1. Aspetti economici del
federalismo:
il Mezzogiorno
Università Libera di Bologna, Alexis de
Tocqueville, A.A. 2007
Amedeo Lepore
2. Il Mezzogiorno d’Italia
Italie Mezzogiorno
Venezia Taux d'activitè 48,6% 43,8%
Milano
Torino Taux d'occupation 42,9% 33,2%
Taux de chomage 11,6% 24,1%
Firenze SAU / SAT 67,4% 73,7%
% employès en agriculture 5,5% 9,8%
Source: ISTAT, recensement
Roma
MOLISE PUGLIA
Una situazione di «sviluppo frenato» che
perdura
CAMPANIA Persistenza di un ritardo nell’offerta di
BASILICATA
servizi collettivi in generale, di servizi di
SARDEGNA pubblica utilità in particolare
CALABRIA
I costi della transizione economica si
rivelano ancora particolarmente elevati
Presenza diffusa di discontinuità
SICILIA
Centre Nord tecnologiche e produttive
3. Il divario Nord-Sud dall Unità d Italia al 1950
I fattori che hanno fatto aumentare il divario tra il
Nord e il Sud:
- La liberalizzazione e l abbassamento delle tariffe doganali (con
l Unità d Italia)
- L industrializzazione e lo sviluppo delle grandi imprese nel
Nord-Ovest (nel periodo giolittiano)
- La politica di sviluppo demografico e il blocco delle
migrazioni interne ed esterne (nel periodo fascista)
4. L intervento straordinario nel Mezzogiorno
(1950-1998)
Le principali norme per il Mezzogiorno:
Istituzione della CASSA PER IL MEZZOGIORNO
(1950)
- Fase infrastrutturale (1950 –1957)
- Fase di industrializzazione (1958 –1970)
- Fase mista di incentivi settoriali (1971- 1992)
Interventi i tutti i settori suscettibili di sviluppo
Distorsione degli incentivi, come nelle zone
del terremoto dell Irpinia
5. L intervento straordinario nel Mezzogiorno
(1950-1998)
Le principali norme per il Mezzogiorno:
Messa in liquidazione della Cassa per il
Mezzogiorno (1984)
Agenzia per la promozione dello sviluppo (1986)
Abolizione dell intervento straordinario e
dell Agenzia (1993)
Costituzione del Dipartimento per le Politiche di
Sviluppo e Coesione (1998) presso il Ministero
del Tesoro
6. L intervento straordinario nel Mezzogiorno
(1950-1998)
L impegno finanziario non è stato rilevante
e, peraltro, non è stato bene utilizzato:
- 245.000 miliardi dal 1950 al 1990
(a prezzi 1990)
- di cui, solo 185.000 utilizzati
- meno di 5.000 miliardi all anno
(2,6 miliardi di euro)
7. L intervento straordinario nel Mezzogiorno
(1950-1998)
Forte rilevanza dell intervento sostitutivo, anziché
di quello aggiuntivo
Grande rilevanza degli investimenti per
infrastrutture (acquedotti
e fognature: 1/3-1/2, negli anni 60- 70)
Forti investimenti nell industria di base, ad alta
intensità di capitali e con scarsi effetti indotti
(Poli di sviluppo o cattedrali nel deserto )
8. L intervento straordinario nel Mezzogiorno
(1950-1998)
Tuttavia, il nuovo meridionalismo nato nel dicembre
1946 aveva puntato , come ricordava Pasquale
Saraceno, su un modello di sviluppo economico
del Paese che fosse alternativo a quello che
aveva governato la nostra economia dal sorgere
dello Stato unitario, un modello secondo il quale
si sarebbe svolta non solo la ricostruzione
postbellica, ma anche l espansione della nostra
economia al di là della ricostruzione . La SVIMEZ,
di cui ricorre questo mese il 60° anniversario,
avrebbe messo in pratica l idea di un intervento
straordinario legato alla tematica dello sviluppo e
non a quella dell assistenza .
10. L intervento straordinario nel Mezzogiorno
(1950-1998)
Secondo la SVIMEZ, solo un consistente sviluppo
dell economia reale del Mezzogiorno, a partire
dalla sua industrializzazione, avrebbe potuto
condurre il Sud fuori dal sottosviluppo e renderlo
soggetto autonomo e autopropulsivo del suo
approdo a una piena modernizzazione del sistema
economico e sociale, nel quadro di quello italiano.
Tuttavia, i progressi compiuti nei decenni
precedenti, a cominciare dai grandi miglioramenti
conseguiti fino agli anni settanta, si rivelarono
insufficienti a colmare i preesistenti divari con le
regioni centro-settentrionali (SVIMEZ, 1978).
11. Indice di industrializzazione
(% addetti alle industrie estrattive, manufatturiere, elettricità, gas, acqua,
costruzione e installazione impianti sulla popolazione residente)
Province 1951 1961 1971 1981 1991 2001
e Regioni
Sud 4,1 4,5 5,4 6,2 5,4 5,7
Centro- 11,8 14,9 15,6 16,4 14,6 13,9
Nord
Italia 9,3 11,1 12,1 12,8 11,3 11,0
Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT. Censimento dell'industria, vari anni.
