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Marielle Lapeyrouse
ITAL 3072 – Chirumbolo
il 28 novembre 2012
Il sorriso dell’umorista in due film de Gianni di Gregorio
Nei suoi film Pranzo di Ferragosto (2008) e Gianni e le donne (2011), Gianni di
Gregorio rappresenta il lato comico di due mondi, quelli della vecchiaia e del corteggiamento. In
un’intervista su Gianni e le donne, il regista commenta la comicità del film:
La comicità passiva del protagonista è anche la mia. È questo il mio modo di raccontare [. . .] Da
piccolo leggevo Leopardi, ma col tempo ho imparato a reagire ridendo di qualsiasi cosa [. . .] La
sofferenza mi spaventa e per ciò cerco di esorcizzarla con una battuta, un sorriso.1
Questo sorriso, acquisito per sofferenza, si può capire in termini pirandelliani, come
un’espressione della trasformazione in cui “la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andar
oltre a quel primo avvertimento, o piuttosto, più addentro”.2
È interessante notare che Umberto
Eco, descrivendo la trasformazione dal comico nell’umoristico, sceglie il sorriso per esprimere il
sentimento:
My laughter is mixed with pity; it becomes a smile. I have moved from the Comic to Humor.
Pirandello sees with great clarity that, in order to take this step, one must give up detachment and
superiority – the classic characteristics of the Comic.3
È proprio questo che fa di Gregorio: invece di staccarsi dall’altro, particolarmente la persona
anziana, si stacca da sé, dall’io che può impedirlo di capire l’altro. S’immerge nel mondo delle
anziane in Pranzo di Ferragosto, e fa fronte al suo invecchiamento in Gianni e le donne. Eppure,
al fine di affrontare la sua immagine di sé e di capirsi, c’è una forte propensione alla solitudine:
le scene di Gianni da solo sono numerose in tutti i due film. Queste scene di solitudine, insieme
all’uso di specchi e di primissimi piani di Gianni e delle anziane e all’uso di musica
1
De Marco 2011.
2
Pirandello 1994, 116.
3
Eco 1994, 167.
Lapeyrouse 2
melanconica, crea un’intimità amara che si approfondisce dal primo film al secondo, man mano
che di Gregorio, o almeno il personaggio “Gianni”, torna sempre più verso sé stesso.
Quest’intimità amara condiziona lo spettatore per la riflessione che è alla base dell’Umorismo.
Si vede l’Umorismo – e conseguentemente il patos – di questi film di Gianni di Gregorio
non nel senso del contrario, perché il comico dei film non esiste nel contrario ma in un senso di
scomodità o d’imbarazzo, in cui Gianni si trova sempre fuori posto, disagiato, e anche invisibile.4
L’Umorismo si vede piuttosto nel senso generale del sentimento che nasce nella riflessione che
segue l’avvertimento del comico della scomodità. In Pranzo di Ferragosto, si vede la scomodità
nella riluttanza di Gianni trovandosi responsabile di queste quattro anziane, e si ride. Tuttavia,
sentendo la musica melanconica e guardando i volti dei personaggi da vicinissimo, vedendo gli
occhi, le rughe, e i sorrisi scomodi, lo spettatore si sente costretto ad andare “più addentro” al
primo avvertimento del comico. In quanto regista, di Gregorio guida così la coscienza dello
spettatore verso il lato più amaro dell’imbarazzo, in cui queste donne si vedono come un carico
che non possono più essere “responsabili” di loro stesse.
Di Gregorio utilizza un primissimo piano in Pranzo di Ferragosto quando gira la scena in
cui la madre si trucca, mostrando la pelle con un’intimità che sembra minare l’atto di truccarsi.
In Gianni e le donne, Gianni si ferma spesso allo specchio, toccando le borse sotto gli occhi e la
pelle invecchiata. In una di queste scene, si guarda fisso mentre lo spettatore guarda l’immagine
riflessa. Questo secondo film, infatti, si potrebbe chiamare Gianni e gli anziani, siccome la
cinepresa, proprio come gli occhi di Gianni, segue gli anziani per la strada così spesso come le
4
De Marco 2011: “Il mio rapporto con le donne è quello che si vede nel film: un rapporto d'amore, di devozione e
sudditanza. È difficile spiegarlo, forse proprio per questo ho sentito l'urgenza di farne un film e sviluppare una
riflessione: ormai, a questa età, le donne ci vedono come una poltrona, o un lampadario, siamo trasparenti.”
