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RIASSUNTO
Introduzione – Secondo il modello della food addiction (FA) gli
episodi di alimentazione in eccesso sono il risultato di un processo
fisiologico sotteso, equivalente a quello responsabile delle
dipendenze. Le persone con FA sarebbero biologicamente
vulnerabili a certi alimenti (tipicamente zuccheri e grassi) e,
diventando dipendenti da essi, sarebbero incapaci di controllare la
quantità della loro assunzione. Non c’è comunque accordo tra i
sostenitori del modello della FA, se esso sia una dipendenza da
una sostanza oppure una dipendenza comportamentale. Scopo –
Lo studio FODRAT (Food Addiction, DRugs, Alchool and Tobacco)
ha come obiettivo la valutazione della prevalenza di FA tra gli
utenti dei servizi per le dipendenze, con riferimento al tipo di
sostanza primaria di abuso, età, peso corporeo, sesso. Materiali
e Metodi – È stato impiegato un questionario composto dall’YFAS,
da una sezione riportante una lista di cibi a diverso indice
glicemico, e da una sezione nella quale venivano richiesti alcuni
dati aggiuntivi del paziente (età, altezza, sesso, peso corporeo e
sostanza d’abuso). I criteri di inclusione sono stati: disturbo da
sostanze legali (alcol e fumo) e illegali (eroina, cocaina, THC e
altro) anche in trattamento, maggiorenni e afferenti ai servizi per
le dipendenze. Risultati – Abbiamo osservato una prevalenza di
FA: in paziente eroinomani, cocainomani e utilizzatori di cannabis
rispetto alla popolazione generale, nei poliassuntori rispetto ai
monoassuntori e nelle femmine rispetto ai maschi. I risultati negli
alcolisti, tabagisti e riguardo il BMI non hanno conferito
significatività statistica. Conclusione - La dipendenza da cibo
sembra funzionare alla stessa stregua di altre dipendenze, sembra
emulare gli stessi meccanismi che giustificano l’alta prevalenza
riscontrata nel campione di pazienti studiato. I dati suggeriscono
una sovrapposizione sostanziale tra i profili di abuso da sostanze
e dipendenza da cibo.
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI VERONA
Corso di Laurea Magistrale a ciclo unico in
Medicina e Chirurgia
Sede di Verona
Studio FODRAT (FOod Addiction, DRugs, Alchool and Tobacco):
dati preliminari sulla prevalenza della food addiction nei
tossicodipendenti
Relatore
Ch.mo Prof. R. Leone
Correlatore
Prof. F. Lugoboni
Prof. B. Tinghino
Laureanda
Siriana Giusti VR385055
Anno Accademico 2017/18
INDICE
1. INTRODUZIONE............................................................ 1
1.1 IL TERMINE ADDICTION ................................................1
1.2 EATING DISORDER E FOOD ADDICTION ..........................2
1.3 DIPENDENZA COMPORTAMENTALE – FOOD ADDICTION.....5
1.4 SISTEMA DI RICOMPENSA ALIMENTARE: PROSPETTIVE
CORRENTI E FUTURE..........................................................9
1.5 OBESITÀ E FOOD ADDICTION ......................................12
1.6 SUGAR ADDICTION ....................................................14
1.7 CIBI GRASSI E FOOD ADDICTION .................................15
1.8 DIPENDENZA COMPORTAMENTALE O DA SOSTANZE?......17
1.9 YALE FOOD ADDICTION SCALE (YFAS) ..........................19
1.10 PREVALENZA DI FOOD ADDICTION NELLA POPOLAZIONE
GENERALE......................................................................22
1.11 CORRELATI NEUROBIOLOGICI DELLA FOOD ADDICTION 23
1.11.1 COCAINA E CIBO: STESSA RETE NEURALE? ...........25
1.11.2 RESISTENZA INSULINICA E D2/D3........................26
1.11.3 CERVELLO, OBESITA’ E DIPENDENZA: GLI STUDI DI
NEUROIMAGING ...........................................................27
1.12 FOOD CRAVING........................................................29
1.13 FOOD ADDICTION E ALTRE DIPENDENZE .....................32
2. SCOPO DELLA TESI..................................................... 34
3. MATERIALI E METODI ................................................ 35
3.1 CRITERI DI ARRUOLAMENTO E CENTRI PARTECIPANTI ....35
3.2 DISEGNO DELLO STUDIO E METODOLOGIA DI RACCOLTA
DEI DATI ........................................................................37
3.3 QUESTIONARIO .........................................................38
3.4 ELABORAZIONE DEI DATI E ANALISI STATISTICA ...........39
4. RISULTATI ................................................................. 41
4.1 DATI DEMOGRAFICI DEL CAMPIONE..............................41
4.2 DATI TOSSICOLOGICI.................................................43
4.2.1 ALCOLISTI VS POPOLAZIONE GENERALE .................47
4.2.2 COCAINOMANI VS POPOLAZIONE GENERALE ...........48
4.2.3 EROINOMANI VS POPOLAZIONE GENERALE .............49
4.2.4 TABAGISTI VS POPOLAZIONE GENERALE.................50
4.2.5 UTILIZZATORI DI CANNABIS VS POPOLAZIONE
GENERALE ...................................................................51
4.2.6 MONO ASSUNTORI VS POLI ASSUNTORI .................52
5. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI .................................. 53
6. BIBLIOGRAFIA ........................................................... 57
7. ALLEGATI ................................................................... 71
1
1. INTRODUZIONE
1.1 IL TERMINE ADDICTION
Per lungo tempo si è usato il termine di “tossicodipendenza”,
riferito all’uso di droghe illegali. Successivamente questo è stato
spesso sostituito dal concetto di “dipendenza patologica”, che
nella letteratura viene frequentemente riferito come Addiction.
Secondo la ASAM, la Società Americana di Medicina delle
Addiction, la dipendenza è una malattia neurobiologica cronica
con fattori genetici, psicosociali e ambientali che influenzano il
suo sviluppo e le sue manifestazioni [1].
Secondo West e Brown [2], l’addiction è quella condizione di
dipendenza in cui i bisogni individuali vogliono assolutamente e
immediatamente essere soddisfatti, e questo forte bisogno
compulsivo si identifica col craving, l’elemento comune a tutte le
dipendenze.
Il craving è un fenomeno complesso che consiste nella
percezione forte del desiderio di usare una sostanza o agire un
comportamento, correlato a impulsività e alla perdita del
controllo. La sua misura è soggettiva [1].
La parola addiction deriva dal latino addictus, che indicava una
persona diventata schiava per i debiti che non pagati. Anche la
dipendenza fisiologica dal cibo (tutti viviamo perché mangiamo)
può diventare schiavitù con la food addiction, una condizione
simile alla dipendenza dall’alcol, fumo o altre droghe [3].
2
1.2 EATING DISORDER E FOOD ADDICTION
La food addiction (FA) è stata definita come una condizione
cronica e recidivante causata dall'interazione di molte variabili
complesse che aumentano le voglie di determinati alimenti
specifici al fine di raggiungere uno stato di elevato piacere,
energia o eccitazione o per alleviare stati emotivi o fisici negativi
[4,5].
Il termine FA è stato coniato nel 1956 da Theron Randolph per
descrivere il consumo, simile a quello che si osserva nel disturbo
da uso di sostanze, di alcuni alimenti come il mais, il frumento, il
caffè, il latte, le uova e le patate [6].
Rispetto a questa descrizione originale, oggi l’attenzione si è
spostata verso gli alimenti processati ricchi di zuccheri e grassi
che, secondo i sostenitori del modello della FA, avrebbero
proprietà che favoriscono lo sviluppo della dipendenza in alcuni
soggetti vulnerabili [7]. Più recentemente è stato proposto che
questi alimenti potrebbero essere implicati nello sviluppo
dell’epidemia globale dell’obesità [8] e di alcuni disturbi
dell’alimentazione che si caratterizzano per la presenza di
ricorrenti episodi di “abbuffata” [9].
Ad oggi, la definizione più diffusa [10-12] in accordo con i criteri
DSM-IV-TR per la tossicodipendenza. Questi criteri includono
[13]:
• sostanza presa in quantità maggiori e per un periodo più
lungo del previsto;
• desiderio persistente o ripetuti tentativi infruttuosi di
smettere;
• una grande quantità di tempo/attività necessaria per
ottenere, utilizzare o recuperare;
3
• importanti attività sociali, lavorative o ricreative licenziate
o ridotte;
• uso continuativo nonostante la conoscenza delle
conseguenze avverse;
• tolleranza;
• sintomi di astinenza.
Il food craving (FC), definito come l'intenso desiderio di
consumare un cibo specifico a cui è difficile resistere [14-16],
sembra essere un altro importante sintomo sovrapposto.
Sebbene il FC sia stato aggiunto solo di recente alla 5a edizione
del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5)
[17-18], è stato considerato una componente essenziale della
tossicodipendenza dagli anni '50 e '60 [19]. Come l'abuso di
sostanze, il FC è risultata essere un componente cruciale di FA
[20] ed è stato anche trovato associato a: i) bulimia nervosa
(BN) [20-22]; ii) anoressia nervosa (AN) [23,24]; iii) sovrappeso
e obesità [23]; iv) binge eating disorder (BED) [25,26]; v)
sindrome da mangiare di notte (NES) [27].
La FA sembra avere significative sovrapposizioni psicopatologiche
con altri eating disorder (ED), specialmente con BED e BN.
Coerentemente, i modelli di dipendenza di AN e BN sono già stati
proposti [28,29]. Il ridotto controllo sul mangiare, uso continuato
nonostante le conseguenze negative, elevati livelli di impulsività
e psicopatologia sono diverse sovrapposizioni tra FA e BED e BN
[30,31].
Tuttavia, ci sono anche alcune differenze cruciali tra FA e altri
ED. In primo luogo, contrariamente a FA, il BED è associato a
problemi elevati di forma o peso [30]. Allo stesso modo BN e AN
sono caratterizzati da disturbi dell'immagine corporea, una
sopravvalutazione del peso corporeo e della forma che guida
un'alimentazione disfunzionale e comportamenti correlati (vale a
4
dire, comportamenti alimentari moderati e/o compensatori) [17].
Questo nucleo psicopatologico cruciale non è considerato nei
pazienti con FA [31,32]. Inoltre, contrariamente alle diagnosi di
FA, BED e BN, specifica che gli episodi di abbuffate devono
verificarsi durante un periodo di tempo discreto [33]. Infine, la
diagnosi di FA valuta criteri come ritiro o tolleranza, che non
sono inclusi in nessun ED [30].
5
1.3 DIPENDENZA COMPORTAMENTALE – FOOD
ADDICTION
Ad oggi è ben dimostrato che è possibile sviluppare una
dipendenza da sostanze psicoattive, invece la possibilità di
sviluppare una dipendenza senza droga (anche chiamata
dipendenza comportamentale) [34] è ben consolidato per la
pratica di giochi di fortuna e denaro (dipendenza dal gioco
d’azzardo e denaro o gioco d’azzardo patologico), ma ancora
dibattuto per altri comportamenti che sono fonte di piacere come
dieta, comportamento sessuale, internet e shopping.
Il concetto di dipendenza comportamentale è stato sviluppato
seguendo il lavoro di Goodman [35] che ha proposto i criteri per
definire i comportamenti di addiction (con o senza sostanze):
• L’impossibilità a resistere all’impulso di assumere quel
comportamento;
• La tensione interna crescente prima di iniziare il
comportamento;
• Il piacere o il sollievo al momento dell’azione;
• La perdita del controllo già dall’inizio del comportamento
• Almeno 5 degli 8 criteri seguenti:
o La frequente preoccupazione per il comportamento;
o L’impegno dovuto a quel comportamento più intenso
o più lungo del previsto;
o Gli sforzi ripetuti per ridurre o smettere;
o Il tempo considerevole passato a realizzare il
comportamento o a rimettersi dai suoi effetti;
o La riduzione delle attività sociali, professionali,
familiari determinate dal comportamento;
o L’impegno nel comportamento impedisce di assolvere
agli obblighi sociali, familiari o professionali;
6
o La perseveranza nel comportamento nonostante i
problemi fisici, sociali o, finanziari;
o Uno stato di agitazione e di irritabilità se è
impossibile attuare il comportamento.
La particolarità delle dipendenze comportamentali è la relazione
specifica tra una persona e un oggetto senza tossicità apparente
ampiamente usato, come la pratica dei giochi d'azzardo,
mangiare o fare attività come lavoro o sport [36]. Se il limite del
campo di dipendenze comportamentali (o dipendenze senza
droga) è ancora discusso, la sua esistenza è ora ben riconosciuta
a livello internazionale, in particolare con l'introduzione
dipendenza da giochi di fortuna e denaro (es. patologico) in
DSM-5. Anche se la dieta è facilmente accessibile e ampiamente
disponibile nelle nostre società occidentali, i lavori che
esaminano la possibilità di sviluppare una dipendenza da la dieta
si è sviluppata solo di recente [37,38].
Il concetto di dipendenza dal cibo si riferisce ai criteri del DSM-
IV-TR usato per diagnosticare le dipendenze dalle sostanze.
Questo concetto, come detto di recente definizione [11], ha lo
scopo di descrivere le difficoltà cliniche che alcuni pazienti
incontrano nella loro relazione con il cibo: la perdita del controllo
sul consumo di cibo, l'incapacità di ridurre il loro consumo
nonostante il desiderio di farlo o la continuazione del
comportamento nonostante la conoscenza degli effetti negativi di
questo consumo di cibo sulla loro salute [20].
Ashley Gearhardt e collaboratori hanno proposto il concetto di
dipendenza dal cibo e hanno reso operativo il primo strumento
che ne consente una misura: la Yale Food Addiction Scale (YFAS)
[37].
7
Al momento l’YFAS, questionario autosomministrato, è lo
strumento più usato per valutare questa dipendenza. Questo
strumento è stato sviluppato al fine di fornire uno strumento
standardizzato per la valutazione dei sintomi della dipendenza da
cibo, in particolare da alcuni cibi grassi, salati o zuccherini che
possono avere proprietà di dipendenza [37]. Questa scala è
composta da 25 elementi (tipo di Likert o dicotomico), basato sui
sette criteri di dipendenza da sostanze del DSM-IV-TR, relative
agli ultimi 12 mesi. Tale strumento di valutazione valuta la
dipendenza dal cibo in due modi:
• il numero di sintomi della dipendenza da cibo presente
negli ultimi 12 mesi;
• la possibile diagnosi di dipendenza da cibo.
La ricerca attuale ha mostrato ottime proprietà psicometriche di
questo strumento (ottima validità e affidabilità, struttura a un
fattore che dimostra la rilevanza dell'uso di un punteggio
complessivo anziché punteggi multipli).
Il fatto che il cibo possa dare dipendenza non è ancora accettato
da tutti, per il fatto che esso è indispensabile per la nostra
sopravvivenza. Il primo a ipotizzare che alcuni alimenti potessero
creare dipendenza fu Randolph nel 1956 [6] e a ciò seguì quattro
anni dopo la creazione dei gruppi di auto aiuto per mangiatori
compulsivi, così come era successo per gli alcolisti. Si pensava
che il caffè, il latte, le patate e le uova potessero dare
dipendenza. Tra il 1984 e il 1986 i disturbi dei comportamenti
alimentari diventarono sempre più definiti. Successivamente (nel
1999) si ipotizzò che il cioccolato fosse uno dei cibi che
maggiormente potesse dare dipendenza [39].
La ricerca di base però non aveva, fino a quel momento, fornito
molti contributi. Fu Wang [40], nel 2001, a portare sotto i
riflettori l’ipotesi, con uno studio di neuroimaging in cui si
8
confrontava la densità di recettori D2 tra vari gruppi di soggetti,
che esiste un collegamento tra la dipendenza da cibo e
modificazioni a livello dei neurotrasmettitori.
In particolare, veniva riportata una minore disponibilità di
recettori D2 striatali nei soggetti obesi comparati coi controlli,
cosa che fu interpretata come una “reward deficiency syndrome”,
in modo analogo a quello che succede nei soggetti con DUS
(Disturbo da Uso di Sostanze). La disponibilità di D2 si riduceva
in proporzione del Body Mass Index (BMI).
Da quel momento è incrementato enormemente il numero di
studi sul tema e sono state ampliate le conoscenze sia di tipo
neurochimico che clinico. La maggior parte di queste ricerche
condivide l’idea che ci sia un overlapping neurobiologico tra i
meccanismi della dipendenza da sostanze e il consumo
incontrollato di cibo, nonostante non manchino voci critiche [41-
43].Per esempio, è intuitivo che l’astinenza completa non può
essere considerata un’opzione, rispetto al cibo, come invece si
può suggerire per l’alcol o la cocaina [44]. Una parte importante
di persone obese, inoltre, non risponde ai requisiti diagnostici
proposti per la food addiction, e alcuni ricercatori non hanno
riscontrato le modifiche dei recettori D2 negli obesi osservati da
Wang, ma hanno invece rilevato una correlazione coi recettori
degli oppioidi [45].
Queste osservazioni non sembrano aver costituito però un
ostacolo allo sviluppo della ricerca sulla FA, soprattutto nell’ottica
di un allargamento sempre maggiore del concetto di dipendenza
che è stato proposto a partire dal DSM-IV e perfezionato nel DSM
V, come di un problema legato non solo al consumo di sostanze
psicotrope, ma anche all’adozione di comportamenti
caratterizzati dagli stessi pattern di compulsività come il
gambling (gioco d’azzardo patologico) e la sex addiction
(dipendenza da sesso).
9
1.4 SISTEMA DI RICOMPENSA ALIMENTARE:
PROSPETTIVE CORRENTI E FUTURE
Il crescente ruolo del “sistema di ricompensa alimentare” nella
regolazione dell'assunzione di cibo, ha stimolato un maggiore
interesse e ricerca all'interno della comunità scientifica [46,47].
Molte sostanze alimentari comuni sono state paragonate a
droghe tipicamente abusate dall’uomo, come la nicotina, l'alcool,
la marijuana, la metamfetamina, la cocaina e gli oppioidi. Queste
droghe sono state spesso associate ad un uso abituale
caratterizzato da conseguenze negative ricorrenti (abuso) e
dipendenza fisiologica (tolleranza). Domande più recenti si
concentrano sul fatto che le sostanze alimentari (ad es. zuccheri,
dolcificanti, sale e grassi) possano indurre processi di dipendenza
simili.
Le proprietà edoniche del cibo possono stimolare il bisogno di
assumerlo anche quando sono soddisfatti i fabbisogni energetici,
contribuendo all'aumento di peso e all'obesità [48]. Le ultime
stime nazionali sull'obesità infantile e degli adulti negli Stati Uniti
mostrano che, dopo 3 decenni di crescita, i tassi di obesità si
sono livellati nell'ultimo decennio [49]. Tuttavia, la prevalenza
dell'obesità rimane molto alta, mettendo la popolazione a rischio
per una vasta gamma di problemi di salute e aumentando
notevolmente i costi sanitari della nazione.
Droghe e alimenti condividono determinati tratti, ma differiscono
anche in termini qualitativi e quantitativi. Le droghe d'abuso,
come la cocaina e l'anfetamina, influenzano direttamente i
circuiti della dopamina cerebrale; altre droghe influenzano
circuiti cerebrali simili e hanno anche accesso diretto e rapido ai
circuiti di ricompensa del cervello.