12. PIL a confronto: Mezzogiorno e Italia
(a prezzi 1990)
112
110
108 Mezzogiorno Italia
106
104
102
100
98
96
94
90
91
92
93
94
95
96
97
98
19
19
19
19
19
19
19
19
19
Fonte:ISTAT (conti economici regionali) fino al 1996 e stime Svimez per 1997 e 1998
13. Andamento del PIL pro capite del Mezzogiorno
(1951-1995) Valore assoluto e livello rispetto al centro-nord
25000 64
62
20000
60
Indice: Centro-Nord=100
Migliaia di lire 1995
15000
58
56
10000 Valori assoluti
54
5000
52
0 50
1951
1953
1955
1957
1959
1961
1963
1965
1967
1969
1971
1973
1975
1977
1979
1981
1983
1985
1987
1989
1991
1993
1995
Anni
14. Esportazioni delle regioni del Mezzogiorno.
Incidenza sul PIL (mld. correnti)
20
media 1990-1991 media 1997-1998
15
10
5
0
Sicilia
Puglia
Molise
Abruzzo
Campania
Mezzogiorno
Sardegna
Calabria
Basilicata
Fonte: ISTAT-Svimez
15. Variazione della popolazione residente:
1951 - 1995 (saggi % medi annui)
Ripartizioni 1952-74 Di cui 1975-80 1981-83 1984-91 1992-95 1952-95
territoriali 1952-61 1962-74
Movimento naturale
Mezzogiorno 1,37 1,46 1,30 0,85 0,63 0,52 0,36 0,99
Centro-Nord 0,53 0,48 0,56 0,07 -0,14 -0,20 -0,22 0,21
Italia 0,83 0,85 0,83 0,35 0,14 0,06 -0,01 0,50
Movimento migratorio
Mezzogiorno -0,98 -0,97 -0,98 -0,30 -0,33 -0,32 0,07 -0,61
Centro-Nord 0,28 0,23 0,32 0,17 0,05 0,15 0,37 0,24
Italia -0,17 -0,21 -0,15 0,01 -0,09 -0,02 0,26 -0,07
Movimento effettivo
Mezzogiorno 0,39 0,49 0,32 0,55 0,30 0,20 0,43 0,38
Centro-Nord 0,81 0,72 0,88 0,25 -0,09 -0,05 0,15 0,45
Italia 0,66 0,63 0,68 0,35 0,05 0,04 0,25 0,43
Fonte: elaborazioni Svimez su dati ISTAT
16. Variazione del prodotto:
1951-1995 (saggi % medi annui)
Ripartizioni 1952-74 Di cui 1975-80 1981-83 1984-91 1992-95 1952-95
territoriali 1952-61 1962-74
Prodotto lordo a prezzi correnti
M ezzogiorno 10,55 8,52 12,14 21,15 19,26 10,85 4,81 12,03
Centro-Nord 10,55 8,53 12,13 21,24 17,29 10,66 5,78 11,98
Italia 10,55 8,53 12,13 21,22 17,78 10,71 5,54 11,99
Prodotto lordo a prezzi costanti
M ezzogiorno 4,93 5,25 4,69 3,16 0,89 2,76 0,43 3,60
Centro-Nord 5,50 5,88 5,20 3,26 0,47 2,69 1,42 3,95
Italia 5,35 5,71 5,07 3,23 0,58 2,71 1,17 3,86
Fonte: elaborazioni Svimez su dati ISTAT e SVIMEZ
17. Variazione del prodotto pro capite:
1951-1995 (saggi % medi annui)
Ripartizioni 1952-74 Di cui 1975-80 1981-83 1984-91 1992-95 1952-95
territoriali 1952-61 1962-74
Prodotto pro capite a prezzi correnti
Mezzogiorno 10,13 7,98 11,81 20,44 18,59 10,27 4,36 11,52
Centro-Nord 9,66 7,76 11,15 20,89 17,23 10,64 5,64 11,44
Italia 9,83 7,84 11,39 20,74 17,50 10,48 5,28 11,46
Prodotto pro capite a prezzi costanti
Mezzogiorno 4,53 4,72 4,38 2,55 0,33 2,22 -0,01 3,13
Centro-Nord 4,65 5,12 4,28 2,96 0,41 2,67 1,28 3,45
Italia 4,66 5,04 4,37 2,82 0,34 2,50 0,92 3,37
Fonte: elaborazioni Svimez su dati ISTAT e SVIMEZ
18. Andamento della popolazione residente:
1951 - 1995
Mezzogiorno (scala a dx) e Centro - Nord (scala a sx)
39000 21000
Migliaia di unità
37000 20500
Centro -Nord
20000
35000
19500
33000
19000
31000
Mezzogiorno
18500
29000
18000
27000 17500
25000 17000
51 53 55 57 59 61 63 65 67 69 71 73 75 77 79 81 83 85 87 89 91 93 95
Anni
20. Tasso di disoccupazione nel periodo
1951 - 1995 (%)
Tasso di disoccupazione (%) 30,0
25,0 Mezzogiorno
Centro - Nord
20,0
Italia
15,0
10,0
5,0
0,0
1959
1961
1963
1965
1967
1969
1971
1973
1975
1977
1979
1981
1983
1985
1987
1989
1991
1993
1995
Anni
21. Investimenti fissi lordi del Mezzogiorno: 1951 - 1995
(a prezzi costanti )
100 35
90
30
Livello pro capite (Centro - Nord = 100)
80
70 25
Quota % sul totale nazionale
60
20
50
15
40
30 Livello pro capite (Centro - Nord
=100) 10
In % del totale nazionale
20
5
10
0 0
51
55
59
63
67
71
75
79
83
87
91
95
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
Anni
22. Gli investimenti nel Sud
(fondi europei messi a disposizione)
Erogaz ioni
Disponibilità Impegni al 31-12-97 al 31-3-98 Var. assolute rogaz ioni
E
assunti I trim.98 I trim.98 / tot.
