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ADESSO BASTA! VOGLIO UN’AUTO A MOLLA…
di Matteo Bortolotto
Dopo il clamoroso flop del Tesla
Battery Day (almeno per quanto
riguarda il mercato azionario), appare
chiaro che il mondo dell’auto elettrica
è ancora molto nebuloso e ben
lontano dall’essere quel paradiso
tecnologico che dovrebbe liberarci
una volta per tutte dai “dinosauri”
motori a scoppio, così come hanno
cercato di venderci fino ad oggi
personaggi del calibro di Elon Musk.
Il fatto è che, molte Case automobilistiche, hanno approntato piani di elettrificazione a media o
lunga scadenza, con l’intento di realizzare mezzi Full-Electric e/o versioni ibride; ma nonostante gli
sforzi profusi in tal senso, e i capitali investiti, nessuna batteria allo stato solido, o litio-aria, o litio-
zolfo, o zinco-aria o alluminio-aria ha ancora raggiunto un grado di perfezionamento tale da
permetterne la produzione su vasta scala.
Quindi il caro buon vecchio litro di benzina, con i suoi 34,6 Mega Joule di energia chimica
interamente disponibile, la fa ancora da padrone (almeno fino a quando non saremo in grado di
gestire l’idrogeno nel medesimo modo).
34,6 Mega Joule resta comunque un valore energetico molto elevato, corrispondente a 9,6 kWh
(34.560.000 Nm.). Provate ad immaginarvi che razza di cella ne verrebbe fuori se volessimo inserire
tale quantitativo di energia in una batteria destinata ad alimentare un’auto elettrica…
Purtroppo i migliori propulsori a benzina arrivano ad un rendimento termico massimo del 40% (50%
quelli di F1), mentre i motori elettrici sono molto più efficienti nel convertire energia in movimento,
per via della loro semplicità costruttiva. Perciò un'automobile che percorra 16 km con un litro di
benzina consumerà all’incirca 600 Wh a chilometro, contro i 140–160 Wh a km nelle stesse
condizioni, di un'auto elettrica.
Ciò vuol dire che con l'equivalente di un litro di benzina, una vettura elettrica percorrerà dai 60 ai
70 km solo grazie al maggior rendimento del suo propulsore. Tuttavia questa avrà un “serbatoio”,
molto più pesante dell’auto a benzina, sicché gran parte della sua energia verrà assorbita dalla sua
massa.
Caliamo poi un velo pietoso sulle auto ibride, che sommano componenti sia dell’una che dell’altra
tecnologia per un peso complessivo ancora superiore. Questi veicoli, così come quelli Full-Electric,
utilizzano inoltre un sistema di frenata rigenerativa per recuperare parte dell’energia che viene
normalmente sprecata sottoforma di calore negli impianti frenanti convenzionali.
I dati però, indicano che la maggior parte dei sistemi di frenatura rigenerativa ibrido-elettrica,
funzionano con un'efficienza inferiore al 50% nel momento in cui l'energia cinetica viene convertita
in elettricità, e quindi reimmessa nella propulsione del veicolo.
Senza parlare poi del prezzo delle batterie che durano in media tra gli otto e i dieci anni e sono
estremamente costose da sostituire. Quest’ultime vengono assemblate in aziende specializzate
poiché per motivi di sicurezza, è necessario che i dispositivi siano praticamente perfetti, così da
ridurre il più possibile rischi d’incendio o d’esplosione legati alla presenza di una componente liquida
all’interno del pacco batterie.
Per implementare un grado di sicurezza più elevato possibile, il pacco batterie viene quindi trattato
con uno speciale ritardante, al fine di limitare problemi legati al surriscaldamento. L’intero modulo,
chiuso da una piastra sigillata automaticamente, dovrà poi risultare ermetico, ossia a prova d’acqua
e polvere, così come richiesto dalla certificazione IP67.
Per la stessa ragione, gli impianti di produzione dei dispositivi presentano un alto grado di
automazione, in quanto utilizzano numerosi device automatizzati dedicati all’assemblaggio e allo
stoccaggio delle batterie… in parole povere troppe complicazioni!
Oltre a tutto ciò, per stabilire esattamente il vero impatto ambientale di un veicolo endotermico o
elettrico, bisogna poi calcolare come si ottiene l'energia, sia per produrre il carburante sia per
caricare le batterie, poiché le raffinerie e le centrali a combustibili fossili rendono un mezzo green o
ibrido, nel complesso, molto peggiore per la nostra salute di quanto si voglia dare ad intendere.
Che ne direste allora di un’automobile a molla?
L’idea non è sicuramente nuova, dato che come al solito “LUI” l’aveva già teorizzata ben cinque
secoli fa nel foglio 812r del suo Codice Atlantico, come si può osservare qui:
Ora la domanda sorge spontanea, e cioè se c’è riuscito “LUI” nel 1478 perché non possiamo provarci
pure noi, vista l’evoluzione tecnica che nel frattempo i materiali e i processi tecnologici hanno subito
nel corso dei secoli?
Gli ingeneri vi diranno sicuramente che la densità energetica posseduta dalle molle attualmente in
commercio, è ancora troppo bassa rispetto a quella chimica contenuta nei tradizionali carburanti
fossili o nelle ultime generazioni di batterie agli ioni di litio per autotrazione…
Io stesso ho provato a porre tale domanda su Quora senza successo…
Tuttavia un’ipotetica auto automatica a molla, sarebbe fine a sé stessa punto e basta!
Non avrebbe bisogno di impianti di rifornimento di ricarica o di trasformazione, né tantomeno di
distribuzione. Anche la sua distinta base sarebbe molto più semplice se paragonata a quella di
un’auto tradizionale o ibrida, con un sostanziale risparmio economico.
Un’auto a molla teoricamente non avrebbe bisogno di alcun propulsore, il che, sarebbe già un bel
passo avanti in termini di peso, ma necessita tuttavia di un “serbatoio” ancora più capiente vista la
minore densità di energia che è in grado di accumulare.
Il suo grosso limite è in gran parte dovuto alla legge del cubo quadrato.
Essa, in una spiegazione molto semplice afferma che, l'area superficiale di un qualsiasi elemento
aumenta del quadrato, mentre il suo volume (ossia peso e massa) aumentano del cubo.
Sicché la capacità d’immagazzinare energia in una molla diminuirà man mano che questa cresce,
perché la massa delle molle aumenta più velocemente della loro densità energetica, che dipende in
parte dalla loro superficie.
Più grandi sono, meno efficienti diventano, e il superamento della loro massa alla fine assorbirà
quasi tutta l'energia immagazzinata.
(Per approfondimenti leggi: QUI )
Ok, tutto vero per carità, ma se ci trovassimo sulla Luna o su Marte dove la gravità è sensibilmente
inferiore?
Zero pompe di benzina o colonnine per la ricarica elettrica… ossigeno limitato all’uso delle bombole
per poter respirare (che tradotto significa tragitti circoscritti a pochi chilometri per gli esseri umani).
In un simile contesto l’auto a molla potrebbe avere sicuramente un senso, dato che peserebbe
sensibilmente meno rispetto all’energia che potrebbe sviluppare.
Ecco perché, il pensiero di riuscire a realizzare un'automobile a molla secondo i criteri più attuali
della moderna orologeria, appare dannatamente green qui sulla terra, quanto utile per future
missioni spaziali.
Personalmente trovo davvero strano come i raffinati meccanismi e materiali sviluppati per gli
orologi di ultima generazione, dall’Haute Horlogerie elvetica, e la costante ricerca portata avanti da
questa a così elevati livelli, non siano ancora stati riversati nel mondo dell’automotive.
Tale “pigrizia” ingegneristica è davvero sconcertante, visto che si potrebbero risolvere almeno in
parte i gravi problemi ecologici ed energetici odierni invece di tenerla semplicemente al polso.
Il solo fatto che dopo cinque secoli si sia riusciti a replicare il progetto di auto a molla di Leonardo
da Vinci mi dà molto da pensare...
