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Studi e ricerche


                                    Un esilio intellettuale
                     Dalla Spagna della guerra civile alle Americhe
                                  a cura di Paolo Ferrari e Lia Sezzi




Premessa

La guerra civile spagnola ha suscitato in Italia un interesse costante, sotto il profilo storico e politi-
co, per il suo ruolo centrale nello scontro tra fascismo e antifascismo, che con quel conflitto assu-
me il nuovo carattere di scontro armato di ampiezza internazionale. L’“oggi in Spagna, domani in
Italia” di Carlo Rosselli riassume un passaggio decisivo che ha anche reso la storia spagnola di que-
gli anni parte di quella più vasta dei movimenti di liberazione e, quindi, della storia dei paesi e dei
popoli impegnati in quella guerra. A settant’anni di distanza, esiste una vasta letteratura sui diversi
aspetti del conflitto e anche sull’esilio da esso generato, affrontato in decine di pubblicazioni che
hanno suscitato un ampio dibattito — si vedano le ricche indicazioni comprese nel saggio di Marco
Novarino, che traccia il quadro di riferimento generale dell’esilio, non soltanto verso l’America, e
nell’intervento conclusivo di Alfonso Botti, che, oltre a intervenire sul dibattito, delinea temi di
ricerca trascurati. Le pubblicazioni sull’esilio sono per lo più in lingua spagnola e quindi poco cono-
sciute in Italia al di fuori della cerchia degli specialisti: con questo fascicolo monografico vogliamo
proporre un ampio affresco su una vicenda di rilievo sia per la storia culturale spagnola, sia per quel-
la di numerosi paesi americani.
   I saggi raccolti offrono un panorama aggiornato relativo a nove paesi — Messico (Alicia Alted
Vigil), Venezuela (Salomó Marquès Sureda), Cile e Argentina (Inmaculada Cordero Olivero ed
Encarnación Lemus López), Colombia (María Eugenia Martínez Gorroño e Juan Luis Hernández
Álvarez), Portorico e Cuba (Consuelo Naranjo Orovio), Repubblica Dominicana (Ángel Herrerín
López) e Stati Uniti (Germán Rueda) — e ripropongono la vicenda dell’esilio non tanto nella sua
drammaticità — dimensione centrale legata a uno sradicamento coatto destinato per lo più a dive-
nire permanente — ma mettendo in primo piano l’esilio degli intellettuali quale forma da un lato di
prosecuzione di una parte della cultura spagnola al di fuori della madrepatria, dall’altro di contribu-
to allo sviluppo culturale, artistico e scientifico delle nuove realtà. Un percorso non di semplice tra-
sferimento ma di progressiva formazione di nuove culture nate dall’intreccio di diverse tradizioni,
che implicò anche l’esportazione oltreoceano di scuole e modelli di organizzazione scientifica.
   L’esilio degli intellettuali va altresì considerato quale forma di Resistenza, che ha permesso la
sopravvivenza, al di fuori della madrepatria, di una parte della cultura spagnola che durante la
Repubblica stava attraversando un periodo di grande vivacità e originalità e alla quale la dittatura ha
negato ogni possibilità di espressione. Una sopravvivenza poi reinnestatasi nella cultura nazionale,
drammaticamente impoverita dagli effetti della guerra civile, ma dopo un processo di trasformazio-
ne legato ai nuovi contesti e ai nuovi stimoli acquisiti al di là dell’oceano. L’esilio intellettuale ha
dunque rappresentato un impegno, nel continente americano, a dar voce alla Spagna sconfitta dalla
sollevazione militare e a far sopravvivere un’“altra Spagna”, oltre che a mobilitare le comunità spa-
gnole e in generale l’opinione pubblica contro la dittatura. Un impegno esplicato anche attraverso
l’attività culturale, giornalistica e associativa, alla quale i saggi riservano ampio spazio.


