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Quando scende su di noi la sera
e scopri che nel cuore resta nostalgia
di un giorno che non avrà tramonto;
quando scende su di noi il buio e senti che
nel cuore manca l’allegria
del tempo che non avrà mai fine
e all’improvviso la strada s’illumina
e scopri che non sei più solo;
sarà il Signore risorto a tracciare
il cammino e a ridare vita.
Arderanno sempre i nostri cuori
se la tua Parola in noi dimorerà.
Spezza Tu, Signore, il pane e
porteremo al mondo la tua verità.
Quando all’alba sentirai la sua voce, capirai
che non potrà fermarsi mai
l’annuncio che non avrà confini,
che riporterà nel mondo la speranza.
Quando scende su di noi la sera
e scopri che nel cuore resta nostalgia
di un giorno che non avrà tramonto;
quando scende su di noi il buio e senti che
nel cuore manca l’allegria
del tempo che non avrà mai fine
e all’improvviso la strada s’illumina
e scopri che non sei più solo;
sarà il Signore risorto a tracciare
il cammino e a ridare vita.
Arderanno sempre i nostri cuori
se la tua Parola in noi dimorerà.
Spezza Tu, Signore, il pane e
porteremo al mondo la tua verità.
Quando all’alba sentirai la sua voce, capirai
che non potrà fermarsi mai
l’annuncio che non avrà confini,
che riporterà nel mondo la speranza.
In che cosa consiste la speranza cristiana? In una battuta, tanto semplice quanto
densa di significato, lo dice l'apostolo Paolo: “Cristo in voi, speranza della gloria”
(Col 1,27; 1 Tim 1,1: “Cristo Gesù nostra speranza).
La presenza di Cristo nella vita di ogni credente è il mistero pieno e totale che Dio ha
voluto rivelare e questo è fonte e oggetto della speranza.
All'origine della speranza cristiana vi è un atto pieno e totale, quanto gratuito,
dell'amore di Dio; esso consiste nella chiamata alla salvezza mediante la
partecipazione alla sua stessa vita.
La speranza nella prospettiva cristiana non
nasce dall'uomo. Essa è intesa come una
chiamata gratuita che parte dalla
rivelazione di Dio. E' qui che si percepisce la
novità della nostra concezione.
La speranza cristiana non sorge nel momento del
bisogno, della sofferenza o dello sconforto
determinato da diverse motivazioni; se così fosse in
nulla si distinguerebbe dal generico sentimento o dal
desiderio di aggrapparsi a qualcosa come soluzione
estrema al male. La speranza cristiana, al contrario,
ha come compagne di viaggio che non
l'abbandonano mai la fede e la carità.
La speranza sorge dalla fede e si nutre dell'amore.
Senza questa circolarità non sarebbe possibile
comprendere la specificità del sperare credente che
vive di certezza e non di delusione.
Chi o che cosa rende sicuro il cristiano che la sofferenza attuale non sarà
definitiva, e deve sperare nella gloria che gli verrà data? La risposta è talmente
chiara da non dare adito a equivoci di sorta: l'amore di Dio per noi è
fondamento, garanzia e sostegno del nostro sperare. E' il suo amore che ci
tiene saldi e legati strettamente a lui.
Giustificati dunque per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del
Signore nostro Gesù Cristo; per suo mezzo abbiamo anche ottenuto,
mediante la fede, di accedere a questa grazia nella quale ci troviamo e ci
vantiamo nella speranza della gloria di Dio … La speranza poi non delude,
perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello
Spirito Santo che ci è stato dato (Paolo).
CRISTO
CROCIFISSO
È
LA NOSTRA
SPERANZA
L'autentica speranza
nasce da una
convinzione forte,
verace, kerigmatica, da
un'adesione convinta
della mente e del
cuore e della volontà;
è possibile a partire
dalla fede, ma non si
ferma lì, si spinge
oltre, molto oltre.
Sperare non è solo confidare
che si realizzi quello che si
crede, ma prendere posizione
rispetto ad esso; vuol dire
compromettersi con il proprio
credo al punto di fare delle
scelte conseguenti.
La fede rappresenta l'attrezzatura
adeguata, come il campo-base di
una spedizione di alta montagna,
mentre la speranza è la certezza che
partorisce il coraggio di scalare
effettivamente la montagna fino alla
vetta.
La speranza è la fede
personalizzata e creativa, anzi è
la fantasia della fede, e di una
fede coniugata al futuro e
protesa in avanti, è il suo
ottimismo.
L'uomo viene redento mediante l'amore … Ma ben presto egli si
renderà anche conto che è un amore che resta fragile. Può essere
distrutto dalla morte.
L'essere umano ha bisogno dell'amore incondizionato. Ha bisogno
di quella certezza che gli fa dire: «Né morte né vita, né angeli né
principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezze né
profondità, né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore
di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8,38-39).
La vera, grande speranza
dell'uomo, che resiste
nonostante tutte le delusioni,
può essere solo Dio, quel Dio che
ci ha amati e ci ama tuttora
«sino alla fine», «fino al pieno
compimento» (cfr Gv 13,1 e 19,
30). Chi viene toccato dall'amore
comincia a intuire che cosa
propriamente sarebbe « vita».
«Questa è la vita eterna: che
conoscano te, l'unico vero Dio,
e colui che hai mandato, Gesù
Cristo» (Gv 17,3).
La vita nel senso vero non la si
ha in sé da soli e neppure solo
da sé: essa è una relazione.
Il Papa ci parla di
discernimento
evangelico.
Esso è lo sguardo del
discepolo missionario
che «si nutre della
luce e della forza
dello Spirito Santo».
Esorta, inoltre, tutte
le comunità ad avere
una «sempre vigile
capacità di studiare i
segni dei tempi».
Cultura dello ‘scarto’Cultura dello ‘scarto’
Questa economia uccide. Non è possibile che non faccia
notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a
vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in
borsa. Questo è esclusione. Oggi tutto entra nel gioco della
competitività e della legge del più forte, dove il potente
mangia il più debole.