Qualcuno ha tentato di portare avanti la cosa come riportato in questo vecchio brevetto del 1892:
Link
qualcun’altro in epoche successive cimentandosi su strade differenti:
Leggi articolo
Leggi articolo 01; Leggi articolo 02; Leggi articolo 03; Leggi articolo 04
Insomma ci sono parecchie discussioni la fuori su questo tema, ma davvero pochissimi progetti
degni di nota… portati avanti il più delle volte, da qualche appassionato di meccanica o makers, nel
garage di casa a tempo perso.
Ora come immagino avrete già compreso dal titolo, in queste pagine proverò ad illustrarvi il mio
concetto di vettura veramente green, alimentata quasi esclusivamente a molla, grazie ai materiali e
alle tecnologie attualmente disponibili. E nel caso non vi riuscissi, gradirei almeno gettare le basi per
una costruttiva discussione, relativa a una futura generazione di veicoli davvero puliti ed economici.
Quindi alzi la mano chi da bambino non ha mai avuto a che fare con qualche giocattolo o dispositivo
a molla?
Bene, tali giocattoli erano azionati da una particolare molla di torsione che veniva riavvolta di volta
in volta quando si scaricava, e che agiva come dispositivo di accumulo d’energia (Energia Potenziale
Elastica), data la sua intrinseca tendenza a tornare allo stato originale dopo essere stata
attorcigliata.
L’energia accumulata dalla molla veniva quindi rilasciata attraverso una serie di ingranaggi, volti ad
impedire che la cosa avvenisse troppo rapidamente, garantendo un flusso più graduale e una
velocità costante del dispositivo fino a quando questa non si fosse completamente scaricata, come
visibile nel filmato di esempio.
La molla solitamente era di questo tipo:
ed era racchiusa in un “barile” di plastica o di metallo
dentellato, allo scopo di preservarne le caratteristiche di
funzionamento, assicurando nel contempo un adeguato
grado di protezione al suo utilizzatore.
L'Energia Potenziale Elastica immagazzinata dalla molla era
dunque il risultato della deformazione che noi andavamo ad
imprimerle agendo sulla chiavetta o meglio, sul congegno di
carica.
Sicché attorcigliandola, eseguivamo un lavoro su di essa trasferendole energia.
Qui però incontriamo il primo problema, e cioè ci vuole più energia per avvolgere la molla di quanta
se ne possa poi ottenere quando questa si scarica del tutto, proprio a causa del trasferimento
energetico…
Comunque, una volta rilasciata, la molla trasformava tale energia potenziale in energia cinetica
consentendole a sua volta di azionare l’oggetto in cui era inserita o collegata.
Ora la formula dell'Energia Potenziale Elastica, è data da:
𝐸 𝑝𝑒 =
1
2
∙ 𝑘∆𝑥2
dove k indica la costante elastica della molla mentre ∆x rappresenta la deformazione (allungamento
o compressione) esercitata dall'esterno su di essa.
Di seguito le relative formule inverse:
𝑘 =
2𝐸 𝑝𝑒
∆𝑥2
∆𝑥 = √
2𝐸 𝑝𝑒
𝑘
Quando la molla si trova nella sua posizione di riposo, ossia la deformazione x è nulla, anche l'energia
potenziale elastica è nulla, ma ogni volta che questa viene allungata o compressa interviene la forza
elastica, che opponendosi alla sua deformazione, la induce a riguadagnare la propria lunghezza
iniziale (ossia la lunghezza a riposo).
Per alcune applicazioni, le molle possono avere diversi vantaggi rispetto ad altri modi di
immagazzinare energia.
A differenza delle batterie ad esempio, le molle possono fornire l'energia immagazzinata in modo
efficace rapido ed intenso, oppure più lentamente e costantemente per un periodo più lungo, come
esemplificato dalla differenza tra la molla in una trappola per topi e quella di un orologio a carica
meccanica.
Inoltre, a differenza delle batterie, l'energia immagazzinata nelle molle normalmente non si
disperde lentamente nel tempo.
Una trappola per topi può rimanere pronta a scattare per anni senza dissipare la sua energia.
Così dopo aver scandagliato il web in lungo e in largo per intere settimane, sono riuscito finalmente
a trovare dei dispositivi a molla abbastanza potenti da riuscire a muovere una vettura se combinati
insieme tra loro:
Vedi qui
L’azienda che li produce dispone di diversi modelli, ma solo in quelli al top di gamma (della serie
SZH) vengono utilizzate molle a spirale di Archimede che permettono di sviluppare fino a 3765 Joule
di energia, per un limitato numero di rotazioni dell’albero (17-19 max).
Va da sé che per poter alimentare un’automobile come si deve, bisognerebbe disporre di tale
energia per un periodo sufficientemente lungo da permetterle di percorrere almeno qualche
chilometro… già ma come fare?
Qualcuno sembra aver parzialmente risolto anche questo problema, collegando in serie i “barili” e
facendoli lavorare in modo interconnesso come se fossero una singola molla, così da ottenere una
maggiore densità energetica ed emissione di forza per un intervallo di tempo maggiore, come si può
osservare nel seguente documento:
Leggi articolo
Ma per farvi un’idea più chiara del risultato vi consiglio caldamente di dare un’occhiata al prototipo
davvero interessante realizzato dal Sig. David Outteridge:
Vai al sito
Il video seguente mostra gli sbalorditivi risultati da lui ottenuti dopo vari tentativi di ottimizzazione
e disposizione di molle e trasmissione per il suo modello di locomotiva:
Naturalmente un meccanismo simile ma molto più
raffinato lo si trova anche nell’orologio Hublot "MP-
05 LaFerrari".
Ammetto però che il Sig. David Outteridge si era
avvicinato decisamente prima della nota maison
elvetica a questa singolare soluzione, soprattutto
per quanto riguarda il sistema di ricarica tramite
trapano, che pare essere stato ripreso di sana
pianta da quest’ultima!
Purtroppo il Sig. Outteridge non disponeva certo
delle risorse economiche del famoso marchio
svizzero, così ha dovuto arrangiarsi con ciò che
aveva a portata di mano.
Tuttavia se si applicassero ai “barili” e alla
meccanica della sua locomotiva gli stessi materiali
ed accorgimenti tecnici adottati ad esempio sul concept ID TWO di Cartier, sono certo che avrebbe
sicuramente raggiunto ed ampiamente superato l’obbiettivo che si era prefissato… ossia
oltrepassare il miglio di percorrenza!
VIDEO CARTIER ID TWO
Ritengo comunque che il Sig. Outteridge avrebbe già potuto centrare tale risultato, adottando una
gamma differente di molle, ad esempio quelle a forza costante (Tipo Tensator), anche se ciò avrebbe
comportato l’intera riprogettazione della locomotiva e della sua trasmissione.
Tali molle, sono descritte bene in questo post
dal Sig. John Hubby:
Leggi
Lo stesso Hubby, in un post successivo, ha poi
proposto la sua soluzione per alimentare
un’autovettura con le Tensator fornendo
alcuni dati indicativi qui:
Leggi
Ispirato da quanto emerso in tali post, e visti
i risultati ottenuti da David Outteridge nonostante l’uso di molle meno efficienti, ho capito che i
tempi e le tecnologie per la realizzazione di un prototipo avanzato di auto a molla con un sistema di
ricarica automatico simile a quello presente in molti orologi, sono ormai maturi, basta solo volerlo
e mettersi un po’ d’impegno a cercare tutti gli elementi necessari ad assemblarlo, oltre a racimolare
i fondi per il progetto attraverso una campagna di crowdfunding sul web, grazie a piattaforme
dedicate come Kickstarter, Indiegogo ecc. solo per citare i più famosi.
Ma andiamo con ordine…
Step 01) - Prima di farsi male è bene validare l’idea. Capire cioè se il mercato è interessato o pronto
ad accettare un mezzo di trasporto alimentato con questi dispositivi… e cosa più
importante, totalmente indipendente dalle attuali fonti energetiche.