“Italia contemporanea”, settembre 2007, n. 248
350                                     Paolo Ferrari e Lia Sezzi

    Dei circa 500.000 rifugiati che abbandonarono la Spagna, attorno ai 5.000 appartenevano all’éli-
te culturale e professionale del paese, un gruppo non soltanto numericamente molto cospicuo — il
numero degli intellettuali tedeschi in esilio è confrontabile anche se superiore — ma ancora più
significativo per società nelle quali esso spesso permise l’acquisizione di competenze relativamen-
te poco presenti e, a volte, la promozione e l’organizzazione di interi settori di studio e ricerca che
dovevano ancora essere modernamente strutturati. Troppe sono le vicende rilevanti per tentarne una
sintesi: i saggi qui raccolti adottano modalità diverse — affrontando interi settori della cultura, della
scienza e delle arti o ripercorrendo singole biografie — per restituire la ricchezza di un apporto che
ha contribuito a trasformare le società americane.
    Naturalmente le vicende dei singoli paesi sono molto differenziate, sotto il profilo quantitativo ma
soprattutto delle condizioni di accoglienza e d’inserimento, pur mantenendo tratti comuni. Se comu-
ne è il motivo dell’abbandono del paese, già le sue modalità subiscono l’influenza di fattori legati sia
alle organizzazioni che lo rendono possibile — che selezionano gli esuli sotto il profilo dell’apparte-
nenza politica: un tema di difficile trattazione, affrontato da più autori, che rimanda alle tensioni e agli
scontri all’interno del fronte repubblicano — sia alle politiche migratorie dei diversi paesi americani.
    Decisive divengono le vicende politiche nazionali, dunque, che determinano le diverse valuta-
zioni della presenza degli esuli — in generale temuti quali, genericamente, “rossi” dai conservato-
ri, ma anche non di rado apprezzati dagli stessi settori per il loro possibile contributo alla crescita
del paese —, ma anche quelle economiche. Gli anni trenta sono infatti caratterizzati dal riassetto
che le diverse economie devono affrontare dopo la crisi mondiale, alle origini di nuovi equilibri
politici e alleanze, interne e internazionali, in tutta l’America Latina, e in ogni caso contrassegnate
da forti tensioni sul mercato del lavoro.
    Volendo schematizzare, agli estremi opposti, tra i paesi considerati, si collocano il Messico — che
accoglie gli esuli con il massimo favore — e la Repubblica Dominicana, dove la stragrande maggio-
ranza dei repubblicani deve vivere dei sussidi dei comitati di sostegno, e la permanenza si trasforma
ben presto in un “incubo”. Eppure anche qui vi sono casi significativi di esuli che contribuiscono
attivamente allo sviluppo culturale. Gli Stati Uniti rappresentano un caso a parte, sia perché il per-
corso degli esuli si intreccia con quello di una tradizionale emigrazione intellettuale non legata alle
vicende politiche, sia perché è più difficile valutare, in quel più moderno contesto, il loro contribu-
to originale. Gli Stati Uniti non adottano inoltre una politica specifica nei confronti degli esuli repub-
blicani, che entrano nel paese come singoli individui, in base alle leggi generali sull’immigrazione.
    L’esilio si definisce, nei saggi qui proposti, in relazione a diverse variabili, tra le quali hanno rilie-
vo l’atteggiamento delle diverse colonie spagnole e le “reti culturali” preesistenti. Queste ultime si
articolano in rapporti tra le comunità di studiosi ma anche in istituzioni, non soltanto universitarie,
il cui ruolo diviene prezioso quando occorre organizzare un concreto aiuto agli intellettuali antifran-
chisti. Sicuramente rilievo principale hanno l’orientamento generale e le politiche dei governi — in
materia di selezione degli ingressi, politiche di sviluppo, rapporti diplomatici con la Spagna franchi-
sta, rinnovamento di settori della pubblica amministrazione, ecc. — e le condizioni dell’economia
e dei diversi mercati del lavoro. Anche i governi più favorevoli alla Repubblica — Messico,
Colombia, Portorico — cercano infatti di orientare il flusso degli esuli in rapporto alle necessità dei
rispettivi paesi. E alla selezione basata sulle competenze professionali si associano a volte criteri
ideologici e di provenienza regionale. Elemento decisivo è poi il mercato del lavoro, che in alcuni
casi — Messico, Colombia, Portorico e Venezuela per quanto riguarda la formazione di un moder-
no sistema scolastico — richiede professionisti e tecnici qualificati, divenendo quindi forte fattore
di attrazione: gli intellettuali e i professionisti provenienti dalla Spagna si trasformano in elementi
preziosi per lo sviluppo, anche dove — come in Argentina — il governo non ne favorisce l’attività.
È in queste condizioni che le preesistenti reti culturali divengono particolarmente efficaci nel forni-
re agli esuli concrete possibilità di impiego. Di minore importanza, per motivi diversi, è l’esilio
Premessa                                               351

