Open / Peer-to-Peer / 2.0 : creatività distribuita nelle comunità e nel territorio
1. TransPark Idee per un Ecomuseo nel Parco Agricolo Sud di Milano Corsi di Laurea Magistrale in Disegno Industriale a.a.2007|2008 WORKSHOP responsabile: Eduardo Staszowski http://openp2pdesign.org Open / Peer-to-Peer / 2.0 Creatività distribuita in comunità e nel territorio Massimo Menichinelli 19 novembre 2007
3. società e territorio società pre-industriali Rivoluzione Industriale fordismo post-fordismo globalizzazione sviluppo locale critiche allo sviluppo modernità pre-modernità post-modernità nessun legame con il territorio rinnovato legame con il territorio legame con il territorio sistemi distribuiti
4. il territorio e la comunità pre-industriale Per le città e i territori pre-industriali non vale il nesso causale tra sviluppo dell'economia urbana e crescita della città (tipico delle città contemporanee). Il loro motore non risiedeva nell'economia ma nella politica (Vicari Haddock 2004). In società basate sull' agricoltura è l'organizzazione politica che consente di espandere i territori sotto il controllo dell'élite cittadina, di accrescerne le risorse e di sostenere la crescita della popolazione urban attraverso i commerci e le manifatture cittadine. La dimensione sociale pre-industriale è, quasi per definizione, la comunità locale . Dove i rapporti umani erano mediati dal rapporto con la terra, predominavano forme di natura comunitaria. In questa fase, le persone appartengono alla terra (e quindi al territorio), non viceversa. La relazione sociale di tipo comunitario si basa non sulla contrapposizione dei fini e degli interessi individuali ma sulla loro condivisione .
5. design pre-industriale (o meglio: artigianato) Nelle società pre-industriali il design non esiste : la progettazione e produzione degli artefatti avviene su base locale da parte degli artigiani (o, per i committenti più ricchi, dagli artisti). Sono quindi dei membri della comunità locale a progettare e produrre per la comunità locale . Si ha così l'evoluzione di tipologie tipiche e l'utilizzo di materiali locali. Si ha già, comunque, il commercio di beni (e quindi anche artefatti) provenienti dalle regioni più lontane del mondo allora conosciuto (la produzione locale può arrivare ad alte dimensioni locali e può ricevere materiali ed influenze da essi). Legami tra reti brevi locali e reti lunghe globali esistono già in parte.
6. il territorio e la comunità industriale Con la Rivoluzione Industriale l' industria diventa il motore dello sviluppo territoriale e urbano: l'organizzazione della produzione struttura la città e il territorio nei suoi rapporti politici, economici e sociali. La città industriale è il luogo che richiama ondate ripetute di popolazione che dalle campagne (il territorio circostante) si riversa in città per trovare occupazione nelle fabbriche. La città industriale che si sviluppa nel XIX secolo è figlia di un nuovo sistema economico basato sulla creazione di ricchezza attraverso l'uso di capitale. Non più la terra , come nelle precedenti società basate sull'agricoltura, ma il capitale investito in mezzi di produzione è fonte di ricchezza. Si ha quindi uno spostamento dell'importanza per l'economia dal territorio alla città. Il territorio vede così ridotta la propria importanza e trasformato per l'utilizzo da parte delle industrie. La dimensione politica del territorio si amplia negli Stati-nazione , creati per garantire un più ampio mercato all'industria. città popolazione: dimensione locale o regionale dimensione statale- nazionale territorio: territorio
7. la comunità non più locale Per Bauman (2001) la fine delle comunità locali preindustriali avviene con l'avvento dei mezzi di trasporto meccanici ed in seguito con i mass media . La rivoluzione nella velocità di spostamento di persone ed informazioni erode la distanza, un tempo la più formidabile delle difese comunitarie. Il confine tra “interno” ed “esterno” non è più tracciabile, e tanto meno difendibile. La città offre ai nuovi imprenditori una concentrazione elevata di persone disponibili e motivate a lavorare nelle nuove fabbriche. Una volta abbandonata la campagna e le sue fonti di sussistenza, il contadino arrivato in città dipende totalmente dalla vendita della sua forza lavoro al servizio dell'industria. Si sono quindi così persi i legami sociali che, nelle comunità locali, costituivano una rete di protezione del singolo individuo. Dalla comunità locale auto-sufficiente alla individualità urbana dipendente.