Abbiamo dato inizio
alla cultura dello
“scarto” che,
addirittura, viene
promossa …
Gli esclusi non sono
“sfruttati” ma rifiuti,
“avanzi”.
Sfde sociali
Una delle cause di questa
situazione si trova nella
relazione che abbiamo
stabilito con il denaro,
poiché accettiamo
pacificamente il suo
predomino su di noi e sulle
nostre società.
…. vi è una profonda crisi
antropologica: la negazione del
primato dell’essere umano!
Abbiamo creato nuovi idoli.
L’adorazione dell’antico vitello
d’oro (cfr Es 32,1-35) ha trovato
una nuova e spietata versione
nel feticismo del denaro e nella
dittatura di una economia senza
volto e senza uno scopo
veramente umano.
L’idolatria
del denaro
L’idolatria
del denaro
Dietro questo atteggiamento
si nascondono il rifuto
dell’etica e il rifuto di Dio. La
brama del potere e dell’avere
non conosce limiti.
Inequità e violenza
Inequità e violenza
Quando la società
abbandona nella
periferia una parte
di sé, non vi saranno
programmi politici,
né forze dell’ordine o
di intelligence che
possano assicurare
illimitatamente la
tranquillità. La disparità sociale
genera prima o poi una violenza
che la corsa agli armamenti non risolve né
risolverà mai.
L’accidia egoistaL’accidia egoista Sfde personali
Quando abbiamo più bisogno
di un dinamismo missionario
che porti sale e luce al
mondo, molti laici temono
che qualcuno li inviti a
realizzare qualche compito
apostolico, e cercano di
fuggire da qualsiasi impegno
che possa togliere loro il
tempo libero.
Il problema non sempre è l’eccesso di attività, ma soprattutto sono
le attività vissute male, senza le motivazioni adeguate, senza una
spiritualità che permei l’azione e la renda desiderabile.
Il pessimismo sterileIl pessimismo sterile
La nostra fede è sfidata a intravedere il vino in cui l’acqua
può essere trasformata, e a scoprire il grano che cresce in
mezzo della zizzania.
Una delle tentazioni più serie che soffocano il fervore e
l’audacia è il senso di sconfitta, che ci trasforma in
pessimisti scontenti e disincantati dalla faccia scura.
Anche se con la dolorosa
consapevolezza delle proprie
fragilità, bisogna andare avanti
senza darsi per vinti, e
ricordare quello che disse il
Signore a san Paolo: «Ti basta
la mia grazia; la forza infatti si
manifesta pienamente nella
debolezza» (2Cor 12,9).
La mondanità spiritualeLa mondanità spirituale
La mondanità spirituale, che si nasconde dietro apparenze di religiosità e
persino di amore alla Chiesa, consiste nel cercare, al posto della gloria del
Signore, la gloria umana ed il benessere personale. E’ quello che il Signore
rimproverava ai Farisei: «E come potete credere, voi ricevete gloria gli uni
dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio?» (Gv 5,44)
La mondanità spirituale, che si nasconde dietro apparenze di religiosità e
persino di amore alla Chiesa, consiste nel cercare, al posto della gloria del
Signore, la gloria umana ed il benessere personale. E’ quello che il Signore
rimproverava ai Farisei: «E come potete credere, voi ricevete gloria gli uni
dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio?» (Gv 5,44)
Assume molte forme, a seconda del
tipo di persona e della condizione
nella quale si insinua.
Dal momento che è legata alla ricerca
dell’apparenza, non sempre si
accompagna con peccati pubblici, e
all’esterno tutto appare corretto
All’interno del Popolo di Dio e nelle diverse comunità, quante guerre!All’interno del Popolo di Dio e nelle diverse comunità, quante guerre!
La guerra tra di noiLa guerra tra di noi
Nel quartiere, nel posto di lavoro, quante guerre per
invidie e gelosie, anche tra cristiani!
La mondanità spirituale porta alcuni cristiani ad
essere in guerra con altri cristiani che si frappongono
alla loro ricerca di potere, di prestigio, di piacere o di
sicurezza economica.
Il mondo è lacerato dalle guerre e dalla violenza, o ferito da un diffuso
individualismo che divide gli esseri umani e li pone l’uno contro l’altro ad
inseguire il proprio benessere.
Ai cristiani di tutte le comunità del mondo
desidero chiedere specialmente una
testimonianza di comunione fraterna che
diventi attraente e luminosa. Che tutti
possano ammirare come vi prendete cura
gli uni degli altri, come vi incoraggiate
mutuamente e come vi accompagnate:
«Da questo tutti sapranno che siete miei
discepoli: se avete amore gli uni per gli
altri» (Gv 13,35).
Sperare significa soprattutto desiderare qualcosa di significativo e centrale o
importante per la propria identità. Si spera e si desidera, fondamentalmente,
di essere se stessi nella verità; e quello che si spera è sempre in relazione con
quello che si è e si desidera essere e diventare.
È fondamentale, per questo, offrire all’altro una
certezza di cui ha estremo bisogno: la certezza
che esiste la verità, che è possibile accostarsi
ad essa, poiché tale verità è buona e amica
dell'uomo, si lascia sentire, toccare, vedere...,
manda messaggi, non è inaccessibile, ama
svelarsi ed entrare in relazione con chi la cerca.
Al di fuori di questa certezza nessuno apprende
a sperare né di fatto spera.
La speranza mette insieme due cose apparentemente
contraddittorie: la fiducia in sé e il senso della propria
impotenza. Il che non elimina, anzi comporta per
natura sua un certo rischio, una qualche incertezza.
Chi spera non solo mostra di avere fiducia in se stesso, ma è disposto in
qualche modo a scommettere su se stesso. Di conseguenza occorrerà
programmare una strategia educativa volta a rinforzare la sua stima di
sé. Al punto che il soggetto possa osare di uscire dalle proprie sicurezze
e tendere verso una realizzazione inedita di sé, non si accontenti di
ripetersi, ma volga il suo sguardo verso ciò che ancora non ha compiuto
di sé, ma avverte come qualcosa che l'attira e affascina. Potremmo
dire che la strategia educativa dell'atteggiamento speranzoso è la
spiritualità dell'esodo, o del pellegrinaggio.
