1. 1
EUROPEAN SOCIETY OF OPTOMETRY
20° SCIENTIFIC CONGRESS
L’ALIMENTAZIONE E IL B.U.T.
ROMA VINCENZO MIRANTE
10-11-12 NOVEMBRE 1986 OPTOMETRISTA S.O.E.
2. 2
Sempre più spesso, negli ultimi anni, mi sono trovato di fronte a soggetti
portatori di lenti a contatto o aspiranti tali, con problemi di scarsa
lacrimazione.
Consultato il patologo, veniva consigliato di sospendere l’uso delle lenti a
contatto o di instillare negli occhi uno dei tanti prodotti a base di lacrime
artificiali. Questo, naturalmente, con disagio per il portatore che
nonostante l’uso dei colliri, in alcuni casi continuava ad avere iperemia,
senso di secchezza, ecc.
La domanda che mi sono posto per tanto tempo è stata: queste persone
non potranno mai portare lenti a contatto o se le portavano senza problemi
e con un film lacrimale normale, come mai ora hanno scarsa lacrimazione?
La soluzione di un problema familiare, considerato cronico, tramite dieta
alimentare, ha destato il mio interesse verso l’alimentazione. Questa
esperienza e poi tante altre successive, mi hanno fatto comprendere
quanto sia importante interessarsi non solo della sintomatologia ma anche
delle cause che hanno determinato tali manifestazioni. Volendo fare un
accostamento con l’Optometria Comportamentale, che ci insegna a
rimuovere lo stress, come causa della miopia, possiamo dire che per tante
anomalie organiche la causa è dovuta ad una cattiva alimentazione.
MATERIALI E METODI
Ai soggetti che si presentavano con la problematica di un “film lacrimale
scarso”, ho quindi fatto seguire una particolare dieta, dopo essermi
interessato del loro regime alimentare.
La maggior parte dei soggetti era già stata visitata dall’oftalmologo che
aveva escluso una possibile patologia causa di scarsa lacrimazione.
Queste patologie, in genere, sono presenti in soggetti non più giovani e in
coloro che hanno carenza di vitamina “A”, considerata anch’essa causa di
iposecrezione lacrimale. La vitamina A è importante per l’occhio ma
necessita di particolari funzioni epatiche e intestinali per essere
assimilata10
. Ed è su questo punto che vorrei soffermarmi brevemente.
La casistica che presento e che in seguito vedremo, mette in evidenza la
giovane età dei soggetti che hanno scarsa lacrimazione. Un’anamnesi
mirata a conoscere le loro abitudini alimentari ed eventuali condizioni
3. 3
morbose gastro-intestinali, ha sempre messo in evidenza in tutti i casi
trattati l’uso di alimenti carenti di vitamine, Sali minerali, oligo-elementi e
fibre.
I soggetti presi in esame sono stati osservati nell’arco di sei anni circa,
man mano che si presentavano e controllati ripetutamente per avere
conferma che la situazione che osservavo non fosse momentanea, visto
che il film lacrimale non è sempre costante nell’arco della vita di una
persona, come non è costante la sua composizione nell’arco della giornata.
Il film lacrimale è formato da tre starti: quello esterno lipidico a contatto
con l’aria, quello intermedio acquoso e quello interno mucoso a contatto
con la cornea.1; 3
Lo strato lipidico è formato principalmente dalle secrezioni delle ghiandole
di Meibomio e in parte da quelle di Zeis e di Moll. La sua funzione principale
è quella di evitare l’evaporazione del film lacrimale e formare una barriera
lungo il bordo palpebrale in modo da impedire la fuoriuscita del liquido
lacrimale. Esso è composto di cere di esteri di colesterolo, pochi acidi
grassi e in quantità minima di trigliceridi.
