1. Università degli studi di Padova
Scuola di Agraria e Medicina Veterinaria
Dipartimento di Agronomia Animali Alimenti Risorse Naturali e Ambiente
Corso di laurea triennale in Scienze e Tecnologie Agrarie
Elaborato finale
PROCESSIONARIA DEL PINO E PROBLEMATICHE CONNESSE ALLA PRESENZA IN
AREE URBANE
Relatore:
Prof. Andrea Battisti
Laureando:
Carlo Grigoletto
Matricola n. 1054550
Anno Accademico 2016-2017
4. 3
RIASSUNTO
L'elaborato finale si propone di descrivere il fenomeno delle infestazioni causate da
Thaumetopoea pityocampa, nome volgare processionaria del pino, insetto
appartenente all'ordine dei Lepidotteri, in contesti urbani. Dopo aver preso visione
dell'estensione geografica di questo Lepidottero, presente in Italia e largamente
diffuso in tutti i paesi del bacino del Mediterraneo, descritta la morfologia e il ciclo
biologico dell'insetto, sono stati illustrati i danni che questo insetto reca a tutte le
specie di pino. Infatti, le larve di questo insetto si nutrono voracemente degli aghi di
pino, causando defogliazioni, indebolimento e blocco dell'accrescimento della pianta.
Inoltre è stato approfondito, un grave problema causato dalla processionaria, ovvero
le reazioni al contatto con i peli urticanti delle sue larve. Questi, grazie alle loro
minuscole dimensioni, sono facilmente veicolati dalle correnti d'aria, per cui in caso
di infestazioni, si possono avere inconvenienti gravi non solo all'interno o in
prossimità delle aree colpite, ma anche a distanze ragguardevoli, su persone e
animali. Sono stati pertanto analizzati i problemi di ordine-medico sanitario che i peli
urticanti, in caso di contatto, provocano sull’uomo e sugli animali, quali reazioni
allergiche, con sintomi a carico della cute, degli occhi e del sistema respiratorio. Sì
ricorda infine, come la lotta contro la processionaria del pino sia obbligatoria ai sensi
del D.M. 17.04.1998, analizzando i principali mezzi di lotta attualmente utilizzati di
tipo biologico, meccanico, endoterapico e chimico.
ABSTRACT
The final work aims to describe the phenomenon of outbreaks caused by
Thaumetopoea pityocampa, common name the pine processionary moth, insect
belonging to the order of Lepidoptera, and their consequences at urban level. After
reviewing the geographical area of this moth, occurring in Italy and in all countries
of the Mediterranean basin, the work describes the insect morphology and the
biological cycle, the damage caused by this insect to all pine species. In fact, the
larvae of this insect feed voraciously of pine needles, causing defoliation, weakening
5. 4
and growth arrest of the plant. A very serious problem caused by the moth, i.e. the
reactions following the contact with the stinging hairs produced by the larvae, is also
analyzed. Due to their small size, these urticating setae are easily carried by air
currents, so in case of infestation, they can have serious drawbacks not only within or
near the affected areas, but also at considerable distances, on people and animals. The
human and veterinary health problems associated with the urticating setae, have been
considered. In case of contact, with humans and domestic animals, they cause allergic
reactions, with symptoms affecting the skin, eyes and respiratory system. The control
of the pine processionary is obligatory pursuant to D.M. 17.04.1998, and the main
control means currently (biological, mechanical, endotherapic and chemical) are
reviewed.
6. 5
1. INTRODUZIONE
L’obiettivo del presente elaborato è analizzare il fenomeno delle infestazioni dovute
alla processionaria del pino, Thaumetopoea pityocampa con lo scopo di comprendere
le problematiche connesse alla presenza in aree urbane.
Si analizzeranno pertanto gli effetti che questo insetto, appartenente all’ordine dei
Lepidotteri, può provocare agli alberi delle specie appartenenti al genere Pinus e
come in caso di contatto i suoi peli urticanti, essendo velenosi allo stadio larvale,
possano causare reazioni allergiche, cutanee, oculari e respiratorie anche molto gravi
sia su persone che sugli animali e quali cure mediche adottare.
