Gotheit
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 20
• La fondamentale distinzione eckhartiana tra Deitas o Gotheit (divinitas,
Dio quale essenza)/Dio o Got (deus, Dio come essere) trova la sua
lontana origine nella teoria di Gilberto Porretano , a sua volta basata
sulla distinzione boeziana tra esse-forma essendi.
• È il Padre principio di generazione : paternità in Eckhart assume la
valenza di nucleo più intimo della divinità, silenziosa oscurità .
Questa essenza riveste varie denominazioni oltre a quelle katafatiche di
“Essere” o “Io”: qualificazioni apofatiche quali “Abisso della Deità”,
“Fondo”, “Nulla”. Tutte, e quest’ultima in particolare, assumono il
significato di “unità ontologica di Dio con tutto ciò che è in Lui” ,
come dice Eckhart nella Predica 28:
Tutto resta l’‘Uno’ che scaturisce in lui stesso
• Il nulla esprime di Dio non solo la radicale differenza e alterità rispetto a
tutto ciò che è, ma anche la perfetta semplicità, la non-alterità
dell’unico essere che è Dio, soprattutto la ricchezza ontologica
(potenzialità in senso neoplatonico).
22. Significato fontale di Gotheit
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 21
• Come nota ad esempio la Saccon, «la gotheit non è semplicemente la
trascendenza incomunicabile e incomprensibile, ma l’origine da cui
tutto sgorga (in quanto paternità) e a cui ritorna (fondo)
Essa rimane inaccessibile a chi pretende di conoscere Dio sotto
qualche aspetto particolare (categoriale), non all’intelletto in quanto tale
[…] Gotheit […] manifesta l’intenzione di riportare ogni espressione
rivelatrice all’unità del principio» (1)
– Gotheit quindi, più che trascendenza incomunicabile, è usata molto spesso
in combinazione con Got, per esprimere l’atto di rivelare, esprimere,
generare, quale origine da cui tutto sgorga e a cui tutto ritorna: Dio che si
partecipa, che comunica tutta la sua natura .
• Essa si rivela allora quale essenza omnipervasiva, natura feconda,
che si partecipa e si comunica nelle persone: il generare divino è un
permanere sostanziale in sé pur essendo locutivamente fuori di sé:
• Platone, il grande sapiente, vuole parlare di grandi cose. Parla di una
purezza che non è nel mondo; non è nel mondo, e neppure fuori del
mondo; è qualcosa che non sta nel tempo e neppure nell'eternità, che
23. Dialetticità del discorso su Dio
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 22
• Pertanto, dirà Eckhart: «il Padre non può far altro che generare» (1), «lo
deve fare, ne abbia gioia o dolore» (2). Egli non crea, ma genera –
innanzitutto il Figlio e poi, in esso, tutte le creature – poiché nulla compie
fuori di sé, nulla porta all’essere se non dal proprio fondo, rimanendo
tuttavia nel proprio fondo
• Ciò Eckhart lo esprime talora in forma paradossale, per giustapposizione
di opposti: «il suo generare è il suo permanere e il suo permanere è il
suo generare all’esterno» (3).
La trascendenza non concettualizzabile del Padre si rivela –
simmetricamente – quale pienezza feconda d’essere. Dio va quindi
concepito e predicato dialetticamente: «negatio vero negationis
purissima et plenissima est affirmatio: ‘ego sum qui sum’» (4)
Questa verità trova la figura stilisticamente più appropriata
nell’ossimoro, quando ad esempio viene affermato che Dio è una
“indifferente differenza”
Attraverso questa perenne dialettica tra identico e diverso, si giunge
alla comprensione di Dio quale distincta indistinctio: «Deus
indistinctum quoddam est quod sua indistinctione distinguitur» (5)
24. Generatio continua
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 23
• La ricchezza e la fertilità spirituale dell’essere divino è rimarcata da
Eckhart mediante l’utilizzo del tempo presente:
esser stato generato o essere stato creato esprime in sé qualcosa di
passato. Invece in Dio non c’è niente di passato, niente di futuro, ma tutto è
presente, giacché né il passato né il futuro sono, se non in quanto si
riconducono al presente (1)
• Eckhart esprime la generazione quale attività sempre in fieri: ciò che
è al principio della realtà divina è sempre realizzato, ma anche
sempre presente. In quest’ottica formula delle affermazioni che
eccedono i limiti consueti dell’ortodossia del tempo:
1. parla di una generazione totalmente attuale, per cui in ogni istante l’atto
del concepire coincide con la nascita,
2. descrive anche la continua novità dell’operare di Dio, lungo una
circolarità in cui il principio è anche la fine e il frutto si trova già nel fiore .
la generazione diviene paradigma atto a garantire l’unità della realtà,
tanto che la stessa creazione procede da tale fecondità e ad essa rimane
legata, secondo la dinamica di un “effluire rimanendo” in cui Dio,
rispetto alle creature, è totus intus, totus extra.
25. Bullitio ed Ebullitio
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 24
• Nel Verbo di Dio tutte le cose sono condotte all’esistenza, in quanto il
Figlio è vita (Gv 1,1-4). Più specificamente, Eckhart propone una teoria
di un duplice grado di produzione nell’essere:
• Bullitio, o generatio ad intra. Effusione intransitiva sub ratione sive
intelligere della sostanza divina in sé, come suo personale auto-
comunicarsi trinitario interiore, retta da un principio di causalità univoca.
• E-bullitio, o generatio ad extra. Effusione transitiva sub ratione
boni sive esse della sostanza divina da sé, come partecipazione da
parte della creatura alla pienezza di Dio, retta da un principio di
causalità analogica.