Lo strato acquoso è formato dalla secrezione delle ghiandole lacrimali
principali ed accessorie. E’ composto di Sodio (la cui concentrazione varia
STRATI LACRIMALI
ARIA
Palpebre
STRATO OLEOSO (LIPIDICO) (ghiandole di Meibonio, Moll, Zeiss)
Ghiandola lacrimale
STRATO ACQUOSO Ghiandole accessorie di Krause e
Wolfring
STRATO MUCINOSO Cellule caliciformi della congiuntiva
EPITELIO CORNEALE
4. 4
poco con l’età e con la stimolazione)., di Potassio (che varia, invece, con
il variare della lacrimazione), di Cloro (che aumenta nei casi di
lacrimazione riflessa, cioè attraverso stimolazione), di Bicarbonato, di
Calcio, di Potassio anche questo elemento aumenta in proporzione
all’aumento della lacrimazione), di Manganese (aumenta nella
lacrimazione riflessa e in quella psichica), di Fosfato inorganico, di Ferro,
di Rame, di acqua per circa il 98,2%, di Acido lattico, di Acido citrico, di
Acido ascorbico, Lisozima (che ha azione antisettica e aumenta in quella
riflessa), di Urea (che arriva al film lacrimale dai capillari congiuntivali e
dalle cellule caliciformi mucipare), di Glucosio (che aumenta con l’aumento
della glicemia, cioè dello zucchero nel sangue oltre i 100 mg/100 ml.),
Amminoacidi, Ammoniaca, Istamina, Proteine (nella lacrimazione psichica
sono maggiormente presenti), Immunoglobuline, Albumina e Globulina.
La presenza di ossigeno disciolto è essenziale alla respirazione corneale.
La funzione dello strato acquoso è importante: oltre a quella protettiva
verso l’esterno, mantiene idratata la cornea e la congiuntiva.
Lo stato a contatto con le cellule epiteliali, congiuntivali e corneali è quello
mucoso. E’ prodotto per la maggior parte dalle cellule caliciformi della
congiuntiva, dalle cellule epiteliali e in piccola parte dalle ghiandole
lacrimali ed accessorie. Lo stato mucoso ha un’importante azione
lubrificante, rende idrofila la superfice oculare e migliora la condizione
ottica della cornea formando su di essa una superfice levigata.
La lacrimazione è stata classificata in tre tipologie:
-lacrimazione basale: quella presente nella condizione di veglia;
-lacrimazione riflessa: quella indotta da corpo estraneo;
-lacrimazione psichica: quando è provocata da una emozione.
I test d’indagine che sono stati messi a punto per indagare sulla quantità
del film lacrimale sono i seguenti:
-lo Schirmer test 1: misura la lacrimazione totale, cioè quella basale e
quella riflessa. Si esegue applicando striscioline di carta filtro particolare,
nel fornice congiuntivale inferiore per 5 minuti. Se la strisciolina di carta
si inumidisce dai 10 ai 30 mm. i valori sono considerati normali.
-La prova della secrezione lacrimale, si fa per misurare solo la lacrimazione
basale: si esegue instillando alcune gocce di anestetico nel sacco
congiuntivale e ripetendo il test Schirmer 1 in penombra. I valori
considerati normali sono di 8 mm. in 5 minuti.
5. 5
-Lo Schirmer test 2 si esegue per misurare la lacrimazione riflessa.
L’esecuzione è simile alla prova della secrezione basale, ma in più viene
stimolata la mucosa nasale con un tampone asciutto di cotone.
-Il Break up time (B.U.T.) si esegue instillando alcune gocce di fluoresceina
(o meglio usando delle apposite striscioline di carta sterile impregnate di
fluoresceina) sulla congiuntiva. Si invita il soggetto ad ammiccare due/tre
volte ed a rimanere poi ad occhi aperti. Si osserva quindi in lampada a
fessura con filtro blu se compaiono macchie nere nel film lacrimale cosi
colorato. Il tempo che intercorre fra l’ultimo ammiccamento e la comparsa
delle prime macchie nere è il valore del B.U.T. Valori al di sotto dei 10”
indicano una situazione pessima, fra i 10” e 15” si considera critica la
stabilità del film lacrimale, fra i 15” ed i 20” la situazione è buona e fra i
20” e i 30” ottima.
Nei casi da me affrontati ho fatto uso dello Schirmer test 1 e del B.U.T.