intellettuale in Cile — ove prevalgono più che altrove tra i repubblicani spagnoli i lavoratori manua-
li — e a Cuba — che resta soprattutto una tappa intermedia verso altre destinazioni —, mentre il
binomio oppressione politica-economia stagnante costringe gli esuli nella Repubblica Dominicana
a subire gli effetti della dittatura di Trujillo, senza riuscire né a trovare impieghi stabili, né a lascia-
re, se non dopo notevoli difficoltà, il paese. In generale, comunque, suscita timori sia l’arrivo di
disoccupati, sia, negli ambienti conservatori, il loro orientamento politico.
   Molti sono i temi affrontati nei saggi qui raccolti: l’arrivo degli esuli incide sulle vicende politi-
che nazionali, determinando tensioni e fratture all’interno delle comunità degli immigrati. Il proces-
so di adattamento degli intellettuali spagnoli è comunque complesso, specie qualora si considerino
non soltanto le figure più prestigiose. Si trattò spesso di svolgere un’attività intellettuale in un con-
testo lavorativo diverso al quale era necessario adattarsi: ne è un esempio il percorso dei maestri
spagnoli arrivati in Venezuela, la cui classe dirigente voleva svecchiare il sistema scolastico. I mae-
stri cercarono di proseguire la riforma dell’insegnamento iniziata nella scuola pubblica spagnola,
sia insegnando in diversi ordini di scuola, sia creando scuole e collegi privati.
   I saggi, come si è detto — proprio perché incentrati sul contributo dell’esilio intellettuale in
America —, hanno posto in secondo piano le difficoltà incontrate e le sofferenze legate all’abban-
dono della Spagna. Diversi autori, tuttavia, si soffermano sulle tensioni dovute alla presenza di esuli
professionalmente molto capaci suscitate in numerosi ambienti, così come sul dramma del progres-
sivo abbandono della prospettiva di un rientro in patria in tempi brevi, fino all’accettazione dell’ine-
luttabilità della nuova condizione e alla formazione, di cui parlano in particolare Inmaculada
Cordero Olivero ed Encarnación Lemus López, di nuove “identità intermedie”, anch’esse un con-
tributo duraturo della cultura della Spagna repubblicana. (p.f.)

Nelle ricerche riunite in questo fascicolo ricorrono i riferimenti a istituzioni e progetti che hanno
particolare rilievo nella definizione del percorso dell’esilio intellettuale repubblicano, e sui quali
può quindi risultare utile anticipare alcune indicazioni estrapolate dai saggi stessi.

Servicio de evacuación de republicanos españoles
    Il Servicio de evacuación de republicanos españoles (Sere) venne creato nel febbraio 1939 per aiuta-
re gli esuli repubblicani. Era legato al governo Negrín e appoggiato dai comunisti. Al pari della Junta de
auxilio a los republicanos españoles, anch’essa accusata in seguito di favoritismi, effettuò una selezione
tra gli esuli che fu al centro di aspre accuse da parte di socialisti “prietisti”, repubblicani e anarchici.

Junta de auxilio a los republicanos españoles
   La Junta de auxilio a los republicanos españoles (Jare), creata nel luglio 1939, perseguiva il
medesimo fine di assistenza agli spagnoli costretti all’esilio, riflettendo al contempo la spaccatura
all’interno del fronte repubblicano. Essa riuniva infatti i partiti che si contrapponevano a Juan
Negrín, in particolare le correnti che nel Partido socialista obrero español e nell’Unión general de
trabajadores facevano riferimento a Indalecio Prieto e i partiti repubblicani (Izquierda republicana,
Unión republicana e Partido republicano federal).

