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La Newsletter dell’Ambasciata di Palestina
Roma, Italia
No 38
19 settembre 2016
“La Palestina è un Paese sul mappamondo. Né grande né piccolo. Se ci date una mano a vivere in
pace avremo tutto ciò di cui abbiamo bisogno”
Zahi, 12 anni, da Gaza “In Altro Mare”
1
NEWSLETTER No 38
Indice:
I) Solo bastoni, niente carote
II) Il Pil palestinese senza occupazione
III) Israele distrugge ciò che l’Europa costruisce
IV) Attivista palestinese eletto Presidente della Federazione Internazionale per i Diritti
Umani
V) I ragazzi palestinesi tornano a vela e scalano montagne
VI) Per non dimenticare Sabra e Shatila
2
I – Solo bastoni, niente carote
Seguendo il copione delle punizioni collettive già denunciate dalle Nazioni Unite, domenica 4
settembre le truppe israeliane hanno preso d’assalto la città di Sair, nel distretto di Hebron, hanno
fatto irruzione nella casa della famiglia di Fadi
Faroukh, un giovane palestinese ucciso nel
novembre 2015, e hanno distrutto tutto ciò che
potevano distruggere. Secondo la testimonianza del
fratello di Fadi, Saed, i soldati hanno addirittura
minacciato d’arrestare la figlia del defunto, di soli 10
mesi. Andandosene, avrebbero poi affisso alla porta
della casa saccheggiata un avvertimento per tutti gli
abitanti della città, che prometteva “un aumento
degli sforzi contro i terroristi e chiunque sia
coinvolto nelle loro attività”.
Non si tratta di un episodio ma di una politica, recentemente presentata dal nuovo Ministro della
Difesa israeliano Avigdor Lieberman utilizzando la metafora “del bastone e della carota” per
giustificare la mano dura contro i presunti terroristi e promettere “ricompense economiche alle
zone che non hanno prodotto terroristi”, ma che di fatto va avanti da anni con il solo uso del
bastone.
Vedi:
http://www.maannews.com/Content.aspx?id=772975
http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Liberman-unveils-new-carrot-and-stick-policy-for-West-Bank-
Palestinians-464360
II – Il Pil palestinese senza occupazione
"L'economia dei Territori Palestinesi Occupati raddoppierebbe facilmente il suo Pil attuale e la
disoccupazione sarebbe tenuta
entro certi limiti" se non ci fosse
l'occupazione israeliana. Lo
sostiene un rapporto della
Conferenza dell'Onu sul
Commercio e lo Sviluppo
(UNCTAD), che ha provato a
calcolare quello che chiama "lo
sconcertante costo economico
dell'occupazione".
Il rapporto cita i limiti al
movimento, la distruzione delle
risorse, l'espansione degli insediamenti israeliani e la confisca di terra, acqua e risorse naturali come
"canali attraverso i quali l'occupazione sottrae al popolo palestinese i suoi diritti umani allo
sviluppo". La stessa fonte informa sulla situazione a Gaza, caratterizzata da un tasso di mortalità
infantile non solo elevatissimo, ma in aumento per la prima volta in 50 anni.
Vedi:
http://www.un.org/apps/news/story.asp?NewsID=54857#.V9FI1PmLSUk
https://unispal.un.org/DPA/DPR/unispal.nsf/47d4e277b48d9d3685256ddc00612265/4a6dc73a1b615fe485
258022004dd0e3?OpenDocument
3
http://www.ansamed.info/ansamed/it/notizie/stati/israele/2016/09/07/mo-onu-senza-occupazione-pil-
palestinese-sarebbe-doppio_35cc9f52-1fa8-4102-a62f-04a477e2f9ac.html
http://www.haaretz.com/israel-news/1.740695
III – Israele distrugge ciò che l’Europa costruisce
Tra il 2001 e il maggio 2016 Israele ha distrutto circa 150 progetti di sviluppo in Palestina, per un
valore di 85 milioni di euro, ciascuno finanziato, totalmente o parzialmente, dall’Unione Europea e
dai Paesi Membri, che in questo modo hanno subito una perdita pari ad almeno 58 milioni di euro.
