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L’unicità di Piazza dei Mestieri di Torino
Un esempio di modello educativo-formativo da
scoprire e seguire
MARCO D’ALESSANDRO
Università degli Studi di Napoli Federico II
18 giugno 2018
Sommario
This work is divided in 4 parts, in each of whom there will be analyzed different
aspects involving: the genesis of the main idea behind the Foundation of Piazza dei
Mestieri in Turin (part 1); its intersections with young people, local environment
and industrial framework (part 2); the unique mission and the social responsibility
shared by Piazza dei Mestieri (part 3); finally, the duality of the model (part 4).
These 4 parts require the lecture and the understanding of 4 different points of view,
expressed in some articles related to the object of the essay.
Keywords: Giovani, lavoro, formazione, modello, network.
1 La Piazza dei Mestieri di Torino: l’origine dell’idea
Il contenuto della prima parte dell’articolo, dedicata alla genesi dell’idea alla base
di Piazza dei Mestieri di Torino, è stato realizzato a partire da una estrema sintesi
dell’articolo (il cui titolo è lo stesso del titolo della sezione) di Gian Franco Corio,
ricercatore senior associato del Ceris-CNR.
1.1 Lo scenario della Piazza dei Mestieri
Piazza dei Mestieri è nata nel 2004 in primo luogo per risolvere il problema della di-
spersione scolastica, ovvero l’insieme di processi attraverso i quali si verificano ritardi,
rallentamenti o abbandoni (drop out) in uno specifico iter scolastico. Il fenomeno, che
ancora oggi incide in negativo sulle prestazioni dei giovani di età tra i 13 ed i 15 anni,
e più in generale sulle caratteristiche di un intero sistema sociale, presenta cause e
conseguenze ben specifiche. Le cause sono da ricercare principalmente sia nella psicolo-
gia dei giovani allievi sia nell’Istituzione Scuola nel suo complesso: basse prestazioni
scolastiche, scarso impegno nello studio, interazione docenti-studenti non all’altezza,
1
bassa professionalità della comunità scolastica, ambiente socio-culturale difficile da com-
prendere. E l’elenco non è nemmeno esauriente. Le conseguenze che questo fenomeno
può provocare, non sono da sottovalutare: difficoltà nel mantenere un lavoro a lungo
nel tempo, assunzione di comportamenti socialmente non desiderabili, fallimento della
socializzazione e disadattamento alle norme del sistema sociale, etc..
Il programma formativo di Piazza dei Mestieri, punto di incontro tra i giovani "disadat-
tati" ed il mondo del lavoro e della professionalità, è volto a prevenire il fenomeno di cui
sopra, e favorisce i processi di inclusione sociale intervenendo non solo sulla dimensione
psicologica dei giovani ma anche su quella puramente sociale. Tutto ciò, come si vedrà,
sarà caratterizzato da una forte componente di network, che P.d.M appositamente ha
condiviso e condivide con altre istituzioni presenti sul territorio.
1.2 L’identificazione dei valori della Piazza dei Mestieri
L’idea originaria di P.d.M trasporta con sè alcuni valori di tipo sociale e formativo, la cui
condivisione da parte di tutti coloro che partecipano attivamente al progetto rappresenta
prima di tutto un elemento di armonia, di coerenza e di progresso; ed in secondo luogo
uno strumento per incrementare le probabilità di realizzazione e di sviluppo del lavoro
"in collaborazione", seppur rappresentando cose diverse per persone diverse. I fattori
chiave (valori) del successo di questo modello sono stati 5: responsabilità sociale, in quanto
momento propulsivo della formazione, e direzione lungo la quale si è sviluppata l’idea;
competenze, sviluppate all’interno del sistema come ambiti per i quali il successo è definito
in termini di sfida personale; continuità, realizzatasi con l’evoluzione e l’apprendimento
nel corso del tempo, e con l’ampliamento degli orizzonti di intervento; autosviluppo,
quale espressione della creatività, dell’esperienza e dell’autoaggiornamento dei fondatori
dell’idea; ed infine capacità di rapportarsi, base per lo sviluppo di relazioni interpersonali
e per la condivisione di esperienze e risultati.
Ai menzionati fattori, si è aggiunta immancabilmente una forte dose di passione, che ha
rappresentato l’impulso determinante l’inizio dell’impresa ed ha permesso ai fondatori
di realizzare e concretizzare quanto erano stati "spinti" a creare.
1.3 La vision della Piazza dei Mestieri
L’idea di P.d.M è nata da una intuizione che solo successivamente si è sviluppata in una
vision1, descrittiva di una situazione futura relativamente lontana, nella quale P.d.M si
sarebbe sviluppata nelle migliori condizioni possibili: concepire l’attività produttiva al
servizio dell’attività formativa. La definizione di questa vision ha permesso ai fondatori
dell’idea di: a) esprimere attraverso i fatti una immagine precisa di ciò che volevano
creare assieme, con entusiasmo, in funzione di uno scopo finale ben chiaro; b) condividere
1Per vision si intende praticamente un parametro relativo a ciò che si vuole conseguire in futuro ed una
linea guida strategica della pianificazione.
2
l’insieme dei valori di base comuni di cui al paragrafo precedente; c) liberarsi dalle
prassi scontate e guardare in modo diverso a che cosa si doveva fare e con chi; d) sentirsi
coinvolti e motivati nel far crescere un sogno da trasferire poi ai manager ed agli utenti.
Compiti di questa valenza hanno richiesto un sacco di tempo per poter essere realizzati,
e non c’è dubbio che, in questo caso specifico, ci sia stato il massimo sostegno da parte
di tutti (leader, manager, operatori), che ha consentito di superare anche i momenti ed
ostacoli più difficili con coraggio e determinazione.
2 Sulle tracce di un passato industriale
Il contenuto della seconda parte trae spunto, invece, da un articolo scritto da Carlo
Genova, intitolato I giovani e la città che cambia. Nuovi passi, nuovi sguardi e nuovi progetti
sulle tracce di un passato industriale: in esso si mettono a fuoco i rapporti esistenti tra
l’architettura industriale della città di Torino ed i giovani, invitando questi ultimi a
prendere maggiormente parte anche al processo di riqualificazione urbana.