8. design industriale In questo periodo appare la figura del designer, a tradurre per l'industria il ruolo dell'artigiano. Così come l' artigiano progettava e produceva per comunità locali auto-sufficienti , il designer progetta per utenti (non più comunità) non auto-sufficienti (la produzione, infatti sfugge sia agli utenti che ai designer). Il designer traduce (e riduce) l'esperienza dell'artigiano per l'industria: non si progetta più per materiali locali, di cui si conoscono le variazioni ( questo pezzo di legno), ma per materiali astratti , validi ovunque ( il legno ). Il movimento Arts and Crafts (Morris, Ruskin), rappresenta una delle prime forme di design ma è in realtà un esempio di tentativo di resistenza all'industria attraverso la ri-valorizzazione del lavoro artigiano (craft).
9. la modernità e il fordismo: riduzione della complessità La razionalità deterministica del pensiero moderno attua una riduzione della complessità per rendere efficiente lo sfruttamento del già noto . Per far ciò bisognava prima di tutto neutralizzare la complessità del mondo, che minacciava la possibilità di calcolo e razionalizzazione (Rullani 2002). Il fordismo , nel corso del Novecento, aveva poi reso più drastica la spinta verso la razionalizzazione tecnica, inquadrando il lavoro nell'organizzazione scientifica varata da Taylor. La programmazione della grande impresa fordista genera un ambiente artificiale a complessità ridotta , posto a disposizione del calcolo di convenienza degli attori. Nel progetto fordista di modernità, la complessità delle società locali non era in alcun modo utilizzabile per produrre valore economico, ma era di ostacolo e di impaccio. Ma un territorio senza complessità è un territorio senza qualità. standardizzazione automatismo operazioni prodotti mercato riduzione complessità produzione
10. un territorio funzionale Con il fordismo le teorie tradizionali dello sviluppo, fondate sulla crescita economica illimitata , hanno considerato e impiegato il territorio in termini riduttivi: il produttore/consumatore ha preso il posto dell' abitante , il sito quello del luogo , la regione economica quella della regione storica e della bioregione . Il territorio da cui ci si è progressivamente “liberati” grazie anche allo sviluppo tecnologico, è stato rappresentato e utilizzato come un puro supporto tecnico di attività e funzioni economiche (un mero foglio bianco) , che sono localizzate secondo razionalità sempre più indipendenti da relazioni con il luogo e le sue qualità ambientali, culturali, identitarie. La società industriale nella sua fase matura non ha progettato più città , ma siti ai quali è stata attribuita una funzione (Magnaghi 2000).
11. progetto e modernità La riduzione della complessità del pensiero moderno può essere rinvenuta anche nelle discipline progettuali (architettura, urbanistica, design). Nello sviluppo di un progetto non vengono più prese in considerazione le tradizioni locali (materiali, tipologie, tecniche), considerate obsolete, e nemmeno le condizioni locali (clima, cultura, disponibilità dei materiali, ecc.). Anche la complessità della società viene ridotta: ogni progetto viene indirizzato verso un uomo medio, astratto e standardizzato, indifferenziato . Uno stesso progetto è applicabile ovunque e per chiunque , indifferentemente. La riduzione della complessità anche nel progetto per comunità (esempio: Brasilia). Una capitale per il Brasile progettata ex novo da Oscar Niemeyer: la costruzione dal nulla di una comunità locale.
12. riduzione della complessità e crisi del fordismo La riduzione della complessità del fordismo si è trovata di fronte ad un limite, e non a caso si parla ora di post-modernità e post-fordismo. Ora il mercato non è più in continua crescita, ma più stabile; la domanda è sempre più differenziata in prodotti poco standardizzati e dal ciclo di vita molto breve. L'organizzazione fordista e il modello economico e concettuale che proponeva diventano quindi obsoleti. Le imprese quindi apprendono la flessibilità e la decentrazione , primi passaggi verso una lenta accettazione e comprensione della complessità della società (e del territorio). riduzione complessità crisi economica crisi ambientale maggiore attenzione alla complessità fordismo/ modernità post-fordismo/ post-modernità
13. lo sviluppo locale All'immagine di un'economia sradicata dai luoghi, (alimentata dalla globalizzazione), negli ultimi anni se ne è affiancata un'altra che si muove in direzione opposta: lo sviluppo locale. Si ha qui attenzione per lo sviluppo di territori e città che mostrano segni di particolare dinamismo. Ciò che caratterizza lo sviluppo locale è la capacità dei soggetti istituzionali locali di cooperare per avviare e condurre percorsi di sviluppo condivisi che mobilitino risorse e competenze locali. Il protagonismo dei soggetti locali favorisce lo sviluppo di un territorio quando riesce ad attrarre in modo intelligente risorse esterne , sia di tipo politico (investimenti pubblici qualificati) che economico e culturale (legate a decisioni di investimento o di localizzazione di soggetti privati); e quando riesce a cogliere le opportunità che l'allargamento dei mercati offre per nuove strategie di produzione di beni o servizi che valorizzino specifiche competenze e beni comuni. capacità di usare le risorse esterne (globali) per valorizzare quelle interne (locali) crisi fordismo globalizzazione sviluppo locale legare la dimensione locale con reti globali a largo raggio, in modo di utilizzarle per migliorare le condizioni locali.