Lapeyrouse 3
donne. L’interesse per le donne e quello per gli anziani (continuato dal primo film) sono in un
certo qual modo due facce della stessa medaglia, cioè l’immagine di sé di Gianni. Per di più, si
può dire che le donne che circondano Gianni, sia in Pranzo di ferragosto sia in Gianni e le
donne, funzionano come dei frammenti di uno specchio che si trova negli altri, in cui l’individuo
vede la sua immagine riflessa. Gianni cerca di trovarsi attraverso queste donne, di identificarsi,
di capirsi, cercando nello stesso tempo di allontanarsi dagli anziani; non vuole essere “un
vecchio per la strada”. In Pranzo di Ferragosto, Gianni esplora il mondo della vecchiaia; ci
s’immerge, con empatia pure, ma resta un osservatore a parte. Quando arriva al secondo film,
tuttavia, Gianni comincia a vedersi come l’altro, cioè un vecchio; arriva al punto di far nascere
l’empatia completa perché vede l’altro in sé. Si vede, ad esempio, questo scambio tra Gianni e
Aylin, la giovane inquilina di sotto, osservando un anziano al parco:
Aylin: Guarda lui...che tipo!
Gianni: Perché? Che ci ha?
Aylin: Niente. È buffo.
Gianni: Allora anch’io sono buffo, ci ho il cagnetto, cammino ….
Aylin: Ma che c’entra? Tu sei il mio amore.
Anche se Aylin lo tratta come un coetaneo, Gianni non riesce a staccarsi (per riprendere l’idea di
“detachment” di Eco) dagli anziani, in cui si vede riflesso. Eppure, se si considera la reazione di
Gianni poco dopo che Aylin parte, quando questo “tipo buffo” si siede al posto appena lasciato
da Aylin, Gianni mostra una forte scomodità: il corpo si tende, risponde all’uomo di una brevità
fredda, e non perde troppo tempo prima di partire. Questa scomodità esprime una sorte di
dissonanza interna in cui Gianni, vedendo l’altro in sé, non riesce tuttavia a conciliare questa
compresenza.
Nel suo saggio “Self-Estrangement and the Poetics of Self-Representation in Pirandello's
‘L'umorismo”, Jonathan Druker descrive un tale fenomeno, particolarmente per quanto riguarda
Il Fu Mattia Pascal:
Lapeyrouse 4
Riflessione is a mechanism for detachment and distancing, and [. . .] the sight of the Other inside
the Self leads to estrangement [. . .] Mattia Pascal is estranged from himself, the person with
whom he can most closely identify. 5
Per questo, sostiene che l’esempio famoso della “vecchia signora”, in quanto espressione di
pietà, sia in disaccordo con l’essenza dell’umorismo come lo pratica Pirandello in realtà; dice
invece che la presa di coscienza dell’altro in sé ispira l’estraniazione e l’isolamento.6
Di
Gregorio, tuttavia, riesce ad unire la pietà dell’esempio della vecchia signora con l’estraniazione
che descrive Druker.
La pietà si sviluppa a partire da Pranzo di Ferragosto, ma ci comincia anche
l’espressione di una fugga nella solitudine, un isolamento riflessivo. Dopo l’arrivo di Marina e la
zia Maria, ad esempio, invece di pranzare con la madre e le altre donne, Gianni si siede da solo
in cucina e ascolta la conversazione. Si sente la madre parlare di Gianni e del suo celibato, ma
lunga tutta la conversazione è il viso di Gianni che si guarda. Ma c’è un senso di estraniazione o
di isolamento anche quando Gianni si trova in mezzo di un gruppo; non bisogna essere da solo
per sentirsi isolato. Nella scena del pranzo di Ferragosto, si guarda Gianni ascoltare, con una
certa distanza, i commenti degli altri. Si sente la musica melanconica mentre guardare i cenni del
capo e i sorrisi tesi, apparentemente forzati.
In Gianni e le donne, sempre nell’ambiente di un pasto (cioè un’attività collettiva),
Gianni scappa dalla cena del compleanno della madre con la scusa di “comprare le sigarette”.
Prima che Gianni parte, la cinecamera si ferma sul suo sguardo che si fissa sui saluti finti delle
donne: la moglie che non piace alla madre, la madre che non piace alla moglie, la figlia che non
vuole partecipare alla cena. Gianni scappa, ma non prima di fermarsi un attimo alla festa di
Aylin, dove beve una bibita che, alla sua insaputa, contiene più dell’alcool. Questa bibita drogata
5
Druker 1998, 67.
