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MANIFESTAZIONI A PREMIO: IL MINISTERO DELLO SVILUPPO
ECONOMICO CHIARISCE L’AMBITO DELLE ESCLUSIONI.
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Con una circolare interpretativa del 20 novembre 2014 il Ministero dello Sviluppo
economico (Divisione X – Manifestazioni a premio – Direzione generale per il mercato, la
concorrenza, il consumatore, la vigilanza e la normativa tecnica) - sollecitato da alcuni
quesiti proposti da diverse associazioni di categoria - ha inteso fornire taluni chiarimenti
sull’ambito di applicazione delle esclusioni previste dall’articolo 6, comma 1 del DPR n.
430 del 26 ottobre 2001 recante “Regolamento concernente la revisione organica della
disciplina dei concorsi e delle operazioni a premio, nonché delle manifestazioni di sorte
locali, ai sensi dell'articolo 19, comma 4, della legge 27 dicembre 1997, n. 449”.
La norma citata prevede che: “1. Non si considerano concorsi e operazioni a premio: a) i
concorsi indetti per la produzione di opere letterarie, artistiche o scientifiche,
nonché per la presentazione di progetti o studi in ambito commerciale o industriale,
nei quali il conferimento del premio all'autore dell'opera prescelta ha carattere di
corrispettivo di prestazione d’opera o rappresenta il riconoscimento del merito
personale o un titolo d'incoraggiamento nell'interesse della collettività; b) le
manifestazioni nelle quali è prevista l'assegnazione di premi da parte di emittenti
radiotelevisive a spettatori presenti esclusivamente nei luoghi ove si svolgono le
manifestazioni stesse, sempreché l’iniziativa non sia svolta per promozionare prodotti o
servizi di altre imprese; per le emittenti radiofoniche si considerano presenti alle
manifestazioni anche gli ascoltatori che intervengono alle stesse attraverso collegamento
radiofonico, ovvero qualsivoglia altro collegamento a distanza; c) le operazioni a premio
con offerta di premi o regali costituiti da sconti sul prezzo dei prodotti e dei servizi dello
stesso genere di quelli acquistati o da sconti su un prodotto o servizio di genere diverso
rispetto a quello acquistato, a condizione che gli sconti non siano offerti al fine di
promozionare quest'ultimo, o da quantità aggiuntive di prodotti dello stesso genere; (c-bis)
le manifestazioni nelle quali, a fronte di una determinata spesa, con o senza soglia
d’ingresso, i premi sono costituiti da buoni da utilizzare su una spesa successiva
nel medesimo punto vendita che ha emesso detti buoni o in un altro punto vendita
facente parte della stessa insegna o ditta; d) le manifestazioni nelle quali i premi sono
costituiti da oggetti di minimo valore, sempreché la corresponsione di essi non dipenda in
alcun modo dalla natura o dall'entità delle vendite alle quali le offerte stesse sono
collegate; e) le manifestazioni nelle quali i premi sono destinati a favore di enti od
istituzioni di carattere pubblico o che abbiano finalità eminentemente sociali o benefiche”.
***
I chiarimenti offerti dal Ministero hanno riguardato, in particolare, le esclusioni previste alle
lettere a) e c-bis) della disposizione citata. In termini generali il Ministero ricorda come, ai
sensi della legislazione vigente, le disposizioni che prevedono limiti alla libertà di impresa
debbano essere interpretate secondo i canoni della proporzionalità e della necessità,
tenendo in considerazione gli interessi pubblici presidiati dalle stesse disposizioni.
Interessi che, con riferimento ai concorsi e alle manifestazioni a premio, vanno individuati
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da un lato, nella tutela dei consumatori e dall’altro, nell’interesse dell’erario “[…] ad evitare
che, attraverso un uso improprio delle manifestazioni a premio, si verifichino fenomeni
elusivi della riserva statale relativa al lotto e alle lotterie”.
Così chiarito lo spirito che ha mosso il Ministero ad emanare la circolare in commento, con
riferimento alla prima esclusione considerata si sottolinea come la stessa sia stata in
passato oggetto di interpretazioni, fornite dallo stesso Ministero, idonee in quanto tali a
restringerne l’ambito di possibile applicazione, scoraggiando, per tal via, imprese anche
straniere che intendessero avviare simili iniziative nel nostro Paese (in proposito il
Ministero fa un espresso riferimento a “[…] imprese multinazionali operanti nel settore
dell’informatica che […] promettono di premiare i migliori progetti o studi presentati in tale
ambito informatico”).
Sul tema il Ministero sgombra il campo da possibili equivoci e chiarisce come tali
interpretazioni che, ad esempio, prevedevano che il promotore dell’iniziativa dovesse fare
necessariamente uso del progetto o dello studio commissionato, non debbano
considerarsi più attuali.
Venendo alla norma in parola il Ministero ne delimita l’ambito di applicazione oggettivo che
deve intendersi limitato a “[…] opere di carattere letterario, artistico o scientifico, oppure
progetti o studi in ambito commerciale o industriale”. Inoltre, l’iniziativa per rientrare
nell’ambito dell’esclusione non deve prevedere alcun preventivo acquisto ma deve essere
finalizzata a scopi più generali nell’ambito dei quali i premi in palio costituiscano: 1)
corrispettivo di prestazione d’opera; 2) riconoscimento del merito personale o; 3) titolo di
incoraggiamento nell’interesse della collettività.
Con riferimento al primo caso il Ministero chiarisce come lo stesso deve ritenersi integrato
nel caso in cui il premio costituisca il corrispettivo rispetto all’opera, al progetto o allo
studio che il promotore prometta di acquistare o si riservi, in ogni caso, di utilizzare.
Nel caso in cui il premio non possa costituire un congruo corrispettivo si rientra nella
seconda fattispecie, nell’ambito della quale devono ascriversi, secondo l’interpretazione
tradizionalmente offerta dal Ministero, i concorsi letterari, artistici o scientifici.
Qualora l’iniziativa non presenti le caratteristiche dettate nei due casi che precedono
residua la possibilità che il premio previsto possa essere considerato quale “titolo di
incoraggiamento nell’interesse della collettività”. In tale ultima ipotesi, chiarisce il Ministero,
il premio deve essere connesso ad una finalità riconducibile all’interesse della collettività e
non prevalentemente all’interesse commerciale e promozionale degli organizzatori
dell’iniziativa.
***
Così forniti i chiarimenti sulla prima esclusione considerata, passiamo alla seconda
esclusione introdotta dall’articolo 22-bis del DL 24 giugno 2014 n. 91, convertito con
modificazioni dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.
Anzitutto il Ministero chiarisce che l’esclusione in parola che riguarda l’ipotesi in cui “[…] a
fronte di una determinata spesa, con o senza soglia d’ingresso, i premi sono costituiti da
buoni da utilizzare su una spesa successiva nel medesimo punto vendita che ha emesso
detti buoni o in un altro punto vendita facente parte della stessa insegna o ditta” deve
ritenersi applicabile solo con riferimento alle operazioni a premio. Secondo il Ministero,
infatti, tale interpretazione restrittiva dell’operatività dell’esclusione si ricava da un’analisi
letterale della previsione, che non svolge alcun riferimento a condizioni quali la sorte o la
capacità dei partecipanti per l’ottenimento del buono, oltre che dalla considerazione delle
esigenze di tutela dei consumatori e di tutela degli interessi erariali considerate dalla
previsione normativa.
Così chiarito l’ambito di operatività dell’esclusione, il Ministero passa in rassegna la
disposizione chiarendo che:
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• con l’espressione “buoni” debbono intendersi sia i “buoni acquisto” (titoli di
legittimazione la cui consegna o il cui utilizzo dà diritto a ricevere gratuitamente uno
o più prodotti o servizi fino al conseguimento dell’importo nominale del buono) sia i
“buoni sconto” (titoli di legittimazione la cui consegna o il cui utilizzo dà diritto a
sconti sul prezzo di prodotti o servizi);
• con l’espressione “punto vendita che ha emesso detti buoni” deve intendersi il
punto vendita presso cui si è effettuata la spesa che ha dato diritto ai buoni, che
può consistere anche in un sito web di commercio elettronico;
• con l’espressione “con o senza soglia di ingresso” ci si riferisce tanto all’ipotesi in
cui la corresponsione del buono è subordinata al raggiungimento di una certa soglia
di acquisto, quanto all’ipotesi nella quale tale soglia non venga prevista;
• con l’espressione “da utilizzare su una spesa successiva nel medesimo punto
vendita che ha emesso detti buoni o in un altro punto vendita facente parte
della stessa insegna o ditta” ci si riferisce tanto al punto vendita dove si è
effettuata la spesa, quanto agli altri punti vendita dei soggetti promotori
dell’iniziativa contraddistinti dalla stessa “insegna o ditta” di questi ultimi.
***
L’iniziativa assunta dal Ministero con l’emanazione della circolare in commento è senza
dubbio meritoria in quanto idonea a sgombrare il campo da possibili equivoci che nel
tempo la disposizione in parola, anche in conseguenza di talune prassi interpretative
assunte dallo stesso Ministero, ha ingenerato. Offrendo un maggior livello di certezza del
diritto in questo settore, dominato dalla prassi, certamente si invogliano gli operatori ad
assumere iniziative promozionali anche nel nostro Paese senza dover temere
l’applicazione delle pesanti sanzioni previste dalla disciplina vigente.
Si tratta, come detto, di un passo avanti ma molta strada deve essere compiuta per
rendere il nostro quadro regolamentare in materia appealing per gli operatori stranieri.
Forse è arrivato il momento di rivedere alcune previsioni, come quella che richiede per le
manifestazioni a premio condotte online di replicare i server ove vengono immagazzinate
le informazioni relative alla manifestazione su server localizzati nel territorio italiano, che
appaiono oltre che eccessivamente onerose per le aziende promotrici, anche
anacronistiche nell’era del cloud computing.
LINEE GUIDA DELL’ARTICLE 29 DATA PROTECTION
WORKING PARTY SUL DIRITTO ALL’OBLIO DOPO LA
SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA NEL CASO GOOGLE
SPAIN.
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Il 26 novembre 2014 l’Article 29 Data Protection Working Party (organo consultivo
indipendente istituito in conformità all’articolo 29 della Direttiva 95/46/CE sulla protezione
dei dati personali – di seguito “Working Party”) ha pubblicato delle linee guida (“Linee
Guida”) per l’implementazione della pronuncia della Corte di Giustizia resa nel caso
Google Spain SL, Google Inc. c. Agencia Española de Protección de Datos, Mario Costeja
González (causa C−131/12) (in argomento, si veda la newsletter di giugno 2014).
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Ricordiamo che la pronuncia citata ha previsto l’obbligo, per un motore di ricerca (nel caso
di specie, Google), di rimuovere dai propri risultati (cd. “deindicizzazione”) i link a quei siti
che siano ritenuti dagli interessati lesivi del loro “diritto all’oblio” (o “right to be forgotten”),
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ossia della pretesa a ottenere la cancellazione dei contenuti delle pagine web che,
secondo l’interessato, offrono una rappresentazione non più attuale della propria persona.
Nel caso in cui il motore di ricerca non accolga la richiesta, l’interessato potrà rivolgersi
all’autorità nazionale per la protezione dei dati personali o all’autorità giudiziaria.
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Le Linee Guida forniscono una serie di chiarimenti relativi alla pronuncia e alle modalità
con cui le autorità nazionali sulla protezione dei dati personali, riunite nel Working Party,
intendono implementarla.
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In primo luogo, con riferimento all’oggetto della rimozione, si precisa che la pronuncia della
Corte di Giustizia concerne soltanto i risultati ottenuti attraverso ricerche svolte sulla base
del nome di una determinata persona. In questo senso, l’informazione originale potrà
essere ancora accessibile sul web impiegando altri termini di ricerca o attraverso un
accesso diretto alla fonte originale dell’informazione. Inoltre, con riferimento all’ambito
territoriale della deindicizzazione, si afferma che, al fine di tutelare adeguatamente i diritti
degli interessati, essa non deve essere limitata ai domini europei (ad esempio, “.it”, “.eu”,
ecc.) ma deve essere messa in atto su tutti i domini rilevanti, compreso il “.com”.