2.1 Intersezioni di un territorio
Il secondo motivo per cui è nata l’idea di Piazza dei Mestieri è legato ad una progressiva
trasformazione economica, che ha preso l’avvento nella città di Torino tra gli anni ’80 e
’90: si tratta essenzialmente dell’indebolimento del tessuto industriale e della correlata
presenza di strutture architettoniche dismesse.2 Questo problema si è sviluppato lungo
3 direzioni fondanti: la prima riguardante la mappatura del territorio torinese al fine di
capire quanti e quali fossero stati gli edifici industriali interessati dal problema di cui
sopra; la seconda concernente le possibili idee di ri-funzionalizzazione (e ri-qualificazione)
del territorio, con riferimento a casi territoriali specifici; la terza, meno sviluppata rispetto
alle altre, riguardante l’effettiva applicazione di politiche di riutilizzo degli ex edifici
industriali oramai in disuso. È su questa ultima direzione che i prossimi due paragrafi
saranno indirizzati, facendo particolare leva sul rapporto tra i giovani ed il territorio,
rapporto che è stato spesso un elemento centrale della poliedricità della città di Torino.
2.2 I giovani e la ri-significazione dei luoghi urbani
Con il termine ri-significazione si intende il processo attraverso il quale una porzione
di spazio a cui un insieme di individui attribuisce, o aveva attribuito in passato, uno
specifico significato vede un altro insieme di individui attribuirvi un nuovo e differente
significato [Becchis, Genova, 2010]. Torino, densa di architettura e di aree verdi non
2Della dismissione delle strutture architettoniche in una città se ne occupa da sempre l’archeologia
industriale, la quale studia, applicando un metodo interdisciplinare, tutte le testimonianze inerenti al
processo d’industrializzazione fin dalle sue origini.
3
periferiche non ancora libere dall’intervento umano, ha iniziato a vivere un importan-
te periodo di ri-significazione da quando, a partire dagli anni ’90, gruppi di giovani
appartenenti anche a centri sociali hanno promosso iniziative con le quali cercare di
individuare i luoghi adatti dove sviluppare le proprie pratiche (ad esempio, si pensi agli
skaters pronti a cogliere la presenza di una gradinata su cui eseguire i propri trick, o ai
writers alla ricerca di qualche muretto da trasformare in tela): una individuazione che
non è stata affatto facile, anche perchè collegata ad una serie di aspetti riguardanti le
caratteristiche strutturali degli spazi3 da utilizzare e le interferenze (e quindi conflitti di
interessse) causate da chi ha ritenuto non opportuno svolgere una determinata pratica.
I giovani che hanno attivato processi di ri-significazione, hanno conseguentemente attiva-
to una dialettica con i diversi utilizzatori dello spazio, contrassegnata da 2 componenti:
una prima componente che ha fatto emergere la diversa quantità ed il diverso tipo di
potere che ciascun soggetto ha a disposizione nel confronto; ed una seconda componente
che, invece, ha portato alla luce processi e dinamiche già precedentemente all’opera,
invisibili ed implicitamente "protetti" dall’abitudine.
2.3 I giovani e la ri-funzionalizzazione delle ex aree industriali
Si sposti ora l’attenzione sull’immagine che i giovani torinesi hanno delle operazioni di
ri-funzionalizazione degli ex-luoghi industriali, o meglio sulle opinioni e sulle idee che
hanno su questi ultimi. Se si attraversano i principali luoghi del cambiamento di Torino,
l’impressione è quella che la presenza dei giovani sia visibile, forte e costante.
Partendo dai risultati di una rilevazione effettuata su 150 giovani4 di età compresa tra i
19 ed i 35 anni che abitano in prossimità di aree ri-funzionalizzate (tra le quali il Lingotto,
le Officine Grandi Riparazioni, il Bunker e la stessa P.d.M.), per ragioni di spazio si
illustrano qui i principali risultati ottenuti per P.d.M. in merito alla questione di cui
sopra: che ne pensano i giovani della ri-funzionalizzazione di P.d.M.? Quali sono gli
aspetti positivi e quali quelli negativi? Cosa si potrebbe fare per migliorare P.d.M.?
Sorprendentemente, P.d.M. è il luogo che ha raccolto pareri meno favorevoli, in quanto
• è la meno conosciuta, la meno frequentata (se non che da un settore più ridotto di
giovani) e la meno connessa con il territorio circostante;
• poche persone conoscono il posto in cui è collocata ed il suo passato industriale,
quindi possono dare valutazioni poco puntuali;
• non è indicata come simbolo distintivo della città di Torino, sia perchè alcune
scelte di strutturazione architettonica non sono state apprezzate, sia perchè vende
prodotti troppo costosi (luogo, forse, troppo elitario e "radical chic").
3Sebbene le diverse infrastrutture possano risultare favorevoli all’esercizio a seconda degli stili di ciascun
praticante, ogni elemento architettonico nella sua peculiarità è al tempo stesso ostacolo e risorsa.
4Il campione utilizzato non è statisticamente rappresentativo, quindi i risultati presentati non possono
essere estesi all’universo dei giovani torinesi di quella fascia di età.
4
Al di là dell’essere o meno simbolo distintivo della città, è stato anche chiesto: quali
funzioni potrebbero svolgere in futuro altri luoghi ex-industriali restituiti alla città dal-
l’inutilizzo in cui le trasformazioni economiche li hanno ridotti? Le risposte a questa
domanda hanno confermato una netta malleabilità di destinazione associata alle archi-
tetture ex-industriali di cui sopra: le più quotate sono state quelle relative alla creazione
di luoghi di "condivisione", di "crescita", di espressione dell’arte e della cultura (tema
principale), di sostegno alle imprese ed ai bisogni centrali del teritorio.
2.4 Virtuosi incontri
Come visto fin qui, molti sono gli elementi identificati dai giovani torinesi come capaci
di rendere un’operazione di ri-funzionalizzazione più o meno apprezzabile: l’attenzione
al piano dei significati e delle rappresetazioni, la gestione delle situazioni dialettiche,
le modalità ed i tratti distintivi attraverso cui è condotto il processo (piuttosto che la
gestione "dall’alto" o "dal basso"). In generale, inoltre, il comune denominatore di questi
elementi può essere identificato attraverso il concetto di apertura: verso i processi di
ripensamento e progettazione dello spazio urbano; verso il territorio circostante, con cui
bisogna essere sempre in dialogo; verso le possibilità di utilizzo dei luoghi, i quali devono
essere accessibili non solo in specifiche occasioni; infine, verso la multifunzionalità e la
dinamicità dei progetti, che devono invocare continuità e struttura del processo.
Ripensare efficacemente un luogo non vuol dire semplicemente identificarne una nuova
possibile destinazione, ma rioganizzare la struttura in modo da renderla vivibile.