6
Ibid.
Lapeyrouse 5
crea un parallelo intrigante con lo strabismo di Mattia Pascal: Gianni, fuggendo la mascherata
che si svolge a casa, inizia una passeggiata solitaria in cui la vista e la percezione vacillano.7
Si
trova davanti all’Ara Pacis, dove vede una serie di volti sfocati, per poi vagare per Roma tutta la
notte. Ciò non vuol dire che di Gregorio intendeva un’allusione diretta all’opera di Pirandello,
ma in questa scena e altrove ci rimane un rapporto interessante fra l’umorismo pirandelliano e
l’esperienza di “Gianni”, trovandosi alla soglia d’invecchiamento, costretto ad affrontare il
problema della sua identità, un problema che si forma nella dissonanza tra l’io e l’altro, tra
l’immagine nella mente e l’immagine nello specchio.
Per quanto riguarda la musica dei film, vale notare l’esempio di Pirandello in cui il poeta
Giuseppe Gusti entra nella chiesa di Sant’Ambrogio a Milano:
Ma ecco levarsi nel tempio il suono dell’organo: poi quel cantico tedesco lento lento [. . .]
Ebbene, questo suono determina a un tratto una disposizione insolita nel poeta [. . .]
determina in lui la disposizione propriamente umoristica: cioè, lo dispone a quella
particolar riflessione che, spassionandosi del primo sentimento, dell’odio suscitato dalla
vista di quei soldati, genera appunto il sentimento del contrario. Il poeta ha sentito
nell’inno [. . .]8
Per lo spettatore dei film di Gregorio come per Gusti, la musica fa da catalizzatore della
riflessione. Dato che di Gregorio gira invece di scrivere, può servirsi della musica, cioè di una
colonna sonora, per facilitare la riflessione essenziale all’umorismo. La musica che sceglie non è
sempre melanconica, e talvolta il silenzio è più efficace; ma è appunto questa miscela, questo
dialogo fra comico e melanconico, fra leggero e pesante, a volte dissonante, che condiziona la
mente dello spettatore. L’amarezza punteggia la dolcezza, è suscita così la riflessione.
Quindi la poetica di Pirandello si vede nei film di Gregorio nell’amarezza che ispira la
riflessione al di là del comico, e nell’aspetto riflessivo di “Gianni” che, mentre vede l’altro in sé,
7
Druker 1998, 64: “If the mind is like a cracked mirror, art must represent the multipe shards of the Self. Thus
Mattia’s abberant eye [. . .] acts as a physical manifestation of the split self, giving the character a kind of double
vision that mimics the effects of riflessione”.
8
Pirandello 1994, 116 (corsivo del redattore).
Lapeyrouse 6
comincia a vedersi come un altro. Per questo, e ancora più perché si tratta di un personaggio che
rappresenta il regista – il poeta in un certo modo – Gianni esemplifica l’umorismo come
“compresenza del poeta e del critico nello stesso uomo”.9
Il cinema fornisce l’occasione di
staccarsi da sé, e di Gregorio se ne serve per diventare, nelle parole di Mattia Pascal, “attore
d’una tragedia [. . .] buffa”.10
Come lo specchio di Mattia Pascal, la cinecamera permette a di
Gregorio di oggettivarsi, e di vedersi così ricambiare il sorriso dell’umorista.
9
Petronio 1950, 20.
10
Pirandello 2010, 66; Druker 1998, 63-64. Druker analizza Mattia davanti allo specchio, poi conclude:
“Pirandellian self-consciousness is precisely this: not merely living, but watching oneself with an objectifying
detachment, as if with an eye not quite one’s own”.
Lapeyrouse 7
Fonti di consultazione
De Marco, Camillo. 2011. “Intervista con Gianni di Gregorio: Il mio film sulle donne nato in
autobus”. Cineuropa, il 9 febbraio 2011
<http://cineuropa.org/ff.aspx?t=ffocusinterview&l=it&tid=2204&did=195577#cl>.
Druker, Jonathan. 1998. “Self-Estrangement and the Poetics of Self-Representation in
Pirandello's ‘L'umorismo’” in South Atlantic Review 63, 1: 56-71.
Eco, Umberto. 1994. The Limits of Interpretation. Bloomington and Indianapolis: Indiana
University Press.
Petronio, Giuseppe. 1950. Pirandello novelliere e la crisi del realismo. Lecce: Casa Editrice
“Lucentia”.
Pirandello, Luigi. 1994. L’Umorismo e altri saggi. Firenze: Giunti Gruppo Editoriale.