Junta para ampliación de estudios e investigaciones scientíficas
   La Junta para ampliación de estudios e investigaciones scientíficas (Jae, Giunta per l’ampliamen-
to degli studi e la ricerca scientifica), creata nel 1907, attuò un intenso programma di scambio di
docenti e alunni con l’estero, mediante un sistema di borse di studio (pensionados). La sua nascita
risponde ai propositi dei “rigenerazionisti” spagnoli di abbandonare il pessimismo ottocentesco per
aprirsi all’esterno e instaurare un dialogo con i paesi più moderni d’Europa, unico mezzo per avan-
zare e progredire. Al suo interno si formarono e lavorarono i più importanti intellettuali e scienzia-
ti della Spagna tra il 1907 e il 1939. Svolse un ruolo decisivo anche nei rapporti con l’America
352                                    Paolo Ferrari e Lia Sezzi

Latina, potenziati da un regio decreto legge promulgato il 16 aprile 1910 che favoriva lo scambio
di professori e alunni e la pubblicazione di studi sulla società, il passato e la storia naturale
dell’America. Il suo primo presidente fu Santiago Ramón y Cajal.

Residencia de estudiantes
   Fu fondata dalla Jae, a Madrid, nel 1910, per affiancare all’insegnamento universitario un
ambiente intellettuale e conviviale propizio alla formazione degli studenti. Il suo obiettivo era
instaurare un dialogo permanente tra le scienze e le arti e fungere da centro di ricezione delle avan-
guardie internazionali. Divenne pertanto un polo di irradiazione della modernità in Spagna. Tra i
suoi ospiti figurano alcuni dei più importanti nomi della cultura spagnola del Novecento, come
Federico García Lorca, Salvador Dalí e Luis Buñuel.

Centro de estudios históricos
    Nel 1910 la Jae creò a Madrid il Centro de estudios históricos. Su questa istituzione ricadde il
compito di instaurare i rapporti con l’America Latina, oltre che promuovere, da un diverso punto di
vista, lo studio della storia, della lingua, della filologia e della civiltà spagnola, considerate elemen-
ti essenziali per rafforzare l’identità della Spagna e per impostare nuove relazioni, ora basate sui
presupposti della scienza e della cultura. Dal 1915 fu diretto da Ramón Menéndez Pidal.

Institución libre de enseñanza
   Istituzione fondata a Madrid nel 1876. Era formata da intellettuali di diversa estrazione ideolo-
gica e provenienti da differenti scuole scientifiche e professionali che si proponevano di moderniz-
zare e moralizzare la Spagna con un’impronta laica e umanista. Il suo mentore fu Francisco Giner
de los Ríos.

Instituto-escuela
   Il primo Instituto-escuela fu fondato a Madrid dalla Jae nel 1918. Gli Institutos-escuelas furono
esempi di sperimentazione pedagogica nell’ambito della scuola secondaria. Sostenevano program-
mi di studio di carattere integrale, un insegnamento prevalentemente pratico basato sull’osservazio-
ne e sulla sperimentazione e si proponevano di migliorare la qualità degli educatori.

Escuela nueva
   I contributi di medici, psicologi, maestri, ecc. volti a promuovere una scuola diversa confluirono
nel movimento dell’Escuela nueva a partire dagli anni venti del Novecento. I tratti principali del movi-
mento sono: una scuola attiva, vitalista, paidocentrica. Il bambino è il centro della scuola e ne viene
stimolato l’apprendimento a partire dalla motivazione, dall’osservazione e dalla sperimentazione. Tra
i principali ispiratori del movimento vi sono Maria Montessori, Ovide Decroly e Célestin Freinet.

Missioni pedagogiche
    Le Missioni pedagogiche furono un progetto culturale ed educativo sorto in seno al Museo peda-
gógico nacional, nato nel 1884 come centro vincolato all’Institución libre de enseñanza. Nel 1931
fu creato il Patronato de misiones pedagógicas presieduto dal direttore del Museo, Manuel
Bartolomé Cossío. Il suo obiettivo era diffondere nel popolo la cultura e accorciare le distanze tra
l’istruzione impartita in campagna e quella impartita in città. Disponeva di servizi bibliotecari e
musei ambulanti, cinema, teatro, musica, teatro di marionette, ecc. Alle diverse missioni, realizza-
te nelle zone rurali più arretrate, collaborarono numerosi docenti, scrittori, artisti e musicisti. Dopo
la guerra civile, il governo di Franco trasformò il Patronato de misiones pedagógicas nel Patronato
de cultura popular e le sue attività in “Giornate culturali”. (l.s.)

