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Comune di Viareggio


                                      Martedì al Cinema POLITEAMA




                          Martedì 5 marzo 2013
                          Ore 21,00
                          Cinema POLITEAMA
                          BUON ANNO SARAJEVO
                          di Aida Begic.
                          _____________________________________________
Con: Marija Pikic, Ismir Gagula, Nikola Djuricko, Stasa Dukic, Velibor Topic, Jasna Beri, Sadzida
Setic, Bojan Navojec, Mario Knezovic, Sanela Pepeljak, Vedran Djekic, Aleksandar Seksan,
Ravijojla Jovancic, Mirela Lambic, Semir Krivic, Adnan Omerovic, Mehmed Porca.
Bosnia-Herzegovina, Germania, Francia, Turchia 2012. Durata 90 min.



Cosa resta di Sarajevo
                                                                            Alberto Crespi L'Unità 3 gennaio 2013
Visto al recente Festival di Torino, Buon anno Sarajevo è un film doppiamente disturbante -
quindi, molto interessante per come smantella svariati luoghi comuni che scattano inconsciamente
nelle teste di noi occidentali alla parola «Sarajevo». Il primo motivo di disturbo è scoprire che, nella
Sarajevo post-bellica di oggi, non si rischia più la pelle come ai tempi del conflitto ma vivere può
essere comunque molto difficile, soprattutto se orfani di guerra come la 23enne Rahima e il suo
fratellino 14enne, Nedim. Il secondo motivo è l'orgoglio rabbioso con cui Rahima vive (verrebbe
quasi da dire: ostenta) la propria condizione di giovane musulmana. Abbiamo un bel dire, noi
occidentali politicamente corretti, che l'Islam opprime le donne: molte donne islamiche non
sarebbero d'accordo con noi. Se pensate che le considerazioni di cui sopra celino un film
maschilista, sappiate che Buon anno Sarajevo è diretto da una donna, Aida Begic, che a Torino ci è
sembrata tosta e non riconciliata proprio come il suo personaggio. Film breve (90 minuti) ma che
non dà tregua, anche per lo stile nervoso, quasi alla Dogma. Utilissimo per un confronto con il
recente film di Castellitto-Mazzantini, ambientato in una Sarajevo vista da occhi occidentali: il
giorno e la notte.

