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A
ll’Alma, la Scuola Internazionale di Cu-
cina Italiana a Colorno, in provincia di
Parma, gli studenti erano 17 del 2004.
Oggi sono 1.200. E il numero è in cresci-
ta costante, segno del montante interesse
verso la professione di cuoco e dintorni
(gestione di un ristorante, sommelier, chef de cuisine, di
brigata…) e del benessere di un mercato - quello gour-
met - in piacevole controtendenza: «Il 100% di chi esce
da qui trova l’assunzione direttamente dopo lo stage, a
cui si accede al termine dei nostri corsi», spiega il diret-
tore didattico di Alma, Luciano Tona. «E sono anche
convinto che la domanda superi l’offerta». Non sono
pochi quei 15mila euro per 11 mesi di corso (la tariffa
standard della celebre accademia culinaria), ma costi-
tuiscono un investimento sicuro post-diploma.
Ma uomini e donne hanno le medesime opportunità sul
mercato oggi bulimico di cucinieri? «Sono convinto di
sì», riprende Tona. «Anche se permane la tendenza da
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Nonostante l’inflazione dei tele-gourmet,
l’aspirazione a diventare chef non è solo
una moda. Puntare su una scuola
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dell’alta cucina è un buon investimento
anti-crisi di Cristiana Ceci
FotodiPanos/LUZ
ciere».Ai corsi di arte dol-
ce le donne sono la mag-
gioranza, al contrario per
le tecniche di cucina:«Ma
non è una carriera di serie
B: in pasticceria è richie-
sta una metodica di fer-
rea precisione, in cui le
ragazze eccellono».
Una di loro è Loretta Fanella, un passato nel sancta san-
ctorum di Ferran Adrià, El Bulli, poi all’Enoteca Pin-
chiorri di Firenze, oggi pasticciere battitore libero e do-
cente in alcuni percorsi di formazione. Lei ce l’ha fatta,
«ma di certo non mi sono mai concessa una ricostruzio-
ne delle unghie, né una scarpa con il tacco», commenta.
«È una carriera dura, da 10-12 ore di lavoro al giorno,
però si può vincere, con le idee chiare. Si può iniziare da
un alberghiero come ho fatto io, poi specializzarsi con
un corso tenuto da grandi maestri:costosi,ma indispen-
sabili. Partire sempre dalle basi della cucina italiana, ri-
chiesta ora in tutto il mondo, e proseguire con iper-spe-
cializzazioni, senza ripensamenti. Se vuoi diventare pa-
stry chef, inizi da lì e vai avanti senza deviare».
Cristina Bowerman è la chef italiana con il curriculum,
e gli esiti di carriera,più interessanti:pugliese di origine,
laurea in giurisprudenza, un soggiorno negli Usa dove
non prende un master in avvocatura, bensì da cuoca
grazie alla scuola Cordon Bleu di Austin. Oggi è l’anima
(stellata) del ristorante romano Glass e da poco ha aper-
to Romeo, locale polivalente sempre nella capitale: sto-
re, ristorante informale, con diversi corner. È madre,
compagna e imprenditrice. «E non sono una chef don-
na: solo una chef», ci tiene a sottolineare.
«C’è ancora chi viene nei miei ristoranti, chiede di par-
lare con il capo-cuoco e si stupisce se arrivo io. L’imma-
ginario italiano, in questo, è ancora indietro, diversa-
mente che negli Stati Uniti. E la legislazione per i pub-
blici esercizi può risultare penalizzante: bisogna sotto-
scrivere che si è in età fertile, al momento dell’assunzio-
ne,e si ha l’obbligo di dichiarare una gravidanza non ap-
pena è in atto. Il datore di lavoro ha dunque l’obbligo di
sollevarti dalle tue mansioni». Consigli per gli aspiranti?
«Per tutti: flessibilità, adattamento al mercato, gavetta,
un periodo all’estero. Per le donne, uno in più: superate
lo svantaggio biologico puntando diritte all’alta cucina.
Lì si pensa di più e si fatica di meno rispetto a una trat-
toria». E poi «una cultura a livello universitario. Anzi,
vorrei tanto vedere in Italia atenei pubblici con corsi
specifici, per una laurea in arte culinaria; mi sto batten-
do per questo». In attesa che il suo sogno si avveri, cre-
sce il numero di chi, già laureato in altre discipline, ster-
za verso la professione di chef. «Sì, abbiamo sempre più
iscritti dottori, in giurisprudenza e scienze politiche so-
prattutto,ma anche in filosofia» confermaTona diAlma.
«Oggi più che mai questo è tornato a essere un mestiere
d’arte e di pensiero, creatore di uno spazio culturale.