Gli alimenti influenzano gli stessi circuiti in due modi più indiretti.
Il primo è attraverso l'input neurale dalle papille gustative ai
neuroni che secernono dopamina nel cervello, e il secondo è
10
attraverso una fase successiva trasmessa da ormoni e altri
segnali generati dalla digestione e dall'assorbimento di cibo
ingerito.
Dallo studio di Alonso-Alonso del 2015 [50] è emerso che la
dopamina non solo tiene traccia di tutti i benefici naturali e le
droghe di abuso testati nei ratti e negli esseri umani, ma tiene
traccia degli stimoli per alcune sostanze alimentari.
L'anticipazione indotta da un'indicazione di un dolce altamente
appetibile [51] o una droga di abuso [52,53] porta alla
svalutazione di premi minori. In effetti, i segnali per le droghe
non solo stimolano la svalutazione ma anche l'inizio di uno stato
di avversione quando si deve attendere l'accesso alla ricompensa
preferita. Questo stato può comportare desiderio e/o ritiro
condizionato.
Dati recenti mostrano che questo stato avversivo condizionato
può svilupparsi a seguito di una singola esposizione alla droga e
può predire chi prenderà una droga, quando e quanta [54].
Anche così, come precedentemente descritto, la vulnerabilità
individuale può essere ridotta o aumentata nei ratti e nell'uomo
da una serie di fattori, tra cui l'esperienza (ad esempio, la
disponibilità di un premio alternativo, l'opportunità di esercitare,
la deprivazione cronica del sonno o una storia di abbuffate di
grassi).
Lo studio di Alonso-Alonso [50] espone diversi risultati chiave.
Innanzitutto, la regolazione dell'assunzione di cibo è complessa e
coinvolge più livelli di controllo attraverso segnali ambientali e
percorsi cognitivi, sensoriali, metabolici, endocrini e neurali.
In secondo luogo, cibo e droghe coinvolgono percorsi di
ricompensa del cervello sovrapposti, ed entrambi stimolano il
rilascio di dopamina [55]. Tuttavia, ci sono differenze
fondamentali, sia qualitative che quantitative. Le droghe
11
comunemente abusate prolungano artificialmente il rilascio della
dopamina, mentre l'assunzione di cibo appetibile non lo fa.
In terzo luogo, la dipendenza è determinata dall'esperienza
soggettiva di un individuo. Una certa quantità di rilascio di
dopamina con attivazione del sistema di ricompensa cerebrale
non sono condizioni sufficienti per la dipendenza.
Infine, le esperienze individuali e le variazioni genetiche sono alla
base delle differenze nel modo in cui il cervello risponde alle
proprietà gratificanti degli alimenti. Nella vita reale, queste
risposte cerebrali sono moderate da fattori aggiuntivi (ad es.
alternative di ricompensa, cognizione e influenze ambientali).
L’analisi della letteratura esistente mostra la necessità generale
di metodi innovativi nel campo per valutare meglio i componenti
neurocognitivi del comportamento alimentare umano. Lo
sviluppo di nuovi metodi in quest'area può migliorare la scoperta
e, infine, aiutare a costruire una base di conoscenze sull'impatto
di sostanze nutritive, prodotti alimentari e diete sul cervello. Può
anche fornire la base per nuovi modi per stimolare i meccanismi
inibitori e per sopprimere i meccanismi di attivazione, con
potenziali implicazioni per i campi dell'alimentazione e della
nutrizione, della medicina e della salute pubblica
12
1.5 OBESITÀ E FOOD ADDICTION
Come già citato precedentemente, l’obesità continua ad
aumentare come un pericoloso rischio per la salute non solo per
la popolazione americana, ma anche a livello globale [56] e la
perdita di peso con i trattamenti attuali rimane comunque una
sfida.
La ricerca nei campi della dipendenza e della nutrizione ha
individuato delle similitudini nell’assunzione di cibo e nel
consumo di droghe d’abuso [57]. Queste scoperte hanno fatto
emergere l’idea che alcuni alimenti, possano entrare in un
processo di dipendenza e questo può spiegare più
dettagliatamente la difficoltà che alcune persone hanno nel
seguire un regime alimentare più sano [58].
La maggior parte delle evidenze per le proprietà addictive del
cibo si trovano nel regno biologico che hanno dimostrato con
prove importanti che il cibo e le droghe d’abuso usano percorsi
simili nel cervello, soprattutto per quanto riguarda i sistemi di
dopamina e oppioidi [59,60]. Sebbene il rilascio di dopamina non
sia indispensabile per le dipendenza, la dopamina è stata
associata al valore percepito della ricompensa sia del cibo che
delle sostanze psicoattive [3]. Più è gratificante il cibo o la droga,
maggiore è il rilascio di dopamina extracellulare nel nucleo
accumbens [61].
Inoltre le lesioni del sistema dopaminergico o il blocco
farmacologico dei recettori della dopamina riducono il valore
della ricompensa sia degli alimenti ricchi di zuccheri sia delle
droghe d’abuso [62-64].
Il consumo di alcol e cibo, in particolare di cibi ad alto contenuto
di grassi, può causare la liberazione di oppioidi endogeni nel
cervello [65] e gli antagonisti degli oppioidi come il naloxone
possono ridurre il valore di rinforzo e il craving per l'alcol nei
soggetti dipendenti [66]. Il naloxone riduce anche il consumo e
13
la preferenza per cibi dolci ricchi di grassi sia in soggetti
normopeso che obesi [65].
Studi di imaging tomografico ad emissione di positroni (PET)
hanno anche dimostrato che sia gli individui obesi che quelli
dipendenti da una droga hanno livelli significativamente più bassi
di recettori della dopamina [40].
14
1.6 SUGAR ADDICTION
Per quanto riguarda invece la sugar addiction la maggior parte
delle prove deriva dalle neuroscienze animali ed è tutt'altro che
convincente.
Vi è una scarsità di dati sperimentali e clinici sull’uomo in
quest'area, in particolare se non si prende in considerazione la
letteratura sugli effetti comportamentali e neurali del consumo
alimentare dolce o appetibile che non fornisce una prova diretta
sulla dipendenza da zucchero.
Il problema della scarsità di dati sul consumo di zucchero è
aggravato dal fatto che raramente lo consumiamo in quanto tale,
e quindi la validità ecologica degli studi che esaminano il
consumo di zucchero puro negli esseri umani è limitata.
Data la moltitudine di fattori interagenti che aumentano il rischio
per i disturbi alimentari e l'obesità, si sostiene che il supporto
della dipendenza da zucchero come meccanismo causale
primario di aumento di peso rappresenta una visione
estremamente ristretta che non riesce a catturare la complessità
di queste condizioni, e che potrebbe ostacolare risposte più
coordinate e appropriate [67].
15
1.7 CIBI GRASSI E FOOD ADDICTION
L’interessante studio interessante di Hoch del 2015 ha
dimostrato come il rapporto grasso/carboidrati, e quindi la
densità energetica, determina l'assunzione di snack e attiva le
aree di ricompensa del cervello [68].
La disponibilità di cibo appetibile può portare ad iperfagia
edonica, ad esempio aumento dell'apporto energetico e, di
conseguenza, aumento di peso corporeo elevato a causa di un
cambiamento nel comportamento di assunzione alimentare [69].
Si è visto che l'assunzione delle patatine e degli snack food
modula fortemente l'attività all'interno del sistema di ricompensa
cerebrale in esperimenti su ratti.
Inoltre, porta ad un'attivazione significativamente diversa delle
regioni del cervello che regolano l'assunzione di cibo, la sazietà,
il sonno e l'attività locomotoria [70].
Sebbene la regolazione neurobiologica dell'assunzione di cibo sia
molto più complessa della regolamentazione della
tossicodipendenza, sono state discusse sorprendenti
sovrapposizioni di meccanismi neurofisiologici, pattern di
attivazione cerebrale e conseguenze comportamentali [71].
I circuiti cerebrali coinvolti, infatti, sono fortemente attivati
dall'assunzione di cibo dopo la restrizione, ma anche
dall'assunzione di cibi altamente appetibili.
Normalmente, il cibo altamente appetibile è ad alto contenuto
calorico e/o ricco di grassi e/o carboidrati. Pertanto, è stato
ipotizzato che la densità energetica del cibo possa essere il
fattore cruciale che fa scattare l'assunzione di cibo oltre la
sazietà, portando ad un aumento del peso e, infine, all’obesità
[72].
16
Nonostante le molte similitudini biologiche tra il consumo di cibo
e droghe, ci sono alcune differenze importanti. Il cibo che ci
piace attiva il cervello attraverso segnali sensoriali veloci e
attraverso processi di ingestione lenti, come l’aumento del
glucosio nel cervello. Al contrario, le droghe attivano lo stesso
sistema di ricompensa attraverso effetti farmacologici diretti
[73]. Nonostante questo, i processi neurobiologici simili che
risultano dall’attivazione di cibo e droghe supportano il concetto
di dipendenza da cibo [3].
17
1.8 DIPENDENZA COMPORTAMENTALE O DA SOSTANZE?
Fino ad ora i disturbi dell’alimentazione sono stati comunque
classificati come disturbi del comportamento alla stessa stregua
del gioco d’azzardo. Ciò, probabilmente, non rende ragione
completamente del fatto che nel concetto stesso di FA è inclusa
invece una visione più ampia, ossia di un problema che risente
sia di una componente psicologica, ma (e questa è la questione
nuova) anche del “fattore cibo”, ossia del fatto che alcuni
alimenti di per sé possano contenere nutrienti che facilitano
alcuni comportamenti.
I modelli animali indicano che alcuni nutrienti sono associati
chiaramente a dipendenza. Lo zucchero, per esempio soddisfa i
criteri di sostanza capace di indurre dipendenza. Non così,
almeno non completamente, i lipidi [74]. Gli zuccheri esercitano
questo effetto soprattutto quando assunti in modo eccessivo ed
intermittente [75]. L’alternanza di periodi di astinenza ed
abbuffate è caratteristica di alcune patologie accettate come il
BED, ma fino ad ora non era stato sottolineato sufficientemente
che ciò, non si verifica con qualsiasi tipo di alimento [76].
D’altra parte, una gran parte di pazienti BED risponde ai criteri
per DUS, addirittura con una percentuale maggiore di quanti non
siano intercettati con l’YFAS [77].
In un campione italiano, utilizzato per la validazione dell’YFAS nei
soggetti con sovrappeso, i soggetti positivi alla Binge Eatig Scale
(BES) avevano una percentuale di positività per YFAS del 38%.
Una sovrapposizione importante, anche se inferiore a quella di
altri studi. Al contrario, tra i soggetti YFAS positivi il 21% era
BES negativo.
Ciò sembra indicare che gli strumenti diagnostici per BED e FA
non sono alternativi, ma complementari e che intercettano –
18
attraverso i loro costrutti – espressioni cliniche significative, ma
non sovrapponibili.
Punto comune è il concetto di food craving, che è stato trovato
associato alla Bulimia Nervosa [21], all’Anoressia Nervosa
[26,27,78-80], al sovrappeso e all’obesità [27,81,82], al Binge
Eating Disorder [25,83-85] e al Night Eating Disorder [86].
Probabilmente bisognerà tenere presente che la food addiction
non può considerarsi, viste le sue specificità, né una dipendenza
pura da sostanze (il cibo non è una droga, visto l’uso fisiologico),
né una dipendenza comportamentale pura (il cibo, con alcune
sue caratteristiche chimiche, è realmente condizionante).
Cercare di ricondurre dei fenomeni clinici ad una variabile
dicotomica non sembra essere, almeno in questo caso,
ragionevole ed è inutile riproporre una diatriba ormai superata
tra la prevalenza di aspetti psicologici o ambientali rispetto ai
fattori neurochimici nella genesi delle dipendenze.
Allo stato attuale è difficile sapere se la FA è più frequente nei
soggetti con un profilo genetico recettoriale di un certo tipo (es.
sottoespressione dei D2 striatali) o se è la sovrastimolazione
alimentare che determina adattamenti neurochimici, portando il
rapporto col cibo verso un comportamento sempre più
compulsivo e da “dipendenza”. E’ altresì ancora da esplorare in
modo esaustivo la composizione dei cibi o la proporzione dei
nutrienti più facilmente correlati alla FA.
Se l’YFAS fosse adattato al DSM V, probabilmente
sovrastimerebbe la prevalenza di FA, includendo molte persone
in sovrappeso con criticità lievi nel controllo del cibo. In qualsiasi
caso lo strumento dovrebbe essere modificato tenendo conto
delle peculiarità dei comportamenti legati all’alimentazione.
19
1.9 YALE FOOD ADDICTION SCALE (YFAS)
Il principale strumento diagnostico finora utilizzato per la food
addiction (la scala YFAS) tiene in considerazione i criteri
diagnostici per dipendenza da sostanze del DSM-IV [87,88]. Si
tratta di un test a 25 item che indaga sui criteri DSM IV riferiti al
cibo [37,89].
La presenza di diagnosi è possibile quando sono soddisfatti
almeno 3 criteri su 7. I criteri sono elencati nella Tabella 1.
Criteri
DSM IV
Descrizione
Criteri equivalenti per
FA
Tolleranza
Servono quantità
crescenti di sostanza per
raggiungere l’effetto
Necessità di assumere
quantità crescenti di
cibo per raggiungere la
sazietà
Astinenza
La sospensione dell’uso
provoca sintomi
astinenziali, come
alterazione dell’umore,
agitazione e sudorazione
La sospensione del cibo
causa sintomi come
l’alterazione
dell’umore, agitazione
e sudorazione
Perdita di
controllo
Quantità maggiori di
sostanza assunte rispetto
a quanto preventivato
Il cibo viene assunto in
quantità maggiori
rispetto a quanto
previsto
Desiderio
e
fallimenti
Desiderio persistente di
consumare la sostanza e
tentativi infruttuosi di
ridurne l’uso
I soggetti ripetono
numerosi tentativi di
assumere quantità
adeguate di cibo e
frequentemente vanno
incontro a fallimenti
rispetto a ciò
Tempo Grande quantità di tempo I soggetti con FA
20
speso speso per ottenere la
sostanza
possono spendere
diverso tempo nel
consumare cibo, spesso
senza regolarità o
durante tutta la
giornata
Rinunce
Riduzione o sospensione
di attività sociali,
ricreative o lavorative
Isolamento da contesti
sociali, interruzione
dell’attività fisica
Uso
continuato
Uso continuato
nonostante la
consapevolezza di
conseguenze persistenti
Continuare ad
assumere certi cibi in
modo eccessivo
nonostante la presenza
di patologie (es.
diabete).
Tabella 1. I 7 criteri per la diagnosi di FA, riprodotta da Adrian
Meule et al., 2014 [89]
Come descritto nella tabella, l’YFAS parte dal costrutto teorico
che i criteri di diagnosi per dipendenza del DSM IV trovino un
correlato rispetto al consumo di cibo [90].
La percentuale di persone con FA tra la popolazione generale , in
accordo con l’YFAS, varia tra il 5-10% (campioni non-clinici), tra
il 15-25% tra le persone obese e tra il 30-50% i pazienti obesi
bariatrici o con BED [91-94].
E’ stata recentemente aperta una discussione sulla
appropriatezza dell’YFAS nel rilevare questo problema clinico,
anche alla luce dell’evoluzione del DSM V, che agisce in modo
dimensionale e non categoriale [95]. I sintomi più
frequentemente riscontrati sono il desiderio persistente e i
21
tentativi infruttuosi controllare l’assunzione eccessiva di cibo o di
interromperla [96]. La maggior parte dei soggetti obesi
soddisfano questo criterio. Altresì risulta elevata la frequenza con
cui viene soddisfatto il criterio relativo al continuare a mangiare
a dispetto di sintomi fisici o psicologici correlati, soprattutto negli
obesi [97]. Al contrario, sono meno riscontrabili i criteri del
dispendio di molto tempo per procurarsi il cibo, l’interruzione di
importanti attività, i sintomi di astinenza.
22
1.10 PREVALENZA DI FOOD ADDICTION NELLA
POPOLAZIONE GENERALE
La prevalenza di FA è stata studiata in diverse nazioni, anche se
non esistono mappature esaustive in tutte le regioni e su
campioni numericamente elevati. Le definizioni proposte dalle
domande dell’YFAS, peraltro, possono risentire - anche se
parzialmente - di fattori culturali. In un campione di studenti
americani si rilevava che l’11,4% rispondeva ai criteri previsti
dall’YFAS. In Francia in un campione estratto dalla popolazione
generale si rilevava una prevalenza del 7,8%, in Germania
dell’8,8%. Uno studio effettuato in Canada, su 652 adulti, ha
rilevato una FA per il 5,4% degli arruolati. In Italia i dati
disponibili sono variabili, ma il campione più numeroso – a
nostra conoscenza – è costituito da 300 persone, che
rappresentavano il gruppo di controllo in uno studio psicometrico
che indagava la FA in pazienti obesi e in sovrappeso. In questo
gruppo di controllo, arruolato tra la popolazione generale, la
prevalenza di FA era dell’11% [78], come si può osservare nella
Figura 1.
Figura 1. Prevalenza di FA nella popolazione generale di alcuni
Paesi, tratta da M. Innamorati et al., 2015 [78].
11,4%
7,8%
8,8%
5,4%
11,0%
0,0%
2,0%
4,0%
6,0%
8,0%
10,0%
12,0%
AMERICA FRANCIA GERMANIA CANADA ITALIA
23
1.11 CORRELATI NEUROBIOLOGICI DELLA FOOD
ADDICTION
Dal punto di vista neurobiologico la dipendenza patologica può
essere considerata un comportamento appreso indotto dall’uso
cronico delle sostanze alla cui base sono presenti precise
alterazioni del sistema della motivazione e della gratificazione
[98,99]. Le evidenze scientifiche e cliniche hanno dimostrato che
non vi può essere una dipendenza senza vulnerabilità. I fattori di
vulnerabilità più importanti sono quelli di natura individuale,
genetica ed ambientale [100].
La dipendenza patologica è quindi un disordine comportamentale
che si basa su diverse teorie e meccanismi neurobiologici [101].
Alcuni ricercatori, per chiarire il legame tra assunzione di cibo in
eccesso e l’uso di sostanze, hanno condotto studi neurobiologici
di confronto, tra soggetti con obesità e normopeso. I risultati
appaiono però inconsistenti [3]. Nel 2001 venne eseguito uno
studio con la PET (tomografia a emissioni di positroni), in un
gruppo di soggetti con obesità che ha dimostrato una riduzione
dei recettori D2R della dopamina presenti nel nucleo striato,
negativamente correlata con l’Indice di Massa Corporea (IMC)
[40]: questo potrebbe dimostrare uno stato di “deficit di
ricompensa”, che indurrebbe una maggiore assunzione di cibo
per ottenere lo stesso livello di ricompensa percepito dai soggetti
normopeso. Le osservazioni dello studio non spiegarono però se i
cambiamenti dei recettori siano una causa, o una conseguenza
dell’obesità.
Altri studi successivi sui recettori D2R nei soggetti con obesità
hanno prodotto risultati inconsistenti [102].
In modo simile, sebbene gli studi di neuroimaging che esplorano
le risposte del cervello agli stimoli alimentari e relativi al cibo
24
nelle persone di peso normale abbiano mostrato un’attivazione
ampiamente coerente nel circuito della ricompensa
(coinvolgendo i nuclei amigdala, insula e striato), i modelli che
emergono dagli studi di confronto tra individui con obesità (ed
episodi di abbuffata) e soggetti di controllo mostrano ampia
variabilità e inconsistenza [102].