14. il territorio tra locale e globale Processi di lungo corso portano alla stretta interconnessione mondiale che viene nominata globalizzazione : viaggi, comunicazioni e soprattutto commerci collegano le diverse dimensioni locali, ma su una scala globale . L'economia appare così sempre più sradicata da singoli luoghi , sempre più mobile nello spazio: si ricercano occasioni d'investimento di capitali, di produzione di beni e servizi, o di vendita di prodotti, in luoghi molto lontani. È anche vero però che la maggior parte della produzione ha ancora origine e destinazione dentro i confini nazionali, e che il fenomeno sia volutamente enfatizzato. Si assiste quindi alla nascita della concorrenza non solo tra imprese, ma tra territori , che si contendono gli investimenti delle imprese, specialmente delle multinazionali. Dal marketing di prodotti e servizi al marketing urbano e territoriale. competizione tra imprese per assicurarsi quote di mercato prima ora competizione tra città e tra territori per assicurarsi gli investimenti delle imprese marketing di prodotti e servizi marketing urbano marketing territoriale
15. da local governement a governance Un oggetto talmente complesso come il territorio richiede un approccio progettuale in grado di affrontare questa complessità. Il designer che si interessa di un territorio, deve passare attraverso lo stesso cambiamento avvenuto nelle istituzioni locali . Queste, per affrontare la complessità attuale, sono passate dal local government alla governance , ossia da un ruolo di provider (fornitore) ad un ruolo di enabler (facilitatore) . Da un modello che vedeva al centro l'istituzione locale come principale, se non esclusivo, attore dell'attività di governo, a un modello che comprende diversi attori, gruppi e sistemi di relazioni, e la cui capacità di governo deriva da meccanismi di negoziazione e di coordinamento tra diverse organizzazioni, pubbliche e private. Dalla fornitura di una soluzione completa top-down alla facilitazione di una partecipazione bottom-up che possa trovare soluzioni. local government affrontare una società sempre più complessa e frammentata governance soddisfare crescenti richieste di partecipazione consapevolezza della scarsa efficacia delle politiche top-down provider enabler top-down bottom-up
16. critiche allo sviluppo e soluzioni locali La crisi della modernità e del fordismo, e dei modelli di crescita economica basati su uno sviluppo illimitato, ha portato anche alla nascita di movimenti e proposte individuali in aperta critica con il concetto di sviluppo (e con la sua influenza sulla globalizzazione). L'importanza della conoscenza di queste critiche/proposte sta nel fatto che anche loro propongono la dimensione locale non solo come la dimensione più adatta per l'azione ma anche come l'unica dove sia possibile ottenere dei risultati promettenti. Che si voglia seguire le teorie economiche dominanti, sia quelle minoritarie ed in formazione, la dimensione locale rimane sempre l'unica dimensione d'azione per il futuro . localizzazione (Vandana Shiva 2006) localismo e decrescita (Serge Latouche 2005) dimensione locale ...
17. sistemi distribuiti: una strada possibile? Nelle ultime decadi l'aggettivo distributed ('distribuito') è stato utilizzato con una frequenza crescente in relazioni a differenti sistemi socio economici: information technologies e distributed computing (calcolo distribuito), sistema energetico e distributed generation (generazione distribuita), sistema produttivo e distributed manufacturing (produzione distribuita). Ma anche altri processi come distributed innovation , distributed creativity , distributed knowledge . Infine, anche un nuovo modello economico, la distributed economy . Ciò che il termine distributed aggiunge è l'idea di una rete di elementi dispersi geograficamente ma interconnessi, capaci di operare autonomamente. Si ha l'esistenza di una architettura sistemic a orizzontale in cui attività complesse vengono svolte parallelamente da un numero elevato di elementi connessi, che possono essere sia artefatti ( distributed generation ) che esseri umani ( distributed creativity ).
