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I veti di partito sul piano Rai, Una sconfitta per la politica
La paralisi che colpisce l’azienda pubblica dopo gli attacchi del Pd all’attuale dirigenza, che era
stata scelta dalla stessa forza politica. In gioco il futuro del servizio pubblico
Riassumiamo. Alla Rai c’è un direttore generale, Antonio Campo Dall’Orto (dotato dei poteri da
amministratore delegato con una riforma fortemente voluta dal governo di Matteo Renzi) con un
piano già pronto per il varo della nuova offerta digitale, ideata per attirare nell’orbita della tv
pubblica gli italiani under 35, che viaggiano su autostrade informative lontane anni luce dai
prodotti di viale Mazzini. L’attuale piattaforma è al trentesimo posto nella lista dei siti più
consultati, poco più di una presenza residuale. Alla guida della nuova squadra (dotata di tecnologie
già pronte) è già designata Milena Gabanelli, un marchio professionale sinonimo di innovazione.
Ma il Consiglio ha chiesto tempo «per riflettere» fino alla riunione del 22, trovando consenso nella
presidenza di Monica Maggioni. Eppure di tutto questo si parla dal dicembre 2016, e c’è una
sollecitazione nel nuovo Contratto di servizio perché la Rai si adegui ai tempi digitali. Ancora. Il
vertice non riesce a varare i piani economico-produttivi 2017-2018, ovvero quei palinsesti che
dovranno essere presentati agli inserzionisti pubblicitari tra appena 50 giorni, a fine di giugno.
Una paralisi aziendale che, guarda caso, arriva dopo i violentissimi attacchi del Pd all’attuale
dirigenza. La stessa forza politica che aveva scelto Campo Dall’Orto ora sembra decisa a bloccarlo,
magari costringendolo alla resa. Potrebbe essere una spettacolare resa dei conti, così ricca di colpi
di scena, se si trattasse di una fiction. Invece tutto avviene sul campo di gioco del vero futuro del
servizio pubblico. Operazione pericolosa per «la più grande azienda culturale del Paese» (come si
sente dire da anni in mille inutili convegni, anche del Pd, dedicati «al futuro della Rai») e per gli
stessi utenti che ora pagano il canone obbligatoriamente, legato com’è alle utenze elettriche. Se la
politica (stavolta senza P maiuscola) sospendesse esplicitamente il fuoco anche amico contro
l’attuale vertice, lo metterebbe nelle condizioni di operare ben sapendo, sia chiaro, che dovrà
rispondere di successi e insuccessi. Ma solo per valutazioni professionali e non partitiche. Se la Rai
è ancora lo specchio del Paese, ecco una splendida occasione per dimostrare che si può veramente
girare pagina rispetto a un odioso passato fatto di occupazioni, lottizzazioni e editti bulgari o home
made.
Fonte: Corriere.it

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  • 1. I veti di partito sul piano Rai, Una sconfitta per la politica La paralisi che colpisce l’azienda pubblica dopo gli attacchi del Pd all’attuale dirigenza, che era stata scelta dalla stessa forza politica. In gioco il futuro del servizio pubblico Riassumiamo. Alla Rai c’è un direttore generale, Antonio Campo Dall’Orto (dotato dei poteri da amministratore delegato con una riforma fortemente voluta dal governo di Matteo Renzi) con un piano già pronto per il varo della nuova offerta digitale, ideata per attirare nell’orbita della tv pubblica gli italiani under 35, che viaggiano su autostrade informative lontane anni luce dai prodotti di viale Mazzini. L’attuale piattaforma è al trentesimo posto nella lista dei siti più consultati, poco più di una presenza residuale. Alla guida della nuova squadra (dotata di tecnologie già pronte) è già designata Milena Gabanelli, un marchio professionale sinonimo di innovazione. Ma il Consiglio ha chiesto tempo «per riflettere» fino alla riunione del 22, trovando consenso nella presidenza di Monica Maggioni. Eppure di tutto questo si parla dal dicembre 2016, e c’è una sollecitazione nel nuovo Contratto di servizio perché la Rai si adegui ai tempi digitali. Ancora. Il vertice non riesce a varare i piani economico-produttivi 2017-2018, ovvero quei palinsesti che dovranno essere presentati agli inserzionisti pubblicitari tra appena 50 giorni, a fine di giugno. Una paralisi aziendale che, guarda caso, arriva dopo i violentissimi attacchi del Pd all’attuale dirigenza. La stessa forza politica che aveva scelto Campo Dall’Orto ora sembra decisa a bloccarlo, magari costringendolo alla resa. Potrebbe essere una spettacolare resa dei conti, così ricca di colpi di scena, se si trattasse di una fiction. Invece tutto avviene sul campo di gioco del vero futuro del
  • 2. servizio pubblico. Operazione pericolosa per «la più grande azienda culturale del Paese» (come si sente dire da anni in mille inutili convegni, anche del Pd, dedicati «al futuro della Rai») e per gli stessi utenti che ora pagano il canone obbligatoriamente, legato com’è alle utenze elettriche. Se la politica (stavolta senza P maiuscola) sospendesse esplicitamente il fuoco anche amico contro l’attuale vertice, lo metterebbe nelle condizioni di operare ben sapendo, sia chiaro, che dovrà rispondere di successi e insuccessi. Ma solo per valutazioni professionali e non partitiche. Se la Rai è ancora lo specchio del Paese, ecco una splendida occasione per dimostrare che si può veramente girare pagina rispetto a un odioso passato fatto di occupazioni, lottizzazioni e editti bulgari o home made. Fonte: Corriere.it