Dunque ai ragazzi dico: studiate, impegnatevi, poi fate
due anni in Francia, due nel Nordafrica, due in Giappo-
ne e tornate nella bella Italia. Dove vi aspetta un lumi-
noso futuro da cuochi. Ma non da star tv. Quello è l’ef-
fimero. Quello è un altro mestiere».
In Italia le scuole di cucina
professionali sono solo
private. Nella maggior
parte dei casi, al termine
della formazione
(di mesi variabili, massimo
un anno) comprendono
un periodo finale di stage
in un ristorante.
ALMA (Colorno, Parma,
scuolacucina.it) è tra le più
prestigiose, con Gualtiero
Marchesi come rettore e
docenti del calibro di Carlo
Cracco, Enrico Crippa,
Ernst Knam e Antonino
Cannavacciuolo. Offre corsi
di pasticceria, di tecniche
base e avanzate, per
manager della ristorazione e
sommelier. Per l’ammissione
è richiesto il diploma.
Ha anche avviato
partnership con scuole
all’estero, in modo che
gli studenti stranieri possano
venire a specializzarsi
o accedere a stage, in Italia,
attraverso Alma (le ultime
selezionate per un rapporto
di collaborazione sono
quattro istituzione indiane).
A Castel di Sangro (L’Aquila),
lo chef Niko Romito
ha inaugurato di recente
la scuola di formazione
CASADONNA (casadonna.it),
con sede in un monastero
del 500 restaurato
appositamente per ospitare
il progetto. La gestisce
in prima persona insieme al
suo ristorante stellato Reale.
Il corso base è di cucina
italiana professionale,
le altre offerte sono di alta
specializzazione.
Il network del GAMBERO
ROSSO (gamberorosso.it)
annovera fra le attività, in
diverse città d’Italia, corsi di
avviamento alla professione
di cuoco, pasticciere,
pizzaiolo, gestore di
ristorante e direttore di sala.
A Roma ci sono anche
A TAVOLA CON LO CHEF
(atavolaconlochef.it)
e LES CHEFS BLANCS
(leschefsblancs.it).
Fra i docenti varie donne,
da Loretta Fanella e Natalia
Nurzia per la pasticceria,
Alessia Meli per i sommelier.
BOSCOLO ETOILE,
a Tuscania propone iter
professionali sia nell’arte
dolciaria, sia in tecniche di
cucina, in corsi preparatori
o di alta specializzazione.
NOI DI SALA è un start-up
dedicata agli addetti di sala
e cantina: nata da un gruppo
di professionisti, a Roma
organizza anche una serie
di corsi mirati, compreso
quello di psicologia
del cliente (noidisala.com).
LE FABBRICHE DEI COUSINIER
Entro il 2015 il business
del cibo darà lavoro a 100mila
persone. Requisiti richiesti?
Talento e inventiva, viste
le nuove professioni green
individuate da Coldiretti:
“birraio a km zero”, “personal
trainer dell’orto”, “affinatore
di formaggi”,“agrigelataio”.
E se il futuro è nei campi,
Confagricoltura ha avviato
Agrijob, servizio online
che unisce domanda e offerta
(confagricoltura.it).
CENTOMILA
FUTURI MESTIERI
Pagina accanto, chef all’opera nella cucina di un ristorante.
Qui in alto, due professioniste dai curricula “stellati”:
a sinistra, Loretta Fanella e, a destra, Cristina Bowerman.