Che da forza alla speranza è la saldezza della
fiducia e la serietà e consistenza del
fondamento, di colui in cui si è riposta la fiducia.
È lo sperare «in» Dio. Al punto di identificare
Dio con la speranza stessa: « Sei tu, Signore, la
mia speranza » (Sal 71,5; cfr. Ger 14,8; 17,13).
Sarà necessario crescere e costruire sul fondamento pasquale,
in cui ogni attesa e apertura sul futuro ponga lì le sue radici.
Per aumentare sempre più nel credente la consapevolezza
dell'affidabilità del suo punto di appoggio e di conseguenza la
sua libertà di abbandonarvisi.
Al di là di ogni presunzione autocentrica. Il contrario della
speranza, infatti, non è la disperazione, ma l'autoaffermazione, il
porsi al centro della vita.
Sperare nasce dal desiderare, è voce del verbo desiderare; lo esprime al
punto quasi di identificarsi con esso, fluisce dal desiderio e ne ha la
forza. Chi desidera poco, infatti, spera poco. Peraltro il desiderare va
educato perché ognuno impari a desiderare ciò che è degno di essere
desiderato, e lo desideri intensamente.
Ci si potrebbe chiedere: se la
mente crede, il cuore ama e la
volontà decide, qual è la facoltà
che spera? La risposta è che
tutte e tre le facoltà sperano...
Sperare è attività o facoltà
cumulativa, riassume e dice
tutto l'essere umano, in
un'attività che è tipicamente
umana.
Sperare è credere che la realtà non è ostile, la vita non è nemica, l'altro
mi può aiutare ed essere propizio, Dio mi ascolta...
In questo senso la speranza porta con sé un certo ottimismo o nasce da
una presunzione ottimistica nei confronti della realtà in generale, e
conduce a una fiducia verso di essa, a un pregiudizio amicale verso colui
in cui si è riposta fiducia. La speranza è l'ottimismo della fede.
Tale atteggiamento non è
semplicemente qualcosa di istintivo,
come una dote di carattere, più o
meno ereditaria, ma è anch'esso
frutto di un percorso di maturità che
chiede l'integrazione del vissuto, della
storia personale, per cogliere in essa i
segni dell'amore dell'Eterno.
Vediamo alcune modalità educative, attraverso le quali
educare alla speranza. Se la speranza sembra incatenata,
essa va liberata nella cultura di oggi.
Nella certezza che «questo nostro tempo ha una grande
nostalgia di speranza, anche per i rischi insiti nelle rapide
trasformazioni culturali, in particolare per la deriva
individualistica, per la negazione della capacità di verità
da parte della ragione, per l'offuscamento del senso
morale» (CEI).
Essere persone di speranza
L'educatore sia uomo di speranza. Per poter esercitare la speranza nei
confronti dei giovani, prima di tutto, e assumere uno stile conseguente,
speranzoso, nell'interazione educativa. «L'amore educativo è sempre
provocato dalla sfida della speranza». È necessario cioè che l'educatore sia
uno che crede nei giovani sinceramente.
Chi vuole proporre percorsi educativi per liberare la speranza nei giovani
deve prima di tutto credere nei giovani, ossia stimarli, voler loro
sinceramente bene, sapersi adattare al loro passo, ma anche precederli
quel tanto che basta per provocarli a camminare … essere così
appassionato da farli innamorare di ciò che è vero e bello, cercare di
capirli al di là delle stranezze e contraddizioni, ma anche scuoterli nella
loro mediocrità e povertà di desideri, per ravvivare quella ricerca di
autenticità che abita il loro io più segreto, anche se non lo sanno...
Dalla psicologia si sa che l'idea che
io mi faccio dell'altro condizioni
inevitabilmente poi l'altro ad agire
in modo tale da confermare l'idea
che mi sono fatto di lui.
Se voglio che l'altro cambi, devo
cominciare io a essere disposto a
cambiare l'idea che ho di lui, ed
essere capace di percepire in lui
quell'amabilità oggettiva che è
presente nelle profondità del suo io,
e che permane al di là di ogni
condotta scorretta e di ogni fragilità
e peccato.
Sperare è credere e
mandare all'altro il
messaggio che potrà
essere sempre più
secondo quell'immagine
ideale che si porta dentro
in ogni caso.
Gesù con l'adultera è
l'esempio concreto di
come tale amabilità possa
essere percepita, al di là
delle trasgressioni e delle
precomprensioni sociali
(cfr. Gv 8,1-11).
Speranza è stimare l’altro
Un punto fondamentale in
questo percorso educativo
verso la speranza è la presa di
coscienza non solo della poca
speranza oggi in circolazione,
ma soprattutto dei percorsi
perversi che conducono alla
perdita della speranza, o dei
cattivi maestri in tal senso.
Credo che sia molto importante
provocare i nostri giovani ad aprire
gli occhi, a rendersi conto di chi sta
sottilmente scippando loro il bello
della vita, di chi li sta portando alla
sottile disperazione, quella
culturale o culturalmente corretta,
pessimista, magari velata
all'esterno da un atteggiamento di
indifferenza, di sufficienza, quasi di
superiorità nei confronti di chi
ancora si illude e spera...
«Il saggio non piange e non ride», diceva infatti Spinoza; esattamente il
contrario di quanto afferma Agostino: «Chi crede in Dio... piange e ride».
Essere ‘pro-vocazione’
Il cristiano è un «narratore della speranza», uno che sente l'esigenza di
rendere ragione della speranza che è in lui e che non viene da lui (cfr. 1Pt
3,15), uno che cresce nella fede nella misura in cui racconta tale speranza
infondendola negli altri. Per questo deve essere anche consapevole che
soltanto il cristiano può dare un messaggio di speranza all'umanità, solo il
credente in Gesù risorto può dire che la morte non ha l'ultima parola
sulla vita dell'uomo, solo lui può annunciare la speranza di non morire,
che è in realtà l'unica, vera speranza che c'è nel cuore di ogni uomo, la
speranza che tutti coltivano dentro di sé, anche chi la nega o la irride.