Se a ciò si aggiunge lo spreco di aiuti umanitari, la cifra sale a 65 milioni, di cui 23 andati in fumo
durante l’attacco di Israele a Gaza nell’agosto del 2014.
Si tratta soprattutto di progetti su vasta scala, ma le
demolizioni delle abitazioni palestinesi formano parte
integrante della strategia israeliana. Un esempio recente è
quello dello scorso 8 agosto, quando alle 6:30 del mattino
le forze di occupazione sono entrate ad Umm Al-Kheir, sulle
colline a Sud di Hebron, demolendo 5 case di cui 3 costruite
con donazioni della UE e lasciando in questo modo senza
tetto 27 palestinesi tra cui 16 bambini.
Come conseguenza della politica restrittiva rispetto ai
permessi di costruzione rilasciati da Israele, sia i palestinesi
che le autorità europee hanno dovuto agire senza
“permesso” per fare fronte alle esigenze più elementari,
come quella di fornire un riparo o dell’acqua alla
popolazione. Di qui la scusa che Israele presenta al
momento di demolire.
La decisione dell’Unione Europea di etichettare i prodotti
degli insediamenti potrebbe aver incoraggiato il fenomeno
delle demolizioni di edifici targati UE. Fatto sta che l’Unione
Europea si trova in una posizione di evidente imbarazzo, se,
contrariamente a quanto avveniva fino al 2012, tende a non fornire nessuna informazione in merito
ai progetti distrutti da Israele.
Vedi:
http://www.euromedmonitor.org/en/article/1255/Squandered-Aid:-Israel%E2%80%99s-
repetitive-destruction-of-EU-funded-projects-in-Palestine
http://euromedmonitor.org/uploads/reports/SquanderedAid_En.pdf
https://www.youtube.com/watch?v=GtbpZtSDkCk
http://english.wafa.ps/page.aspx?id=kPNxTVa38911469652akPNxTV
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/08/08/israele-mai-cosi-tante-demolizioni-di-abitazioni-
palestinesi/2961139/
IV – Attivista palestinese eletto Presidente della Federazione Internazionale per i
Diritti Umani
La 39esima Conferenza della Federazione Internazionale per i Diritti Umani (FIDH), riunita a
Johannesburg dal 22 al 27 agosto, ha eletto Presidente Shawan Jabarin, noto attivista palestinese.
Lo ha annunciato Saeb Erekat, Segretario Generale del Comitato Esecutivo dell’OLP, dichiarando che
“Il popolo palestinese e lo Stato di Palestina sono fieri di questa vittoria storica. I palestinesi hanno
4
sempre giocato un ruolo importante nella difesa dei diritti umani, a cominciare dai propri diritti,
calpestati da Israele”.
Jabarin, attivista della Cisgiordania Occupata e Presidente
dell’Associazione per i diritti umani Al-Haq (Il Diritto), era
già Vice-Presidente della FIDH dal 2013. Secondo Erekat, la
sua elezione alla carica di Presidente rappresenta “una
risposta pratica, da parte di tutte le organizzazioni per i
diritti umani riunite nella Federazione, alla campagna di
Israele contro Al-Haq”.
Nelle settimane che hanno preceduto l’elezione di Jabarin,
Israele si è infatti ripetutamente scagliata contro di lui e la sua associazione, che ha avuto il merito
di documentare meticolosamente le violazioni dei diritti umani avvenute a Gaza nell’estate del 2014
durante i 50 giorni dell’operazione “Margine protettivo”. Una documentazione che ha l’obiettivo di
portare Israele e i suoi criminali di guerra davanti a un tribunale, e che i 400 attivisti presenti a
Johannesburg, provenienti da 122 Paesi diversi in rappresentanza di 193 organizzazioni per i diritti
umani, hanno senza dubbio ritenuto interessante.