--------------------- 2010. Il fu Mattia Pascal. Firenze: Giunti Editore.

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  • 1. Marielle Lapeyrouse ITAL 3072 – Chirumbolo il 28 novembre 2012 Il sorriso dell’umorista in due film de Gianni di Gregorio Nei suoi film Pranzo di Ferragosto (2008) e Gianni e le donne (2011), Gianni di Gregorio rappresenta il lato comico di due mondi, quelli della vecchiaia e del corteggiamento. In un’intervista su Gianni e le donne, il regista commenta la comicità del film: La comicità passiva del protagonista è anche la mia. È questo il mio modo di raccontare [. . .] Da piccolo leggevo Leopardi, ma col tempo ho imparato a reagire ridendo di qualsiasi cosa [. . .] La sofferenza mi spaventa e per ciò cerco di esorcizzarla con una battuta, un sorriso.1 Questo sorriso, acquisito per sofferenza, si può capire in termini pirandelliani, come un’espressione della trasformazione in cui “la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andar oltre a quel primo avvertimento, o piuttosto, più addentro”.2 È interessante notare che Umberto Eco, descrivendo la trasformazione dal comico nell’umoristico, sceglie il sorriso per esprimere il sentimento: My laughter is mixed with pity; it becomes a smile. I have moved from the Comic to Humor. Pirandello sees with great clarity that, in order to take this step, one must give up detachment and superiority – the classic characteristics of the Comic.3 È proprio questo che fa di Gregorio: invece di staccarsi dall’altro, particolarmente la persona anziana, si stacca da sé, dall’io che può impedirlo di capire l’altro. S’immerge nel mondo delle anziane in Pranzo di Ferragosto, e fa fronte al suo invecchiamento in Gianni e le donne. Eppure, al fine di affrontare la sua immagine di sé e di capirsi, c’è una forte propensione alla solitudine: le scene di Gianni da solo sono numerose in tutti i due film. Queste scene di solitudine, insieme all’uso di specchi e di primissimi piani di Gianni e delle anziane e all’uso di musica 1 De Marco 2011. 2 Pirandello 1994, 116. 3 Eco 1994, 167.
  • 2. Lapeyrouse 2 melanconica, crea un’intimità amara che si approfondisce dal primo film al secondo, man mano che di Gregorio, o almeno il personaggio “Gianni”, torna sempre più verso sé stesso. Quest’intimità amara condiziona lo spettatore per la riflessione che è alla base dell’Umorismo. Si vede l’Umorismo – e conseguentemente il patos – di questi film di Gianni di Gregorio non nel senso del contrario, perché il comico dei film non esiste nel contrario ma in un senso di scomodità o d’imbarazzo, in cui Gianni si trova sempre fuori posto, disagiato, e anche invisibile.4 L’Umorismo si vede piuttosto nel senso generale del sentimento che nasce nella riflessione che segue l’avvertimento del comico della scomodità. In Pranzo di Ferragosto, si vede la scomodità nella riluttanza di Gianni trovandosi responsabile di queste quattro anziane, e si ride. Tuttavia, sentendo la musica melanconica e guardando i volti dei personaggi da vicinissimo, vedendo gli occhi, le rughe, e i sorrisi scomodi, lo spettatore si sente costretto ad andare “più addentro” al primo avvertimento del comico. In quanto regista, di Gregorio guida così la coscienza dello spettatore verso il lato più amaro dell’imbarazzo, in cui queste donne si vedono come un carico che non possono più essere “responsabili” di loro stesse. Di Gregorio utilizza un primissimo piano in Pranzo di Ferragosto quando gira la scena in cui la madre si trucca, mostrando la pelle con un’intimità che sembra minare l’atto di truccarsi. In Gianni e le donne, Gianni si ferma spesso allo specchio, toccando le borse sotto gli occhi e la pelle invecchiata. In una di queste scene, si guarda fisso mentre lo spettatore guarda l’immagine riflessa. Questo secondo film, infatti, si potrebbe chiamare Gianni e gli anziani, siccome la cinepresa, proprio come gli occhi di Gianni, segue gli anziani per la strada così spesso come le 4 De Marco 2011: “Il mio rapporto con le donne è quello che si vede nel film: un rapporto d'amore, di devozione e sudditanza. È difficile spiegarlo, forse proprio per questo ho sentito l'urgenza di farne un film e sviluppare una riflessione: ormai, a questa età, le donne ci vedono come una poltrona, o un lampadario, siamo trasparenti.”