1 2 3 4 5 6=4/1
Programmi regionali: 27.995 17.930 9.284 10.637 1.354 38,0%
Abruz z o 1.077 875 432 496 64 46,0%
Basilicata 2.191 1.972 1.015 1.159 143 52,9%
Calabria 3.825 2.688 1.131 1.347 216 35,2%
Campania 6.045 3.276 2.192 2.361 170 39,1%
Molise 1.046 1.041 463 563 99 53,8%
Puglia 5.196 2.770 1.278 1.535 257 29,5%
Sardegna 3.528 2.370 1.186 1.462 276 41,4%
Sicilia 5.083 2.935 1.587 1.714 127 33,7%
26. Mezzogiorno e Mediterraneo
L unitarietà del Mediterraneo, che già Platone immaginò
come un grande lago sul quale si affacciavano i popoli
come formiche o rane, non è un invenzione politica, ma
un oggettivo dato fisico-geografico, che tende ad
associare per intrinseco meccanismo , come ha
osservato Fernand Braudel, i vari paesi rivieraschi, sia
pure diversi per struttura, fede, cultura e tradizioni.
Nel Fedro di Platone è scritto: vivono tra Phasis e le
colonne d Ercole, su una piccola porzione di terra
attorno al mare, come formiche o rane attorno al
pantano .
28. Mezzogiorno e Mediterraneo
Un mare dalle dimensioni contenute, una sorta di grande
lago, come si è detto. Grande per fenici e ebrei, molto
verde per sumeri ed egizi, nostro per greci e romani.
Il Mediterraneo ha avuto tre cantori, Braudel,
Attenborough (il primo paradiso ), Matvejevic. Anzi
quattro, con Omero e la sua Odissea. Come dice lo
scrittore bosniaco nel suo Breviario Mediterraneo, Il più
grande romanzo di formazione, la più grande storia
dell'individuo che si avventura nel mondo e ritorna a
casa ossia a se stesso, e cioè l'Odissea, non è
immaginabile senza il mare. Ma quel mare, il
Mediterraneo, è anche il grembo della nostra storia, della
nostra civiltà .
30. Mezzogiorno e Mediterraneo
Il Mediterraneo non è mai stato semplicemente un mare
che separa l Europa dal Vicino Oriente e dall Africa,
o, come diceva Braudel, una semplice fenditura della
crosta terrestre che si allunga da Gibilterra all Istmo
di Suez e al Mar Rosso. Il Mediterraneo è un mare su
cui si affacciano terre molto diverse fra loro, modi di
vita lontanissimi, separati da dualismi e ostilità
connaturati, ma anche uniti nel gioco delle relazioni e
degli scambi marittimi, economici e culturali.
31. Mezzogiorno e Mediterraneo
Sul Mediterraneo si sono sviluppate civiltà avanzate e
civiltà tradizionali, città moderne e metropoli ossificate
in un passato immobile, che si sono spesso
contrapposte tra loro; ma, soprattutto, il Mediterraneo
è un mare che ha formato culture, che le ha divise e le
ha unite, che le ha messe in relazione e le ha viste
contrapporsi frontalmente. Nel Mediterraneo, infatti,
sono nate le grandi culture che hanno dato identità
all Europa e ai Paesi del Sud che si bagnano in esso.
33. Mezzogiorno e Mediterraneo
L attuale tormentata fase politica internazionale,
l esigenza di sviluppare in profondità l antico filo del
dialogo con le diverse culture di questa parte del
mondo, sono gli elementi chiave da considerare per
delineare il futuro ruolo del Mezzogiorno nello scenario
dei rapporti tra l Europa e i paesi della sponda sud del
Mediterraneo.
In effetti, un nuovo e centrale ruolo del Mezzogiorno
appare più che mai possibile, anche in questa difficile
congiuntura politica ed economica, se l Unione
Europea terrà fede all obiettivo di intensificare il suo
sforzo in favore dello sviluppo delle politiche
euromediterranee, nella prospettiva di offrire un forte
contributo alla distensione del clima politico e sociale.
35. Mezzogiorno e Mediterraneo
Il Partenariato euromediterraneo rappresenta il quadro
delle relazioni politiche, economiche e sociali tra gli
Stati UE e Paesi terzi mediterranei (PTM).
Istituito nel novembre 1995 dalla Conferenza dei
Ministri degli Esteri euromediterranei di Barcellona, il
Partenariato euromediterraneo riunisce i 25 Stati
membri dell UE e 10 Paesi della sponda sud del
Mediterraneo: Algeria, Egitto, Israele, Giordania,
Libano, Marocco, Autorità palestinese, Siria, Tunisia e
Turchia. L obiettivo del Partenariato è di fare del
Mediterraneo una zona di stabilità, di pace e di
prosperità.