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Si esclude, poi, la possibilità di richiedere la deindicizzazione ai motori di ricerca interni
alle pagine web (ad esempio, quelli forniti all’interno di quotidiani online), in quanto, da un
lato, questi ultimi raccolgono solo le informazioni contenute su specifiche pagine web,
dall’altro, essi non creano profili completi degli interessati e i relativi risultati non possono
pertanto pregiudicare in modo rilevante gli utenti. Per altro verso, si precisa che,
nonostante la sentenza della Corte di Giustizia riguardi i motori di ricerca, i principi
affermati dalla medesima possono trovare applicazione anche rispetto ad altri operatori.
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Con riferimento alle modalità con cui richiedere la deindicizzazione, si chiarisce che
quest’ultima può essere richiesta dagli interessati con qualunque mezzo. Il motore di
ricerca che respinga una richiesta di deindicizzazione dovrà fornire all’interessato una
sufficiente spiegazione delle ragioni del rifiuto e informare il medesimo in merito alla
possibilità di rivolgersi all’autorità nazionale o agli organi giurisdizionali. Inoltre, si precisa
che, al fine di esercitare i propri diritti verso il motore di ricerca, gli interessati non sono
obbligati a contattare il gestore del sito. Si specifica altresì che le autorità nazionali, nel
valutare le istanze degli interessati, verificheranno l’esistenza di un “chiaro collegamento”
tra l’Unione europea e il l’interessato (ad esempio, avrà rilevanza, ai fini dell’accoglimento
di una richiesta, se l’interessato sia cittadino o residente in uno Stato dell’UE).
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Le Linee Guida chiariscono che i motori di ricerca non sono tenuti ad informare i gestori
dei siti in merito alle richieste di deindicizzazione ricevute dagli interessati. Al tempo
stesso, si riconosce che talvolta sarà necessario contattare il gestore del sito prima di
assumere una decisione in merito alla richiesta, in particolare al fine di ottenere maggiori
informazioni sulle circostanze della medesima.
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Si suggerisce, poi, che le pagine del motore di ricerca riportino sempre e in modo
permanente l’informazione secondo cui, a seguito di richieste di deindicizzazione di altri
utenti, i risultati di ricerca potrebbero essere incompleti (al fine di evitare che gli utenti
possano comprendere che una determinata persona ha presentato una richiesta di
deindicizzazione).
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Infine, le Linee Guida contengono una serie di criteri per orientare l’attività delle autorità
nazionali nella gestione dei reclami degli interessati a seguito del mancato accoglimento,
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da parte del motore di ricerca, delle richieste di deindicizzazione, chiarendo che nessun
criterio è di per sé determinante. Tra di essi, figurano:
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• la natura del richiedente (in particolare, la circostanza per cui il richiedente rivesta
un ruolo di rilievo pubblico, come nel caso di personaggi politici, dovrebbe
tendenzialmente orientare verso il diniego della richiesta di deindicizzazione);
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• la minore età al momento della pubblicazione dell’informazione, che dovrebbe
favorire l’accoglimento di una richiesta di deindicizzazione;
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• l’attinenza dell’informazione all’ambito professionale o personale dell’interessato;
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• la possibilità che la disponibilità di un determinato risultato di ricerca arrechi
pregiudizio all’interessato o metta a rischio la sicurezza dello stesso;
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• etc.
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Il testo integrale delle Linee Guida è disponibile a questo link.
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In Italia, nei mesi di novembre e dicembre 2014, il Garante Privacy ha adottato i primi
provvedimenti (nella specie, nove) in merito a segnalazioni e reclami presentati da alcuni
interessati dopo il mancato accoglimento, da parte di Google, di richieste di deindicizzare
pagine web che riportavano dati personali ritenuti non più di interesse pubblico. Le
richieste pervenute al Garante si riferiscono ad articoli relativi a vicende processuali
ancora recenti e, in alcuni casi, non concluse.
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In sette dei nove casi citati il Garante non ha accolto la richiesta degli interessati,
ritenendo prevalente l’interesse pubblico ad accedere alle informazioni (si è rilevato, in
particolare, come le vicende processuali descritte nelle pagine web contestate fossero
troppo recenti, e come in alcuni casi i relativi procedimenti non si fossero ancora conclusi).
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In due casi, invece, il Garante ha accolto la richiesta dei segnalanti, rilevando, in un caso,
che i risultati di ricerca contestati includevano numerose informazioni eccedenti, riferite
anche a persone estranee alla vicenda narrata, nell’altro, che la notizia pubblicata era
inserita in un contesto idoneo a ledere la sfera privata dell’interessato. Il Garante ha quindi
prescritto a Google, Inc. di deindicizzare le URL segnalate.
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I provvedimenti del Garante Privacy, sopra citati, sono disponibili a questo link.
U L T I M I P R O V V E D I M E N T I A G C M : S A N Z I O N I
COMPLESSIVAMENTE PARI A DUE MILIONI DI EURO.
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Negli ultimi mesi l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (“AGCM”) ha irrogato
sanzioni complessivamente pari a due milioni di Euro, per pratiche commerciali scorrette
nei confronti di note società multinazionali, quali Samsung Electronics Italia S.p.A. (di
seguito, “Samsung Italia”), Poltronesofà S.p.A (di seguito, “Poltronesofà”), TripAdvisor
LLC e TripAdvisor Italy S.r.l. (di seguito, “TripAdvisor”).
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In particolare, con provvedimento del 19 dicembre 2014, disponibile al link: [http://
www.agcm.it/trasp-statistiche/doc_download/4626-ps9678scorrsanz-omi.html], Samsung
Italia è stata destinataria di una sanzione amministrativa pecuniaria pari ad un milione di
Euro per pratiche commerciali scorrette consistenti nella diffusione di informazioni non
veritiere in merito alla capacità di memoria ROM di vari modelli di smartphone e tablet
Samsung attraverso i siti internet “www.samsung.it” e www.samsung.com/it, nonché con
brochure destinate ai punti vendita.
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Come parametri della commisurazione della predetta sanzione sono stati considerati: (i) la
dimensione economica della società; (ii) la natura della pratica, ritenuta particolarmente
scorretta nel caso di alcuni modelli di smartphone, per i quali sarebbe apparso molto
rilevante lo scarto tra il valore di memoria nominale indicato al pubblico e quello
effettivamente disponibile al primo avvio del dispositivo; e (iii) l’ampiezza della pratica
commerciale, relativa ad una gamma di prodotti aventi volumi di vendita annui in Italia di
vari milioni di unità di prodotto.
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Sempre in data 19 dicembre 2014 l’AGCM ha adottato un ulteriore provvedimento nei
confronti del portale online TripAdvisor. In tale occasione, a conclusione del procedimento
istruttorio AGCM ha irrogato una sanzione amministrativa pecuniaria pari ad Euro
500.000, per pratiche commerciali scorrette consistenti nella diffusione di informazioni
ingannevoli sulle fonti delle recensioni pubblicate sul sito internet www.tripadvisor.it,
nonché nella correlata inidoneità degli strumenti e delle procedure adottati da TripAdvisor
per contrastare il fenomeno delle false recensioni.
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Secondo l’Autorità, la suddetta pratica commerciale risulta palesemente in contrasto con
gli obblighi di diligenza professionale previsti dall’art. 20, comma 2, del Codice del
Consumo (D. Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, e successive modifiche) per gli operatori
economici in relazione alle modalità di esercizio o di promozione della propria attività
commerciale nei confronti dei consumatori.
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Più nel dettaglio, la ritenuta contrarietà alla diligenza professionale si sarebbe riscontrata
soprattutto nel fatto che TripAdvisor, pur consapevole del funzionamento del proprio
sistema di controllo delle recensioni e dei suoi limiti intrinseci, alla luce della scelta fatta a
monte rispetto al tipo di modello di business adottato, sarebbe venuta meno all’obbligo di
mettere a disposizione dei consumatori, fin dal primo contatto, un quadro informativo
chiaro, esaustivo e veritiero in relazione alla promozione di servizi sottesa alle condotte
contestate.
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Inoltre, l’Autorità ha ritenuto inconferente la difesa della società secondo cui essa non
potrebbe essere ritenuta responsabile in merito alle condotte contestate in quanto hosting
provider sulla base delle previsioni in materia di responsabilità degli ISPs di cui al D.
Lgs. 70/2003 (cd. Decreto E-commerce, che recepisce le previsioni della Direttiva E-
Commerce 2000/31/CE). Secondo AGCM, infatti, la suddetta società non si sarebbe
limitata alla memorizzazione delle informazioni raccolte, ma, per il modello di business
sviluppato, avrebbe svolto anche e soprattutto un’attività di classificazione e
sistematizzazione delle informazioni medesime.
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Quanto ai parametri di commisurazione della sanzione, l’AGCM ha considerato: (i) il
potere di commerciale di TripAdvisor, che costituisce uno dei principali operatori mondiali
del mercato delle recensioni online; nonché (ii) l’estrema diffusione della pratica e la sua
idoneità, anche in ragione del mezzo di comunicazione utilizzato, a raggiungere una quota
molto ampia di consumatori.
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Con riguardo, poi, a Poltronesofà, anche quest’ultima è stata destinataria, con
provvedimento del 28 ottobre 2014, di un’ingente sanzione amministrativa pecuniaria,
specificamente pari ad Euro 500.000, per pratiche commerciali scorrette consistenti nella
diffusione di messaggi pubblicitari ingannevoli, diretti ad informare il pubblico dei
consumatori della possibilità, non replicabile, di acquistare poltrone e divani a prezzi
particolarmente vantaggiosi solo per periodi di tempo limitati.
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Come parametri della commisurazione della sanzione sono stati considerati, anche questa
volta: (i) il potere di mercato della società ; (ii) la natura della pratica, dal contenuto definito
da AGCM come “altamente subdolo”, in quanto tendente a sfruttare, in un momento di
particolare attenzione dei consumatori verso il risparmio, la leva della convenienza
economica come elemento essenziale della campagna pubblicitaria; (iii) la molteplicità dei
mezzi di comunicazione utilizzati per veicolare i messaggi pubblicitari, diffusi tramite la
televisione e la rete internet, quali strumenti idonei a raggiungere un’ampia platea di
consumatori.
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LEGGE DI STABILITÀ: REGIME FISCALE AGEVOLATO PER I REDDITI DERIVANTI
DALL’UTILIZZAZIONE DI BENI IMMATERIALI (PATENT BOX) 

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La legge di stabilità n. 189 del 23 dicembre 2014, pubblicata in G.U. il 29 dicembre 2014,
all’art. 1, comma 37 e ss., prevede un regime opzionale di tassazione agevolata per i
redditi d’impresa derivanti “dall’utilizzo di opere dell’ingegno, da brevetti industriali, da
marchi d’impresa funzionalmente equivalenti ai brevetti, nonché da processi, formule e
informazioni relativi ad esperienze acquistate nel campo industriale, commerciale o
scientifico giuridicamente tutelabili”.
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L’introduzione di un regime di Patent Box (secondo un modello già previsto in diversi paesi
europei, come Belgio, Francia, Gran Bretagna, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo,
Spagna) costituisce potenzialmente una significativa opportunità per aziende “IP-
intensive”, incentivandone la localizzazione in Italia.
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L’agevolazione consiste nell’esclusione, dal reddito complessivo, del 50% dei redditi
derivanti dall’utilizzazione dei suddetti beni immateriali. La sua applicazione decorre dal
periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014. Tuttavia, per gli anni
di imposta 2015 e 2016, la percentuale di esenzione sarà pari, rispettivamente, al 30% e
al 40%.
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Possono beneficiare dell’agevolazione in questione i soggetti titolari di reddito
d’impresa a condizione che svolgano attività di ricerca e sviluppo, anche mediante
contratti di ricerca stipulati con università o enti di ricerca e organismi equiparati,
finalizzata alla produzione dei beni immateriali oggetto del regime agevolato. Possono
optare per il suddetto regime anche soggetti non residenti in Italia, a condizione che siano
residenti in paesi con i quali sia in vigore un accordo per evitare la doppia imposizione e
con i quali lo scambio di informazioni sia effettivo.
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! BREVISSIME
L’adesione al suddetto regime di tassazione agevolata è opzionale, ha una durata di
cinque esercizi sociali ed è irrevocabile.
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In caso di utilizzo diretto dei beni citati, il regime sarà applicabile previa conclusione di un
accordo con l’Agenzia delle Entrate tramite una procedura di cd. ruling, volta a
determinare in via preventiva il contributo economico di tali beni alla produzione del reddito
complessivo.