Economicamente sarebbe vantaggioso e pulito, ma tutt’altro che prestazionale
(scordatevi quindi numeri alla Fast and Furiors almeno per il momento), perlomeno fino
a quando non saremo in grado d’immagazzinare e gestire l’energia meccanica a livello
molecolare attraverso i nanotubi di carbonio (leggi Fullerene), che però sono ancora
molto complicati da ottenere in strutture omogenee…
Chiarire quali siano le reali esigenze che dovrebbe andare a coprire il nostro veicolo, è
prioritario per il progetto.
Non dev’essere necessariamente un’automobile, inizialmente potrebbe trattarsi di una
moto o di un trike o qualcos’altro…
L’importante è valutare se le persone apprezzino o meno l’idea di base, così da ottenere
più feedback possibili che ci consentano poi di passare agli step successivi.
Una volta individuato il problema e il motivo per il quale eventuali competitor non l’hanno
ancora risolto, si passa alla fase due, quindi per adesso niente prototipi, niente business
plan ecc.
Fare unicamente pubblicità all’idea di base ed esporla agli interessati senza esserne gelosi,
perché “nessuno guadagna soldi nel settore automobilistico a parte il fisco. Il più grande
guadagno su qualsiasi auto è sempre del governo".
Step 02) - Una volta raccolti tutti i nostri dati li analizzeremo con cura aggiustando la nostra idea
iniziale in base alle problematiche emerse. Quindi una volta trovata la corretta soluzione,
bisogna validarla a sua volta, ossia bisogna individuare chi ha realmente necessità
immediata di un simile mezzo di trasporto, ed è disposto a sborsare qualsiasi cifra pur di
risolvere il suo problema rapidamente, nonostante il progetto sia ancora in fase
embrionale.
Riassumendo chi è il nostro utilizzatore ideale e come possiamo vendergli tale creato…
cioè come possiamo uscire il prima possibile sul mercato con quello che tecnicamente
viene definito un MVP (Minimum Viable Product) o prodotto minimo funzionante.
Step 03) - Da questo punto in poi si passa alla realizzazione vera e propria del primo prototipo, che
dovrà essere il più economico e semplice possibile, poiché servirà a stimare se abbiamo
interpretato correttamente le problematiche dei potenziali clienti e quali correzioni
dovremo andarvi ad apportare esponendoci il meno possibile ad inutili rischi.
L’MVP verrà man mano ottimizzato nel corso del tempo in base alle critiche e alle ulteriori
informazioni che raccoglieremo per renderlo di volta in volta il più funzionale possibile.
In estrema sintesi bisogna partire leggeri così come lo sarà il nostro prodotto iniziale per
rispettare la legge del cubo quadrato.
Fatta questa doverosa premessa proviamo ora a stabilire in linea teorica il powertrain necessario a
garantire il suo movimento.
Scelta della molla – Come già visto in precedenza la molla principale (mainspring) dovrebbe essere
di tipo a forza costante, per i motivi espressi molto bene dal Sig. John Hubby nei suoi post
in risposta al Sig. Rodericke. Queste molle sono molto efficienti e dispongono di due o più
tamburi a seconda di quanta energia desideriamo ottenere.
Al seguente link potete farvi un’idea più chiara del loro utilizzo in versione doppia o
multipla e di alcune configurazioni:
Leggi
Spinto dalla curiosità ho provato allora a cercare la versione più adatta al progetto
proposta da questo produttore (Spiroflex), attuale divisione del gruppo Kern-Liebers.
Il primo problema nel quale mi sono subito imbattuto basandomi sui dati proposti dal Sig.
Hubby, è stato quello relativo alle dimensioni dei tamburi.
Infatti tali molle sono caratterizzate da una curva forza-spostamento molto uniforme.
Questa curva può essere regolata entro limiti definiti per applicazioni specifiche, grazie
ad appositi macchinari realizzati all’interno dell’azienda produttrice. Però l’idea di
avvolgere direttamente il nastro su un albero da 100 mm. non sembra al momento
percorribile.
A catalogo la molla che più si avvicina alle nostre esigenze è la SR120.
Questa prevede tamburi rispettivamente da 198 mm. (principale) e 119 mm.
(secondario).
Esiste poi il problema dello spessore del nastro, che per questo prodotto sale a 0,64 mm.
per una larghezza massima pari a 51 mm. a fronte di uno spessore nominale di 0,50 mm.
per 300 mm. di larghezza suggeriti sempre dal Sig. Hubby. L’SR120 viene garantita per
20.000 cicli di lavoro e riesce a sviluppare 81,5 kg/cm2
(8 N/m). Presumo che questa
tipologia di nastro sia la stessa utilizzata anche negli starter della Kineteko visti in
precedenza.
Esiste tuttavia una versione abbastanza simile nelle dimensioni ma un po’ più
performante la SR99, in grado di sviluppare fino a 103 kg/cm2
(10 N/m) garantita però per
soli 5000 cicli di lavoro.
Questa molla può tuttavia contare su una lunghezza del nastro leggermente superiore
che le permette di effettuare 27 rotazioni complete di lavoro, rispetto alle sole 20 della
sorella.
Comunque sia, in entrambi i casi siamo molto lontani dai 540 metri di nastro proposti dal
Sig. Hubby. necessari al veicolo per avere un’autonomia vicina a quella ottimale.
Non ho idea se questa azienda sia in grado o meno di fornire prodotti personalizzati con
tali caratteristiche, ma se qualcuno ha maggiori informazioni in merito o conosce altre
aziende che possono realizzare molle di questo tipo prossime alle dimensioni viste in
precedenza, apprezzerei molto se me le segnalasse.
Normalmente queste molle vengono realizzate in acciaio inossidabile 301 ad alta resa, ma
per contenere il più possibile pesi e dimensioni, guadagnando un 20% di coppia in più,
consiglierei l’utilizzo della lega Elgiloy anche se notoriamente più costosa:
Leggi qui
In realtà per contrastare efficacemente la legge del cubo quadrato, le molle ideali
dovrebbero essere realizzate in fibra di vetro e plastica rinforzata (FRP) come quelle
prodotte dalla SOGEFI per i modelli AUDI.
Più leggere del 40-70% rispetto alle sorelle in acciaio, sono inattaccabili dalla corrosione,
durano più a lungo e sono pure silenziose.
Purtroppo non conosco ancora bene il processo produttivo di questo prodotto, ma si dice
sia più conveniente e sostenibile rispetto a quello tradizionale, dato che richiede meno
fasi di lavorazione e trattamenti superficiali, a tutto vantaggio dell’ambiente.
Tuttavia se fosse possibile stamparle in 3D (Vedi Qui) e/o ricavarle per pultrusione in
nastri adatti al nostro scopo, mantenendone inalterate le caratteristiche
fisico/meccaniche, sarebbero davvero il top.
Scelta della trasmissione – Tornando alle indicazioni del Sig. Hubby, per ottenere un rapporto di
trasmissione di 900:1 alla ruota da 30 pollici di diametro del nostro veicolo, avremmo
bisogno di un treno d’ingranaggi che rilasci in media circa un metro di molla per miglio
con soli 2/3 rpm dell’albero principale, contro i 600 rpm di velocità della ruota, equivalenti
a circa 53 mph ~ 85 km/h.
In orologeria un rapporto di trasmissione come questo verrebbe così tradotto:
6:1 x 6:1 x 5:1 x 5:1
E darebbe origine a un treno d’ingranaggi molto simile a quello illustrato nell’immagine
seguente:
Tuttavia, una disposizione così “elegante” se riferita alle “complicazioni” di un
“tourbillon”, va chiaramente semplificata per l’utilizzo in un veicolo a molla, dove gli attriti
e le masse debbono necessariamente ridursi al minimo, a favore dell’efficienza globale,
così come i trasferimenti di energia.
Per semplificarci il compito si potrebbe allora inserire all’interno del tamburo principale
della molla motrice un riduttore di tipo armonico, cosa comunque da verificare in fase di
progetto.