37. Mezzogiorno e Mediterraneo
Per realizzare questo scopo, un programma di obiettivi
ed azioni articolato in tre grandi capitoli:
- Partenariato politico e di sicurezza, per un area
euromediterranea di pace e di stabilità, basata sui
principi del rispetto dei diritti umani, delle libertà
fondamentali e della democrazia (asse politico );
- Partenariato economico e finanziario, per un area di
prosperità, attraverso un alleanza economico-
finanziaria e la progressiva liberalizzazione degli
scambi tra l UE e i suoi partner e tra gli stessi Paesi
del Mediterraneo (asse economico );
- Partenariato sociale, culturale e umano, per
l avvicinamento tra i popoli e lo sviluppo degli scambi
culturali fra gli attori sociali (asse culturale ).
39. Mezzogiorno e Mediterraneo
Oltre alla democratizzazione dei paesi dell area (il
primo pilastro su cui si fonda il Partenariato), il
P.E.M. ha come obiettivo economico portante la
costituzione, entro il 2010, di una zona di libero
scambio tra l Europa e i paesi coinvolti nel progetto.
Purtroppo i risultati ottenuti finora sono modesti e si
rende necessario un forte rilancio del Partenariato,
anche alla luce del realizzato allargamento ad Est
dell Unione. In questo quadro, assume un rilievo
particolare anche la questione della dotazione
infrastrutturale, senz altro uno degli elementi strategici
del ruolo che il Mezzogiorno d Italia può interpretare al
centro del Bacino.
41. Mezzogiorno e Mediterraneo
Il ruolo di piattaforma e di ponte con l Africa e
addirittura con l Estremo Oriente (attraverso il
Mar Mediterraneo e Suez), potrà risultare valido
solo se a tale funzione di connessione e di
raccordo si accompagnerà un sostanziale
rafforzamento del Mezzogiorno. Il nostro Sud
potrà assolvere ruoli positivi e strategici solo se
nel suo insieme divenenterà più sviluppato dal
punto di vista produttivo e compiutamente
interconnesso anche tra i propri territori. Solo
allora il Mezzogiorno potrà costituire uno snodo
della futura crescita in quest area del Mondo, e
non funzionare solo da manufatto
tecnico (ponte) al servizio delle aree più avanzate
dell Italia e dell Europa del Nord.
43. Mezzogiorno e Mediterraneo
Anche da questo versante, va vista la scarsa
rilevanza che il tema del ritardo del Mezzogiorno -
che andrebbe affrontato assieme a quello delle sue
necessità e potenzialità di sviluppo - ha registrato
negli ultimi anni nel dibattito politico-culturale del
Paese e nella politica economica italiana. Le politiche
di sviluppo non sono state adeguate, sia nell ultimo
mezzo secolo (nonostante la fase positiva del primo
intervento straordinario , dagli anni 50 a circa la
metà degli anni 70), sia nell ultimo decennio di
interventi, la fase dalla cosiddetta Nuova politica
economica , manifestando un eccesso di ottimismo
verso alcuni limitati (e non strutturali) progressi del
Sud.
45. Mezzogiorno e Mediterraneo
Oggi, le risorse in conto capitale vanno utilizzate per
le gambe tecniche dello sviluppo nelle aree in
ritardo. Infatti, le opere pubbliche condizionano la
produttività e l attrattività dei contesti territoriali, le
cui dotazioni – specie quelle per le reti – non
possono essere solo funzione dell esistente livello di
sviluppo, ma devono concorrere ad accelerarlo.
In questo quadro, è essenziale la realizzazione dei
Corridoi europei (la Direttrice UE Berlino-Palermo,
il Corridoio 8 Napoli-Bari-Balcani). Se si vuole
puntare su una strategia euro-mediterranea, occorre
un consolidamento logistico (e ovviamente
economico-produttivo) dell intero Mezzogiorno, per
promuovere efficienti collegamenti con il mare tra le
terre .
46. Mezzogiorno e Mediterraneo
Il riassorbimento del divario tra il debole Sud e il
forte Nord comporterà sforzi impegnativi e lunghi,
la cui durata dipenderà dall entità dei differenziali
di crescita Nord-Sud che si riuscirà a realizzare
nelle due macro-regioni d Italia. Ma proprio perché
tempi e risorse sono fattori e vincoli reali, è questo il
momento di porsi obiettivi strategici importanti,
concentrando su di essi l impegno, per puntare, nel
lungo periodo, all unificazione anche economica del
nostro Paese.
47. Mezzogiorno e Mediterraneo
Quest obiettivo ha rappresentato dagli anni 40 il
sogno del nuovo meridionalismo nazionale ed
europeista, di Pasquale Saraceno, Donato Menichella,
Rodolfo Morandi, Francesco Giordani, Giuseppe
Cenzato, e, poi, di Manlio Rossi Doria, Vincenzo
Caglioti, Giorgio Sebregondi, Francesco Compagna,
Gabriele Pescatore, Salvatore Cafiero e di tanti altri,
con i quali la SVIMEZ ha scritto pagine decisive della
storia italiana ed europea.
