Intervista a Mario Tozzi - tesi di Master di Paola Vaccaro
1. Master in La scienza nella pratica giornalistica
SAPIENZA
Università di Roma
Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali
Master in
La scienza nella pratica giornalistica
A.A. 2013/2014
La scienza in video al tempo della rete
Masterizzando
Paola Vaccaro
Docente guida Correlatore
Prof. Pietro Greco Dr. Mario Tozzi
Direttore
Prof. Isabella Saggio
Pag. !1
3. Master in La scienza nella pratica giornalistica
Capitolo III: Il parere di un addetto ai
lavori: Mario Tozzi
Mario Tozzi, geologo, ricercatore e autore di diverse
pubblicazioni scientifiche, è anche un noto divulgatore: ha
ideato e condotto programmi televisivi (Gaia – Il pianeta che
vive, Terzo Pianeta, La Gaia Scienza, Fuori Luogo) e
radiofonici (Tellus), ha scritto numerosi libri divulgativi e
realizzato spettacoli teatrali - “conferenze sceniche” - aventi
come oggetto tematiche ambientali. Ha collaborato inoltre
con quotidiani (La Stampa) e riviste (Vanity Fair, National
Geographic). Di seguito è riportata una breve conversazione
con lui, avente come tema la divulgazione scientifica e il suo
rapporto con la ricerca, e le possibilità offerte dai differenti
media.
Mario Tozzi, lei è un ricercatore affermato,
dunque ha avuto la fortuna di vivere la ricerca “sul
campo”: sa cosa si prova a recarsi su un sito per
raccogliere dei campioni, analizzarli, elaborare delle
teorie e poi verificarle, confer mandole o
smentendole. Come mai a un certo punto ha iniziato
a occuparsi di divulgazione? La ricerca non le dava
abbastanza emozioni?
Ho incominciato per caso, non è che dipendesse dal
fatto che non fossi eccitato dalla ricerca, dalla quale ho avuto
diverse soddisfazioni in termini di risultati. Però,
evidentemente, ho trovato più soddisfacente divulgare sia
quei risultati che le cose che avevo studiato per tanti anni. Il
caso ha voluto che ci fossero dei documentari geologici da
Pag. !3
4. Paola Vaccaro
commentare per una nuova trasmissione che nasceva allora,
Geo & Geo. Non c’era nessuno che li potesse commentare, e
ci ho provato: è andata bene. Ho cominciato così.
Un po’ il caso, un po’ la voglia di raggiungere un
pubblico più vasto, diciamo…
Questo pensiero è arrivato dopo, all’inizio era
soprattutto il divertimento di provare a cimentarsi nello
spiegare con parole semplici delle cose complicate.
La domanda sorge spontanea: cosa si prova a
vivere la “doppia vita” del ricercatore e del
divulgatore? Si tratta infatti di due approcci alla
conoscenza piuttosto dissimili. È possibile viverli
entrambi senza equilibrismi?
Sono diversi, sì, ma uno lo sa bene. Quando fai
divulgazione non è che puoi prendere il Nobel o ricevere un
premio per la ricerca, stai semplicemente tentando di
diffondere le chiavi della conoscenza di una materia che tu
conosci bene; questo lo puoi fare in maniera divertente e
semplice. L’importante è avere ben chiaro quello che fai. La
divulgazione consente un approccio creativo, perché la fai
coi libri, con la televisione, con la radio... Nel campo della
ricerca sei molto vincolato, devi rispettare certi “paletti”;
però i motivi che ti muovono in quel caso sono altri.
Personalmente, dovendo tenere una conferenza, che sia
accademica o divulgativa, io cerco soprattutto di non
annoiarmi.
Quindi la dimensione creativa è un po’ il “valore
aggiunto” della divulgazione.
Pag !4
5. Master in La scienza nella pratica giornalistica
Sì.
Il fatto di essere un divulgatore le ha creato
delle difficoltà, o delle incomprensioni con i suoi
colleghi ricercatori? Le è mai capitato di non essere
preso sul serio come uomo di scienza, o che il suo
lavoro di ricercatore venisse sminuito?
All’inizio c’era qualche problema, soprattutto con quei
professori che non vedono di buon occhio la divulgazione
perché pensano che distolga dalla ricerca. Invece altri mi
hanno molto incoraggiato. Dopo non c’è stato nessun
problema. I colleghi più intelligenti sono stati contenti che io
abbia fatto conoscere la loro materia. Ho sempre cercato di
coinvolgerli nei miei programmi, e di dare soddisfazione a
tutti. Altri capiscono meno, magari ti dicono: «Non sei stato
abbastanza rigoroso» o «Non sei stato abbastanza attento».
Può sempre succedere, sai quante volte mi sbaglio! In fin dei
conti forse non è quella la cosa fondamentale.
Certo.
Lei ha sperimentato la comunicazione della
scienza tramite la televisione, la radio, il teatro, i
libri e i quotidiani. Quale di questi mezzi le sembra
più efficace nel veicolare un messaggio, o nel portare
dei dati scientifici oggettivi a conoscenza del grande
pubblico?
Quello più efficace probabilmente è ancora la
televisione, che raggiunge molte persone; però è anche un
mezzo che induce distrazione, quindi è complicato chiedere
concentrazione. Per questo devi esprimerti in un certo modo
e non in altri. Il libro è forse quello in cui è possibile
dispiegare la creatività senza limiti di tempo o di spazio.