Dio sotto l'aspetto del bene è principio del traboccare esterno, mentre
sotto l'aspetto del carattere proprio (= sostanza, essere) è principio del
ribollire in se stesso, che si rapporta in modo causale ed
esemplare al traboccare esterno (1)
l'emanazione delle persone in Dio è prioritaria, causa ed
esemplare della creazione
26. Bullitio
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 25
• Bullitio L’orizzonte di sviluppo di questa dinamica originaria è quello di
una assoluta permanenza interiore: l’essere Uno, la monade-Padre, in
sé esce, generandosi riflessivamente nel Figlio come un altro sé in
se stesso, a sé facendo ritorno reditione completa come Spirito
Santo, con il quale riflette su di sé (ab utroque) il proprio amore
generativo. All’uopo Eckhart interpreta l’autoapertura intra-trinitaria
dell’Essere-Uno divino prendendo spunto dalla proposizione prima del
Liber XXIV Philosophorum:
Dice Ermete Trismegisto: ‘La monade genera la monade e riflette il suo
ardore su se stessa’. È dunque chiaro che in Dio, in quanto causa prima
ed esemplare di ogni ente ed essenza, v'è Padre, Figlio e Spirito santo
come amore che procede, ‘e questi tre sono una cosa sola’: una sola
sostanza, un solo essere, un solo vivere, un solo pensare. Ora, in
tutte le cose, che derivano da Dio, nella misura in cui hanno, più o
meno, il sapore del divino, più perfettamente o meno perfettamente, si
trova in generale - fin nell'ultima e nella più infima - in ogni azione e
produzione il Padre, il Figlio e l'amore, cioè lo Spirito che procede (1)
27. Ebullitio
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 26
• Ebullitio La vita divina si manifesta come modello della vita
dell’Essere che secondo un grado di perfezione più o meno elevato,
produce, contiene ed implica in sé la vita dell’essere di tutte le
cose.
La creazione è evento che ha il suo presupposto trascendente
nella dinamica vitale delle relazioni personali intradivine:
Nello stesso momento in cui Dio fu; e in cui generò il Figlio, coeterno a
se stesso e in tutto uguale a Dio stesso, insieme creò anche il mondo.
Giobbe dice: ‘Dio parla una sola volta’. Parla nella generazione del
Figlio perché il Figlio è la Parola; parla anche creando le creature, come
dice il Salmo: ‘Disse, e le cose furono fatte; ordinò, e furono create’.
Perciò dice un altro Salmo (61,12): ‘Parlò Dio una sola volta, ma io ho
sentito queste due cose’. ‘Due’, ovvero cielo e terra, o piuttosto queste
due cose, ovvero la emanazione delle persone e la creazione del
mondo, che tuttavia ‘una volta egli parla’, ‘una volta parlò’ (1)
28. Economia trinitaria
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 27
• Il Verbo, la Parola divina conosce due ambiti di pronuncia, interiore
ed esteriore, il primo parola di pura intelligenza espressa nella
profondità abissale del seno del Padre, il secondo suo incarnarsi nel
mondo, venendo così a mediare tra increato e creaturalità, ed
esprimendo il circolo metafisico di principium et finis (Ap 1,8; 21,13),
identità di Primo e Ultimo (Is 41,4) in cui sono tutte le cose (Rm 11,36).
• La Trinità è fondamento e modello di tutto l’essere: tutta la realtà si
struttura in un inizio che dà origine efficiente, un medio cui è propria
la causalità formale, un termine che finalizza l’economia circolare
quale tri-unità personale estesa per grazia a tutto l’universo:
Da lui, ovvero dal padre: ecco la Persona del Padre e la sua proprietà.
Infatti da lui, ovvero dal Padre, 'prende nome ogni paternità in cielo ed
in terra' Ef 3 (15). Per lui, ovvero il Figlio, secondo Gv 1 (3):'tutte le
cose sono state fatte per lui'. E in lui, nello Spirito santo, proprietà del
quale è che in lui siano tutte le cose, sia in quanto legame, sia in quanto
fine, ovvero ultima Persona - non nell'essere, ma nella origine o
processione (1)
29. Interiorità ed esteriorità dell’essere
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 28
• La vita che è il Figlio, alla quale tutte le creature partecipano, va
concepita innanzitutto – platonicamente – quale pre-sussistenza
eidetica, increata, poi come esistenza concreta e sottoposta alle
accidentalità naturali:
Ogni creatura ha un duplice essere: uno nelle sue cause originarie,
almeno nella parola di Dio, ed è un essere saldo e stabile [...] l'altro è
l'essere esteriore, nella natura, che le cose hanno nella loro forma
propria. Il primo è l'essere virtuale, il secondo l'essere formale, che
è per lo più instabile e variabile (1)
• Il primo essere, sub ratione unius nel Verbo, è quello
ontologicamente più eminente rispetto al secondo molteplice e
frammentato, l’esse hoc vel hoc creatum che in qualche modo è nulla
rispetto al primo.
• La priorità della forma interna, significa primato dell'essere ideale
delle cose. Nella prospettiva di Eckhart infatti il vero essere è quello
nell'anima, non quello del mondo esteriore, fenomenico, che si
identifica con l'ambito di applicazione delle categorie aristoteliche
30. Univocità dell’Essere
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 29
• Eckhart rifiuta una rappresentazione positiva dell’essere creato, nella
sua ipseità, in quanto implicherebbe in qualche modo una sua
“autosufficienza ontologica”, una vita distinta da quella divina. È solo
Dio l’Essere, e, come dice Proclo, “ogni molteplicità partecipa dell’Uno”.
• In questa prospettiva henologica è letta anche la creatio ex nihilo:
Dio dunque ha creato tutte le cose non perché stessero al di fuori,
accanto o al di là di se stesso, al modo degli altri artefici, ma le ha
chiamate dal nulla, ovvero dal non-essere, all'essere, che in Dio
stesso avrebbero trovato, ricevuto ed avuto. Egli, infatti, è l'essere.
Perciò, significativamente, non si dice che ha creato 'dal principio', ma
'in principio' (1)
• Tutto ciò che è fuori di Dio è, ontologicamente, nulla:
Tutte le cose sono un puro nulla. Io non dico che siano minime o
qualcosa: esse sono un puro nulla. Ciò che non ha essere è nulla.