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Tuttavia, la portata del Patent Box in Italia potrà essere valutata solo a seguito di alcuni
chiarimenti interpretativi che si rendono necessari anche alla luce dell’ambiguità delle
norme contenute nella legge di stabilità 2015 che disciplinano il regime in questione. Al
riguardo, si attende il decreto attuativo delle suddette misure che sarà emanato dal
Ministero dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle
Finanze, in conformità all’art. 1, comma 44, della legge di stabilità, anche al fine di
individuare le tipologie di marchi escluse dall’ambito di applicazione del regime fiscale
agevolato.
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LEGGE DI STABILITÀ: LE NOVITÀ NEL SETTORE MEDIA 

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La fine dell’anno e l’inizio del nuovo anno offrono, come sempre, interessanti novità
legislative anche nel settore media in conseguenza dell’approvazione dell’annuale legge di
stabilità e del tradizionale decreto recante “Proroga di termini previsti da disposizioni
legislative” (meglio noto come “milleproroghe”).
La legge di stabilità (L. 23 dicembre 2014, n. 190) oltre al “patent box” cui è dedicato un
altro approfondimento nella newsletter, contiene all’articolo 1 commi da 144 a 149
disposizioni relative a: 1) asta delle frequenze c.d. banda L; 2) indennizzi e forme di
sostegno alle tv locali; 3) pianificazione delle frequenze attribuite a livello internazionale
all’Italia e non assegnate a operatori di rete nazionali per il servizio televisivo digitale
terrestre; 4) credito di imposta per impianti Wi-Fi in strutture ricettive.
Quanto all’asta delle frequenze 1452-1492 MHz il comma 144 prevede che entro 10
giorni dall’entrata in vigore della legge, AGCOM avvii le procedure di gara per
l’assegnazione di tali frequenze da destinare a servizi di comunicazione elettronica mobili
per applicazioni del tipo Supplemental Down Link (SDL). Tali applicazioni consentono di
aggiungere banda alle comunicazioni mobili permettendo agli operatori di offrire ai
consumatori la possibilità di accedere più rapidamente e con prestazioni più performanti a
contenuti presenti in rete. In sostanza, si tratta di applicazioni che sfruttando le frequenze
citate consentono di scaricare più rapidamente dati e informazioni presenti in rete. I
proventi derivanti dall’assegnazione delle suddette frequenze, fino a 700 milioni di euro
verranno destinati a titolo di cofinanziamenti nazionali dei fondi strutturali comunitari
mentre la parte eccedente, ove sussistente, sarà destinata con decreto del Ministro
dell’Economia e delle Finanze.
Il comma 146 prevede forme di indennizzo in favore delle TV locali che entro il 30
aprile 2015 dovranno dismettere frequenze interferenti con paesi esteri confinanti. Mentre i
commi 147-148 prevedono che entro 40 giorni dall’entrata in vigore della legge AGCOM
dovrà avviare “[…] le procedure per la pianificazione delle frequenze attribuite a
livello internazionale all’Italia e non assegnate a operatori di rete nazionali per il
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servizio televisivo digitale terrestre per la messa a disposizione della relativa capacità
trasmissiva a fornitori di servizi di media audiovisivi in ambito locale”. Il Ministero dello
Sviluppo Economico formerà delle graduatorie sulla base di criteri determinati dallo stesso
comma e procederà all’assegnazione delle frequenze. La disposizione prevede, infine,
che “[…] nel caso in cui dalle selezioni non risulti un numero sufficiente ed idoneo, rispetto
ai criteri definiti, di operatori di rete in relazione alle frequenze da assegnare, il Ministero
dello sviluppo economico esamina le domande presentate da soggetti non operanti in
ambito locale assegnando i relativi diritti d’uso per le stesse finalità della presente
disposizione”.
Da ultimo il comma 149 interviene sulla lettera a) del comma 2 dell’articolo 9 del decreto-
legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2014, n.
106 (c.d. Destinazione Italia) prevedendo che il credito di imposta per l’installazione di
impianti Wi-Fi in favore di strutture ricettive sia riconosciuto solo “[…] a condizione che
l’esercizio ricettivo metta a disposizione dei propri clienti un servizio gratuito di velocità di
connessione pari ad almeno 1 Megabit/s in download”. Disposizione certamente
interessante in chiave di promozione dello sviluppo del Wi-Fi libero e gratuito ma da
testare in termini di ricadute pratiche (ad esempio, di quali strumenti si doterà l’Agenzia
delle entrate per contestare l’illegittima fruizione del credito di imposta nel caso di struttura
che dovesse garantire un servizio a velocità inferiore?).
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CLAUSOLE MOST FAVOURED NATION: GLI IMPEGNI DI BOOKING DAVANTI AD
AGCM 

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Nell’adunanza dell’11 dicembre 2014 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato
(“AGCM”) ha deliberato di pubblicare sul proprio sito internet gli impegni presentati, ai
sensi dell’articolo 14-ter della legge n. 287/90 (“Norme per la tutela della concorrenza e del
mercato”), dalle società Booking.com B.V. e Booking.com (Italia) S.r.l. (di seguito
“Booking”) in relazione al contenuto delle clausole Most Favoured Nation (di seguito
“MFN”) inserite nei rapporti contrattuali con i propri hotel partner. Tali clausole prevedono
che gli hotel partner garantiscano a Booking il miglior trattamento eventualmente
accordato ad altri OTA e che in ogni caso i prezzi offerti su Booking siano i più vantaggiosi
offerti sul web dall’hotel partner considerato.
Tali impegni, che si inquadrano nell’ambito del procedimento istruttorio avviato dall’AGCM
con delibera del 7 maggio 2014, consistono, in particolare:
a) nella modifica della clausola MFN, in modo che essa sia applicabile esclusivamente ai
prezzi ed alle altre condizioni pubblicamente offerte dagli hotels attraverso i propri canali di
vendita diretta, sia online che offline, e non, invece, ai prezzi resi disponibili sulle home
pages di altre Online Travel Agencies (OTA);
b) nel consentire a tutti gli hotels partner di applicare, ai clienti appartenenti a gruppi chiusi
di utenti (c.d. "Closed User Groups" – “GCU”), sconti sulle tariffe offerte sulla propria
piattaforma.
Eventuali osservazioni sugli impegni presentati da Booking dovranno essere presentate
per iscritto all’Autorità entro e non oltre il 31 gennaio 2015.
Il procedimento di valutazione degli impegni dovrà concludersi entro il 1°aprile 2015.
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REGOLAMENTO UE SULLA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI: STATO
DELL’ARTE E PROSSIME TAPPE 

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Sono decorsi tre anni da quando, nel mese di gennaio del 2012, la Commissione europea
ha presentato al Parlamento europeo e al Consiglio dell’Unione europea un pacchetto di
proposte di riforma della normativa europea sulla protezione dei dati personali, tra cui
una direttiva sul trattamento dei dati per finalità giudiziarie e di polizia e una proposta di
Regolamento UE “concernente la tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento
dei dati personali e la libera circolazione di tali dati” (si veda l’approfondimento dedicato al
tema nella nostra newsletter di maggio 2012.
!
In particolare, per quanto concerne il Regolamento, quest’ultimo mira ad aggiornare e
modernizzare i principi in materia di tutela dei dati personali sanciti dalla Direttiva 95/46/
CE, prevedendo un corpus unico di norme di protezione dei dati valido per tutta l’UE. La
procedura prevista per l’approvazione del Regolamento (denominata procedura legislativa
ordinaria) prevede il coinvolgimento, in posizione di parità, del Parlamento europeo e del
Consiglio dell’Unione europea. A seguito della proposta della Commissione, il 12 marzo
2014 il Parlamento europeo ha approvato in prima lettura il testo di Regolamento con
alcuni emendamenti, e ha trasmesso il medesimo al Consiglio dell’Unione europea.
!
Con riunioni svolte nei mesi di ottobre e dicembre 2014, il Consiglio (nella formazione
“Giustizia e Affari Interni” composta dai ministri della giustizia e degli affari interni di tutti gli
Stati membri dell’UE, e presieduto dal nostro Ministro della Giustizia nel corso del
Semestre Europeo di presidenza italiana) ha raggiunto un accordo parziale su alcune
previsioni del Regolamento, ritenendo necessario svolgere ulteriori approfondimenti nel
corso del 2015.
!
In particolare, un aspetto oggetto di accese discussioni tanto in seno al Parlamento quanto
nelle riunioni svolte nel Consiglio, è il meccanismo del cd. One stop shop, il quale, nel
caso di soggetti che hanno più stabilimenti nell’Unione, prevede una competenza
“centralizzata” dell’autorità garante dello Stato membro ove è situato il cd. stabilimento
principale di tale soggetto.
!
Nel caso in cui il Consiglio approvi il testo di Regolamento trasmesso dal Parlamento
europeo senza modifiche, il medesimo dovrà ritenersi approvato mentre, qualora siano
proposti degli emendamenti, il Regolamento dovrà essere esaminato in seconda lettura
dal Parlamento europeo. Quest’ultimo potrà (i) condividere la posizione del Consiglio, e in
tal caso il Regolamento sarà approvato; (ii) respingere la posizione del Consiglio, e in tal
caso l’atto decadrà e l’intera procedura terminerà, oppure (iii) proporre nuovi emendamenti
e rinviare la proposta al Consiglio per una seconda lettura.
!
E’ auspicabile che si possa raggiungere una posizione condivisa sul Regolamento nel
corso del nuovo semestre di presidenza lettone (dal 1 gennaio 2015 al 30 giugno 2015).
!
!
© 2015 Portolano Cavallo Studio Legale
GARANTE PRIVACY: ESONERO PARZIALE DALL’INFORMATIVA IN RELAZIONE AL
SERVIZIO GOOGLE STREET VIEW - SPECIAL COLLECTS 

!
Con provvedimento del 4 dicembre 2014 il Garante Privacy si è pronunciato in merito
all’istanza del 23 settembre 2014, avanzata da Google Inc. (di seguito “Google”), ai sensi
dell’art. 13, comma 5, lett. c) del Codice Privacy, per ottenere un provvedimento di
esonero dall’informativa privacy in relazione al servizio Google Street View Special
Collects, già attivo in alcuni paesi e pronto per essere lanciato anche in Italia.
Si tratta, in particolare, di un servizio preordinato alla raccolta, da parte di Google
medesima ovvero anche ad opera di terzi specificamente autorizzati cui Google fornirebbe
la necessaria strumentazione tecnica (cd. Partner), di immagini a 360 gradi relative, tra gli
altri, a siti archeologici, parchi nazionali, ski resort, spiagge, luoghi di interesse artistico,
storico e culturale; luoghi, questi, per le loro peculiarità fisiche non raggiungibili dalle
tradizionali vetture di Google Street View (già oggetto di un provvedimento del Garante
Privacy del 15 ottobre 2010, che ha impartito alcune prescrizioni volte a garantire il rispetto
della normativa sul trattamento dei dati personali).
Nella summenzionata istanza al Garante, Google (ribadendo l’avvenuto adempimento alle
prescrizioni impartite con il citato provvedimento del 2010) ha affermato che nei musei e in
altri luoghi ad accesso limitato, al fine di limitare eventuali riprese di visitatori, effettuerà le
registrazioni negli orari di chiusura al pubblico. Nelle altre aree, come spiagge e spazi
aperti, saranno invece scelti orari in cui sia meno probabile incontrare passanti e i volti ed
altri particolari identificativi (ad esempio, le targhe dei veicoli) eventualmente memorizzati,
saranno oscurati prima di rendere disponibili le immagini sul servizio Google Maps.
Al riguardo, il Garante, nell'ambito del bilanciamento di interessi e in base alla peculiarità
del servizio rispetto alla versione standard di Street View, ha imposto a Google l'adozione
di adeguate cautele a tutela degli interessati e di misure semplificate per informarli delle
riprese in corso.
In particolare, Google sarà tenuta:
1. a pubblicare informazioni sui luoghi di ripresa sul proprio sito web in italiano nei tre
giorni antecedenti l'inizio dei lavori; informazioni dettagliate dovranno essere
pubblicate già sette giorni prima dell'inizio delle riprese anche sui siti web e, se
esistenti, sulle newsletter o altre pubblicazioni informative dei Partner, cioè degli
enti, strutture, soggetti privati, fondazioni etc. coinvolti nel programma;
2. nei luoghi ad accesso controllato, ad informare le persone interessate – anche
attraverso appositi avvisi o cartelli affissi all'ingresso dei siti – dell’imminente
registrazione delle immagini, in modo da consentire ai visitatori di esercitare il diritto
a non venire inquadrati;
3. a garantire la formazione del personale coinvolto circa il rispetto della normativa
sulla protezione dei dati personali; e, infine,
4. a dotare gli operatori di adesivi o altri segni distintivi ben visibili da applicare
sull'abbigliamento e sulle attrezzature, in modo da segnalare chiaramente che si
stanno acquisendo immagini da pubblicare online su Google Maps mediante il
servizio Google Special Collects nell'ambito di Street View.
