La storia economica del'umana ha riguardato quasi sempre i rapporti di prossimità. I lunghi viaggi dei mercanti non rappresentavano certo la norma per la maggior parte delle persone.
Nell'epoca moderna, l'economia globale sembrava aver quasi marginalizzato le relazioni economiche di prossimità che, invece, sembrano tornare importanti.
2. Per una definizione di economia di prossimità
Il termine prossimità indica genericamente «vicinanza» (in termini prevalentemente spaziali), ma la radice
della parola indica più correttamente «ciò che ci è prossimo», ciò che circonda nelle immediate vicinanze,
compresi quindi luoghi e persone.
La prossimità rimanda quindi ai luoghi della nostra vita quotidiana ma anche alle relazioni con chi quegli stessi
luoghi li condivide con noi.
La prossimità rimanda, ad esempio, al quartiere o, più propriamente, al «vicinato» e alle relazioni di vicinato, a
quella parte del quartiere più prossima alla nostra abitazione.
Il quartiere e il vicinato da sempre sono un coacervo di relazioni di carattere funzionale e personale, in una
inestricabile continuità.
Quando parliamo di «economia di prossimità», quindi, non possiamo che riferirci a tale intreccio di relazioni:
certamente funzionali in termini economici (scambio di mercato) ma che in tale funzionalità non si esauriscono
quasi mai, ma piuttosto continuano in termini di legami di comunità (aspetto organico + meccanico).
3. Il tradizionale ruolo sociale del piccolo commercio
Il piccolo commercio di prossimità è una forma di economia comunitaria
importante per produrre coesione e inclusione (anche rispetto
all’immigrazione).
Si connota per la solidarietà organica fra coloro che lo frequentano fondata su
similarità di classe e di cultura tra i consumatori e per i legami interpersonali
che si instaurano tra venditore e cliente basati sulla quotidianità delle relazioni
semantiche face-to-face.
Si integra con l'ambiente in cui è inserito, è spazio di socializzazione
interpersonale e costituisce pertanto una realtà che si integra profondamente
con il tessuto sociale e che quindi non può essere sradicata ed esportata in altri
spazi e in altri luoghi.
Si tratta di micro-autonomie funzionali del sociale: punto di riferimento degli
anziani per sbrigare pratiche burocratiche, prenotare una visita medica,
ritrovarsi per ritirare la pensione… nell’affrontare il grande tema della
solitudine.
«Qui un tempo capitava che con il libretto
della spesa, che si saldava a fine mese, il
bottegaio facesse credito all’operaio.
Chiedilo oggi al supermercato il libretto
della spesa! Ti danno la raccolta punti.»
4. La grande trasformazione: GDO, super, iper e centri commerciali
Dal 1916, anno in cui Clarence Saunders avviò il primo concept self-service moderno negli
USA, fino all'esplosione dei Supermarket e dei Centri commerciali in Italia attorno agli
anni ‘80 e '90 del secolo scorso, la pressione della grande distribuzione ha fatto
progressivamente scomparire i piccoli commercianti, desertificando interi quartieri, nella
crisi di quell’economia di prossimità fondata sulla densità dei luoghi metropolitani.
I nuovi format commerciali si connotano come vera e propria impresa industriale
all'interno delle quali non trovano posto le diversità esteriori e le culture locali
(nonostante gli sforzi della customer satisfaction e della personalizzazione del consumo).
Si tratta di quei processi di McDonaldizatione e omologazione tipici della modernità
industriale (Ritzer) che applicati al consumo danno vita alle «Cattedrali del consumo»,
(non)luoghi nei quali ottemperare al rituale (sempre meno sociale e sempre più
individuale ed edonistico) del consumo.
Le relazioni tra chi acquista e chi "offre" le merci si spersonalizza (i dipendenti sono le
"tute blu" del retail) mentre si perde praticamente ogni legame con il territorio e con chi
le merci le produce.
5. La trasformazione del piccolo commercio
Di fronte alle sfide della GDO e dei nuovi trend di consumo, anche il piccolo
commercio si riposiziona nelle città, dove le vecchie macellerie diventano
presidi vegetariani e la gastronomia e i prodotti tipici locali diventano veicoli
di valorizzazione e animazione turistica del territorio.
Tipicità
Nuovi stili di vita e di consumo
(ex-macelleria oggi gastronomia vegetariana) Turismo
6. Rischio gentrification!
Gentrificazione (gentrification) è quel processo per
cui i decadenti quartieri operai del centro cittadino
vengono recuperati attraverso un influsso di capitale
privato. Alla ristrutturazione degli immobili ed alla
pacificazione dell'area segue l'insediamento di un
nuovo tipo di inquilini middle class (la nuova gentry).
Gli originari abitanti vengono "rimossi" (sia in senso
lato che letterale) e destinati a zone più periferiche.