49. Mezzogiorno e Mediterraneo
Se guardiamo alla storia di lunga durata, vediamo che il
destino del Mezzogiorno e quello del Mediterraneo
hanno sempre proceduto insieme, nel bene e nel male.
Quando il Mediterraneo è stato al centro dei traffici del
mondo, anche il Mezzogiorno ha conosciuto le sue
pagine più positive. Quando il Mediterraneo, invece, è
andato in crisi, anche il Mezzogiorno ha vissuto periodi
bui. Adesso, dopo lungo tempo, il Mediterraneo torna
ad essere uno snodo del pianeta, un grande crocevia
internazionale e, dunque, anche il Mezzogiorno,
assieme a tutti i Paesi che si affacciano sul
Mediterraneo, può riconquistare la sua centralità
mediterranea: di un comune mare di pace e di relazioni
internazionali.
Mezzogiorno e Mediterraneo, Mediterraneo ed Europa.
51. Mezzogiorno problema aperto
Corrado Barbagallo nel 1948 rilevava come una delle
fondamentali condizioni sfavorevoli per la diffusione
dell industria fosse la mancanza di capitali e, in particolare,
la riluttanza dei capitalisti a investire il loro denaro in
imprese industriali, che debbano aver sede nel Mezzogiorno .
Tale contrarietà, infatti, discendeva dalla convinzione che
quaggiù una qualsiasi impresa industriale è costosa, faticosa,
probabilmente destinata all insuccesso per la mancanza di
quegli elementi, che con frase oscura gli economisti sogliono
denominare fattori agglomerativi .
52. Mezzogiorno problema aperto
Allora, se in altri tempi il permanere del divario tra Nord e
Sud ha comportato la prevalenza di una politica assistenziale
e improduttiva, oggi a maggior ragione occorre interrogarsi,
come faceva Saraceno, sulla possibilità di impiegare le risorse
pubbliche disponibili al fine di creare quella convenienza ad
investire che mancava nel Mezzogiorno .
Il Rapporto sull economia del Mezzogiorno 2006 e i nuovi
materiali predisposti dalla SVIMEZ in occasione del suo 60°
anniversario (in particolare, l elaborato relativo a
L evoluzione macro-economica del Mezzogiorno e del Centro-
Nord 1951-2005) offrono l opportunità concreta di
riprendere a discutere di questo problema quanto mai aperto e
niente affatto superato, dopo un sessantennio di storia
italiana.
56. Rapporto SVIMEZ 2006
Un Mezzogiorno in recessione all'interno di un Paese che
ristagna. Questa è la fotografia che emerge dal Rapporto
della Svimez sull'economia del Mezzogiorno. Nel 2005 il
Sud è peggiorato rispetto al 2004 in PIL e occupazione,
crescendo per il secondo anno consecutivo meno del
Centro-Nord. Il PIL per abitante è rimasto a 16.272 euro,
pari al 60,3% del Centro-Nord (26.985 euro). A livello
regionale, al Sud sono cresciute solo Abruzzo (+2,1%),
Sicilia (+2,8%) e Sardegna (+0,9%).
57. Rapporto SVIMEZ 2006
Sul versante occupazionale, il Sud ha perso, nel 2005,
20mila posti di lavoro (a fronte di un aumento di 179mila
unità nel Centro-Nord), che salgono a 69mila se si
considera il periodo 2002-2005 (in cui il Centro-Nord
registra +700mila nuovi addetti).
Il tasso di attività scende di due punti al Sud, a
dimostrazione di un crescente effetto scoraggiamento che
induce le fasce più deboli a non cercare più lavoro. E
come a livello nazionale e in controtendenza rispetto agli
scorsi anni, riprende a crescere il lavoro atipico (+16mila
unità). Spina nel fianco, ancora una volta, il sommerso,
che colpisce quasi 1 lavoratore su 4 (23%), percentuale
che scende al 10% nel Centro-Nord.