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Un esilio intellettuale. Dalla Spagna della guerra civile alle Americhe

  • 1. Studi e ricerche Un esilio intellettuale Dalla Spagna della guerra civile alle Americhe a cura di Paolo Ferrari e Lia Sezzi Premessa La guerra civile spagnola ha suscitato in Italia un interesse costante, sotto il profilo storico e politi- co, per il suo ruolo centrale nello scontro tra fascismo e antifascismo, che con quel conflitto assu- me il nuovo carattere di scontro armato di ampiezza internazionale. L’“oggi in Spagna, domani in Italia” di Carlo Rosselli riassume un passaggio decisivo che ha anche reso la storia spagnola di que- gli anni parte di quella più vasta dei movimenti di liberazione e, quindi, della storia dei paesi e dei popoli impegnati in quella guerra. A settant’anni di distanza, esiste una vasta letteratura sui diversi aspetti del conflitto e anche sull’esilio da esso generato, affrontato in decine di pubblicazioni che hanno suscitato un ampio dibattito — si vedano le ricche indicazioni comprese nel saggio di Marco Novarino, che traccia il quadro di riferimento generale dell’esilio, non soltanto verso l’America, e nell’intervento conclusivo di Alfonso Botti, che, oltre a intervenire sul dibattito, delinea temi di ricerca trascurati. Le pubblicazioni sull’esilio sono per lo più in lingua spagnola e quindi poco cono- sciute in Italia al di fuori della cerchia degli specialisti: con questo fascicolo monografico vogliamo proporre un ampio affresco su una vicenda di rilievo sia per la storia culturale spagnola, sia per quel- la di numerosi paesi americani. I saggi raccolti offrono un panorama aggiornato relativo a nove paesi — Messico (Alicia Alted Vigil), Venezuela (Salomó Marquès Sureda), Cile e Argentina (Inmaculada Cordero Olivero ed Encarnación Lemus López), Colombia (María Eugenia Martínez Gorroño e Juan Luis Hernández Álvarez), Portorico e Cuba (Consuelo Naranjo Orovio), Repubblica Dominicana (Ángel Herrerín López) e Stati Uniti (Germán Rueda) — e ripropongono la vicenda dell’esilio non tanto nella sua drammaticità — dimensione centrale legata a uno sradicamento coatto destinato per lo più a dive- nire permanente — ma mettendo in primo piano l’esilio degli intellettuali quale forma da un lato di prosecuzione di una parte della cultura spagnola al di fuori della madrepatria, dall’altro di contribu- to allo sviluppo culturale, artistico e scientifico delle nuove realtà. Un percorso non di semplice tra- sferimento ma di progressiva formazione di nuove culture nate dall’intreccio di diverse tradizioni, che implicò anche l’esportazione oltreoceano di scuole e modelli di organizzazione scientifica. L’esilio degli intellettuali va altresì considerato quale forma di Resistenza, che ha permesso la sopravvivenza, al di fuori della madrepatria, di una parte della cultura spagnola che durante la Repubblica stava attraversando un periodo di grande vivacità e originalità e alla quale la dittatura ha negato ogni possibilità di espressione. Una sopravvivenza poi reinnestatasi nella cultura nazionale, drammaticamente impoverita dagli effetti della guerra civile, ma dopo un processo di trasformazio- ne legato ai nuovi contesti e ai nuovi stimoli acquisiti al di là dell’oceano. L’esilio intellettuale ha dunque rappresentato un impegno, nel continente americano, a dar voce alla Spagna sconfitta dalla sollevazione militare e a far sopravvivere un’“altra Spagna”, oltre che a mobilitare le comunità spa- gnole e in generale l’opinione pubblica contro la dittatura. Un impegno esplicato anche attraverso l’attività culturale, giornalistica e associativa, alla quale i saggi riservano ampio spazio. “Italia contemporanea”, settembre 2007, n. 248