Pag. !5
6. Paola Vaccaro
Ecco, nel libro puoi essere creativo fino in fondo, puoi dire
quello che vuoi nei limiti che vuoi, non c’è limite nemmeno
al numero di pagine. Nella tv e nella radio, è una questione
di articolazione; la creatività rimane la stessa. Forse la tv
sarebbe più efficace se la si ascoltasse con attenzione: non
sempre infatti si tratta di un ascolto attento.
Si tende a essere “incantati” dalle immagini?
No, è che non è come al cinema; la guardi
distrattamente, mentre fai altro: mentre mangi o mentre
scrivi. Per un ascolto di questo tipo, allora è meglio la radio.
Ognuno di questi mezzi in realtà ha pregi e difetti non
sovrapponibili.
E in quale di questi mezzi si sente più a suo
a g i o, i n d i p e n d e n t e m e n t e d a l l ’ e f fi c a c i a
comunicativa?
Io mi sento più a mio agio in televisione: è quella che
mi riesce meglio, per inclinazione naturale o forse
semplicemente perché mi piace. Sarebbe opportuno che
andassero in televisione quelli a cui la tv piace. Se non ti
piace, lo si vede dall’atteggiamento che hai: non trasmetti
agio e sicurezza nemmeno a guardarti.
Recentemente tramite internet si sono diffuse le
conferenze TED, in cui diversi relatori trattano, in
maniera comprensibile ai più, i temi in cui sono
esperti, con l’obiettivo di “cambiare il mondo con il
potere delle idee”. Il successo di questa formula
secondo lei è da attribuirsi più ai contenuti
innovativi, o alla potenza del web?
Pag !6
7. Master in La scienza nella pratica giornalistica
Io ritengo che questa sia la nuova frontiera della
divulgazione, perché è una divulgazione frontale, fatta in un
teatro, che poi viene riverberata sul web. È molto breve,
massimo 15 minuti, e risponde a una domanda specifica.
Ricostruisce il sapere non in maniera organica, ma per
spunti. Dunque è molto efficace per la società di oggi che
ricerca il sapere in maniera difforme, non approfondita. Il
TED consente l’approfondimento, seppure breve, ma in
maniera divertente. Il grande pregio dei TED è che sono
divertenti. Puoi trovarci dentro tutto lo scibile umano; molti
di quelli che divulgano lì sono dei veri e propri talenti. Io ne
ho fatti diversi, anche in inglese: mi piace cimentarmi con
questo mezzo perché è una frontiera vera. Forse mi piace
anche di più della tv, perché il contatto col pubblico è
soddisfacente per me.
Certo, perché è un pubblico in carne e ossa; lei
trova che la dimensione teatrale sia quella
importante.
Sì.
Secondo un recente studio del centro di ricerca
Observa, la televisione è oggi il mezzo di
comunicazione di massa maggiormente utilizzato
dagli italiani per informarsi su scienza e tecnologia.
Questo primato resisterà ancora a lungo, o pensa
che verrà soppiantato in breve dai canali video del
web?
In Italia no, sarà ancora così secondo me, perché non
c’è una cultura così diffusa dell’informazione dalla rete. Per
adesso il mio punto di vista è che sarà ancora il mezzo
preferito, ritengo almeno per qualche anno, poi più in là si
Pag. !7
8. Paola Vaccaro
vedrà. Per adesso non mi pare che ci sia una reale
competizione. Poi ci sono anche le tv satellitari con tutta
quella parte di documentaristica scientifica.
La televisione come mezzo di comunicazione
della scienza è ancora suscettibile di miglioramenti,
siano essi tecnici o concettuali, che possano
mantenerla ancora in auge, o va bene così?
Non lo so, mi sembra sempre che sia arrivata al suo
limite, poi invece mi sorprende.
Nel rapporto con gli scienziati, la televisione è
stata paragonata a “La serva padrona” dell’Opera
Buffa di Pergolesi. Quanto è difficile per uno
scienziato avvantaggiarsi delle possibilità offerte dal
mezzo televisivo senza farsene sopraffare?
Veramente è un po’ così, ma è qualcosa che vale per
tutti gli strumenti tecnologici moderni. Non è difficile, lo
puoi fare, ma devi scegliere una maniera di comunicare
molto frammentata, e delle frasi senza tante subordinate.
Devi necessariamente semplificare il linguaggio senza troppi
concetti. Però questo lo puoi fare solo se i concetti li hai ben
capiti, quindi tutto sommato è un esercizio utile.
Come me l’immagino io, uno scienziato in tv si
potrebbe sentire un po’ in mezzo all’arena.
No, sempre di un palcoscenico si tratta; che sia una
cattedra, il palco del TED, la televisione o la radio, stai
sempre su un palcoscenico. Anche ai ricercatori o agli
scienziati che fanno lezione, che fanno didattica, un po’ piace
stare sul palcoscenico. Lo dicono per darsi un tono, ma in
realtà a loro piace moltissimo, sono tutti molto vanitosi.
Pag !8
9. Master in La scienza nella pratica giornalistica
Ognuno ha la sua dose di narcisismo...
La Gaia Scienza è stato forse l’unico esempio di
una trasmissione in cui si parlava di scienza con
leggerezza, cercando di divertire il pubblico. Si tratta
di una strada ancora percorribile? È un esperimento
che rifarebbe, o rimane solo un esperimento?
Io lo rifarei senz’altro, è che ci vogliono parecchi soldi
per fare un programma del genere; oggi forse potrebbe farlo
la tv satellitare. È un esperimento utile, perché unisce il
divertimento con l’imparare qualche cosa, che è
l’insegnamento che uno cerca di dare. Non è escluso che lo
rifaremo da qualche altra parte, se si trovano i fondi
necessari; è una strada da perseguire, e credo che abbia un
futuro.
Pag. !9