Se la speranza viene dalla fede, si cresce nella
speranza nella misura in cui si matura nella
fede, nell'adesione al progetto di Dio.
Cammino della fede pasquale
Offrire la possibilità di fare questa esperienza significa aiutare il credente a
sperare, ad avere cioè la certezza che questo Dio, se mi ha chi-amato dal
nulla e ha continuato a chi-amarmi ogni giorno della vita, continuerà a
chi-amarmi per sempre, cioè a prendersi cura di me, a ritenermi prezioso
ai suoi occhi, figlio prediletto, essere unico-singolo-irripetibile ..., e la
certezza, pure, che solo nella risposta e nell'accoglienza della sua
chiamata potrò trovare la piena realizzazione di me, la vera felicità,
l'autentica libertà.
La vita dell'essere umano è una voce che chiama, anzi che chi-
ama. Dio mi ha chiamato dal nulla. Egli ha scelto e chiamato me,
preferendomi alla non esistenza. La mia vita è costituita da
quella chiamata.
La mia vita continua perché egli continua a chiamarmi,
impedendomi di ricadere nel silenzio del nulla da cui fui tratto.
Dio ti ‘chi-ama’
La speranza è espressione di fiducia e viene dall'esperienza dell'essere
stato amato. Che non crea solo certezza di poter ancora contare
sull'amore, ma cambia il criterio di approccio alla vita, all'altro, alla
relazione in genere, alle decisioni, piccole o grandi...
Si impara a sperare
uscendo, in forza della
certezza di un amore,
dallo schema
puramente razionale,
ed entrando in quello
della fiducia,
dell'abbandono, che
porta a fidarsi anche
contro l'evidenza.
La speranza è il più chiaro segno d'amore,
poiché espressione della fiducia piena
accordata a un Altro, all'amato, una fiducia
così grande che può generare la forza di
sperare contro ogni speranza, oltre i calcoli e
le paure, che producono solo scelte minimali
e riduttive. Cosa diventa la vita dell'uomo se
non impara mai a saltare la misura razionale?
Oltre ogni speranza
La speranza nasce nel
momento stesso e nel
medesimo punto in
cui potrebbe nascere
la disperazione.
Quando l'essere umano si trova dinanzi alla disperazione, sente salire
dentro di sé il grido disperato, quello potrebbe essere anche il grido della
speranza, il momento di nascita della speranza, e dunque momento
provvidenziale …..
Mai la domanda di
senso e la ricerca di
speranza sale
imperiosa nel cuore
umano come in
queste circostanze!
Non facciamo mancare la
nostra presenza in quei
momenti terribili. Nei nostri
tanti ministeri, attenti alle più
svariate necessità, che non
manchi il ministero della
consolazione, o della
Speranza e
disperazione
Significativa l’esperienza
di Pietro sul lago (cfr. Mt
14,28-33). Finché Pietro
guarda fisso Gesù, crede
in lui e non bada a se
stesso né calcola quello
che fa in base alle sue
forze... sta a galla,
ovvero la sua fede
innesca la speranza quasi
automaticamente, senza
intervalli di sorta, e la
speranza stessa attua la
fede, in qualche modo,
realizza ciò che crede, si
trova nell'orbita di quella
forza che emana da
Cristo.
Quando, però, la tensione della sua
fiducia cede, affiora la coscienza
umana con tutta la corte delle sue
paure. Ode allora ruggire la
tempesta, sente fluttuare le onde...,
e la speranza viene meno: Pietro
non incrocia più lo sguardo del
Maestro, poiché guarda angosciato il
lago che lo sta effettivamente.
Ma proprio nella situazione di
estremo disagio e paura, di fede
debole per quanto sincera, a Pietro
sale il grido supremo: «Signore,
salvami!».
La testimonianza della
speranza cristiana si rende
particolarmente importante,
specie quando dall’esistenza
emerge la fragilità umana.
L'attuale società tecnologica
apparentemente onnipotente non
elimina la fragilità, ma la nasconde
o tenta di nasconderla, ignorandone
sia il peso di sofferenza sia il valore
e la dignità. Invece «la speranza
cristiana mostra la sua verità
proprio nei casi di fragilità: non ha
bisogno di nasconderla, ma la sa
accogliere con discrezione e
tenerezza, restituendola, arricchita
di senso, al cammino della vita ».
In concreto … Insegnando e
praticando l'accoglienza del
nascituro e del bambino, la cura
del malato, il soccorso al povero,
l'ospitalità dell'abbandonato,
dell'emarginato, dell'immigrato,
la protezione dell'anziano, la
Chiesa è davvero "maestra
d'umanità"» e segno di
speranza.
Speranza e
fragilità della vita
Ogni giorno, un contadino portava l'acqua dalla sorgente al
villaggio in due grosse anfore che legava sulla groppa dell'asino,
che gli trotterellava accanto. Una delle anfore, vecchia e piena di
fessure, durante il viaggio, perdeva acqua. L'altra, nuova e
perfetta, conservava tutto il contenuto senza perderne neppure
una goccia.
L'anfora vecchia e screpolata si sentiva umiliata e inutile, tanto più
che l'anfora nuova non perdeva l'occasione di far notare la sua
perfezione: "Non perdo neanche una stilla d'acqua, io!".
Un mattino, la vecchia anfora si confidò con il padrone: "Lo sai,
sono cosciente dei miei limiti. Sprechi tempo, fatica e soldi per
colpa mia. Quando arriviamo al villaggio io sono mezza vuota.
Perdona la mia debolezza e le mie ferite".
Il giorno dopo, durante il viaggio, il padrone si rivolse all'anfora
screpolata e le disse: "Guarda il bordo della strada".
"E' bellissimo, pieno di fiori".