58. Rapporto SVIMEZ 2006
sull'economia del Mezzogiorno
+3,4
+1,3
CRESCITA 0,0
DELL'ECONOMIA
NEL 2005 -0,3
62. Rapporto SVIMEZ 2006
sull'economia del Mezzogiorno
IL DUALISMO
100,0 100,0 100,0
60,3 293,9 71,6
TASSO DI TASSO DI
PIL PRO CAPITE
DISOCCUPAZIONE OCCUPAZIONE
63. Rapporto SVIMEZ 2006
sull'economia del Mezzogiorno
PIL PRO CAPITE IN PPA
Tasso di crescita m.a. 1995-2003
Nuovi paesi membri UE 5,7%
Altre Aree Ob. 1 UE a 15 4,8%
Mezzogiorno 3,6%
64. Rapporto SVIMEZ 2006 PERCORSI
sull'economia del Mezzogiorno DI SVILUPPO
140,0
1998 2002
2000 2005
130,0
2002 2004 I rlanda
Centro-Nord 2000
2004
Regno
Pil pro capite in PPA
120,0 2005 Unito
1998 2004
1998 2005 2002
2000 1998 2000 1998 2000
2002 2000
110,0 2002 Francia 2004 1998
Italia 2005 2004 2002
2004 2005
Germania
2005
100,0
2005
2004
2002
90,0 2000 S pagna
1998
2005
2004 2000
80,0 1998 2002
2000 Mezzogiorno 2002 1998
2002
2004 2000
Grecia 2004 Portogallo
70,0 2005 1998 2005
70,0 80,0 90,0 100,0 110,0 120,0
Tasso di occupazione 15-64
anni
65. Rapporto SVIMEZ 2006
sull'economia del Mezzogiorno
LE AREE DELLA COMPETITIVITA’
SE SE LU
FI DK IE
DK UK BE
DE FI NL
NL IE DK
LU NL FI
AT FR CZ
BE SI SE
UE15 AT AT
UK UE15 DE
FR LT SK
SI ES UE15
IT-CN BE SI
IE LV IT-CN
ES PT EE
IT PL HU
EE EE UK
CZ DE FR
PT SK ES
IT-MEZZ CZ IT
HU IT-CN PT
SK LU PL
LT IT LT
GR HU LV
PL IT-MEZZ GR
LV GR IT-MEZZ
20 40 60 80 100 120 140 160 180 200 60 70 80 90 100 110 120 130 140 150 160 40 60 80 100 120 140 160 180 200 220
INNOVAZIONE – R&S RISORSE E VITALITA
FORMAZIONE ECONOMICA
66. Rapporto SVIMEZ 2006
sull'economia del Mezzogiorno
TASSO DI ACCUMULAZIONE UE 25
29,7 27,1 28,6
23,8 26,4
22,3
19,3 19,2
SUD
67. Rapporto SVIMEZ 2006
sull'economia del Mezzogiorno
L’INTEGRAZIONE INTERNAZIONALE
QUOTA ESPORTAZIONI DEL SUD
SU COMMERCIO MONDIALE 0,4%
INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI PER ABITANTE
NEL SUD 16 $
NEL CENTRO-NORD 271 $
UE a 25 900 $
IRLANDA 5.200 $
68. Rapporto SVIMEZ 2006
sull'economia del Mezzogiorno
LE AGEVOLAZIONI DELLA L. 488/92
NELL’INDUSTRIA E NEI SERVIZI (mln €)
2001 2.796,6
2002 1.907,0
2003 1.305,1
2004 1.163,3
2005 6,6
69. Rapporto SVIMEZ 2006
sull'economia del Mezzogiorno
SPESA DELLA P.A. IN CONTO CAPITALE
2004
SPESA BASE SPESA ADDIZIONALE
nel SUD 11,6 mrd € nel SUD 9,8 mrd €
nel NORD 32,9 mrd € nel NORD 3,9 mrd €
SUD / ITALIA 26,1% SUD / ITALIA 71,5%
SPESA COMPLESSIVA
nel SUD 21,4 mrd €
nel NORD 36,8 mrd €
SUD / ITALIA 36,8%
77. Mezzogiorno
Valore aggiunto pro capite Valore aggiunto pro capite
regionale comunale
Comuni TOP-FIVE – V.A. pro capite
Regione V.A. pro capite
Pettoranello del Molise (IS) € 99.905
Abruzzo € 18.246 Pozzilli (IS) € 73.711
Basilicata € 15.443 Atessa (CH) € 62.972
Sarroch (CA) € 69.068
Calabria € 14.050
Campochiaro (CB) € 63.302
Campania € 14.890 Comuni DOWN-FIVE – V.A. pro capite
Molise € 17.402 Trenta (CS) € 4.677
Puglia € 14.359 Petruro Irpino (AV) € 4.723
San Lorenzo Bellizzi (CS) € 4.805
Sardegna € 16.952 Altofonte (PA) € 4.981
Sicilia € 14.845 San Martino di Finita (CS) € 5.073
ITALIA(*) € 21.770 MEDIANA MEZZOGIORNO: € 11.969
(*)Valore aggiunto 2005 pro capite – Dato ISTAT
78.
79. Una politica di coesione – in Italia e nell Unione
europea, e guardando entrambi al futuro dei
rapporti anche con i Paesi e con le economie del
Mediterraneo – potrà definirsi veramente tale non
se aiuterà con risorse pubbliche solo gli ultimi (in
Italia il Mezzogiorno; nell Europa a 25 i soli Paesi
dell Est), ma se si dimostrerà capace di stimolare
e sostenere l ambizione e l impegno di ciascun
territorio, che si trova sempre collocato ad un
diverso livello di una ideale scala o griglia
capace di misurare il benessere raggiunto e quello
più elevato cui tendere. Ed ambizione ed impegno
di ciascun territorio non può non essere quello di
accelerare la propria velocità di crescita, in una
sorta di maratona ad inseguimento (Nino
Novacco - 2004)
81. La politica di coesione
Art. 130A del Trattato dell Unione Europea:
Per promuovere uno sviluppo armonioso
dell insieme della Comunità, questa sviluppa e
prosegue la propria azione intesa a realizzare il
rafforzamento della sua coesione economia e
sociale. In particolare la Comunità mira a ridurre
il divario tra le diverse regioni e il ritardo delle
regioni meno favorite, comprese quelle rurali
82. La politica di coesione
L obiettivo dei fondi strutturali è proprio quello di
sostenere e finanziare, assieme agli Stati Membri,
tutte quelle azioni intese a creare le condizioni
necessarie ad uno sviluppo duraturo e sostenibile.