25
1.11.1 COCAINA E CIBO: STESSA RETE NEURALE?
Uno studio recente [103] indica che l'adenosina può influenzare
la neurotrasmissione della dopamina attraverso i recettori A2A
che interagiscono antagonisticamente con la segnalazione
mediata dal recettore D2 nel cervello. Gli Autori hanno, inoltre,
esaminato gli effetti dei ligandi selettivi del recettore A2A come
l'agonista CGS 21680 e gli antagonisti KW 6002 o SCH 58261
nonché della raclopride antagonista del recettore D2-like, sulla
reintegrazione della ricerca di cocaina indotta dalla cocaina,
l'indicazione condizionata dalla cocaina, o il quinpirolo agonista
del recettore D2-like nei ratti. I risultati indicano che l'attivazione
di A2A e il blocco del recettore di tipo D2 contrastano la cocaina
e la recidiva di cibo. Si propone che i segnali di adenosina e
dopamina mediata dal recettore A2A e recettore D2
interagiscano antagonisticamente nei neuroni GABA striato-
pallido per regolare il comportamento di ricerca di cocaina e cibo
[103].
Quindi i farmaci che bloccano i recettori D2 e attivano quelli A2A
funzionano sia per il cibo che per la cocaina. Ciò significa che la
droga in questione e il cibo utilizzano le stesse reti neurali.
26
1.11.2 RESISTENZA INSULINICA E D2/D3
Come già detto in precedenze, la dipendenza da cibo è un
argomento dibattuto nelle neuroscienze. L'evidenza suggerisce
che il diabete è correlato a livelli ridotti di dopamina basale nel
nucleo accumbens, simili a quelli delle persone con
tossicodipendenza. Non è noto se la sensibilità all'insulina sia
correlata ai livelli di dopamina endogeni nello striato ventrale
umano. Autori hanno esaminato questo utilizzando il recettore
della dopamina D2/3 agonista e una acuta deplezione della
dopamina. In un campione separato di persone sane, hanno
esaminato se la deplezione di dopamina potesse alterare la
sensibilità all'insulina [104].
La sensibilità all'insulina è stata stimata per ciascun soggetto a
partire da glucosio plasmatico a digiuno e insulina utilizzando la
valutazione del “modello di omeostasi II”. Undici persone non
obese e non diabetiche sane (tre femmine) hanno fornito una
scansione di base, nove delle quali hanno fornito una scansione
sotto deplezione della dopamina, consentendo stime di dopamina
endogena al recettore della dopamina D2/3. La deplezione della
dopamina è stata raggiunta tramite alfa-metil-para-tirosina (64
mg/kg). In 25 persone sane (9 femmine), il plasma e il glucosio
a digiuno sono stati acquisiti prima e dopo l'esaurimento della
dopamina. Negli individui sani, una diminuita sensibilità
all'insulina è risultata correlata a una minore quantità di
dopamina endogena nel recettore della dopamina D2/3 nello
striato ventrale. Inoltre, la deplezione acuta della dopamina
riduce la sensibilità all'insulina.
Questi risultati possono avere importanti implicazioni per le
popolazioni neuropsichiatriche con anomalie metaboliche [104].
27
1.11.3 CERVELLO, OBESITA’ E DIPENDENZA: GLI STUDI DI
NEUROIMAGING
Come evidenziato in precedenza, l'obesità è una delle maggiori
sfide per i sistemi sanitari, con il 20% della popolazione mondiale
afflitta da questa condizione/patologia. Esiste una grande
controversia se l'obesità può essere considerata come un
disturbo che crea dipendenza o no. Come ricordato nelle pagine
precedenti, proprio per questo il questionario Yale Food Addiction
Scale è stato recentemente sviluppato come strumento per
identificare gli individui con caratteristiche di dipendenza dal
cibo.
Nello studio di De Ridder del 2016 [105] sono stati usati dati
clinici e dati elettroencefalografici per dicotomizzare l’obesità in
base all’attività neuronale. L'attività cerebrale in persone obese
dipendenti e non dipendenti da cibo è stata paragonata ai
controlli su persone magre dipendenti dall'alcool e non
dipendenti. È stato dimostrato che la dipendenza da cibo
condivide l'attività cerebrale neurale con la dipendenza da alcol.
Questa 'attività cerebrale neurale della dipendenza è costituita
dalla corteccia cingolata anteriore dorsale e dall'area para
ippocampale.
L’”attività cerebrale neurale dell'obesità" è costituita dalla
corteccia cingolata anteriore dorsale e dall’area para-
ippocampale e parietale inferiore. Tuttavia, le persone con
dipendenza alimentare differiscono dalle persone obese non
dipendente dal cibo per attività opposta nel giro del cingolo
anteriore. Questa dicotomia di dipendenza da cibo e obesità non
dipendente da cibo dimostra che esistono almeno 2 diversi tipi di
obesità con attività neuronale sovrapposte, ma differenti
nell'attività della corteccia cingolata anteriore.
28
Quindi hanno dimostrato che negli individui obesi, nonostante le
stesse caratteristiche fenotipiche, esistono almeno due
meccanismi neurobiologici che sono pato-fisiologici. La differenza
più rilevante tra questi due gruppi di obesi si riferisce all'attività
opposta della corteccia cingolata dorsale anteriore. Vi è anche
una sorprendente somiglianza tra i gruppi di dipendenti
alimentari e di alcol che suggeriscono che un alto punteggio
YFAS indica un disturbo da dipendenza correlato al cibo e con
processi neurobiologici simili alla dipendenza da alcol. Infine, i
risultati suggeriscono anche che i trattamenti per l'obesità, come
i farmaci o la neuro-modulazione, dovrebbero essere
individualizzati sulla base della fisiopatologia neurobiologica
sottostante [105].
29
1.12 FOOD CRAVING
Il craving, cioè il desiderio incoercibile di utilizzare la sostanza, è
il sintomo patognomonico della dipendenza. In altri termini non
vi può essere una dipendenza patologica senza craving [106].
Non c’è dubbio, quindi, che dal punto di vista clinico il craving
debba essere considerato il sintomo più importante della
dipendenza e, soprattutto, un prodotto dell’alterazione dei diversi
sistemi neurotrasmettoriali conseguente all’uso cronico della
sostanza.
Del resto lo stesso DSM-5 fra i criteri per porre diagnosi di
dipendenza alcolica introduce il craving ed elimina i problemi
legati all’uso [107]. Recenti studi hanno anche ipotizzato una
forte influenza genetica nella genesi del craving, specie quello
alcolico [108].
Il food craving si riferisce ad un intenso desiderio di consumare
un cibo specifico. Nelle società occidentali, questi alimenti di
solito hanno un'alta appetibilità e sono densi di energia, cioè
hanno un alto contenuto di zuccheri e/o grassi. La brama
alimentare è un'esperienza multidimensionale in quanto include
aspetti cognitivi (ad es. pensare al cibo), emotivi (ad es.
desiderio di mangiare o cambiamenti di umore), comportamenti
(ad es. ricerca e consumo di cibo) e aspetti fisiologici (ad es.
salivazione) [109,110]. Il self-report soggettivo sembra essere il
metodo più praticabile per la valutazione del craving poiché altre
modalità di misurazione (ad es., le risposte autonomiche
periferiche) soffrono tipicamente di una mancanza di specificità
[111]. Gli strumenti più usati sono i Food Cravings
Questionnaires [110-113].
I modelli animali sono una parte importante della ricerca sul
comportamento alimentare. Mentre si può chiedere alle persone
30
se provano il desiderio di mangiare un cibo, misurare il desiderio
di cibo negli animali non è semplice. A seguito dell'astinenza
dallo zucchero, i ratti mostrano un iper-attività, che può essere
interpretata come un'esperienza di craving [114]. Una misura
piuttosto indiretta del craving alimentare può essere la sazietà
sensoriale specifica (SST, in particolare, la sua mancanza). Si
riferisce a un temporaneo declino del gradimento del cibo e al
desiderio di cibo derivato dal consumo di un certo tipo rispetto
ad altri alimenti non consumati [115,116].
Nello studio di Avena del 2005 [114], è stata fatta consumare ai
ratti una dieta con alimenti appetitosi e ipercalorici per 2
settimane. Hanno scoperto che questi ratti mostravano una SST
compromessa in seguito al consumo di una soluzione
ipercalorica, questo potrebbe suggerire che l'esposizione a diete
che portano all’obesità influisce sul neuro-circuito coinvolto nel
controllo motivato del comportamento alimentare.
L'ingestione di cibo è associata a una conseguenza gratificante e,
quindi, il valore di incentivo di quel particolare alimento aumenta
e le sue caratteristiche sensoriali diventano segnali di
soddisfazione [117]. La ricerca dimostra costantemente
differenze di genere nel craving alimentare: le donne hanno più
probabilità di sperimentare il desiderio di cibo rispetto agli uomini
[15]. Si è tentati di supporre che queste differenze siano legate
alle differenze ormonali tra donne e uomini, in particolare dal
momento che molte donne sperimentano aumenti del desiderio
di cibo peri-mestruale e nel periodo gestazionale [118]. Tuttavia,
la ricerca su queste esperienze è scarsa. Orloff e Hormes [118]
hanno esaminato la letteratura disponibile sul desiderio di cibo
durante la gravidanza. Sfidano la nozione che il desiderio
alimentare peri-mestruale o gestazionale sia associato a
cambiamenti ormonali, ma suggeriscono che i fattori culturali e
31
psicosociali sono fattori determinanti più importanti delle
esperienze di craving alimentare e dell’eccesso di peso durante la
gravidanza.
Il desiderio di cibo può verificarsi a causa di stati d'animo
specifici (spesso di umore negativo) ed è contrassegnato
dall'anticipazione degli effetti di miglioramento dell'umore
derivanti dall'assunzione di cibo [119]. Il craving alimentare è
anche associato a un'alimentazione esterna, cioè, è spesso
innescato da segnali nell'ambiente.
Potenza e Grilo [120] riassumono brevemente la ricerca sul
craving alimentare e le sue basi neuronali. Inoltre, evidenziano la
sua rilevanza nell'obesità e il disturbo da alimentazione
incontrollata e suggeriscono che la ricerca e la terapia di questi
disturbi possono trarre beneficio dall'introduzione di un quadro di
dipendenza.
32
1.13 FOOD ADDICTION E ALTRE DIPENDENZE
La ricerca sui rapporti tra food addiction e altre dipendenze è
ancora molto lacunosa. Essa si basa prevalentemente su modelli
animali e su poche osservazioni sull’uomo. Le correlazioni
osservate sono relative ai disturbi del comportamento
alimentare, come il BED e la BN. Alcuni studi hanno riportato che
il 50% dei pazienti che hanno un disturbo alimentare presentano
un abuso o una dipendenza da sostanze e che il 35% degli
abusatori di alcol hanno un disturbo del comportamento
alimentare, quando la prevalenza nella popolazione generale è
intorno al 3% [79].
Nella popolazione adolescente sono state trovate percentuali
comprese tra il 17% e il 46% [81,82] e tra quanti sono positivi
per Eating Disorder c’è un abuso di sostanze superiore del 20-
40% rispetto ai controlli, come evidenziato in uno studio italiano
che ha preso in considerazione i dati ESPAD 2007, ossia un
campione di 33.815 adolescenti di età compresa tra i 15 e i 19
anni [82].
In genere la Bulimia Nervosa è quella che è più fortemente
correlate all’abuso di sostanze [83,84,86].
Le prevalenze più alte sono riferite alla BN con comportamenti di
purging e poi alla BED, mentre i casi di AN sembrano avere livelli
di abuso di droghe simili o più bassi dei controlli sani [121].
In uno studio sperimentale, Caroline Davis ha dimostrato che i
soggetti con diagnosi di FA non risentono della soppressione del
consumo di cibi palatabili dopo somministrazione di metilfenidato
(noto agonista della dopamina), nella stessa misura dei controlli.
Ciò propende per una differenza della responsività agli stimoli
dopaminici tra chi ha una FA e chi non ne è affetto [122].
33
Una sovrapposizione genetica tra dipendenze correlate alle
sostanze e quelle non correlate a sostanze è stata indagata
(Genome-Wide Association Study) su 9314 donne europee,
riscontrando due loci con una significativa rilevanza genomica (P
<2,5 × 10-8). Il gene SNPs , candidato per la dipendenza da
droghe, non è stato associato a food addiction [123], mentre è
stata dimostrato un overlapping genetico tra gambling patologico
e drug abuse [124]. Ciò rende probabile una associazione tra
gioco d’azzardo patologico e food addiction, anche se non ci sono
ancora dati espliciti in tal senso.
Tra i giocatori d’azzardo, comunque, c’è una prevalenza di FA
superiore rispetto ai controlli [125].
34
2. SCOPO DELLA TESI
Avendo sviluppato un interesse particolare per le problematiche
della dipendenza patologica ho svolto il mio internato di tesi
presso la Medicina delle Dipendenze dell’Azienda Ospedaliera
Universitaria Integrata di Verona diretta dal Dr. Fabio Lugoboni.
In quest’ambito ho collaborato all’analisi dei dati derivati dallo
studio FODRAT (FOod Addiction, DRugs, Alchool and Tobacco).
Obiettivo di questo studio era la valutazione della prevalenza di
food addiction, utilizzando il questionario YFAS, tra gli utenti dei
servizi per le dipendenze, con particolare riferimento allo studio
dei sottogruppi correlati al tipo di sostanza primaria di abuso,
età, peso corporeo, sesso. Lo studio è stato approvato dal
Comitato Etico della ex ASL di Monza e Brianza nel dicembre
2015. Il Principal investigator dello studio è il Dr. Biagio
Tinghino, dell’ASST di Vimercate.
35
3. MATERIALI E METODI
3.1 CRITERI DI ARRUOLAMENTO E CENTRI PARTECIPANTI
Sono stati inclusi nello studio persone di età pari o superiore ai
18 anni, che usano sostanze psicotrope o mostrano
comportamenti di addiction, sia da sostanze legali che illegali.
Sono stati altresì inclusi pazienti astinenti da sostanze, ma in
trattamento farmacologico, psicologico o in fase di
monitoraggio/sostegno sociale, educativo. Sono stati considerati
arruolabili i pazienti inviati dalla Commissione Medica Legale per
abuso di alcol e dai medici competenti per uso di sostanze
stupefacenti. Sono stati reclutati tutti i soggetti afferenti ai
servizi per le dipendenze, tranne i familiari dei pazienti e i
soggetti che usufruiscono di prestazioni meramente
amministrative (certificatorie). La partecipazione allo studio era
volontaria con i dati raccolti in forma anonima, e senza
previsione di alcun tipo di remunerazione. Non erano eleggibili i
pazienti non in grado di comprendere correttamente il significato
delle domande e il senso del questionario.
I Servizi Dipendenze (SerD) partecipanti allo studio trattano
qualsiasi tipo di dipendenza (legale o illegale), mentre alcuni
Centri partecipanti erano caratterizzati da una prevalente
afferenza di pazienti con disturbi da uso di alcol o nuove
dipendenze (Servizi di Alcologia, o NOA), di sostanze illegali
(SerT, Servizi per le Tossicodipendenze) o Centri per il
Trattamento del Tabagismo (CTT).
Sono stati coinvolti 17 servizi: SerT Ass2 Isontina-Bassa
Friulana, SerT Carate/Seregno, CTT Monza, SerD Dolo, Servizi
Multidisciplinari Inrtegrati (SMI) Mago di Oz, Medicina delle
Dipendenze di Verona, SerT Nicosia, Noa Monza, Noa Vimercate,
SerD Rovigo e Badia, SerT Treviso Nord, SerT Rimini, SerD
36
Monza, SerT Forlì, SerD ULSS Serenissima, SerD USLL 22
Bussolengo, SerD Verona1.
37
3.2 DISEGNO DELLO STUDIO E METODOLOGIA DI
RACCOLTA DEI DATI
Ai pazienti afferenti ai diversi Servizi è stato proposto di
partecipare allo studio senza una selezione preventiva, salvo il
soddisfacimento dei requisiti di inclusione.
Il questionario da compilare è stato proposto dal personale
sanitario in occasione delle visite programmate, degli accessi
ambulatoriali per la somministrazione di farmaci, controlli
tossicologici o altre prestazioni sanitarie.
Il questionario, dopo una breve spiegazione da parte di un
operatore, era autocompilato e il tempo per la compilazione è
stato mediamente di circa 15 minuti.
L’arruolamento, come detto, era su base volontaria. I soggetti
firmavano il consenso ai sensi delle vigenti (al momento dello
studio) leggi sulla privacy ed erano informati sugli obiettivi dello
studio, nonché sull’utilizzo solo in forma aggregata dei dati.
I questionari erano classificati con un codice identificativo
univoco per ciascuna sede operativa, erano anonimi e quindi non
correlabili a dati personali. Il database è stato elaborato
esclusivamente all’interno dei server aziendali, dotati di
strumenti di protezione informatica, come da normativa vigente.
La partecipazione allo studio non comportava costi per l’utenza.
38
3.3 QUESTIONARIO
Il questionario (vedi allegato) era composto dall’YFAS, da una
sezione riportante una lista di cibi a diverso indice glicemico, e
da una sezione nella quale venivano richiesti alcuni dati del
paziente (età, altezza, sesso, peso corporeo e sostanza d’abuso).
La diagnosi di food addiction veniva posta sulla base delle
risposte date nel questionario YFAS, test consistente in 25 item
autosomministrabili che misura i dati clinici relativi ai 12 mesi
precedenti, e in accordo con i sette criteri (vedi Tabella 1) per la
diagnosi di dipendenza da sostanze elencati nel DSM-IV [33].
Uno score pari o maggiore di 3 è considerato indicativo per la
diagnosi di FA, quando era anche positivo l’ulteriore criterio,
(previsto nell’applicazione della scala YFAS) di compromissione,
funzionale o comportamentale, della qualità della vita (QoL) a
causa dell’assunzione di cibo (criterio in relazione alle domande
15 e 16 del questionario). La validazione della versione inglese
era caratterizzata da buona convergenza, consistenza interna,
capacità di predire il binge eating.
La versione italiana dell’YFAS è stata validata dal gruppo di
lavoro della SISDCA (Società Italiana per lo Studio dei Disturbi
del Comportamento Alimentare) [37,90,97,126,127].
39
3.4 ELABORAZIONE DEI DATI E ANALISI STATISTICA
I questionari YFAS sono stati elaborati e, come da protocollo,
individuati i pazienti che avevano almeno 3 dei 7 criteri DSM-IV
positivi, oltre a positività per il criterio 8 specifico della scala
YFAS. Le 25 domande del questionario sono state correlate ai
criteri sopraelencati come mostrato in Tabella 2.