Vedi:
http://news.xinhuanet.com/english/2016-08/30/c_135643289.htm
http://www.alhaq.org/advocacy/topics/human-rights-defenders/1067-shawan-jabarin-elected-secretary-
general-of-fidh
http://www.alhaq.org/advocacy/topics/human-rights-defenders/707-al-haq-director-shawan-jabarin-
elected-vice-president-of-the-international-federation-for-human-rights-fidh
V – I ragazzi palestinesi tornano a vela e scalano montagne
Non era la prima volta che vedevamo arrivare dei ragazzini palestinesi alla Scuola di Vela “Mal di
Mare”, presso la base velica di Pescia Romana (Montalto di Castro). Di fronte ai sorrisi e
all’entusiasmo di 7 bambini e 3 bambine tra i
10 e i 12 anni provenienti dalla prigione a
cielo aperto di Gaza, l’emozione è stata la
stessa di quella provata esattamente tre anni
fa, nel settembre del 2013, quando dalla
Cisgiordania Occupata giunsero con
AssopacePalestina Sami, Osamah, Nour,
Maram e Ahmad, che non avevano mai visto
il mare perché l’accesso alle coste della
Palestina è loro vietato dai decreti militari
israeliani.
A rendere quest’ultima esperienza
particolarmente significativa, il fatto che si
sia riusciti a dare continuità al rapporto con
la Palestina nell’ambito del progetto “In Altro Mare”: un progetto nato cinque anni fa dalla
collaborazione tra “Mal di Mare” e un’orchestra che, insieme, hanno individuato nella linea tra mare
e terra, dove l’incontro non è mai certo e per questo occorre cercarsi, uno spazio “altro”, dove è
possibile includere chi è solitamente escluso.
In questo spazio può succedere che si ripetano nel tempo momenti di scambio e di pace tra ragazzi
che provengono da diversi Paesi. “In Altro Mare” questi ragazzi sperimentano la vela, la prima forma
di trasporto - e dunque di comunicazione - tra le genti del Mediterraneo. “In Altro Mare” suonano,
5
cantano, ballano e piangono dall’emozione, con altri ragazzi che hanno storie e capacità le più
diverse. In questo luogo, la presenza, o meglio la partecipazione, di giovani con disabilità,
contribuisce a indebolire una struttura identitaria che spesso imprigiona, rimettendo in discussione
ruoli stereotipati ed aprendo la strada a rapporti inesplorati.
E’ qui che sono arrivati, il 2 settembre, Zahi, Husam, Amjad, Issa, Lama, Julia, Ola, Eyad, Khader e
Ghattas - insieme a George, il loro accompagnatore - grazie alla collaborazione della Scuola di Vela
con AssopacePalestina, Gazzella
Onlus e l’YMCA di Gaza. Ed è qui che
sono stati accolti dai maestri di vela
Mauro Pandimiglio, Giulia Attiani,
Fulvia Conte, Stefano Verzilli e Veli
Palushi, insieme agli altri allievi della
scuola. In questo spazio hanno
conosciuto Mai Alkaila,
Ambasciatrice in Italia del loro Stato,
la Palestina; il prestigiatore Andrea
Sestieri e i musicoterapeuti Max
Ventricini e Chiara Frontini; la
Musica del Mediterraneo di Isabella
Mangani e Stefano Donegà. Qui,
soprattutto, hanno fatto amicizie,
profonde da subito, che hanno
rivelato un po’ di preoccupazione per il futuro ma anche la promessa di non perdersi. E da qui sono
ripartiti il 10 settembre, per passare dal mare di Pescia Romana ai Monti Lepini di Supino e
trascorrere 4 giorni ospiti di Luisa Morgantini e AssopacePalestina nel Centro “Bab Al Shams”, “La
Porta del Sole” che prende il nome dal villaggio costruito eroicamente dai Comitati Popolari per la
resistenza nonviolenta nella zona E1 di Gerusalemme Est, sfidando l’occupazione israeliana. I
volontari di Sistema Natura li hanno accompagnati ad esplorare la montagna; i bambini di Supino
hanno giocato con loro; il sindaco Gianfranco Barletta li ha accolti calorosamente in municipio.