Sarajevo, viaggio nelle ferite di guerra
                                                            Alessandra Levantesi Kezich La Stampa 3 gennaio 2013
Non c'è nulla di più antimilitarista del messaggio di Buon Anno Sarajevo, che pure si svolge in
tempo di pace. Ma un sicuro motivo d'interesse del film della sensibile bosniaca Aida Begic è
proprio mostrare come le devastanti conseguenze di una guerra si riverberino nella vita di un paese
a distanza di oltre un decennio dalla fine. Rahima, giovane orfana che lavora come aiuto-cuoca, è
preoccupata per il fratello minore Nadim, un 14enne che finisce sempre nei guai e fatica a trovare
un equilibrio; e per saperne di più, lo pedina nella cornice di una città che, come i suoi abitanti,
porta incise le ferite inferte prima dalle bombe e poi dalla crisi. In efficaci piani sequenza la Begic
ritaglia il quadro di una realtà cupa e desolata, che la vibrante Rahima nobilita con il suo sguardo
puro di indomita eroina.
Buon anno anche ai bambini della guerra di Bosnia
                                                                      Silvana Silvestri Il Manifesto 3 gennaio 2013
II coro di bambini che apre 'Djeca' («Bambini», distribuito in Italia dalla Kitchen come Buon anno
Sarajevo) ci ricorda che sono già passati venti anni dall'inizio dell'assedio di Sarajevo, poco meno
degli anni della protagonista Rahima che appunto a quei tempi era una bambina ed ora, adolescenza
finita da poco, lavora come cuoca in un ristorante e si occupa del fratello minore quattordicenne
Nadim che sospetta di traffici poco puliti. Non c'è neanche bisogno di tante parole per tessere la
trama del film, come fa con grande maestria la regista inaugurando l'anno con un film da non
perdere (premio speciale del Certain Regard a Cannes e agli Oscar in rappresentanza del suo paese).
Sotto il velo che porta Rahima si dipana buona parte dei temi del film (lo porta anche la regista)
un'ancora di identità nel deserto creato dalla guerra, un simbolo di appartenenza che lega
strettamente attorno alla testa come a non far fuggire i pensieri, ma ancora meglio un modo per
isolarsi e procedere spedita per la sua strada, donna battagliera e orgogliosa in strenua difesa di
quello che resta della sua famiglia. L'esperienza della guerra le ha trasmesso la forza di contrapporsi
coraggiosamente alle sopraffazioni della nuova società. Già dal microcosmo del ristorante si
capiscono parecchie cose dello stato delle cose del paese, come anche nella scuola: la
prevaricazione, la prepotenza dei potenti, qualunque sia il loro grado. Un racconto di esemplare
abilità ad affrontare la pesantezza dei problemi in campo, resa con poche parole e il rumore che
ancora rimbomba nelle orecchie. Seguiamo Rahima in lunghi piani sequenza, nei percorsi da casa al
lavoro, nel cupo riquadro di un cavalcavia, dove ogni rumore consueto riporta a cruenti scontri e
sparatorie; sirene e proiettili. Lei, ragazza ribelle, cresciuta in orfanotrofio ora si è riscattata e come
capofamiglia vuole ostinatamente ricostruire il futuro. Intorno a quel velo che crea in occidente tanti
problemi ideologici il film acquista forza e una volta tanto concede al pubblico internazionale di
accedere a significati altrimenti incomprensibili. Tra gli altri che la Bosnia un tempo paese laico
oggi deve fare i conti con il fondamentalismo. Protetta da quel velo che ha scoperto da poco,
Rahima passa indenne da insulti, machismo, provocazioni ed anche timidi corteggiamenti.
Sappiamo che la regista, convertita di recente, trasmette la sua esperienza attraverso questo
personaggio, la sua camera a mano è un uso diverso dal solito, segue i battiti di un cuore affannato
che avanza senza sosta, di una volontà ferma e sicura nel difendersi. L'interpretazione di Marija
Pikic (premiata come migliore attrice al festival di Sarajevo) assume un valore che supera il
personaggio, come rappresentasse tutti i bambini della guerra.




Il cinema ed oltre è promosso dal Cinema Eden e Politeama, in collaborazione con il Comune di
Viareggio. Programmazione di Giulio Marlia.