Items Criterio
Domande
YFAS
1
Cibo assunto in quantità maggiore o per
un periodo più lungo di quanto
preventivato
1,2,3
2
Persistente desiderio o ripetuti tentativi
infruttuosi di smettere/controllare
l’assunzione
4,22,24,2
5
3
Molto tempo/attività/ spesi per ottenere
o consumare il cibo
5,6,7
4
Riduzione di importanti attività sociali,
occupazionali o ricreative
8,9,10,11
5
L’uso continua nonostante la
consapevolezza delle conseguenze
avverse
19
6
Tolleranza (aumento significativo
dell’assunzione, riduzione significativa
dell’effetto percepito)
20,21
7
Sintomi caratteristici dell’astinenza,
assunzione per dare sollievo all’astinenza
12,13,14
8 L’uso causa stress o danni significativi 15,16
Tabella 2. Domande del questionario YFAS in relazione ai criteri
DSM-IV
L’analisi statistica è stata processata con SPSS 11.5 software
statistico (SPSS 11.5, SPSS Inc, Chicago, IL). I procedimenti
40
eseguiti sono stati: calcolo delle prevalenze, intervalli di
confidenze (95% IC), deviazioni standard (DS), medie e analisi
bivariate, con ricerca di significativita dei risultati (test del Chi
Quadrato con p value) e calcolo degli Odds.
41
4. RISULTATI
4.1 DATI DEMOGRAFICI DEL CAMPIONE
Il questionario è stato consegnato a 827 pazienti, afferenti ai 17
centri o servizi per le dipendenze partecipanti allo studio.
Hanno completato il questionario YFAS in modo esaustivo 602
pazienti (72,8%). Come mostrato in Figura 2, sono stati
ulteriormente esclusi i pazienti con questionari non completi dei
dati aggiuntivi richiesti dallo studio (età, sesso, peso corporeo,
altezza, sostanza d’abuso), pertanto il numero di pazienti inclusi
nell’analisi è stato di 575 soggetti (69,5%).
Figura 2. Flow-chart dei pazienti arruolati/esclusi
Come mostrato in Figura 3, le femmine erano 123 (21,4 %) e i
maschi 452 (78,6%). L’età media del campione era di 42,7 anni
(DS: ± 11,4, 95% IC 41,8-43,6), 44,4 anni per le femmine (DS:
± 12,6; 95% IC 42,2-46,6), 42,2 anni per i maschi (DS: ± 11,0;
95% IC 41,27-43,3).
827 ARRUOLATI
602 con
questionario
YFAS completato
575 INCLUSI
Questionario
YFAS completato
+ dati aggiuntivi
225 ESCLUSI
per questionario
YFAS incompleto
27 ESCLUSI
per dati aggiuntivi
incompleti
42
Figura 3. Numero maschi, femmine e totale con rispettiva età
media
Nel campione esaminato, come mostrato nella Figura 4, l’età più
rappresentata era quella dei 40-44 anni d’età (92 persone) e a
seguire 50-54 (89 persone).
Figura 4. Distribuzione del campione esaminato in base all’età
452
123
575
42,2 44,4 42,7
0
100
200
300
400
500
600
700
Maschi Femmine Totale
N° individui Età media
31
56 56
81
92
84
89
45
25
15
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
18-25 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 65 e più
43
4.2 DATI TOSSICOLOGICI
I pazienti potevano inserire nel questionario fino a 5 sostanze o
comportamenti d’abuso, indicando nel caso di poli-dipendenza la
sostanza primaria. Sulla base delle risposte dei pazienti inclusi
nell’analisi è stato possibile identificare coloro che assumevano
solo una sostanza (monoassuntori, n.=231) e chi ne assumeva
due o più (poliassuntori, n.=344) così come raggruppare i
soggetti in base alla dipendenza primaria. Nella Tabella 3
vengono mostrate le sostanze primarie di abuso con la relativa
distribuzione del campione.
Sostanza primaria d’abuso N. soggetti Percentuale
EROINA 280 48,6
ALCOL 138 24,0
COCAINA 65 11,3
TABACCO 62 10,7
THC 29 5,0
ALTRO 1 0,4
TOTALE 575 100
Tabella 3. Distribuzione del campione in base alla sostanza
primaria d’abuso
Dalla Tabella 3 si può osservare come la dipendenza da eroina
sia la più frequente nella popolazione presa in esame (48,6%)
seguita da quella da alcol (24%).
44
Nella Tabella 4 sono elencate le sostanze utilizzate dai
monoutilizzatori (231), mentre nella Tabella 5 quelle dei
poliassuntori (344).
Sostanze d'abuso utilizzate
dai monoassuntori
N. soggetti Percentuale
ALCOL 85 36,8
TABACCO 57 24,6
EROINA 52 22,5
COCAINA 26 11,2
THC 10 4,3
ALTRO 1 0,4
TOTALE 231 100
Tabella 4. Distribuzione dei monoassuntori
Sostanze d’abuso utilizzate
dai poliassuntori
N. soggetti Percentuale
EORINA 228 66,2
ALCOL 53 15,4
COCAINA 39 11,3
THC 19 5,5
TABACCO 5 1,4
TOTALE 344 100
Tabella 5. Distribuzione dei poliassuntori, per sostanza primaria
(prevalente)
Come mostra la Tabella 4, nei monoassuntori la sostanza
prevalente è l’alcol (36,8%), seguito dal tabacco (24,6%) e
dall’eroina (22,5%).
45
Invece, come mostra la Tabella 5, nei poliassuntori la sostanza
prevalente rimane l’eroina (66,2%), a seguire l’alcol (15,4%), e
la cocaina (11,3%).
I risultati ottenuti nel presente studio, in termini di prevalenza di
diagnosi di FA, sono stati paragonati con quelli ottenuti nello
studio condotto sulla popolazione generale italiana [78] che
indicava come valore l’11%. Questo dato è stato tenuto in
considerazione come controllo per tutte le elaborazioni, anche se
si ritiene che sarebbero necessari ulteriori studi per verificare la
prevalenza di FA tra i soggetti non affetti da patologie cliniche.
Complessivamente il numero di soggetti, che in base alle risposte
all’YFAS, erano positivi per diagnosi di FA è risultato di 118
soggetti (pari al 20,5% del campione incluso nell’analisi).
La differenza di prevalenza tra soggetti con FA nel campione
versus la popolazione generale (Figura 5) è risultata così
altamente significativa: p<0,01 Odds Ratio 2,08 (IC 95% 1,38-
3,16).
Figura 5. Prevalenza di FA nei soggetti con dipendenza e nella
popolazione generale italiana.
20,5%
11,0%
0,0%
5,0%
10,0%
15,0%
20,0%
25,0%
Pazienti addicted Popolazione generale
46
Si è anche osservata, come mostrato nella Figura 6, una certa
differenza in relazione al genere, con una maggiore prevalenza di
FA nelle femmine (30,8%, n.38/123) rispetto ai maschi (17,7%,
n. 80/452). La differenza tra i due gruppi era significativa
(p<0,01).
Figura 6. Numero soggetti con diagnosi di FA nelle femmine
rispetto ai maschi con relativa prevalenza
Di seguito sono riportate le correlazioni tra dipendenza da cibo e
sostanza primaria d’abuso.
L’analisi è stata fatta comparando la prevalenza di FA nei
dipendenti, raggruppati in base alla sostanza primaria d’abuso,
rispetto alla popolazione generale. La comparazione è stata
effettuata tramite il test del Chi Quadrato.
38
80
123
452
30,8%
17,7%
0,0%
10,0%
20,0%
30,0%
40,0%
50,0%
0
50
100
150
200
250
300
350
400
450
500
Femmine Maschi
YFAS + YFAS - Percentuale
47
4.2.1 ALCOLISTI VS POPOLAZIONE GENERALE
Come si può notare dalla Figura 7 la prevalenza di food addiction
in pazienti dipendenti da alcol è risultata lievemente maggiore
(15,2%) rispetto alla popolazione generale (11%).
Figura 7. Numero soggetti con diagnosi di FA negli alcolisti
rispetto la popolazione generale con relativa prevalenza
Il valore di Odds Ratio (1,45; 95% IC 0,80-2,61) non conferisce
significatività statistica al risultato, come dimostrato dal test del
Chi-quadrato (1,55 p>0,05) e dal test del Chi-quadrato corretto
YATES (1,19 p>0,05).
Nel campione esaminato, dunque, non si può confermare l’ipotesi
che gli alcolisti hanno una maggiore prevalenza di FA.
21
33
117
267
15,2%
11,0%
0,0%
10,0%
20,0%
30,0%
40,0%
50,0%
0
50
100
150
200
250
300
Alcolisti Popolazione
YFAS + YFAS - Prevalenza FA
48
4.2.2 COCAINOMANI VS POPOLAZIONE GENERALE
Come si può notare dalla Figura 8 la prevalenza di food addiction
in pazienti dipendenti da cocaina è risultata nettamente
maggiore (26,1%) rispetto alla popolazione generale (11%).
Figura 8. Numero di soggetti con diagnosi di FA nei cocainomani
rispetto la popolazione generale con relativa prevalenza
L’elevato valore di Odds Ratio (1,45; 95% IC 0,80-2,61)
conferisce significatività statistica al risultato, come dimostrato
dal test del Chi-quadrato (10,38 p<0,01) e dal test del Chi-
quadrato corretto YATES (1,19 p<0,01).
17
33
48
267
26,1%
11,0%
0,0%
10,0%
20,0%
30,0%
40,0%
50,0%
0
50
100
150
200
250
300
Cocaina Popolazione
YFAS + YFAS - Prevalenza
49
4.2.3 EROINOMANI VS POPOLAZIONE GENERALE
Come si può notare dalla Figura 9 la prevalenza di food addiction
in pazienti dipendenti da eroina è risultata nettamente maggiore
(21,4%) rispetto alla popolazione generale (11%).
Figura 9. Numero soggetti con diagnosi di FA negli eroinomani
rispetto la popolazione generale con relativa prevalenza
L’elevato valore di Odds Ratio (2,20; 95% IC 1,39-3,49)
conferisce significatività statistica al risultato, come dimostrato
dal test del Chi-quadrato (11,7 p<0,01) e dal test del Chi-
quadrato corretto YATES (10,94 p<0,01).
60
33
220
267
21,4%
11,0%
0,0%
10,0%
20,0%
30,0%
40,0%
50,0%
0
50
100
150
200
250
300
Eroina Popolazione
YFAS + YFAS - Prevalenza
50
4.2.4 TABAGISTI VS POPOLAZIONE GENERALE
Come si può notare dalla Figura 10 la prevalenza di food
addiction in pazienti dipendenti da tabacco è risultata maggiore
(16,3%) rispetto alla popolazione generale (11%).
Figura 10. Numero soggetti con diagnosi di FA nei tabagisti
rispetto la popolazione generale con relativa prevalenza
Il valore di Odds Ratio (1,55; 95% IC 0,72-3,35) non conferisce
significatività statistica al risultato, come dimostrato dal test del
Chi-quadrato (1,29 p>0,05) e dal test del Chi-quadrato corretto
YATES (0,84 p>0,05).
Non si può dunque affermare che i fumatori abbiamo una
prevalenza di FA superiore rispetto alla popolazione generale.
10
33
52
267
16,1%
11,0%
0,0%
10,0%
20,0%
30,0%
40,0%
50,0%
0
50
100
150
200
250
300
Tabagisti Popolazione
YFAS + YFAS - Prevalenza
51
4.2.5 UTILIZZATORI DI CANNABIS VS POPOLAZIONE
GENERALE
Come si può notare dalla Figura 11 la prevalenza di food
addiction in pazienti dipendenti da cannabis è risultata
nettamente maggiore (31,0%) rispetto alla popolazione generale
(11%).
Figura 11. Numero soggetti con diagnosi di FA negli utilizzatori di
cannabis rispetto la popolazione generale con relativa prevalenza
L’elevato valore di Odds Ratio (3,64; 95% IC 1,53-8,65)
conferisce significatività statistica al risultato, come dimostrato
dal test del Chi-quadrato (9,53 p<0,01) e dal test del Chi-
quadrato corretto YATES (7,81 p<0,01).
9
33
20
267
31,0%
11,0%
0,0%
10,0%
20,0%
30,0%
40,0%
50,0%
0
50
100
150
200
250
300
Cannabis Popolazione
YFAS + YFAS - Prevalenza
52
4.2.6 MONO ASSUNTORI VS POLI ASSUNTORI
Come si può notare dalla Figura 12 la prevalenza di food
addiction in pazienti poliassuntori è risultata nettamente
maggiore (23,5%) rispetto monoassuntori (15,1%).
Figura 12. Numero soggetti con diagnosi di FA i monoassuntori
rispetto poliassuntori con relativa prevalenza
Nella Tabella 6, osserviamo che il P-value è p < di 0,05, il che
conferma una significatività, sebbene di minor grado rispetto agli
altri confronti (assuntori di ciascuna sostanza vs popolazione
generale).
Tabella 6. Dati ottenuti con il test del Chi-quadrato e Odds Ratio
35
81
196
263
15,1%
23,5%
0,0%
10,0%
20,0%
30,0%
40,0%
50,0%
0
50
100
150
200
250
300
Mono-assuntori Poli-assuntori
YFAS + YFAS - Prevalenza
Chi-quadrato 6,04 P<0,05
Chi-quadrato
(corretto YATES)
5,33 P<0,05
Odds Ratio
(95%IC)
0,57 (0,37-0,89)
53
5. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI
I dati di questo studio, derivanti dalla pratica clinica (“real
world”), apportano un contributo alla problematica della
diffusione della food addiction nei tossicodipendenti e
sottolineano la particolare vulnerabilità dei soggetti affetti da
altre dipendenze anche alla food addiction. Diversi studi su
animali hanno dimostrato una sostanziale sovrapposizione dei
circuiti neuronali coinvolti, con particolare riferimento a quelli
mesocorticolimbici propri della ricerca del piacere, del rinforzo e
della gratificazione coinvolti nelle dipendenze.
Com’è noto, si tratta di strutture che sono regolate
principalmente dalla dopamina, ma che risentono di numerose
altre afferenze neurotrasmettitoriali.
Gli studi hanno più volte indagato sulla variazione di espressione,
nelle persone obese, dei recettori dopaminici D2, per avvalorare
o smentire l’ipotesi di una “reward deficiency syndrome”, in
modo analogo a quello che succede nei soggetti con DUS. Non
tutti gli esiti sono stati coerenti con questa ipotesi. I dati ci
mostrano che non esiste una correlazione deterministica tra
espressione recettori dopaminergici D2 e obesità, food addiction
e obesità, anche se in realtà i soggetti in sovrappeso o con
BMI>30 soddisfano più frequentemente di altri i criteri di FA.
Anche se è difficile stabilire se il problema nasca da una sotto
espressione recettoriale dei sistemi di rewarding, è per altri versi
evidente che i sistemi di premio, rinforzo e gratificazione nei
consumatori cronici sono modificati.
Diversi trial hanno cercato una correlazione tra obesità e food
addiction e/o altri disturbi del comportamento alimentare.
Nel nostro campione c’erano differenze significative tra maschi
(17,7%) e femmine (30,8%) rispetto alla prevalenza di FA
54
(p<0,01). Ciò può essere determinato dalla maggiore
propensione delle femmine verso i disturbi del comportamento
alimentare, fenomeno già noto in letteratura.
Nessuna significatività, invece, nel BMI dei food addicted versus i
non food addicted del campione, anche se era possibile
osservare una modesta differenza percentuale assoluta (dati non
mostrati).
Sono risultate significative le differenze tra cocainomani,
eroinomani, utilizzatori di cannabis e popolazione generale, nel
senso che tra queste categorie di abusatori di sostanze le
prevalenze di FA erano molto più alte che nel controllo.
Non sono risultate significative le differenze con gli alcolisti e con
i tabagisti.
Questi dati supportano l’idea che, almeno in alcune categorie di
pazienti, la FA sia correlata alla dipendenza da sostanza. Ciò
sembra in linea con le ricerche nel campo della neuroimaging. In
altri termini, anche se in modo non del tutto regolare, esistono
frequenti e notevoli convergenze tra dato neuroanatomico,
neurotrasmettitoriale e clinico.
La ricerca presentata in questa tesi mostra alcune limitazioni. Per
esempio il campione non è stato studiato contemporaneamente
per diagnosticare eventuali disturbi del comportamento
alimentare. Il questionario allegato all’YFAS non indagava
sull’andamento clinico della dipendenza, ossia non discriminava
tra quanti erano in fase di abuso di sostanze o comportamenti di
dipendenza e quanti erano invece astinenti. Non era inoltre
indagata la presenza di comorbidità psichiatriche.
Alcuni sottogruppi di pazienti erano numericamente limitati,
come ad esempio i tabagisti o gli utilizzatori di cannabis. Per i
55
tabagisti è possibile che, aumentando la numerosità del
campione, la differenza tra food addicted e non food addicted
diventi significativa.
Non è stato inoltre possibile studiare il fenomeno nei pazienti
affetti da Gioco D’Azzardo Patologico, a causa della scarsa
rappresentazione del campione.
Una situazione particolare, nella popolazione studiata, è
costituita dal sottogruppo di alcolisti. La percentuale di YFAS
positivi (15,22%) non è stata tale da raggiungere la
significatività statistica. Sarebbe utile però indagare con un
campione molto più ampio questo aspetto, per vedere se la non
significatività è reale, cioè correlata ad una peculiarità dei
soggetti con disturbo da uso di alcol, o è solamente un problema
metodologico. La nostra opinione è che gli alcolisti seguano lo
stesso andamento delle altre persone con dipendenza e una
ricerca su un numero maggiore di pazienti avrebbe buone
probabilità di confermare questa ipotesi.
Nonostante alcune categorie, in generale lo studio dimostra che
nei soggetti che hanno già una dipendenza la prevalenza di food
addiction è molto alta, più che nella popolazione generale
(20,52% nei dipendenti vs 11% della popolazione generale,
p<0,01). Ciò è coerente con la teoria della sensitizzazione
recettoriale e con le frequenti osservazioni di switching nel
campo delle dipendenze, tali per cui i pazienti abusatori di una
sostanza spesso diventano consumatori di altre o le sostituiscono
in modo quasi indifferente.
Un ultimo confronto, tra poliassuntori e monoassuntori rivela una
significatività di FA a favore dei poliassuntori (23,5%) vs i
monoassuntori (15,1%). E’ difficile formulare a tal proposito
ipotesi attendibili, visto che questo - a nostra conoscenza - è il
56
primo studio che misura tale aspetto. I poliassuntori sono in
genere pazienti con una storia di dipendenza più lunga alle
spalle, potrebbero rispondere ad un profilo di deficit di rewarding
più marcato, e perciò potrebbero essere più bisognevoli degli
altri di ottenere una attivazione dopaminica attraverso il cibo. Ma
si tratta solo di interpretazioni che dovrebbero essere suffragate
da ulteriori studi.
In sintesi, la dipendenza da cibo sembra funzionare alla stessa
stregua di altre dipendenze, sembra emulare gli stessi
meccanismi che giustificano – alla fine – l’alta prevalenza
riscontrata nel campione di pazienti studiato. I dati suggeriscono
una sovrapposizione sostanziale tra i profili di abuso da sostanze
e dipendenza da cibo. Tutto ciò avvalora la tesi che il discontrollo
dell’uso di cibo può rientrare nei criteri di dipendenza, come
definiti dal DSM IV e probabilmente anche in quelli del DSM V.
Ulteriori studi sono auspicabili per indagare meglio la
correlazione tra dipendenza da sostanze, disturbi del
comportamento alimentare, disturbi psichiatrici e food addiction,
eventualmente anche in base alla fase clinica dell’uso di
sostanze.
57
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7. ALLEGATI
Thesis | “FODRAT study preliminary data on the prevalence of food addiction in drug addicts.”