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© 2015 Portolano Cavallo Studio Legale
LE AUTORITÀ PRIVACY AI MARKETPLACE: INFORMATIVA PRIVACY PRIMA DEL
DOWNLOAD 

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Il 9 dicembre 2014, le Autorità per la protezione dei dati personali, raggruppate nella rete
internazionale del “Global Privacy Enforcement Network”(“GPEN”), hanno sollecitato, con
una raccomandazione, i gestori dei principali marketplace di app (Apple, Google,
Samsung, Microsoft, Nokia, BlackBerry e Amazon) ad adottare precise garanzie a
protezione dei dati degli utenti delle applicazioni mobili.
Tale raccomandazione segue un’indagine promossa dallo stesso GPEN, che ha rivelato
come molte delle app più scaricate dagli utenti chiedano l'accesso ad una gran quantità di
dati senza spiegare adeguatamente per quali scopi tali informazioni sarebbero usate. Il
rischio, come sottolineato da Antonello Soro, Presidente dell’Autorità per la protezione dei
dati personali italiana, è un “monitoraggio digitale permanente al quale ci stiamo via via
assuefacendo". Il GPEN ha inoltre chiesto alle piattaforme che propongono app su
smartphone e tablet di obbligare gli sviluppatori a mettere a disposizione degli utenti
un’informativa prima del download, che chiarisca quali dati personali saranno raccolti e
come verranno utilizzati, in modo che gli utenti possano consapevolmente decidere se
permettere l’uso dei propri dati o meno.
!
LA DIRETTIVA 95/46/CE SI APPLICA ALLA VIDEOREGISTRAZIONE REALIZZATA DA
UN PRIVATO MEDIANTE VIDEOCAMERA DI SORVEGLIANZA INSTALLATA
SULL’ABITAZIONE FAMILIARE E DIRETTA VERSO LA PUBBLICA VIA 

!
La Corte di Giustizia dell’UE, con sentenza nella causa C-212/13 dell’11 dicembre 2014,
ha stabilito che la Direttiva 95/46/CE (relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo
al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione dei dati) si applica alla
videosorveglianza realizzata da una persona fisica mediante una videocamera installata
presso l’abitazione familiare per proteggere i beni, la salute e la vita dei proprietari
dell’abitazione e che sorveglia parimenti la pubblica via.
!
Il caso all’origine della pronuncia riguardava delle registrazioni effettuate con una
videocamera di sorveglianza a fronte di ripetuti episodi di disturbo (lancio di oggetti che
avevano infranto le finestre dell’abitazione) perpetrati da uno sconosciuto. La telecamera
era fissa, senza possibilità di rotazione, e filmava l’ingresso dell’abitazione, la strada
pubblica nonché l’ingresso dell’abitazione situata di fronte. L’utilizzo di tali registrazioni ha
permesso alla polizia di identificare due sospettati a carico dei quali sono stati promossi
dei procedimenti penali.
!
Su istanza di uno dei sospettati, che aveva contestato la liceità del sistema di
videosorveglianza in questione, l’Ufficio per la tutela dei dati personali della Repubblica
Ceca ha ritenuto che il medesimo costituiva una violazione delle norme in materia di
protezione dei dati personali. Su ricorso della persona che aveva installato il citato
sistema, la Corte suprema amministrativa della Repubblica Ceca (Nejvyšší správní soud)
ha sottoposto alla Corte di Giustizia la seguente questione pregiudiziale: se il fatto di
utilizzare un sistema di videocamera installato su un’abitazione familiare allo scopo di
proteggere la proprietà, la salute e la vita dei proprietari possa essere classificato come
trattamento di dati personali “effettuato da una persona fisica per l’esercizio di attività a
© 2015 Portolano Cavallo Studio Legale
carattere esclusivamente personale o domestico” ai sensi dell’articolo 3, par. 2, della
Direttiva 95/46/CE, sebbene detto sistema riprenda anche spazi pubblici.
!
Nella sentenza in esame la Corte rammenta che la nozione di “dati personali” contenuta
nella Direttiva 95/46/CE comprende qualsiasi informazione concernente una persona fisica
identificata o identificabile, pertanto anche l’immagine di una persona registrata da una
telecamera costituisce un dato personale, in quanto consente di identificare la persona
interessata. Allo stesso modo, la registrazione e l’immagazzinamento di dati personali di
cui al citato sistema di videosorveglianza rientra nell’ambito di applicazione della Direttiva,
costituendo un trattamento automatizzato di dati.
!
In secondo luogo, secondo la Corte è necessario interpretare in senso restrittivo
l’esenzione prevista all’articolo 3, par. 2, della Direttiva 95/46/CE, citata nel quesito
pregiudiziale, rientrando in tale previsione solo un trattamento di dati personali che sia
effettuato nella sfera esclusivamente personale o domestica della persona che procede a
tale trattamento. Pertanto, non può essere considerata un’attività esclusivamente
“personale o domestica” una videosorveglianza che, come quella di cui al procedimento
principale, si estende, anche se solo parzialmente, allo spazio pubblico, e pertanto è
diretta verso l’esterno della sfera privata della persona che procede al trattamento dei dati
con tale modalità.
!
Il testo integrale della sentenza è disponibile a questo link.
!
COMITATO PER LO SVILUPPO E LA TUTELA DELL’OFFERTA LEGALE DI OPERE
DIGITALI: DIFFUSI I DATI SULL’ATTIVITÀ DELL’AUTORITÀ PER LE GARANZIE
NELLE COMUNICAZIONI IN MATERIA DI TUTELA DEL DIRITTO D’AUTORE ONLINE 

!
Con comunicato stampa del 12 dicembre 2014 l’Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni (AGCOM) ha reso noto che l’11 dicembre 2014 si è tenuta, presso la sede
di Roma della stessa Autorità, la quarta riunione del Comitato per lo sviluppo e la tutela
dell’offerta legale di opere digitali, istituito ai sensi dell’articolo 4 del Regolamento per la
tutela del diritto d’autore online.
!
È risultato, in particolare, che grazie agli ordini di blocco adottati in attuazione del
Regolamento non è più accessibile un grande numero di file diffusi illecitamente: oltre due
milioni e mezzo musicali e più di un milione audiovisivi.
!
Dall’entrata in vigore del Regolamento al 30 novembre 2014 sono pervenute all’Autorità
142 istanze, al netto di quelle compilate e non perfezionate secondo la procedura
informatizzata descritta sul sito www.ddaonline.it.
!
Di queste, la maggior parte ha riguardato opere fotografiche (il 33%) e audiovisive (il
32%). Seguono le istanze che hanno ad oggetto opere di carattere sonoro (15%),
editoriale (11%) e letterario (4%), ivi inclusi e-book, manualistica in chiave educational e
narrativa.
!
Solo due istanze hanno riguardato i servizi di media audiovisivi. 9 istanze sono state
ritirate e 30 sono state archiviate in via amministrativa per vizi formali. I procedimenti
avviati sono stati 95, alcuni dei quali risultano dalla riunione di più istanze. Di questi, il 71%
© 2015 Portolano Cavallo Studio Legale
è stato istruito con rito ordinario (che prevede una durata massima di 35 giorni lavorativi) e
il 29% con rito abbreviato (12 giorni lavorativi di durata massima), in ragione della gravità
della lesione dei diritti di sfruttamento economico delle opere segnalate o del carattere
massivo della violazione.
!
Tra i procedimenti pervenuti a conclusione alla data del 30 novembre 2014, il 62% ha fatto
registrare un adeguamento spontaneo da parte dei destinatari della comunicazione di
avvio; il 29% è sfociato nell’adozione da parte dell’Autorità di un ordine di blocco del DNS
dei siti segnalati; il 9% è stato archiviato dalla Commissione per i servizi e i prodotti.
!
GOOGLE NEWS CHIUDE IN SPAGNA 

!
Il 1° gennaio è entrata in vigore in Spagna la Legge 21/2014 di riforma delle disposizioni in
materia di tutela della proprietà intellettuale (Ley 21/2014, de 4 de noviembre, por la que
se modifica el texto refundido de la Ley de Propiedad Intelectual, aprobado por Real
Decreto Legislativo 1/1996, de 12 de abril, y la Ley 1/2000, de 7 de enero, de
Enjuiciamiento Civil). Nell’ambito di una revisione organica delle disposizioni vigenti nel
Paese iberico, il legislatore ha introdotto una forma di equo compenso in favore degli
autori di opere ed a carico dei prestatori di servizi della società dell’informazione che
mettono a disposizione del pubblico “[…] frammenti non significativi di contenuti divulgati
attraverso pubblicazioni periodiche o su siti internet aggiornati periodicamente che
abbiano finalità informativa, di creazione dell’opinione pubblica o di intrattenimento” (“[…]
fragmentos no significativos de contenidos, divulgados en publicaciones periódicas o en
sitios Web de actualización periódica y que tengan una finalidad informativa, de creación
de opinión pública o de entretenimiento”). Secondo quanto prescrive la norma introdotta il
diritto a ricevere l’equo compenso non è rinunciabile da parte dei rispettivi titolari. A fronte
dell’introduzione di tale previsione che evidentemente è stata rivolta a consentire agli
editori di periodici di percepire un equo compenso per la riproduzione anche parziale delle
opere pubblicate attraverso servizi online, Google ha annunciato il 16 dicembre la
chiusura del servizio Google News in Spagna.
Nel comunicato con il quale è stata annunciata la chiusura del servizio Google ha
dichiarato che: “Questa nuova legge impone alle testate di richiedere un compenso a
Google News per mostrare anche piccoli snippet del loro testo, indipendentemente dal
fatto che queste vogliano farsi pagare o no. Dal momento che Google News non genera
ricavi (non mostriamo nessuna pubblicità sul sito) questo approccio semplicemente non è
sostenibile. Perciò, è con grande dispiacere che il 16 dicembre (prima dell’entrata in vigore
della nuova legge a gennaio) rimuoveremo gli editori spagnoli da Google News e
chiuderemo Google News in Spagna. Per secoli, gli editori si sono scontrati con i limiti
insiti nella distribuzione delle copie stampate. Internet ha cambiato tutto, creando
incredibili opportunità ma anche sfide concrete per gli editori, che hanno visto aumentare
la competizione nell’attrarre lettori e investimenti pubblicitari. Noi continueremo a
impegnarci per aiutare l’industria dell’informazione ad affrontare queste sfide e siamo felici
di continuare a collaborare con le migliaia di partner che abbiamo nel mondo, così come in
Spagna, per aiutarli ad aumentare lettori e fatturato online”.
!
© 2015 Portolano Cavallo Studio Legale
IL CUBO DI RUBIK PUÒ ESSERE REGISTRATO COME MARCHIO DI FORMA 

!
Secondo il Tribunale dell’Unione europea la registrazione come marchio di forma del
celebre puzzle tridimensionale inventato nel 1974 dal professore di architettura e scultore
ungherese Ernő Rubik - il giocattolo più venduto della storia, con circa 300 milioni di pezzi
venduti, considerando anche le imitazioni (Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/
Cubo_di_Rubik) – è valida.
!
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Con decisione del 25 novembre scorso in causa T-450/09 (Simba Toys GmbH) il Tribunale
UE ha chiarito che la capacità di rotazione delle bande orizzontali e verticali del cubo non
è determinata né dalle linee nere, né dalla struttura a griglia del cubo ma da un
meccanismo interno al cubo stesso. In ragione di ciò, la forma del cubo non incorpora una
funzione tecnica e, pertanto, nulla osta alla sua registrazione come marchio di forma. Il
Tribunale, in relazione alla capacità distintiva della forma in parola rileva come il cubo di
Rubik si distingua dagli altri puzzle tridimensionali presenti sul mercato e la sua struttura
consente ai consumatori di identificare il produttore del bene per il quale il marchio è
registrazione. Infine, con riferimento ai profili concorrenziali derivanti dal riconoscimento
della piena validità della registrazione del suddetto marchio di forma, il Tribunale precisa
come tale registrazione non consente al titolare del marchio di impedire a terzi di
commercializzare tutti i tipi di puzzle tridimensionali aventi capacità di rotazione ma solo
quelli “[…] aventi forma di cubo, sulle cui facce sia apposta una struttura a griglia”.