18. OPEN / PEER-TO-PEER / 2.0 02 .La Rete e le nuove forme organizzative comunitarie
19. evoluzione delle dinamiche della Rete ARPANET (1969) '70-'80 '90-'00 '80-'90 imprese connettività diffusa dinamiche chiuse e gerarchiche dinamiche aperte e paritarie dinamiche aperte e paritarie Free Software (1983) Linux (1991-94) apertura internet ai privati (inizio '90) Web 2.0 Napster (1999) Microsoft ('80-...) università dinamiche chiuse e gerarchiche Open Peer-to-Peer Open Source Peer-to-Peer
20. Free Software, Open Source: natura aperta della rete Free Software e Open Source rappresentano una continuazione ed una evoluzione della iniziale natura aperta della rete e della progettazione informatica, basata su reti orizzontali e sulla condivisione della conoscenza . L' etica hacker , infatti, deriva dall' etica accademica (Himanen 2001). L'avvento del software proprietario ha quasi cancellato questa etica all'inizio degli anni '80, che è invece riemersa e, propria grazie all'apertura ai privati di Internet (avvenuta a metà anni '90), ha ottenuto una diffusione ancora maggiore. Stiamo assistendo quindi ad un ritorno (anche se evoluto) delle forme di progettazione aperte e condivise che stanno alla base dell'informatica, di Internet e del loro sviluppo.
21. Free Software, Open Source: natura aperta della rete Free Software e Open Source rappresentano una continuazione ed una evoluzione della iniziale natura aperta della rete e della progettazione informatica, basata su reti orizzontali e sulla condivisione della conoscenza . L' etica hacker , infatti, deriva dall' etica accademica (Himanen 2001). L'avvento del software proprietario ha quasi cancellato questa etica all'inizio degli anni '80, che è invece riemersa e, propria grazie all'apertura ai privati di Internet (avvenuta a metà anni '90), ha ottenuto una diffusione ancora maggiore. Stiamo assistendo quindi ad un ritorno (anche se evoluto) delle forme di progettazione aperte e condivise che stanno alla base dell'informatica, di Internet e del loro sviluppo.
22. Peer-to-Peer: natura paritaria della rete Internet, così come era stato concepito sul finire degli anni '60, era un sistema Peer-to-Peer: l'obiettivo di ARPANET era quello di condividere risorse in tutti gli Stati Uniti. Nel corso del tempo, si è spostata verso una architettura client-server , quindi gerarchica, o per meglio dire asimmetrica, dove un nodo riceve le informazioni (client) che un altro nodo invia (server). Si è arrivati così ad una situazione in cui milioni di utenti comunicano con relativamente pochi e privilegiati server. I software Peer-to-Peer utilizzano Internet per come era stata progettata: come un medium per la comunicazione tra dispositivi informatici che condividono le risorse su base egualitaria .
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24. da cattedrale a bazaar Quello che è dietro alle dinamiche del progetto di Linux, è l' evoluzione , un sistema ecologico dove agenti indipendenti cercano di massimizzare gli utili personali producendo un ordine spontaneo e in grado di auto-correggersi, più elaborato ed efficiente di un sistema centralizzato. Per Kuwabara (2000), questa capacità di gestire la complessità è una conseguenza del modello a bazaar adottato (Raymond 1998). Linux può essere visto come un sistema adattivo complesso il cui sviluppo è basato sull' evoluzione e non sulla progettazione. Linux è un sistema complesso sia dal lato del progetto (il codice sorgente) che da quello della design community . La complessità di Linux è una funzione della comunità che si evolve e delle sue necessità. La complessità di Linux è cresciuta di pari passo con la crescita della comunità: l'emergenza del progetto e l'auto-organizzazione della comunità sono strettamente collegate. progetto preesistente progettazione a cattedrale pochi partecipanti gerarchia verticale fasi di progettazione e verifica distinte progettazione a bazaar progetto in evoluzione molti partecipanti rete orizzontale fasi di progettazione e verifica parallele
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27. motivazioni 03. sociali: reputazione La struttura di queste comunità si basa sulla reputazione, che rappresenta il vero potere di ogni singolo partecipante. Ogni comportamento verrà quindi influenzato dalla mia e altrui reputazione, e dal tentativo di mantenerla o migliorarla. Inoltre, una reputazione acquisita in queste comunità può essere esportata anche al di fuori. 04. sociali/economiche: economia del dono in una economia del mercato Queste comunità rappresentano delle sperimentazioni di ibridi di economie del dono e di mercato. L'aspetto importante delle economie del dono è la loro viralità e reciprocità: rafforzano i legami sociali attraverso l'obbligo del dono. 01. etiche: miglioramento Spesso le persone partecipano in queste comunità spinti da motivazioni etiche, quali il miglioramento di alcune condizioni o per promuovere lo spirito di condivisione, apertura e parità. 02. pratiche: risoluzione di un problema e apprendimento Spesso le persone partecipano perché solo in questo modo possono risolvere un proprio problema, a cui né il mercato né le istituzioni pongono soluzioni (oppure queste sono insufficienti). Non solo: dato che queste comunità si basano sulla condivisione di conoscenza, la partecipazione rappresenta anche una opportunità di apprendimento.