Le caratteristiche e i vantaggi sostanziali di tali dispositivi sono l’alto rapporto di riduzione
in un singolo stadio, l’assenza assoluta di gioco, l’elevata rigidità torsionale sui valori di
coppia, dimensioni esigue e peso ridotto, oltre alla reversibilità.
Unico vero neo rimane il prezzo… ma è quanto di meglio si possa trovare attualmente sul
mercato.
Nel caso poi la molla principale risultasse troppo voluminosa e fossimo costretti ad
utilizzarne più di una in serie, come nell’esempio del Sig. Outteridge, adottando però le
Tensator, sarebbe opportuno valutare l’inserimento di un dispositivo di
innesco/disinnesco simile a questo:
… dando così modo ad ogni singola molla di ricaricarsi mentre le altre lavorano, senza per
questo influire sull’andatura del veicolo.
Seguendo sempre le indicazioni del Sig. Hubby una trasmissione con rapporto 900:1
richiederebbe una spinta iniziale fornita da un volano o da un motorealternatore elettrico,
altrimenti il mezzo risulterebbe troppo lento a partire.
L’azienda Flybird ha sviluppato un Kers meccanico molto interessante che potrebbe fare
proprio al caso nostro:
Tale dispositivo già testato con successo dalla Volvo su alcuni suoi modelli, risulta molto
utile nella guida stop and go, e potrebbe limitale l’utilizzo della molla principale allo
stretto necessario.
Tuttavia andrebbe opportunamente modificato, infatti il gruppo CVT in primo piano sulla
sinistra della foto, è troppo complicato e pesante per un’auto a molla dalle prestazioni
chiaramente limitate.
Inoltre questa tipologia di
cambio prevede un complesso
sistema di regolazione idraulica
assolutamente inappropriato,
che andrebbe sostituito con
qualcosa di molto più leggero
ed efficiente, date le basse
potenze in gioco, come quello
qui accanto…
Nella sua ultima evoluzione tale
cvt è stato ulteriormente
semplificato e non richiede più
complicati sistemi di regolazione esterni.
Anche le pressioni di serraggio sui rulli risultano più basse, rispetto a ciò che avviene
invece su altri dispositivi similari, offrendo rendimenti nettamente superiori.
La molla motrice, dovrebbe comunque potersi ricaricare automaticamente durante gli
spostamenti, un po’ come avviene negli orologi automatici dotati di meccanismo cinetico,
oltre che attraverso le decelerazioni o quando si viaggia in discesa.
Esaminando le varie soluzioni di “Energy Harvesting” presenti in rete, ho individuato
questo dispositivo molto interessante che cattura energia dal movimento su tutti e sei gli
assi:
Viene prodotto dalla Witt Energy in varie taglie, e a seconda delle dimensioni può arrivare
a sviluppare da 5 W a 1 KW.
Contenimento dei pesi del corpo vettura – Una volta risolto il problema di molle e trasmissione ci si
concentrerà sull’autotelaio.
Personalmente ho sempre apprezzato il design e lo chassis del concept Dome Daihatsu X-
021 anche se purtroppo non sono mai riuscito a trovare le relative blueprints o disegni in
scala:
Si tratta di un progetto del 1991 mai entrato in produzione (chissà poi perché),
sul cui telaio in alluminio scatolato, era fissata la carrozzeria spider in vetroresina dalle
forme ancora oggi decisamente piacevoli.
L’auto pesava solo 700 kg. aveva sospensioni indipendenti di tipo sportivo, due leggeri
sedili a guscio Recaro e trazione posteriore.
Se fino a qualche tempo fa mi avessero chiesto come alleggerire ulteriormente una
vettura del genere per adattarla al progetto Wind-up car/Clockwork-car, avrei risposto:
sostituendo il telaio in acciaio con uno uguale ma realizzato dalla INREKOR:
Sfortunatamente quest’azienda è stata dismessa nel 2015, ed è un vero peccato perché
aveva messo a punto dei pannelli strutturali leggeri che potevano essere utilizzati in modo
economico per costruire uno chassis.
In pratica un elemento 2D che creava strutture in 3D e che prevedeva un nucleo di
schiuma plastica di polipropilene espanso ARPRO incollato tra due sottili fogli di alluminio
o altri materiali metallici o addirittura compositi a seconda delle esigenze.
Modificando la densità e lo spessore del nucleo in ARPRO, i progettisti avrebbero potuto
così ricavare tensioni differenti nel pannello, grazie alla sua flessibilità e alla facilità con
cui poteva essere modellato.
Per quanto riguarda invece la carrozzeria avrei sostituito la vetroresina del concept X-021
con leghe dall’alluminio, sicuramente più comode da lavorare e dalle caratteristiche ormai
note a tutti.
Comunque sia, morto un Papa se ne fa un altro si dice dalle mie parti, e la tecnologia ha
continuato a progredire così come gli strumenti di progettazione.
Oggigiorno grazie ai progressi dell’informatica e della stampa 3D, possiamo contare sulla
“progettazione CAD generativa”, che consente ai progettisti di esplorare più compromessi
tra differenti approcci.
Ciò permette loro di affrontare e risolvere le varie problematiche che quotidianamente
incontrano sul lavoro, attraverso una definizione più accurata di obbiettivi e vincoli.
Il progetto Dreamcatcher di Autodesk ne è un esempio concreto.
Ecco perché, quello che fino a ieri poteva essere considerato un telaio innovativo, molto
leggero ed economico, sviluppato grazie alla tecnologia INREKOR, oggi potrebbe invece
risultare più simile a qualcosa del genere:
Naturalmente il peso diminuirebbe ancora, mentre la resistenza subirebbe un ulteriore
incremento.
Tuttavia per chi avesse la sensazione di salire a bordo di una ragnatela piuttosto che su
un veicolo con telaio di ultima generazione, o nutrisse ancora scetticismo verso i prodotti
stampati in 3D, esistono comunque delle alternative.
La tecnologia iStream sviluppata da Gordon Murray in collaborazione con Toray
Industries, Innovate UK ed ELG, permette infatti di combinare la tecnologia leggera della
Formula1, con una flessibilità di produzione ad alto volume e standard di sicurezza
eccellenti, per la realizzazione di veicoli più leggeri con molteplici vantaggi sia in termini
di basse emissioni che di costi di produzione, ridotti fino all’80%:
Insomma le soluzioni e i prodotti per realizzare un’auto a molla oggigiorno di certo non
mancano…
Quello che ho illustrato in queste pagine è, dal mio punto di vista, il concetto più vicino
alla realtà, ma non è detto sia la soluzione definitiva.
Quotidianamente abbiamo a che fare con dispositivi a molla di vario genere senza
nemmeno rendercene conto, dunque perché non sfruttarle anche per la mobilità urbana,
piuttosto che spendere capitali in rame e litio ecc…
Da questo punto di vista trovo la società davvero distratta o meglio troppo assuefatta al
petrolio e all’energia elettrica…
Se lo sforzo economico profuso quotidianamente nella ricerca di nuove batterie sempre
più performanti, si fosse concentrato invece nella ricerca di leghe metalliche o polimeri
con densità energetica più elevata per le molle, oggi sulle strade avremmo dei veicoli di
gran lunga migliori e puliti, anche se analogici…
Inoltre nella peggiore ipotesi che la mainsping si scaricasse del tutto, la si potrebbe avviare
con una semplice manovella, proprio come avviene per gli starter della Kineteco, che fa
pure un po’ vintage:
Altri elementi come le parti OEM, le ruote e gli interni
potrebbero essere stampati in 3D in vari modi,
utilizzando una combinazione di fusione laser
selettiva (SLM), fusione del fascio di elettroni (EBM),
stereolitografia (SLA) e altre tecnologie…
Avevo già proposto alcune soluzioni in merito, in un
precedente progetto per il challenge Lite Car
promosso dalla Local Motors alcuni anni fa.