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Buon anno Sarajevo

  • 1. Comune di Viareggio Martedì al Cinema POLITEAMA Martedì 5 marzo 2013 Ore 21,00 Cinema POLITEAMA BUON ANNO SARAJEVO di Aida Begic. _____________________________________________ Con: Marija Pikic, Ismir Gagula, Nikola Djuricko, Stasa Dukic, Velibor Topic, Jasna Beri, Sadzida Setic, Bojan Navojec, Mario Knezovic, Sanela Pepeljak, Vedran Djekic, Aleksandar Seksan, Ravijojla Jovancic, Mirela Lambic, Semir Krivic, Adnan Omerovic, Mehmed Porca. Bosnia-Herzegovina, Germania, Francia, Turchia 2012. Durata 90 min. Cosa resta di Sarajevo Alberto Crespi L'Unità 3 gennaio 2013 Visto al recente Festival di Torino, Buon anno Sarajevo è un film doppiamente disturbante - quindi, molto interessante per come smantella svariati luoghi comuni che scattano inconsciamente nelle teste di noi occidentali alla parola «Sarajevo». Il primo motivo di disturbo è scoprire che, nella Sarajevo post-bellica di oggi, non si rischia più la pelle come ai tempi del conflitto ma vivere può essere comunque molto difficile, soprattutto se orfani di guerra come la 23enne Rahima e il suo fratellino 14enne, Nedim. Il secondo motivo è l'orgoglio rabbioso con cui Rahima vive (verrebbe quasi da dire: ostenta) la propria condizione di giovane musulmana. Abbiamo un bel dire, noi occidentali politicamente corretti, che l'Islam opprime le donne: molte donne islamiche non sarebbero d'accordo con noi. Se pensate che le considerazioni di cui sopra celino un film maschilista, sappiate che Buon anno Sarajevo è diretto da una donna, Aida Begic, che a Torino ci è sembrata tosta e non riconciliata proprio come il suo personaggio. Film breve (90 minuti) ma che non dà tregua, anche per lo stile nervoso, quasi alla Dogma. Utilissimo per un confronto con il recente film di Castellitto-Mazzantini, ambientato in una Sarajevo vista da occhi occidentali: il giorno e la notte. Sarajevo, viaggio nelle ferite di guerra Alessandra Levantesi Kezich La Stampa 3 gennaio 2013 Non c'è nulla di più antimilitarista del messaggio di Buon Anno Sarajevo, che pure si svolge in tempo di pace. Ma un sicuro motivo d'interesse del film della sensibile bosniaca Aida Begic è proprio mostrare come le devastanti conseguenze di una guerra si riverberino nella vita di un paese a distanza di oltre un decennio dalla fine. Rahima, giovane orfana che lavora come aiuto-cuoca, è preoccupata per il fratello minore Nadim, un 14enne che finisce sempre nei guai e fatica a trovare un equilibrio; e per saperne di più, lo pedina nella cornice di una città che, come i suoi abitanti, porta incise le ferite inferte prima dalle bombe e poi dalla crisi. In efficaci piani sequenza la Begic ritaglia il quadro di una realtà cupa e desolata, che la vibrante Rahima nobilita con il suo sguardo puro di indomita eroina.
  • 2. Buon anno anche ai bambini della guerra di Bosnia Silvana Silvestri Il Manifesto 3 gennaio 2013 II coro di bambini che apre 'Djeca' («Bambini», distribuito in Italia dalla Kitchen come Buon anno Sarajevo) ci ricorda che sono già passati venti anni dall'inizio dell'assedio di Sarajevo, poco meno degli anni della protagonista Rahima che appunto a quei tempi era una bambina ed ora, adolescenza finita da poco, lavora come cuoca in un ristorante e si occupa del fratello minore quattordicenne Nadim che sospetta di traffici poco puliti. Non c'è neanche bisogno di tante parole per tessere la trama del film, come fa con grande maestria la regista inaugurando l'anno con un film da non perdere (premio speciale del Certain Regard a Cannes e agli Oscar in rappresentanza del suo paese). Sotto il velo che porta Rahima si dipana buona parte dei temi del film (lo porta anche la regista) un'ancora di identità nel deserto creato dalla guerra, un simbolo di appartenenza che lega strettamente attorno alla testa come a non far fuggire i pensieri, ma ancora meglio un modo per isolarsi e procedere spedita per la sua strada, donna battagliera e orgogliosa in strenua difesa di quello che resta della sua famiglia. L'esperienza della guerra le ha trasmesso la forza di contrapporsi coraggiosamente alle sopraffazioni della nuova società. Già dal microcosmo del ristorante si capiscono parecchie cose dello stato delle cose del paese, come anche nella scuola: la prevaricazione, la prepotenza dei potenti, qualunque sia il loro grado. Un racconto di esemplare abilità ad affrontare la pesantezza dei problemi in campo, resa con poche parole e il rumore che ancora rimbomba nelle orecchie. Seguiamo Rahima in lunghi piani sequenza, nei percorsi da casa al lavoro, nel cupo riquadro di un cavalcavia, dove ogni rumore consueto riporta a cruenti scontri e sparatorie; sirene e proiettili. Lei, ragazza ribelle, cresciuta in orfanotrofio ora si è riscattata e come capofamiglia vuole ostinatamente ricostruire il futuro. Intorno a quel velo che crea in occidente tanti problemi ideologici il film acquista forza e una volta tanto concede al pubblico internazionale di accedere a significati altrimenti incomprensibili. Tra gli altri che la Bosnia un tempo paese laico oggi deve fare i conti con il fondamentalismo. Protetta da quel velo che ha scoperto da poco, Rahima passa indenne da insulti, machismo, provocazioni ed anche timidi corteggiamenti. Sappiamo che la regista, convertita di recente, trasmette la sua esperienza attraverso questo personaggio, la sua camera a mano è un uso diverso dal solito, segue i battiti di un cuore affannato che avanza senza sosta, di una volontà ferma e sicura nel difendersi. L'interpretazione di Marija Pikic (premiata come migliore attrice al festival di Sarajevo) assume un valore che supera il personaggio, come rappresentasse tutti i bambini della guerra. Il cinema ed oltre è promosso dal Cinema Eden e Politeama, in collaborazione con il Comune di Viareggio. Programmazione di Giulio Marlia.