2. Una giornata nel movimento
Roma, Sapienza, 18 aprile 1968. Tarda mattinata. La
cancellata di ferro della facoltà di Lettere e Filosofia,
fermata da una catena con lucchetto, viene tenuta aperta solo
quel tanto che basta a far passare una persona per volta. Da
una parte studenti e studentesse che hanno appena occupato la
facoltà; dall’altra quelli che, affollati sulla scalinata,
vogliono sapere cosa ne sarà degli esami dell’appello
invernale rimandato da tempo. Un servizio d’ordine
improvvisato fa passare chi vuole partecipare all’occupazione
o ai lavori dei consigli di studio previsti per la giornata.
Mentre alcuni si fanno largo per entrare o uscire
dall’edificio, tre ragazzi con l’aiuto di una scala a pioli
si arrampicano sopra la vetrata d’ingresso della facoltà e
aggiungono nuovi cartelli sul bordo del davanzale sopra il
quale sono stati già stesi due lunghi striscioni, «Libera
scuola di lettere e filosofia» e, più in basso,
«Facoltà occupata».
3. È una nuova occupazione, la terza dal 2 febbraio, avvio
del ’68 romano, programmata questa volta per sole 48
ore. La decisione di occupare è arrivata al termine di
una mattinata iniziata ad Architettura, fuori dalla
città universitaria.
Un corteo di studenti arriva verso le 9 a Valle Giulia,
sede della facoltà, deciso a impedire gli esami
previsti per quella mattina, ma la protesta contro ciò
che è definito dal movimento, per le modalità con cui
viene svolto, un «momento esemplare dell’autoritarismo
accademico», si svuota di fronte alla contromossa del
preside che ha rimandato prove scritte e orali
aspettando la conclusione delle trattative tra studenti
e professori. Affisso alla vetrata d’ingresso, un
cartello con il simbolo della pace e la scritta
«Professori! non fate gli esami – fate l’amore»;
un gruppo di studenti blocca l’entrata per spiegare
pubblicamente le ragioni della lotta.
4. Abbandonata Architettura, la protesta si sposta allora
nella città universitaria, dove un corteo di automobili,
Cinquecento Fiat per lo più, sfila nei viali della
Sapienza portando in giro cartelli preparati nella notte
e già usati in parte ad Architettura: bianchi, scritti a
mano, una grafica semplice, tutte le lettere in
maiuscolo, legati al cofano o sollevati attraverso i
tettucci aperti annunciano l’assemblea che si sta per
tenere a Lettere, dove sulle scalinate uno striscione già
dice dalla mattina presto «Ore 10 assemblea di tutto il
movimento studentesco». Le macchine arrivano ai piedi
della scalinata della facoltà.
:
«La Fiat è la nostra università, l’università è la nostra
Fiat»;
«Prima, via libera ai bizantinismi accademici.
Poi, via libera alla repressione poliziesca».
5. Nel viale sotto le scale di Lettere il vicequestore
Giocondo Mazzatosta. Un uomo di mezza età, aria
bonaria, vestito grigio e occhi chiari,
accompagnato da un agente anche lui in borghese, si
muove con disinvoltura tra i capannelli, le mani in
tasca: controlla la situazione, osserva. L’aula è
ormai affollata di alcune centinaia di studenti e
studentesse – il questore scriverà 800 […]
Ad assemblea cominciata, attorno a chi parla dalla
cattedra salgono e scendono varie persone. Sono
maschi, per lo più. Uno dei leader del movimento
romano, la voce registrata fuori campo, scandisce:
«Qui a Lettere si è creata negli ultimi giorni una
tensione abbastanza forte.
A questo punto non ci interessa più l’occupazione
come nella prima fase, ma come strumento di
agitazione di cui ci serviamo ogni qualvolta
vogliamo imporre con molta violenza il nostro
discorso.
6. [Una ragazza grida: Basta!] non mi interessa che non entrino 40 professori, a me
interessa anche che non entrino 3 professori, perché in questo modo abbiamo colpito il
corpo accademico». L’occupazione durerà fino alla notte del giorno successivo quando,
come stabilito, la facoltà viene abbandonata.
Francesca Socrate, Sessantotto: Due generazioni, 2018
7. Manifestar significar per verba non si poria
ma per urli sì
e anche per striscioni; o canzoni;
Sono venuti a rifare il mondo
e, manifestando, se ne dichiarano all’altezza
La forza è nella virilità, come una volta
Ma la gentilezza è perduta
Pier Paolo Pasolini, Trasumanar e Organizzar 1971
8. La ricostruzione di questa giornata
(ad opera di Francesca Socrate, autrice del volume) è basata sull’assemblaggio di
documenti diversi: le riprese di Silvano Agosti (S. Agosti, Cinegiornale del
movimento studentesco del 1968, 4 cd, s.d., cd 2 e 3), le registrazioni audio
raccolte da M. Scialoja, Il ’68. Voci e storia di quell’anno incredibile,
Editoriale L’Espresso, 1980, disco 2, lato B, e disco 4, lato A; due cronache
dell’« Unità» (f.ra., Lettere rioccupata, 19 aprile 1968; e.b., Pagati coi soldi
dell’Università i questurini che picchiano denunciano e arrestano i giovani, 12
maggio 1968, http:// archivio.unita.it/ esploso.php? dd = 19& mm = 04& yy = 1968&
ed [ultima visita 12 aprile 2016]); le comunicazioni riservate del questore al
ministro dell’Interno del 18 aprile 1968 e 11 maggio 1968 in Acs, MI, Gab., 1967-
1970, b. 354, fasc. 15.584/ 69, Roma Università, sottofasc. 2.