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Anno V - novembre/dicembre 2008 - n. 25 - bimestrale - Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB PD - ISSN 1971-8241




            GIOVANI A TEATRO / ESPERIENZE 2008-2009
74 — dintorni                                                                                                                        arte

                  San Michele                                                           Cristianità che lotta contro il peccato, Michele originariamen-
                                                                                        te è definito come custode del popolo d’Israele.

                  nella grande arte                                                        Le differenze, seppure sottili, ci permettono di cogliere le va-
                                                                                        rie declinazioni scelte nel tempo, dalle diverse tipologie di ab-
                                                                                        bigliamento (abito da corte, tunica da eroe romano, armatura)
                  italiana                                                              alle varie funzioni attribuitegli (funzionario della corte impe-
                                                                                        riale, guerriero, pesatore di anime).
                  Al Candiani                                                              Nell’icona del Tesoro di San Marco è raffigurato col capo
                                                                                        nimbato, a mezzo busto con indosso la veste imperiale (loros)
                  fino al 6 gennaio una mostra                                          e con gli attributi che lo qualificano come dignitario di cor-
                                                                                        te: nella mano sinistra impugna lo scettro gemmato (labaron),
                  sull’arcangeloguerriero                                               mentre protende la destra a palmo aperto. In questa coperti-
                                                                                        na di evangelario, risalente al X-XI secolo, sono stati impiega-
                                                                    di Marco Zavagno    ti diversi materiali preziosi (oro, argento, pietre dure, smalto
                                                                                        cloisonné) e questa costituisce un esempio di alta oreficeria bi-


                  I     l 29 settembre del 1337 Mestre passa dal dominio degli
                        Scaligeri di Verona a quello della Repubblica Serenissima.
                        In quell’occasione per festeggiare e
                  ricordare simbolicamente la libertà la cit-
                  tà sceglie come patrono il santo di quel
                                                                                        zantina. Sempre di manifattura bizantina è la tavola a tempe-
                                                                                        ra, dove dal fondo oro si staglia san Michele con le ali spiega-
                                                                                                               te (che rimandano all’iconografia classi-
                                                                                                               ca della Vittoria alata) e una lunga asta in
                                                                                                               mano che trafigge un piccolo diavoletto
                  giorno, che era San Michele. E in quella             L’esposizione è promossa                nero. Nella mano sinistra, invece, sostie-
                  data così significativa, nel 2008, presso         dalla Fondazione di Venezia                ne un clipeo con un’immagine del Cristo
                  il Centro Culturale Candiani a Mestre si             e dal Comune di Venezia                 Emmanuel e una bilancia con cui pesa le
                  è inaugurata la mostra, dal                                                                                  anime.
                  titolo «La potenza del be-                                                                                     In Occidente predomina
                  ne. San Michele Arcange-                                                                                     la raffigurazione del san-
                  lo nella grande arte italia-                                                                                 to come guerriero della fe-
                  na», dedicata interamen-                                                                                     de, scudo e armatura sono
                  te alla figura dell’arcange-                                                                                 pertanto i suoi segni di ri-
                  lo Michele. La mostra, cu-                                                                                   conoscimento, assieme al-
                  rata da Filippo Pedrocco,                                                                                    la lancia (o spada) e l’im-
dintorni / arte




