2. Per cosa votiamo il 17 aprile?
Per evitare che si possano prorogare
le concessioni già attive entro le 12
miglia dalla costa sino
all’esaurimento dei giacimenti,
anche costruendo nuovi pozzi.
il referendum non riguarda le concessioni in
terraferma né quelle in mare oltre le 12 miglia,
che non sono vietate e hanno durata di 30 anni
Le concessioni ‘produttive’ di estrazione entro le
12 miglia che cesserebbero per sempre alla loro
scadenza prevista sono 26 (21 estraggono gas
naturale, 5 petrolio, coprendo solo il 3% del
fabbisogno nazionale di gas e l’1% di petrolio)
Delle 26 concessioni, 9 scadranno entro il 2020,
13 tra il 2020 e il 2025, 4 nel 2027
fonte: dossier Legambiente “Referendum 17 aprile”)
3. SI VOTA il 17 APRILE
in tutta ITALIA
§ Porta con te:
§ carta d’identità
§ tessera elettorale
§ Il referendum sarà valido se
voteranno la metà più uno degli
elettori italiani
4. Perché votare SI?
• alla Conferenza di Parigi sul Cambiamento Climatico (COP21, dicembre 2015) l’Italia si è
impegnata, insieme ad altri 195 Paesi, a ridurre le emissioni di gas serra, causate al 70%
dal consumo di combustibili fossili
• Prolungare le concessioni vigenti fino all’esaurimento dei giacimenti significa favorire le
attuali società concessionarie, il che è contrario alla normativa europea sulla
concorrenza (e potrebbe causare una procedura di infrazione)
Quando chiuderebbero le piattaforme?
• Non immediatamente e non tutte assieme: delle 26 concessioni, 9 scadranno entro il
2020, 13 tra il 2020 e il 2025, 4 nel 2027 . Sono in scadenza ravvicinata alcune
concessioni per il gas presenti nella zona di Rimini, quella di Crotone (che è la più
produttiva: più di 500 milioni di mc di gas all’anno), mentre quelle di Ravenna scadranno
tutte nel 2027
• In caso di vittoria del SI, entro il 2020 chiuderanno le piattaforme produttrici di petrolio di
San Benedetto, Termoli e Gela; nel 2022 si fermerà anche l’ultima, situata a Pozzallo
Per affermare con chiarezza che le attività di
estrazione di gas e petrolio nel mare più vicino
alla costa devono cessare il prima possibile
5. Le risposte alle obiezioni
“non possiamo lasciare lì il gas e il petrolio che ci sono nel nostro
sottosuolo marino e poi importarli “
• Le quantità di gas e petrolio estratte ogni anno in mare entro le 12 miglia coprono una parte minima dei
nostri consumi (3% e 1% rispettivamente): rinunciarvi da qui al 2027 non dovrebbe essere un problema
(anche perché negli ultimi 10 anni il consumo nazionale di gas è diminuito del 22% circa, quello di petrolio
del 33%)
• Le riserve stimate di gas e petrolio contenute sotto (tutti) i fondali dei mari italiani sono modeste: con i
consumi attuali ci basterebbero per (rispettivamente) 6 mesi e 7 settimane appena… niente autosufficienza
energetica quindi!
“chiudere le piattaforme sarebbe un danno economico grave per
l’Italia”
• Le società concessionarie non versano allo Stato le royalties relative alle prime 50mila tonnellate di petrolio e
ai primi 80 milioni di metri cubi di gas estratti in mare; poi versano il 7% dei ricavi per il petrolio e il 10% per il
gas
• Nel 2015 le royalties per tutto il petrolio e il gas estratti (in terra e in mare) ha fruttato allo Stato circa 340
milioni di euro: la cifra spesa dal governo scegliendo di non accorpare il referendum alle
amministrative. A ciò si aggiunge una tassazione intorno al 40% sugli utili.
“con il si al referendum si perderebbero moltissimi posti di lavoro”
• La chiusura delle piattaforme avverrà progressivamente dal2017 al 2027, dunque non ci saranno choc
occupazionali immediati;le attività oltre le 12 miglia continueranno come prima
• In realtà le multinazionali stanno disinvestendo dal settore idrocarburi perché,con il crollo del prezzo del petrolio
e la transizione alle energie rinnovabili,cercare ed estrarre gas e petrolio sta divenendo antieconomico
6. Una nuova politica energetica
per l’Italia e per il mondo
Per centrare l’obiettivo del COP21
(Conferenza di Parigi sul
Cambiamento Climatico) di mantenere
il riscaldamento globale dovuto
all’effetto serra entro i 2°C, dovremo
rinunciare ad estrarre una parte
importante delle riserve di
combustibili fossili già note e
recuperabili: l’82% del carbone, il
49% del gas naturale e il 33% del
petrolio
(http://marcoboschini.it/2016/03/14/trivelle-e-
informazione/)
7. • Il crollo del prezzo del petrolio e il “climate change” hanno convinto molti
investitori a spostarsi dal settore idrocarburi a quello delle energie rinnovabili
e molti Paesi a rinunciare a nuove trivellazioni
• in Italia, Shell e Petroceltic hanno recentemente rinunciato ai permessi di
ricerca nei mari pugliesi
• Il referendum può essere l’occasione per dare il via a una nuova strategia
energetica nazionale, puntata su risparmio, efficienza e sulle energie
rinnovabili
• Le rinnovabili generano più posti di lavoro rispetto alle energie fossili
Rinunciando alle piattaforme e alle trivelle
proteggeremo il nostro mare e il nostro paesaggio,
la nostra pesca e il nostro turismo
8. “Numerosi studi scientifici indicano che la
maggior partedel riscaldamentoglobale
degli ultimi decenni èdovuta allagrande
concentrazione di gas serra(anidride
carbonica,metano, ossido di azotoed
altri) emessi soprattuttoacausa
dell’attività umana.(…)Ciòviene
potenziato specialmente dal modello di
sviluppo basatosull’uso intensivo di
combustibili fossili, che staalcentrodel
sistemaenergetico mondiale (…)Perciòè
diventatourgente eimpellente lo sviluppo
di politiche affinché nei prossimi anni
l’emissione di anidride carbonica edi altri
gasaltamente inquinanti siriduca
drasticamente,adesempio, sostituendo i
combustibili fossili e sviluppando fonti di
energia rinnovabili”
(PapaFrancesco,Enciclica“Laudatosi’”)