Non finisce qui. Il prossimo passo del Progetto “In Altro Mare”, delle associazioni che hanno
collaborato, e di tutti coloro che vorranno continuare a dare una mano, potrebbe essere l'apertura
di una Scuola di Vela a Gaza City, vicino al porto. Le Nazioni Unite, il consolato italiano, l’Ambasciata
Palestinese, e tutti gli organismi di cooperazione italo-palestinese hanno già dato riscontri positivi.
Le porte della Scuola “Mal di Mare” e del Centro “Bab Al Shams” saranno sempre aperte.
Vedi:
http://www.lastampa.it/2016/09/02/italia/cronache/da-gaza-a-roma-vela-e-speranza-per-ragazzi-
U2ybaunSJZhF1dQSgxrFSM/pagina.html
https://www.facebook.com/InAltroMare
https://www.facebook.com/luisa.morgantini
VI – Per non dimenticare Sabra e Shatila
Maurizio Musolino se ne è andato pochi giorni prima dell’anniversario della strage dei campi
profughi di Sabra e Shatila, in Libano. Il massacro della popolazione palestinese avvenne infatti tra
il 16 e il 18 settembre 1982. A giugno di quell’anno Israele aveva lanciato la sua operazione “Pace in
Galilea” per distruggere l’OLP, l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina guidata da Yasser
Arafat allora di base in Libano. Invadendo per la seconda volta il Libano, Israele intraprendeva una
guerra che avrebbe fatto 20.000 vittime e distrutto un intero Paese. Bombardamenti, bombe a
6
grappolo e al fosforo, ridussero
infatti il Libano e la sua capitale
ad un cumulo di macerie
fumanti. Il 16 settembre, uomini
delle milizie libanesi entrarono
nei campi profughi palestinesi.
Iniziò così una carneficina che
durò due giorni, con gli israeliani
installati a 200 metri da Shatila
per creare una cinta intorno ai
campi e fornire i mezzi necessari
all'operazione. Il bilancio fu di
più di 3.000 vittime, per la
maggioranza vecchi, donne e
bambini. Il 16 dicembre 1982
l'Assemblea generale delle
Nazioni Unite condannò il
massacro, definendolo "un atto di genocidio"; una commissione d’inchiesta ne attribuì la
responsabilità ad Ariel Sharon, costringendolo a dimettersi da Ministro della Difesa di Israele. Ciò
non impedì che egli divenisse successivamente Primo Ministro, come ha ricordato in questi giorni il
Segretario Generale del Comitato Esecutivo dell’OLP, Saeb Erekat, sottolineando che “Sabra e
Shatila ci ricordano l’importanza di far prevalere la giustizia sull’impunità”.
Per non dimenticare i morti, per non dimenticare Sabra e Shatila, Maurizio Musolino fondò il
comitato che porta questo nome. Un comitato che rivendica i diritti dei rifugiati di oggi e di sempre;
di tutti quei palestinesi cacciati dalla propria terra e a cui non è consentito fare ritorno in patria,
nonostante ne abbiano pieno diritto. Lo stesso comitato, subito dopo aver salutato Maurizio è
partito per il Libano con una delegazione che, come ogni anno, ha voluto rendere omaggio alle
vittime di Sabra e Shatila, ma anche conoscere e solidarizzare con i tanti palestinesi, profughi fra i
profughi, costretti a uscire oggi dalla Siria. Al centro delle iniziative con cui gli oltre 400 mila
palestinesi che vivono nei campi profughi del Libano hanno ricordato le vittime della strage e le
cause della loro lunga diaspora, il tema del diritto al ritorno secondo la Risoluzione ONU 194, e la
richiesta di non essere dimenticati.
L’Ambasciatrice dello Stato di Palestina in Italia, Mai Alkaila, era con loro, per non dimenticare Sabra
e Shatila, per non dimenticare Maurizio Musolino. In particolare, l’Ambasciatrice ha visitato il campo
profughi di Burj Al Barjni, la Fondazione Ragazzi della Resistenza nel campo di Mar Elias, il cimitero
dei martiri della resistenza nel campo di Shatila e le famiglie delle vittime del massacro.