Potete trovare la relativa scheda sul mio profilo
Linkedin se vi va di approfondire…
In conclusione è probabile che il sottoscritto non sia né la prima né l’ultima persona a
presentare un simile progetto, inoltre ci saranno senz’altro alcuni problemi d’ingegneria
da non sottovalutare… ma mai darsi per vinti!
Le opinioni così come le obiezioni sono comunque sempre gradite, perciò sentitevi liberi
di commentare!
(La ricerca continua… nel frattempo consoliamoci con questa!!!)

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  • 1. ADESSO BASTA! VOGLIO UN’AUTO A MOLLA… di Matteo Bortolotto Dopo il clamoroso flop del Tesla Battery Day (almeno per quanto riguarda il mercato azionario), appare chiaro che il mondo dell’auto elettrica è ancora molto nebuloso e ben lontano dall’essere quel paradiso tecnologico che dovrebbe liberarci una volta per tutte dai “dinosauri” motori a scoppio, così come hanno cercato di venderci fino ad oggi personaggi del calibro di Elon Musk. Il fatto è che, molte Case automobilistiche, hanno approntato piani di elettrificazione a media o lunga scadenza, con l’intento di realizzare mezzi Full-Electric e/o versioni ibride; ma nonostante gli sforzi profusi in tal senso, e i capitali investiti, nessuna batteria allo stato solido, o litio-aria, o litio- zolfo, o zinco-aria o alluminio-aria ha ancora raggiunto un grado di perfezionamento tale da permetterne la produzione su vasta scala. Quindi il caro buon vecchio litro di benzina, con i suoi 34,6 Mega Joule di energia chimica interamente disponibile, la fa ancora da padrone (almeno fino a quando non saremo in grado di gestire l’idrogeno nel medesimo modo). 34,6 Mega Joule resta comunque un valore energetico molto elevato, corrispondente a 9,6 kWh (34.560.000 Nm.). Provate ad immaginarvi che razza di cella ne verrebbe fuori se volessimo inserire tale quantitativo di energia in una batteria destinata ad alimentare un’auto elettrica… Purtroppo i migliori propulsori a benzina arrivano ad un rendimento termico massimo del 40% (50% quelli di F1), mentre i motori elettrici sono molto più efficienti nel convertire energia in movimento, per via della loro semplicità costruttiva. Perciò un'automobile che percorra 16 km con un litro di benzina consumerà all’incirca 600 Wh a chilometro, contro i 140–160 Wh a km nelle stesse condizioni, di un'auto elettrica. Ciò vuol dire che con l'equivalente di un litro di benzina, una vettura elettrica percorrerà dai 60 ai 70 km solo grazie al maggior rendimento del suo propulsore. Tuttavia questa avrà un “serbatoio”, molto più pesante dell’auto a benzina, sicché gran parte della sua energia verrà assorbita dalla sua massa. Caliamo poi un velo pietoso sulle auto ibride, che sommano componenti sia dell’una che dell’altra tecnologia per un peso complessivo ancora superiore. Questi veicoli, così come quelli Full-Electric, utilizzano inoltre un sistema di frenata rigenerativa per recuperare parte dell’energia che viene normalmente sprecata sottoforma di calore negli impianti frenanti convenzionali. I dati però, indicano che la maggior parte dei sistemi di frenatura rigenerativa ibrido-elettrica, funzionano con un'efficienza inferiore al 50% nel momento in cui l'energia cinetica viene convertita in elettricità, e quindi reimmessa nella propulsione del veicolo. Senza parlare poi del prezzo delle batterie che durano in media tra gli otto e i dieci anni e sono estremamente costose da sostituire. Quest’ultime vengono assemblate in aziende specializzate
  • 2. poiché per motivi di sicurezza, è necessario che i dispositivi siano praticamente perfetti, così da ridurre il più possibile rischi d’incendio o d’esplosione legati alla presenza di una componente liquida all’interno del pacco batterie. Per implementare un grado di sicurezza più elevato possibile, il pacco batterie viene quindi trattato con uno speciale ritardante, al fine di limitare problemi legati al surriscaldamento. L’intero modulo, chiuso da una piastra sigillata automaticamente, dovrà poi risultare ermetico, ossia a prova d’acqua e polvere, così come richiesto dalla certificazione IP67. Per la stessa ragione, gli impianti di produzione dei dispositivi presentano un alto grado di automazione, in quanto utilizzano numerosi device automatizzati dedicati all’assemblaggio e allo stoccaggio delle batterie… in parole povere troppe complicazioni! Oltre a tutto ciò, per stabilire esattamente il vero impatto ambientale di un veicolo endotermico o elettrico, bisogna poi calcolare come si ottiene l'energia, sia per produrre il carburante sia per caricare le batterie, poiché le raffinerie e le centrali a combustibili fossili rendono un mezzo green o ibrido, nel complesso, molto peggiore per la nostra salute di quanto si voglia dare ad intendere. Che ne direste allora di un’automobile a molla? L’idea non è sicuramente nuova, dato che come al solito “LUI” l’aveva già teorizzata ben cinque secoli fa nel foglio 812r del suo Codice Atlantico, come si può osservare qui:
  • 3. Ora la domanda sorge spontanea, e cioè se c’è riuscito “LUI” nel 1478 perché non possiamo provarci pure noi, vista l’evoluzione tecnica che nel frattempo i materiali e i processi tecnologici hanno subito nel corso dei secoli? Gli ingeneri vi diranno sicuramente che la densità energetica posseduta dalle molle attualmente in commercio, è ancora troppo bassa rispetto a quella chimica contenuta nei tradizionali carburanti fossili o nelle ultime generazioni di batterie agli ioni di litio per autotrazione… Io stesso ho provato a porre tale domanda su Quora senza successo… Tuttavia un’ipotetica auto automatica a molla, sarebbe fine a sé stessa punto e basta! Non avrebbe bisogno di impianti di rifornimento di ricarica o di trasformazione, né tantomeno di distribuzione. Anche la sua distinta base sarebbe molto più semplice se paragonata a quella di un’auto tradizionale o ibrida, con un sostanziale risparmio economico. Un’auto a molla teoricamente non avrebbe bisogno di alcun propulsore, il che, sarebbe già un bel passo avanti in termini di peso, ma necessita tuttavia di un “serbatoio” ancora più capiente vista la minore densità di energia che è in grado di accumulare. Il suo grosso limite è in gran parte dovuto alla legge del cubo quadrato. Essa, in una spiegazione molto semplice afferma che, l'area superficiale di un qualsiasi elemento aumenta del quadrato, mentre il suo volume (ossia peso e massa) aumentano del cubo. Sicché la capacità d’immagazzinare energia in una molla diminuirà man mano che questa cresce, perché la massa delle molle aumenta più velocemente della loro densità energetica, che dipende in parte dalla loro superficie. Più grandi sono, meno efficienti diventano, e il superamento della loro massa alla fine assorbirà quasi tutta l'energia immagazzinata. (Per approfondimenti leggi: QUI ) Ok, tutto vero per carità, ma se ci trovassimo sulla Luna o su Marte dove la gravità è sensibilmente inferiore? Zero pompe di benzina o colonnine per la ricarica elettrica… ossigeno limitato all’uso delle bombole per poter respirare (che tradotto significa tragitti circoscritti a pochi chilometri per gli esseri umani). In un simile contesto l’auto a molla potrebbe avere sicuramente un senso, dato che peserebbe sensibilmente meno rispetto all’energia che potrebbe sviluppare. Ecco perché, il pensiero di riuscire a realizzare un'automobile a molla secondo i criteri più attuali della moderna orologeria, appare dannatamente green qui sulla terra, quanto utile per future missioni spaziali. Personalmente trovo davvero strano come i raffinati meccanismi e materiali sviluppati per gli orologi di ultima generazione, dall’Haute Horlogerie elvetica, e la costante ricerca portata avanti da questa a così elevati livelli, non siano ancora stati riversati nel mondo dell’automotive. Tale “pigrizia” ingegneristica è davvero sconcertante, visto che si potrebbero risolvere almeno in parte i gravi problemi ecologici ed energetici odierni invece di tenerla semplicemente al polso. Il solo fatto che dopo cinque secoli si sia riusciti a replicare il progetto di auto a molla di Leonardo da Vinci mi dà molto da pensare... Qualcuno ha tentato di portare avanti la cosa come riportato in questo vecchio brevetto del 1892: Link qualcun’altro in epoche successive cimentandosi su strade differenti: Leggi articolo