  • 2. 350 Paolo Ferrari e Lia Sezzi Dei circa 500.000 rifugiati che abbandonarono la Spagna, attorno ai 5.000 appartenevano all’éli- te culturale e professionale del paese, un gruppo non soltanto numericamente molto cospicuo — il numero degli intellettuali tedeschi in esilio è confrontabile anche se superiore — ma ancora più significativo per società nelle quali esso spesso permise l’acquisizione di competenze relativamen- te poco presenti e, a volte, la promozione e l’organizzazione di interi settori di studio e ricerca che dovevano ancora essere modernamente strutturati. Troppe sono le vicende rilevanti per tentarne una sintesi: i saggi qui raccolti adottano modalità diverse — affrontando interi settori della cultura, della scienza e delle arti o ripercorrendo singole biografie — per restituire la ricchezza di un apporto che ha contribuito a trasformare le società americane. Naturalmente le vicende dei singoli paesi sono molto differenziate, sotto il profilo quantitativo ma soprattutto delle condizioni di accoglienza e d’inserimento, pur mantenendo tratti comuni. Se comu- ne è il motivo dell’abbandono del paese, già le sue modalità subiscono l’influenza di fattori legati sia alle organizzazioni che lo rendono possibile — che selezionano gli esuli sotto il profilo dell’apparte- nenza politica: un tema di difficile trattazione, affrontato da più autori, che rimanda alle tensioni e agli scontri all’interno del fronte repubblicano — sia alle politiche migratorie dei diversi paesi americani. Decisive divengono le vicende politiche nazionali, dunque, che determinano le diverse valuta- zioni della presenza degli esuli — in generale temuti quali, genericamente, “rossi” dai conservato- ri, ma anche non di rado apprezzati dagli stessi settori per il loro possibile contributo alla crescita del paese —, ma anche quelle economiche. Gli anni trenta sono infatti caratterizzati dal riassetto che le diverse economie devono affrontare dopo la crisi mondiale, alle origini di nuovi equilibri politici e alleanze, interne e internazionali, in tutta l’America Latina, e in ogni caso contrassegnate da forti tensioni sul mercato del lavoro. Volendo schematizzare, agli estremi opposti, tra i paesi considerati, si collocano il Messico — che accoglie gli esuli con il massimo favore — e la Repubblica Dominicana, dove la stragrande maggio- ranza dei repubblicani deve vivere dei sussidi dei comitati di sostegno, e la permanenza si trasforma ben presto in un “incubo”. Eppure anche qui vi sono casi significativi di esuli che contribuiscono attivamente allo sviluppo culturale. Gli Stati Uniti rappresentano un caso a parte, sia perché il per- corso degli esuli si intreccia con quello di una tradizionale emigrazione intellettuale non legata alle vicende politiche, sia perché è più difficile valutare, in quel più moderno contesto, il loro contribu- to originale. Gli Stati Uniti non adottano inoltre una politica specifica nei confronti degli esuli repub- blicani, che entrano nel paese come singoli individui, in base alle leggi generali sull’immigrazione. L’esilio si definisce, nei saggi qui proposti, in relazione a diverse variabili, tra le quali hanno rilie- vo l’atteggiamento delle diverse colonie spagnole e le “reti culturali” preesistenti. Queste ultime si articolano in rapporti tra le comunità di studiosi ma anche in istituzioni, non soltanto universitarie, il cui ruolo diviene prezioso quando occorre organizzare un concreto aiuto agli intellettuali antifran- chisti. Sicuramente rilievo principale hanno l’orientamento generale e le politiche dei governi — in materia di selezione degli ingressi, politiche di sviluppo, rapporti diplomatici con la Spagna franchi- sta, rinnovamento di settori della pubblica amministrazione, ecc. — e le condizioni dell’economia e dei diversi mercati del lavoro. Anche i governi più favorevoli alla Repubblica — Messico, Colombia, Portorico — cercano infatti di orientare il flusso degli esuli in rapporto alle necessità dei rispettivi paesi. E alla selezione basata sulle competenze professionali si associano a volte criteri ideologici e di provenienza regionale. Elemento decisivo è poi il mercato del lavoro, che in alcuni casi — Messico, Colombia, Portorico e Venezuela per quanto riguarda la formazione di un moder- no sistema scolastico — richiede professionisti e tecnici qualificati, divenendo quindi forte fattore di attrazione: gli intellettuali e i professionisti provenienti dalla Spagna si trasformano in elementi preziosi per lo sviluppo, anche dove — come in Argentina — il governo non ne favorisce l’attività. È in queste condizioni che le preesistenti reti culturali divengono particolarmente efficaci nel forni- re agli esuli concrete possibilità di impiego. Di minore importanza, per motivi diversi, è l’esilio