Vedi:
http://www.raistoria.rai.it/articoli/il-massacro-di-sabra-e-chatila/10852/default.aspx
https://www.nad.ps/en/media-room/press-releases/dr-saeb-erekat-sabra-and-shatila-massacre-
beirut-september-16-17-18-1982

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  • 2. 1 NEWSLETTER No 38 Indice: I) Solo bastoni, niente carote II) Il Pil palestinese senza occupazione III) Israele distrugge ciò che l’Europa costruisce IV) Attivista palestinese eletto Presidente della Federazione Internazionale per i Diritti Umani V) I ragazzi palestinesi tornano a vela e scalano montagne VI) Per non dimenticare Sabra e Shatila
  • 3. 2 I – Solo bastoni, niente carote Seguendo il copione delle punizioni collettive già denunciate dalle Nazioni Unite, domenica 4 settembre le truppe israeliane hanno preso d’assalto la città di Sair, nel distretto di Hebron, hanno fatto irruzione nella casa della famiglia di Fadi Faroukh, un giovane palestinese ucciso nel novembre 2015, e hanno distrutto tutto ciò che potevano distruggere. Secondo la testimonianza del fratello di Fadi, Saed, i soldati hanno addirittura minacciato d’arrestare la figlia del defunto, di soli 10 mesi. Andandosene, avrebbero poi affisso alla porta della casa saccheggiata un avvertimento per tutti gli abitanti della città, che prometteva “un aumento degli sforzi contro i terroristi e chiunque sia coinvolto nelle loro attività”. Non si tratta di un episodio ma di una politica, recentemente presentata dal nuovo Ministro della Difesa israeliano Avigdor Lieberman utilizzando la metafora “del bastone e della carota” per giustificare la mano dura contro i presunti terroristi e promettere “ricompense economiche alle zone che non hanno prodotto terroristi”, ma che di fatto va avanti da anni con il solo uso del bastone. Vedi: http://www.maannews.com/Content.aspx?id=772975 http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Liberman-unveils-new-carrot-and-stick-policy-for-West-Bank- Palestinians-464360 II – Il Pil palestinese senza occupazione "L'economia dei Territori Palestinesi Occupati raddoppierebbe facilmente il suo Pil attuale e la disoccupazione sarebbe tenuta entro certi limiti" se non ci fosse l'occupazione israeliana. Lo sostiene un rapporto della Conferenza dell'Onu sul Commercio e lo Sviluppo (UNCTAD), che ha provato a calcolare quello che chiama "lo sconcertante costo economico dell'occupazione". Il rapporto cita i limiti al movimento, la distruzione delle risorse, l'espansione degli insediamenti israeliani e la confisca di terra, acqua e risorse naturali come "canali attraverso i quali l'occupazione sottrae al popolo palestinese i suoi diritti umani allo sviluppo". La stessa fonte informa sulla situazione a Gaza, caratterizzata da un tasso di mortalità infantile non solo elevatissimo, ma in aumento per la prima volta in 50 anni. Vedi: http://www.un.org/apps/news/story.asp?NewsID=54857#.V9FI1PmLSUk https://unispal.un.org/DPA/DPR/unispal.nsf/47d4e277b48d9d3685256ddc00612265/4a6dc73a1b615fe485 258022004dd0e3?OpenDocument
  • 4. 3 http://www.ansamed.info/ansamed/it/notizie/stati/israele/2016/09/07/mo-onu-senza-occupazione-pil- palestinese-sarebbe-doppio_35cc9f52-1fa8-4102-a62f-04a477e2f9ac.html http://www.haaretz.com/israel-news/1.740695 III – Israele distrugge ciò che l’Europa costruisce Tra il 2001 e il maggio 2016 Israele ha distrutto circa 150 progetti di sviluppo in Palestina, per un valore di 85 milioni di euro, ciascuno finanziato, totalmente o parzialmente, dall’Unione Europea e dai Paesi Membri, che in questo modo hanno subito una perdita pari ad almeno 58 milioni di euro. Se a ciò si aggiunge lo spreco di