3 Le mission della Piazza dei Mestieri di Torino
Le prime due sezioni del presente articolo sono state dedicate alla spiegazione del back-
ground di problemi e di valori che hanno portato alla progettazione ed alla realizzazione
dell’idea di P.d.M.. Questa sezione, invece, sarà dedicata alla definizione della mission
aziendale di P.d.M., ovvero lo scopo ultimo e la giustificazione stessa dell’esistenza della
Fondazione.5 L’articolo che si tenta di riassumere nelle prossime pagine ha lo stesso
nome del titolo della sezione, ed è di Gian Franco Corio.
3.1 Mission, responsabilità sociale d’impresa e sviluppo sostenibile
Con l’inserimento di preoccupazioni sociali (problema della dispersione scolastica) ed
ecologico-ambientali (ri-funzionalizzazione e valorizzazione del territorio), P.d.M. ha
acquisito la connotazione di essere un organismo a "responsabilità sociale", ossia in gra-
do di continuare la propria attività nel tempo tenendo conto dell’impatto di quest’ultima
5Vision e mission sono parte della strategia d’impresa, svolgono una funzione di comunicazione
della strategia, rafforzano l’identità dell’organizzazione e l’identificazione dei singoli membri con questa.
Tuttavia, a differenza della prima, l’ultima tende a focalizzarsi sul presente e a fornire una guida operativa.
5
sul capitale naturale, ambientale e sociale. I benefici derivanti da ciò innanzitutto si
sono avuti quando P.d.M. ha rafforzato la propria reputazione di impresa sociale, ed in
secondo luogo quando essa ha saputo trasformare le minacce derivanti dall’esterno in
opportunità, soprattutto per gli stakeholders. La Piazza, in effetti, ha dedicato parte della
propria attività al mantenimento delle relazioni con il territorio metropolitano, e ciò ha
rappresentato un elemento di cruciale importanza e di valore aggiunto, anche in ottica
"etica": ha, infatti, favorito l’emergere di nuovi percorsi educativi e di leve competitive
coerenti con uno sviluppo sostenibile per la collettività. A questo proposito, la defini-
zione della mission ha rappresentato sia un momento di riflessione sull’impostazione
di fondo che ha guidato la determinazione delle scelte e degli obiettivi, sia un elemento
improntato alla massimizzazione degli scopi etici della Fondazione stessa.
3.2 La mission della Piazza dei Mestieri
La definizione della mission da parte di P.d.M. ha rappresentato uno strumento per
identificare le direzioni di sviluppo della struttura (coinvolta attivamente nella deter-
minazione delle priorità) e per specificare gli obiettivi da raggiungere; inoltre è stata
un’iniziativa difficile sia sul piano della realizzazione delle caratteristiche strategiche
ed organizzative delineate in sede di formazione dell’idea (infatti essa è il risultato di
un lungo lavoro di preparazione e di socializzazione delle mission dei fondatori), sia
sul piano dell’offerta formativa e quindi sui prodotti da servire. Fondamentalmente, la
mission ha favorito lo sviluppo di iniziative coerenti con il progetto istituzionale ed è
stata costruita su 2 linee-guida principali condivise6 dagli stessi fondatori della Piazza:
• la necessità di creare un posto dove poter far fermare i ragazzi anche dopo le
attività formative e far le cose con loro;
• la possibilità di svolgere una esperienza lavorativa vera e protetta, con la quale i
giovani potessero incontrare la realtà per come essa è.
I fattori che hanno contribuito alla definizione ed all’elaborazione delle linee-guida sono
stati di carattere ambientale, organizzativo, produttivo ed educativo/formativo; questi
hanno poi esaltato la funzione del gruppo e della struttura.
3.3 La mission dei finanziamenti di Piazza dei Mestieri
Oltre all’aspetto puramente organizzativo ed educativo/formativo, P.d.M. ha definito
la propria mission anche lungo il versante della ricerca dei finanziamenti: attraverso
l’attività di fundraising, in collaborazione anche con le istituzioni e le fondazioni ban-
carie, la Piazza è riuscita a comunicare all’esterno la propria mission, quale strumento
fondamentale nello sviluppo dell’organizzazione della Fondazione. La partecipazione
6Si è reso necessario trasmettere la mission a tutti i livelli della struttura affinchè fosse condivisa.
6
di soggetti economici in qualità di stakeholders ha permesso alla Piazza di condividere
i propri valori ed ai finanziatori un maggiore coinvolgimento nell’iniziativa; inoltre,
sono nati intensi rapporti di reciprocità e di interdipendenza, tali per cui la ricerca fondi
della Piazza fosse orientata verso il mantenimento di rapporti duraturi con i partner
(Partner Relationship Management), senza i quali la Piazza stessa non avrebbe avuto il
motivo di sopravvivere. La conoscenza approfondita della Piazza ha indotto, dunque,
numerosi soggetti esterni ad associare un valore etico, sociale ed ambientale all’iniziati-
va; la completa conoscenza del progetto, cioè, ha permesso agli stakeholders di attivare
comportamenti di solidarietà rivolti alla crescita dell’organizzazione dell’Istituzione.
Una attenta gestione di questo sistema di relazioni ha consentito alla Piazza di realizzare
la propria mission e di ottenere le risorse essenziali per la continuazione, nel tempo, delle
attività e per il miglioramento della qualità della vita degli individui e dell’ambiente.
3.4 La mission e la comunicazione della Piazza dei Mestieri
I fondatori della Piazza hanno dovuto esercitare una forte pressione sugli stakeholders
affinchè recepissero l’importanza delle caratteristiche di qualità e dei valori del progetto:
l’obiettivo è stato quello di coinvolgere le persone "più calate nel business" nella defini-
zione del contesto all’interno del quale avrebbero dovuto operare, e nel raggiungimento
degli obiettivi formativi di lungo periodo. In questo senso, la comunicazione (ad ogni
ruolo e ad ogni livello) degli scopi dell’esistenza della Fondazione ha costituito parte
fondante della mission, denotando il sistema di guida complessivo della struttura; l’atten-
zione posta su di essa, inoltre, ha evidenziato una componente irrinunciabile per avviare
e gestire consapevolmente la mission. La comunicazione della mission, infine, ha avuto
l’obiettivo di creare nelle persone senso di appartenenza, responsabilità, motivazioni e
coinvolgimento nei confronti del lavoro e della formazione. Tutto ciò, tenendo comun-
que conto attentamente ed accuratamente dei modelli culturali presenti nella Piazza, e
quindi dei valori e dei giudizi attribuiti dagli utenti alla qualità attesa e percepita dei
servizi ricevuti, ed anche all’immagine.