Tutte le creature non hanno essere, giacché il loro essere dipende
dalla presenza di Dio. Se Dio si allontanasse un istante da tutte le
creature, esse diverrebbero nulla (2)
31. Nulla eminenziale di Dio e nulla privativo della creatura
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 30
• Ciò dà luogo ad una “dialettica del duplice nulla” secondo una
circolarità di rapporto giocata sulla predicazione
apofatico/eminenziale di Dio (nei confronti del quale le creature sono
nulla per privazione) o apofatico/privativa della creatura (nei confronti
della quale Dio è nulla per eminenza):
– da una parte il creato perde qualsiasi consistenza ontologica;
– d’altra parte anche la creatura - , in quanto Figlio, in quanto uomo giusto -
trova spazio nella relazione divina:
• Tra generante e generato si stabilisce allora una consostanzialità che
vale per ogni relazione di questo tipo (generazione = effusione formale):
si tratta dell’applicazione di un principio filosofico che
all’analogia sostituisce la correlatività univoca: la generazione
viene ad essere un paradigma che stabilisce una relazione non
circoscritta alla causalità efficiente, ma aperta alla processione
intellettuale, intesa come causalità essenziale.
32. Il «non» interiore luogo tra creato ed increato
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 31
• Tra umanità e divinità si stabilisce allora un principio di
connaturalitas: Dio trova nell’anima umana il vero luogo a lui
proprio per la generazione
Sarà il «fondo dell’anima», increato e increabile, il punto inesteso in
cui tale generazione può verificarsi
• Qui si giocherà soprattutto la dialettica della vita spirituale propria
all’anima: occorre che l’uomo esteriore si annienti nel “nulla” del
suo essere creato, della sua finitezza molteplice, poiché solo
attraverso un tale rigoroso esercizio di spoliazione di sé può giungere a
possedersi pienamente nell'unità indivisa dell’unico e vero Essere,
Dio . Tale connaturalità non è una situazione ontologica data una volta
per tutte, ma compito ed evento che richiede di realizzarsi nella
nascita del Figlio nell’anima, tensione escatologica che è al contempo
risalita “archeologica” all’origine, al principio.
33. Il Fondo dell’anima
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 32
• Come Dio è ricondotto a pura divinitas, gotheit senza nome, così -
analogamente - anche l’anima viene da Eckhart ricondotta ad un
principio a lei ineffabile, un “luogo” agostinianamente a lei intimo più di
quanto essa lo sia a se stessa, un “luogo” in cui in qualche modo Dio è
presente in essa.
• Come dice sant’Agostino: Dio è più vicino all'anima di quanto essa lo
sia a se stessa. La vicinanza tra Dio e l'anima non lascia spazio a
distinzione, in verità (1)
• La conoscenza con cui Dio si conosce interiormente è la conoscenza di
ogni spirito distaccato, e non altra. L'anima prende il proprio essere
direttamente da Dio, e perciò Dio è più vicino all'anima di quanto essa lo
sia a se stessa e perciò Dio è nel fondo dell'anima con tutta la sua
Divinità […] L'interiorità è ciò che risiede nel fondo dell'anima, nella
parte più interna dell'anima, nell'intelletto, che non esce mai, che non
guarda alcuna cosa (3)
34. «grunt der sêle»
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 33
• Tale “luogo” è spesso da Eckhart designato quale “fondo
dell’anima”, grunt der sêle, attraverso un percorso apofaticamente
ascendente volto ad oltrepassare le potenze dell’anima (volontà e
talvolta intelletto) per concludersi nel punto in cui può instaurarsi una
tangenza con Dio .
Vi è nell'anima qualcosa in cui Dio è nudo, e i maestri (Avicenna,
Agostino) dicono che quel qualcosa è senza nome, non ha nome
proprio. E, e tuttavia non ha essere proprio, perché non è né questo
né quello, né qui né là; infatti è ciò che è in un altro, e quello in questo.
Ciò che è lo è in quello, e quello in questo, giacché quello fluisce in
questo e questo in quello. È qui, dice san Paolo, che dovete
abbandonarvi in Dio, nella beatitudine! Infatti è qui che l'anima
prende tutta la sua vita e il suo essere; da qui assume la sua vita e il
suo essere, dato che questo qualcosa è totalmente in Dio, mentre il
resto dell'anima è all'esterno.
35. Increaturalità divina del fondo dell’anima
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 34
Grazie a questo qualcosa l'anima è sempre in Dio, a meno che non lo
porti all'esterno o non lo spenga in se stessa. Un maestro dice che
questo qualcosa è tanto presente a Dio che non può mai distogliersi da
lui, e Dio gli è sempre presente e interiore (Agostino, La Trinità, 14,7,9 e
18). Io dico che Dio eternamente, senza posa, è stato in questo
qualcosa, e che l'uomo, in esso, è tutt'uno con Dio. Non vi è qui
alcuna grazia, perché la grazia è cosa creata, e qui creatura alcuna
non ha niente a che fare: infatti nel fondo dell'essere divino, dove le
tre Persone sono un solo essere, l'anima è una con Dio secondo
questo fondo (1)
• Eckhart sposta le dinamiche della relazione intratrinitaria a quella
teandrica, partendo dal postulato che il fondo dell’anima sia increato,
e quindi in qualche modo esso stesso divino: questo fundus animae
dove l’uomo sperimenta la sua unità con Dio, risulterebbe quindi
portatore per essenza degli stessi attributi divini.
36. Il luogo nascosto dell’anima
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 35
• Eckhart parla di questo luogo in termini di potenza, di forza, ma
soprattutto come qualcosa di misterioso e nascosto, precluso a
qualsiasi conoscenza positiva e qualsivoglia commistione con le realtà
create.