29. domande reputazione o potere? condivisione o proprietà? centralizzazione o decentralizzazione? orizzontale o verticale? apertura o chiusura? chi controlla/possiede le informazioni?
30. Open Peer-to-Peer: diffusione ad altri ambiti Queste forme organizzative, aperte e paritarie, e basate su comunità , si stanno dimostrando di notevole successo, tale da diffondersi ad altri ambiti, notevolmente distanti da quello del software. La loro applicazione non è strettamente legata a Internet, e stanno facendo scoprire alcuni tipi di organizzazione comunitarie precedenti e low tech di successo (microcredito, dabbawalla, amul). Viene data loro una notevole importanza pe rchè si pensa (e si spera) che un coinvolgimento attivo di utenti/clienti/cittadini riesca a superare la saturazione dei mercati occidentali, la mancanza di risorse pubbliche, la ricostruzione di tessuto sociale. peer-production open content open design open source biotechnology open source religion open drink open research telefonia p2p beneficenza p2p servizi pubblici 2.0 wikinomics crowdsourcing user-generated content smart mobs
63. direzioni progettuali 03. organizzare processi progettuali partecipati complessi Le forme organizzative/metodologie progettuali Open Source hanno dimostrato con Linux di essere in grado di sviluppare progetti complessi in tempi relativamente brevi attraverso una partecipazione aperta e paritaria. Può quindi trovare applicazione in progetti complessi. 04. progettare per contesti e mercati dalle scarse risorse e guadagni Una metodologia Open Peer-to-Peer può essere applicata in questi contesti perché permette lo sviluppo di progetti basati su un’ampia comunità di volontari (riducendo quindi le risorse economiche necessarie), e perché riesce a coinvolgere anche le comunità locali di questi contesti all’interno del processo progettuale (ottenendo progetti adatti agli specifici contesti socio-culturali). Ma non solo: si svilupperebbero e offrirebbero dei sistemi prodotto/servizio che cercano di ricostituire/rafforzare il tessuto sociale. 01. migliorare le condizioni locali Le opportunità di progetti legati a specifiche dimensioni locali stanno aumentando visibilmente, e una metodologia progettuale Open Peer-to-Peer, che offre maggiori probabilità di successo nel coinvolgere le comunità locali e nell’affrontare oggetti complessi, non può che essere considerata con interesse. 02. progettare / offrire servizi commerciali / no profit basati su comunità (community-based services) L’importanza di coinvolgere attivamente gli utenti, non più come singole persone ma come comunità, sta prendendo piede sia per attività commerciali che attività non-profit o istituzionali. Una metodologia Open Peer-to-Peer può trovare qui applicazione perché permette un coinvolgimento delle comunità dando loro un reale ruolo attivo e paritario nella creazione di contenuti e nello sviluppo di progetti.
64. progetto e comunità Quando ci si rivolge ad un territorio, bisogna prendere in considerazione la sua complessità . Se si prende il rapporto uomo-territorio, si può capire come questo sia sempre un rapporto non tra un singolo individuo e il territorio ma tra una comunità ed un territorio . Ovvero tra un territorio e le reti sociali in esso presenti. Un progetto per un territorio è quindi soprattutto un progetto per una comunità . E come per il territorio, anche per le comunità il design non ha tradizionalmente sviluppato strumenti progettuali adeguati. Per capire come si possa affrontare un progetto destinato ad una comunità, si possono prendere in considerazione quelle discipline progettuali che ad essa si sono indirizzate: architettura e urbanistica per comunità locali , web design per comunità virtuali . singolo individuo: utente comunità di individui: abitanti design architettura urbanistica web design
65. progetto, luogo e comunità Architettura e urbanistica intervengono da sempre su una comunità locale , cioè una comunità insediata in una specifica area geografica. Un intervento progettuale riguarda la organizzazione spaziale delle attività e delle relazioni , sia sociali che economiche, nel senso che lo spazio viene predisposto in modo da facilitare la loro formazione e svolgimento . Architettura ed urbanistica non intervengono direttamente su attività e relazioni, ma indirettamente , e quando lasciano loro un campo di autonomia ridotto, i progetti si rivelano un completo o quasi fallimento. Corviale, Zen, ed altri progetti falliti sono un esempio di come una progettazione di tipo top-down e centralizzata non sia in grado di affrontare la complessità di una comunità e di come questa risponda modificando il progetto in modo bottom-up e decentralizzato. Solo gli abitanti possono costruire il senso di luogo di uno spazio (De Carlo 2004, Mean, Tims 2005).