Ciò che interessa realmente un contattologo, ritengo debba essere la
quantità di lacrime presenti tra la lente e l’occhio dopo una portata di
diverse ore. Per questo motivo lo Schirmer test 1 se fatto prima
dell’applicazione può darci buone indicazioni, ma visto che stimolerà la
lacrimazione riflessa a causa del fastidio che la strisciolina di carta arreca
al soggetto, non ci dirà mai quale sarà realmente la quantità di lacrima tra
lente a contatto ed occhio, soprattutto nei casi di lenti morbide. Queste,
infatti, riducono lo stimolo all’ammiccamento perché mantengono bagnata
la cornea e quindi ritardano il processo di evaporazione.
La cornea è innervata dal V n. c. (nervo cranico) ed è l’evaporazione del
liquido lacrimale che stimola questo nervo e quindi l’ammiccamento da
parte del VII n. c. che innerva a sua volta il muscolo orbicolare.
Ai soggetti osservati ho continuato a far portare le stesse lenti in uso, una
volta accertata la buona applicazione e lo stato delle lenti. Questo per
evitare che, nello studio del caso, ci fosse alcuna influenza da parte di un
eventuale cambio di lenti. Non sono state prescritte lacrime artificiali e
sono state vietate a coloro che già le usavano.
Ai soggetti è stata fatta una approfondita anamnesi sulle loro abitudini
alimentari e su eventuali patologie gastrico-intestinali.
Ho riscontrato questi elementi in comune:
-quasi sempre eccesso di zucchero raffinato ingerito sotto varie forme
(gelati, dolci, cioccolato, bevande pronte, ecc.);
6. 6
-eccessi di grassi animali sotto forma di insaccati, strutto, burro,
margarine (in alcuni casi non di origine vegetale);
-farine bianche sotto forma di pane bianco, dolci;
-conservanti, coloranti e aromi artificiali.
Altro elemento in comune è lo scarso uso o l’assenza di verdure crude e
frutta (visto che con la cottura perdono alcune vitamine, Sali minerali,
ecc.), di legumi, cereali e fibre in genere e l’assunzione di grandi quantità
di carni. Per di più gli alimenti vengono associati fra di loro mescolando
nello stesso pasto proteine di origine animale con quelle di origine vegetale
o più proteine di provenienza animale di diversa tipologia.
Tra i soggetti del campione alcuni lamentavano stipsi o colite.
Su 22 soggetti facenti parte del campione, solo due hanno dato risultati
negativi: uno a causa della sua incostanza a seguire i consigli alimentari,
l’altro per uso prolungato di farmaci per l’intestino.
Da quello che si è potuto notare in questo studio, ritengo che per
migliorare il film lacrimale sia necessario anche il miglioramento della flora
batterica intestinale, eventualmente alterata. L’uso, per esempio, di
antibiotici a largo spettro, come le tetracicline7
, presi per via orale a dosi
elevate per periodi di tempo prolungato, proprio per la spiccata azione
inibente svolta sui germi e di conseguenza anche su quelli dell’intestino,
possono portare ad un’alterazione del normale equilibrio tra le varie specie
batteriche dell’ambiente intestinale, causando fenomeni di carenza
vitaminiche (molte vitamine sono prodotte dai germi dell’intestino), super
infezioni da altri mivrorganismi8
o consentire la crescita di una specie
antibiotico-resistente.
Un esempio di quanto detto si può portare per la Vitamina K: essa è
indispensabile al fegato9
per la sintesi di fattori di coagulazione e poiché
viene sintetizzata dai batteri del colon, quando la flora batterica intestinale
viene eliminata per la somministrazione di forti dosi di antibiotici, la
carenza di Vitamina K si manifesta prontamente poiché nella dieta normale
questo composto vitaminico è poco presente.
Ai soggetti del campione esaminati sono stati dati consigli alimentari che
tenessero conto, in particolar modo, dei seguenti principi dietetici:
- Non combinare proteine animali con altre vegetali o più proteine
animali nello stesso pasto (es.: non carne con formaggio, uova con
legumi, ecc.) associandola con abbondate insalata mista cruda di
ortaggi quanto più freschi possibile per approfittare al massimo del
7. 7
contenuto vitaminico e se possibile di coltura biologica.
L’elaborazione11
delle proteine richiede succhi gastroenterici
differenti, cioè quelli che l’organismo secerne quando il cibo entra
nell’intestino. Ogni proteina generalmente necessita di un succo
specifico che per sua natura potrebbe essere acido o basico:
dieteticamente si oppongono (la tripsina non agisce con la lipasi e
l’amilasi e viceversa, ecc.), quindi è consigliabile evitare la loro
simultanea assunzione, perché più presenze proteiche
ritarderebbero la loro digestione.