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Thesis | “FODRAT study preliminary data on the prevalence of food addiction in drug addicts.”

  • 1. RIASSUNTO Introduzione – Secondo il modello della food addiction (FA) gli episodi di alimentazione in eccesso sono il risultato di un processo fisiologico sotteso, equivalente a quello responsabile delle dipendenze. Le persone con FA sarebbero biologicamente vulnerabili a certi alimenti (tipicamente zuccheri e grassi) e, diventando dipendenti da essi, sarebbero incapaci di controllare la quantità della loro assunzione. Non c’è comunque accordo tra i sostenitori del modello della FA, se esso sia una dipendenza da una sostanza oppure una dipendenza comportamentale. Scopo – Lo studio FODRAT (Food Addiction, DRugs, Alchool and Tobacco) ha come obiettivo la valutazione della prevalenza di FA tra gli utenti dei servizi per le dipendenze, con riferimento al tipo di sostanza primaria di abuso, età, peso corporeo, sesso. Materiali e Metodi – È stato impiegato un questionario composto dall’YFAS, da una sezione riportante una lista di cibi a diverso indice glicemico, e da una sezione nella quale venivano richiesti alcuni dati aggiuntivi del paziente (età, altezza, sesso, peso corporeo e sostanza d’abuso). I criteri di inclusione sono stati: disturbo da sostanze legali (alcol e fumo) e illegali (eroina, cocaina, THC e altro) anche in trattamento, maggiorenni e afferenti ai servizi per le dipendenze. Risultati – Abbiamo osservato una prevalenza di FA: in paziente eroinomani, cocainomani e utilizzatori di cannabis rispetto alla popolazione generale, nei poliassuntori rispetto ai monoassuntori e nelle femmine rispetto ai maschi. I risultati negli alcolisti, tabagisti e riguardo il BMI non hanno conferito significatività statistica. Conclusione - La dipendenza da cibo sembra funzionare alla stessa stregua di altre dipendenze, sembra emulare gli stessi meccanismi che giustificano l’alta prevalenza riscontrata nel campione di pazienti studiato. I dati suggeriscono una sovrapposizione sostanziale tra i profili di abuso da sostanze e dipendenza da cibo.
  • 2. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI VERONA Corso di Laurea Magistrale a ciclo unico in Medicina e Chirurgia Sede di Verona Studio FODRAT (FOod Addiction, DRugs, Alchool and Tobacco): dati preliminari sulla prevalenza della food addiction nei tossicodipendenti Relatore Ch.mo Prof. R. Leone Correlatore Prof. F. Lugoboni Prof. B. Tinghino Laureanda Siriana Giusti VR385055 Anno Accademico 2017/18
  • 3. INDICE 1. INTRODUZIONE............................................................ 1 1.1 IL TERMINE ADDICTION ................................................1 1.2 EATING DISORDER E FOOD ADDICTION ..........................2 1.3 DIPENDENZA COMPORTAMENTALE – FOOD ADDICTION.....5 1.4 SISTEMA DI RICOMPENSA ALIMENTARE: PROSPETTIVE CORRENTI E FUTURE..........................................................9 1.5 OBESITÀ E FOOD ADDICTION ......................................12 1.6 SUGAR ADDICTION ....................................................14 1.7 CIBI GRASSI E FOOD ADDICTION .................................15 1.8 DIPENDENZA COMPORTAMENTALE O DA SOSTANZE?......17 1.9 YALE FOOD ADDICTION SCALE (YFAS) ..........................19 1.10 PREVALENZA DI FOOD ADDICTION NELLA POPOLAZIONE GENERALE......................................................................22 1.11 CORRELATI NEUROBIOLOGICI DELLA FOOD ADDICTION 23 1.11.1 COCAINA E CIBO: STESSA RETE NEURALE? ...........25 1.11.2 RESISTENZA INSULINICA E D2/D3........................26 1.11.3 CERVELLO, OBESITA’ E DIPENDENZA: GLI STUDI DI NEUROIMAGING ...........................................................27 1.12 FOOD CRAVING........................................................29 1.13 FOOD ADDICTION E ALTRE DIPENDENZE .....................32 2. SCOPO DELLA TESI..................................................... 34 3. MATERIALI E METODI ................................................ 35 3.1 CRITERI DI ARRUOLAMENTO E CENTRI PARTECIPANTI ....35 3.2 DISEGNO DELLO STUDIO E METODOLOGIA DI RACCOLTA DEI DATI ........................................................................37 3.3 QUESTIONARIO .........................................................38 3.4 ELABORAZIONE DEI DATI E ANALISI STATISTICA ...........39 4. RISULTATI ................................................................. 41 4.1 DATI DEMOGRAFICI DEL CAMPIONE..............................41 4.2 DATI TOSSICOLOGICI.................................................43
  • 4. 4.2.1 ALCOLISTI VS POPOLAZIONE GENERALE .................47 4.2.2 COCAINOMANI VS POPOLAZIONE GENERALE ...........48 4.2.3 EROINOMANI VS POPOLAZIONE GENERALE .............49 4.2.4 TABAGISTI VS POPOLAZIONE GENERALE.................50 4.2.5 UTILIZZATORI DI CANNABIS VS POPOLAZIONE GENERALE ...................................................................51 4.2.6 MONO ASSUNTORI VS POLI ASSUNTORI .................52 5. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI .................................. 53 6. BIBLIOGRAFIA ........................................................... 57 7. ALLEGATI ................................................................... 71
  • 5. 1 1. INTRODUZIONE 1.1 IL TERMINE ADDICTION Per lungo tempo si è usato il termine di “tossicodipendenza”, riferito all’uso di droghe illegali. Successivamente questo è stato spesso sostituito dal concetto di “dipendenza patologica”, che nella letteratura viene frequentemente riferito come Addiction. Secondo la ASAM, la Società Americana di Medicina delle Addiction, la dipendenza è una malattia neurobiologica cronica con fattori genetici, psicosociali e ambientali che influenzano il suo sviluppo e le sue manifestazioni [1]. Secondo West e Brown [2], l’addiction è quella condizione di dipendenza in cui i bisogni individuali vogliono assolutamente e immediatamente essere soddisfatti, e questo forte bisogno compulsivo si identifica col craving, l’elemento comune a tutte le dipendenze. Il craving è un fenomeno complesso che consiste nella percezione forte del desiderio di usare una sostanza o agire un comportamento, correlato a impulsività e alla perdita del controllo. La sua misura è soggettiva [1]. La parola addiction deriva dal latino addictus, che indicava una persona diventata schiava per i debiti che non pagati. Anche la dipendenza fisiologica dal cibo (tutti viviamo perché mangiamo) può diventare schiavitù con la food addiction, una condizione simile alla dipendenza dall’alcol, fumo o altre droghe [3].
  • 6. 2 1.2 EATING DISORDER E FOOD ADDICTION La food addiction (FA) è stata definita come una condizione cronica e recidivante causata dall'interazione di molte variabili complesse che aumentano le voglie di determinati alimenti specifici al fine di raggiungere uno stato di elevato piacere, energia o eccitazione o per alleviare stati emotivi o fisici negativi [4,5]. Il termine FA è stato coniato nel 1956 da Theron Randolph per descrivere il consumo, simile a quello che si osserva nel disturbo da uso di sostanze, di alcuni alimenti come il mais, il frumento, il caffè, il latte, le uova e le patate [6]. Rispetto a questa descrizione originale, oggi l’attenzione si è spostata verso gli alimenti processati ricchi di zuccheri e grassi che, secondo i sostenitori del modello della FA, avrebbero proprietà che favoriscono lo sviluppo della dipendenza in alcuni soggetti vulnerabili [7]. Più recentemente è stato proposto che questi alimenti potrebbero essere implicati nello sviluppo dell’epidemia globale dell’obesità [8] e di alcuni disturbi dell’alimentazione che si caratterizzano per la presenza di ricorrenti episodi di “abbuffata” [9]. Ad oggi, la definizione più diffusa [10-12] in accordo con i criteri DSM-IV-TR per la tossicodipendenza. Questi criteri includono [13]: • sostanza presa in quantità maggiori e per un periodo più lungo del previsto; • desiderio persistente o ripetuti tentativi infruttuosi di smettere; • una grande quantità di tempo/attività necessaria per ottenere, utilizzare o recuperare;
  • 7. 3 • importanti attività sociali, lavorative o ricreative licenziate o ridotte; • uso continuativo nonostante la conoscenza delle conseguenze avverse; • tolleranza; • sintomi di astinenza. Il food craving (FC), definito come l'intenso desiderio di consumare un cibo specifico a cui è difficile resistere [14-16], sembra essere un altro importante sintomo sovrapposto. Sebbene il FC sia stato aggiunto solo di recente alla 5a edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5) [17-18], è stato considerato una componente essenziale della tossicodipendenza dagli anni '50 e '60 [19]. Come l'abuso di sostanze, il FC è risultata essere un componente cruciale di FA [20] ed è stato anche trovato associato a: i) bulimia nervosa (BN) [20-22]; ii) anoressia nervosa (AN) [23,24]; iii) sovrappeso e obesità [23]; iv) binge eating disorder (BED) [25,26]; v) sindrome da mangiare di notte (NES) [27]. La FA sembra avere significative sovrapposizioni psicopatologiche con altri eating disorder (ED), specialmente con BED e BN. Coerentemente, i modelli di dipendenza di AN e BN sono già stati proposti [28,29]. Il ridotto controllo sul mangiare, uso continuato nonostante le conseguenze negative, elevati livelli di impulsività e psicopatologia sono diverse sovrapposizioni tra FA e BED e BN [30,31]. Tuttavia, ci sono anche alcune differenze cruciali tra FA e altri ED. In primo luogo, contrariamente a FA, il BED è associato a problemi elevati di forma o peso [30]. Allo stesso modo BN e AN sono caratterizzati da disturbi dell'immagine corporea, una sopravvalutazione del peso corporeo e della forma che guida un'alimentazione disfunzionale e comportamenti correlati (vale a
  • 8. 4 dire, comportamenti alimentari moderati e/o compensatori) [17]. Questo nucleo psicopatologico cruciale non è considerato nei pazienti con FA [31,32]. Inoltre, contrariamente alle diagnosi di FA, BED e BN, specifica che gli episodi di abbuffate devono verificarsi durante un periodo di tempo discreto [33]. Infine, la diagnosi di FA valuta criteri come ritiro o tolleranza, che non sono inclusi in nessun ED [30].
  • 9. 5 1.3 DIPENDENZA COMPORTAMENTALE – FOOD ADDICTION Ad oggi è ben dimostrato che è possibile sviluppare una dipendenza da sostanze psicoattive, invece la possibilità di sviluppare una dipendenza senza droga (anche chiamata dipendenza comportamentale) [34] è ben consolidato per la pratica di giochi di fortuna e denaro (dipendenza dal gioco d’azzardo e denaro o gioco d’azzardo patologico), ma ancora dibattuto per altri comportamenti che sono fonte di piacere come dieta, comportamento sessuale, internet e shopping. Il concetto di dipendenza comportamentale è stato sviluppato seguendo il lavoro di Goodman [35] che ha proposto i criteri per definire i comportamenti di addiction (con o senza sostanze): • L’impossibilità a resistere all’impulso di assumere quel comportamento; • La tensione interna crescente prima di iniziare il comportamento; • Il piacere o il sollievo al momento dell’azione; • La perdita del controllo già dall’inizio del comportamento • Almeno 5 degli 8 criteri seguenti: o La frequente preoccupazione per il comportamento; o L’impegno dovuto a quel comportamento più intenso o più lungo del previsto; o Gli sforzi ripetuti per ridurre o smettere; o Il tempo considerevole passato a realizzare il comportamento o a rimettersi dai suoi effetti; o La riduzione delle attività sociali, professionali, familiari determinate dal comportamento; o L’impegno nel comportamento impedisce di assolvere agli obblighi sociali, familiari o professionali;
  • 10. 6 o La perseveranza nel comportamento nonostante i problemi fisici, sociali o, finanziari; o Uno stato di agitazione e di irritabilità se è impossibile attuare il comportamento. La particolarità delle dipendenze comportamentali è la relazione specifica tra una persona e un oggetto senza tossicità apparente ampiamente usato, come la pratica dei giochi d'azzardo, mangiare o fare attività come lavoro o sport [36]. Se il limite del campo di dipendenze comportamentali (o dipendenze senza droga) è ancora discusso, la sua esistenza è ora ben riconosciuta a livello internazionale, in particolare con l'introduzione dipendenza da giochi di fortuna e denaro (es. patologico) in DSM-5. Anche se la dieta è facilmente accessibile e ampiamente disponibile nelle nostre società occidentali, i lavori che esaminano la possibilità di sviluppare una dipendenza da la dieta si è sviluppata solo di recente [37,38]. Il concetto di dipendenza dal cibo si riferisce ai criteri del DSM- IV-TR usato per diagnosticare le dipendenze dalle sostanze. Questo concetto, come detto di recente definizione [11], ha lo scopo di descrivere le difficoltà cliniche che alcuni pazienti incontrano nella loro relazione con il cibo: la perdita del controllo sul consumo di cibo, l'incapacità di ridurre il loro consumo nonostante il desiderio di farlo o la continuazione del comportamento nonostante la conoscenza degli effetti negativi di questo consumo di cibo sulla loro salute [20]. Ashley Gearhardt e collaboratori hanno proposto il concetto di dipendenza dal cibo e hanno reso operativo il primo strumento che ne consente una misura: la Yale Food Addiction Scale (YFAS) [37].
  • 11. 7 Al momento l’YFAS, questionario autosomministrato, è lo strumento più usato per valutare questa dipendenza. Questo strumento è stato sviluppato al fine di fornire uno strumento standardizzato per la valutazione dei sintomi della dipendenza da cibo, in particolare da alcuni cibi grassi, salati o zuccherini che possono avere proprietà di dipendenza [37]. Questa scala è composta da 25 elementi (tipo di Likert o dicotomico), basato sui sette criteri di dipendenza da sostanze del DSM-IV-TR, relative agli ultimi 12 mesi. Tale strumento di valutazione valuta la dipendenza dal cibo in due modi: • il numero di sintomi della dipendenza da cibo presente negli ultimi 12 mesi; • la possibile diagnosi di dipendenza da cibo. La ricerca attuale ha mostrato ottime proprietà psicometriche di questo strumento (ottima validità e affidabilità, struttura a un fattore che dimostra la rilevanza dell'uso di un punteggio complessivo anziché punteggi multipli). Il fatto che il cibo possa dare dipendenza non è ancora accettato da tutti, per il fatto che esso è indispensabile per la nostra sopravvivenza. Il primo a ipotizzare che alcuni alimenti potessero creare dipendenza fu Randolph nel 1956 [6] e a ciò seguì quattro anni dopo la creazione dei gruppi di auto aiuto per mangiatori compulsivi, così come era successo per gli alcolisti. Si pensava che il caffè, il latte, le patate e le uova potessero dare dipendenza. Tra il 1984 e il 1986 i disturbi dei comportamenti alimentari diventarono sempre più definiti. Successivamente (nel 1999) si ipotizzò che il cioccolato fosse uno dei cibi che maggiormente potesse dare dipendenza [39]. La ricerca di base però non aveva, fino a quel momento, fornito molti contributi. Fu Wang [40], nel 2001, a portare sotto i riflettori l’ipotesi, con uno studio di neuroimaging in cui si
  • 12. 8 confrontava la densità di recettori D2 tra vari gruppi di soggetti, che esiste un collegamento tra la dipendenza da cibo e modificazioni a livello dei neurotrasmettitori. In particolare, veniva riportata una minore disponibilità di recettori D2 striatali nei soggetti obesi comparati coi controlli, cosa che fu interpretata come una “reward deficiency syndrome”, in modo analogo a quello che succede nei soggetti con DUS (Disturbo da Uso di Sostanze). La disponibilità di D2 si riduceva in proporzione del Body Mass Index (BMI). Da quel momento è incrementato enormemente il numero di studi sul tema e sono state ampliate le conoscenze sia di tipo neurochimico che clinico. La maggior parte di queste ricerche condivide l’idea che ci sia un overlapping neurobiologico tra i meccanismi della dipendenza da sostanze e il consumo incontrollato di cibo, nonostante non manchino voci critiche [41- 43].Per esempio, è intuitivo che l’astinenza completa non può essere considerata un’opzione, rispetto al cibo, come invece si può suggerire per l’alcol o la cocaina [44]. Una parte importante di persone obese, inoltre, non risponde ai requisiti diagnostici proposti per la food addiction, e alcuni ricercatori non hanno riscontrato le modifiche dei recettori D2 negli obesi osservati da Wang, ma hanno invece rilevato una correlazione coi recettori degli oppioidi [45]. Queste osservazioni non sembrano aver costituito però un ostacolo allo sviluppo della ricerca sulla FA, soprattutto nell’ottica di un allargamento sempre maggiore del concetto di dipendenza che è stato proposto a partire dal DSM-IV e perfezionato nel DSM V, come di un problema legato non solo al consumo di sostanze psicotrope, ma anche all’adozione di comportamenti caratterizzati dagli stessi pattern di compulsività come il gambling (gioco d’azzardo patologico) e la sex addiction (dipendenza da sesso).