"Solo grazie a te", disse il padrone. "Sei tu che ogni giorno innaffi
il bordo della strada. Io ho comprato un pacchetto di semi di fiori
e li ho seminati lungo la strada, e senza saperlo e senza volerlo, tu
li innaffi ogni giorno...".
Risonanze ulteriori da comunicare?
Come intendi la speranza cristiana? Qualche
riflessione personale …
Quali sfide ritieni siano particolarmente urgenti, oggi,
nell’ottica della speranza cristiana?
Educarsi per vivere la speranza. Cosa te ne pare? È
possibile? Una tua riflessione.
Speranza … un dono gratuito da condividere. Essere
speranza per l’altro. Come riuscirci? Un tuo pensiero su
questo cammino di vita.

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Vivere nell'oggi la sfida della speranza cristiana.

  • 1.
  • 2. Quando scende su di noi la sera e scopri che nel cuore resta nostalgia di un giorno che non avrà tramonto; quando scende su di noi il buio e senti che nel cuore manca l’allegria del tempo che non avrà mai fine e all’improvviso la strada s’illumina e scopri che non sei più solo; sarà il Signore risorto a tracciare il cammino e a ridare vita. Arderanno sempre i nostri cuori se la tua Parola in noi dimorerà. Spezza Tu, Signore, il pane e porteremo al mondo la tua verità. Quando all’alba sentirai la sua voce, capirai che non potrà fermarsi mai l’annuncio che non avrà confini, che riporterà nel mondo la speranza. Quando scende su di noi la sera e scopri che nel cuore resta nostalgia di un giorno che non avrà tramonto; quando scende su di noi il buio e senti che nel cuore manca l’allegria del tempo che non avrà mai fine e all’improvviso la strada s’illumina e scopri che non sei più solo; sarà il Signore risorto a tracciare il cammino e a ridare vita. Arderanno sempre i nostri cuori se la tua Parola in noi dimorerà. Spezza Tu, Signore, il pane e porteremo al mondo la tua verità. Quando all’alba sentirai la sua voce, capirai che non potrà fermarsi mai l’annuncio che non avrà confini, che riporterà nel mondo la speranza.
  • 3.
  • 4. In che cosa consiste la speranza cristiana? In una battuta, tanto semplice quanto densa di significato, lo dice l'apostolo Paolo: “Cristo in voi, speranza della gloria” (Col 1,27; 1 Tim 1,1: “Cristo Gesù nostra speranza). La presenza di Cristo nella vita di ogni credente è il mistero pieno e totale che Dio ha voluto rivelare e questo è fonte e oggetto della speranza. All'origine della speranza cristiana vi è un atto pieno e totale, quanto gratuito, dell'amore di Dio; esso consiste nella chiamata alla salvezza mediante la partecipazione alla sua stessa vita. La speranza nella prospettiva cristiana non nasce dall'uomo. Essa è intesa come una chiamata gratuita che parte dalla rivelazione di Dio. E' qui che si percepisce la novità della nostra concezione.
  • 5. La speranza cristiana non sorge nel momento del bisogno, della sofferenza o dello sconforto determinato da diverse motivazioni; se così fosse in nulla si distinguerebbe dal generico sentimento o dal desiderio di aggrapparsi a qualcosa come soluzione estrema al male. La speranza cristiana, al contrario, ha come compagne di viaggio che non l'abbandonano mai la fede e la carità. La speranza sorge dalla fede e si nutre dell'amore. Senza questa circolarità non sarebbe possibile comprendere la specificità del sperare credente che vive di certezza e non di delusione. Chi o che cosa rende sicuro il cristiano che la sofferenza attuale non sarà definitiva, e deve sperare nella gloria che gli verrà data? La risposta è talmente chiara da non dare adito a equivoci di sorta: l'amore di Dio per noi è fondamento, garanzia e sostegno del nostro sperare. E' il suo amore che ci tiene saldi e legati strettamente a lui.
  • 6. Giustificati dunque per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo; per suo mezzo abbiamo anche ottenuto, mediante la fede, di accedere a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio … La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato (Paolo). CRISTO CROCIFISSO È LA NOSTRA SPERANZA
  • 7. L'autentica speranza nasce da una convinzione forte, verace, kerigmatica, da un'adesione convinta della mente e del cuore e della volontà; è possibile a partire dalla fede, ma non si ferma lì, si spinge oltre, molto oltre. Sperare non è solo confidare che si realizzi quello che si crede, ma prendere posizione rispetto ad esso; vuol dire compromettersi con il proprio credo al punto di fare delle scelte conseguenti. La fede rappresenta l'attrezzatura adeguata, come il campo-base di una spedizione di alta montagna, mentre la speranza è la certezza che partorisce il coraggio di scalare effettivamente la montagna fino alla vetta. La speranza è la fede personalizzata e creativa, anzi è la fantasia della fede, e di una fede coniugata al futuro e protesa in avanti, è il suo ottimismo.
  • 8. L'uomo viene redento mediante l'amore … Ma ben presto egli si renderà anche conto che è un amore che resta fragile. Può essere distrutto dalla morte. L'essere umano ha bisogno dell'amore incondizionato. Ha bisogno di quella certezza che gli fa dire: «Né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezze né profondità, né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8,38-39). La vera, grande speranza dell'uomo, che resiste nonostante tutte le delusioni, può essere solo Dio, quel Dio che ci ha amati e ci ama tuttora «sino alla fine», «fino al pieno compimento» (cfr Gv 13,1 e 19, 30). Chi viene toccato dall'amore comincia a intuire che cosa propriamente sarebbe « vita». «Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo» (Gv 17,3). La vita nel senso vero non la si ha in sé da soli e neppure solo da sé: essa è una relazione.
  • 9. Il Papa ci parla di discernimento evangelico. Esso è lo sguardo del discepolo missionario che «si nutre della luce e della forza dello Spirito Santo». Esorta, inoltre, tutte le comunità ad avere una «sempre vigile capacità di studiare i segni dei tempi».