aiuti umanitari, la cifra sale a 65 milioni, di cui 23 andati in fumo durante l’attacco di Israele a Gaza nell’agosto del 2014. Si tratta soprattutto di progetti su vasta scala, ma le demolizioni delle abitazioni palestinesi formano parte integrante della strategia israeliana. Un esempio recente è quello dello scorso 8 agosto, quando alle 6:30 del mattino le forze di occupazione sono entrate ad Umm Al-Kheir, sulle colline a Sud di Hebron, demolendo 5 case di cui 3 costruite con donazioni della UE e lasciando in questo modo senza tetto 27 palestinesi tra cui 16 bambini. Come conseguenza della politica restrittiva rispetto ai permessi di costruzione rilasciati da Israele, sia i palestinesi che le autorità europee hanno dovuto agire senza “permesso” per fare fronte alle esigenze più elementari, come quella di fornire un riparo o dell’acqua alla popolazione. Di qui la scusa che Israele presenta al momento di demolire. La decisione dell’Unione Europea di etichettare i prodotti degli insediamenti potrebbe aver incoraggiato il fenomeno delle demolizioni di edifici targati UE. Fatto sta che l’Unione Europea si trova in una posizione di evidente imbarazzo, se, contrariamente a quanto avveniva fino al 2012, tende a non fornire nessuna informazione in merito ai progetti distrutti da Israele. Vedi: http://www.euromedmonitor.org/en/article/1255/Squandered-Aid:-Israel%E2%80%99s- repetitive-destruction-of-EU-funded-projects-in-Palestine http://euromedmonitor.org/uploads/reports/SquanderedAid_En.pdf https://www.youtube.com/watch?v=GtbpZtSDkCk http://english.wafa.ps/page.aspx?id=kPNxTVa38911469652akPNxTV http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/08/08/israele-mai-cosi-tante-demolizioni-di-abitazioni- palestinesi/2961139/ IV – Attivista palestinese eletto Presidente della Federazione Internazionale per i Diritti Umani La 39esima Conferenza della Federazione Internazionale per i Diritti Umani (FIDH), riunita a Johannesburg dal 22 al 27 agosto, ha eletto Presidente Shawan Jabarin, noto attivista palestinese. Lo ha annunciato Saeb Erekat, Segretario Generale del Comitato Esecutivo dell’OLP, dichiarando che “Il popolo palestinese e lo Stato di Palestina sono fieri di questa vittoria storica. I palestinesi hanno
  • 5. 4 sempre giocato un ruolo importante nella difesa dei diritti umani, a cominciare dai propri diritti, calpestati da Israele”. Jabarin, attivista della Cisgiordania Occupata e Presidente dell’Associazione per i diritti umani Al-Haq (Il Diritto), era già Vice-Presidente della FIDH dal 2013. Secondo Erekat, la sua elezione alla carica di Presidente rappresenta “una risposta pratica, da parte di tutte le organizzazioni per i diritti umani riunite nella Federazione, alla campagna di Israele contro Al-Haq”. Nelle settimane che hanno preceduto l’elezione di Jabarin, Israele si è infatti ripetutamente scagliata contro di lui e la sua associazione, che ha avuto il merito di documentare meticolosamente le violazioni dei diritti umani avvenute a Gaza nell’estate del 2014 durante i 50 giorni dell’operazione “Margine protettivo”. Una documentazione che ha l’obiettivo di portare Israele e i suoi criminali di guerra davanti a un tribunale, e che i 400 attivisti presenti a Johannesburg, provenienti da 122 Paesi diversi in rappresentanza di 193 organizzazioni per i diritti umani, hanno senza dubbio ritenuto interessante. Vedi: http://news.xinhuanet.com/english/2016-08/30/c_135643289.htm http://www.alhaq.org/advocacy/topics/human-rights-defenders/1067-shawan-jabarin-elected-secretary- general-of-fidh