!
$ I numeri precedenti sono disponibili online sul sito.
$ Se desideri iscriverti al servizio clicca qui.

!
© 2015 Portolano Cavallo Studio Legale

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2014 Italian Labour Measure: New Provisions on Fixed Term Contracts
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  • 1. ! MANIFESTAZIONI A PREMIO: IL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO CHIARISCE L’AMBITO DELLE ESCLUSIONI. ! Con una circolare interpretativa del 20 novembre 2014 il Ministero dello Sviluppo economico (Divisione X – Manifestazioni a premio – Direzione generale per il mercato, la concorrenza, il consumatore, la vigilanza e la normativa tecnica) - sollecitato da alcuni quesiti proposti da diverse associazioni di categoria - ha inteso fornire taluni chiarimenti sull’ambito di applicazione delle esclusioni previste dall’articolo 6, comma 1 del DPR n. 430 del 26 ottobre 2001 recante “Regolamento concernente la revisione organica della disciplina dei concorsi e delle operazioni a premio, nonché delle manifestazioni di sorte locali, ai sensi dell'articolo 19, comma 4, della legge 27 dicembre 1997, n. 449”. La norma citata prevede che: “1. Non si considerano concorsi e operazioni a premio: a) i concorsi indetti per la produzione di opere letterarie, artistiche o scientifiche, nonché per la presentazione di progetti o studi in ambito commerciale o industriale, nei quali il conferimento del premio all'autore dell'opera prescelta ha carattere di corrispettivo di prestazione d’opera o rappresenta il riconoscimento del merito personale o un titolo d'incoraggiamento nell'interesse della collettività; b) le manifestazioni nelle quali è prevista l'assegnazione di premi da parte di emittenti radiotelevisive a spettatori presenti esclusivamente nei luoghi ove si svolgono le manifestazioni stesse, sempreché l’iniziativa non sia svolta per promozionare prodotti o servizi di altre imprese; per le emittenti radiofoniche si considerano presenti alle manifestazioni anche gli ascoltatori che intervengono alle stesse attraverso collegamento radiofonico, ovvero qualsivoglia altro collegamento a distanza; c) le operazioni a premio con offerta di premi o regali costituiti da sconti sul prezzo dei prodotti e dei servizi dello stesso genere di quelli acquistati o da sconti su un prodotto o servizio di genere diverso rispetto a quello acquistato, a condizione che gli sconti non siano offerti al fine di promozionare quest'ultimo, o da quantità aggiuntive di prodotti dello stesso genere; (c-bis) le manifestazioni nelle quali, a fronte di una determinata spesa, con o senza soglia d’ingresso, i premi sono costituiti da buoni da utilizzare su una spesa successiva nel medesimo punto vendita che ha emesso detti buoni o in un altro punto vendita facente parte della stessa insegna o ditta; d) le manifestazioni nelle quali i premi sono costituiti da oggetti di minimo valore, sempreché la corresponsione di essi non dipenda in alcun modo dalla natura o dall'entità delle vendite alle quali le offerte stesse sono collegate; e) le manifestazioni nelle quali i premi sono destinati a favore di enti od istituzioni di carattere pubblico o che abbiano finalità eminentemente sociali o benefiche”. *** I chiarimenti offerti dal Ministero hanno riguardato, in particolare, le esclusioni previste alle lettere a) e c-bis) della disposizione citata. In termini generali il Ministero ricorda come, ai sensi della legislazione vigente, le disposizioni che prevedono limiti alla libertà di impresa debbano essere interpretate secondo i canoni della proporzionalità e della necessità, tenendo in considerazione gli interessi pubblici presidiati dalle stesse disposizioni. Interessi che, con riferimento ai concorsi e alle manifestazioni a premio, vanno individuati © 2015 Portolano Cavallo Studio Legale
  • 2. da un lato, nella tutela dei consumatori e dall’altro, nell’interesse dell’erario “[…] ad evitare che, attraverso un uso improprio delle manifestazioni a premio, si verifichino fenomeni elusivi della riserva statale relativa al lotto e alle lotterie”. Così chiarito lo spirito che ha mosso il Ministero ad emanare la circolare in commento, con riferimento alla prima esclusione considerata si sottolinea come la stessa sia stata in passato oggetto di interpretazioni, fornite dallo stesso Ministero, idonee in quanto tali a restringerne l’ambito di possibile applicazione, scoraggiando, per tal via, imprese anche straniere che intendessero avviare simili iniziative nel nostro Paese (in proposito il Ministero fa un espresso riferimento a “[…] imprese multinazionali operanti nel settore dell’informatica che […] promettono di premiare i migliori progetti o studi presentati in tale ambito informatico”). Sul tema il Ministero sgombra il campo da possibili equivoci e chiarisce come tali interpretazioni che, ad esempio, prevedevano che il promotore dell’iniziativa dovesse fare necessariamente uso del progetto o dello studio commissionato, non debbano considerarsi più attuali. Venendo alla norma in parola il Ministero ne delimita l’ambito di applicazione oggettivo che deve intendersi limitato a “[…] opere di carattere letterario, artistico o scientifico, oppure progetti o studi in ambito commerciale o industriale”. Inoltre, l’iniziativa per rientrare nell’ambito dell’esclusione non deve prevedere alcun preventivo acquisto ma deve essere finalizzata a scopi più generali nell’ambito dei quali i premi in palio costituiscano: 1) corrispettivo di prestazione d’opera; 2) riconoscimento del merito personale o; 3) titolo di incoraggiamento nell’interesse della collettività. Con riferimento al primo caso il Ministero chiarisce come lo stesso deve ritenersi integrato nel caso in cui il premio costituisca il corrispettivo rispetto all’opera, al progetto o allo studio che il promotore prometta di acquistare o si riservi, in ogni caso, di utilizzare. Nel caso in cui il premio non possa costituire un congruo corrispettivo si rientra nella seconda fattispecie, nell’ambito della quale devono ascriversi, secondo l’interpretazione tradizionalmente offerta dal Ministero, i concorsi letterari, artistici o scientifici. Qualora l’iniziativa non presenti le caratteristiche dettate nei due casi che precedono residua la possibilità che il premio previsto possa essere considerato quale “titolo di incoraggiamento nell’interesse della collettività”. In tale ultima ipotesi, chiarisce il Ministero, il premio deve essere connesso ad una finalità riconducibile all’interesse della collettività e non prevalentemente all’interesse commerciale e promozionale degli organizzatori dell’iniziativa. *** Così forniti i chiarimenti sulla prima esclusione considerata, passiamo alla seconda esclusione introdotta dall’articolo 22-bis del DL 24 giugno 2014 n. 91, convertito con modificazioni dalla L. 11 agosto 2014, n. 116. Anzitutto il Ministero chiarisce che l’esclusione in parola che riguarda l’ipotesi in cui “[…] a fronte di una determinata spesa, con o senza soglia d’ingresso, i premi sono costituiti da buoni da utilizzare su una spesa successiva nel medesimo punto vendita che ha emesso detti buoni o in un altro punto vendita facente parte della stessa insegna o ditta” deve ritenersi applicabile solo con riferimento alle operazioni a premio. Secondo il Ministero, infatti, tale interpretazione restrittiva dell’operatività dell’esclusione si ricava da un’analisi letterale della previsione, che non svolge alcun riferimento a condizioni quali la sorte o la capacità dei partecipanti per l’ottenimento del buono, oltre che dalla considerazione delle esigenze di tutela dei consumatori e di tutela degli interessi erariali considerate dalla previsione normativa. Così chiarito l’ambito di operatività dell’esclusione, il Ministero passa in rassegna la disposizione chiarendo che: © 2015 Portolano Cavallo Studio Legale
  • 3. • con l’espressione “buoni” debbono intendersi sia i “buoni acquisto” (titoli di legittimazione la cui consegna o il cui utilizzo dà diritto a ricevere gratuitamente uno o più prodotti o servizi fino al conseguimento dell’importo nominale del buono) sia i “buoni sconto” (titoli di legittimazione la cui consegna o il cui utilizzo dà diritto a sconti sul prezzo di prodotti o servizi); • con l’espressione “punto vendita che ha emesso detti buoni” deve intendersi il punto vendita presso cui si è effettuata la spesa che ha dato diritto ai buoni, che può consistere anche in un sito web di commercio elettronico; • con l’espressione “con o senza soglia di ingresso” ci si riferisce tanto all’ipotesi in cui la corresponsione del buono è subordinata al raggiungimento di una certa soglia di acquisto, quanto all’ipotesi nella quale tale soglia non venga prevista; • con l’espressione “da utilizzare su una spesa successiva nel medesimo punto vendita che ha emesso detti buoni o in un altro punto vendita facente parte della stessa insegna o ditta” ci si riferisce tanto al punto vendita dove si è effettuata la spesa, quanto agli altri punti vendita dei soggetti promotori dell’iniziativa contraddistinti dalla stessa “insegna o ditta” di questi ultimi. *** L’iniziativa assunta dal Ministero con l’emanazione della circolare in commento è senza dubbio meritoria in quanto idonea a sgombrare il campo da possibili equivoci che nel tempo la disposizione in parola, anche in conseguenza di talune prassi interpretative assunte dallo stesso Ministero, ha ingenerato. Offrendo un maggior livello di certezza del diritto in questo settore, dominato dalla prassi, certamente si invogliano gli operatori ad assumere iniziative promozionali anche nel nostro Paese senza dover temere l’applicazione delle pesanti sanzioni previste dalla disciplina vigente. Si tratta, come detto, di un passo avanti ma molta strada deve essere compiuta per rendere il nostro quadro regolamentare in materia appealing per gli operatori stranieri. Forse è arrivato il momento di rivedere alcune previsioni, come quella che richiede per le manifestazioni a premio condotte online di replicare i server ove vengono immagazzinate le informazioni relative alla manifestazione su server localizzati nel territorio italiano, che appaiono oltre che eccessivamente onerose per le aziende promotrici, anche anacronistiche nell’era del cloud computing. LINEE GUIDA DELL’ARTICLE 29 DATA PROTECTION WORKING PARTY SUL DIRITTO ALL’OBLIO DOPO LA SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA NEL CASO GOOGLE SPAIN. ! Il 26 novembre 2014 l’Article 29 Data Protection Working Party (organo consultivo indipendente istituito in conformità all’articolo 29 della Direttiva 95/46/CE sulla protezione dei dati personali – di seguito “Working Party”) ha pubblicato delle linee guida (“Linee Guida”) per l’implementazione della pronuncia della Corte di Giustizia resa nel caso Google Spain SL, Google Inc. c. Agencia Española de Protección de Datos, Mario Costeja González (causa C−131/12) (in argomento, si veda la newsletter di giugno 2014). ! Ricordiamo che la pronuncia citata ha previsto l’obbligo, per un motore di ricerca (nel caso di specie, Google), di rimuovere dai propri risultati (cd. “deindicizzazione”) i link a quei siti che siano ritenuti dagli interessati lesivi del loro “diritto all’oblio” (o “right to be forgotten”), © 2015 Portolano Cavallo Studio Legale