C’è però qualcosa che sta sopra l’essere creato dell’anima, e che non è
toccato da alcuna creaturalità – la quale è nulla […] Esso è
imparentato alla natura divina, è uno in se stesso, non ha nulla in
comune con alcuna cosa (1)
• La realtà essenziale di questo luogo costituisce altresì l’apice della
mente (apex mentis), e viene allegorizzata con termini legati al campo
semantico della luminosità, come luce dello spirito o scintilla animae
– Tale dottrina è comune a molti maestri medievali e risale alla tradizione
platonica e stoica . Eckhart stesso, nel trattato Dell'uomo nobile, rimanda a
Origene, accanto a Cicerone e Seneca, parlando di «seme divino in noi» ;
ma si dovrebbe anche aggiungere l'influenza di Agostino (La Trinità 14) e di
Proclo
37. Scintilla animae fondamento della «compenetrazione intellettuale»
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 36
Ho detto altre volte che c'è nello spirito una potenza che sola è libera.
A volte ho detto che è una custodia dello spirito, a volte ho detto che è
una luce dello spirito, a volte ho detto che è una piccola scintilla (1)
• La dottrina della scintilla dell'anima permette a Eckhart di pensare la
partecipazione dell'uomo all'essere divino, partecipazione che è di
natura eminentemente intellettuale: «L'anima ha in sé qualcosa, una
piccola scintilla dell'intelligenza che mai si spegne», dirà il Turingio
nella Predica 76.2.
• In quanto Dio è intelletto, lo è anche la scintilla, ma lo è solo
nell'unità con Dio:
dal punto di vista dell'uomo, l'intelletto è pura possibilità di questa
unione, e dunque «nulla» (2)
in quanto si unisce al fondo della Divinità, che è senza nome, anche
la scintilla è senza nome, e in ciò si compie la fusione, o
compenetrazione (durchbruch) con la Divinità stessa.
38. Unicità dell’Unità
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 37
• L’evoluzione teorica di E., forse dovuta alla lettura di Proclo o ad una
accentuazione della componente dionisiana, lo porterà infatti ad una
ulteriore elaborazione del luogo dell’unione tra Dio ed anima, che sarà
sempre più connotato in termini henologici.
– Quello che prima era “scintilla”, “luce” sarà sempre più l’“Uno” nell’anima
– Pertanto l’unione dell’anima a Dio sarà pensata come l’unità dell’Uno
nell’Uno dell’anima
• Ein einic ein (un unico Uno) - è la forte espressione che Eckhart usa
spesso per indicare l'essenziale unità tra il fondo dell'anima, la sua
«scintilla» e il profondo della Divinità:
Questa scintillina è così affine a Dio da essere con lui un unico Uno,
senza distinzione, portando in sé l'immagine di tutte le creature -
immagine senza immagine e al di sopra dell'immagine (1)
• L’unione a Dio è unità Dio-Uomo nell’Uno, è unità del Fondo di Dio
e Fondo dell’anima. L’Uno è al contempo luogo proprio di Dio e luogo
eminente dell’anima: in esso si attua l’identità apofatica ed assoluta
tra anima e Dio, come egli esprime nella predica 29.
39. Unità vs. unione
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 38
• Nella Predica 12 viene sottolineato come tale comunione vada espressa
come unità, “Unione pura”, nella misura in cui il termine unione dice
ancora una distinzione tra ciò che unisce e ciò che vi si unisce: il
«qualcosa dell’anima» è così affine a Dio che è uno, non unito a lui:
… come ho detto spesso, vi è nell'anima qualcosa di tanto legato a Dio
da essere uno, e non unito. È uno, non ha niente in comune con nulla,
e non ha niente in comune con il creato. Tutto quello che è creato, è
nulla. Ora, esso è lontano ed estraneo a ogni cosa creata.
Se l'uomo fosse tutto quanto così, sarebbe totalmente increato e
increabile, se tutto quello che è corporeo e difettoso fosse in tal modo
compreso nell'Unità, non sarebbe altro che ciò che è l'Unità in se stessa
(1)
40. Fondo dell’anima come potenza generativa divina
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 39
• Nella predica 2 il Fondo è caratterizzato in termini neoplatonici come
«Uno unico»:
Ma ora dico: non è né questo né quello, ma è qualcosa più elevato al di
sopra di questo e di quello di quanto il cielo sia al di sopra della terra [...]
È libera da ogni nome, priva di ogni forma, libera e distaccata come
Dio stesso è libero e distaccato. È anche una e sufficiente a se
stessa come Dio è uno e sufficiente a se stesso, in modo che non si
riesce assolutamente a gettarvi lo sguardo. Questa potenza di cui ho
parlato, nella quale Dio fiorisce e verdeggia con tutta la sua divinità, e lo
spirito in Dio, in questa stessa il Padre fa nascere il suo unico Figlio
come in se stesso, giacché egli vive veramente in questa potenza,
e lo Spirito genera insieme col Padre lo stesso Figlio unigenito e
se stesso quale figlio, ed, in questa luce, è lo stesso Figlio e la
verità (1)
Eckhart stabilisce quindi una proporzionalità diretta tra
generazione divina ab intra (essere di Dio) e generazione divina ab
extra (fondo dell’anima).
41. La nascita del Logos
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 40
• Tale partecipazione coincide con la nascita del Logos nell'anima, e
perciò la scintilla dell'anima significa unità con Dio solo in quanto essa
scaturisce, come il Figlio, da Dio, e, come il Figlio, a Dio ritorna.
Uscendo da Dio, la scintilla non è creata, ma generata; nell'unità con
Dio non è né fatta né generata
• L’incarnazione perde allora il suo significato storico per divenire
modello e paradigma di ogni nascita del Figlio nel fondo
dell’anima:
La nascita non avviene una volta all’anno, né una volta al mese, né
una volta al giorno, ma di più: in ogni tempo (1)
• La parola espressa e quella eterna ed originale si incontrano nell’unica
nascita, la «nascita eterna» (cf. Faggin):
– nascita di un Figlio carnale da un Verbo eterno per bontà e natura
– nascita di un Verbo eterno da un uomo carnale diventato Figlio per
distacco e grazia.