  • 13. 9 1.4 SISTEMA DI RICOMPENSA ALIMENTARE: PROSPETTIVE CORRENTI E FUTURE Il crescente ruolo del “sistema di ricompensa alimentare” nella regolazione dell'assunzione di cibo, ha stimolato un maggiore interesse e ricerca all'interno della comunità scientifica [46,47]. Molte sostanze alimentari comuni sono state paragonate a droghe tipicamente abusate dall’uomo, come la nicotina, l'alcool, la marijuana, la metamfetamina, la cocaina e gli oppioidi. Queste droghe sono state spesso associate ad un uso abituale caratterizzato da conseguenze negative ricorrenti (abuso) e dipendenza fisiologica (tolleranza). Domande più recenti si concentrano sul fatto che le sostanze alimentari (ad es. zuccheri, dolcificanti, sale e grassi) possano indurre processi di dipendenza simili. Le proprietà edoniche del cibo possono stimolare il bisogno di assumerlo anche quando sono soddisfatti i fabbisogni energetici, contribuendo all'aumento di peso e all'obesità [48]. Le ultime stime nazionali sull'obesità infantile e degli adulti negli Stati Uniti mostrano che, dopo 3 decenni di crescita, i tassi di obesità si sono livellati nell'ultimo decennio [49]. Tuttavia, la prevalenza dell'obesità rimane molto alta, mettendo la popolazione a rischio per una vasta gamma di problemi di salute e aumentando notevolmente i costi sanitari della nazione. Droghe e alimenti condividono determinati tratti, ma differiscono anche in termini qualitativi e quantitativi. Le droghe d'abuso, come la cocaina e l'anfetamina, influenzano direttamente i circuiti della dopamina cerebrale; altre droghe influenzano circuiti cerebrali simili e hanno anche accesso diretto e rapido ai circuiti di ricompensa del cervello. Gli alimenti influenzano gli stessi circuiti in due modi più indiretti. Il primo è attraverso l'input neurale dalle papille gustative ai neuroni che secernono dopamina nel cervello, e il secondo è
  • 14. 10 attraverso una fase successiva trasmessa da ormoni e altri segnali generati dalla digestione e dall'assorbimento di cibo ingerito. Dallo studio di Alonso-Alonso del 2015 [50] è emerso che la dopamina non solo tiene traccia di tutti i benefici naturali e le droghe di abuso testati nei ratti e negli esseri umani, ma tiene traccia degli stimoli per alcune sostanze alimentari. L'anticipazione indotta da un'indicazione di un dolce altamente appetibile [51] o una droga di abuso [52,53] porta alla svalutazione di premi minori. In effetti, i segnali per le droghe non solo stimolano la svalutazione ma anche l'inizio di uno stato di avversione quando si deve attendere l'accesso alla ricompensa preferita. Questo stato può comportare desiderio e/o ritiro condizionato. Dati recenti mostrano che questo stato avversivo condizionato può svilupparsi a seguito di una singola esposizione alla droga e può predire chi prenderà una droga, quando e quanta [54]. Anche così, come precedentemente descritto, la vulnerabilità individuale può essere ridotta o aumentata nei ratti e nell'uomo da una serie di fattori, tra cui l'esperienza (ad esempio, la disponibilità di un premio alternativo, l'opportunità di esercitare, la deprivazione cronica del sonno o una storia di abbuffate di grassi). Lo studio di Alonso-Alonso [50] espone diversi risultati chiave. Innanzitutto, la regolazione dell'assunzione di cibo è complessa e coinvolge più livelli di controllo attraverso segnali ambientali e percorsi cognitivi, sensoriali, metabolici, endocrini e neurali. In secondo luogo, cibo e droghe coinvolgono percorsi di ricompensa del cervello sovrapposti, ed entrambi stimolano il rilascio di dopamina [55]. Tuttavia, ci sono differenze fondamentali, sia qualitative che quantitative. Le droghe
  • 15. 11 comunemente abusate prolungano artificialmente il rilascio della dopamina, mentre l'assunzione di cibo appetibile non lo fa. In terzo luogo, la dipendenza è determinata dall'esperienza soggettiva di un individuo. Una certa quantità di rilascio di dopamina con attivazione del sistema di ricompensa cerebrale non sono condizioni sufficienti per la dipendenza. Infine, le esperienze individuali e le variazioni genetiche sono alla base delle differenze nel modo in cui il cervello risponde alle proprietà gratificanti degli alimenti. Nella vita reale, queste risposte cerebrali sono moderate da fattori aggiuntivi (ad es. alternative di ricompensa, cognizione e influenze ambientali). L’analisi della letteratura esistente mostra la necessità generale di metodi innovativi nel campo per valutare meglio i componenti neurocognitivi del comportamento alimentare umano. Lo sviluppo di nuovi metodi in quest'area può migliorare la scoperta e, infine, aiutare a costruire una base di conoscenze sull'impatto di sostanze nutritive, prodotti alimentari e diete sul cervello. Può anche fornire la base per nuovi modi per stimolare i meccanismi inibitori e per sopprimere i meccanismi di attivazione, con potenziali implicazioni per i campi dell'alimentazione e della nutrizione, della medicina e della salute pubblica
  • 16. 12 1.5 OBESITÀ E FOOD ADDICTION Come già citato precedentemente, l’obesità continua ad aumentare come un pericoloso rischio per la salute non solo per la popolazione americana, ma anche a livello globale [56] e la perdita di peso con i trattamenti attuali rimane comunque una sfida. La ricerca nei campi della dipendenza e della nutrizione ha individuato delle similitudini nell’assunzione di cibo e nel consumo di droghe d’abuso [57]. Queste scoperte hanno fatto emergere l’idea che alcuni alimenti, possano entrare in un processo di dipendenza e questo può spiegare più dettagliatamente la difficoltà che alcune persone hanno nel seguire un regime alimentare più sano [58]. La maggior parte delle evidenze per le proprietà addictive del cibo si trovano nel regno biologico che hanno dimostrato con prove importanti che il cibo e le droghe d’abuso usano percorsi simili nel cervello, soprattutto per quanto riguarda i sistemi di dopamina e oppioidi [59,60]. Sebbene il rilascio di dopamina non sia indispensabile per le dipendenza, la dopamina è stata associata al valore percepito della ricompensa sia del cibo che delle sostanze psicoattive [3]. Più è gratificante il cibo o la droga, maggiore è il rilascio di dopamina extracellulare nel nucleo accumbens [61]. Inoltre le lesioni del sistema dopaminergico o il blocco farmacologico dei recettori della dopamina riducono il valore della ricompensa sia degli alimenti ricchi di zuccheri sia delle droghe d’abuso [62-64]. Il consumo di alcol e cibo, in particolare di cibi ad alto contenuto di grassi, può causare la liberazione di oppioidi endogeni nel cervello [65] e gli antagonisti degli oppioidi come il naloxone possono ridurre il valore di rinforzo e il craving per l'alcol nei soggetti dipendenti [66]. Il naloxone riduce anche il consumo e
  • 17. 13 la preferenza per cibi dolci ricchi di grassi sia in soggetti normopeso che obesi [65]. Studi di imaging tomografico ad emissione di positroni (PET) hanno anche dimostrato che sia gli individui obesi che quelli dipendenti da una droga hanno livelli significativamente più bassi di recettori della dopamina [40].
  • 18. 14 1.6 SUGAR ADDICTION Per quanto riguarda invece la sugar addiction la maggior parte delle prove deriva dalle neuroscienze animali ed è tutt'altro che convincente. Vi è una scarsità di dati sperimentali e clinici sull’uomo in quest'area, in particolare se non si prende in considerazione la letteratura sugli effetti comportamentali e neurali del consumo alimentare dolce o appetibile che non fornisce una prova diretta sulla dipendenza da zucchero. Il problema della scarsità di dati sul consumo di zucchero è aggravato dal fatto che raramente lo consumiamo in quanto tale, e quindi la validità ecologica degli studi che esaminano il consumo di zucchero puro negli esseri umani è limitata. Data la moltitudine di fattori interagenti che aumentano il rischio per i disturbi alimentari e l'obesità, si sostiene che il supporto della dipendenza da zucchero come meccanismo causale primario di aumento di peso rappresenta una visione estremamente ristretta che non riesce a catturare la complessità di queste condizioni, e che potrebbe ostacolare risposte più coordinate e appropriate [67].
  • 19. 15 1.7 CIBI GRASSI E FOOD ADDICTION L’interessante studio interessante di Hoch del 2015 ha dimostrato come il rapporto grasso/carboidrati, e quindi la densità energetica, determina l'assunzione di snack e attiva le aree di ricompensa del cervello [68]. La disponibilità di cibo appetibile può portare ad iperfagia edonica, ad esempio aumento dell'apporto energetico e, di conseguenza, aumento di peso corporeo elevato a causa di un cambiamento nel comportamento di assunzione alimentare [69]. Si è visto che l'assunzione delle patatine e degli snack food modula fortemente l'attività all'interno del sistema di ricompensa cerebrale in esperimenti su ratti. Inoltre, porta ad un'attivazione significativamente diversa delle regioni del cervello che regolano l'assunzione di cibo, la sazietà, il sonno e l'attività locomotoria [70]. Sebbene la regolazione neurobiologica dell'assunzione di cibo sia molto più complessa della regolamentazione della tossicodipendenza, sono state discusse sorprendenti sovrapposizioni di meccanismi neurofisiologici, pattern di attivazione cerebrale e conseguenze comportamentali [71]. I circuiti cerebrali coinvolti, infatti, sono fortemente attivati dall'assunzione di cibo dopo la restrizione, ma anche dall'assunzione di cibi altamente appetibili. Normalmente, il cibo altamente appetibile è ad alto contenuto calorico e/o ricco di grassi e/o carboidrati. Pertanto, è stato ipotizzato che la densità energetica del cibo possa essere il fattore cruciale che fa scattare l'assunzione di cibo oltre la sazietà, portando ad un aumento del peso e, infine, all’obesità [72].
  • 20. 16 Nonostante le molte similitudini biologiche tra il consumo di cibo e droghe, ci sono alcune differenze importanti. Il cibo che ci piace attiva il cervello attraverso segnali sensoriali veloci e attraverso processi di ingestione lenti, come l’aumento del glucosio nel cervello. Al contrario, le droghe attivano lo stesso sistema di ricompensa attraverso effetti farmacologici diretti [73]. Nonostante questo, i processi neurobiologici simili che risultano dall’attivazione di cibo e droghe supportano il concetto di dipendenza da cibo [3].
  • 21. 17 1.8 DIPENDENZA COMPORTAMENTALE O DA SOSTANZE? Fino ad ora i disturbi dell’alimentazione sono stati comunque classificati come disturbi del comportamento alla stessa stregua del gioco d’azzardo. Ciò, probabilmente, non rende ragione completamente del fatto che nel concetto stesso di FA è inclusa invece una visione più ampia, ossia di un problema che risente sia di una componente psicologica, ma (e questa è la questione nuova) anche del “fattore cibo”, ossia del fatto che alcuni alimenti di per sé possano contenere nutrienti che facilitano alcuni comportamenti. I modelli animali indicano che alcuni nutrienti sono associati chiaramente a dipendenza. Lo zucchero, per esempio soddisfa i criteri di sostanza capace di indurre dipendenza. Non così, almeno non completamente, i lipidi [74]. Gli zuccheri esercitano questo effetto soprattutto quando assunti in modo eccessivo ed intermittente [75]. L’alternanza di periodi di astinenza ed abbuffate è caratteristica di alcune patologie accettate come il BED, ma fino ad ora non era stato sottolineato sufficientemente che ciò, non si verifica con qualsiasi tipo di alimento [76]. D’altra parte, una gran parte di pazienti BED risponde ai criteri per DUS, addirittura con una percentuale maggiore di quanti non siano intercettati con l’YFAS [77]. In un campione italiano, utilizzato per la validazione dell’YFAS nei soggetti con sovrappeso, i soggetti positivi alla Binge Eatig Scale (BES) avevano una percentuale di positività per YFAS del 38%. Una sovrapposizione importante, anche se inferiore a quella di altri studi. Al contrario, tra i soggetti YFAS positivi il 21% era BES negativo. Ciò sembra indicare che gli strumenti diagnostici per BED e FA non sono alternativi, ma complementari e che intercettano –
  • 22. 18 attraverso i loro costrutti – espressioni cliniche significative, ma non sovrapponibili. Punto comune è il concetto di food craving, che è stato trovato associato alla Bulimia Nervosa [21], all’Anoressia Nervosa [26,27,78-80], al sovrappeso e all’obesità [27,81,82], al Binge Eating Disorder [25,83-85] e al Night Eating Disorder [86]. Probabilmente bisognerà tenere presente che la food addiction non può considerarsi, viste le sue specificità, né una dipendenza pura da sostanze (il cibo non è una droga, visto l’uso fisiologico), né una dipendenza comportamentale pura (il cibo, con alcune sue caratteristiche chimiche, è realmente condizionante). Cercare di ricondurre dei fenomeni clinici ad una variabile dicotomica non sembra essere, almeno in questo caso, ragionevole ed è inutile riproporre una diatriba ormai superata tra la prevalenza di aspetti psicologici o ambientali rispetto ai fattori neurochimici nella genesi delle dipendenze. Allo stato attuale è difficile sapere se la FA è più frequente nei soggetti con un profilo genetico recettoriale di un certo tipo (es. sottoespressione dei D2 striatali) o se è la sovrastimolazione alimentare che determina adattamenti neurochimici, portando il rapporto col cibo verso un comportamento sempre più compulsivo e da “dipendenza”. E’ altresì ancora da esplorare in modo esaustivo la composizione dei cibi o la proporzione dei nutrienti più facilmente correlati alla FA. Se l’YFAS fosse adattato al DSM V, probabilmente sovrastimerebbe la prevalenza di FA, includendo molte persone in sovrappeso con criticità lievi nel controllo del cibo. In qualsiasi caso lo strumento dovrebbe essere modificato tenendo conto delle peculiarità dei comportamenti legati all’alimentazione.
  • 23. 19 1.9 YALE FOOD ADDICTION SCALE (YFAS) Il principale strumento diagnostico finora utilizzato per la food addiction (la scala YFAS) tiene in considerazione i criteri diagnostici per dipendenza da sostanze del DSM-IV [87,88]. Si tratta di un test a 25 item che indaga sui criteri DSM IV riferiti al cibo [37,89]. La presenza di diagnosi è possibile quando sono soddisfatti almeno 3 criteri su 7. I criteri sono elencati nella Tabella 1. Criteri DSM IV Descrizione Criteri equivalenti per FA Tolleranza Servono quantità crescenti di sostanza per raggiungere l’effetto Necessità di assumere quantità crescenti di cibo per raggiungere la sazietà Astinenza La sospensione dell’uso provoca sintomi astinenziali, come alterazione dell’umore, agitazione e sudorazione La sospensione del cibo causa sintomi come l’alterazione dell’umore, agitazione e sudorazione Perdita di controllo Quantità maggiori di sostanza assunte rispetto a quanto preventivato Il cibo viene assunto in quantità maggiori rispetto a quanto previsto Desiderio e fallimenti Desiderio persistente di consumare la sostanza e tentativi infruttuosi di ridurne l’uso I soggetti ripetono numerosi tentativi di assumere quantità adeguate di cibo e frequentemente vanno incontro a fallimenti rispetto a ciò Tempo Grande quantità di tempo I soggetti con FA
  • 24. 20 speso speso per ottenere la sostanza possono spendere diverso tempo nel consumare cibo, spesso senza regolarità o durante tutta la giornata Rinunce Riduzione o sospensione di attività sociali, ricreative o lavorative Isolamento da contesti sociali, interruzione dell’attività fisica Uso continuato Uso continuato nonostante la consapevolezza di conseguenze persistenti Continuare ad assumere certi cibi in modo eccessivo nonostante la presenza di patologie (es. diabete). Tabella 1. I 7 criteri per la diagnosi di FA, riprodotta da Adrian Meule et al., 2014 [89] Come descritto nella tabella, l’YFAS parte dal costrutto teorico che i criteri di diagnosi per dipendenza del DSM IV trovino un correlato rispetto al consumo di cibo [90]. La percentuale di persone con FA tra la popolazione generale , in accordo con l’YFAS, varia tra il 5-10% (campioni non-clinici), tra il 15-25% tra le persone obese e tra il 30-50% i pazienti obesi bariatrici o con BED [91-94]. E’ stata recentemente aperta una discussione sulla appropriatezza dell’YFAS nel rilevare questo problema clinico, anche alla luce dell’evoluzione del DSM V, che agisce in modo dimensionale e non categoriale [95]. I sintomi più frequentemente riscontrati sono il desiderio persistente e i
  • 25. 21 tentativi infruttuosi controllare l’assunzione eccessiva di cibo o di interromperla [96]. La maggior parte dei soggetti obesi soddisfano questo criterio. Altresì risulta elevata la frequenza con cui viene soddisfatto il criterio relativo al continuare a mangiare a dispetto di sintomi fisici o psicologici correlati, soprattutto negli obesi [97]. Al contrario, sono meno riscontrabili i criteri del dispendio di molto tempo per procurarsi il cibo, l’interruzione di importanti attività, i sintomi di astinenza.
  • 26. 22 1.10 PREVALENZA DI FOOD ADDICTION NELLA POPOLAZIONE GENERALE La prevalenza di FA è stata studiata in diverse nazioni, anche se non esistono mappature esaustive in tutte le regioni e su campioni numericamente elevati. Le definizioni proposte dalle domande dell’YFAS, peraltro, possono risentire - anche se parzialmente - di fattori culturali. In un campione di studenti americani si rilevava che l’11,4% rispondeva ai criteri previsti dall’YFAS. In Francia in un campione estratto dalla popolazione generale si rilevava una prevalenza del 7,8%, in Germania dell’8,8%. Uno studio effettuato in Canada, su 652 adulti, ha rilevato una FA per il 5,4% degli arruolati. In Italia i dati disponibili sono variabili, ma il campione più numeroso – a nostra conoscenza – è costituito da 300 persone, che rappresentavano il gruppo di controllo in uno studio psicometrico che indagava la FA in pazienti obesi e in sovrappeso. In questo gruppo di controllo, arruolato tra la popolazione generale, la prevalenza di FA era dell’11% [78], come si può osservare nella Figura 1. Figura 1. Prevalenza di FA nella popolazione generale di alcuni Paesi, tratta da M. Innamorati et al., 2015 [78]. 11,4% 7,8% 8,8% 5,4% 11,0% 0,0% 2,0% 4,0% 6,0% 8,0% 10,0% 12,0% AMERICA FRANCIA GERMANIA CANADA ITALIA
  • 27. 23 1.11 CORRELATI NEUROBIOLOGICI DELLA FOOD ADDICTION Dal punto di vista neurobiologico la dipendenza patologica può essere considerata un comportamento appreso indotto dall’uso cronico delle sostanze alla cui base sono presenti precise alterazioni del sistema della motivazione e della gratificazione [98,99]. Le evidenze scientifiche e cliniche hanno dimostrato che non vi può essere una dipendenza senza vulnerabilità. I fattori di vulnerabilità più importanti sono quelli di natura individuale, genetica ed ambientale [100]. La dipendenza patologica è quindi un disordine comportamentale che si basa su diverse teorie e meccanismi neurobiologici [101]. Alcuni ricercatori, per chiarire il legame tra assunzione di cibo in eccesso e l’uso di sostanze, hanno condotto studi neurobiologici di confronto, tra soggetti con obesità e normopeso. I risultati appaiono però inconsistenti [3]. Nel 2001 venne eseguito uno studio con la PET (tomografia a emissioni di positroni), in un gruppo di soggetti con obesità che ha dimostrato una riduzione dei recettori D2R della dopamina presenti nel nucleo striato, negativamente correlata con l’Indice di Massa Corporea (IMC) [40]: questo potrebbe dimostrare uno stato di “deficit di ricompensa”, che indurrebbe una maggiore assunzione di cibo per ottenere lo stesso livello di ricompensa percepito dai soggetti normopeso. Le osservazioni dello studio non spiegarono però se i cambiamenti dei recettori siano una causa, o una conseguenza dell’obesità. Altri studi successivi sui recettori D2R nei soggetti con obesità hanno prodotto risultati inconsistenti [102]. In modo simile, sebbene gli studi di neuroimaging che esplorano le risposte del cervello agli stimoli alimentari e relativi al cibo
  • 28. 24 nelle persone di peso normale abbiano mostrato un’attivazione ampiamente coerente nel circuito della ricompensa (coinvolgendo i nuclei amigdala, insula e striato), i modelli che emergono dagli studi di confronto tra individui con obesità (ed episodi di abbuffata) e soggetti di controllo mostrano ampia variabilità e inconsistenza [102].
  • 29. 25 1.11.1 COCAINA E CIBO: STESSA RETE NEURALE? Uno studio recente [103] indica che l'adenosina può influenzare la neurotrasmissione della dopamina attraverso i recettori A2A che interagiscono antagonisticamente con la segnalazione mediata dal recettore D2 nel cervello. Gli Autori hanno, inoltre, esaminato gli effetti dei ligandi selettivi del recettore A2A come l'agonista CGS 21680 e gli antagonisti KW 6002 o SCH 58261 nonché della raclopride antagonista del recettore D2-like, sulla reintegrazione della ricerca di cocaina indotta dalla cocaina, l'indicazione condizionata dalla cocaina, o il quinpirolo agonista del recettore D2-like nei ratti. I risultati indicano che l'attivazione di A2A e il blocco del recettore di tipo D2 contrastano la cocaina e la recidiva di cibo. Si propone che i segnali di adenosina e dopamina mediata dal recettore A2A e recettore D2 interagiscano antagonisticamente nei neuroni GABA striato- pallido per regolare il comportamento di ricerca di cocaina e cibo [103]. Quindi i farmaci che bloccano i recettori D2 e attivano quelli A2A funzionano sia per il cibo che per la cocaina. Ciò significa che la droga in questione e il cibo utilizzano le stesse reti neurali.