                  promossa dalla Fondazio-                                                                                     mancabile demone (spesso
                  ne di Venezia e dal Comu-                                                                                    un rettile, con chiaro rife-
                  ne di Venezia, e organiz-                                                                                    rimento a San Giorgio e il
                  zata da Civita Tre Vene-                                                                                     drago). E se – per Lazzaro
                  zie, raccoglie una quaran-                                                                                   Bastiani, Bernardino Da
                  tina di opere – tra pittura,                                                                                 Asola, Bonifacio De’Pi-
                  scultura, disegni e oggetti                                                                                  tati, Tintoretto, Palma il
                  di oreficeria – e presenta i                                                                                 Giovane, e molti altri – Lu-
                  diversi modelli iconografi-                                                                                  cifero è mostruoso e ha ar-
                  ci adottati per la raffigura-                                                                                tigli, corna, sputa fuoco, in
                  zione dell’arcangelo.                                                                                        Lotto non è rappresenta-
                     Il culto dell’arcangelo Mi-                                                                               to come ci si attenderebbe
                  chele è di origine orientale                                                                                 con l’usuale aspetto demo-
                  ed è stato particolarmente                                                                                   niaco ma assume le sem-
                  sentito a livello popolare.                                                                                  bianze di un ragazzo bion-
                  L’imperatore Costantino                                                                                      do, bello – appunto – come
                  I gli dedica dapprima un                                                                                     un angelo.
                  santuario, il Micheleion;                                                                                      Nel dipinto del Cavaz-
                  sul Gargano in Puglia, in                                                                                    zola troviamo inoltre una
                  seguito alla sua apparizio-                                                                                  rara immagine di san Mi-
                  ne, si crea il primo luogo                                                                                   chele accostato ad altri
                  di devozione in Occiden-                                                                                     santi, che sono san Paolo,
                  te intorno al V secolo; suc-          Lorenzo Lotto, San Michele arcangelo abbatte Lucifero                  san Pietro e san Giovan-
                  cessivamente ad opera dei                                                                                    ni Battista. Qui l’arcange-
                  Longobardi e poi dei mo-                                                                                     lo indossa una lucente ar-
                  naci benedettini si creano i                                                                                 matura decorata da un an-
                  principali centri di diffusione in Europa. A nord delle coste         cor più lucente manto verde. Tra le opere su carta raccolte nel-
                  francesi celebre è infine il Mont-Saint-Micheal.                      l’esposizione troviamo poi la delicata sanguigna di Francesco
                     Ma l’origine è antichissima e risale alle Sacre Scritture. In      Guardi e l’impetuosa xilografia colorata a mano del Dürer.
                  ebraico Mi-kha-el sta per Mi kha Elohim che significa «Chi (è)        Se il primo ci colpisce per la particolarità del tratto, dal se-
                  come Dio?» La leggenda vuole che quella fosse la frase uti-           condo è allestito un violento scontro nei cieli. Una miniatu-
                  lizzata come grido di battaglia dall’arcangelo Michele mentre         ra in una Mariegola della Scuola di san Michele presso la Ma-
                  guida gli angeli fedeli contro i ribelli guidati da Lucifero. Seb-    donna dell’Orto ci racconta, infine, la battaglia come se fos-
                  bene col tempo sia divenuto il simbolo per eccellenza della           se tratta da una scena di un torneo o di una gara sportiva. ◼
arte                                                                                                                        dintorni — 79

La fabbrica                                                                 sta per tecniche e tematiche, ma con il quale non deve essere to-
                                                                            talmente identificata.

dei mostri                                                                    Le sue creature non sono «mostruose» con l’intenzione di sot-
                                                                            tolineare una qualche loro deformità estetica, ma sono demo-
                                                                            ni che devono essere mostrati. Recuperando etimologicamen-
Il surrealismo personale                                                    te la radice del verbo latino troviamo il suo messaggio: far vedere
di Alberto Trevisan                                                         ciò che lui osservava. È la denuncia di una società, quella sì mo-
                                                                            struosa. E la polemica verso il suo tempo è presente in tutta la
                                                    di Marco Zavagno        sua produzione. Nel secondo dopoguerra gli avvenimenti sto-
                                                                            rici lo deludono e perciò si ritrae in un mondo «fantastico» con