Le proteine non sono tutte uguali: quelle della carne sono differenti
da quelle del formaggio, da quelle dei legumi, ecc. In un pasto spesso
associamo la pasta, i fagioli, la carne o il formaggio. Mangiando,
invece, una sola proteina associata a delle insalate miste di verdure
e ortaggi crudi ricchi di enzimi, Sali minerali, vitamine, oligo
elementi, che fungono da catalizzatori, coadiuvanti del processo
digestivo della proteina stessa, annulleremmo l’azione acidificante
della proteina.
- Una alimentazione quanto più possibile dissociata (cioè mangiare
una specie di cibo per volta e far massare almeno mezz’ora/un’ora
fra un alimento e l’altro (la frutta per es. lontana dai pasti).
- Mantenere un equilibrio acido-alcalino negli alimenti ingeriti perché
si è rilevato10
che è uno dei fattori che vanno ad alterare, unitamente
allo stress, l’equilibrio fra sistema nervoso simpatico e
parasimpatico. Tabelle contenenti la ripartizione degli alimenti
secondo la loro natura acida o alcalina, sono facilmente rintracciabili
su pubblicazioni che trattano di alimentazione.
- Si è riscontrato per le carni11
un tempo di digestione di circa 6 ore,
molto più lungo rispetto ad alimenti di origine vegetale mangiati a
crudo ricchi di sostanze e di enzimi vivi, combinati con determinati
cibi di origine animale quali le uova, i formaggi freschi, lo yogurt e il
miele. Questi ultimi rendono possibile la digestione alla temperatura
corporea di 37° centigradi con richiesta interna di sangue limitata e
mantenimento dell’equilibrio termico fra temperatura esterna e
interna del corpo, sena alcun sviluppo congestizio interno, mentre
l’assunzione di carni, soprattutto se associate ad alimenti di natura
proteica o non compatibili, darà luogo ad un lavoro, da parte dello
stomaco, più lungo con conseguenza di aumento del calore interno
e di afflusso di sangue in detta zona: il risultato sarà quindi un
processo fermentativo putrido. Inoltre bisogna tener presente che
nella carne sono presenti sostanze tossiche come la xantina, la
cadaverina, la creatina, la creatinina, le tossine da fatica e l’istamina
8. 8
conseguente al trauma che l’animale subisce per la macellazione. Si
è consigliato, quindi, di sostituire in parte le proteine della carne con
quelle vegetali (legumi in genere e aggiungere dei cereali).
- E’ stato consigliato inoltre di ridurre, per quei soggetti che ne
facevano abuso, l’apporto di grassi animali9
(che rallentano lo
svuotamento dello stomaco) ingeriti soprattutto sotto forma di
insaccati, sia per la grande quantità di grassi sulla cui utilità si discute
ancora, sia per la presenza di sostanze chimiche usate come
conservanti11
(E 250 sodi nitrito, E 251 sodio nitrato, E 252 potassio
nitrato, ecc.) di cui si sospetta la pericolosità.
A questo proposito vorrei riportare il caso di L.P. di 24 anni, leggero
miope, portatore di lenti a contatto morbide (lac) sottili: lo Schirmer
Test 1 presentava valori di 35 mm. in un minuto. Il B.U.T. eseguito
dopo aver tolto le lac è di 10”. Presentava i consueti sintomi: occhi
secchi, sensibilità alle lenti, ecc. L’anamnesi ha messo in evidenza i
seguenti dati: faceva abuso di insaccati (commercia nel settore),
pochissime verdure crude, pane bianco, poca frutta, nello stesso pasto
unisce troppi alimenti incompatibili fra di loro, soffre di stipsi. Gli sono
stati dati i consigli alimentari di cui sopra. Dopo due mesi scarsi il
B.U.T.: 20”; in più lo stato di stipsi è sparito e il soggetto affermava
con soddisfazione di sentirsi meglio in generale.