  • 30. 26 1.11.2 RESISTENZA INSULINICA E D2/D3 Come già detto in precedenze, la dipendenza da cibo è un argomento dibattuto nelle neuroscienze. L'evidenza suggerisce che il diabete è correlato a livelli ridotti di dopamina basale nel nucleo accumbens, simili a quelli delle persone con tossicodipendenza. Non è noto se la sensibilità all'insulina sia correlata ai livelli di dopamina endogeni nello striato ventrale umano. Autori hanno esaminato questo utilizzando il recettore della dopamina D2/3 agonista e una acuta deplezione della dopamina. In un campione separato di persone sane, hanno esaminato se la deplezione di dopamina potesse alterare la sensibilità all'insulina [104]. La sensibilità all'insulina è stata stimata per ciascun soggetto a partire da glucosio plasmatico a digiuno e insulina utilizzando la valutazione del “modello di omeostasi II”. Undici persone non obese e non diabetiche sane (tre femmine) hanno fornito una scansione di base, nove delle quali hanno fornito una scansione sotto deplezione della dopamina, consentendo stime di dopamina endogena al recettore della dopamina D2/3. La deplezione della dopamina è stata raggiunta tramite alfa-metil-para-tirosina (64 mg/kg). In 25 persone sane (9 femmine), il plasma e il glucosio a digiuno sono stati acquisiti prima e dopo l'esaurimento della dopamina. Negli individui sani, una diminuita sensibilità all'insulina è risultata correlata a una minore quantità di dopamina endogena nel recettore della dopamina D2/3 nello striato ventrale. Inoltre, la deplezione acuta della dopamina riduce la sensibilità all'insulina. Questi risultati possono avere importanti implicazioni per le popolazioni neuropsichiatriche con anomalie metaboliche [104].
  • 31. 27 1.11.3 CERVELLO, OBESITA’ E DIPENDENZA: GLI STUDI DI NEUROIMAGING Come evidenziato in precedenza, l'obesità è una delle maggiori sfide per i sistemi sanitari, con il 20% della popolazione mondiale afflitta da questa condizione/patologia. Esiste una grande controversia se l'obesità può essere considerata come un disturbo che crea dipendenza o no. Come ricordato nelle pagine precedenti, proprio per questo il questionario Yale Food Addiction Scale è stato recentemente sviluppato come strumento per identificare gli individui con caratteristiche di dipendenza dal cibo. Nello studio di De Ridder del 2016 [105] sono stati usati dati clinici e dati elettroencefalografici per dicotomizzare l’obesità in base all’attività neuronale. L'attività cerebrale in persone obese dipendenti e non dipendenti da cibo è stata paragonata ai controlli su persone magre dipendenti dall'alcool e non dipendenti. È stato dimostrato che la dipendenza da cibo condivide l'attività cerebrale neurale con la dipendenza da alcol. Questa 'attività cerebrale neurale della dipendenza è costituita dalla corteccia cingolata anteriore dorsale e dall'area para ippocampale. L’”attività cerebrale neurale dell'obesità" è costituita dalla corteccia cingolata anteriore dorsale e dall’area para- ippocampale e parietale inferiore. Tuttavia, le persone con dipendenza alimentare differiscono dalle persone obese non dipendente dal cibo per attività opposta nel giro del cingolo anteriore. Questa dicotomia di dipendenza da cibo e obesità non dipendente da cibo dimostra che esistono almeno 2 diversi tipi di obesità con attività neuronale sovrapposte, ma differenti nell'attività della corteccia cingolata anteriore.
  • 32. 28 Quindi hanno dimostrato che negli individui obesi, nonostante le stesse caratteristiche fenotipiche, esistono almeno due meccanismi neurobiologici che sono pato-fisiologici. La differenza più rilevante tra questi due gruppi di obesi si riferisce all'attività opposta della corteccia cingolata dorsale anteriore. Vi è anche una sorprendente somiglianza tra i gruppi di dipendenti alimentari e di alcol che suggeriscono che un alto punteggio YFAS indica un disturbo da dipendenza correlato al cibo e con processi neurobiologici simili alla dipendenza da alcol. Infine, i risultati suggeriscono anche che i trattamenti per l'obesità, come i farmaci o la neuro-modulazione, dovrebbero essere individualizzati sulla base della fisiopatologia neurobiologica sottostante [105].
  • 33. 29 1.12 FOOD CRAVING Il craving, cioè il desiderio incoercibile di utilizzare la sostanza, è il sintomo patognomonico della dipendenza. In altri termini non vi può essere una dipendenza patologica senza craving [106]. Non c’è dubbio, quindi, che dal punto di vista clinico il craving debba essere considerato il sintomo più importante della dipendenza e, soprattutto, un prodotto dell’alterazione dei diversi sistemi neurotrasmettoriali conseguente all’uso cronico della sostanza. Del resto lo stesso DSM-5 fra i criteri per porre diagnosi di dipendenza alcolica introduce il craving ed elimina i problemi legati all’uso [107]. Recenti studi hanno anche ipotizzato una forte influenza genetica nella genesi del craving, specie quello alcolico [108]. Il food craving si riferisce ad un intenso desiderio di consumare un cibo specifico. Nelle società occidentali, questi alimenti di solito hanno un'alta appetibilità e sono densi di energia, cioè hanno un alto contenuto di zuccheri e/o grassi. La brama alimentare è un'esperienza multidimensionale in quanto include aspetti cognitivi (ad es. pensare al cibo), emotivi (ad es. desiderio di mangiare o cambiamenti di umore), comportamenti (ad es. ricerca e consumo di cibo) e aspetti fisiologici (ad es. salivazione) [109,110]. Il self-report soggettivo sembra essere il metodo più praticabile per la valutazione del craving poiché altre modalità di misurazione (ad es., le risposte autonomiche periferiche) soffrono tipicamente di una mancanza di specificità [111]. Gli strumenti più usati sono i Food Cravings Questionnaires [110-113]. I modelli animali sono una parte importante della ricerca sul comportamento alimentare. Mentre si può chiedere alle persone
  • 34. 30 se provano il desiderio di mangiare un cibo, misurare il desiderio di cibo negli animali non è semplice. A seguito dell'astinenza dallo zucchero, i ratti mostrano un iper-attività, che può essere interpretata come un'esperienza di craving [114]. Una misura piuttosto indiretta del craving alimentare può essere la sazietà sensoriale specifica (SST, in particolare, la sua mancanza). Si riferisce a un temporaneo declino del gradimento del cibo e al desiderio di cibo derivato dal consumo di un certo tipo rispetto ad altri alimenti non consumati [115,116]. Nello studio di Avena del 2005 [114], è stata fatta consumare ai ratti una dieta con alimenti appetitosi e ipercalorici per 2 settimane. Hanno scoperto che questi ratti mostravano una SST compromessa in seguito al consumo di una soluzione ipercalorica, questo potrebbe suggerire che l'esposizione a diete che portano all’obesità influisce sul neuro-circuito coinvolto nel controllo motivato del comportamento alimentare. L'ingestione di cibo è associata a una conseguenza gratificante e, quindi, il valore di incentivo di quel particolare alimento aumenta e le sue caratteristiche sensoriali diventano segnali di soddisfazione [117]. La ricerca dimostra costantemente differenze di genere nel craving alimentare: le donne hanno più probabilità di sperimentare il desiderio di cibo rispetto agli uomini [15]. Si è tentati di supporre che queste differenze siano legate alle differenze ormonali tra donne e uomini, in particolare dal momento che molte donne sperimentano aumenti del desiderio di cibo peri-mestruale e nel periodo gestazionale [118]. Tuttavia, la ricerca su queste esperienze è scarsa. Orloff e Hormes [118] hanno esaminato la letteratura disponibile sul desiderio di cibo durante la gravidanza. Sfidano la nozione che il desiderio alimentare peri-mestruale o gestazionale sia associato a cambiamenti ormonali, ma suggeriscono che i fattori culturali e
  • 35. 31 psicosociali sono fattori determinanti più importanti delle esperienze di craving alimentare e dell’eccesso di peso durante la gravidanza. Il desiderio di cibo può verificarsi a causa di stati d'animo specifici (spesso di umore negativo) ed è contrassegnato dall'anticipazione degli effetti di miglioramento dell'umore derivanti dall'assunzione di cibo [119]. Il craving alimentare è anche associato a un'alimentazione esterna, cioè, è spesso innescato da segnali nell'ambiente. Potenza e Grilo [120] riassumono brevemente la ricerca sul craving alimentare e le sue basi neuronali. Inoltre, evidenziano la sua rilevanza nell'obesità e il disturbo da alimentazione incontrollata e suggeriscono che la ricerca e la terapia di questi disturbi possono trarre beneficio dall'introduzione di un quadro di dipendenza.
  • 36. 32 1.13 FOOD ADDICTION E ALTRE DIPENDENZE La ricerca sui rapporti tra food addiction e altre dipendenze è ancora molto lacunosa. Essa si basa prevalentemente su modelli animali e su poche osservazioni sull’uomo. Le correlazioni osservate sono relative ai disturbi del comportamento alimentare, come il BED e la BN. Alcuni studi hanno riportato che il 50% dei pazienti che hanno un disturbo alimentare presentano un abuso o una dipendenza da sostanze e che il 35% degli abusatori di alcol hanno un disturbo del comportamento alimentare, quando la prevalenza nella popolazione generale è intorno al 3% [79]. Nella popolazione adolescente sono state trovate percentuali comprese tra il 17% e il 46% [81,82] e tra quanti sono positivi per Eating Disorder c’è un abuso di sostanze superiore del 20- 40% rispetto ai controlli, come evidenziato in uno studio italiano che ha preso in considerazione i dati ESPAD 2007, ossia un campione di 33.815 adolescenti di età compresa tra i 15 e i 19 anni [82]. In genere la Bulimia Nervosa è quella che è più fortemente correlate all’abuso di sostanze [83,84,86]. Le prevalenze più alte sono riferite alla BN con comportamenti di purging e poi alla BED, mentre i casi di AN sembrano avere livelli di abuso di droghe simili o più bassi dei controlli sani [121]. In uno studio sperimentale, Caroline Davis ha dimostrato che i soggetti con diagnosi di FA non risentono della soppressione del consumo di cibi palatabili dopo somministrazione di metilfenidato (noto agonista della dopamina), nella stessa misura dei controlli. Ciò propende per una differenza della responsività agli stimoli dopaminici tra chi ha una FA e chi non ne è affetto [122].
  • 37. 33 Una sovrapposizione genetica tra dipendenze correlate alle sostanze e quelle non correlate a sostanze è stata indagata (Genome-Wide Association Study) su 9314 donne europee, riscontrando due loci con una significativa rilevanza genomica (P <2,5 × 10-8). Il gene SNPs , candidato per la dipendenza da droghe, non è stato associato a food addiction [123], mentre è stata dimostrato un overlapping genetico tra gambling patologico e drug abuse [124]. Ciò rende probabile una associazione tra gioco d’azzardo patologico e food addiction, anche se non ci sono ancora dati espliciti in tal senso. Tra i giocatori d’azzardo, comunque, c’è una prevalenza di FA superiore rispetto ai controlli [125].
  • 38. 34 2. SCOPO DELLA TESI Avendo sviluppato un interesse particolare per le problematiche della dipendenza patologica ho svolto il mio internato di tesi presso la Medicina delle Dipendenze dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona diretta dal Dr. Fabio Lugoboni. In quest’ambito ho collaborato all’analisi dei dati derivati dallo studio FODRAT (FOod Addiction, DRugs, Alchool and Tobacco). Obiettivo di questo studio era la valutazione della prevalenza di food addiction, utilizzando il questionario YFAS, tra gli utenti dei servizi per le dipendenze, con particolare riferimento allo studio dei sottogruppi correlati al tipo di sostanza primaria di abuso, età, peso corporeo, sesso. Lo studio è stato approvato dal Comitato Etico della ex ASL di Monza e Brianza nel dicembre 2015. Il Principal investigator dello studio è il Dr. Biagio Tinghino, dell’ASST di Vimercate.
  • 39. 35 3. MATERIALI E METODI 3.1 CRITERI DI ARRUOLAMENTO E CENTRI PARTECIPANTI Sono stati inclusi nello studio persone di età pari o superiore ai 18 anni, che usano sostanze psicotrope o mostrano comportamenti di addiction, sia da sostanze legali che illegali. Sono stati altresì inclusi pazienti astinenti da sostanze, ma in trattamento farmacologico, psicologico o in fase di monitoraggio/sostegno sociale, educativo. Sono stati considerati arruolabili i pazienti inviati dalla Commissione Medica Legale per abuso di alcol e dai medici competenti per uso di sostanze stupefacenti. Sono stati reclutati tutti i soggetti afferenti ai servizi per le dipendenze, tranne i familiari dei pazienti e i soggetti che usufruiscono di prestazioni meramente amministrative (certificatorie). La partecipazione allo studio era volontaria con i dati raccolti in forma anonima, e senza previsione di alcun tipo di remunerazione. Non erano eleggibili i pazienti non in grado di comprendere correttamente il significato delle domande e il senso del questionario. I Servizi Dipendenze (SerD) partecipanti allo studio trattano qualsiasi tipo di dipendenza (legale o illegale), mentre alcuni Centri partecipanti erano caratterizzati da una prevalente afferenza di pazienti con disturbi da uso di alcol o nuove dipendenze (Servizi di Alcologia, o NOA), di sostanze illegali (SerT, Servizi per le Tossicodipendenze) o Centri per il Trattamento del Tabagismo (CTT). Sono stati coinvolti 17 servizi: SerT Ass2 Isontina-Bassa Friulana, SerT Carate/Seregno, CTT Monza, SerD Dolo, Servizi Multidisciplinari Inrtegrati (SMI) Mago di Oz, Medicina delle Dipendenze di Verona, SerT Nicosia, Noa Monza, Noa Vimercate, SerD Rovigo e Badia, SerT Treviso Nord, SerT Rimini, SerD
  • 40. 36 Monza, SerT Forlì, SerD ULSS Serenissima, SerD USLL 22 Bussolengo, SerD Verona1.
  • 41. 37 3.2 DISEGNO DELLO STUDIO E METODOLOGIA DI RACCOLTA DEI DATI Ai pazienti afferenti ai diversi Servizi è stato proposto di partecipare allo studio senza una selezione preventiva, salvo il soddisfacimento dei requisiti di inclusione. Il questionario da compilare è stato proposto dal personale sanitario in occasione delle visite programmate, degli accessi ambulatoriali per la somministrazione di farmaci, controlli tossicologici o altre prestazioni sanitarie. Il questionario, dopo una breve spiegazione da parte di un operatore, era autocompilato e il tempo per la compilazione è stato mediamente di circa 15 minuti. L’arruolamento, come detto, era su base volontaria. I soggetti firmavano il consenso ai sensi delle vigenti (al momento dello studio) leggi sulla privacy ed erano informati sugli obiettivi dello studio, nonché sull’utilizzo solo in forma aggregata dei dati. I questionari erano classificati con un codice identificativo univoco per ciascuna sede operativa, erano anonimi e quindi non correlabili a dati personali. Il database è stato elaborato esclusivamente all’interno dei server aziendali, dotati di strumenti di protezione informatica, come da normativa vigente. La partecipazione allo studio non comportava costi per l’utenza.
  • 42. 38 3.3 QUESTIONARIO Il questionario (vedi allegato) era composto dall’YFAS, da una sezione riportante una lista di cibi a diverso indice glicemico, e da una sezione nella quale venivano richiesti alcuni dati del paziente (età, altezza, sesso, peso corporeo e sostanza d’abuso). La diagnosi di food addiction veniva posta sulla base delle risposte date nel questionario YFAS, test consistente in 25 item autosomministrabili che misura i dati clinici relativi ai 12 mesi precedenti, e in accordo con i sette criteri (vedi Tabella 1) per la diagnosi di dipendenza da sostanze elencati nel DSM-IV [33]. Uno score pari o maggiore di 3 è considerato indicativo per la diagnosi di FA, quando era anche positivo l’ulteriore criterio, (previsto nell’applicazione della scala YFAS) di compromissione, funzionale o comportamentale, della qualità della vita (QoL) a causa dell’assunzione di cibo (criterio in relazione alle domande 15 e 16 del questionario). La validazione della versione inglese era caratterizzata da buona convergenza, consistenza interna, capacità di predire il binge eating. La versione italiana dell’YFAS è stata validata dal gruppo di lavoro della SISDCA (Società Italiana per lo Studio dei Disturbi del Comportamento Alimentare) [37,90,97,126,127].
  • 43. 39 3.4 ELABORAZIONE DEI DATI E ANALISI STATISTICA I questionari YFAS sono stati elaborati e, come da protocollo, individuati i pazienti che avevano almeno 3 dei 7 criteri DSM-IV positivi, oltre a positività per il criterio 8 specifico della scala YFAS. Le 25 domande del questionario sono state correlate ai criteri sopraelencati come mostrato in Tabella 2. Items Criterio Domande YFAS 1 Cibo assunto in quantità maggiore o per un periodo più lungo di quanto preventivato 1,2,3 2 Persistente desiderio o ripetuti tentativi infruttuosi di smettere/controllare l’assunzione 4,22,24,2 5 3 Molto tempo/attività/ spesi per ottenere o consumare il cibo 5,6,7 4 Riduzione di importanti attività sociali, occupazionali o ricreative 8,9,10,11 5 L’uso continua nonostante la consapevolezza delle conseguenze avverse 19 6 Tolleranza (aumento significativo dell’assunzione, riduzione significativa dell’effetto percepito) 20,21 7 Sintomi caratteristici dell’astinenza, assunzione per dare sollievo all’astinenza 12,13,14 8 L’uso causa stress o danni significativi 15,16 Tabella 2. Domande del questionario YFAS in relazione ai criteri DSM-IV L’analisi statistica è stata processata con SPSS 11.5 software statistico (SPSS 11.5, SPSS Inc, Chicago, IL). I procedimenti
  • 44. 40 eseguiti sono stati: calcolo delle prevalenze, intervalli di confidenze (95% IC), deviazioni standard (DS), medie e analisi bivariate, con ricerca di significativita dei risultati (test del Chi Quadrato con p value) e calcolo degli Odds.