G         iusto quando a Venezia con alcune mostre si sta ri-
           flettendo sulla produzione artistica italiana del nostro
           passato prossimo, mi giunge tra le mani del materiale
su un artista italiano, Alberto Trevisan, la maggior parte delle
opere del quale sono conservate dai suoi eredi tra Venezia e Mu-
                                                                            cui reagire al mediocre quotidiano. Se la sincerità è l’eccezione e
                                                                            la falsità la regola, in questo mondo alla rovescia, le virtù sono i
                                                                            peccati e i mostri sono l’immagine della moralità invertita e in-
                                                                            vestita della decadenza. Quando la verità non trionfa e il saggio è
                                                                            caduto, non resta che appellarsi al demonio. Muovendosi a ritro-
rano, in vista di una prossima mostra. Mi sembra questa – quin-             so nel tempo, realizza un universo utopistico per capire l’incom-
di – una buona occasione per raccontare
la storia di questo pittore oggi pressoché
dimenticato, ma che presso i contempo-
ranei di allora aveva destato un nutrito in-
teresse superando anche i confini nazio-
nali. Se con questo breve accenno non si
ha la pretesa di offrire un’analisi comple-
ta e definitiva, ci si augura di risvegliare
quantomeno la curiosità verso questo
autore. Sia poi quella stimolo per ulterio-
ri studi e ricerche che pongano il merita-
to accento sulla sua figura.
  Nato a Torino nel 1919, Trevisan si ac-
costa all’arte praticamente come autodi-
datta, riuscendo a trasformare la sua pas-




                                                                                                                                                      dintorni / arte
sione in professione. Infatti, iscrittosi ai
corsi di disegno di figura alla scuola di S.
Carlo di Torino per gli anni 1931-1934 e
pur non frequentando le lezioni, si pre-
senta agli esami finali e viene promosso
con tanto di premiazione. Nasce carica-
turista e, anche se diviene maggiormente
conosciuto per la sua pittura di «mostri»,             Alberto Trevisan, Paesaggio fantastico
nella sua vita si dedica moltissimo al dise-
gno, che abbandona solo con la sua mor-
te prematura avvenuta nel 1968. Un ar-
tista eclettico per contenuti e tecniche impiegate, noto all’am-             prensibile dando origine a esseri maligni, ma allo stesso tempo
biente del cinema e del circo e che però è sempre rimasto fedele             tentando di trovare la bontà dei cattivi. Operazione necessaria
a se stesso. Ce lo immaginiamo nella sua firma, dove si nascon-              di fronte all’incredulità e all’impotenza.
de il suo autoritratto: un viso spigoloso come un triangolo con                 Queste figure che fluttuano ora in atmosfere vaporose ora
dei baffi lunghi e sottili.                                                  in paesaggi ultraterreni non sono né statue romane né mani-
  Nel 1944 Trevisan espone per la prima volta a Roma – dove nel              chini, ma forse semplicemente quel che rimane dell’umanità,
frattempo si è trasferito – con una mostra dal titolo «Arte contro           forse stanno a preannunciare gli effetti delle possibili mutazio-
la barbarie» in una galleria di Via Scilla. Dal 1952 prende sem-             ni genetiche causate dal nucleare, forse la conquista dello spa-
pre più parte attiva alla vita artistica della capitale, esponendo in        zio. D’altronde bisogna rappresentare l’orrido per far risorgere
collettive e personali. Nel 1957 partecipa alla «Prima mostra dei            l’umano. Dagli anfratti degli abissi risorgono gli orrori del ma-
Surrealisti italiani» che ha luogo a Palazzo Marignoli. Nel 1958             le, personaggi infernali, soggetti religiosi, clown, il cui loro es-
gli viene commissionata dall’editore Giovanni Quattrucci l’il-               sere demoniaco non ha nulla di satanico. Tuttavia questi mo-
lustrazione della Divina Commedia, iniziando una querelle con Sal-           stri nascono, seppur nella mediocrità delle false speranze di ie-
vatore Dalì riportata puntualmente dai quotidiani nazionali e                ri e di domani, anche dall’umorismo, celando per questo trac-
internazionali. Dopo la sua morte gli viene dedicata una retro-              ce di speranza. Dopo aver toccato il fondo, le enigmatiche pre-
spettiva presso la galleria d’arte «Il Cavalletto» a Roma.                   senze tentano di arginare le forze oscure e sono la controfigura
  Il suo surrealismo, che da lui è chiamato «tradizionale», si di-           dell’incoscienza, l’aspettativa del rinsavimento. Nel paradossa-
scosta da quello dell’epoca: non c’è nulla di inconscio (o meglio            le, tra il tragico o il grottesco si innesca un gioco di ambiguità che
non-conscio) o automatico, non si incontrano immagini alluci-                prospetta emblematici miraggi. Come si evince dalla sua con-
nanti e deliranti, ma la sua sur-realtà o realtà superiore – anzi – è        cezione dell’arte: «Io mi sono proposto di comunicare la mia fe-
meditata e consapevole, e in essa domina il simbolismo. È que-               de nella vita. Questo è il solo mezzo per comprendere e far pro-
sta, quindi, forse una possibile chiave di lettura per compren-              prio il più alto concetto dell’arte, il solo mezzo per salvare quel-
dere la peculiarità della sua poetica, che al surrealismo si acco-           l’arcano senso mistico della vita che noi abbiamo perduto». ◼