Questo caso che non è tra i più eclatanti, fa notare come i risultati
ottenuti siano stati più veloci nei soggetti molto giovani, fino ad arrivare
a circa 9 mesi in soggetti intorno ai 40 anni. E’ il caso di M.A. di 38 anni
astigmatica ipermetrope. Il B.U.T. dava valori bassissimi di 5”. Gli
oftalmologi consultati le diagnosticarono congiuntivite allergica. Aveva
rinunciato a far uso dei farmaci prescritti per gli enormi fastidi che le
procuravano. L’anamnesi alimentare metteva in particolare evidenza un
elemento: assumeva enormi quantità di zuccheri sotto forma di dolci;
non mangiava verdure, pochissime fibre vegetali. Le dissi che non era
possibile, in quelle condizioni, far uso di lac. Si poteva solo tentare,
visto il suo rifiuto di rivolgersi nuovamente ad un patologo, di migliorare
la lacrimazione seguendo delle regole alimetari. Vi si sottopose di buon
grado escludendo da quel momento, dalla sua alimentazione: zucchero
saccarosio, dolci, ecc. Dopo 4 mesi il B.U.T. era già a 14” e dopo nove
mesi fu possibile farle portare delle lenti rigide gas-permeabili (RGP).
Lo stato generale dei suoi occhi era notevolmente migliorato. L’iperemia
era scomparsa.
E’ ormai riportato da numerosi autori che l’uso sempre più diffuso di
zuccheri raffinati crea grossi problemi. La presenza di zucchero in bibite,
9. 9
biscotti, gelati, dolciumi, caramelle, colazioni pronte, ecc. fa superare
nella dieta degli italiani il limite massimo consigliato dai nutrizionisti12
.Si
calcola che in Italia il consumo pro capite di zucchero in cento anni si
sia decuplicato.
Infatti ne assumiamo già a sufficienza sotto forma di carboidrati10
come
cereali (pane, pasta, riso, ecc.), ed anche con il latte e la frutta. Lo
zucchero raffinato, cioè il saccarosio (che è un disaccaride) provoca
difficoltà di digestione, privando l’organismo di sostanze nutrienti
durante il suo processo di demolizione ed assorbimento. Tenendo
presente che il processo digestivo richiede molta vitamina B, C e Calcio
e che nello zucchero raffinato manca proprio la Vitamina B1 necessaria
alla sua assimilazione.10
Un consumo elevato di saccarosio determina
nel nostro organismo uno stato di squilibrio con una super produzione
di insulina e quindi un affaticamento del pancreas e del fegato (che non
ne può assimilare più di 150 gr. Per volta) e la possibilità di accumulo
di sostanze tossiche. Nel processo di raffinazione dello zucchero grezzo,
oltre alle vitamine, vengono tolti altri componenti naturalmente
presenti, come: acidi, amminoacidi, sostanze azotate, sali minerali,
mentre restano presenti i residui della raffinazione e dello
sbiancamento, tra cui idrati di calcio, anidrite solforosa, anidrite
carbonica. Quindi è preferibile usare come dolcificante lo zucchero
grezzo o il miele che contiene monosaccaridi (glucosio e fruttosio) i
quali, al contrario dei disaccaridi e dei polisaccaridi, sono direttamente
assorbibili da parte dell’organismo senza preventiva digestione, mentre
il saccarosio deve essere prima trasformato in monosaccaride. Inoltre
il miele contiene vitamine, sali minerali, oligoelementi, ormoni, diastasi,
sostanze aromatiche, ecc.
In caso di dieta iperglicidica14, 15
sono presenti, a livello del colon, residui
polisaccaridici, disaccaridici indigeriti, cioè non sottoposti al fisiologico
processo enzimatico di scissione in monosaccaridi che avviene
nell’intestino tenue, nonché monosaccaridi presenti in eccesso nella
dieta e quindi non assorbili a livello dell’intestino tenue: su di essi agisce
l’abbondante flora batterica dell’intestino crasso che ne provoca la
decomposizione fermentativa.
La stasi nel colon degli zuccheri tende a trattenere l’acqua divenendo
veicolo per i batteri ad impedendo inoltre l’assimilazione delle vitamine
del gruppo B da parte dell’organismo.
- Altro consiglio dato è quello di mangiare la frutta lontano dai pasti,
perché non richiede un prolungato lavoro digerente al contrario degli
10. 10
altri alimenti ingeriti durante il pasto, i quali però ritardano il
processo digestivo della frutta stessa.