66. progetto e piattaforma della comunità Le discipline progettuali che si sono interessate alla progettazione per comunità non si orientano direttamente verso le relazioni sociali , ossia non cercano di progettare le relazioni sociali. Data la natura di comunità, ci si aspetta infatti che un buon numero di relazioni sociali (e di buona qualità) siano indice di successo di un intervento progettuale indirizzato verso comunità. Non agiscono direttamente sulle relazioni sociali, ma indirettamente, agendo sulla infrastruttura su cui queste, in seguito, prendono forma: artefatti, sia materiali (prodotti, architetture, infrastrutture urbane e comunicative) che immateriali (informazioni, procedure, regole). Si interessano quindi alla piattaforma (l'insieme di artefatti materiali e immateriali, regole e ruoli) grazie alla quale la comunità si forma e si sviluppa svolgendo specifiche attività . progettista partecipanti attività comunità piattaforma
67. progetto, comunità e partecipazione In architettura ed urbanistica una progettazione rivolta verso una comunità non progetta le sue relazioni, ma il suo substrato fisico, l'infrastruttura o la piattaforma per l'emergenza delle interazioni e relazioni reciproche tra le persone. La comunità stessa ha un ruolo attivo nella co-progettazione (o co-produzione o co-creazione), e la sua partecipazione rappresenta una maggiore probabilità che il progetto elaborato sia più adatto alle sue esigenze. Nell’ambito delle politiche urbane e dei processi di trasformazione il concetto di partecipazione fa riferimento alle possibilità concesse al cittadino, alla comunità locale di influire sui processi stessi e sulla loro gestione. L’assunzione di un approccio partecipativo rappresenta un vantaggio in termini d’ efficacia, efficienza e sostenibilità degli interventi. La “scala della partecipazione” di Arnstein del 1969 classifica gli approcci possibili alla partecipazione partendo dalla totale esclusione del cittadino per arrivare alla totale gestione.
68. partecipazione in un progetto convenzionale Ad esempio, la partecipazione in progetto architettonico o urbanistico tradizionale presenta questa matrice. La pianificazione avviene a differenti livelli, come reazione ad una pressione proveniente dalla comunità. La partecipazione della comunità diminuisce lungo le fase, fino a ritornare attiva nella manutenzione del progetto eseguito.
69. ...ad un processo progettuale Open Peer-to-Peer Queste forme organizzative comunitarie sono quindi promettenti per la risoluzione di problemi complessi , grazie alla propria complessità intrinseca. Sono forme organizzative che possono essere diffuse nella società ma anche nel design, adottandole all'interno di un processo progettuale Open Peer-to-Peer . In questo senso, è possibile progettare per/con una comunità, co-creando la sua attività e quei prodotti/artefatti comunicativi/servizi che le sono necessari. Ciò avviene tramite alcune fasi progettuali caratterizzate da differenti livelli di partecipazione, in base alle competenze richieste. Si tratta comunque un processo aperto e paritario, basato sulla condivisione del progetto e su un coinvolgimento attivo dei partecipanti.
70. da provider ad enabler Un designer si trova in grado di agire da facilitatore , dato che ha sviluppato capacità di mediazione tra differenti stakeholder. Grazie alle sue capacità di visualizzazione e di anticipazione , può gestire la compresenza di interessi multipli e discordanti, ricordando allo stesso tempo i vantaggi che derivano dalla collaborazione collettiva. Il designer può fornire le condizioni ottimali affinché la comunità abbia un ruolo attivo, e fornirgli strumenti di auto-organizzazione, ricoprendo più un ruolo di enabler che di provider . Non più la semplice progettazione di prodotti o soluzioni finite, ma il supporto a comunità in grado di sviluppare soluzioni adatte alle proprie caratteristiche. Il compito del facilitatore è quello di aiutare i partecipanti a breve termine evitando di renderli dipendenti nel lungo termine. Non solo il progettista è chiamato a dar forma agli artefatti , ma contribuisce inoltre a dar forma alla comunità di soggetti e alle modalità con cui essa sperimenta il progetto, attraverso strumenti, linguaggi, competenze, forme organizzative innovative. In questo senso il designer è in grado di abilitare i contesti e le comunità locali a comunicare, immaginare, progettare, sviluppare in maniera condivisa dei percorsi innovativi di sviluppo locale. (Maffei, Villari 2004)
71. sviluppo locale e capitale territoriale Secondo la ricerca ME.Design, l’ oggetto del progetto del design a scala locale è il capitale territoriale , il complesso degli elementi (materiali e immateriali) a disposizione del territorio, che possono costituire punti di forza o veri e propri vincoli a seconda degli aspetti presi in considerazione. La crescita e lo sviluppo del capitale nella sua totalità si definisce nel complesso sistema di connessioni e interazioni che quel capitale è in grado di attivare e sostenere con altri capitali territoriali, nodi di una rete articolata che mette in relazione i vari territori. In ME.Design si è scelto di visualizzare il capitale territoriale attraverso la metafora di un insieme di layer sovrapposti. Non può esserci sviluppo locale se non vi è una integrazione tra le risorse , una sorta di avvicinamento progressivo tra i piani. A partire da una risorsa chiave per il territorio, identificata come porta di accesso, attraverso un progetto strategico è possibile avviare un processo di integrazione progressiva di tutte le risorse disponibili.