Si illustreranno le disposizioni sulla lotta obbligatoria contro la processionaria del
pino e in particolare gli aspetti normativi alla luce della revisione del Decreto
17.04.98.
Al fine di limitare e contenere la presenza della processionaria del pino le modalità di
intervento maggiormente utilizzate nelle aree urbane colpite dal problema delle
infestazioni di processionaria del pino, sono: l’inserimento di predatori e parassitoidi
naturali dell’insetto (lotta biologica), la lotta selvicolturale, la distruzione meccanica
dei nidi invernali delle larve (lotta meccanica), le trappole a feromoni (lotta
biologica), l’utilizzo di un bio-insetticida < Bacillus thuringiensis> (lotta
microbiologica), l’uso di insetticidi (lotta chimica) e infine la lotta endoterapica.
7. 6
2. DESCRIZIONE DELL’INSETTO
2.1 Piante ospiti
La Processionaria del Pino il cui nome scientifico Thaumetopoea pityocampa (Denis
et Schiffermuller, 1775), e il cui termine Thaumetopoea significa (l’insetto) che ‘fa
cose meravigliose’ (molto probabilmente originato dalle parole greche ‘miracolo’ e
‘fare’) come far splendere tende di seta sulla cima degli alberi o fare processioni
testa-coda nel periodo della pupazione, da cui deriva il nome “processionaria”, è un
fitofago appartenente all’ordine dei Lepidotteri, alla famiglia delle Notodontidae e
alla sottofamiglia delle Thaumetopoeidae.
Le larve defogliatrici con peli urticanti, di questo insetto, attaccano piante di conifere
appartenenti al genere Pinus in particolare quello nero (Pinus nigra), silvestre (Pinus
silvestre), il pino marittimo (Pinus pinaster), pino da pinoli (Pinus pinea) ed il pino
d’aleppo (Pinus halepensis) e raramente alcune specie di cedro (Cedrus spp.) e di
larice (Larix decidua), sia autoctone che introdotte, nelle zone boschive di collina e
montagna ed in aree urbane come parchi. In rare occasioni si può trovare in altre
specie conifere, incluse quelle del genere Pseudotsuga. E’ tipicamente presente su
alberi isolati e ai limiti della vegetazione forestale, anche se le parti interne della
vegetazione forestale possono essere colonizzate durante le infestazioni.
2.2 Distribuzione geografica
L’estensione geografica di questo Lepidottero va dal nord Africa all’Europa
meridionale , dalla costa atlantica alla parte occidentale della Turchia, dove il clima è
caratterizzato da estati calde e secche (Battisti et al., 2005) (Fig. 1). Essendo un
insetto attivo durante i mesi invernali, il suo areale, specialmente nel sud Europa, è
limitato dalle temperature invernali. Durante l’inverno, infatti, se la temperatura
scende al di sotto di -16°C si ha la morte di tutte le larve all’interno dei nidi; ma
8. 7
anche una temperatura media mensile inferiore a -4°C risulta letale per la specie
(Robinet et al., 2007).
Recentemente la processionaria ha mostrato una tendenza ad allargare l’area di
diffusione ad altitudini e latitudini elevate, tanto è vero che l’espansione altitudinale
di questo insetto, sembra essere stimata intorno ai 110-230 m (Battisti et al., 2005),
ciò dovuto all’effetto del cambiamento climatico. Infatti sono state notate
pullulazioni in zone dove la specie era assente o poco presente come in Francia e
nelle Alpi.
Nella Penisola italiana la presenza di questa processionaria risulta documentata già
dal 1500, quando il medico naturalista senese P.A. Mattioli indicava i bruchi dei pini
come molto frequenti in Italia, in particolare in alcune vallate alpine.
Fig. 1 - Areale della processionaria del pino e distribuzione di varie specie di Pinus.
T. pityocampa, linea continua; T. wilkinsoni, linea tratteggiata; A = Pinus pinea, B =
P. brutia, H = P. halepensis, M = P. mugo, N = P. nigra, P = P. pinaster, S = P.
sylvestris. Ogni lettera si riferisce ad una unità di terra in cui la specie di pino
indicato è dominante, ma non necessariamente esclusivo.