42. La generazione teandrica
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 41
• Non vi è più quindi ragione per stabilire distinzioni assolute tra il Verbo
eterno, Figlio di Dio e il Verbo generato nel fondo dell’anima,
eternamente, in ogni istante dall’uomo distaccato, giusto povero.
• Fondo dell’anima e fondo di Dio partecipano entrambi della stessa
natura, divina e dinamica, perché il verbo che nasce nell’anima fa sì
che l’anima possa generare lo stesso verbo:
Perché Dio è diventato uomo? Perché io venga generato come lo
stesso Dio. Dio è morto perché io muoia al mondo intero e a tutte le
cose create. È così che bisogna intendere la parola di Nostro Signore:
Tutto quello che ho udito dal Padre mio, ve l'ho manifestato. Cosa ode il
Figlio dal Padre? Il Padre non può fare altro che generare, il Figlio
non può fare altro che esser generato. Tutto quello che il Padre ha e
che è, l'abisso dell'essere e della natura divina, tutto egli genera nel
Figlio suo unigenito. È questo che ode il Figlio dal Padre, è questo che
egli ci ha manifestato, perché siamo lo stesso Figlio. Tutto quello che
il Figlio ha, lo ha dal Padre, essere e natura, perché siamo il medesimo
Figlio unigenito.
43. Spazio mistico come luogo di realizzazione dell’evento divino
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 42
• Nessuno ha lo Spirito santo, se non è il Figlio unigenito. Dove lo
Spirito santo viene spirato, là lo spirano il Padre e il Figlio, perché esso
è essenziale e spirituale […] Così è anche per l'uomo che è il Figlio
unigenito: in lui lo Spirito santo permane in modo essenziale (1)
▼
Nella predicazione eckhartiana non si dà tanto forma a un dato di fede, o a
una definizione essenziale di Dio, ma si esprime un processo
dinamico che coincide con il movimento stesso del logos.
Predicare l’avvento della nascita del logos nel fondo dell’anima vuol
dire far avvenire quell’evento, dargli spazio nell’ora presente in cui
tutto il tempo si raccoglie.
44. Le due facce dell’anima
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 43
La dialettica esteriore-interiore che caratterizza il raggiungimento del
fondo tradisce l’agostinismo dell’antropologia eckhartiana, reso evidente
soprattutto dalla teoria delle «due facce dell’anima».
1. La prima faccia è rivolta verso il mondo, verso il corpo, campo
dell’esteriorità e del pensiero centrifugo.
2. La seconda faccia è rivolta direttamente verso Dio: è l’abditum
mentis di Agostino, all’opera nell’interiorità più recondita, un intelletto
che vive la stessa vita di Dio e che giace in quel Fondo segreto che
Eckhart chiama ad esempio «piccola scintilla dell’anima»:
… in questa scintilla, in quanto parte superiore dello spirito, si situa
l'immagine dell'anima. Però nelle nostre anime c'è anche una
conoscenza rivolta verso le cose esteriori, ovvero la conoscenza che
si attua attraverso i sensi e l'intelletto, con rappresentazioni e
concetti, ed essa ci nasconde quell'altra (1)
45. Le due facce dell’anima e i due tipi di intelletto
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 44
• Eckhart traspone la teoria agostiniana delle due facce dell’anima
nella formulazione albertiana delle due parti dell’intelletto, agente e
possibile
• Due appaiono gli orientamenti eckhartiani in merito al rapporto tra
Intelletto e Fondo dell’anima:
1. nel primo, in cui egli sembra vicino ad Alberto, l’intelletto agente
risulta emanato dall’essenza dell’anima
2. nel secondo egli, facendo coincidere l’intelletto con la luce increata,
fa della conversione intellettuale dell’anima nell’Immagine e al di là
di essa un processo nel quale ciò che è generato non è altri se non
Dio.
In quest’ultimo caso Eckhart presenta, come Teodorico, l’intelletto
agente come emanato da Dio stesso in Dio.
46. Spiritualità dell’«interiorità intellettuale»
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 45
• Facendo di Dio stesso il luogo essenzialmente nascosto dell’anima, e al
contempo il luogo di emanazione intellettuale, Teodorico ed Eckhart
offrono, ciascuno alla sua maniera, una teoria dell’interiorizzazione
assoluta della vita divina
• È questo il progetto comune e fondamentale dell’intera teologia
renana, che vuole realizzare, fondere e portare a compimento nel grado
massimo la tradizione latina, greca ed arabo-peripatetica
– Innovatori sul piano della noetica, le cui dottrine ereditano da Avicenna e
Alberto – i renani restano comunque, da un punto di vista antropologico,
tradizionalisti, fedeli ad Agostino
• La relazione tra Dio e uomo è quindi eminentemente conoscitiva:
ciò che è annunciato dalla fede è portato a compimento nella
misura in cui non è più solo creduto, ma saputo ,
▼
la stessa Scrittura può essere spiegata
“per rationes naturale philosophorum” (1)
47. Intelletto e volontà (conoscenza e beatitudine/amore)
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 46
• Se tuttavia un gruppo di sermoni afferma la preminenza della
conoscenza sull’amore, o dell’intelletto sulla volontà, un altro gruppo è
volto a mostrare come la beatitudine non sia né nell’uno né nell’altra,
ma in qualcosa di più elevato, ossia nel Fondo dell’anima.
– La beatitudine dell’anima è reale laddove Dio è assolutamente nel proprio
essere, di là da ogni modo particolare, per cui essere puro di Dio ed essere
puro dell’anima si unificano in un unico Uno.