3.5 Il valore della rete dei partner e la mission della Piazza dei Mestieri
Uno degli elementi del successo della Piazza è stato sicuramente il modo in cui essa ha
costituito una rete (una piattaforma integrata) solidale e strutturata di partenariato attivo7
con diversi attori (locali o sovralocali, pubblici o privati che essi siano) politici, economici,
sociali e territoriali: le autorità locali, i servizi sociali, le banche e le fondazioni bancarie,
le associazioni e gli investitori privati hanno avuto la capacità di lavorare insieme
e di costruire una rete armonica anche informativa. Il lavoro di rafforzamento e di
costruzione di questa rete non è stato facile sia perchè la "coalizione di forze" che ha
7La rete è un prerequisito per la partecipazione del territorio alle politiche formative, ed è un potente
strumento per la costruzione del "capitale sociale" che è alla base della qualità della vita del territorio.
7
partecipato ha dovuto essere rafforzata nel tempo, sia perchè si sono dovuti integrare
processi eterogenei tra di loro. Lo slogan della fitta rete di rapporti, di persone, di enti
che si sono uniti insieme per portare a compimento il progetto può essere sintetizzato
attraverso l’espressione "fare con": fare con i ragazzi, con le famiglie, con i servizi sociali,
con le scuole (medie e superiori), con gli artigiani, le imprese e le loro associazioni.
La Piazza, insomma, attraverso la rete, ha proiettato all’esterno i propri valori positivi ed
ha mostrato, tramite i comportamenti dei partecipanti, un’immagine consona a quella
che voleva trasferire, rafforzando le attività e le responsabilità del personale.
4 Conclusioni: il modello di formazione duale della Piazza
Nelle pagine precedenti si è cercato di descrivere in maniera concreta le caratteristiche
essenziali del modello formativo della Piazza dei Mestieri, sottolineando il ruolo che
le varie parti hanno giocato nella ideazione, costruzione ed organizzazione di una idea
vincente sin dall’inizio, e soffermandosi su determinati aspetti piuttosto che su altri.
Nelle prossime righe verrà ricapitolata la grandezza del modello della Piazza torinese
attraverso 6 punti fondamentali, che cercheranno di cogliere tutto ciò che è stato scritto
fino ad ora. Per riuscire a raggiungere l’obiettivo di sintesi prefissato, si utilizzerà
l’articolo di Dario Odifreddi intitolato "La Piazza dei Mestieri: un modello di formazione
duale" pubblicato nel 2014.
4.1 La grandezza della Piazza dei Mestieri di Torino in 6 punti
È possibile sintetizzare il modello di Piazza dei Mestieri in 6 punti, ognuno dei quali
esplicita la dimostrazione di quanto il modello della Piazza abbia costituito e costituisca
ancora oggi una vera e propria realtà sociale e formativa:
• il primo punto è rappresentato dalla mission: creare un luogo di educazione e di
aggregazione per i giovani in cui sia possibile sperimentare un approccio positivo
alla realtà, dall’apprendimento (e quindi acquisizione delle conoscenze e delle com-
petenze) al lavoro, dal modo di usare il proprio tempo libero alla valorizzazione
del talento (il saper fare), della creatività e delle passioni di ciascuno;
• il secondo punto è rappresentato dalla componente educativa del modello, strettamente
legata alla mission: essa si incentra sulla bellezza (coincolgendo tutte le percezioni
sensoriali) e sulla sua capacità di generare quell’attrattiva che muove il giovane
verso l’apprendimento (la cui strada è condivisa dal discepolo e dal maestro) e
quindi verso il successo formativo;
• il terzo punto è rappresentato dalla costituzione, nel 2012, di un Job Center della
Piazza dei Mestieri, che ha aiutato a sviluppare le azioni necessarie ad incrementare
negli allievi la capacità di orientamento nell’attuale mercato del lavoro; ruolo di
8
questo strumento, di grande utilità, è anche quello di seguire i giovani dopo il
conseguimento del titolo affinchè "nessuno si perda";
• il quarto punto è rappresentato dalla capacità di fare rete: la Piazza, infatti, è un
esempio di come la passione educativa di alcuni "visionari" possa diventare fattore
aggregante per la costruzione di una rete di persone, istituzioni ed imprese che
desiderano mettersi insieme per il raggiungimento del bene comune. L’apertura e
la trasparenza di questa rete ha contribuito a stimolare un sistema di monitoraggio
in grado di fornire risultati sia in termini di performance educativa che di sostenibilità;
• il quinto punto è rappresentato da una vera e propria sfida per il lavoro, l’aspetto
più innovativo della Piazza: si lavora riscoprendo il valore ed il fascino del lavoro
manuale, della bellezza di trasformare la realtà con le proprie mani guidate da
un’intelligenza attenta e da un cuore appassionato. La Piazza ha realizzato un mo-
dello di alternanza scuola-lavoro che, attraverso l’esperienza concreta e lo sviluppo
delle conoscenze teoriche, permette l’acquisizione delle capacità di trasferire in
situazioni diverse ciò che apprende con l’attività pratica;
• il sesto ed ultimo punto è rappresentato dalla sostenibilità del modello: alcune delle
condizioni per la sua risuscita e tenuta nel tempo sono state la capacità di ottenere
sostegni finanziari e la partecipazione al rischio da parte di chi ha promosso
l’iniziativa (interazione efficace tra pubblico e privato).
L’importanza di questi 6 punti all’interno del modello di Piazza dei Mestieri ha con-
tribuito alla creazione di un modello dinamico che ha avuto la capacità ed il coraggio
di "essere esportato" anche in altri contesti territoriali nazionali: dal 2012 la Piazza dei
Mestieri ha aperto a Catania, ma si stanno già studiando altre ipotesi riferite ad altre
città, come per esempio Napoli. Il vero snodo per rendere attuabile l’esportazione del
modello è la presenza di soggetti caratterizzati da una grande passione educativa e
da adeguate capacità imprenditoriali e manageriali che sono le condizioni essenziali
minime per garantire il successo di iniziative come questa.
Riferimenti bibliografici
1. Gian Franco Corio. La Piazza dei Mestieri di Torino: l’origine dell’idea. Torino, Consiglio
Nazionale delle Ricerche, 2006.
2. Gian Franco Corio. Le mission della Piazza dei Mestieri. Torino, Consiglio Nazionale
delle Ricerche, 2006.