  • 4. Leggi articolo 01; Leggi articolo 02; Leggi articolo 03; Leggi articolo 04 Insomma ci sono parecchie discussioni la fuori su questo tema, ma davvero pochissimi progetti degni di nota… portati avanti il più delle volte, da qualche appassionato di meccanica o makers, nel garage di casa a tempo perso. Ora come immagino avrete già compreso dal titolo, in queste pagine proverò ad illustrarvi il mio concetto di vettura veramente green, alimentata quasi esclusivamente a molla, grazie ai materiali e alle tecnologie attualmente disponibili. E nel caso non vi riuscissi, gradirei almeno gettare le basi per una costruttiva discussione, relativa a una futura generazione di veicoli davvero puliti ed economici. Quindi alzi la mano chi da bambino non ha mai avuto a che fare con qualche giocattolo o dispositivo a molla? Bene, tali giocattoli erano azionati da una particolare molla di torsione che veniva riavvolta di volta in volta quando si scaricava, e che agiva come dispositivo di accumulo d’energia (Energia Potenziale
  • 5. Elastica), data la sua intrinseca tendenza a tornare allo stato originale dopo essere stata attorcigliata. L’energia accumulata dalla molla veniva quindi rilasciata attraverso una serie di ingranaggi, volti ad impedire che la cosa avvenisse troppo rapidamente, garantendo un flusso più graduale e una velocità costante del dispositivo fino a quando questa non si fosse completamente scaricata, come visibile nel filmato di esempio. La molla solitamente era di questo tipo: ed era racchiusa in un “barile” di plastica o di metallo dentellato, allo scopo di preservarne le caratteristiche di funzionamento, assicurando nel contempo un adeguato grado di protezione al suo utilizzatore. L'Energia Potenziale Elastica immagazzinata dalla molla era dunque il risultato della deformazione che noi andavamo ad imprimerle agendo sulla chiavetta o meglio, sul congegno di carica. Sicché attorcigliandola, eseguivamo un lavoro su di essa trasferendole energia. Qui però incontriamo il primo problema, e cioè ci vuole più energia per avvolgere la molla di quanta se ne possa poi ottenere quando questa si scarica del tutto, proprio a causa del trasferimento energetico… Comunque, una volta rilasciata, la molla trasformava tale energia potenziale in energia cinetica consentendole a sua volta di azionare l’oggetto in cui era inserita o collegata. Ora la formula dell'Energia Potenziale Elastica, è data da: 𝐸 𝑝𝑒 = 1 2 ∙ 𝑘∆𝑥2 dove k indica la costante elastica della molla mentre ∆x rappresenta la deformazione (allungamento o compressione) esercitata dall'esterno su di essa. Di seguito le relative formule inverse: 𝑘 = 2𝐸 𝑝𝑒 ∆𝑥2 ∆𝑥 = √ 2𝐸 𝑝𝑒 𝑘
  • 6. Quando la molla si trova nella sua posizione di riposo, ossia la deformazione x è nulla, anche l'energia potenziale elastica è nulla, ma ogni volta che questa viene allungata o compressa interviene la forza elastica, che opponendosi alla sua deformazione, la induce a riguadagnare la propria lunghezza iniziale (ossia la lunghezza a riposo). Per alcune applicazioni, le molle possono avere diversi vantaggi rispetto ad altri modi di immagazzinare energia. A differenza delle batterie ad esempio, le molle possono fornire l'energia immagazzinata in modo efficace rapido ed intenso, oppure più lentamente e costantemente per un periodo più lungo, come esemplificato dalla differenza tra la molla in una trappola per topi e quella di un orologio a carica meccanica. Inoltre, a differenza delle batterie, l'energia immagazzinata nelle molle normalmente non si disperde lentamente nel tempo. Una trappola per topi può rimanere pronta a scattare per anni senza dissipare la sua energia. Così dopo aver scandagliato il web in lungo e in largo per intere settimane, sono riuscito finalmente a trovare dei dispositivi a molla abbastanza potenti da riuscire a muovere una vettura se combinati insieme tra loro: Vedi qui L’azienda che li produce dispone di diversi modelli, ma solo in quelli al top di gamma (della serie SZH) vengono utilizzate molle a spirale di Archimede che permettono di sviluppare fino a 3765 Joule di energia, per un limitato numero di rotazioni dell’albero (17-19 max). Va da sé che per poter alimentare un’automobile come si deve, bisognerebbe disporre di tale energia per un periodo sufficientemente lungo da permetterle di percorrere almeno qualche chilometro… già ma come fare? Qualcuno sembra aver parzialmente risolto anche questo problema, collegando in serie i “barili” e facendoli lavorare in modo interconnesso come se fossero una singola molla, così da ottenere una maggiore densità energetica ed emissione di forza per un intervallo di tempo maggiore, come si può osservare nel seguente documento: Leggi articolo Ma per farvi un’idea più chiara del risultato vi consiglio caldamente di dare un’occhiata al prototipo davvero interessante realizzato dal Sig. David Outteridge: Vai al sito Il video seguente mostra gli sbalorditivi risultati da lui ottenuti dopo vari tentativi di ottimizzazione e disposizione di molle e trasmissione per il suo modello di locomotiva:
  • 7. Naturalmente un meccanismo simile ma molto più raffinato lo si trova anche nell’orologio Hublot "MP- 05 LaFerrari". Ammetto però che il Sig. David Outteridge si era avvicinato decisamente prima della nota maison elvetica a questa singolare soluzione, soprattutto per quanto riguarda il sistema di ricarica tramite trapano, che pare essere stato ripreso di sana pianta da quest’ultima! Purtroppo il Sig. Outteridge non disponeva certo delle risorse economiche del famoso marchio svizzero, così ha dovuto arrangiarsi con ciò che aveva a portata di mano. Tuttavia se si applicassero ai “barili” e alla meccanica della sua locomotiva gli stessi materiali ed accorgimenti tecnici adottati ad esempio sul concept ID TWO di Cartier, sono certo che avrebbe sicuramente raggiunto ed ampiamente superato l’obbiettivo che si era prefissato… ossia oltrepassare il miglio di percorrenza! VIDEO CARTIER ID TWO Ritengo comunque che il Sig. Outteridge avrebbe già potuto centrare tale risultato, adottando una gamma differente di molle, ad esempio quelle a forza costante (Tipo Tensator), anche se ciò avrebbe comportato l’intera riprogettazione della locomotiva e della sua trasmissione. Tali molle, sono descritte bene in questo post dal Sig. John Hubby: Leggi Lo stesso Hubby, in un post successivo, ha poi proposto la sua soluzione per alimentare un’autovettura con le Tensator fornendo alcuni dati indicativi qui: Leggi Ispirato da quanto emerso in tali post, e visti i risultati ottenuti da David Outteridge nonostante l’uso di molle meno efficienti, ho capito che i tempi e le tecnologie per la realizzazione di un prototipo avanzato di auto a molla con un sistema di ricarica automatico simile a quello presente in molti orologi, sono ormai maturi, basta solo volerlo e mettersi un po’ d’impegno a cercare tutti gli elementi necessari ad assemblarlo, oltre a racimolare i fondi per il progetto attraverso una campagna di crowdfunding sul web, grazie a piattaforme dedicate come Kickstarter, Indiegogo ecc. solo per citare i più famosi. Ma andiamo con ordine… Step 01) - Prima di farsi male è bene validare l’idea. Capire cioè se il mercato è interessato o pronto ad accettare un mezzo di trasporto alimentato con questi dispositivi… e cosa più importante, totalmente indipendente dalle attuali fonti energetiche.