  • 3. Lapeyrouse 3 donne. L’interesse per le donne e quello per gli anziani (continuato dal primo film) sono in un certo qual modo due facce della stessa medaglia, cioè l’immagine di sé di Gianni. Per di più, si può dire che le donne che circondano Gianni, sia in Pranzo di ferragosto sia in Gianni e le donne, funzionano come dei frammenti di uno specchio che si trova negli altri, in cui l’individuo vede la sua immagine riflessa. Gianni cerca di trovarsi attraverso queste donne, di identificarsi, di capirsi, cercando nello stesso tempo di allontanarsi dagli anziani; non vuole essere “un vecchio per la strada”. In Pranzo di Ferragosto, Gianni esplora il mondo della vecchiaia; ci s’immerge, con empatia pure, ma resta un osservatore a parte. Quando arriva al secondo film, tuttavia, Gianni comincia a vedersi come l’altro, cioè un vecchio; arriva al punto di far nascere l’empatia completa perché vede l’altro in sé. Si vede, ad esempio, questo scambio tra Gianni e Aylin, la giovane inquilina di sotto, osservando un anziano al parco: Aylin: Guarda lui...che tipo! Gianni: Perché? Che ci ha? Aylin: Niente. È buffo. Gianni: Allora anch’io sono buffo, ci ho il cagnetto, cammino …. Aylin: Ma che c’entra? Tu sei il mio amore. Anche se Aylin lo tratta come un coetaneo, Gianni non riesce a staccarsi (per riprendere l’idea di “detachment” di Eco) dagli anziani, in cui si vede riflesso. Eppure, se si considera la reazione di Gianni poco dopo che Aylin parte, quando questo “tipo buffo” si siede al posto appena lasciato da Aylin, Gianni mostra una forte scomodità: il corpo si tende, risponde all’uomo di una brevità fredda, e non perde troppo tempo prima di partire. Questa scomodità esprime una sorte di dissonanza interna in cui Gianni, vedendo l’altro in sé, non riesce tuttavia a conciliare questa compresenza. Nel suo saggio “Self-Estrangement and the Poetics of Self-Representation in Pirandello's ‘L'umorismo”, Jonathan Druker descrive un tale fenomeno, particolarmente per quanto riguarda Il Fu Mattia Pascal:
  • 4. Lapeyrouse 4 Riflessione is a mechanism for detachment and distancing, and [. . .] the sight of the Other inside the Self leads to estrangement [. . .] Mattia Pascal is estranged from himself, the person with whom he can most closely identify. 5 Per questo, sostiene che l’esempio famoso della “vecchia signora”, in quanto espressione di pietà, sia in disaccordo con l’essenza dell’umorismo come lo pratica Pirandello in realtà; dice invece che la presa di coscienza dell’altro in sé ispira l’estraniazione e l’isolamento.6 Di Gregorio, tuttavia, riesce ad unire la pietà dell’esempio della vecchia signora con l’estraniazione che descrive Druker. La pietà si sviluppa a partire da Pranzo di Ferragosto, ma ci comincia anche l’espressione di una fugga nella solitudine, un isolamento riflessivo. Dopo l’arrivo di Marina e la zia Maria, ad esempio, invece di pranzare con la madre e le altre donne, Gianni si siede da solo in cucina e ascolta la conversazione. Si sente la madre parlare di Gianni e del suo celibato, ma lunga tutta la conversazione è il viso di Gianni che si guarda. Ma c’è un senso di estraniazione o di isolamento anche quando Gianni si trova in mezzo di un gruppo; non bisogna essere da solo per sentirsi isolato. Nella scena del pranzo di Ferragosto, si guarda Gianni ascoltare, con una certa distanza, i commenti degli altri. Si sente la musica melanconica mentre guardare i cenni del capo e i sorrisi tesi, apparentemente forzati. In Gianni e le donne, sempre nell’ambiente di un pasto (cioè un’attività collettiva), Gianni scappa dalla cena del compleanno della madre con la scusa di “comprare le sigarette”. Prima che Gianni parte, la cinecamera si ferma sul suo sguardo che si fissa sui saluti finti delle donne: la moglie che non piace alla madre, la madre che non piace alla moglie, la figlia che non vuole partecipare alla cena. Gianni scappa, ma non prima di fermarsi un attimo alla festa di Aylin, dove beve una bibita che, alla sua insaputa, contiene più dell’alcool. Questa bibita drogata 5 Druker 1998, 67. 6 Ibid.