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Marco_Zavagno_VeneziaMD_n.25

  • 1. Anno V - novembre/dicembre 2008 - n. 25 - bimestrale - Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB PD - ISSN 1971-8241 GIOVANI A TEATRO / ESPERIENZE 2008-2009
  • 2. 74 — dintorni arte San Michele Cristianità che lotta contro il peccato, Michele originariamen- te è definito come custode del popolo d’Israele. nella grande arte Le differenze, seppure sottili, ci permettono di cogliere le va- rie declinazioni scelte nel tempo, dalle diverse tipologie di ab- bigliamento (abito da corte, tunica da eroe romano, armatura) italiana alle varie funzioni attribuitegli (funzionario della corte impe- riale, guerriero, pesatore di anime). Al Candiani Nell’icona del Tesoro di San Marco è raffigurato col capo nimbato, a mezzo busto con indosso la veste imperiale (loros) fino al 6 gennaio una mostra e con gli attributi che lo qualificano come dignitario di cor- te: nella mano sinistra impugna lo scettro gemmato (labaron), sull’arcangeloguerriero mentre protende la destra a palmo aperto. In questa coperti- na di evangelario, risalente al X-XI secolo, sono stati impiega- di Marco Zavagno ti diversi materiali preziosi (oro, argento, pietre dure, smalto cloisonné) e questa costituisce un esempio di alta oreficeria bi- I l 29 settembre del 1337 Mestre passa dal dominio degli Scaligeri di Verona a quello della Repubblica Serenissima. In quell’occasione per festeggiare e ricordare simbolicamente la libertà la cit- tà sceglie come patrono il santo di quel zantina. Sempre di manifattura bizantina è la tavola a tempe- ra, dove dal fondo oro si staglia san Michele con le ali spiega- te (che rimandano all’iconografia classi- ca della Vittoria alata) e una lunga asta in mano che trafigge un piccolo diavoletto giorno, che era San Michele. E in quella L’esposizione è promossa nero. Nella mano sinistra, invece, sostie- data così significativa, nel 2008, presso dalla Fondazione di Venezia ne un clipeo con un’immagine del Cristo il Centro Culturale Candiani a Mestre si e dal Comune di Venezia Emmanuel e una bilancia con cui pesa le è inaugurata la mostra, dal anime. titolo «La potenza del be- In Occidente predomina ne. San Michele Arcange- la raffigurazione del san- lo nella grande arte italia- to come guerriero della fe- na», dedicata interamen- de, scudo e armatura sono te alla figura dell’arcange- pertanto i suoi segni di ri- lo Michele. La mostra, cu- conoscimento, assieme al- rata da Filippo Pedrocco, la lancia (o spada) e l’im- dintorni / arte promossa dalla Fondazio- mancabile demone (spesso ne di Venezia e dal Comu- un rettile, con chiaro rife- ne di Venezia, e organiz- rimento a San Giorgio e il zata da Civita Tre Vene- drago). E se – per Lazzaro zie, raccoglie una quaran- Bastiani, Bernardino Da tina di opere – tra pittura, Asola, Bonifacio De’Pi- scultura, disegni e oggetti tati, Tintoretto, Palma il di oreficeria – e presenta i Giovane, e molti altri – Lu- diversi modelli iconografi- cifero è mostruoso e ha ar- ci adottati per la raffigura- tigli, corna, sputa fuoco, in zione dell’arcangelo. Lotto non è rappresenta- Il culto dell’arcangelo Mi- to come ci si attenderebbe chele è di origine orientale con l’usuale aspetto demo- ed è stato particolarmente niaco ma assume le sem- sentito a livello popolare. bianze di un ragazzo bion- L’imperatore Costantino do, bello – appunto – come I gli dedica dapprima un un angelo. santuario, il Micheleion; Nel dipinto