  • 8. Economicamente sarebbe vantaggioso e pulito, ma tutt’altro che prestazionale (scordatevi quindi numeri alla Fast and Furiors almeno per il momento), perlomeno fino a quando non saremo in grado d’immagazzinare e gestire l’energia meccanica a livello molecolare attraverso i nanotubi di carbonio (leggi Fullerene), che però sono ancora molto complicati da ottenere in strutture omogenee… Chiarire quali siano le reali esigenze che dovrebbe andare a coprire il nostro veicolo, è prioritario per il progetto. Non dev’essere necessariamente un’automobile, inizialmente potrebbe trattarsi di una moto o di un trike o qualcos’altro… L’importante è valutare se le persone apprezzino o meno l’idea di base, così da ottenere più feedback possibili che ci consentano poi di passare agli step successivi. Una volta individuato il problema e il motivo per il quale eventuali competitor non l’hanno ancora risolto, si passa alla fase due, quindi per adesso niente prototipi, niente business plan ecc. Fare unicamente pubblicità all’idea di base ed esporla agli interessati senza esserne gelosi, perché “nessuno guadagna soldi nel settore automobilistico a parte il fisco. Il più grande guadagno su qualsiasi auto è sempre del governo". Step 02) - Una volta raccolti tutti i nostri dati li analizzeremo con cura aggiustando la nostra idea iniziale in base alle problematiche emerse. Quindi una volta trovata la corretta soluzione, bisogna validarla a sua volta, ossia bisogna individuare chi ha realmente necessità immediata di un simile mezzo di trasporto, ed è disposto a sborsare qualsiasi cifra pur di risolvere il suo problema rapidamente, nonostante il progetto sia ancora in fase embrionale. Riassumendo chi è il nostro utilizzatore ideale e come possiamo vendergli tale creato… cioè come possiamo uscire il prima possibile sul mercato con quello che tecnicamente viene definito un MVP (Minimum Viable Product) o prodotto minimo funzionante. Step 03) - Da questo punto in poi si passa alla realizzazione vera e propria del primo prototipo, che dovrà essere il più economico e semplice possibile, poiché servirà a stimare se abbiamo interpretato correttamente le problematiche dei potenziali clienti e quali correzioni dovremo andarvi ad apportare esponendoci il meno possibile ad inutili rischi. L’MVP verrà man mano ottimizzato nel corso del tempo in base alle critiche e alle ulteriori informazioni che raccoglieremo per renderlo di volta in volta il più funzionale possibile. In estrema sintesi bisogna partire leggeri così come lo sarà il nostro prodotto iniziale per rispettare la legge del cubo quadrato. Fatta questa doverosa premessa proviamo ora a stabilire in linea teorica il powertrain necessario a garantire il suo movimento. Scelta della molla – Come già visto in precedenza la molla principale (mainspring) dovrebbe essere di tipo a forza costante, per i motivi espressi molto bene dal Sig. John Hubby nei suoi post in risposta al Sig. Rodericke. Queste molle sono molto efficienti e dispongono di due o più tamburi a seconda di quanta energia desideriamo ottenere. Al seguente link potete farvi un’idea più chiara del loro utilizzo in versione doppia o multipla e di alcune configurazioni: Leggi
  • 9. Spinto dalla curiosità ho provato allora a cercare la versione più adatta al progetto proposta da questo produttore (Spiroflex), attuale divisione del gruppo Kern-Liebers. Il primo problema nel quale mi sono subito imbattuto basandomi sui dati proposti dal Sig. Hubby, è stato quello relativo alle dimensioni dei tamburi. Infatti tali molle sono caratterizzate da una curva forza-spostamento molto uniforme. Questa curva può essere regolata entro limiti definiti per applicazioni specifiche, grazie ad appositi macchinari realizzati all’interno dell’azienda produttrice. Però l’idea di avvolgere direttamente il nastro su un albero da 100 mm. non sembra al momento percorribile. A catalogo la molla che più si avvicina alle nostre esigenze è la SR120. Questa prevede tamburi rispettivamente da 198 mm. (principale) e 119 mm. (secondario). Esiste poi il problema dello spessore del nastro, che per questo prodotto sale a 0,64 mm. per una larghezza massima pari a 51 mm. a fronte di uno spessore nominale di 0,50 mm. per 300 mm. di larghezza suggeriti sempre dal Sig. Hubby. L’SR120 viene garantita per 20.000 cicli di lavoro e riesce a sviluppare 81,5 kg/cm2 (8 N/m). Presumo che questa tipologia di nastro sia la stessa utilizzata anche negli starter della Kineteko visti in precedenza. Esiste tuttavia una versione abbastanza simile nelle dimensioni ma un po’ più performante la SR99, in grado di sviluppare fino a 103 kg/cm2 (10 N/m) garantita però per soli 5000 cicli di lavoro. Questa molla può tuttavia contare su una lunghezza del nastro leggermente superiore che le permette di effettuare 27 rotazioni complete di lavoro, rispetto alle sole 20 della sorella.
  • 10. Comunque sia, in entrambi i casi siamo molto lontani dai 540 metri di nastro proposti dal Sig. Hubby. necessari al veicolo per avere un’autonomia vicina a quella ottimale. Non ho idea se questa azienda sia in grado o meno di fornire prodotti personalizzati con tali caratteristiche, ma se qualcuno ha maggiori informazioni in merito o conosce altre aziende che possono realizzare molle di questo tipo prossime alle dimensioni viste in precedenza, apprezzerei molto se me le segnalasse. Normalmente queste molle vengono realizzate in acciaio inossidabile 301 ad alta resa, ma per contenere il più possibile pesi e dimensioni, guadagnando un 20% di coppia in più, consiglierei l’utilizzo della lega Elgiloy anche se notoriamente più costosa: Leggi qui In realtà per contrastare efficacemente la legge del cubo quadrato, le molle ideali dovrebbero essere realizzate in fibra di vetro e plastica rinforzata (FRP) come quelle prodotte dalla SOGEFI per i modelli AUDI. Più leggere del 40-70% rispetto alle sorelle in acciaio, sono inattaccabili dalla corrosione, durano più a lungo e sono pure silenziose. Purtroppo non conosco ancora bene il processo produttivo di questo prodotto, ma si dice sia più conveniente e sostenibile rispetto a quello tradizionale, dato che richiede meno fasi di lavorazione e trattamenti superficiali, a tutto vantaggio dell’ambiente. Tuttavia se fosse possibile stamparle in 3D (Vedi Qui) e/o ricavarle per pultrusione in nastri adatti al nostro scopo, mantenendone inalterate le caratteristiche fisico/meccaniche, sarebbero davvero il top. Scelta della trasmissione – Tornando alle indicazioni del Sig. Hubby, per ottenere un rapporto di trasmissione di 900:1 alla ruota da 30 pollici di diametro del nostro veicolo, avremmo bisogno di un treno d’ingranaggi che rilasci in media circa un metro di molla per miglio con soli 2/3 rpm dell’albero principale, contro i 600 rpm di velocità della ruota, equivalenti a circa 53 mph ~ 85 km/h. In orologeria un rapporto di trasmissione come questo verrebbe così tradotto: 6:1 x 6:1 x 5:1 x 5:1 E darebbe origine a un treno d’ingranaggi molto simile a quello illustrato nell’immagine seguente:
  • 11. Tuttavia, una disposizione così “elegante” se riferita alle “complicazioni” di un “tourbillon”, va chiaramente semplificata per l’utilizzo in un veicolo a molla, dove gli attriti e le masse debbono necessariamente ridursi al minimo, a favore dell’efficienza globale, così come i trasferimenti di energia. Per semplificarci il compito si potrebbe allora inserire all’interno del tamburo principale della molla motrice un riduttore di tipo armonico, cosa comunque da verificare in fase di progetto. Le caratteristiche e i vantaggi sostanziali di tali dispositivi sono l’alto rapporto di riduzione in un singolo stadio, l’assenza assoluta di gioco, l’elevata rigidità torsionale sui valori di coppia, dimensioni esigue e peso ridotto, oltre alla reversibilità. Unico vero neo rimane il prezzo… ma è quanto di meglio si possa trovare attualmente sul mercato.