  • 3. Premessa 351 intellettuale in Cile — ove prevalgono più che altrove tra i repubblicani spagnoli i lavoratori manua- li — e a Cuba — che resta soprattutto una tappa intermedia verso altre destinazioni —, mentre il binomio oppressione politica-economia stagnante costringe gli esuli nella Repubblica Dominicana a subire gli effetti della dittatura di Trujillo, senza riuscire né a trovare impieghi stabili, né a lascia- re, se non dopo notevoli difficoltà, il paese. In generale, comunque, suscita timori sia l’arrivo di disoccupati, sia, negli ambienti conservatori, il loro orientamento politico. Molti sono i temi affrontati nei saggi qui raccolti: l’arrivo degli esuli incide sulle vicende politi- che nazionali, determinando tensioni e fratture all’interno delle comunità degli immigrati. Il proces- so di adattamento degli intellettuali spagnoli è comunque complesso, specie qualora si considerino non soltanto le figure più prestigiose. Si trattò spesso di svolgere un’attività intellettuale in un con- testo lavorativo diverso al quale era necessario adattarsi: ne è un esempio il percorso dei maestri spagnoli arrivati in Venezuela, la cui classe dirigente voleva svecchiare il sistema scolastico. I mae- stri cercarono di proseguire la riforma dell’insegnamento iniziata nella scuola pubblica spagnola, sia insegnando in diversi ordini di scuola, sia creando scuole e collegi privati. I saggi, come si è detto — proprio perché incentrati sul contributo dell’esilio intellettuale in America —, hanno posto in secondo piano le difficoltà incontrate e le sofferenze legate all’abban- dono della Spagna. Diversi autori, tuttavia, si soffermano sulle tensioni dovute alla presenza di esuli professionalmente molto capaci suscitate in numerosi ambienti, così come sul dramma del progres- sivo abbandono della prospettiva di un rientro in patria in tempi brevi, fino all’accettazione dell’ine- luttabilità della nuova condizione e alla formazione, di cui parlano in particolare Inmaculada Cordero Olivero ed Encarnación Lemus López, di nuove “identità intermedie”, anch’esse un con- tributo duraturo della cultura della Spagna repubblicana. (p.f.) Nelle ricerche riunite in questo fascicolo ricorrono i riferimenti a istituzioni e progetti che hanno particolare rilievo nella definizione del percorso dell’esilio intellettuale repubblicano, e sui quali può quindi risultare utile anticipare alcune indicazioni estrapolate dai saggi stessi. Servicio de evacuación de republicanos españoles Il Servicio de evacuación de republicanos españoles (Sere) venne creato nel febbraio 1939 per aiuta- re gli esuli repubblicani. Era legato al governo Negrín e appoggiato dai comunisti. Al pari della Junta de auxilio a los republicanos españoles, anch’essa accusata in seguito di favoritismi, effettuò una selezione tra gli esuli che fu al centro di aspre accuse da parte di socialisti “prietisti”, repubblicani e anarchici. Junta de auxilio a los republicanos españoles La Junta de auxilio a los republicanos españoles (Jare), creata nel luglio 1939, perseguiva il medesimo fine di assistenza agli spagnoli costretti all’esilio, riflettendo al contempo la spaccatura all’interno del fronte repubblicano. Essa riuniva infatti i partiti che si contrapponevano a Juan Negrín, in particolare le correnti che nel Partido socialista obrero español e nell’Unión general de trabajadores facevano riferimento a Indalecio Prieto e i partiti repubblicani (Izquierda republicana, Unión republicana e Partido republicano federal). Junta para ampliación de estudios e investigaciones scientíficas La Junta para ampliación de estudios e investigaciones scientíficas (Jae, Giunta per l’ampliamen- to degli studi e la ricerca scientifica), creata nel 1907, attuò un intenso programma di scambio di docenti e alunni con l’estero, mediante un sistema di borse di studio (pensionados). La sua nascita risponde ai propositi dei “rigenerazionisti” spagnoli di abbandonare il pessimismo ottocentesco per aprirsi all’esterno e instaurare un dialogo con i paesi più moderni d’Europa, unico mezzo per avan- zare e progredire. Al suo interno si formarono e lavorarono i più importanti intellettuali e scienzia- ti della Spagna tra il 1907 e il 1939. Svolse un ruolo decisivo anche nei rapporti con l’America