La riforma dei fondi strutturali, avviata nel 1988 e
ripresa nel 1993 dall Unione Europea per il periodo
1994/99, costituisce una tappa importante nel
rapporto tra le istituzioni comunitarie e le singole
regioni per la definizione delle politiche di sviluppo
dell Unione Europea.
83.
84. La politica di coesione
Quali sono i fondi?
Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR):
infrastrutture, investimenti produttivi, PMI, Istruzione,
Sanità, R&S, Turismo e Beni Culturali
Fondo Sociale Europeo (FSE):
formazione, aiuti all assunzione dei lavoratori,
adeguamento delle strutture formative e pari
opportunità
85. La politica di coesione
Fondo Europeo di garanzia e orientamento agricolo
(FEOGA):
ammodernamento strutture agricole, trasformazione,
promozione e commercializzazione dei prodotti locali,
tutela dell ambiente rurale, prevenzione catastrofi
naturali nelle zone ultraperiferiche
Strumento finanziario di orientamento della pesca
(SFOP):
flotta da pesca, acquacoltura e fascia costiera, attrezzature
dei porti da pesca, trasformazione e commercializzazione
del pesce, prospezione dei mercati
86. La politica di coesione
Politica di coesione = Politica regionale = Fondi strutturali
I fondi strutturali: Fse (dal 1958), Feoga (dal 1958), Fesr (dal 1975),
Fondo di coesione (dal 1993)
- La politica di coesione inizia negli anni 60, ma viene rilanciata
dall AUE del 1986, per compensare le regioni più deboli
dall introduzione del mercato unico europeo.
- Riforma dei fondi strutturali del 1988
- Nel 1988 i fondi strutturali coprivano il 15% del bilancio CE, nel
1992 sono passati al 30% (e sono poi rimasti a questo livello)
Quattro periodi di programmazione:
1988-1992 - cinque anni
1993-1999 - sette anni
2000-2006- sette anni
2007-2013- sette anni
87. I principi guida dei fondi strutturali
2007-2013
Concentrazione: un impostazione più strategica, che
consolida le priorità dell Unione sia a livello geografico
(80% circa del finanziamento destinato alle regioni meno
sviluppate), sia dal punto di vista tematico (strategia
incentrata sugli obiettivi di Lisbona e Göteborg).
Semplificazione: riduzione del numero di regolamenti;
meno obiettivi – meno Fondi; programmazione;
soppressione della suddivisione in zone, programmi
sostenuti da un unico Fondo; gestione finanziaria più
flessibile; proporzionalità in materia di controllo,
valutazione e monitoraggio; ammissibilità delle spese.
Decentramento: ruolo più incisivo delle regioni e dei
soggetti locali.
90. Scenari in rapida trasformazione
per le politiche regionali
[Terzo Rapporto di Coesione, pag. 20]
Gli scenari L allargamento condurrà ad un ampliamento
dell allargamento dei divari di sviluppo, ad uno spostamento
verso est del problema delle disparità e ad una
più difficile situazione occupazionale: i divari
socioeconomici raddoppieranno e la media
comunitaria del PIL per abitante si ridurrà del
12,5%.
Le trasformazioni Inoltre, l Unione dovrà fronteggiare la più
strutturali rapida ristrutturazione economica derivante
dalla globalizzazione, l ulteriore apertura dei
mercati internazionali , la rivoluzione
tecnologica, lo sviluppo dell economia e della
società della conoscenza, l invecchiamento
della popolazione e la crescita dei flussi
migratori .
91. Integrare le politiche di coesione e
la strategia di Lisbona
[Terzo Rapporto di Coesione, pag. 101]
Le politiche di coesione La conoscenza è il cuore della strategia di
sono strettamente Lisbona. La generazione, la disseminazione e
interrelate alle l uso della conoscenza sono il mezzo attraverso
esigenze di rilancio e
cui le attività economiche operano e si
innovazione dell intera
economia europea. La sviluppano. Facilitare l accesso alla finanza ed
strategia di Lisbona è ai mercati, promuovere i servizi di supporto
stata recentemente alla produzione, rafforzare i legami fra le
rilanciata dalla imprese e le attività scientifiche, dotare le
Commissione, anche persone delle giuste abilità attraverso
con il lancio di un
l istruzione e la formazione, incoraggiare
Programma
comunitario. l adozione di nuove tecnologie ed
incrementare gli investimenti in R&S sono tutti
elementi chiave per migliorare il contesto
produttivo e stimolare l innovazione .
92. I tre obiettivi delle politiche
regionali 2007 – 2013
[Reg. Gen. capp. II e III, artt. 3 – 7]
Le politiche di Convergenza: sostenere lo sviluppo e
coesione si la creazione di posti di lavoro negli
concentrano su tre
obiettivi adottando
Stati Membri e nelle regioni meno
un sistema più sviluppate.
semplice di strumenti
(FESR, FSE e Fondo di
Competitività regionale e
coesione) occupazione: anticipare e
promuovere il cambiamento al di fuori
delle regioni in ritardo di sviluppo.
Cooperazione territoriale ed
europea: promuovere uno sviluppo
armonioso ed equilibrato del territorio
dell Unione.