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  • 1. A ll’Alma, la Scuola Internazionale di Cu- cina Italiana a Colorno, in provincia di Parma, gli studenti erano 17 del 2004. Oggi sono 1.200. E il numero è in cresci- ta costante, segno del montante interesse verso la professione di cuoco e dintorni (gestione di un ristorante, sommelier, chef de cuisine, di brigata…) e del benessere di un mercato - quello gour- met - in piacevole controtendenza: «Il 100% di chi esce da qui trova l’assunzione direttamente dopo lo stage, a cui si accede al termine dei nostri corsi», spiega il diret- tore didattico di Alma, Luciano Tona. «E sono anche convinto che la domanda superi l’offerta». Non sono pochi quei 15mila euro per 11 mesi di corso (la tariffa standard della celebre accademia culinaria), ma costi- tuiscono un investimento sicuro post-diploma. Ma uomini e donne hanno le medesime opportunità sul mercato oggi bulimico di cucinieri? «Sono convinto di sì», riprende Tona. «Anche se permane la tendenza da parte femminile a indirizzarsi verso il mestiere di pastic- D 106 LA RICETTA GIUSTAPER LACARRIERA lavoro 6 LUGLIO 2013 Nonostante l’inflazione dei tele-gourmet, l’aspirazione a diventare chef non è solo una moda. Puntare su una scuola accreditata per prepararsi alle professioni dell’alta cucina è un buon investimento anti-crisi di Cristiana Ceci
  • 2. FotodiPanos/LUZ ciere».Ai corsi di arte dol- ce le donne sono la mag- gioranza, al contrario per le tecniche di cucina:«Ma non è una carriera di serie B: in pasticceria è richie- sta una metodica di fer- rea precisione, in cui le ragazze eccellono». Una di loro è Loretta Fanella, un passato nel sancta san- ctorum di Ferran Adrià, El Bulli, poi all’Enoteca Pin- chiorri di Firenze, oggi pasticciere battitore libero e do- cente in alcuni percorsi di formazione. Lei ce l’ha fatta, «ma di certo non mi sono mai concessa una ricostruzio- ne delle unghie, né una scarpa con il tacco», commenta. «È una carriera dura, da 10-12 ore di lavoro al giorno, però si può vincere, con le idee chiare. Si può iniziare da un alberghiero come ho fatto io, poi specializzarsi con un corso tenuto da grandi maestri:costosi,ma indispen- sabili. Partire sempre dalle basi della cucina italiana, ri- chiesta ora in tutto il mondo, e proseguire con iper-spe- cializzazioni, senza ripensamenti. Se vuoi diventare pa- stry chef, inizi da lì e vai avanti senza deviare». Cristina Bowerman è la chef italiana con il curriculum, e gli esiti di carriera,più interessanti:pugliese di origine, laurea in giurisprudenza, un soggiorno negli Usa dove non prende un master in avvocatura, bensì da cuoca grazie alla scuola Cordon Bleu di Austin. Oggi è l’anima (stellata) del ristorante romano Glass e da poco ha aper- to Romeo, locale polivalente sempre nella capitale: sto- re, ristorante informale, con diversi corner. È madre, compagna e imprenditrice. «E non sono una chef don- na: solo una chef», ci tiene a sottolineare. «C’è ancora chi viene nei miei ristoranti, chiede di par- lare con il capo-cuoco e si stupisce se arrivo io. L’imma- ginario italiano, in questo, è ancora indietro, diversa- mente che negli Stati Uniti. E la legislazione per i pub- blici esercizi può risultare penalizzante: bisogna sotto- scrivere che si è in età fertile, al momento dell’assunzio- ne,e si ha l’obbligo di dichiarare una gravidanza non ap- pena è in atto. Il datore di lavoro ha dunque l’obbligo di sollevarti dalle tue mansioni». Consigli per gli aspiranti? «Per tutti: flessibilità, adattamento al mercato, gavetta, un periodo all’estero. Per le donne, uno in più: superate lo svantaggio biologico puntando diritte all’alta cucina. Lì si pensa di più e si fatica di meno rispetto a una trat- toria». E poi «una cultura a livello universitario. Anzi, vorrei tanto vedere in Italia atenei pubblici con corsi specifici, per una laurea in arte culinaria; mi sto batten- do per questo». In attesa che il suo sogno si avveri, cre- sce il numero di chi, già laureato in altre discipline, ster- za verso la professione di chef. «Sì, abbiamo sempre più iscritti dottori, in giurisprudenza e scienze politiche so- prattutto,ma anche in filosofia» confermaTona diAlma. «Oggi più che mai questo è tornato a essere un mestiere d’arte e di pensiero, creatore di uno spazio culturale. Dunque ai ragazzi dico: studiate, impegnatevi, poi fate due anni in Francia, due nel Nordafrica, due in Giappo- ne e tornate nella bella Italia. Dove vi aspetta un lumi- noso futuro da cuochi. Ma non da star tv. Quello è l’ef- fimero. Quello è un altro mestiere». In Italia le scuole di cucina professionali sono solo private. Nella maggior parte dei casi, al termine della formazione (di mesi variabili, massimo un anno) comprendono un periodo finale di stage in un ristorante. 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Talento e inventiva, viste le nuove professioni green individuate da Coldiretti: “birraio a km zero”, “personal trainer dell’orto”, “affinatore di formaggi”,“agrigelataio”. E se il futuro è nei campi, Confagricoltura ha avviato Agrijob, servizio online che unisce domanda e offerta (confagricoltura.it). CENTOMILA FUTURI MESTIERI Pagina accanto, chef all’opera nella cucina di un ristorante. Qui in alto, due professioniste dai curricula “stellati”: a sinistra, Loretta Fanella e, a destra, Cristina Bowerman.