  • 10. Cultura dello ‘scarto’Cultura dello ‘scarto’ Questa economia uccide. Non è possibile che non faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in borsa. Questo è esclusione. Oggi tutto entra nel gioco della competitività e della legge del più forte, dove il potente mangia il più debole. Abbiamo dato inizio alla cultura dello “scarto” che, addirittura, viene promossa … Gli esclusi non sono “sfruttati” ma rifiuti, “avanzi”. Sfde sociali
  • 11. Una delle cause di questa situazione si trova nella relazione che abbiamo stabilito con il denaro, poiché accettiamo pacificamente il suo predomino su di noi e sulle nostre società. …. vi è una profonda crisi antropologica: la negazione del primato dell’essere umano! Abbiamo creato nuovi idoli. L’adorazione dell’antico vitello d’oro (cfr Es 32,1-35) ha trovato una nuova e spietata versione nel feticismo del denaro e nella dittatura di una economia senza volto e senza uno scopo veramente umano. L’idolatria del denaro L’idolatria del denaro Dietro questo atteggiamento si nascondono il rifuto dell’etica e il rifuto di Dio. La brama del potere e dell’avere non conosce limiti.
  • 12. Inequità e violenza Inequità e violenza Quando la società abbandona nella periferia una parte di sé, non vi saranno programmi politici, né forze dell’ordine o di intelligence che possano assicurare illimitatamente la tranquillità. La disparità sociale genera prima o poi una violenza che la corsa agli armamenti non risolve né risolverà mai.
  • 13. L’accidia egoistaL’accidia egoista Sfde personali Quando abbiamo più bisogno di un dinamismo missionario che porti sale e luce al mondo, molti laici temono che qualcuno li inviti a realizzare qualche compito apostolico, e cercano di fuggire da qualsiasi impegno che possa togliere loro il tempo libero. Il problema non sempre è l’eccesso di attività, ma soprattutto sono le attività vissute male, senza le motivazioni adeguate, senza una spiritualità che permei l’azione e la renda desiderabile.
  • 14. Il pessimismo sterileIl pessimismo sterile La nostra fede è sfidata a intravedere il vino in cui l’acqua può essere trasformata, e a scoprire il grano che cresce in mezzo della zizzania. Una delle tentazioni più serie che soffocano il fervore e l’audacia è il senso di sconfitta, che ci trasforma in pessimisti scontenti e disincantati dalla faccia scura. Anche se con la dolorosa consapevolezza delle proprie fragilità, bisogna andare avanti senza darsi per vinti, e ricordare quello che disse il Signore a san Paolo: «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza» (2Cor 12,9).
  • 15. La mondanità spiritualeLa mondanità spirituale La mondanità spirituale, che si nasconde dietro apparenze di religiosità e persino di amore alla Chiesa, consiste nel cercare, al posto della gloria del Signore, la gloria umana ed il benessere personale. E’ quello che il Signore rimproverava ai Farisei: «E come potete credere, voi ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio?» (Gv 5,44) La mondanità spirituale, che si nasconde dietro apparenze di religiosità e persino di amore alla Chiesa, consiste nel cercare, al posto della gloria del Signore, la gloria umana ed il benessere personale. E’ quello che il Signore rimproverava ai Farisei: «E come potete credere, voi ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio?» (Gv 5,44) Assume molte forme, a seconda del tipo di persona e della condizione nella quale si insinua. Dal momento che è legata alla ricerca dell’apparenza, non sempre si accompagna con peccati pubblici, e all’esterno tutto appare corretto
  • 16. All’interno del Popolo di Dio e nelle diverse comunità, quante guerre!All’interno del Popolo di Dio e nelle diverse comunità, quante guerre! La guerra tra di noiLa guerra tra di noi Nel quartiere, nel posto di lavoro, quante guerre per invidie e gelosie, anche tra cristiani! La mondanità spirituale porta alcuni cristiani ad essere in guerra con altri cristiani che si frappongono alla loro ricerca di potere, di prestigio, di piacere o di sicurezza economica. Il mondo è lacerato dalle guerre e dalla violenza, o ferito da un diffuso individualismo che divide gli esseri umani e li pone l’uno contro l’altro ad inseguire il proprio benessere.
  • 17. Ai cristiani di tutte le comunità del mondo desidero chiedere specialmente una testimonianza di comunione fraterna che diventi attraente e luminosa. Che tutti possano ammirare come vi prendete cura gli uni degli altri, come vi incoraggiate mutuamente e come vi accompagnate: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35).
  • 18.
  • 19. Sperare significa soprattutto desiderare qualcosa di significativo e centrale o importante per la propria identità. Si spera e si desidera, fondamentalmente, di essere se stessi nella verità; e quello che si spera è sempre in relazione con quello che si è e si desidera essere e diventare. È fondamentale, per questo, offrire all’altro una certezza di cui ha estremo bisogno: la certezza che esiste la verità, che è possibile accostarsi ad essa, poiché tale verità è buona e amica dell'uomo, si lascia sentire, toccare, vedere..., manda messaggi, non è inaccessibile, ama svelarsi ed entrare in relazione con chi la cerca. Al di fuori di questa certezza nessuno apprende a sperare né di fatto spera.
  • 20. La speranza mette insieme due cose apparentemente contraddittorie: la fiducia in sé e il senso della propria impotenza. Il che non elimina, anzi comporta per natura sua un certo rischio, una qualche incertezza. Chi spera non solo mostra di avere fiducia in se stesso, ma è disposto in qualche modo a scommettere su se stesso. Di conseguenza occorrerà programmare una strategia educativa volta a rinforzare la sua stima di sé. Al punto che il soggetto possa osare di uscire dalle proprie sicurezze e tendere verso una realizzazione inedita di sé, non si accontenti di ripetersi, ma volga il suo sguardo verso ciò che ancora non ha compiuto di sé, ma avverte come qualcosa che l'attira e affascina. Potremmo dire che la strategia educativa dell'atteggiamento speranzoso è la spiritualità dell'esodo, o del pellegrinaggio.