  • 45. 41 4. RISULTATI 4.1 DATI DEMOGRAFICI DEL CAMPIONE Il questionario è stato consegnato a 827 pazienti, afferenti ai 17 centri o servizi per le dipendenze partecipanti allo studio. Hanno completato il questionario YFAS in modo esaustivo 602 pazienti (72,8%). Come mostrato in Figura 2, sono stati ulteriormente esclusi i pazienti con questionari non completi dei dati aggiuntivi richiesti dallo studio (età, sesso, peso corporeo, altezza, sostanza d’abuso), pertanto il numero di pazienti inclusi nell’analisi è stato di 575 soggetti (69,5%). Figura 2. Flow-chart dei pazienti arruolati/esclusi Come mostrato in Figura 3, le femmine erano 123 (21,4 %) e i maschi 452 (78,6%). L’età media del campione era di 42,7 anni (DS: ± 11,4, 95% IC 41,8-43,6), 44,4 anni per le femmine (DS: ± 12,6; 95% IC 42,2-46,6), 42,2 anni per i maschi (DS: ± 11,0; 95% IC 41,27-43,3). 827 ARRUOLATI 602 con questionario YFAS completato 575 INCLUSI Questionario YFAS completato + dati aggiuntivi 225 ESCLUSI per questionario YFAS incompleto 27 ESCLUSI per dati aggiuntivi incompleti
  • 46. 42 Figura 3. Numero maschi, femmine e totale con rispettiva età media Nel campione esaminato, come mostrato nella Figura 4, l’età più rappresentata era quella dei 40-44 anni d’età (92 persone) e a seguire 50-54 (89 persone). Figura 4. Distribuzione del campione esaminato in base all’età 452 123 575 42,2 44,4 42,7 0 100 200 300 400 500 600 700 Maschi Femmine Totale N° individui Età media 31 56 56 81 92 84 89 45 25 15 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 18-25 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 65 e più
  • 47. 43 4.2 DATI TOSSICOLOGICI I pazienti potevano inserire nel questionario fino a 5 sostanze o comportamenti d’abuso, indicando nel caso di poli-dipendenza la sostanza primaria. Sulla base delle risposte dei pazienti inclusi nell’analisi è stato possibile identificare coloro che assumevano solo una sostanza (monoassuntori, n.=231) e chi ne assumeva due o più (poliassuntori, n.=344) così come raggruppare i soggetti in base alla dipendenza primaria. Nella Tabella 3 vengono mostrate le sostanze primarie di abuso con la relativa distribuzione del campione. Sostanza primaria d’abuso N. soggetti Percentuale EROINA 280 48,6 ALCOL 138 24,0 COCAINA 65 11,3 TABACCO 62 10,7 THC 29 5,0 ALTRO 1 0,4 TOTALE 575 100 Tabella 3. Distribuzione del campione in base alla sostanza primaria d’abuso Dalla Tabella 3 si può osservare come la dipendenza da eroina sia la più frequente nella popolazione presa in esame (48,6%) seguita da quella da alcol (24%).
  • 48. 44 Nella Tabella 4 sono elencate le sostanze utilizzate dai monoutilizzatori (231), mentre nella Tabella 5 quelle dei poliassuntori (344). Sostanze d'abuso utilizzate dai monoassuntori N. soggetti Percentuale ALCOL 85 36,8 TABACCO 57 24,6 EROINA 52 22,5 COCAINA 26 11,2 THC 10 4,3 ALTRO 1 0,4 TOTALE 231 100 Tabella 4. Distribuzione dei monoassuntori Sostanze d’abuso utilizzate dai poliassuntori N. soggetti Percentuale EORINA 228 66,2 ALCOL 53 15,4 COCAINA 39 11,3 THC 19 5,5 TABACCO 5 1,4 TOTALE 344 100 Tabella 5. Distribuzione dei poliassuntori, per sostanza primaria (prevalente) Come mostra la Tabella 4, nei monoassuntori la sostanza prevalente è l’alcol (36,8%), seguito dal tabacco (24,6%) e dall’eroina (22,5%).
  • 49. 45 Invece, come mostra la Tabella 5, nei poliassuntori la sostanza prevalente rimane l’eroina (66,2%), a seguire l’alcol (15,4%), e la cocaina (11,3%). I risultati ottenuti nel presente studio, in termini di prevalenza di diagnosi di FA, sono stati paragonati con quelli ottenuti nello studio condotto sulla popolazione generale italiana [78] che indicava come valore l’11%. Questo dato è stato tenuto in considerazione come controllo per tutte le elaborazioni, anche se si ritiene che sarebbero necessari ulteriori studi per verificare la prevalenza di FA tra i soggetti non affetti da patologie cliniche. Complessivamente il numero di soggetti, che in base alle risposte all’YFAS, erano positivi per diagnosi di FA è risultato di 118 soggetti (pari al 20,5% del campione incluso nell’analisi). La differenza di prevalenza tra soggetti con FA nel campione versus la popolazione generale (Figura 5) è risultata così altamente significativa: p<0,01 Odds Ratio 2,08 (IC 95% 1,38- 3,16). Figura 5. Prevalenza di FA nei soggetti con dipendenza e nella popolazione generale italiana. 20,5% 11,0% 0,0% 5,0% 10,0% 15,0% 20,0% 25,0% Pazienti addicted Popolazione generale
  • 50. 46 Si è anche osservata, come mostrato nella Figura 6, una certa differenza in relazione al genere, con una maggiore prevalenza di FA nelle femmine (30,8%, n.38/123) rispetto ai maschi (17,7%, n. 80/452). La differenza tra i due gruppi era significativa (p<0,01). Figura 6. Numero soggetti con diagnosi di FA nelle femmine rispetto ai maschi con relativa prevalenza Di seguito sono riportate le correlazioni tra dipendenza da cibo e sostanza primaria d’abuso. L’analisi è stata fatta comparando la prevalenza di FA nei dipendenti, raggruppati in base alla sostanza primaria d’abuso, rispetto alla popolazione generale. La comparazione è stata effettuata tramite il test del Chi Quadrato. 38 80 123 452 30,8% 17,7% 0,0% 10,0% 20,0% 30,0% 40,0% 50,0% 0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500 Femmine Maschi YFAS + YFAS - Percentuale
  • 51. 47 4.2.1 ALCOLISTI VS POPOLAZIONE GENERALE Come si può notare dalla Figura 7 la prevalenza di food addiction in pazienti dipendenti da alcol è risultata lievemente maggiore (15,2%) rispetto alla popolazione generale (11%). Figura 7. Numero soggetti con diagnosi di FA negli alcolisti rispetto la popolazione generale con relativa prevalenza Il valore di Odds Ratio (1,45; 95% IC 0,80-2,61) non conferisce significatività statistica al risultato, come dimostrato dal test del Chi-quadrato (1,55 p>0,05) e dal test del Chi-quadrato corretto YATES (1,19 p>0,05). Nel campione esaminato, dunque, non si può confermare l’ipotesi che gli alcolisti hanno una maggiore prevalenza di FA. 21 33 117 267 15,2% 11,0% 0,0% 10,0% 20,0% 30,0% 40,0% 50,0% 0 50 100 150 200 250 300 Alcolisti Popolazione YFAS + YFAS - Prevalenza FA
  • 52. 48 4.2.2 COCAINOMANI VS POPOLAZIONE GENERALE Come si può notare dalla Figura 8 la prevalenza di food addiction in pazienti dipendenti da cocaina è risultata nettamente maggiore (26,1%) rispetto alla popolazione generale (11%). Figura 8. Numero di soggetti con diagnosi di FA nei cocainomani rispetto la popolazione generale con relativa prevalenza L’elevato valore di Odds Ratio (1,45; 95% IC 0,80-2,61) conferisce significatività statistica al risultato, come dimostrato dal test del Chi-quadrato (10,38 p<0,01) e dal test del Chi- quadrato corretto YATES (1,19 p<0,01). 17 33 48 267 26,1% 11,0% 0,0% 10,0% 20,0% 30,0% 40,0% 50,0% 0 50 100 150 200 250 300 Cocaina Popolazione YFAS + YFAS - Prevalenza
  • 53. 49 4.2.3 EROINOMANI VS POPOLAZIONE GENERALE Come si può notare dalla Figura 9 la prevalenza di food addiction in pazienti dipendenti da eroina è risultata nettamente maggiore (21,4%) rispetto alla popolazione generale (11%). Figura 9. Numero soggetti con diagnosi di FA negli eroinomani rispetto la popolazione generale con relativa prevalenza L’elevato valore di Odds Ratio (2,20; 95% IC 1,39-3,49) conferisce significatività statistica al risultato, come dimostrato dal test del Chi-quadrato (11,7 p<0,01) e dal test del Chi- quadrato corretto YATES (10,94 p<0,01). 60 33 220 267 21,4% 11,0% 0,0% 10,0% 20,0% 30,0% 40,0% 50,0% 0 50 100 150 200 250 300 Eroina Popolazione YFAS + YFAS - Prevalenza
  • 54. 50 4.2.4 TABAGISTI VS POPOLAZIONE GENERALE Come si può notare dalla Figura 10 la prevalenza di food addiction in pazienti dipendenti da tabacco è risultata maggiore (16,3%) rispetto alla popolazione generale (11%). Figura 10. Numero soggetti con diagnosi di FA nei tabagisti rispetto la popolazione generale con relativa prevalenza Il valore di Odds Ratio (1,55; 95% IC 0,72-3,35) non conferisce significatività statistica al risultato, come dimostrato dal test del Chi-quadrato (1,29 p>0,05) e dal test del Chi-quadrato corretto YATES (0,84 p>0,05). Non si può dunque affermare che i fumatori abbiamo una prevalenza di FA superiore rispetto alla popolazione generale. 10 33 52 267 16,1% 11,0% 0,0% 10,0% 20,0% 30,0% 40,0% 50,0% 0 50 100 150 200 250 300 Tabagisti Popolazione YFAS + YFAS - Prevalenza
  • 55. 51 4.2.5 UTILIZZATORI DI CANNABIS VS POPOLAZIONE GENERALE Come si può notare dalla Figura 11 la prevalenza di food addiction in pazienti dipendenti da cannabis è risultata nettamente maggiore (31,0%) rispetto alla popolazione generale (11%). Figura 11. Numero soggetti con diagnosi di FA negli utilizzatori di cannabis rispetto la popolazione generale con relativa prevalenza L’elevato valore di Odds Ratio (3,64; 95% IC 1,53-8,65) conferisce significatività statistica al risultato, come dimostrato dal test del Chi-quadrato (9,53 p<0,01) e dal test del Chi- quadrato corretto YATES (7,81 p<0,01). 9 33 20 267 31,0% 11,0% 0,0% 10,0% 20,0% 30,0% 40,0% 50,0% 0 50 100 150 200 250 300 Cannabis Popolazione YFAS + YFAS - Prevalenza
  • 56. 52 4.2.6 MONO ASSUNTORI VS POLI ASSUNTORI Come si può notare dalla Figura 12 la prevalenza di food addiction in pazienti poliassuntori è risultata nettamente maggiore (23,5%) rispetto monoassuntori (15,1%). Figura 12. Numero soggetti con diagnosi di FA i monoassuntori rispetto poliassuntori con relativa prevalenza Nella Tabella 6, osserviamo che il P-value è p < di 0,05, il che conferma una significatività, sebbene di minor grado rispetto agli altri confronti (assuntori di ciascuna sostanza vs popolazione generale). Tabella 6. Dati ottenuti con il test del Chi-quadrato e Odds Ratio 35 81 196 263 15,1% 23,5% 0,0% 10,0% 20,0% 30,0% 40,0% 50,0% 0 50 100 150 200 250 300 Mono-assuntori Poli-assuntori YFAS + YFAS - Prevalenza Chi-quadrato 6,04 P<0,05 Chi-quadrato (corretto YATES) 5,33 P<0,05 Odds Ratio (95%IC) 0,57 (0,37-0,89)
  • 57. 53 5. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI I dati di questo studio, derivanti dalla pratica clinica (“real world”), apportano un contributo alla problematica della diffusione della food addiction nei tossicodipendenti e sottolineano la particolare vulnerabilità dei soggetti affetti da altre dipendenze anche alla food addiction. Diversi studi su animali hanno dimostrato una sostanziale sovrapposizione dei circuiti neuronali coinvolti, con particolare riferimento a quelli mesocorticolimbici propri della ricerca del piacere, del rinforzo e della gratificazione coinvolti nelle dipendenze. Com’è noto, si tratta di strutture che sono regolate principalmente dalla dopamina, ma che risentono di numerose altre afferenze neurotrasmettitoriali. Gli studi hanno più volte indagato sulla variazione di espressione, nelle persone obese, dei recettori dopaminici D2, per avvalorare o smentire l’ipotesi di una “reward deficiency syndrome”, in modo analogo a quello che succede nei soggetti con DUS. Non tutti gli esiti sono stati coerenti con questa ipotesi. I dati ci mostrano che non esiste una correlazione deterministica tra espressione recettori dopaminergici D2 e obesità, food addiction e obesità, anche se in realtà i soggetti in sovrappeso o con BMI>30 soddisfano più frequentemente di altri i criteri di FA. Anche se è difficile stabilire se il problema nasca da una sotto espressione recettoriale dei sistemi di rewarding, è per altri versi evidente che i sistemi di premio, rinforzo e gratificazione nei consumatori cronici sono modificati. Diversi trial hanno cercato una correlazione tra obesità e food addiction e/o altri disturbi del comportamento alimentare. Nel nostro campione c’erano differenze significative tra maschi (17,7%) e femmine (30,8%) rispetto alla prevalenza di FA
  • 58. 54 (p<0,01). Ciò può essere determinato dalla maggiore propensione delle femmine verso i disturbi del comportamento alimentare, fenomeno già noto in letteratura. Nessuna significatività, invece, nel BMI dei food addicted versus i non food addicted del campione, anche se era possibile osservare una modesta differenza percentuale assoluta (dati non mostrati). Sono risultate significative le differenze tra cocainomani, eroinomani, utilizzatori di cannabis e popolazione generale, nel senso che tra queste categorie di abusatori di sostanze le prevalenze di FA erano molto più alte che nel controllo. Non sono risultate significative le differenze con gli alcolisti e con i tabagisti. Questi dati supportano l’idea che, almeno in alcune categorie di pazienti, la FA sia correlata alla dipendenza da sostanza. Ciò sembra in linea con le ricerche nel campo della neuroimaging. In altri termini, anche se in modo non del tutto regolare, esistono frequenti e notevoli convergenze tra dato neuroanatomico, neurotrasmettitoriale e clinico. La ricerca presentata in questa tesi mostra alcune limitazioni. Per esempio il campione non è stato studiato contemporaneamente per diagnosticare eventuali disturbi del comportamento alimentare. Il questionario allegato all’YFAS non indagava sull’andamento clinico della dipendenza, ossia non discriminava tra quanti erano in fase di abuso di sostanze o comportamenti di dipendenza e quanti erano invece astinenti. Non era inoltre indagata la presenza di comorbidità psichiatriche. Alcuni sottogruppi di pazienti erano numericamente limitati, come ad esempio i tabagisti o gli utilizzatori di cannabis. Per i
  • 59. 55 tabagisti è possibile che, aumentando la numerosità del campione, la differenza tra food addicted e non food addicted diventi significativa. Non è stato inoltre possibile studiare il fenomeno nei pazienti affetti da Gioco D’Azzardo Patologico, a causa della scarsa rappresentazione del campione. Una situazione particolare, nella popolazione studiata, è costituita dal sottogruppo di alcolisti. La percentuale di YFAS positivi (15,22%) non è stata tale da raggiungere la significatività statistica. Sarebbe utile però indagare con un campione molto più ampio questo aspetto, per vedere se la non significatività è reale, cioè correlata ad una peculiarità dei soggetti con disturbo da uso di alcol, o è solamente un problema metodologico. La nostra opinione è che gli alcolisti seguano lo stesso andamento delle altre persone con dipendenza e una ricerca su un numero maggiore di pazienti avrebbe buone probabilità di confermare questa ipotesi. Nonostante alcune categorie, in generale lo studio dimostra che nei soggetti che hanno già una dipendenza la prevalenza di food addiction è molto alta, più che nella popolazione generale (20,52% nei dipendenti vs 11% della popolazione generale, p<0,01). Ciò è coerente con la teoria della sensitizzazione recettoriale e con le frequenti osservazioni di switching nel campo delle dipendenze, tali per cui i pazienti abusatori di una sostanza spesso diventano consumatori di altre o le sostituiscono in modo quasi indifferente. Un ultimo confronto, tra poliassuntori e monoassuntori rivela una significatività di FA a favore dei poliassuntori (23,5%) vs i monoassuntori (15,1%). E’ difficile formulare a tal proposito ipotesi attendibili, visto che questo - a nostra conoscenza - è il
  • 60. 56 primo studio che misura tale aspetto. I poliassuntori sono in genere pazienti con una storia di dipendenza più lunga alle spalle, potrebbero rispondere ad un profilo di deficit di rewarding più marcato, e perciò potrebbero essere più bisognevoli degli altri di ottenere una attivazione dopaminica attraverso il cibo. Ma si tratta solo di interpretazioni che dovrebbero essere suffragate da ulteriori studi. In sintesi, la dipendenza da cibo sembra funzionare alla stessa stregua di altre dipendenze, sembra emulare gli stessi meccanismi che giustificano – alla fine – l’alta prevalenza riscontrata nel campione di pazienti studiato. I dati suggeriscono una sovrapposizione sostanziale tra i profili di abuso da sostanze e dipendenza da cibo. Tutto ciò avvalora la tesi che il discontrollo dell’uso di cibo può rientrare nei criteri di dipendenza, come definiti dal DSM IV e probabilmente anche in quelli del DSM V. Ulteriori studi sono auspicabili per indagare meglio la correlazione tra dipendenza da sostanze, disturbi del comportamento alimentare, disturbi psichiatrici e food addiction, eventualmente anche in base alla fase clinica dell’uso di sostanze.
  • 61. 57 6. BIBLIOGRAFIA [1] U. Nizzoli, “Il Disturbo da Uso di Sostanze (DUS),” in In Sostanza - Manuale sulle dipendenze patologiche, 1st ed., F. Lugoboni and L. Zamboni, Eds. Verona: Edizioni CLAD-Onlus, 2018, pp. 13–21. [2] R. West and J. Brown, Theory of addiction: Edition 2, 2013 [3] R. Dalle Grave, “Food Addiction: un concetto di limitata validità e utilità clinica,” Alimentazione, Prevenzione & Benessere, pp. 4– 12, 2018. [4] K. M. von Deneen and Y. Liu, “Obesity as an addiction: Why do the obese eat more?,” Maturitas, vol. 68, no. 4, pp. 342–345, Apr. 2011. [5] S. L. Parylak, G. F. Koob, and E. P. Zorrilla, “The dark side of food addiction,” Physiol. Behav., vol. 104, no. 1, pp. 149–156, Jul. 2011. [6] T. G. RANDOLPH, “The descriptive features of food addiction; addictive eating and drinking.,” Q. J. Stud. Alcohol, vol. 17, no. 2, pp. 198–224, Jun. 1956. [7] E. M. Schulte, N. M. Avena, and A. N. Gearhardt, “Which Foods May Be Addictive? The Roles of Processing, Fat Content, and Glycemic Load,” PLoS One, vol. 10, no. 2, p. e0117959, Feb. 2015. [8] S.-J. Leigh and M. J. Morris, “The role of reward circuitry and food addiction in the obesity epidemic: An update,” Biol. Psychol., vol. 131, pp. 31–42, Jan. 2018. [9] J. Treasure, M. Leslie, R. Chami, and F. Fernández-Aranda, “Are trans diagnostic models of eating disorders fit for purpose? A consideration of the evidence for food addiction,” Eur. Eat. Disord. Rev., vol. 26, no. 2, pp. 83–91, Mar. 2018. [10] A. N. Gearhardt, W. R. Corbin, and K. D. Brownell, “Preliminary validation of the Yale Food Addiction Scale,” Appetite, vol. 52, no. 2, pp. 430–436, Apr. 2009.
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