http://www.alhaq.org/advocacy/topics/human-rights-defenders/707-al-haq-director-shawan-jabarin- elected-vice-president-of-the-international-federation-for-human-rights-fidh V – I ragazzi palestinesi tornano a vela e scalano montagne Non era la prima volta che vedevamo arrivare dei ragazzini palestinesi alla Scuola di Vela “Mal di Mare”, presso la base velica di Pescia Romana (Montalto di Castro). Di fronte ai sorrisi e all’entusiasmo di 7 bambini e 3 bambine tra i 10 e i 12 anni provenienti dalla prigione a cielo aperto di Gaza, l’emozione è stata la stessa di quella provata esattamente tre anni fa, nel settembre del 2013, quando dalla Cisgiordania Occupata giunsero con AssopacePalestina Sami, Osamah, Nour, Maram e Ahmad, che non avevano mai visto il mare perché l’accesso alle coste della Palestina è loro vietato dai decreti militari israeliani. A rendere quest’ultima esperienza particolarmente significativa, il fatto che si sia riusciti a dare continuità al rapporto con la Palestina nell’ambito del progetto “In Altro Mare”: un progetto nato cinque anni fa dalla collaborazione tra “Mal di Mare” e un’orchestra che, insieme, hanno individuato nella linea tra mare e terra, dove l’incontro non è mai certo e per questo occorre cercarsi, uno spazio “altro”, dove è possibile includere chi è solitamente escluso. In questo spazio può succedere che si ripetano nel tempo momenti di scambio e di pace tra ragazzi che provengono da diversi Paesi. “In Altro Mare” questi ragazzi sperimentano la vela, la prima forma di trasporto - e dunque di comunicazione - tra le genti del Mediterraneo. “In Altro Mare” suonano,
  • 6. 5 cantano, ballano e piangono dall’emozione, con altri ragazzi che hanno storie e capacità le più diverse. In questo luogo, la presenza, o meglio la partecipazione, di giovani con disabilità, contribuisce a indebolire una struttura identitaria che spesso imprigiona, rimettendo in discussione ruoli stereotipati ed aprendo la strada a rapporti inesplorati. E’ qui che sono arrivati, il 2 settembre, Zahi, Husam, Amjad, Issa, Lama, Julia, Ola, Eyad, Khader e Ghattas - insieme a George, il loro accompagnatore - grazie alla collaborazione della Scuola di Vela con AssopacePalestina, Gazzella Onlus e l’YMCA di Gaza. Ed è qui che sono stati accolti dai maestri di vela Mauro Pandimiglio, Giulia Attiani, Fulvia Conte, Stefano Verzilli e Veli Palushi, insieme agli altri allievi della scuola. In questo spazio hanno conosciuto Mai Alkaila, Ambasciatrice in Italia del loro Stato, la Palestina; il prestigiatore Andrea Sestieri e i musicoterapeuti Max Ventricini e Chiara Frontini; la Musica del Mediterraneo di Isabella Mangani e Stefano Donegà. Qui, soprattutto, hanno fatto amicizie, profonde da subito, che hanno rivelato un po’ di preoccupazione per il futuro ma anche la promessa di non perdersi. E da qui sono ripartiti il 10 settembre, per passare dal mare di Pescia Romana ai Monti Lepini di Supino e trascorrere 4 giorni ospiti di Luisa Morgantini e AssopacePalestina nel Centro “Bab Al Shams”, “La Porta del Sole” che prende il nome dal villaggio costruito eroicamente dai Comitati Popolari per la resistenza nonviolenta nella zona E1 di Gerusalemme Est, sfidando l’occupazione israeliana. I volontari di Sistema Natura li hanno accompagnati ad esplorare la montagna; i bambini di Supino hanno giocato con loro; il sindaco Gianfranco Barletta li ha accolti calorosamente in municipio. Non finisce qui. Il prossimo passo del Progetto “In Altro Mare”, delle associazioni che hanno collaborato, e di tutti coloro che vorranno continuare a dare una mano, potrebbe essere l'apertura di una Scuola di Vela a Gaza City, vicino al porto. Le Nazioni Unite, il consolato