3. Carlo Genova. I giovani e la città che cambia. Nuovi passi, nuovi sguardi e nuovi progetti
sulle tracce di un passato industriale. Torino, Dipartimento di Culture, Politica e Società.
4. Dario Odifreddi. La Piazza dei mestieri: un modello di formazione duale. Bologna, Il
Mulino, 2014.
9

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Il modello educativo-formativo di Piazza dei Mestieri di Torino

  • 1. L’unicità di Piazza dei Mestieri di Torino Un esempio di modello educativo-formativo da scoprire e seguire MARCO D’ALESSANDRO Università degli Studi di Napoli Federico II 18 giugno 2018 Sommario This work is divided in 4 parts, in each of whom there will be analyzed different aspects involving: the genesis of the main idea behind the Foundation of Piazza dei Mestieri in Turin (part 1); its intersections with young people, local environment and industrial framework (part 2); the unique mission and the social responsibility shared by Piazza dei Mestieri (part 3); finally, the duality of the model (part 4). These 4 parts require the lecture and the understanding of 4 different points of view, expressed in some articles related to the object of the essay. Keywords: Giovani, lavoro, formazione, modello, network. 1 La Piazza dei Mestieri di Torino: l’origine dell’idea Il contenuto della prima parte dell’articolo, dedicata alla genesi dell’idea alla base di Piazza dei Mestieri di Torino, è stato realizzato a partire da una estrema sintesi dell’articolo (il cui titolo è lo stesso del titolo della sezione) di Gian Franco Corio, ricercatore senior associato del Ceris-CNR. 1.1 Lo scenario della Piazza dei Mestieri Piazza dei Mestieri è nata nel 2004 in primo luogo per risolvere il problema della di- spersione scolastica, ovvero l’insieme di processi attraverso i quali si verificano ritardi, rallentamenti o abbandoni (drop out) in uno specifico iter scolastico. Il fenomeno, che ancora oggi incide in negativo sulle prestazioni dei giovani di età tra i 13 ed i 15 anni, e più in generale sulle caratteristiche di un intero sistema sociale, presenta cause e conseguenze ben specifiche. Le cause sono da ricercare principalmente sia nella psicolo- gia dei giovani allievi sia nell’Istituzione Scuola nel suo complesso: basse prestazioni scolastiche, scarso impegno nello studio, interazione docenti-studenti non all’altezza, 1
  • 2. bassa professionalità della comunità scolastica, ambiente socio-culturale difficile da com- prendere. E l’elenco non è nemmeno esauriente. Le conseguenze che questo fenomeno può provocare, non sono da sottovalutare: difficoltà nel mantenere un lavoro a lungo nel tempo, assunzione di comportamenti socialmente non desiderabili, fallimento della socializzazione e disadattamento alle norme del sistema sociale, etc.. Il programma formativo di Piazza dei Mestieri, punto di incontro tra i giovani "disadat- tati" ed il mondo del lavoro e della professionalità, è volto a prevenire il fenomeno di cui sopra, e favorisce i processi di inclusione sociale intervenendo non solo sulla dimensione psicologica dei giovani ma anche su quella puramente sociale. Tutto ciò, come si vedrà, sarà caratterizzato da una forte componente di network, che P.d.M appositamente ha condiviso e condivide con altre istituzioni presenti sul territorio. 1.2 L’identificazione dei valori della Piazza dei Mestieri L’idea originaria di P.d.M trasporta con sè alcuni valori di tipo sociale e formativo, la cui condivisione da parte di tutti coloro che partecipano attivamente al progetto rappresenta prima di tutto un elemento di armonia, di coerenza e di progresso; ed in secondo luogo uno strumento per incrementare le probabilità di realizzazione e di sviluppo del lavoro "in collaborazione", seppur rappresentando cose diverse per persone diverse. I fattori chiave (valori) del successo di questo modello sono stati 5: responsabilità sociale, in quanto momento propulsivo della formazione, e direzione lungo la quale si è sviluppata l’idea; competenze, sviluppate all’interno del sistema come ambiti per i quali il successo è definito in termini di sfida personale; continuità, realizzatasi con l’evoluzione e l’apprendimento nel corso del tempo, e con l’ampliamento degli orizzonti di intervento; autosviluppo, quale espressione della creatività, dell’esperienza e dell’autoaggiornamento dei fondatori dell’idea; ed infine capacità di rapportarsi, base per lo sviluppo di relazioni interpersonali e per la condivisione di esperienze e risultati. Ai menzionati fattori, si è aggiunta immancabilmente una forte dose di passione, che ha rappresentato l’impulso determinante l’inizio dell’impresa ed ha permesso ai fondatori di realizzare e concretizzare quanto erano stati "spinti" a creare. 1.3 La vision della Piazza dei Mestieri L’idea di P.d.M è nata da una intuizione che solo successivamente si è sviluppata in una vision1, descrittiva di una situazione futura relativamente lontana, nella quale P.d.M si sarebbe sviluppata nelle migliori condizioni possibili: concepire l’attività produttiva al servizio dell’attività formativa. La definizione di questa vision ha permesso ai fondatori dell’idea di: a) esprimere attraverso i fatti una immagine precisa di ciò che volevano creare assieme, con entusiasmo, in funzione di uno scopo finale ben chiaro; b) condividere 1Per vision si intende praticamente un parametro relativo a ciò che si vuole conseguire in futuro ed una linea guida strategica della pianificazione. 2
  • 3. l’insieme dei valori di base comuni di cui al paragrafo precedente; c) liberarsi dalle prassi scontate e guardare in modo diverso a che cosa si doveva fare e con chi; d) sentirsi coinvolti e motivati nel far crescere un sogno da trasferire poi ai manager ed agli utenti. Compiti di questa valenza hanno richiesto un sacco di tempo per poter essere realizzati, e non c’è dubbio che, in questo caso specifico, ci sia stato il massimo sostegno da parte di tutti (leader, manager, operatori), che ha consentito di superare anche i momenti ed ostacoli più difficili con coraggio e determinazione. 2 Sulle tracce di un passato industriale Il contenuto della seconda parte trae spunto, invece, da un articolo scritto da Carlo Genova, intitolato I giovani e la città che cambia. Nuovi passi, nuovi sguardi e nuovi progetti sulle tracce di un passato industriale: in esso si mettono a fuoco i rapporti esistenti tra l’architettura industriale della città di Torino ed i giovani, invitando questi ultimi a prendere maggiormente parte anche al processo di riqualificazione urbana. 