Il sistema tavolare comporta che, anche al giorno d'oggi, un soggetto possa iniziare a coltivare il fondo altrui, nell'ignoranza di ledere l'altrui diritto e nell'ignoranza di chi ne sia il proprietario ed anzi nell'ignoranza dell'istituto dell'usucapione.
Tutela del coltivatore diretto di fondo appartenente a soggetto anonimo
1. GIANANDREA BONINI
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Tutela del coltivatore diretto di un fondo
appartenente a soggetto anonimo.
Richiesto in materia, esprimo brevissimo parere in relazione alla vicenda di Tizio
coltivatore diretto che - ad esito di una procedura esecutiva immobiliare
promossa a danno di Caio proprietario del fondo - perda la disponibilità dell’agro
a seguito dell’esercizio da parte dell’aggiudicatario Sempronio del diritto di
recinzione.
Ai fini di una corretta qualificazione della fattispecie, é necessario precisare che,
pur astenendosi dalla richiesta di acquisto della proprietà per usucapione, Tizio
ha posseduto il fondo dall’anno 1985 senza alcun accordo con Caio ed anzi
ignorandone l’identità.
Su tale presupposto, ritengo quindi di potere subito escludere l’applicabilità alla
fattispecie delle Leggi 590/1965 e 203/1982 che – riconoscendo rispettivamente
all’art. 8 il diritto di prelazione al coltivatore diretto “In caso di trasferimento a
titolo oneroso o di concessione in enfiteusi di fondi concessi in affitto a
coltivatori diretti, a mezzadria, a colonia parziaria, o a compartecipazione,
esclusa quella stagionale....” ma sempre precisando che “La prelazione non è
consentita nei casi di permuta, vendita forzata, .......” e facendo salva all’art. 4 la
validità e l’efficacia nei confronti dei Terzi dei contratti agrari anche se verbali
e non trascritti - riposano entrambe sulla conclusione (anche verbale) di un
accordo, la cui mancanza indirizza l’esame del quesito su di un terreno
extracontrattuale e verso rimedi diversi da quelli sinallagmatici.
L’esame della fattispecie induce poi ad escludere la tutela possessoria, se si
considera che Sempronio ha provveduto a recintare il fondo e che quindi,
laddove convenuto iure possessionis, Egli bene potrebbe eccepire la tutela
petitoria, invocando un danno irreparabile (anche non grave) ravvisabile nella
distruzione di ”...un'opera che, come risulterà (n.d.r. risulterebbe) dal
successivo giudizio petitorio, aveva diritto di costruire.”1
Non ravvisandosi alcun rapporto contrattuale (nemmeno di natura gestoria ex art.
2028 del Codice Civile) né situazione di fatto tale da potere essere presidiata
dalla tutela del possesso, ritengo che la fattispecie possa essere sussunta nel
rapporto obbligatorio delineato dall’art. 936 del Codice Civile2, con la
1
Corte Costituzionale 3 febbraio 1992, n°25.
2
“Quando le piantagioni, costruzioni od opere sono state fatte da un terzo con suoi materiali, il
proprietario del fondo ha diritto di ritenerle o di obbligare colui che le ha fatte a levarle.
2. GIANANDREA BONINI
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precisazione di cui infra e con la dovuta annotazione che il termine di sei mesi é
di natura decadenziale3 e che il suo decorso provoca automaticamente l’acquisto
a titolo originario a favore del proprietario del fondo delle opere o dei manufatti.4
La disciplina dell'accessione di cui all'art. 936 cod. civ. è applicabile quando le
opere siano state realizzate da un soggetto che non abbia con il proprietario del
fondo alcun rapporto giuridico - di natura reale o personale - che gli conferisca la
facoltà di costruire sul suolo, mirando la norma a regolare la ricaduta
patrimoniale di un'attività di costruzione su suolo altrui che coinvolga
soggetti fra loro terzi.5 In un caso analogo, il Tribunale di Roma - nel
disattendere l'eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dal
proprietario di un fondo (divenuto tale a seguito del decreto di trasferimento) –
aveva affermato che l'obbligo di indennizzare colui che aveva eseguito opere sul
bene gravava - anzichè sul proprietario al momento della accessione - sul
successivo acquirente, poiché l'immobile era stato trasferito senza includere nel
prezzo le opere realizzate dal terzo; nella specie, non era risultato provato che il
prezzo versato dall'aggiudicatario avesse compreso anche il valore delle opere
realizzate sul fondo dal terzo.
Con sentenza del maggio 2005, la Corte d’Appello riformava la decisione di
primo grado, sul presupposto che, a tenore del decreto di trasferimento emesso
Se il proprietario preferisce di ritenerle, deve pagare a sua scelta il valore dei materiali e il
prezzo della mano d'opera oppure l'aumento di valore recato al fondo.
Se il proprietario del fondo domanda che siano tolte, esse devono togliersi a spese di colui che le
ha fatte. Questi può inoltre essere condannato al risarcimento dei danni.
Il proprietario non può obbligare il terzo a togliere le piantagioni, costruzioni od opere, quando
sono state fatte a sua scienza e senza opposizione o quando sono state fatte dal terzo in buona
fede.
La rimozione non può essere domandata trascorsi sei mesi dal giorno in cui il proprietario ha
avuto notizia dell'incorporazione.”
3
Cass. civ. Sez. II, Sent., 31-08-2011, n. 17895.