  • 4. 352 Paolo Ferrari e Lia Sezzi Latina, potenziati da un regio decreto legge promulgato il 16 aprile 1910 che favoriva lo scambio di professori e alunni e la pubblicazione di studi sulla società, il passato e la storia naturale dell’America. Il suo primo presidente fu Santiago Ramón y Cajal. Residencia de estudiantes Fu fondata dalla Jae, a Madrid, nel 1910, per affiancare all’insegnamento universitario un ambiente intellettuale e conviviale propizio alla formazione degli studenti. Il suo obiettivo era instaurare un dialogo permanente tra le scienze e le arti e fungere da centro di ricezione delle avan- guardie internazionali. Divenne pertanto un polo di irradiazione della modernità in Spagna. Tra i suoi ospiti figurano alcuni dei più importanti nomi della cultura spagnola del Novecento, come Federico García Lorca, Salvador Dalí e Luis Buñuel. Centro de estudios históricos Nel 1910 la Jae creò a Madrid il Centro de estudios históricos. Su questa istituzione ricadde il compito di instaurare i rapporti con l’America Latina, oltre che promuovere, da un diverso punto di vista, lo studio della storia, della lingua, della filologia e della civiltà spagnola, considerate elemen- ti essenziali per rafforzare l’identità della Spagna e per impostare nuove relazioni, ora basate sui presupposti della scienza e della cultura. Dal 1915 fu diretto da Ramón Menéndez Pidal. Institución libre de enseñanza Istituzione fondata a Madrid nel 1876. Era formata da intellettuali di diversa estrazione ideolo- gica e provenienti da differenti scuole scientifiche e professionali che si proponevano di moderniz- zare e moralizzare la Spagna con un’impronta laica e umanista. Il suo mentore fu Francisco Giner de los Ríos. Instituto-escuela Il primo Instituto-escuela fu fondato a Madrid dalla Jae nel 1918. Gli Institutos-escuelas furono esempi di sperimentazione pedagogica nell’ambito della scuola secondaria. Sostenevano program- mi di studio di carattere integrale, un insegnamento prevalentemente pratico basato sull’osservazio- ne e sulla sperimentazione e si proponevano di migliorare la qualità degli educatori. Escuela nueva I contributi di medici, psicologi, maestri, ecc. volti a promuovere una scuola diversa confluirono nel movimento dell’Escuela nueva a partire dagli anni venti del Novecento. I tratti principali del movi- mento sono: una scuola attiva, vitalista, paidocentrica. Il bambino è il centro della scuola e ne viene stimolato l’apprendimento a partire dalla motivazione, dall’osservazione e dalla sperimentazione. Tra i principali ispiratori del movimento vi sono Maria Montessori, Ovide Decroly e Célestin Freinet. Missioni pedagogiche Le Missioni pedagogiche furono un progetto culturale ed educativo sorto in seno al Museo peda- gógico nacional, nato nel 1884 come centro vincolato all’Institución libre de enseñanza. Nel 1931 fu creato il Patronato de misiones pedagógicas presieduto dal direttore del Museo, Manuel Bartolomé Cossío. Il suo obiettivo era diffondere nel popolo la cultura e accorciare le distanze tra l’istruzione impartita in campagna e quella impartita in città. Disponeva di servizi bibliotecari e musei ambulanti, cinema, teatro, musica, teatro di marionette, ecc. Alle diverse missioni, realizza- te nelle zone rurali più arretrate, collaborarono numerosi docenti, scrittori, artisti e musicisti. Dopo la guerra civile, il governo di Franco trasformò il Patronato de misiones pedagógicas nel Patronato de cultura popular e le sue attività in “Giornate culturali”. (l.s.)