2.1 Intersezioni di un territorio Il secondo motivo per cui è nata l’idea di Piazza dei Mestieri è legato ad una progressiva trasformazione economica, che ha preso l’avvento nella città di Torino tra gli anni ’80 e ’90: si tratta essenzialmente dell’indebolimento del tessuto industriale e della correlata presenza di strutture architettoniche dismesse.2 Questo problema si è sviluppato lungo 3 direzioni fondanti: la prima riguardante la mappatura del territorio torinese al fine di capire quanti e quali fossero stati gli edifici industriali interessati dal problema di cui sopra; la seconda concernente le possibili idee di ri-funzionalizzazione (e ri-qualificazione) del territorio, con riferimento a casi territoriali specifici; la terza, meno sviluppata rispetto alle altre, riguardante l’effettiva applicazione di politiche di riutilizzo degli ex edifici industriali oramai in disuso. È su questa ultima direzione che i prossimi due paragrafi saranno indirizzati, facendo particolare leva sul rapporto tra i giovani ed il territorio, rapporto che è stato spesso un elemento centrale della poliedricità della città di Torino. 2.2 I giovani e la ri-significazione dei luoghi urbani Con il termine ri-significazione si intende il processo attraverso il quale una porzione di spazio a cui un insieme di individui attribuisce, o aveva attribuito in passato, uno specifico significato vede un altro insieme di individui attribuirvi un nuovo e differente significato [Becchis, Genova, 2010]. Torino, densa di architettura e di aree verdi non 2Della dismissione delle strutture architettoniche in una città se ne occupa da sempre l’archeologia industriale, la quale studia, applicando un metodo interdisciplinare, tutte le testimonianze inerenti al processo d’industrializzazione fin dalle sue origini. 3
  • 4. periferiche non ancora libere dall’intervento umano, ha iniziato a vivere un importan- te periodo di ri-significazione da quando, a partire dagli anni ’90, gruppi di giovani appartenenti anche a centri sociali hanno promosso iniziative con le quali cercare di individuare i luoghi adatti dove sviluppare le proprie pratiche (ad esempio, si pensi agli skaters pronti a cogliere la presenza di una gradinata su cui eseguire i propri trick, o ai writers alla ricerca di qualche muretto da trasformare in tela): una individuazione che non è stata affatto facile, anche perchè collegata ad una serie di aspetti riguardanti le caratteristiche strutturali degli spazi3 da utilizzare e le interferenze (e quindi conflitti di interessse) causate da chi ha ritenuto non opportuno svolgere una determinata pratica. I giovani che hanno attivato processi di ri-significazione, hanno conseguentemente attiva- to una dialettica con i diversi utilizzatori dello spazio, contrassegnata da 2 componenti: una prima componente che ha fatto emergere la diversa quantità ed il diverso tipo di potere che ciascun soggetto ha a disposizione nel confronto; ed una seconda componente che, invece, ha portato alla luce processi e dinamiche già precedentemente all’opera, invisibili ed implicitamente "protetti" dall’abitudine. 2.3 I giovani e la ri-funzionalizzazione delle ex aree industriali Si sposti ora l’attenzione sull’immagine che i giovani torinesi hanno delle operazioni di ri-funzionalizazione degli ex-luoghi industriali, o meglio sulle opinioni e sulle idee che hanno su questi ultimi. Se si attraversano i principali luoghi del cambiamento di Torino, l’impressione è quella che la presenza dei giovani sia visibile, forte e costante. Partendo dai risultati di una rilevazione effettuata su 150 giovani4 di età compresa tra i 19 ed i 35 anni che abitano in prossimità di aree ri-funzionalizzate (tra le quali il Lingotto, le Officine Grandi Riparazioni, il Bunker e la stessa P.d.M.), per ragioni di spazio si illustrano qui i principali risultati ottenuti per P.d.M. in merito alla questione di cui sopra: che ne pensano i giovani della ri-funzionalizzazione di P.d.M.? Quali sono gli aspetti positivi e quali quelli negativi? Cosa si potrebbe fare per migliorare P.d.M.? Sorprendentemente, P.d.M. è il luogo che ha raccolto pareri meno favorevoli, in quanto • è la meno conosciuta, la meno frequentata (se non che da un settore più ridotto di giovani) e la meno connessa con il territorio circostante; • poche persone conoscono il posto in cui è collocata ed il suo passato industriale, quindi possono dare valutazioni poco puntuali; • non è indicata come simbolo distintivo della città di Torino, sia perchè alcune scelte di strutturazione architettonica non sono state apprezzate, sia perchè vende prodotti troppo costosi (luogo, forse, troppo elitario e "radical chic"). 3Sebbene le diverse infrastrutture possano risultare favorevoli all’esercizio a seconda degli stili di ciascun praticante, ogni elemento architettonico nella sua peculiarità è al tempo stesso ostacolo e risorsa. 4Il campione utilizzato non è statisticamente rappresentativo, quindi i risultati presentati non possono essere estesi all’universo dei giovani torinesi di quella fascia di età. 4
  • 5. Al di là dell’essere o meno simbolo distintivo della città, è stato anche chiesto: quali funzioni potrebbero svolgere in futuro altri luoghi ex-industriali restituiti alla città dal- l’inutilizzo in cui le trasformazioni economiche li hanno ridotti? Le risposte a questa domanda hanno confermato una netta malleabilità di destinazione associata alle archi- tetture ex-industriali di cui sopra: le più quotate sono state quelle relative alla creazione di luoghi di "condivisione", di "crescita", di espressione dell’arte e della cultura (tema principale), di sostegno alle imprese ed ai bisogni centrali del teritorio. 2.4 Virtuosi incontri Come visto fin qui, molti sono gli elementi identificati dai giovani torinesi come capaci di rendere un’operazione di ri-funzionalizzazione più o meno apprezzabile: l’attenzione al piano dei significati e delle rappresetazioni, la gestione delle situazioni dialettiche, le modalità ed i tratti distintivi attraverso cui è condotto il processo (piuttosto che la gestione "dall’alto" o "dal basso"). In generale, inoltre, il comune denominatore di questi elementi può essere identificato attraverso il concetto di apertura: verso i processi di ripensamento e progettazione dello spazio urbano; verso il territorio circostante, con cui bisogna essere sempre in dialogo; verso le possibilità di utilizzo dei luoghi, i quali devono essere accessibili non solo in specifiche occasioni; infine, verso la multifunzionalità e la dinamicità dei progetti, che devono invocare continuità e struttura del processo. Ripensare efficacemente un luogo non vuol dire semplicemente identificarne una nuova possibile destinazione, ma rioganizzare la struttura in modo da renderla vivibile. 