- Elemento importante nel discorso che si sta facendo è il pane
integrale, cioè quel pane ottenuto da farine di frumento, senza
alcuna setacciatura e con lievito naturale (“pasta madre”). Questo
alimento è ricco di vitamine del gruppo B, vitamina D, E, H, K, Sali
minerali, ferro, ecc., al contrario del pane bianco che contiene
soltanto amido e sostanze artificiali aggiunte.
Per quanto sia alimento più acidificante che basico, il pane integrale è
un regolatore dell’intestino,11, 16
in quanto stimola la peristalsi
intestinale per la presenza delle sue fibre grezze che svolgono anche
una vera azione di drenaggio salvaguardando la salute del colon. E’
necessario, però, fare una distinzione con il finto pane integrale,
lievitato chimicamente, che è ottenuto da farina bianca a cui è stata
aggiunta solo crusca.
A questo riguardo vorrei mettere in evidenza che, studi eseguiti negli
Stati Uniti15,17,19
hanno messo in luce la relazione fra stipsi e
adenocarcinoma del colon e del retto a causa di alimentazione povera
di fibre e ricca di proteine che modificherebbe la flora batterica
intestinale, trasformandola da batteri utili a batteri dannosi, che
agirebbero a loro volta sui sali biliari e sulle proteine, determinando la
formazione di sostanze carcinogene e cocarcinogene. Per di più la stasi
del contenuto intestinale, causata dalla mancanza di fibre, sarebbe
capace di protrarre l’effetto delle suddette sostanze oltre che la
formazione di diverticoli.
Alcuni soggetti affermavano di gradire lo yogurt. Secondo alcuni
autori16
esso è più nutriente del latte, che con la pastorizzazione perde
una parte, anche se minima, di vitamine, enzimi e sali minerali, mentre
lo yogurt ne è più ricco, più nutriente, più digeribile. La sua acidità
(acido lattico) favorisce ed equilibra la formazione della flora batterica
intestinale, contrastando i fenomeni di putrefazione e quindi
disintossica e permette il miglior utilizzo degli elementi nutritivi e la
sintesi delle vitamine.
Un prodotto che può aiutare a ripristinare la flora batterica
eventualmente alterata, è il lievito di birra. Per la presenza di vitamine
del gruppo B. Contiene anche sali minerali e proteine.
Nella nostra civiltà, nonostante l’abbondanza alimentare, sono frequenti
le ipovitaminosi a causa dei cibi raffinati sprovvisti dei principi vitali
indispensabili, tra i quali, le vitamine. Oltre all’insufficiente apporto,
11. 11
altre cause di ipovitaminosi, sono dovute a disordini epatici, intestinali,
ad un difetto di utilizzazione, di assimilazione, ad uno scompenso del
ciclo organico. Un’ alimentazione adatta, con largo consumo di ortaggi
e frutta, ricchi di vitamine, Sali minerali, oligo-elementi, ecc. permette
sovente di interrompere questo ciclo vizioso.
Le più recenti ricerche18
hanno messo in evidenza come le vitamine
agiscano in sinergia con altre vitamine o con oligo-elementi o metalli,
ed è quindi tutto l’alimento che le contiene che ha significato a livello
alimentare. Per esempio, ogni vitamina del gruppo B non sembra essere
efficace se non è associata alle sue simili. Ciascuna sembra avere,
rispetto alle altre, un ruolo di catalizzatore e di regolatore. La vitamina
B9 o acido folico, interviene nel metabolismo degli amminoacidi ed è
tossica per i centri nervosi, se non è associata alla vitamina B1 e B6.
La vitamina E per essere assorbita10
richiede la presenza dei grassi e
della vitamina A. La biotina (o vitamina B8) metabolicamente è
strettamente legata all’acido folico (o vitamina B9), alla B5 (acido
pantotenico) e alla B12 (cobalamina). La vitamina D2 che è efficace
solo in presenza di cobalto, manganese e rame, è sinergica con la
vitamina C, B1, A.
Ci sono pareri discordi sull’efficacia e tossicità delle vitamine di sintesi,
in contrapposizione a quelle naturali più efficaci e per nulla tossiche.