  • 5. Lapeyrouse 5 crea un parallelo intrigante con lo strabismo di Mattia Pascal: Gianni, fuggendo la mascherata che si svolge a casa, inizia una passeggiata solitaria in cui la vista e la percezione vacillano.7 Si trova davanti all’Ara Pacis, dove vede una serie di volti sfocati, per poi vagare per Roma tutta la notte. Ciò non vuol dire che di Gregorio intendeva un’allusione diretta all’opera di Pirandello, ma in questa scena e altrove ci rimane un rapporto interessante fra l’umorismo pirandelliano e l’esperienza di “Gianni”, trovandosi alla soglia d’invecchiamento, costretto ad affrontare il problema della sua identità, un problema che si forma nella dissonanza tra l’io e l’altro, tra l’immagine nella mente e l’immagine nello specchio. Per quanto riguarda la musica dei film, vale notare l’esempio di Pirandello in cui il poeta Giuseppe Gusti entra nella chiesa di Sant’Ambrogio a Milano: Ma ecco levarsi nel tempio il suono dell’organo: poi quel cantico tedesco lento lento [. . .] Ebbene, questo suono determina a un tratto una disposizione insolita nel poeta [. . .] determina in lui la disposizione propriamente umoristica: cioè, lo dispone a quella particolar riflessione che, spassionandosi del primo sentimento, dell’odio suscitato dalla vista di quei soldati, genera appunto il sentimento del contrario. Il poeta ha sentito nell’inno [. . .]8 Per lo spettatore dei film di Gregorio come per Gusti, la musica fa da catalizzatore della riflessione. Dato che di Gregorio gira invece di scrivere, può servirsi della musica, cioè di una colonna sonora, per facilitare la riflessione essenziale all’umorismo. La musica che sceglie non è sempre melanconica, e talvolta il silenzio è più efficace; ma è appunto questa miscela, questo dialogo fra comico e melanconico, fra leggero e pesante, a volte dissonante, che condiziona la mente dello spettatore. L’amarezza punteggia la dolcezza, è suscita così la riflessione. Quindi la poetica di Pirandello si vede nei film di Gregorio nell’amarezza che ispira la riflessione al di là del comico, e nell’aspetto riflessivo di “Gianni” che, mentre vede l’altro in sé, 7 Druker 1998, 64: “If the mind is like a cracked mirror, art must represent the multipe shards of the Self. Thus Mattia’s abberant eye [. . .] acts as a physical manifestation of the split self, giving the character a kind of double vision that mimics the effects of riflessione”. 8 Pirandello 1994, 116 (corsivo del redattore).
  • 6. Lapeyrouse 6 comincia a vedersi come un altro. Per questo, e ancora più perché si tratta di un personaggio che rappresenta il regista – il poeta in un certo modo – Gianni esemplifica l’umorismo come “compresenza del poeta e del critico nello stesso uomo”.9 Il cinema fornisce l’occasione di staccarsi da sé, e di Gregorio se ne serve per diventare, nelle parole di Mattia Pascal, “attore d’una tragedia [. . .] buffa”.10 Come lo specchio di Mattia Pascal, la cinecamera permette a di Gregorio di oggettivarsi, e di vedersi così ricambiare il sorriso dell’umorista. 9 Petronio 1950, 20. 10 Pirandello 2010, 66; Druker 1998, 63-64. Druker analizza Mattia davanti allo specchio, poi conclude: “Pirandellian self-consciousness is precisely this: not merely living, but watching oneself with an objectifying detachment, as if with an eye not quite one’s own”.
  • 7. Lapeyrouse 7 Fonti di consultazione De Marco, Camillo. 2011. “Intervista con Gianni di Gregorio: Il mio film sulle donne nato in autobus”. Cineuropa, il 9 febbraio 2011 <http://cineuropa.org/ff.aspx?t=ffocusinterview&l=it&tid=2204&did=195577#cl>. Druker, Jonathan. 1998. “Self-Estrangement and the Poetics of Self-Representation in Pirandello's ‘L'umorismo’” in South Atlantic Review 63, 1: 56-71. Eco, Umberto. 1994. The Limits of Interpretation. Bloomington and Indianapolis: Indiana University Press. Petronio, Giuseppe. 1950. Pirandello novelliere e la crisi del realismo. Lecce: Casa Editrice “Lucentia”. Pirandello, Luigi. 1994. L’Umorismo e altri saggi. Firenze: Giunti Gruppo Editoriale. --------------------- 2010. Il fu Mattia Pascal. Firenze: Giunti Editore.