del Cavaz- sul Gargano in Puglia, in zola troviamo inoltre una seguito alla sua apparizio- rara immagine di san Mi- ne, si crea il primo luogo chele accostato ad altri di devozione in Occiden- santi, che sono san Paolo, te intorno al V secolo; suc- Lorenzo Lotto, San Michele arcangelo abbatte Lucifero san Pietro e san Giovan- cessivamente ad opera dei ni Battista. Qui l’arcange- Longobardi e poi dei mo- lo indossa una lucente ar- naci benedettini si creano i matura decorata da un an- principali centri di diffusione in Europa. A nord delle coste cor più lucente manto verde. Tra le opere su carta raccolte nel- francesi celebre è infine il Mont-Saint-Micheal. l’esposizione troviamo poi la delicata sanguigna di Francesco Ma l’origine è antichissima e risale alle Sacre Scritture. In Guardi e l’impetuosa xilografia colorata a mano del Dürer. ebraico Mi-kha-el sta per Mi kha Elohim che significa «Chi (è) Se il primo ci colpisce per la particolarità del tratto, dal se- come Dio?» La leggenda vuole che quella fosse la frase uti- condo è allestito un violento scontro nei cieli. Una miniatu- lizzata come grido di battaglia dall’arcangelo Michele mentre ra in una Mariegola della Scuola di san Michele presso la Ma- guida gli angeli fedeli contro i ribelli guidati da Lucifero. Seb- donna dell’Orto ci racconta, infine, la battaglia come se fos- bene col tempo sia divenuto il simbolo per eccellenza della se tratta da una scena di un torneo o di una gara sportiva. ◼
  • 3. arte dintorni — 79 La fabbrica sta per tecniche e tematiche, ma con il quale non deve essere to- talmente identificata. dei mostri Le sue creature non sono «mostruose» con l’intenzione di sot- tolineare una qualche loro deformità estetica, ma sono demo- ni che devono essere mostrati. Recuperando etimologicamen- Il surrealismo personale te la radice del verbo latino troviamo il suo messaggio: far vedere di Alberto Trevisan ciò che lui osservava. È la denuncia di una società, quella sì mo- struosa. E la polemica verso il suo tempo è presente in tutta la di Marco Zavagno sua produzione. Nel secondo dopoguerra gli avvenimenti sto- rici lo deludono e perciò si ritrae in un mondo «fantastico» con G iusto quando a Venezia con alcune mostre si sta ri- flettendo sulla produzione artistica italiana del nostro passato prossimo, mi giunge tra le mani del materiale su un artista italiano, Alberto Trevisan, la maggior parte delle opere del quale sono conservate dai suoi eredi tra Venezia e Mu- cui reagire al mediocre quotidiano. Se la sincerità è l’eccezione e la falsità la regola, in questo mondo alla rovescia, le virtù sono i peccati e i mostri sono l’immagine della moralità invertita e in- vestita della decadenza. Quando la verità non trionfa e il saggio è caduto, non resta che appellarsi al demonio. Muovendosi a ritro- rano, in vista di una prossima mostra. Mi sembra questa – quin- so nel tempo, realizza un universo utopistico per capire l’incom- di – una buona occasione per raccontare la storia di questo pittore oggi pressoché dimenticato, ma che presso i contempo- ranei di allora aveva destato un nutrito in- teresse superando anche i confini nazio- nali. Se con questo breve accenno non si ha la pretesa di offrire un’analisi comple- ta e definitiva, ci si augura di risvegliare quantomeno la curiosità verso questo autore. Sia poi quella stimolo per ulterio- ri studi e ricerche che pongano il merita- to accento sulla sua figura. Nato a Torino nel 1919, Trevisan si ac- costa all’arte