  • 4. ossia della pretesa a ottenere la cancellazione dei contenuti delle pagine web che, secondo l’interessato, offrono una rappresentazione non più attuale della propria persona. Nel caso in cui il motore di ricerca non accolga la richiesta, l’interessato potrà rivolgersi all’autorità nazionale per la protezione dei dati personali o all’autorità giudiziaria. ! Le Linee Guida forniscono una serie di chiarimenti relativi alla pronuncia e alle modalità con cui le autorità nazionali sulla protezione dei dati personali, riunite nel Working Party, intendono implementarla. ! In primo luogo, con riferimento all’oggetto della rimozione, si precisa che la pronuncia della Corte di Giustizia concerne soltanto i risultati ottenuti attraverso ricerche svolte sulla base del nome di una determinata persona. In questo senso, l’informazione originale potrà essere ancora accessibile sul web impiegando altri termini di ricerca o attraverso un accesso diretto alla fonte originale dell’informazione. Inoltre, con riferimento all’ambito territoriale della deindicizzazione, si afferma che, al fine di tutelare adeguatamente i diritti degli interessati, essa non deve essere limitata ai domini europei (ad esempio, “.it”, “.eu”, ecc.) ma deve essere messa in atto su tutti i domini rilevanti, compreso il “.com”. ! Si esclude, poi, la possibilità di richiedere la deindicizzazione ai motori di ricerca interni alle pagine web (ad esempio, quelli forniti all’interno di quotidiani online), in quanto, da un lato, questi ultimi raccolgono solo le informazioni contenute su specifiche pagine web, dall’altro, essi non creano profili completi degli interessati e i relativi risultati non possono pertanto pregiudicare in modo rilevante gli utenti. Per altro verso, si precisa che, nonostante la sentenza della Corte di Giustizia riguardi i motori di ricerca, i principi affermati dalla medesima possono trovare applicazione anche rispetto ad altri operatori. ! Con riferimento alle modalità con cui richiedere la deindicizzazione, si chiarisce che quest’ultima può essere richiesta dagli interessati con qualunque mezzo. Il motore di ricerca che respinga una richiesta di deindicizzazione dovrà fornire all’interessato una sufficiente spiegazione delle ragioni del rifiuto e informare il medesimo in merito alla possibilità di rivolgersi all’autorità nazionale o agli organi giurisdizionali. Inoltre, si precisa che, al fine di esercitare i propri diritti verso il motore di ricerca, gli interessati non sono obbligati a contattare il gestore del sito. Si specifica altresì che le autorità nazionali, nel valutare le istanze degli interessati, verificheranno l’esistenza di un “chiaro collegamento” tra l’Unione europea e il l’interessato (ad esempio, avrà rilevanza, ai fini dell’accoglimento di una richiesta, se l’interessato sia cittadino o residente in uno Stato dell’UE). ! Le Linee Guida chiariscono che i motori di ricerca non sono tenuti ad informare i gestori dei siti in merito alle richieste di deindicizzazione ricevute dagli interessati. Al tempo stesso, si riconosce che talvolta sarà necessario contattare il gestore del sito prima di assumere una decisione in merito alla richiesta, in particolare al fine di ottenere maggiori informazioni sulle circostanze della medesima. ! Si suggerisce, poi, che le pagine del motore di ricerca riportino sempre e in modo permanente l’informazione secondo cui, a seguito di richieste di deindicizzazione di altri utenti, i risultati di ricerca potrebbero essere incompleti (al fine di evitare che gli utenti possano comprendere che una determinata persona ha presentato una richiesta di deindicizzazione). ! Infine, le Linee Guida contengono una serie di criteri per orientare l’attività delle autorità nazionali nella gestione dei reclami degli interessati a seguito del mancato accoglimento, © 2015 Portolano Cavallo Studio Legale
  • 5. da parte del motore di ricerca, delle richieste di deindicizzazione, chiarendo che nessun criterio è di per sé determinante. Tra di essi, figurano: ! • la natura del richiedente (in particolare, la circostanza per cui il richiedente rivesta un ruolo di rilievo pubblico, come nel caso di personaggi politici, dovrebbe tendenzialmente orientare verso il diniego della richiesta di deindicizzazione); ! • la minore età al momento della pubblicazione dell’informazione, che dovrebbe favorire l’accoglimento di una richiesta di deindicizzazione; ! • l’attinenza dell’informazione all’ambito professionale o personale dell’interessato; ! • la possibilità che la disponibilità di un determinato risultato di ricerca arrechi pregiudizio all’interessato o metta a rischio la sicurezza dello stesso; ! • etc. ! Il testo integrale delle Linee Guida è disponibile a questo link. ! In Italia, nei mesi di novembre e dicembre 2014, il Garante Privacy ha adottato i primi provvedimenti (nella specie, nove) in merito a segnalazioni e reclami presentati da alcuni interessati dopo il mancato accoglimento, da parte di Google, di richieste di deindicizzare pagine web che riportavano dati personali ritenuti non più di interesse pubblico. Le richieste pervenute al Garante si riferiscono ad articoli relativi a vicende processuali ancora recenti e, in alcuni casi, non concluse. ! In sette dei nove casi citati il Garante non ha accolto la richiesta degli interessati, ritenendo prevalente l’interesse pubblico ad accedere alle informazioni (si è rilevato, in particolare, come le vicende processuali descritte nelle pagine web contestate fossero troppo recenti, e come in alcuni casi i relativi procedimenti non si fossero ancora conclusi). ! In due casi, invece, il Garante ha accolto la richiesta dei segnalanti, rilevando, in un caso, che i risultati di ricerca contestati includevano numerose informazioni eccedenti, riferite anche a persone estranee alla vicenda narrata, nell’altro, che la notizia pubblicata era inserita in un contesto idoneo a ledere la sfera privata dell’interessato. Il Garante ha quindi prescritto a Google, Inc. di deindicizzare le URL segnalate. ! I provvedimenti del Garante Privacy, sopra citati, sono disponibili a questo link. U L T I M I P R O V V E D I M E N T I A G C M : S A N Z I O N I COMPLESSIVAMENTE PARI A DUE MILIONI DI EURO. ! Negli ultimi mesi l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (“AGCM”) ha irrogato sanzioni complessivamente pari a due milioni di Euro, per pratiche commerciali scorrette nei confronti di note società multinazionali, quali Samsung Electronics Italia S.p.A. (di seguito, “Samsung Italia”), Poltronesofà S.p.A (di seguito, “Poltronesofà”), TripAdvisor LLC e TripAdvisor Italy S.r.l. (di seguito, “TripAdvisor”). ! © 2015 Portolano Cavallo Studio Legale
  • 6. In particolare, con provvedimento del 19 dicembre 2014, disponibile al link: [http:// www.agcm.it/trasp-statistiche/doc_download/4626-ps9678scorrsanz-omi.html], Samsung Italia è stata destinataria di una sanzione amministrativa pecuniaria pari ad un milione di Euro per pratiche commerciali scorrette consistenti nella diffusione di informazioni non veritiere in merito alla capacità di memoria ROM di vari modelli di smartphone e tablet Samsung attraverso i siti internet “www.samsung.it” e www.samsung.com/it, nonché con brochure destinate ai punti vendita. ! Come parametri della commisurazione della predetta sanzione sono stati considerati: (i) la dimensione economica della società; (ii) la natura della pratica, ritenuta particolarmente scorretta nel caso di alcuni modelli di smartphone, per i quali sarebbe apparso molto rilevante lo scarto tra il valore di memoria nominale indicato al pubblico e quello effettivamente disponibile al primo avvio del dispositivo; e (iii) l’ampiezza della pratica commerciale, relativa ad una gamma di prodotti aventi volumi di vendita annui in Italia di vari milioni di unità di prodotto. ! Sempre in data 19 dicembre 2014 l’AGCM ha adottato un ulteriore provvedimento nei confronti del portale online TripAdvisor. In tale occasione, a conclusione del procedimento istruttorio AGCM ha irrogato una sanzione amministrativa pecuniaria pari ad Euro 500.000, per pratiche commerciali scorrette consistenti nella diffusione di informazioni ingannevoli sulle fonti delle recensioni pubblicate sul sito internet www.tripadvisor.it, nonché nella correlata inidoneità degli strumenti e delle procedure adottati da TripAdvisor per contrastare il fenomeno delle false recensioni. ! Secondo l’Autorità, la suddetta pratica commerciale risulta palesemente in contrasto con gli obblighi di diligenza professionale previsti dall’art. 20, comma 2, del Codice del Consumo (D. Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, e successive modifiche) per gli operatori economici in relazione alle modalità di esercizio o di promozione della propria attività commerciale nei confronti dei consumatori. ! Più nel dettaglio, la ritenuta contrarietà alla diligenza professionale si sarebbe riscontrata soprattutto nel fatto che TripAdvisor, pur consapevole del funzionamento del proprio sistema di controllo delle recensioni e dei suoi limiti intrinseci, alla luce della scelta fatta a monte rispetto al tipo di modello di business adottato, sarebbe venuta meno all’obbligo di mettere a disposizione dei consumatori, fin dal primo contatto, un quadro informativo chiaro, esaustivo e veritiero in relazione alla promozione di servizi sottesa alle condotte contestate. ! Inoltre, l’Autorità ha ritenuto inconferente la difesa della società secondo cui essa non potrebbe essere ritenuta responsabile in merito alle condotte contestate in quanto hosting provider sulla base delle previsioni in materia di responsabilità degli ISPs di cui al D. Lgs. 70/2003 (cd. Decreto E-commerce, che recepisce le previsioni della Direttiva E- Commerce 2000/31/CE). Secondo AGCM, infatti, la suddetta società non si sarebbe limitata alla memorizzazione delle informazioni raccolte, ma, per il modello di business sviluppato, avrebbe svolto anche e soprattutto un’attività di classificazione e sistematizzazione delle informazioni medesime. ! Quanto ai parametri di commisurazione della sanzione, l’AGCM ha considerato: (i) il potere di commerciale di TripAdvisor, che costituisce uno dei principali operatori mondiali del mercato delle recensioni online; nonché (ii) l’estrema diffusione della pratica e la sua idoneità, anche in ragione del mezzo di comunicazione utilizzato, a raggiungere una quota molto ampia di consumatori. © 2015 Portolano Cavallo Studio Legale
  • 7. ! Con riguardo, poi, a Poltronesofà, anche quest’ultima è stata destinataria, con provvedimento del 28 ottobre 2014, di un’ingente sanzione amministrativa pecuniaria, specificamente pari ad Euro 500.000, per pratiche commerciali scorrette consistenti nella diffusione di messaggi pubblicitari ingannevoli, diretti ad informare il pubblico dei consumatori della possibilità, non replicabile, di acquistare poltrone e divani a prezzi particolarmente vantaggiosi solo per periodi di tempo limitati. ! Come parametri della commisurazione della sanzione sono stati considerati, anche questa volta: (i) il potere di mercato della società ; (ii) la natura della pratica, dal contenuto definito da AGCM come “altamente subdolo”, in quanto tendente a sfruttare, in un momento di particolare attenzione dei consumatori verso il risparmio, la leva della convenienza economica come elemento essenziale della campagna pubblicitaria; (iii) la molteplicità dei mezzi di comunicazione utilizzati per veicolare i messaggi pubblicitari, diffusi tramite la televisione e la rete internet, quali strumenti idonei a raggiungere un’ampia platea di consumatori. ! ! LEGGE DI STABILITÀ: REGIME FISCALE AGEVOLATO PER I REDDITI DERIVANTI DALL’UTILIZZAZIONE DI BENI IMMATERIALI (PATENT BOX) 
 ! La legge di stabilità n. 189 del 23 dicembre 2014, pubblicata in G.U. il 29 dicembre 2014, all’art. 1, comma 37 e ss., prevede un regime opzionale di tassazione agevolata per i redditi d’impresa derivanti “dall’utilizzo di opere dell’ingegno, da brevetti industriali, da marchi d’impresa funzionalmente equivalenti ai brevetti, nonché da processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquistate nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili”. ! L’introduzione di un regime di Patent Box (secondo un modello già previsto in diversi paesi europei, come Belgio, Francia, Gran Bretagna, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna) costituisce potenzialmente una significativa opportunità per aziende “IP- intensive”, incentivandone la localizzazione in Italia. ! L’agevolazione consiste nell’esclusione, dal reddito complessivo, del 50% dei redditi derivanti dall’utilizzazione dei suddetti beni immateriali. La sua applicazione decorre dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014. Tuttavia, per gli anni di imposta 2015 e 2016, la percentuale di esenzione sarà pari, rispettivamente, al 30% e al 40%. ! Possono beneficiare dell’agevolazione in questione i soggetti titolari di reddito d’impresa a condizione che svolgano attività di ricerca e sviluppo, anche mediante contratti di ricerca stipulati con università o enti di ricerca e organismi equiparati, finalizzata alla produzione dei beni immateriali oggetto del regime agevolato. Possono optare per il suddetto regime anche soggetti non residenti in Italia, a condizione che siano residenti in paesi con i quali sia in vigore un accordo per evitare la doppia imposizione e con i quali lo scambio di informazioni sia effettivo. ! © 2015 Portolano Cavallo Studio Legale ! BREVISSIME