  • 21. Che da forza alla speranza è la saldezza della fiducia e la serietà e consistenza del fondamento, di colui in cui si è riposta la fiducia. È lo sperare «in» Dio. Al punto di identificare Dio con la speranza stessa: « Sei tu, Signore, la mia speranza » (Sal 71,5; cfr. Ger 14,8; 17,13). Sarà necessario crescere e costruire sul fondamento pasquale, in cui ogni attesa e apertura sul futuro ponga lì le sue radici. Per aumentare sempre più nel credente la consapevolezza dell'affidabilità del suo punto di appoggio e di conseguenza la sua libertà di abbandonarvisi. Al di là di ogni presunzione autocentrica. Il contrario della speranza, infatti, non è la disperazione, ma l'autoaffermazione, il porsi al centro della vita.
  • 22. Sperare nasce dal desiderare, è voce del verbo desiderare; lo esprime al punto quasi di identificarsi con esso, fluisce dal desiderio e ne ha la forza. Chi desidera poco, infatti, spera poco. Peraltro il desiderare va educato perché ognuno impari a desiderare ciò che è degno di essere desiderato, e lo desideri intensamente. Ci si potrebbe chiedere: se la mente crede, il cuore ama e la volontà decide, qual è la facoltà che spera? La risposta è che tutte e tre le facoltà sperano... Sperare è attività o facoltà cumulativa, riassume e dice tutto l'essere umano, in un'attività che è tipicamente umana.
  • 23. Sperare è credere che la realtà non è ostile, la vita non è nemica, l'altro mi può aiutare ed essere propizio, Dio mi ascolta... In questo senso la speranza porta con sé un certo ottimismo o nasce da una presunzione ottimistica nei confronti della realtà in generale, e conduce a una fiducia verso di essa, a un pregiudizio amicale verso colui in cui si è riposta fiducia. La speranza è l'ottimismo della fede. Tale atteggiamento non è semplicemente qualcosa di istintivo, come una dote di carattere, più o meno ereditaria, ma è anch'esso frutto di un percorso di maturità che chiede l'integrazione del vissuto, della storia personale, per cogliere in essa i segni dell'amore dell'Eterno.
  • 24. Vediamo alcune modalità educative, attraverso le quali educare alla speranza. Se la speranza sembra incatenata, essa va liberata nella cultura di oggi. Nella certezza che «questo nostro tempo ha una grande nostalgia di speranza, anche per i rischi insiti nelle rapide trasformazioni culturali, in particolare per la deriva individualistica, per la negazione della capacità di verità da parte della ragione, per l'offuscamento del senso morale» (CEI).
  • 25. Essere persone di speranza L'educatore sia uomo di speranza. Per poter esercitare la speranza nei confronti dei giovani, prima di tutto, e assumere uno stile conseguente, speranzoso, nell'interazione educativa. «L'amore educativo è sempre provocato dalla sfida della speranza». È necessario cioè che l'educatore sia uno che crede nei giovani sinceramente. Chi vuole proporre percorsi educativi per liberare la speranza nei giovani deve prima di tutto credere nei giovani, ossia stimarli, voler loro sinceramente bene, sapersi adattare al loro passo, ma anche precederli quel tanto che basta per provocarli a camminare … essere così appassionato da farli innamorare di ciò che è vero e bello, cercare di capirli al di là delle stranezze e contraddizioni, ma anche scuoterli nella loro mediocrità e povertà di desideri, per ravvivare quella ricerca di autenticità che abita il loro io più segreto, anche se non lo sanno...
  • 26. Dalla psicologia si sa che l'idea che io mi faccio dell'altro condizioni inevitabilmente poi l'altro ad agire in modo tale da confermare l'idea che mi sono fatto di lui. Se voglio che l'altro cambi, devo cominciare io a essere disposto a cambiare l'idea che ho di lui, ed essere capace di percepire in lui quell'amabilità oggettiva che è presente nelle profondità del suo io, e che permane al di là di ogni condotta scorretta e di ogni fragilità e peccato. Sperare è credere e mandare all'altro il messaggio che potrà essere sempre più secondo quell'immagine ideale che si porta dentro in ogni caso. Gesù con l'adultera è l'esempio concreto di come tale amabilità possa essere percepita, al di là delle trasgressioni e delle precomprensioni sociali (cfr. Gv 8,1-11). Speranza è stimare l’altro
  • 27. Un punto fondamentale in questo percorso educativo verso la speranza è la presa di coscienza non solo della poca speranza oggi in circolazione, ma soprattutto dei percorsi perversi che conducono alla perdita della speranza, o dei cattivi maestri in tal senso. Credo che sia molto importante provocare i nostri giovani ad aprire gli occhi, a rendersi conto di chi sta sottilmente scippando loro il bello della vita, di chi li sta portando alla sottile disperazione, quella culturale o culturalmente corretta, pessimista, magari velata all'esterno da un atteggiamento di indifferenza, di sufficienza, quasi di superiorità nei confronti di chi ancora si illude e spera... «Il saggio non piange e non ride», diceva infatti Spinoza; esattamente il contrario di quanto afferma Agostino: «Chi crede in Dio... piange e ride». Essere ‘pro-vocazione’
  • 28. Il cristiano è un «narratore della speranza», uno che sente l'esigenza di rendere ragione della speranza che è in lui e che non viene da lui (cfr. 1Pt 3,15), uno che cresce nella fede nella misura in cui racconta tale speranza infondendola negli altri. Per questo deve essere anche consapevole che soltanto il cristiano può dare un messaggio di speranza all'umanità, solo il credente in Gesù risorto può dire che la morte non ha l'ultima parola sulla vita dell'uomo, solo lui può annunciare la speranza di non morire, che è in realtà l'unica, vera speranza che c'è nel cuore di ogni uomo, la speranza che tutti coltivano dentro di sé, anche chi la nega o la irride. Se la speranza viene dalla fede, si cresce nella speranza nella misura in cui si matura nella fede, nell'adesione al progetto di Dio. Cammino della fede pasquale