• Eckhart ha esposto la sua dottrina della beatitudine insistendo talora
sullo strumento della penetrazione, l’intelletto, tal altra sul termine
finale, il Fondo dell’anima:
– i due aspetti spesso coesistono, prova ne sia che spesso Eckhart
corregge o bilancia un tema con l’altro nel corso di un solo Sermone
• L’idea comunque è quella che, se spetta all’intelletto di trascendere i
pensieri per condurre l’anima nel suo Fondo, egli deve alla fine perdersi
esso stesso in quanto tale, negato come mediazione verso un non-essere
a lui anteriore
– Pertanto, anche se alcuni sermoni fanno coincidere Intelletto e Fondo
dell’anima, l’intelletto è chiaramente distinto dal Fondo dell’anima
48. Intelletto e Fondo dell’anima
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 47
• La Predica 26 distingue ad esempio la parte superiore dell’anima e
l’intelletto: dalla prima fluiscono intelletto e volontà, ma la perfezione
di queste due potenze si trova nell’Intelletto:
I maestri (=domenicani) dicono che dalla parte più alta dell'anima
fluiscono due potenze. La prima è la volontà, la seconda l'intelletto. Il
compimento supremo di queste forze sta in quella superiore, che è
l'intelletto. Esso non trova mai requie. Non tende a Dio in quanto egli è
Spirito santo, e neppure in quanto è Figlio: esso fugge il Figlio. Non
vuole neppure Dio, in quanto Dio. Perché? Perché così ha ancora un
nome. Se vi fossero mille dèi, andrebbe ancora oltre, giacché lo vuole
dove non ha alcun nome. Vuole qualcosa di più nobile, di migliore di
Dio, in quanto ha un nome. Cosa vuole allora? […] Lo vuole in quanto
è Padre (1)
• Ciò che l’Intelletto vuole è aprirsi un varco dove Dio non ha nome, il
che trinitariamente corrisponde al Padre:
– All’Intelletto pertanto spetta di unirsi a Dio dapprima nell’Immagine – il Figlio
– , per poi andare innanzi penetrando nel Fondo
49. L’Intelletto come Luce
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 48
• Eckhart parla di “luce dell’intelletto”, sulla scorta della luce che in
Alberto caratterizza la conoscenza di fede teologale:
quando l’anima si dedica alla conoscenza dell’autentica verità, alla
potenza semplice grazie alla quale si conosce Dio, l’anima è chiamata
una luce. E pure Dio è una luce, e quando la Luce divina si travasa
nell’anima, l’anima è unita a Dio come una luce a una Luce, essa è
chiamata Luce di fede (1)
• L’intelletto è luce: in Eckhart, a differenza di Alberto, la conoscenza di
fede ‘luminosa’, ossia il contatto dell’intelletto agente umano con
Dio, diviene presenza della Luce divina nell’anima come luce di
conoscenza.
– Questo secondo una “scala luminosa gerarchica” per la quale la luce
dell’intelletto è superiore alla luce naturale, la luce di grazia è superiore alla
luce dell’intelletto, infine la Luce divina è superiore alla luce di grazia.
50. Progressione intellettuale come ascesa luminosa
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 49
Con il secondo amore di Dio, che è spirituale, Dio fluisce nell'anima e
nell'angelo. Ho detto in precedenza che la creatura dotata d'intelligenza
deve esser mossa fuori di se stessa da una luce che sta al di sopra di ogni
luce naturale. Tutte le creature provano gioia nella loro luce naturale, tanto
che deve esserci qualcosa di più elevato che le tragga fuori: una luce di
grazia. Nella luce naturale l'uomo prova gioia in se stesso, ma la luce della
grazia, indicibilmente più grande, toglie all'uomo la sua gioia propria e lo
attira in sé. […] Ora, non si può amare Dio senza prima conoscerlo.
Infatti, per essere avvicinato al punto essenziale che è Dio, situato al
centro, ugualmente lontano e ugualmente vicino a tutte le creature, il
mio intelletto naturale deve essere tratto fuori da una luce al di sopra di lui.
[…] Se allontano da tutte le cose il mio intelletto, che è una luce, per
dirigerlo direttamente verso Dio, che incessantemente si effonde con la sua
grazia, esso viene illuminato e unito dall'amore, conoscendo così e amando
Dio come è in se stesso. Da ciò apprendiamo come Dio si effonda nelle
creature intelligenti con la luce della grazia, e come dobbiamo, col nostro
intelletto, avvicinarci a questa luce di grazia, sottratti a noi stessi ed
elevati in quella luce che è Dio stesso (1)
51. Il cammino mistico: Grazia e aptitudo passiva
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 50
• Tale cammino mistico consiste quindi in una progressiva purificazione
della ragione, esprimibile come da un lato come aptitudo activa,
essenzialmente distacco dalla natura creata (abegescheindenheit),
dall’altro come aptitudo passiva (gêlazenheit), abbandono alla grazia
divina.
aptitudo passiva
• La grazia è (tradizionalmente) distinta da Eckhart in grazia prima o
discendente (gratia gratis data) e grazia seconda o ascendente
(gratia gratum faciens).