4
Cass. civ. Sez. II, 04/11/2009, n. 23347, “A norma dell'art. 936 cod. civ., ove un terzo abbia
eseguito opere con materiali propri su fondo altrui, il proprietario di quest'ultimo può scegliere
se acquisirne la proprietà ovvero obbligare il terzo a rimuoverle; una volta che la rimozione non
sia stata chiesta nel termine di sei mesi di cui all'art. 936, ultimo comma, cit., il proprietario
acquista a titolo originario ed "ipso iure" la proprietà delle opere realizzate, in virtù del
principio generale dell'accessione, poiché l'obbligazione al pagamento del valore dei materiali e
del prezzo della mano d'opera ovvero dell'incremento di valore - che insorge a suo carico a
norma dell'art. 936, secondo comma, cod. civ. - ha natura di indennizzo e non di prestazione
sinallagmatica, e non costituisce quindi condizione per la pienezza dell'atto di acquisto.”
5
Da ultimo, Cassazione Civile 31 gennaio 2012, n° 1378.
3. GIANANDREA BONINI
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nel procedimento esecutivo, l'immobile era stato trasferito nello stato di fatto e di
diritto in cui essosi trovava con tutti gli annessi, le pertinenze e le accessioni (tale
dovendo ritenersi le colture), cosicché il prezzo realizzato doveva comprendere
necessariamente anche il valore delle accessioni.
Con provvedimento del dicembre 20116, la Corte di Cassazione ha confermato la
sentenza collegiale, ritenendo l’infondatezza della domanda del Terzo nei
confronti dell’aggiudicatario, sul presupposto che il prezzo da questi versato
dovesse considerarsi comprensivo anche delle accessioni esistenti sul fondo
acquistato all'asta pubblica e ricordando che “...l'art. 2912 del Codice Civile
prevede che il pignoramento si estenda agli accessori, alle pertinenze e ai frutti
del bene pignorato, sicchè l'ordinanza di vendita comprende anche gli eventuali
miglioramenti o addizioni, anche se non siano stati espressamente
menzionati ....che passano in proprietà dell'acquirente”.
Ne conseguiva a giudizio della Corte l’infondatezza dell’azione d’ ingiustificato
arricchimento sub specie art. 936 del Codice Civile nei confronti
dell’aggiudicatario, con salvezza del diritto nei confronti del dante causa
debitore esecutato.
La soluzione soddisfa dal punto di vista logico ma sicuramente non da quello
pratico, se si considera la duplice circostanza che Caio potrebbe eccepire di non
avere mai avuto notizia dell’accessione e che, molto verosimilmente,
un’eventuale azione esecutiva nei suoi confronti avrebbe scarsa utilità,
considerata per l’appunto l’incapienza economica per espropriazione forzata.
In termini assai prosaici, si può riassumere il concetto con l’affermazione che la
“fetta” di arricchimento derivata al fondo é già stata corrisposta (ad esito di
offerta all’incanto) da Caio a Sempronio (debitore esecutato) e che Tizio non ha
di conseguenza alcuna azione nei confronti del primo, poiché la “ricaduta
patrimoniale di un'attività di costruzione su suolo altrui che coinvolga soggetti
fra loro terzi”7 é già stata regolata nell’ambito dell’asta ove l’aggiudicatario ha,
per l’appunto, versato al debitore esecutato un quid pluris pari al valore delle
accessioni.
La soluzione del quesito dipende quindi da un dato meramente tecnico:
l’ammontare del prezzo pagato da Sempronio per l’aggiudicazione del fondo
espropriato (e poi recintato).
Laddove questo - coeteribus paribus - sia pari o inferiore a quello congruo per
enti fondiari di medesima consistenza, Tizio – in difetto di opposizione entro il
6
Cassazione Civile 14 dicembre 2011, n°26841.
7
Si veda Cass.1378/2012 citata.
4. GIANANDREA BONINI
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semestre - potrà utilmente richiedere a Sempronio un indennizzo, al fine di
vedersi riconosciuto il valore dei materiali e il prezzo della manodopera o il
maggior valore, regolando in tal modo la ricaduta patrimoniale di un'attività
di costruzione su suolo altrui che coinvolga soggetti fra loro terzi;
diversamente, avrà solo azione nei confronti di Caio.
In conclusione - declinando le considerazioni che precedono al caso di specie (e
ricordando quindi che all’aumento del valore del fondo agrario di proprietà di
Sempronio é conseguito il periodico percepimento di frutti naturali da parte di
Tizio), riterrei di sconsigliare di procedere ad un accertamento del valore delle
accessioni (prodromico e funzionale all’inizio di una causa, a seconda delle
diverse risultanze peritali, nei confronti di Sempronio o di Caio) in favore di un
accordo con Sempronio che disciplini, per il futuro, la fattispecie e che
attribuisca a Tizio la facoltà di opporre alla Controparte e ad eventuali Terzi e
aventi causa i propri diritti e facoltà.
Se é vero come é vero infatti che “le obbligazioni derivano da contratto, da fatto
illecito, o da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità
dell’ordinamento giuridico”8 - e se si prende pragmaticamente atto che, a fronte
della coltivazione del fondo, Tizio a) non ha mai concluso con Caio accordi
(contratti) nemmeno verbali b) né ha mai subito da parte di Caio né per iniziativa
di Sempronio lesione di propri diritti soggettivi (fato illecito) c) né, come pare
corretto, é destinatario – almeno da parte di Sempronio - di crediti per atto
giuridico (accessione) – mi sembra opinione non priva di pregio evitare a Tizio
un contenzioso che, a giudizio prognostico, si profila quanto meno oneroso dal
punto di vista economico (in ragione del valore dell’attività da questi
effettivamente prestata per la coltivazione del fondo) e scivoloso dal punto di
vista giuridico (in ragione dell’arricchimento comunque imputabile a Tizio per la
raccolta dei frutti).
8
Art.1173 del Codice Civile.