italiano, l’Ambasciata Palestinese, e tutti gli organismi di cooperazione italo-palestinese hanno già dato riscontri positivi. Le porte della Scuola “Mal di Mare” e del Centro “Bab Al Shams” saranno sempre aperte. Vedi: http://www.lastampa.it/2016/09/02/italia/cronache/da-gaza-a-roma-vela-e-speranza-per-ragazzi- U2ybaunSJZhF1dQSgxrFSM/pagina.html https://www.facebook.com/InAltroMare https://www.facebook.com/luisa.morgantini VI – Per non dimenticare Sabra e Shatila Maurizio Musolino se ne è andato pochi giorni prima dell’anniversario della strage dei campi profughi di Sabra e Shatila, in Libano. Il massacro della popolazione palestinese avvenne infatti tra il 16 e il 18 settembre 1982. A giugno di quell’anno Israele aveva lanciato la sua operazione “Pace in Galilea” per distruggere l’OLP, l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina guidata da Yasser Arafat allora di base in Libano. Invadendo per la seconda volta il Libano, Israele intraprendeva una guerra che avrebbe fatto 20.000 vittime e distrutto un intero Paese. Bombardamenti, bombe a
  • 7. 6 grappolo e al fosforo, ridussero infatti il Libano e la sua capitale ad un cumulo di macerie fumanti. Il 16 settembre, uomini delle milizie libanesi entrarono nei campi profughi palestinesi. Iniziò così una carneficina che durò due giorni, con gli israeliani installati a 200 metri da Shatila per creare una cinta intorno ai campi e fornire i mezzi necessari all'operazione. Il bilancio fu di più di 3.000 vittime, per la maggioranza vecchi, donne e bambini. Il 16 dicembre 1982 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite condannò il massacro, definendolo "un atto di genocidio"; una commissione d’inchiesta ne attribuì la responsabilità ad Ariel Sharon, costringendolo a dimettersi da Ministro della Difesa di Israele. Ciò non impedì che egli divenisse successivamente Primo Ministro, come ha ricordato in questi giorni il Segretario Generale del Comitato Esecutivo dell’OLP, Saeb Erekat, sottolineando che “Sabra e Shatila ci ricordano l’importanza di far prevalere la giustizia sull’impunità”. Per non dimenticare i morti, per non dimenticare Sabra e Shatila, Maurizio Musolino fondò il comitato che porta questo nome. Un comitato che rivendica i diritti dei rifugiati di oggi e di sempre; di tutti quei palestinesi cacciati dalla propria terra e a cui non è consentito fare ritorno in patria, nonostante ne abbiano pieno diritto. Lo stesso comitato, subito dopo aver salutato Maurizio è partito per il Libano con una delegazione che, come ogni anno, ha voluto rendere omaggio alle vittime di Sabra e Shatila, ma anche conoscere e solidarizzare con i tanti palestinesi, profughi fra i profughi, costretti a uscire oggi dalla Siria. Al centro delle iniziative con cui gli oltre 400 mila palestinesi che vivono nei campi profughi del Libano hanno ricordato le vittime della strage e le cause della loro lunga diaspora, il tema del diritto al ritorno secondo la Risoluzione ONU 194, e la richiesta di non essere dimenticati. L’Ambasciatrice dello Stato di Palestina in Italia, Mai Alkaila, era con loro, per non dimenticare Sabra e Shatila, per non dimenticare Maurizio Musolino. In particolare, l’Ambasciatrice ha visitato il campo profughi di Burj Al Barjni, la Fondazione Ragazzi della Resistenza nel campo di Mar Elias, il cimitero dei martiri della resistenza nel campo di Shatila e le famiglie delle vittime del massacro. Vedi: http://www.raistoria.rai.it/articoli/il-massacro-di-sabra-e-chatila/10852/default.aspx https://www.nad.ps/en/media-room/press-releases/dr-saeb-erekat-sabra-and-shatila-massacre- beirut-september-16-17-18-1982