3 Le mission della Piazza dei Mestieri di Torino Le prime due sezioni del presente articolo sono state dedicate alla spiegazione del back- ground di problemi e di valori che hanno portato alla progettazione ed alla realizzazione dell’idea di P.d.M.. Questa sezione, invece, sarà dedicata alla definizione della mission aziendale di P.d.M., ovvero lo scopo ultimo e la giustificazione stessa dell’esistenza della Fondazione.5 L’articolo che si tenta di riassumere nelle prossime pagine ha lo stesso nome del titolo della sezione, ed è di Gian Franco Corio. 3.1 Mission, responsabilità sociale d’impresa e sviluppo sostenibile Con l’inserimento di preoccupazioni sociali (problema della dispersione scolastica) ed ecologico-ambientali (ri-funzionalizzazione e valorizzazione del territorio), P.d.M. ha acquisito la connotazione di essere un organismo a "responsabilità sociale", ossia in gra- do di continuare la propria attività nel tempo tenendo conto dell’impatto di quest’ultima 5Vision e mission sono parte della strategia d’impresa, svolgono una funzione di comunicazione della strategia, rafforzano l’identità dell’organizzazione e l’identificazione dei singoli membri con questa. Tuttavia, a differenza della prima, l’ultima tende a focalizzarsi sul presente e a fornire una guida operativa. 5
  • 6. sul capitale naturale, ambientale e sociale. I benefici derivanti da ciò innanzitutto si sono avuti quando P.d.M. ha rafforzato la propria reputazione di impresa sociale, ed in secondo luogo quando essa ha saputo trasformare le minacce derivanti dall’esterno in opportunità, soprattutto per gli stakeholders. La Piazza, in effetti, ha dedicato parte della propria attività al mantenimento delle relazioni con il territorio metropolitano, e ciò ha rappresentato un elemento di cruciale importanza e di valore aggiunto, anche in ottica "etica": ha, infatti, favorito l’emergere di nuovi percorsi educativi e di leve competitive coerenti con uno sviluppo sostenibile per la collettività. A questo proposito, la defini- zione della mission ha rappresentato sia un momento di riflessione sull’impostazione di fondo che ha guidato la determinazione delle scelte e degli obiettivi, sia un elemento improntato alla massimizzazione degli scopi etici della Fondazione stessa. 3.2 La mission della Piazza dei Mestieri La definizione della mission da parte di P.d.M. ha rappresentato uno strumento per identificare le direzioni di sviluppo della struttura (coinvolta attivamente nella deter- minazione delle priorità) e per specificare gli obiettivi da raggiungere; inoltre è stata un’iniziativa difficile sia sul piano della realizzazione delle caratteristiche strategiche ed organizzative delineate in sede di formazione dell’idea (infatti essa è il risultato di un lungo lavoro di preparazione e di socializzazione delle mission dei fondatori), sia sul piano dell’offerta formativa e quindi sui prodotti da servire. Fondamentalmente, la mission ha favorito lo sviluppo di iniziative coerenti con il progetto istituzionale ed è stata costruita su 2 linee-guida principali condivise6 dagli stessi fondatori della Piazza: • la necessità di creare un posto dove poter far fermare i ragazzi anche dopo le attività formative e far le cose con loro; • la possibilità di svolgere una esperienza lavorativa vera e protetta, con la quale i giovani potessero incontrare la realtà per come essa è. I fattori che hanno contribuito alla definizione ed all’elaborazione delle linee-guida sono stati di carattere ambientale, organizzativo, produttivo ed educativo/formativo; questi hanno poi esaltato la funzione del gruppo e della struttura. 3.3 La mission dei finanziamenti di Piazza dei Mestieri Oltre all’aspetto puramente organizzativo ed educativo/formativo, P.d.M. ha definito la propria mission anche lungo il versante della ricerca dei finanziamenti: attraverso l’attività di fundraising, in collaborazione anche con le istituzioni e le fondazioni ban- carie, la Piazza è riuscita a comunicare all’esterno la propria mission, quale strumento fondamentale nello sviluppo dell’organizzazione della Fondazione. La partecipazione 6Si è reso necessario trasmettere la mission a tutti i livelli della struttura affinchè fosse condivisa. 6
  • 7. di soggetti economici in qualità di stakeholders ha permesso alla Piazza di condividere i propri valori ed ai finanziatori un maggiore coinvolgimento nell’iniziativa; inoltre, sono nati intensi rapporti di reciprocità e di interdipendenza, tali per cui la ricerca fondi della Piazza fosse orientata verso il mantenimento di rapporti duraturi con i partner (Partner Relationship Management), senza i quali la Piazza stessa non avrebbe avuto il motivo di sopravvivere. La conoscenza approfondita della Piazza ha indotto, dunque, numerosi soggetti esterni ad associare un valore etico, sociale ed ambientale all’iniziati- va; la completa conoscenza del progetto, cioè, ha permesso agli stakeholders di attivare comportamenti di solidarietà rivolti alla crescita dell’organizzazione dell’Istituzione. Una attenta gestione di questo sistema di relazioni ha consentito alla Piazza di realizzare la propria mission e di ottenere le risorse essenziali per la continuazione, nel tempo, delle attività e per il miglioramento della qualità della vita degli individui e dell’ambiente. 3.4 La mission e la comunicazione della Piazza dei Mestieri I fondatori della Piazza hanno dovuto esercitare una forte pressione sugli stakeholders affinchè recepissero l’importanza delle caratteristiche di qualità e dei valori del progetto: l’obiettivo è stato quello di coinvolgere le persone "più calate nel business" nella defini- zione del contesto all’interno del quale avrebbero dovuto operare, e nel raggiungimento degli obiettivi formativi di lungo periodo. In questo senso, la comunicazione (ad ogni ruolo e ad ogni livello) degli scopi dell’esistenza della Fondazione ha costituito parte fondante della mission, denotando il sistema di guida complessivo della struttura; l’atten- zione posta su di essa, inoltre, ha evidenziato una componente irrinunciabile per avviare e gestire consapevolmente la mission. La comunicazione della mission, infine, ha avuto l’obiettivo di creare nelle persone senso di appartenenza, responsabilità, motivazioni e coinvolgimento nei confronti del lavoro e della formazione. Tutto ciò, tenendo comun- que conto attentamente ed accuratamente dei modelli culturali presenti nella Piazza, e quindi dei valori e dei giudizi attribuiti dagli utenti alla qualità attesa e percepita dei servizi ricevuti, ed anche all’immagine. 