93. Le tre priorità
della politica di coesione
[Linee guida della strategia comunitaria]
La prima priorità: Rendere più attraenti gli Stati membri, le
l attrattività di nazioni
regioni e le città migliorando
e territori. Il centro
della strategia è il l accessibilità, garantendo servizi di
rafforzamento delle qualità e salvaguardando le potenzialità
infrastrutture ambientali, attraverso:
il potenziamento delle infrastrutture di
trasporto
il rafforzamento delle sinergie tra tutela
dell ambiente e crescita
ridurre l uso intensivo delle fonti
energetiche tradizionali
94. Le tre priorità
della politica di coesione
[Linee guida della strategia comunitaria]
Promuovere l innovazione, l imprenditoria e lo
La seconda priorità:
sviluppo dell economia della conoscenza
innovazione, mediante lo sviluppo della ricerca e
imprenditoria ed dell innovazione, comprese le nuove tecnologie
economia della dell IC, attraverso:
conoscenza. Il centro il miglioramento e l aumento degli investimenti
della strategia è su RST nella RST, mediante gruppi di eccellenza,
ed innovazione accesso delle PMI, capacità di R&S
promuovere l innovazione e l imprenditoria,
mediante poli di eccellenza, servizi di sostegno,
ecoinnovazioni, sviluppo di nuove imprese
garantire l accessibilità per tutti alla SI
migliorando servizi ed infrastrutture
migliorare l accesso ai finanziamenti per le
imprese che investono nella conoscenza e
nell innovazione
95. Le tre priorità
della politica di coesione
[Linee guida della strategia comunitaria]
Creare nuovi e migliori posti di lavoro:
La terza priorità: nuovi
e migliori posti di facendo in modo che un maggior numero di
lavoro persone arrivi e rimanga sul mercato del lavoro
e modernizzando i sistemi di protezione sociale
migliorando l adattabilità dei lavoratori e delle
imprese nonché rendendo più flessibile il
mercato del lavoro
aumentando gli investimenti nel capitale umano
attraverso il miglioramento di istruzione e
competenze
Governance e migliorando la capacità amministrativa
partenariato pubblico contribuendo a mantenere in buona salute la
privato sono principi
popolazione attiva con la prevenzione dei rischi
chiave della nuova
e l adeguamento delle infrastrutture
strategia comunitaria
96. Il destino delle regioni italiane
oggi in Obiettivo 1
[Allegato statistico al TRC]
Data l evoluzione del A pieno titolo nell Obiettivo
PIL per abitante e
Convergenza: Calabria (68,1 su EUR
tenendo conto del
cosiddetto effetto 25), Campania (71,5), Puglia (71,3) e
statistico [Relazione Sicilia (71,6).
Reg. Gen. pag. 4], la
Sardegna dovrebbe In phasing out dall Obiettivo
uscire dall’attuale Convergenza: Basilicata (77,3 su EUR
Obiettivo 1 mentre la 25 e 72,5 su EUR 15).
Basilicata dovrebbe
andare in phasing out In phasing in nell Obiettivo
Competitività: Sardegna (83,4 su EUR
25 e 76,1 su EUR 15).
dati provvisori
97. Il QSN e il percorso nazionale
Come si è organizzato il Gli articoli 25 e 26 (Titolo 3, Cap. II) della
nostro Paese per questa proposta di regolamento prevedono che
fase preparatoria delle ciascun Paese membro adotti un Quadro
politiche di coesione? strategico nazionale per impostare la
propria strategia e la programmazione
operativa globale. Il QSN espone strategie,
priorità, obiettivi, elenco dei Programmi
Operativi e dotazioni finanziarie per
fondo.
Per la definizione del QSN sono state
definite (febbraio 2005), in Italia, delle
Linee Guida approvate dalla Conferenza
Unificata. Le Linee Guida stabiliscono fra
l altro che la costruzione del QSN è
l occasione per consolidare e completare
l unificazione della programmazione delle
politiche regionali, nazionali e
comunitarie.
98. Cosa c è nel QSN?
Lista dei Programmi Operativi
I profili strategici:
Risorse di massima
Obiettivi di coesione e Composizione fra investimenti pubblici ed
competitività aiuti alle imprese
Priorità di intervento Indicazioni di pochi obiettivi, coerenti con
Lisbona-Goteborg e la SEO, e di indicatori
Integrazione finanziaria
corrispondenti
e programmatica
Criteri per la costruzione di meccanismi di
Integrazione fra premialità
politiche regionali e
Obiettivi programmatici per il FAS
nazionali
Previsioni della spesa settennale, per
Governance e capacità verificare verificare l addizionalità (Ob. 1)
istituzionali
Risorse per priorità (Ob. 1)
Impegni per la valutazione e la capacità
istituzionale (Ob. 1)
Collegamenti e sinergie con le politiche
nazionali (Ob. 1)
99. Prime indicazioni strategiche
Da alcuni interessanti • Accompagnare la politica regionale con
documenti provvisori del
DPS emergono prime
un forte grado di condivisione nazionale
indicazIoni di metodo e • Introdurre un targeting vincolante per
di strategia sul prossimo alcuni servizi essenziali
periodo di
programmazione • Apertura della programmazione e
dell attuazione alle avanguardie
culturali, del lavoro e imprenditoriali più
innovative
• Dare priorità più stringenti nei
programmi
• Coinvolgere e promuovere il sistema
delle banche attraverso un quadro di
certezze
• Ridurre i residui limiti della governance