La prima grazia consiste in un certo efflusso uscito da Dio. La seconda
consiste in un certo riflusso, ovvero ritorno in Dio stesso (1)
52. Fluxus et refluxus
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 51
• È nell’incarnazione del Verbo che è compiuta la connessione tra le due
forme di grazia: nel Figlio infatti il fluxus si converte in refluxus,
attuando pienamente quella legge metafisica di manenza-processione-
ritorno che governa l’intero creato o, meglio, la circumcessio trinitaria
che da Dio si estende all’universo (impulso efficiente) in virtù della
grazia dell’Incarnazione (plasmazione formale) e della conseguente
spirazione divina (ricongiunzione finale):
Il Padre, dal quale tutte le cose sono in effetto, il Figlio, per il quale tutte
sono nella forma, lo Spirito santo, nel quale tutte sono nel fine [...] se dal
Padre tutto, per il Figlio tutto, nello Spirito santo tutto, è chiara la loro
uguaglianza. Infatti le medesime [e tutte] cose non deriverebbero da
ogni Persona, se le Persone non fossero uguali e lo stesso, ovvero uno
solo (1)
53. Dio come movimento perfetto ed eterno
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 52
• Da Dio procedono tutti gli esseri in lui precontenuti attraverso il Figlio, a
Dio essi saranno ricongiunti mediante la grazia dello Spirito Santo, e
saranno resi perfetti. In questa prospettiva, l’inizio è nella fine e la fine
è nell’inizio
In principio, significa un inizio di tutto l'essere. Inoltre è un termine di
tutto l'essere, giacché il primo principio è in vista dello scopo finale. Dio
stesso non riposa là dove egli è il primo inizio, ma riposa là dove
egli è scopo finale e quiete di tutto l'essere; non come se questo
essere venisse annientato, perché là viene invece compiuto nel suo
scopo ultimo, secondo la più alta perfezione (1)
• La dialettica agostiniana di aversio-conversio dei come dialettica di
minus-magis esse è reinterpretata da Eckhart attraverso il tema della
«sapienza che pur rimanendo in se stessa tutto rinnova» .
Le creature sono sempre nell’inizio della loro creazione. E questo è quel
che qui è scritto. ‘In principio Dio creò il cielo e la terra’. Nel momento in
cui compie e finisce, comincia, perché la fine è l’inizio, e nel momento
in cui comincia, finisce e compie, perché l’inizio è la fine (2)
54. Filiazione adottiva
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 53
• Questo modello generativo risponde ad un principio di unità compiuto
nel Verbo, causa formale di Dio (forma formarum, dator formarum) : il
Cristo è la prima generazione della natura divina e al contempo meta
ultima della natura creata, secondo il senso della paolina restauratio
omnia in Cristo (Ef 1,10; Col 1,20).
• Sulla scorta dei Padri Greci, e dell’Eriugena loro interprete, anche Eckhart
percepisce una strettissima implicazione ed una simmetricità tra
evento (oggettivo) dell’Incarnazione di Dio e (soggettivo) della
deificazione dell’uomo (e del cosmo intero con lui).
• Tramite l’Incarnazione prima e la Resurrezione poi del Figlio è compiuto il
circolo unitario dell’Essere, in ragione del quale si diventa Figli nel Figlio,
nel solco della dottrina tradizionale della “filiazione adottiva”
• il primo frutto dell'Incarnazione del Verbo, che è il Figlio di Dio per
natura, è che noi siamo figli di Dio per adozione. Poco infatti sarebbe
per me il Verbo fatto carne per l'uomo in Cristo, persona da me distinta,
se non fosse fatto carne anche in me personalmente, in modo che
anche io sia figlio [...] Questo significa: ‘Il Verbo si è fatto carne ed ha
abitato tra noi’ (1)
55. Ontologia della filiazione adottiva
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 54
• Questa è la dialettica soteriologica innescata dall’Incarnazione,:
Cur deus homo'? «Perché io venga generato come lo stesso Dio (1)
Dio assunse la nostra veste, in modo da essere uomo davvero,
propriamente e sostanzialmente, e l'uomo, Dio in Cristo. Ma la natura
assunta è comune a ogni uomo, senza meno o più. Perciò è stato
dato a ogni uomo di diventare figlio di Dio, in lui essenzialmente, in
se stesso in modo adottivo, tramite la grazia. Dunque siate rivestiti,
piuttosto che indossate, non dall'esterno, esteriormente, ma
interiormente, in modo ricettivo. Infatti si chiama induitio per il fatto che
è intus [...] Induimini, dunque, perché ‘la parola all'inizio’ (Gv 1,1),
giunge fino all'intimo di Dio, nel Padre, ‘nel grembo del Padre’, nella sua
fonte, nel suo abisso più profondo (2)
56. Distacco e Aptitudo activa
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 55
• Con la missione del Figlio tutta la creazione è chiamata a rifluire in
seno all’Unità del’Essere divino, ossia a ripristinarsi nella sua
perfezione primigenia.
– Sulla scorta del motivo agostiniano dell'inquietudine del nulla e del
conseguente appetito d'essere, e mutuando dalla fisica aristotelica la
dottrina del luogo naturale, per Eckhart tutto il creato è attraversato da un
incessante desiderio dell'essere che lo volge al luogo di una quiete -
l'Essere, Dio - quale termine di stabile fondazione ontologica
• In tale ottica, ed erede dell'imperativo mistico plotiniano dell'aphèle
pánta nel senso di ablatio alteritatis, la nozione eckhartiana di
distacco marca nel profondo il leit-motiv del suo insegnamento mistico-
spirituale ( prologo)
• In altre parole il “nulla” della condizione perfettamente distaccata
dell’uomo replica il medesimo Nulla divino: Dio stesso, infatti, è in
sé distacco, e nel distacco possiede la radice della sua intera divinità
Dio è Dio per il suo distacco immutabile, ed è proprio dal distacco
che egli ha la sua purezza, la sua semplicità, la sua immutabilità (1)
57. Distacco e penetrazione intradivina
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 56
• Quanto più l'anima in sé da sé esce dalla molteplicità delle proprie
rappresentazioni e immagini, tanto più Dio si genera in essa:
Perciò io dico che, se l'uomo si distoglie da se stesso e da tutte le
cose create - quanto fai ciò, tanto vieni reso uno e beato nella piccola
scintilla dell'anima, che mai tocca tempo né spazio. Questa scintilla
rifiuta tutte le creature e non vuole altro che Dio, senza veli, come egli è
in se stesso. Non le bastano né il Padre, né il Figlio, né lo Spirito
santo, e neppure le tre Persone insieme, in quanto ciascuna
permane nella sua particolarità. Io dico in verità che a questa luce
non basta neppure l'unicità del fecondo seno della natura divina. Anzi,
voglio dire ancora di più, qualcosa che suona ancor più stupefacente:
dico, nella buona verità, nell'eterna verità, nella verità che sempre
permane, che a questa luce non basta il semplice, tranquillo essere
divino, che non dà né riceve; ma vuole sapere donde provenga
questo essere. Vuole penetrare nel semplice fondo, nel silenzioso
deserto, dove mai distinzione alcuna ha gettato lo sguardo, né Padre,
né Figlio, né Spirito santo.