  • 8. L’adesione al suddetto regime di tassazione agevolata è opzionale, ha una durata di cinque esercizi sociali ed è irrevocabile. ! In caso di utilizzo diretto dei beni citati, il regime sarà applicabile previa conclusione di un accordo con l’Agenzia delle Entrate tramite una procedura di cd. ruling, volta a determinare in via preventiva il contributo economico di tali beni alla produzione del reddito complessivo. ! Tuttavia, la portata del Patent Box in Italia potrà essere valutata solo a seguito di alcuni chiarimenti interpretativi che si rendono necessari anche alla luce dell’ambiguità delle norme contenute nella legge di stabilità 2015 che disciplinano il regime in questione. Al riguardo, si attende il decreto attuativo delle suddette misure che sarà emanato dal Ministero dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in conformità all’art. 1, comma 44, della legge di stabilità, anche al fine di individuare le tipologie di marchi escluse dall’ambito di applicazione del regime fiscale agevolato. ! LEGGE DI STABILITÀ: LE NOVITÀ NEL SETTORE MEDIA 
 ! La fine dell’anno e l’inizio del nuovo anno offrono, come sempre, interessanti novità legislative anche nel settore media in conseguenza dell’approvazione dell’annuale legge di stabilità e del tradizionale decreto recante “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative” (meglio noto come “milleproroghe”). La legge di stabilità (L. 23 dicembre 2014, n. 190) oltre al “patent box” cui è dedicato un altro approfondimento nella newsletter, contiene all’articolo 1 commi da 144 a 149 disposizioni relative a: 1) asta delle frequenze c.d. banda L; 2) indennizzi e forme di sostegno alle tv locali; 3) pianificazione delle frequenze attribuite a livello internazionale all’Italia e non assegnate a operatori di rete nazionali per il servizio televisivo digitale terrestre; 4) credito di imposta per impianti Wi-Fi in strutture ricettive. Quanto all’asta delle frequenze 1452-1492 MHz il comma 144 prevede che entro 10 giorni dall’entrata in vigore della legge, AGCOM avvii le procedure di gara per l’assegnazione di tali frequenze da destinare a servizi di comunicazione elettronica mobili per applicazioni del tipo Supplemental Down Link (SDL). Tali applicazioni consentono di aggiungere banda alle comunicazioni mobili permettendo agli operatori di offrire ai consumatori la possibilità di accedere più rapidamente e con prestazioni più performanti a contenuti presenti in rete. In sostanza, si tratta di applicazioni che sfruttando le frequenze citate consentono di scaricare più rapidamente dati e informazioni presenti in rete. I proventi derivanti dall’assegnazione delle suddette frequenze, fino a 700 milioni di euro verranno destinati a titolo di cofinanziamenti nazionali dei fondi strutturali comunitari mentre la parte eccedente, ove sussistente, sarà destinata con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze. Il comma 146 prevede forme di indennizzo in favore delle TV locali che entro il 30 aprile 2015 dovranno dismettere frequenze interferenti con paesi esteri confinanti. Mentre i commi 147-148 prevedono che entro 40 giorni dall’entrata in vigore della legge AGCOM dovrà avviare “[…] le procedure per la pianificazione delle frequenze attribuite a livello internazionale all’Italia e non assegnate a operatori di rete nazionali per il © 2015 Portolano Cavallo Studio Legale
  • 9. servizio televisivo digitale terrestre per la messa a disposizione della relativa capacità trasmissiva a fornitori di servizi di media audiovisivi in ambito locale”. Il Ministero dello Sviluppo Economico formerà delle graduatorie sulla base di criteri determinati dallo stesso comma e procederà all’assegnazione delle frequenze. La disposizione prevede, infine, che “[…] nel caso in cui dalle selezioni non risulti un numero sufficiente ed idoneo, rispetto ai criteri definiti, di operatori di rete in relazione alle frequenze da assegnare, il Ministero dello sviluppo economico esamina le domande presentate da soggetti non operanti in ambito locale assegnando i relativi diritti d’uso per le stesse finalità della presente disposizione”. Da ultimo il comma 149 interviene sulla lettera a) del comma 2 dell’articolo 9 del decreto- legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2014, n. 106 (c.d. Destinazione Italia) prevedendo che il credito di imposta per l’installazione di impianti Wi-Fi in favore di strutture ricettive sia riconosciuto solo “[…] a condizione che l’esercizio ricettivo metta a disposizione dei propri clienti un servizio gratuito di velocità di connessione pari ad almeno 1 Megabit/s in download”. Disposizione certamente interessante in chiave di promozione dello sviluppo del Wi-Fi libero e gratuito ma da testare in termini di ricadute pratiche (ad esempio, di quali strumenti si doterà l’Agenzia delle entrate per contestare l’illegittima fruizione del credito di imposta nel caso di struttura che dovesse garantire un servizio a velocità inferiore?). ! CLAUSOLE MOST FAVOURED NATION: GLI IMPEGNI DI BOOKING DAVANTI AD AGCM 
 ! Nell’adunanza dell’11 dicembre 2014 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (“AGCM”) ha deliberato di pubblicare sul proprio sito internet gli impegni presentati, ai sensi dell’articolo 14-ter della legge n. 287/90 (“Norme per la tutela della concorrenza e del mercato”), dalle società Booking.com B.V. e Booking.com (Italia) S.r.l. (di seguito “Booking”) in relazione al contenuto delle clausole Most Favoured Nation (di seguito “MFN”) inserite nei rapporti contrattuali con i propri hotel partner. Tali clausole prevedono che gli hotel partner garantiscano a Booking il miglior trattamento eventualmente accordato ad altri OTA e che in ogni caso i prezzi offerti su Booking siano i più vantaggiosi offerti sul web dall’hotel partner considerato. Tali impegni, che si inquadrano nell’ambito del procedimento istruttorio avviato dall’AGCM con delibera del 7 maggio 2014, consistono, in particolare: a) nella modifica della clausola MFN, in modo che essa sia applicabile esclusivamente ai prezzi ed alle altre condizioni pubblicamente offerte dagli hotels attraverso i propri canali di vendita diretta, sia online che offline, e non, invece, ai prezzi resi disponibili sulle home pages di altre Online Travel Agencies (OTA); b) nel consentire a tutti gli hotels partner di applicare, ai clienti appartenenti a gruppi chiusi di utenti (c.d. "Closed User Groups" – “GCU”), sconti sulle tariffe offerte sulla propria piattaforma. Eventuali osservazioni sugli impegni presentati da Booking dovranno essere presentate per iscritto all’Autorità entro e non oltre il 31 gennaio 2015. Il procedimento di valutazione degli impegni dovrà concludersi entro il 1°aprile 2015. ! © 2015 Portolano Cavallo Studio Legale
  • 10. REGOLAMENTO UE SULLA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI: STATO DELL’ARTE E PROSSIME TAPPE 
 ! Sono decorsi tre anni da quando, nel mese di gennaio del 2012, la Commissione europea ha presentato al Parlamento europeo e al Consiglio dell’Unione europea un pacchetto di proposte di riforma della normativa europea sulla protezione dei dati personali, tra cui una direttiva sul trattamento dei dati per finalità giudiziarie e di polizia e una proposta di Regolamento UE “concernente la tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali e la libera circolazione di tali dati” (si veda l’approfondimento dedicato al tema nella nostra newsletter di maggio 2012. ! In particolare, per quanto concerne il Regolamento, quest’ultimo mira ad aggiornare e modernizzare i principi in materia di tutela dei dati personali sanciti dalla Direttiva 95/46/ CE, prevedendo un corpus unico di norme di protezione dei dati valido per tutta l’UE. La procedura prevista per l’approvazione del Regolamento (denominata procedura legislativa ordinaria) prevede il coinvolgimento, in posizione di parità, del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Unione europea. A seguito della proposta della Commissione, il 12 marzo 2014 il Parlamento europeo ha approvato in prima lettura il testo di Regolamento con alcuni emendamenti, e ha trasmesso il medesimo al Consiglio dell’Unione europea. ! Con riunioni svolte nei mesi di ottobre e dicembre 2014, il Consiglio (nella formazione “Giustizia e Affari Interni” composta dai ministri della giustizia e degli affari interni di tutti gli Stati membri dell’UE, e presieduto dal nostro Ministro della Giustizia nel corso del Semestre Europeo di presidenza italiana) ha raggiunto un accordo parziale su alcune previsioni del Regolamento, ritenendo necessario svolgere ulteriori approfondimenti nel corso del 2015. ! In particolare, un aspetto oggetto di accese discussioni tanto in seno al Parlamento quanto nelle riunioni svolte nel Consiglio, è il meccanismo del cd. One stop shop, il quale, nel caso di soggetti che hanno più stabilimenti nell’Unione, prevede una competenza “centralizzata” dell’autorità garante dello Stato membro ove è situato il cd. stabilimento principale di tale soggetto. ! Nel caso in cui il Consiglio approvi il testo di Regolamento trasmesso dal Parlamento europeo senza modifiche, il medesimo dovrà ritenersi approvato mentre, qualora siano proposti degli emendamenti, il Regolamento dovrà essere esaminato in seconda lettura dal Parlamento europeo. Quest’ultimo potrà (i) condividere la posizione del Consiglio, e in tal caso il Regolamento sarà approvato; (ii) respingere la posizione del Consiglio, e in tal caso l’atto decadrà e l’intera procedura terminerà, oppure (iii) proporre nuovi emendamenti e rinviare la proposta al Consiglio per una seconda lettura. ! E’ auspicabile che si possa raggiungere una posizione condivisa sul Regolamento nel corso del nuovo semestre di presidenza lettone (dal 1 gennaio 2015 al 30 giugno 2015). ! ! © 2015 Portolano Cavallo Studio Legale
  • 11. GARANTE PRIVACY: ESONERO PARZIALE DALL’INFORMATIVA IN RELAZIONE AL SERVIZIO GOOGLE STREET VIEW - SPECIAL COLLECTS 
 ! Con provvedimento del 4 dicembre 2014 il Garante Privacy si è pronunciato in merito all’istanza del 23 settembre 2014, avanzata da Google Inc. (di seguito “Google”), ai sensi dell’art. 13, comma 5, lett. c) del Codice Privacy, per ottenere un provvedimento di esonero dall’informativa privacy in relazione al servizio Google Street View Special Collects, già attivo in alcuni paesi e pronto per essere lanciato anche in Italia. Si tratta, in particolare, di un servizio preordinato alla raccolta, da parte di Google medesima ovvero anche ad opera di terzi specificamente autorizzati cui Google fornirebbe la necessaria strumentazione tecnica (cd. Partner), di immagini a 360 gradi relative, tra gli altri, a siti archeologici, parchi nazionali, ski resort, spiagge, luoghi di interesse artistico, storico e culturale; luoghi, questi, per le loro peculiarità fisiche non raggiungibili dalle tradizionali vetture di Google Street View (già oggetto di un provvedimento del Garante Privacy del 15 ottobre 2010, che ha impartito alcune prescrizioni volte a garantire il rispetto della normativa sul trattamento dei dati personali). Nella summenzionata istanza al Garante, Google (ribadendo l’avvenuto adempimento alle prescrizioni impartite con il citato provvedimento del 2010) ha affermato che nei musei e in altri luoghi ad accesso limitato, al fine di limitare eventuali riprese di visitatori, effettuerà le registrazioni negli orari di chiusura al pubblico. Nelle altre aree, come spiagge e spazi aperti, saranno invece scelti orari in cui sia meno probabile incontrare passanti e i volti ed altri particolari identificativi (ad esempio, le targhe dei veicoli) eventualmente memorizzati, saranno oscurati prima di rendere disponibili le immagini sul servizio Google Maps. Al riguardo, il Garante, nell'ambito del bilanciamento di interessi e in base alla peculiarità del servizio rispetto alla versione standard di Street View, ha imposto a Google l'adozione di adeguate cautele a tutela degli interessati e di misure semplificate per informarli delle riprese in corso. In particolare, Google sarà tenuta: 1. a pubblicare informazioni sui luoghi di ripresa sul proprio sito web in italiano nei tre giorni antecedenti l'inizio dei lavori; informazioni dettagliate dovranno essere pubblicate già sette giorni prima dell'inizio delle riprese anche sui siti web e, se esistenti, sulle newsletter o altre pubblicazioni informative dei Partner, cioè degli enti, strutture, soggetti privati, fondazioni etc. coinvolti nel programma; 2. nei luoghi ad accesso controllato, ad informare le persone interessate – anche attraverso appositi avvisi o cartelli affissi all'ingresso dei siti – dell’imminente registrazione delle immagini, in modo da consentire ai visitatori di esercitare il diritto a non venire inquadrati; 3. a garantire la formazione del personale coinvolto circa il rispetto della normativa sulla protezione dei dati personali; e, infine, 4. a dotare gli operatori di adesivi o altri segni distintivi ben visibili da applicare sull'abbigliamento e sulle attrezzature, in modo da segnalare chiaramente che si stanno acquisendo immagini da pubblicare online su Google Maps mediante il servizio Google Special Collects nell'ambito di Street View. ! ! ! © 2015 Portolano Cavallo Studio Legale