72. uno sviluppo locale auto-sostenibile Un'altra proposta progettuale molto interessante viene da Alberto Magnaghi ( Il progetto locale , 2000), indirizzata verso la sostenibilità dei processi di sviluppo locale. Affinché lo sviluppo sia veramente duraturo, questo deve essere autosostenibile ossia deve ricercare "regole insediative (ambientali, urbanistiche, produttive, economiche, ecc.) che risultino di per sé produttive di omeostasi locali e di equilbri di lungo periodo fra insediamento umano e sistemi ambientali". Per Magnaghi l a ricostruzione della comunità è l'elemento essenziale dello sviluppo autosostenibile : la comunità che "sostiene se stessa" fa sì che l'ambiente naturale possa sostenerla nella sua azione" (Magnaghi 2000). sviluppo locale autosostenibile omeostasi locali ricostruzione comunità
73. lo sviluppo locale autosostenibile e il patrimonio territoriale Magnaghi utilizza un concetto differente da quello di capitale territoriale, il patrimonio territoriale . Ogni territorio ha un suo patrimonio di valori territoriali, eredità della sua storia sociale e naturale. Sono questi valori associati con le caratteristiche dell' ambiente fisico (ecosistemi modificati nel tempo dall'intervento umano), l' ambiente costruito (eredità storica, infrastruttura, sistemi produttivi e loro prodotti e reti di servizi) a l' ambiente antropico (ad esempio il tessuto sociale e le sue forme organizzative, visione condivise e know-how produttivi). Ad ogni modo, questi valori territoriali non sono ancora risorse , nel senso che non sono ancora in grado di dare luogo a strategie di sviluppo. Affinché ciò accada questi beni devono essere riconosciuti come risorse . ambiente fisico ambiente costruito ambiente antropico patrimonio territoriale
74. patrimonio territoriale e risorse La consapevolezza di un determinato bene territoriale come una risorsa potenzialmente utilizzabile deve crescere all'interno della comunità locale. Ogni risorsa territoriale è quindi una entità complessa basata su due componenti fondamentali: un patrimonio e la capability delle comunità locali, ossia il riconoscimento delle risorse potenziali e l'abilità di renderle tali. Per poter esistere nel tempo, una risorsa deve essere scoperta , valorizzata e appropriatamente coltivata in modo sostenibile. Deve cioè produrre nuovi beni senza consumare il capitale iniziale e senza causare la deteriorazione del bene territoriale su cui si basa. patrimonio territoriale capability risorse territoriali
75. patrimonio territoriale, risorse e comunità La valorizzazione di una risorsa locale è un processo di apprendimento collettivo attraverso cui una comunità può divenire consapevole delle proprie possibilità ed imparare a riconoscere ed utilizzare le sue risorse in modo sostenibile. Per Ezio Manzini (2004) questo processo di apprendimento è un'ampia attività di design i cui protagonisti sono gli attori sociali che operano nel territorio. Il suo obiettivo è quello di costruire una strategia per la valorizzazione e la rigenerazione delle risorse locali. La scoperta, la valorizzazione e la coltivazione delle risorse rappresentano la fase fondamentale di un processo più ampio che può essere definito come costruzione sociale di un progetto di sviluppo locale . Ne consegue che il primo passo che una comunità deve effettuare per poter dare luogo ad un processo di sviluppo locale è quello di riconoscersi come una risorsa , un potenziale agente di cambiamento. La comunità e il progetto co-evolvono condizionandosi a vicenda. comunità risorse territoriali progetto
76. condizioni per il progetto locale la condizione di situatività (la dipendenza dal contesto specifico di un territorio dell'azione di design). la condizione di path dependency (la dipendenza dall'azione di design dalla storia del progetto, dovuta alla complessità del territorio). la condizione di multi-attore (la dimensione collettiva dell'azione di design. la condizione di multi-livello (le differenti scale d'intervento dell'azione di design: urbana, provinciale, regionale, ecc.). L'azione progettuale a scala territoriale è attività plurale condotta da un insieme di soggetti di natura differente (istituzionale, culturale, economica, sociale, professionale), ognuno dei quali svolge un ruolo preciso. Essa è condotta dunque da una comunità ( design community ) all'interno della quale ognuno dei soggetti agisce con un bagaglio di competenze proprie e con un ruolo definito; allo stesso tempo, ognuno dei soggetti svolge anche un ruolo nel contesto territoriale rispetto ad una comunità più ampia ( comunità generale ). L'azione di design sul territorio può dunque essere paragonata ad un processo di interazione e scambio tra design community e comunità generale su obiettivi e modalità/strumenti per raggiungerli. Le condizioni perché si svolga il processo progettuale nascono perciò da una condivisione di linguaggi, background e strumenti che si realizza attraverso il dialogo e il confronto tra le comunità in questione.