  • 29. Offrire la possibilità di fare questa esperienza significa aiutare il credente a sperare, ad avere cioè la certezza che questo Dio, se mi ha chi-amato dal nulla e ha continuato a chi-amarmi ogni giorno della vita, continuerà a chi-amarmi per sempre, cioè a prendersi cura di me, a ritenermi prezioso ai suoi occhi, figlio prediletto, essere unico-singolo-irripetibile ..., e la certezza, pure, che solo nella risposta e nell'accoglienza della sua chiamata potrò trovare la piena realizzazione di me, la vera felicità, l'autentica libertà. La vita dell'essere umano è una voce che chiama, anzi che chi- ama. Dio mi ha chiamato dal nulla. Egli ha scelto e chiamato me, preferendomi alla non esistenza. La mia vita è costituita da quella chiamata. La mia vita continua perché egli continua a chiamarmi, impedendomi di ricadere nel silenzio del nulla da cui fui tratto. Dio ti ‘chi-ama’
  • 30. La speranza è espressione di fiducia e viene dall'esperienza dell'essere stato amato. Che non crea solo certezza di poter ancora contare sull'amore, ma cambia il criterio di approccio alla vita, all'altro, alla relazione in genere, alle decisioni, piccole o grandi... Si impara a sperare uscendo, in forza della certezza di un amore, dallo schema puramente razionale, ed entrando in quello della fiducia, dell'abbandono, che porta a fidarsi anche contro l'evidenza. La speranza è il più chiaro segno d'amore, poiché espressione della fiducia piena accordata a un Altro, all'amato, una fiducia così grande che può generare la forza di sperare contro ogni speranza, oltre i calcoli e le paure, che producono solo scelte minimali e riduttive. Cosa diventa la vita dell'uomo se non impara mai a saltare la misura razionale? Oltre ogni speranza
  • 31. La speranza nasce nel momento stesso e nel medesimo punto in cui potrebbe nascere la disperazione. Quando l'essere umano si trova dinanzi alla disperazione, sente salire dentro di sé il grido disperato, quello potrebbe essere anche il grido della speranza, il momento di nascita della speranza, e dunque momento provvidenziale ….. Mai la domanda di senso e la ricerca di speranza sale imperiosa nel cuore umano come in queste circostanze! Non facciamo mancare la nostra presenza in quei momenti terribili. Nei nostri tanti ministeri, attenti alle più svariate necessità, che non manchi il ministero della consolazione, o della Speranza e disperazione
  • 32. Significativa l’esperienza di Pietro sul lago (cfr. Mt 14,28-33). Finché Pietro guarda fisso Gesù, crede in lui e non bada a se stesso né calcola quello che fa in base alle sue forze... sta a galla, ovvero la sua fede innesca la speranza quasi automaticamente, senza intervalli di sorta, e la speranza stessa attua la fede, in qualche modo, realizza ciò che crede, si trova nell'orbita di quella forza che emana da Cristo. Quando, però, la tensione della sua fiducia cede, affiora la coscienza umana con tutta la corte delle sue paure. Ode allora ruggire la tempesta, sente fluttuare le onde..., e la speranza viene meno: Pietro non incrocia più lo sguardo del Maestro, poiché guarda angosciato il lago che lo sta effettivamente. Ma proprio nella situazione di estremo disagio e paura, di fede debole per quanto sincera, a Pietro sale il grido supremo: «Signore, salvami!».
  • 33. La testimonianza della speranza cristiana si rende particolarmente importante, specie quando dall’esistenza emerge la fragilità umana. L'attuale società tecnologica apparentemente onnipotente non elimina la fragilità, ma la nasconde o tenta di nasconderla, ignorandone sia il peso di sofferenza sia il valore e la dignità. Invece «la speranza cristiana mostra la sua verità proprio nei casi di fragilità: non ha bisogno di nasconderla, ma la sa accogliere con discrezione e tenerezza, restituendola, arricchita di senso, al cammino della vita ». In concreto … Insegnando e praticando l'accoglienza del nascituro e del bambino, la cura del malato, il soccorso al povero, l'ospitalità dell'abbandonato, dell'emarginato, dell'immigrato, la protezione dell'anziano, la Chiesa è davvero "maestra d'umanità"» e segno di speranza. Speranza e fragilità della vita
  • 34. Ogni giorno, un contadino portava l'acqua dalla sorgente al villaggio in due grosse anfore che legava sulla groppa dell'asino, che gli trotterellava accanto. Una delle anfore, vecchia e piena di fessure, durante il viaggio, perdeva acqua. L'altra, nuova e perfetta, conservava tutto il contenuto senza perderne neppure una goccia. L'anfora vecchia e screpolata si sentiva umiliata e inutile, tanto più che l'anfora nuova non perdeva l'occasione di far notare la sua perfezione: "Non perdo neanche una stilla d'acqua, io!". Un mattino, la vecchia anfora si confidò con il padrone: "Lo sai, sono cosciente dei miei limiti. Sprechi tempo, fatica e soldi per colpa mia. Quando arriviamo al villaggio io sono mezza vuota. Perdona la mia debolezza e le mie ferite". Il giorno dopo, durante il viaggio, il padrone si rivolse all'anfora screpolata e le disse: "Guarda il bordo della strada". "E' bellissimo, pieno di fiori". "Solo grazie a te", disse il padrone. "Sei tu che ogni giorno innaffi il bordo della strada. Io ho comprato un pacchetto di semi di fiori e li ho seminati lungo la strada, e senza saperlo e senza volerlo, tu li innaffi ogni giorno...".
  • 35. Risonanze ulteriori da comunicare? Come intendi la speranza cristiana? Qualche riflessione personale … Quali sfide ritieni siano particolarmente urgenti, oggi, nell’ottica della speranza cristiana? Educarsi per vivere la speranza. Cosa te ne pare? È possibile? Una tua riflessione. Speranza … un dono gratuito da condividere. Essere speranza per l’altro. Come riuscirci? Un tuo pensiero su questo cammino di vita.