  • 12. LE AUTORITÀ PRIVACY AI MARKETPLACE: INFORMATIVA PRIVACY PRIMA DEL DOWNLOAD 
 ! Il 9 dicembre 2014, le Autorità per la protezione dei dati personali, raggruppate nella rete internazionale del “Global Privacy Enforcement Network”(“GPEN”), hanno sollecitato, con una raccomandazione, i gestori dei principali marketplace di app (Apple, Google, Samsung, Microsoft, Nokia, BlackBerry e Amazon) ad adottare precise garanzie a protezione dei dati degli utenti delle applicazioni mobili. Tale raccomandazione segue un’indagine promossa dallo stesso GPEN, che ha rivelato come molte delle app più scaricate dagli utenti chiedano l'accesso ad una gran quantità di dati senza spiegare adeguatamente per quali scopi tali informazioni sarebbero usate. Il rischio, come sottolineato da Antonello Soro, Presidente dell’Autorità per la protezione dei dati personali italiana, è un “monitoraggio digitale permanente al quale ci stiamo via via assuefacendo". Il GPEN ha inoltre chiesto alle piattaforme che propongono app su smartphone e tablet di obbligare gli sviluppatori a mettere a disposizione degli utenti un’informativa prima del download, che chiarisca quali dati personali saranno raccolti e come verranno utilizzati, in modo che gli utenti possano consapevolmente decidere se permettere l’uso dei propri dati o meno. ! LA DIRETTIVA 95/46/CE SI APPLICA ALLA VIDEOREGISTRAZIONE REALIZZATA DA UN PRIVATO MEDIANTE VIDEOCAMERA DI SORVEGLIANZA INSTALLATA SULL’ABITAZIONE FAMILIARE E DIRETTA VERSO LA PUBBLICA VIA 
 ! La Corte di Giustizia dell’UE, con sentenza nella causa C-212/13 dell’11 dicembre 2014, ha stabilito che la Direttiva 95/46/CE (relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione dei dati) si applica alla videosorveglianza realizzata da una persona fisica mediante una videocamera installata presso l’abitazione familiare per proteggere i beni, la salute e la vita dei proprietari dell’abitazione e che sorveglia parimenti la pubblica via. ! Il caso all’origine della pronuncia riguardava delle registrazioni effettuate con una videocamera di sorveglianza a fronte di ripetuti episodi di disturbo (lancio di oggetti che avevano infranto le finestre dell’abitazione) perpetrati da uno sconosciuto. La telecamera era fissa, senza possibilità di rotazione, e filmava l’ingresso dell’abitazione, la strada pubblica nonché l’ingresso dell’abitazione situata di fronte. L’utilizzo di tali registrazioni ha permesso alla polizia di identificare due sospettati a carico dei quali sono stati promossi dei procedimenti penali. ! Su istanza di uno dei sospettati, che aveva contestato la liceità del sistema di videosorveglianza in questione, l’Ufficio per la tutela dei dati personali della Repubblica Ceca ha ritenuto che il medesimo costituiva una violazione delle norme in materia di protezione dei dati personali. Su ricorso della persona che aveva installato il citato sistema, la Corte suprema amministrativa della Repubblica Ceca (Nejvyšší správní soud) ha sottoposto alla Corte di Giustizia la seguente questione pregiudiziale: se il fatto di utilizzare un sistema di videocamera installato su un’abitazione familiare allo scopo di proteggere la proprietà, la salute e la vita dei proprietari possa essere classificato come trattamento di dati personali “effettuato da una persona fisica per l’esercizio di attività a © 2015 Portolano Cavallo Studio Legale
  • 13. carattere esclusivamente personale o domestico” ai sensi dell’articolo 3, par. 2, della Direttiva 95/46/CE, sebbene detto sistema riprenda anche spazi pubblici. ! Nella sentenza in esame la Corte rammenta che la nozione di “dati personali” contenuta nella Direttiva 95/46/CE comprende qualsiasi informazione concernente una persona fisica identificata o identificabile, pertanto anche l’immagine di una persona registrata da una telecamera costituisce un dato personale, in quanto consente di identificare la persona interessata. Allo stesso modo, la registrazione e l’immagazzinamento di dati personali di cui al citato sistema di videosorveglianza rientra nell’ambito di applicazione della Direttiva, costituendo un trattamento automatizzato di dati. ! In secondo luogo, secondo la Corte è necessario interpretare in senso restrittivo l’esenzione prevista all’articolo 3, par. 2, della Direttiva 95/46/CE, citata nel quesito pregiudiziale, rientrando in tale previsione solo un trattamento di dati personali che sia effettuato nella sfera esclusivamente personale o domestica della persona che procede a tale trattamento. Pertanto, non può essere considerata un’attività esclusivamente “personale o domestica” una videosorveglianza che, come quella di cui al procedimento principale, si estende, anche se solo parzialmente, allo spazio pubblico, e pertanto è diretta verso l’esterno della sfera privata della persona che procede al trattamento dei dati con tale modalità. ! Il testo integrale della sentenza è disponibile a questo link. ! COMITATO PER LO SVILUPPO E LA TUTELA DELL’OFFERTA LEGALE DI OPERE DIGITALI: DIFFUSI I DATI SULL’ATTIVITÀ DELL’AUTORITÀ PER LE GARANZIE NELLE COMUNICAZIONI IN MATERIA DI TUTELA DEL DIRITTO D’AUTORE ONLINE 
 ! Con comunicato stampa del 12 dicembre 2014 l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) ha reso noto che l’11 dicembre 2014 si è tenuta, presso la sede di Roma della stessa Autorità, la quarta riunione del Comitato per lo sviluppo e la tutela dell’offerta legale di opere digitali, istituito ai sensi dell’articolo 4 del Regolamento per la tutela del diritto d’autore online. ! È risultato, in particolare, che grazie agli ordini di blocco adottati in attuazione del Regolamento non è più accessibile un grande numero di file diffusi illecitamente: oltre due milioni e mezzo musicali e più di un milione audiovisivi. ! Dall’entrata in vigore del Regolamento al 30 novembre 2014 sono pervenute all’Autorità 142 istanze, al netto di quelle compilate e non perfezionate secondo la procedura informatizzata descritta sul sito www.ddaonline.it. ! Di queste, la maggior parte ha riguardato opere fotografiche (il 33%) e audiovisive (il 32%). Seguono le istanze che hanno ad oggetto opere di carattere sonoro (15%), editoriale (11%) e letterario (4%), ivi inclusi e-book, manualistica in chiave educational e narrativa. ! Solo due istanze hanno riguardato i servizi di media audiovisivi. 9 istanze sono state ritirate e 30 sono state archiviate in via amministrativa per vizi formali. I procedimenti avviati sono stati 95, alcuni dei quali risultano dalla riunione di più istanze. Di questi, il 71% © 2015 Portolano Cavallo Studio Legale
  • 14. è stato istruito con rito ordinario (che prevede una durata massima di 35 giorni lavorativi) e il 29% con rito abbreviato (12 giorni lavorativi di durata massima), in ragione della gravità della lesione dei diritti di sfruttamento economico delle opere segnalate o del carattere massivo della violazione. ! Tra i procedimenti pervenuti a conclusione alla data del 30 novembre 2014, il 62% ha fatto registrare un adeguamento spontaneo da parte dei destinatari della comunicazione di avvio; il 29% è sfociato nell’adozione da parte dell’Autorità di un ordine di blocco del DNS dei siti segnalati; il 9% è stato archiviato dalla Commissione per i servizi e i prodotti. ! GOOGLE NEWS CHIUDE IN SPAGNA 
 ! Il 1° gennaio è entrata in vigore in Spagna la Legge 21/2014 di riforma delle disposizioni in materia di tutela della proprietà intellettuale (Ley 21/2014, de 4 de noviembre, por la que se modifica el texto refundido de la Ley de Propiedad Intelectual, aprobado por Real Decreto Legislativo 1/1996, de 12 de abril, y la Ley 1/2000, de 7 de enero, de Enjuiciamiento Civil). Nell’ambito di una revisione organica delle disposizioni vigenti nel Paese iberico, il legislatore ha introdotto una forma di equo compenso in favore degli autori di opere ed a carico dei prestatori di servizi della società dell’informazione che mettono a disposizione del pubblico “[…] frammenti non significativi di contenuti divulgati attraverso pubblicazioni periodiche o su siti internet aggiornati periodicamente che abbiano finalità informativa, di creazione dell’opinione pubblica o di intrattenimento” (“[…] fragmentos no significativos de contenidos, divulgados en publicaciones periódicas o en sitios Web de actualización periódica y que tengan una finalidad informativa, de creación de opinión pública o de entretenimiento”). Secondo quanto prescrive la norma introdotta il diritto a ricevere l’equo compenso non è rinunciabile da parte dei rispettivi titolari. A fronte dell’introduzione di tale previsione che evidentemente è stata rivolta a consentire agli editori di periodici di percepire un equo compenso per la riproduzione anche parziale delle opere pubblicate attraverso servizi online, Google ha annunciato il 16 dicembre la chiusura del servizio Google News in Spagna. Nel comunicato con il quale è stata annunciata la chiusura del servizio Google ha dichiarato che: “Questa nuova legge impone alle testate di richiedere un compenso a Google News per mostrare anche piccoli snippet del loro testo, indipendentemente dal fatto che queste vogliano farsi pagare o no. Dal momento che Google News non genera ricavi (non mostriamo nessuna pubblicità sul sito) questo approccio semplicemente non è sostenibile. Perciò, è con grande dispiacere che il 16 dicembre (prima dell’entrata in vigore della nuova legge a gennaio) rimuoveremo gli editori spagnoli da Google News e chiuderemo Google News in Spagna. Per secoli, gli editori si sono scontrati con i limiti insiti nella distribuzione delle copie stampate. Internet ha cambiato tutto, creando incredibili opportunità ma anche sfide concrete per gli editori, che hanno visto aumentare la competizione nell’attrarre lettori e investimenti pubblicitari. Noi continueremo a impegnarci per aiutare l’industria dell’informazione ad affrontare queste sfide e siamo felici di continuare a collaborare con le migliaia di partner che abbiamo nel mondo, così come in Spagna, per aiutarli ad aumentare lettori e fatturato online”. ! © 2015 Portolano Cavallo Studio Legale
  • 15. IL CUBO DI RUBIK PUÒ ESSERE REGISTRATO COME MARCHIO DI FORMA 
 ! Secondo il Tribunale dell’Unione europea la registrazione come marchio di forma del celebre puzzle tridimensionale inventato nel 1974 dal professore di architettura e scultore ungherese Ernő Rubik - il giocattolo più venduto della storia, con circa 300 milioni di pezzi venduti, considerando anche le imitazioni (Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/ Cubo_di_Rubik) – è valida. ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! Con decisione del 25 novembre scorso in causa T-450/09 (Simba Toys GmbH) il Tribunale UE ha chiarito che la capacità di rotazione delle bande orizzontali e verticali del cubo non è determinata né dalle linee nere, né dalla struttura a griglia del cubo ma da un meccanismo interno al cubo stesso. In ragione di ciò, la forma del cubo non incorpora una funzione tecnica e, pertanto, nulla osta alla sua registrazione come marchio di forma. Il Tribunale, in relazione alla capacità distintiva della forma in parola rileva come il cubo di Rubik si distingua dagli altri puzzle tridimensionali presenti sul mercato e la sua struttura consente ai consumatori di identificare il produttore del bene per il quale il marchio è registrazione. Infine, con riferimento ai profili concorrenziali derivanti dal riconoscimento della piena validità della registrazione del suddetto marchio di forma, il Tribunale precisa come tale registrazione non consente al titolare del marchio di impedire a terzi di commercializzare tutti i tipi di puzzle tridimensionali aventi capacità di rotazione ma solo quelli “[…] aventi forma di cubo, sulle cui facce sia apposta una struttura a griglia”. ! $ I numeri precedenti sono disponibili online sul sito. $ Se desideri iscriverti al servizio clicca qui.
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