77. livelli del progetto locale (1) il livello di costruzione del sistema (degli attori e delle competenze di progetto) Il designer studia la organizzazione della design community (o comunità del progetto ) . Il design deve mettere a sistema la rete di soggetti coinvolti nel processo di design a livello locale, costruire i loro sistemi di relazioni, e individuare competenze e ruoli. Le attività del designer sono quindi correlate alla costruzione di un linguaggio comune , di un sistema comunicativo e organizzativo che possa essere di supporto alla costruzione del consenso e della fiducia tra i soggetti coinvolti. È necessario in questa fase, infatti, costruire e identificare gli obiettivi e gli strumenti specifici di supporto al loro ragionamento . designer design community rete delle relazioni linguaggio comune
78. livelli del progetto locale (2) il livello di definizione della strategia di progetto L'azione del design contribuisce a definire le linee guida relative ai campi di azione in cui è possibile identificare soluzioni progettuali concrete. Il designer può in questo caso proporre scenari di progetto per la valorizzazione dei contesti locali, individuare e visualizzare nuove aree di opportunità , proporre strumenti per facilitare la costruzione di visioni di progetto comun i e condivise sia dai soggetti della design community , sia dai soggetti esterni ( la comunità generale ). Il design in questo caso partecipa alle costruzioni delle linee guida rispetto alle quali orientare le soluzioni progettuali e comprende inoltre la definizione dell'insieme di strumenti e artefatti che fungono da supporto al processo stesso. designer linee guida del progetto scenari strumenti
79. livelli del progetto locale (3) il livello di definizione del sistema-prodotto territoriale Questo è il livello che può essere considerato più vicino alle attività usuali che l'azione di design propone. Il designer svolge la propria attività quando i ruoli dei soggetti coinvolti nel processo progettuale e la rete di relazioni è stabile e strutturata, e le linee guida di riferimento del progetto sono sviluppate e visualizzate. L'azione del progettista riguarda quindi la definizione e la concretizzazione di artefatti, servizi e sistemi di comunicazione che aggiungano valore al sistema territoriale in un'ottica di sviluppo locale . Il designer in questo caso agisce come risorsa specifica all'interno della design community insieme alle altre competenze coinvolte di natura economica, sociale, amministrativa, legislativa, manageriale, ecc. proponendo soluzioni che supportino iniziative concrete a livello territoriale. designer linee guida del progetto prodotti comunicazione servizi
80. design e identità locale Un ruolo importante ha il design anche nel valorizzare l'identità della comunità . L'identità non è un oggetto che si possiede, per chi vive in un certo contesto l'identità è un connotato trasparente. L'identità (culturale, in particolare) è definita da un osservatore, in genere esterno, attraverso distinzioni linguistiche. Non si può parlare di individuazione o espressione dell'identità ma di costruzione dell'identità : l'identità culturale è categoria di giudizio e attribuzione. Da questo punto di vista il design può svolgere un ruolo importante perché, osservando con distacco e talvolta dall'esterno i contesti, è in grado di operare delle distinzioni, di proporle e aiutare le istituzioni e la comunità locale a co-produrre la propria identità (Zurlo 2004). L'identità fornisce quindi un senso alla comunità , una cornice in cui questa può agire di conseguenza. design comunità identità
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