praticamente come autodi- datta, riuscendo a trasformare la sua pas- dintorni / arte sione in professione. Infatti, iscrittosi ai corsi di disegno di figura alla scuola di S. Carlo di Torino per gli anni 1931-1934 e pur non frequentando le lezioni, si pre- senta agli esami finali e viene promosso con tanto di premiazione. Nasce carica- turista e, anche se diviene maggiormente conosciuto per la sua pittura di «mostri», Alberto Trevisan, Paesaggio fantastico nella sua vita si dedica moltissimo al dise- gno, che abbandona solo con la sua mor- te prematura avvenuta nel 1968. Un ar- tista eclettico per contenuti e tecniche impiegate, noto all’am- prensibile dando origine a esseri maligni, ma allo stesso tempo biente del cinema e del circo e che però è sempre rimasto fedele tentando di trovare la bontà dei cattivi. Operazione necessaria a se stesso. Ce lo immaginiamo nella sua firma, dove si nascon- di fronte all’incredulità e all’impotenza. de il suo autoritratto: un viso spigoloso come un triangolo con Queste figure che fluttuano ora in atmosfere vaporose ora dei baffi lunghi e sottili. in paesaggi ultraterreni non sono né statue romane né mani- Nel 1944 Trevisan espone per la prima volta a Roma – dove nel chini, ma forse semplicemente quel che rimane dell’umanità, frattempo si è trasferito – con una mostra dal titolo «Arte contro forse stanno a preannunciare gli effetti delle possibili mutazio- la barbarie» in una galleria di Via Scilla. Dal 1952 prende sem- ni genetiche causate dal nucleare, forse la conquista dello spa- pre più parte attiva alla vita artistica della capitale, esponendo in zio. D’altronde bisogna rappresentare l’orrido per far risorgere collettive e personali. Nel 1957 partecipa alla «Prima mostra dei l’umano. Dagli anfratti degli abissi risorgono gli orrori del ma- Surrealisti italiani» che ha luogo a Palazzo Marignoli. Nel 1958 le, personaggi infernali, soggetti religiosi, clown, il cui loro es- gli viene commissionata dall’editore Giovanni Quattrucci l’il- sere demoniaco non ha nulla di satanico. Tuttavia questi mo- lustrazione della Divina Commedia, iniziando una querelle con Sal- stri nascono, seppur nella mediocrità delle false speranze di ie- vatore Dalì riportata puntualmente dai quotidiani nazionali e ri e di domani, anche dall’umorismo, celando per questo trac- internazionali. Dopo la sua morte gli viene dedicata una retro- ce di speranza. Dopo aver toccato il fondo, le enigmatiche pre- spettiva presso la galleria d’arte «Il Cavalletto» a Roma. senze tentano di arginare le forze oscure e sono la controfigura Il suo surrealismo, che da lui è chiamato «tradizionale», si di- dell’incoscienza, l’aspettativa del rinsavimento. Nel paradossa- scosta da quello dell’epoca: non c’è nulla di inconscio (o meglio le, tra il tragico o il grottesco si innesca un gioco di ambiguità che non-conscio) o automatico, non si incontrano immagini alluci- prospetta emblematici miraggi. Come si evince dalla sua con- nanti e deliranti, ma la sua sur-realtà o realtà superiore – anzi – è cezione dell’arte: «Io mi sono proposto di comunicare la mia fe- meditata e consapevole, e in essa domina il simbolismo. È que- de nella vita. Questo è il solo mezzo per comprendere e far pro- sta, quindi, forse una possibile chiave di lettura per compren- prio il più alto concetto dell’arte, il solo mezzo per salvare quel- dere la peculiarità della sua poetica, che al surrealismo si acco- l’arcano senso mistico della vita che noi abbiamo perduto». ◼