Il rischio principale è quello di riattivare NON una
economia sociale basata sull’inclusione e la relazione,
BENSì di avallare una ghettizzazione urbana che non
riguarda solo i prezzi immobiliari ma anche (e
soprattutto) l'ingegneristica valorizzazione di stili di
vita e di consumo esclusivi ed escludenti!
Eataly: simbolo del nuovo
modello alimentare e di
consumo urbano
7. Si tratta di riconoscere i potenziali di generazione d’impiego non
tradizionali legati allo sviluppo delle forme economica considerate
abitualmente marginali o alternative che hanno invece saputo
dimostrare come una motivazione di carattere etico-sociale,
assieme alla collaborazione di prossimità possa tradursi in
concreto fattore produttivo, senza sacrificare valori sociali e
ambientali.
La prossimità indica, infatti, un duplice movimento, andare oltre
con lo sguardo e condividere, e anche una doppia prospettiva,
inclusiva e di capacitazione ed empowerment.
Co-working & Fab-Lab
GAS-DES, Farmer’s markets
(Co-)housingsociale
A fronte della crescente tendenza alla globalizzazione
dell’economia e all’omologazione funzionale, il territorio locale e
la prossimità ritornano ad essere «sostrato» e humus della
rivitalizzazione economica e sociale della «Comunità locale».
Ritorno alla prossimità: le nuove forme dell’economia collaborativa
Servizi di welfare
8. World Wide Web o Proximity Web?
Lo sviluppo del World Wide Web (www) ha permesso la creazione di comunità «virtuali» basate esclusivamente sulla
condivisione di comuni passioni o interessi e completamente de-spazializzate.
Tuttavia, lo spazio, il tempo, la prossimità tornano di grande attualità proprio grazie alla «rete delle reti», capace di
connettere persone a migliaia di km di distanza, ma capace anche di facilitare, ravvivare e rafforzare le relazioni di
vicinato., nell’ottica della partecipazione al bene comune, della lotta agli sprechi, alla creazione di servizi dal valore
economica ma basati non tanto sullo scambio di mercato, bensì sulla condivisione e la reciprocità.
9. Nuove tecnologie: quale prossimità?
L’economia di prossimità è sempre anche reciprocità e legame di comunità?
In realtà, proprio le nuove tecnologie legate a Internet, al web, ai mobile devices e al cosiddetto «Internet of Thinks»
(IoT) fanno sì che si parli di prossimità (e di economia di prossimità) anche in un altro senso: la tecnologia, infatti,
permette oggi di segnalarci servizi «di prossimità» ovunque ci troviamo.
La prossimità è qui intesa a partire dal soggetto e dalla sua posizione temporanea. Un concetto che si adatta alla
mobilità contemporanea.
Ovunque noi siamo, anche in mobilità, possiamo sapere
dove si trovano negozi e servizi di cui abbiamo bisogno,
possiamo incontrare persone, interagire con loro in scambi
di servizio di natura funzionale e strumentale senza per
questo instaurare legami profondi: la reciprocità è, in
questo caso, istantanea e meramente funzionale.
Questo tipo di servizi «di prossimità» stanno mostrando
margini di crescita esponenziali. Tuttavia, contribuiscono
marginalmente a rinsaldare il legame sociale di comunità.
10. Quale modello economico?
Le opportunità economiche, ma anche sociali e ambientali del ritorno alla prossimità sono elevate.
L’economia di prossimità rivitalizza il tessuto economico locale, a patto che sappia rinnovarsi e abbracciare le nuove
sfide poste dalle tendenze emergenti e riuscendo a rimanere inclusiva.
Un certo «ritorno al locale» riattiva e supporta ovunque forme economiche collaborative su basi etiche e comunitarie
che, se debitamente supportate e messe in rete, possono diventare premessa per la diffusione dell’economia di
prossimità e dei servizi di welfare di prossimità.
Le nuove tecnologie possono valorizzare e rilanciare l’economia non monetaria di prossimità in termini di economia
della condivisione (dono, baratto, ecc.). Forme economiche non più da considerarsi antiquate o superate, ma anzi che
poggiano oggi su aspetti modernissimi e capaci di creare forte capitale sociale collettivo.
Le stesse tecnologie promuovono un concetto di «prossimità diffusa» e non più necessariamente legata ad uno
specifico contesto locale (prossimità è ciò che ci sta intorno in qualunque momento e in qualunque luogo ci troviamo).
Si tratta di modelli evoluti che rischiano di perdere però la dimensione del legame sociale e vedono spesso una
mediazione da parte di strutture proprietarie (piattaforme digitali) che assorbono parte delle risorse dagli utenti senza
necessariamente ri-destinarle al territorio locale.
11. Roberta Paltrinieri
Prof. ordinario di Sociologia
roberta.paltrinieri@unibo.it
Stefano Spillare
PhD e research fellow
stefano.spillare2@unibo.it