58. Abissalità del distacco
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 57
Nell'interiorità più profonda, dove nessuno abita, là soltanto trova
soddisfazione questa luce, e là essa è più intimamente di quanto non lo
sia in se stessa; infatti questo fondo è un semplice silenzio, immobile
in se stesso; ma da questa immobilità vengono mosse tutte le cose e
vengono accolte tutte quelle vite che vivono in se stesse di vita
intellettuale (1)
• È la predica 71 il sermone più apofatico di E., in cui la «visione di
niente» di San Paolo diviene prototipo di ogni rappresentazione della
teomorfosi dell’anima: la visione paolina, in cui non vi è più soggetto
ed oggetto, rappresenta la «nientificazione» dell’intelletto totalmente
annientatosi in Dio. Dio quindi non si possiede, ma in lui ci si
abbandona in un «modo senza modo», in lui ci si perde e lo si perde,
liberando lo stesso «Dio in Dio»: At 9,8: «Paolo si alzò da terra e con gli
occhi aperti vide nulla».
59. La visione del «nulla»
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 58
Ancora altro intende quando dice: vide il nulla. I nostri maestri dicono
che quando si conosce qualcosa degli oggetti esteriori, qualcosa si
insinua in noi, almeno un'impressione. Se voglio avere un'immagine di
una cosa, ad esempio di una pietra, io attiro in me ciò che ha di più
grossolano, prendendolo dal suo aspetto esteriore. Quando però è nel
fondo della mia anima, allora è nella forma più alta e nobile, niente altro
che un'immagine. Attraverso tutto quello che la mia anima conosce di
esteriore, qualcosa di estraneo penetra in essa; ma di ciò che delle
creature io conosco in Dio, niente penetra nell'anima se non Dio solo,
perché in Dio non vi è altro che Dio. Quando conosco in Dio tutte le
creature, le conosco come un nulla. Vide Dio, in cui tutte le creature
sono un nulla (1)
60. Sunder Warumbe
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 59
• Il distacco si traduce, esistenzialmente, in un’agire privo di finalità
propria: è l'opera 'senza perché', compiuta senza l'io sottomesso al
legame spazio-temporale, alla dipendenza dei contenuti finiti,
all'utile personale del hic et nunc:
appartiene propriamente a Dio di operare ogni cosa in vista di se
stesso, ovvero egli non considera altro 'perché' fuori di se stesso, ma
ama ed opera tutte le cose per se stesso (1)
Se l'uomo ama Dio e tutte le cose, ed opera le opere non per una
ricompensa, per una soddisfazione o per onore proprio, ma solo
per Dio e per l'onore di Dio, questo è un segno sicuro che egli è
Figlio di Dio
• L’uomo giusto non ama né questo né quello di Dio e anche se Dio gli
donasse la sua intera sapienza, poco a lui importerebbe:
poiché egli non vuole e non cerca nulla, dal momento che non
conosce un perché per amor del quale sarebbe disposto a fare una
qualsiasi cosa allo stesso modo con cui Dio opera senza un perché e
non conosce alcun perché (2)
61. Eversività/Libertà assoluta dell’agire incondizionato
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 60
• Di qui il rifiuto di ogni utilitarismo religioso - che costò ad Eckhart la
condanna - che riduce Dio a principio di soddisfazione di volizioni,
bisogni, desideri, relativi all'utilità e all'interesse particolare dell'io finito
oggettivandolo così in un perché strumentale:
tutte le cose hanno un perché, ma Dio non ha perché, e l'uomo che
chiede a Dio qualcosa di diverso da lui stesso, fa di lui un ‘perché’
(1)
• Nel nulla del distacco come rinuncia e fuoriuscita da tutto ciò che è
'proprio' nel senso dell'io psicologico accidentalmente determinato,
consiste la vera esperienza dello spirito, coincidente con la
costituzione essenziale del soggetto, con la sua originaria libertà
nell'essere e in tutte le cose:
Chi fosse cosi uscito da se stesso, sarebbe reso a se stesso in modo
più vero, e tutte le cose abbandonate nella molteplicità gli sono del
tutto rese nella semplicità, giacché egli ritrova se stesso e tutte le
cose nell'istante presente della Unità. Quest'uomo vive allora in
una perfetta libertà (2)
62. Eterna circolarità interior/exterior
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2010-2011 - Corso di Laurea Triennale
Unità didattica M5: Meister Eckhart - Scheda 61
• Si tratta allora non di rifiutare il valore delle opere per rifugiarsi in una
deriva quietistica. E, al contrario esorta alla dimensione della praxis:
non si deve sfuggire alla propria interiorità […] o rinunciarvi, ma si
deve imparare ad agire in essa, con essa, attraverso essa, in modo
tale che l’interiorità si manifesti nella operazione esteriore, e
l’operazione esteriore conduca nella interiorità (1)
• Nel grunt il rapporto tra l'anima e Dio non si dà più in termini di
assimilatio, bensì d'irrompimento reciproco dell'uno nell'altra.
Questo irrompere (durchbrechen) dell'anima nel grunt implica la fine
di ogni volere, di ogni conoscenza e desiderio;
La nuda essentia dell'anima si sottrae a qualsiasi determinazione
ontologica sia essa creaturale che divina poiché in essa si realizza il
"ritorno" dello stesso grunt divino a se stesso.
L’uomo distaccato, divino, sta presso le cose e non nelle cose,
agisce non secondo il tempo, ma secondo l’eternità.