3.5 Il valore della rete dei partner e la mission della Piazza dei Mestieri Uno degli elementi del successo della Piazza è stato sicuramente il modo in cui essa ha costituito una rete (una piattaforma integrata) solidale e strutturata di partenariato attivo7 con diversi attori (locali o sovralocali, pubblici o privati che essi siano) politici, economici, sociali e territoriali: le autorità locali, i servizi sociali, le banche e le fondazioni bancarie, le associazioni e gli investitori privati hanno avuto la capacità di lavorare insieme e di costruire una rete armonica anche informativa. Il lavoro di rafforzamento e di costruzione di questa rete non è stato facile sia perchè la "coalizione di forze" che ha 7La rete è un prerequisito per la partecipazione del territorio alle politiche formative, ed è un potente strumento per la costruzione del "capitale sociale" che è alla base della qualità della vita del territorio. 7
  • 8. partecipato ha dovuto essere rafforzata nel tempo, sia perchè si sono dovuti integrare processi eterogenei tra di loro. Lo slogan della fitta rete di rapporti, di persone, di enti che si sono uniti insieme per portare a compimento il progetto può essere sintetizzato attraverso l’espressione "fare con": fare con i ragazzi, con le famiglie, con i servizi sociali, con le scuole (medie e superiori), con gli artigiani, le imprese e le loro associazioni. La Piazza, insomma, attraverso la rete, ha proiettato all’esterno i propri valori positivi ed ha mostrato, tramite i comportamenti dei partecipanti, un’immagine consona a quella che voleva trasferire, rafforzando le attività e le responsabilità del personale. 4 Conclusioni: il modello di formazione duale della Piazza Nelle pagine precedenti si è cercato di descrivere in maniera concreta le caratteristiche essenziali del modello formativo della Piazza dei Mestieri, sottolineando il ruolo che le varie parti hanno giocato nella ideazione, costruzione ed organizzazione di una idea vincente sin dall’inizio, e soffermandosi su determinati aspetti piuttosto che su altri. Nelle prossime righe verrà ricapitolata la grandezza del modello della Piazza torinese attraverso 6 punti fondamentali, che cercheranno di cogliere tutto ciò che è stato scritto fino ad ora. Per riuscire a raggiungere l’obiettivo di sintesi prefissato, si utilizzerà l’articolo di Dario Odifreddi intitolato "La Piazza dei Mestieri: un modello di formazione duale" pubblicato nel 2014. 4.1 La grandezza della Piazza dei Mestieri di Torino in 6 punti È possibile sintetizzare il modello di Piazza dei Mestieri in 6 punti, ognuno dei quali esplicita la dimostrazione di quanto il modello della Piazza abbia costituito e costituisca ancora oggi una vera e propria realtà sociale e formativa: • il primo punto è rappresentato dalla mission: creare un luogo di educazione e di aggregazione per i giovani in cui sia possibile sperimentare un approccio positivo alla realtà, dall’apprendimento (e quindi acquisizione delle conoscenze e delle com- petenze) al lavoro, dal modo di usare il proprio tempo libero alla valorizzazione del talento (il saper fare), della creatività e delle passioni di ciascuno; • il secondo punto è rappresentato dalla componente educativa del modello, strettamente legata alla mission: essa si incentra sulla bellezza (coincolgendo tutte le percezioni sensoriali) e sulla sua capacità di generare quell’attrattiva che muove il giovane verso l’apprendimento (la cui strada è condivisa dal discepolo e dal maestro) e quindi verso il successo formativo; • il terzo punto è rappresentato dalla costituzione, nel 2012, di un Job Center della Piazza dei Mestieri, che ha aiutato a sviluppare le azioni necessarie ad incrementare negli allievi la capacità di orientamento nell’attuale mercato del lavoro; ruolo di 8
  • 9. questo strumento, di grande utilità, è anche quello di seguire i giovani dopo il conseguimento del titolo affinchè "nessuno si perda"; • il quarto punto è rappresentato dalla capacità di fare rete: la Piazza, infatti, è un esempio di come la passione educativa di alcuni "visionari" possa diventare fattore aggregante per la costruzione di una rete di persone, istituzioni ed imprese che desiderano mettersi insieme per il raggiungimento del bene comune. L’apertura e la trasparenza di questa rete ha contribuito a stimolare un sistema di monitoraggio in grado di fornire risultati sia in termini di performance educativa che di sostenibilità; • il quinto punto è rappresentato da una vera e propria sfida per il lavoro, l’aspetto più innovativo della Piazza: si lavora riscoprendo il valore ed il fascino del lavoro manuale, della bellezza di trasformare la realtà con le proprie mani guidate da un’intelligenza attenta e da un cuore appassionato. La Piazza ha realizzato un mo- dello di alternanza scuola-lavoro che, attraverso l’esperienza concreta e lo sviluppo delle conoscenze teoriche, permette l’acquisizione delle capacità di trasferire in situazioni diverse ciò che apprende con l’attività pratica; • il sesto ed ultimo punto è rappresentato dalla sostenibilità del modello: alcune delle condizioni per la sua risuscita e tenuta nel tempo sono state la capacità di ottenere sostegni finanziari e la partecipazione al rischio da parte di chi ha promosso l’iniziativa (interazione efficace tra pubblico e privato). L’importanza di questi 6 punti all’interno del modello di Piazza dei Mestieri ha con- tribuito alla creazione di un modello dinamico che ha avuto la capacità ed il coraggio di "essere esportato" anche in altri contesti territoriali nazionali: dal 2012 la Piazza dei Mestieri ha aperto a Catania, ma si stanno già studiando altre ipotesi riferite ad altre città, come per esempio Napoli. Il vero snodo per rendere attuabile l’esportazione del modello è la presenza di soggetti caratterizzati da una grande passione educativa e da adeguate capacità imprenditoriali e manageriali che sono le condizioni essenziali minime per garantire il successo di iniziative come questa. Riferimenti bibliografici 1. Gian Franco Corio. La Piazza dei Mestieri di Torino: l’origine dell’idea. Torino, Consiglio Nazionale delle Ricerche, 2006. 2. Gian Franco Corio. Le mission della Piazza dei Mestieri. Torino, Consiglio Nazionale delle Ricerche, 2006. 3. Carlo Genova. I giovani e la città che cambia. Nuovi passi, nuovi sguardi e nuovi progetti sulle tracce di un passato industriale. Torino, Dipartimento di Culture, Politica e Società. 4. Dario Odifreddi. La Piazza dei mestieri: un modello di formazione duale. Bologna, Il Mulino, 2014. 9