  • 12. Nel caso poi la molla principale risultasse troppo voluminosa e fossimo costretti ad utilizzarne più di una in serie, come nell’esempio del Sig. Outteridge, adottando però le Tensator, sarebbe opportuno valutare l’inserimento di un dispositivo di innesco/disinnesco simile a questo: … dando così modo ad ogni singola molla di ricaricarsi mentre le altre lavorano, senza per questo influire sull’andatura del veicolo. Seguendo sempre le indicazioni del Sig. Hubby una trasmissione con rapporto 900:1 richiederebbe una spinta iniziale fornita da un volano o da un motorealternatore elettrico, altrimenti il mezzo risulterebbe troppo lento a partire. L’azienda Flybird ha sviluppato un Kers meccanico molto interessante che potrebbe fare proprio al caso nostro:
  • 13. Tale dispositivo già testato con successo dalla Volvo su alcuni suoi modelli, risulta molto utile nella guida stop and go, e potrebbe limitale l’utilizzo della molla principale allo stretto necessario. Tuttavia andrebbe opportunamente modificato, infatti il gruppo CVT in primo piano sulla sinistra della foto, è troppo complicato e pesante per un’auto a molla dalle prestazioni chiaramente limitate. Inoltre questa tipologia di cambio prevede un complesso sistema di regolazione idraulica assolutamente inappropriato, che andrebbe sostituito con qualcosa di molto più leggero ed efficiente, date le basse potenze in gioco, come quello qui accanto… Nella sua ultima evoluzione tale cvt è stato ulteriormente semplificato e non richiede più complicati sistemi di regolazione esterni. Anche le pressioni di serraggio sui rulli risultano più basse, rispetto a ciò che avviene invece su altri dispositivi similari, offrendo rendimenti nettamente superiori. La molla motrice, dovrebbe comunque potersi ricaricare automaticamente durante gli spostamenti, un po’ come avviene negli orologi automatici dotati di meccanismo cinetico, oltre che attraverso le decelerazioni o quando si viaggia in discesa. Esaminando le varie soluzioni di “Energy Harvesting” presenti in rete, ho individuato questo dispositivo molto interessante che cattura energia dal movimento su tutti e sei gli assi:
  • 14. Viene prodotto dalla Witt Energy in varie taglie, e a seconda delle dimensioni può arrivare a sviluppare da 5 W a 1 KW. Contenimento dei pesi del corpo vettura – Una volta risolto il problema di molle e trasmissione ci si concentrerà sull’autotelaio. Personalmente ho sempre apprezzato il design e lo chassis del concept Dome Daihatsu X- 021 anche se purtroppo non sono mai riuscito a trovare le relative blueprints o disegni in scala: Si tratta di un progetto del 1991 mai entrato in produzione (chissà poi perché), sul cui telaio in alluminio scatolato, era fissata la carrozzeria spider in vetroresina dalle forme ancora oggi decisamente piacevoli. L’auto pesava solo 700 kg. aveva sospensioni indipendenti di tipo sportivo, due leggeri sedili a guscio Recaro e trazione posteriore.
  • 15. Se fino a qualche tempo fa mi avessero chiesto come alleggerire ulteriormente una vettura del genere per adattarla al progetto Wind-up car/Clockwork-car, avrei risposto: sostituendo il telaio in acciaio con uno uguale ma realizzato dalla INREKOR: Sfortunatamente quest’azienda è stata dismessa nel 2015, ed è un vero peccato perché aveva messo a punto dei pannelli strutturali leggeri che potevano essere utilizzati in modo economico per costruire uno chassis. In pratica un elemento 2D che creava strutture in 3D e che prevedeva un nucleo di schiuma plastica di polipropilene espanso ARPRO incollato tra due sottili fogli di alluminio o altri materiali metallici o addirittura compositi a seconda delle esigenze. Modificando la densità e lo spessore del nucleo in ARPRO, i progettisti avrebbero potuto così ricavare tensioni differenti nel pannello, grazie alla sua flessibilità e alla facilità con cui poteva essere modellato.
  • 16. Per quanto riguarda invece la carrozzeria avrei sostituito la vetroresina del concept X-021 con leghe dall’alluminio, sicuramente più comode da lavorare e dalle caratteristiche ormai note a tutti. Comunque sia, morto un Papa se ne fa un altro si dice dalle mie parti, e la tecnologia ha continuato a progredire così come gli strumenti di progettazione. Oggigiorno grazie ai progressi dell’informatica e della stampa 3D, possiamo contare sulla “progettazione CAD generativa”, che consente ai progettisti di esplorare più compromessi tra differenti approcci. Ciò permette loro di affrontare e risolvere le varie problematiche che quotidianamente incontrano sul lavoro, attraverso una definizione più accurata di obbiettivi e vincoli. Il progetto Dreamcatcher di Autodesk ne è un esempio concreto. Ecco perché, quello che fino a ieri poteva essere considerato un telaio innovativo, molto leggero ed economico, sviluppato grazie alla tecnologia INREKOR, oggi potrebbe invece risultare più simile a qualcosa del genere:
  • 17. Naturalmente il peso diminuirebbe ancora, mentre la resistenza subirebbe un ulteriore incremento. Tuttavia per chi avesse la sensazione di salire a bordo di una ragnatela piuttosto che su un veicolo con telaio di ultima generazione, o nutrisse ancora scetticismo verso i prodotti stampati in 3D, esistono comunque delle alternative. La tecnologia iStream sviluppata da Gordon Murray in collaborazione con Toray Industries, Innovate UK ed ELG, permette infatti di combinare la tecnologia leggera della Formula1, con una flessibilità di produzione ad alto volume e standard di sicurezza eccellenti, per la realizzazione di veicoli più leggeri con molteplici vantaggi sia in termini di basse emissioni che di costi di produzione, ridotti fino all’80%: Insomma le soluzioni e i prodotti per realizzare un’auto a molla oggigiorno di certo non mancano… Quello che ho illustrato in queste pagine è, dal mio punto di vista, il concetto più vicino alla realtà, ma non è detto sia la soluzione definitiva. Quotidianamente abbiamo a che fare con dispositivi a molla di vario genere senza nemmeno rendercene conto, dunque perché non sfruttarle anche per la mobilità urbana, piuttosto che spendere capitali in rame e litio ecc…
  • 18. Da questo punto di vista trovo la società davvero distratta o meglio troppo assuefatta al petrolio e all’energia elettrica… Se lo sforzo economico profuso quotidianamente nella ricerca di nuove batterie sempre più performanti, si fosse concentrato invece nella ricerca di leghe metalliche o polimeri con densità energetica più elevata per le molle, oggi sulle strade avremmo dei veicoli di gran lunga migliori e puliti, anche se analogici… Inoltre nella peggiore ipotesi che la mainsping si scaricasse del tutto, la si potrebbe avviare con una semplice manovella, proprio come avviene per gli starter della Kineteco, che fa pure un po’ vintage: Altri elementi come le parti OEM, le ruote e gli interni potrebbero essere stampati in 3D in vari modi, utilizzando una combinazione di fusione laser selettiva (SLM), fusione del fascio di elettroni (EBM), stereolitografia (SLA) e altre tecnologie… Avevo già proposto alcune soluzioni in merito, in un precedente progetto per il challenge Lite Car promosso dalla Local Motors alcuni anni fa. Potete trovare la relativa scheda sul mio profilo Linkedin se vi va di approfondire…
  • 19. In conclusione è probabile che il sottoscritto non sia né la prima né l’ultima persona a presentare un simile progetto, inoltre ci saranno senz’altro alcuni problemi d’ingegneria da non sottovalutare… ma mai darsi per vinti! Le opinioni così come le obiezioni sono comunque sempre gradite, perciò sentitevi liberi di commentare! (La ricerca continua… nel frattempo consoliamoci con questa!!!)