RISULTATI
La tabella acclusa (Fig.2) mostra che su 22 casi trattati, 20 sono stati
risolti. Il loro film lacrimale ha dato valori del B.U.T. che superavano
almeno i 15”.
I risultai più veloci si sono avuti con soggetti molto giovani: dai 10 ai
30 anni, con tempi di soluzione da circa un mese a quattro/cinque mesi.
I casi non risolti erano nella fascia dei 30/40 anni. Il primo ha sospeso
i cambiamenti consigliati, dopo una settimana; il secondo caso S.R. usa
farmaci lassativi da 10 anni e non intende sospenderne l’uso.
Per concludere vorrei riportare il caso di D.R.N. di 22 anni, niope
anisometrope. Dopo aver rimosso le lenti morbide in uso, il B.U.T. era
di 11”. L’anamnesi alimentare confermava gli squilibri alimentari su
citati. A distanza di un mese, dopo aver seguito i semplici consigli
alimentari, il B.U.T. era di 30” dopo 10 ore di uso. Ricontrollando 4 mesi
dopo, il B.U.T. era di 33”. Nove mesi dopo, presentava dei problemi e
12. 12
il B.U.T. era di 9”: dichiarava di non seguire più le regole alimentari
consigliate. Dopo tre mesi circa di ritorno ai consigli alimentari, il B.U.T.
dava nuovamente valori accettabili: 14”.
CONCLUSIONI
Dall’esperienza fatta, si può rilevare come un’alimentazione dissociata
e quantitativamente e qualitativamente equilibrata, possa dare un
valido aiuto a chi ha problemi a livello di film lacrimale: problemi risolti
con l’interazione di una moltitudine di elementi.
E’ ormai dimostrato che l’alimentazione influisce sui problemi visivi.
Ritengo che l’Optometrista debba interessarsene anche per quanto
riguarda la contattologia.
Il nostro fisico è un tutto organico e le attuali specializzazioni ci hanno
spesso indotto ad osservarlo a settori, perdendo di vista l’insieme.
La piccola indagine qui riportata vuol essere un invito, per chi è
interessato a questi problemi, ad allargare l’esperienza ed
eventualmente confortarla con altri risultati.
ETA’ N.SOGG. LAC
morbide
LAC
RGP
HIPERM. MIOPIA CASI
risolti
CASI non
risolti
10 -20
21 -30
31 -40
TOTALI
2
13
7
22
2
10
4
16
-
3
3
6
-
1
1
2
2
12
6
20
2
13
5
20
-
-
2
2
14. 14
Bibliografia
1 Peyman, Sanders, Goldberg, “Oftalmologia, Principi e Pratica”, Ed.
Verduci 1981.
2 De Simone Domenico, “Le problematiche Della Sindrome Dell’Occhio
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5 Buoni Aldo, “Liquido Lacrimale”, da rivista Contact International, Ed:
Ariminum, n.5, 1981.
6 Sallansonnet Elisabeth, Rocher Pierre, “La prova- Breack Up Time-e
la fluoresceina a grandi molecole”, da rivista Contact International, n.3
1979, Ed. Ariminum.
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9 Guyton Arthur C. “Trattato di Fisiologia Medica” 2° edizione italiana,
Ed. Piccin, 1983.
10 Kappel Gary, “Nutrizione e Visione”, da: “La Rivista Italiana di
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11 Costacurta Luigi, “La Nuova Dietetica”, Ed. di Medicina Naturale
1982.
12 Crapis Maria, Grandi Mara, “Per far la vita meno amara”, da la rivista
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13 Darrigol Jean Luc, “Il miele per la vostra salute”, Ed. Musumeci,
1983.
14 Travia Luigi, “Manuale di Scienza dell’Alimentazione”, 2° ristampa
della 2° edizione, ott. 1983, Ed. Il Pensiero Scientifico.
15 Teodori Ugo, “Trattato di Patologia Medica”, terza ristampa, 1981,
Ed. Società Editrice Universo.
16 Valerio Nico, “L’Alimentazione Naturale”, Ed. Mondadori, 1980.
17 Reuben David, “Dieta e Salute”, Ed. Garzanti-Vallardi, I ed., 1978.