9. 8
2.3 Danni
Il danno è determinato dalle larve defogliatrici, che a seconda dell'età si comportano
in modo diverso. Infatti le giovani larve delle prime età scheletrizzano le foglie,
lasciando un "filo" centrale, corrispondente alla nervatura dell'ago; questo, che
necrotizza e dissecca, viene inglobato all'interno del nido "estivo". Mentre le larve
mature defogliano completamente i rametti, mangiando interamente gli aghi,
producendo anche effetti disastrosi, in caso di forti attacchi.
L'attacco, specialmente se massiccio, determina una riduzione dell’attività
fotosintetica e nutritiva degli alberi colpiti e, oltre a rallentarne la crescita, causa un
loro indebolimento, rendendoli vulnerabili; e questi inoltre, divengono una facile via
di penetrazione da parte di altri fitofagi (Scolitidi) e recettivi a malattie fungine
lignicole (Carie).
Le infestazione sono considerate di forte entità, nelle aree boschive quando si hanno
mediamente più di 5 nidi per pianta (Fig. 2), mentre in ambienti urbani sono
sufficienti 1-2 nidi per pianta e oltre alla defogliazione, possono insorgere anche
problemi di tipo sanitario.
Fig. 2 –Nido di processionaria
10. 9
2.4 Morfologia dell’insetto
Le uova (Fig. 3.1) sono deposte in ovature cilindriche ed assumono una colorazione
grigio-argentea, perché coperte di squame dell'addome delle femmine e sono
avvolte a manicotto attorno agli aghi dei pini.
Fig. 3.1 – Ammasso di uova di T. pityocampa
Le larve (Fig. 3.2) presentano un capo di color nero con un apparato boccale
masticatore, il corpo che nei primi stadi è di color giallo-verde e dalla 3 età diventa di
color bruno che dorsalmente assume una colorazione grigiastra in cui sono presenti
dei peli urticanti di color rosso ruggine. Il loro completo sviluppo corporeo passa
attraverso 5 stadi intervallati da 4 mute ed hanno abitudini gregarie.
Fig. 3.2 – Esemplare di larva di T. pityocampa
11. 10
Le crisalidi (Fig. 3.3) sono di colore marrone ricoperte da un bozzolo biancastro che
si imbrunisce col passare del tempo. Il periodo in cui rimangono interrate prima dello
sfarfallamento è dipendente dalla temperatura del sito e può variare da 1 mese fino a
7 mesi nei luoghi più caldi (Battisti et al., 2000). Le crisalidi sono soggette ad
un’interruzione dello sviluppo e non tutte quindi si schiuderanno nell’anno della loro
formazione, ma in alcuni casi la diapausa può durare da uno a tre anni o più. Sembra
che questo possa dipendere dalla temperatura e dalla qualità del cibo ingerito nel
periodo larvale.
Fig. 3.3 – Crisalide di T. pityocampa
Gli adulti (Fig. 3.4) sono farfalle che presentano ali anteriori di colore grigiastro e ali
posteriori biancastre tendenti al giallo, con striature trasversali brunastre, simili alla
scorza delle piante ospiti, su cui si mimetizzano. Hanno abitudini notturne e durante
il giorno si riposano in zone ombreggiate e riparate.
Le femmine hanno maggiori dimensioni rispetto ai maschi ed entrambi hanno una
durata della vita piuttosto breve (1-2 giorni), infatti immediatamente dopo aver
deposto le uova muoiono rapidamente.
Fig. 3.4 – Stadio adulto di T. pityocampa (Foto di Battisti A.)
12. 11
2.5 Ciclo biologico
Thaumetopoea pityocampa (spesso abbreviato con PPM, dall’anglosassone Pine
Processionary Moth) è un insetto univoltino ovvero presenta un ciclo vitale annuale
(Fig. 4), che è invertito se comparato ad altre specie dello stesso genere e alla
maggior parte degli altri insetti defogliatori, perché le larve si nutrono durante
l’inverno. Però sulle montagne della Corsica il ciclo dello sviluppo è semivoltino,
ovvero presenta una generazione ogni due anni (Géri 1938a, 1938b).
Questo insetto sverna come larva di III-IV età sui nidi costruiti in punta della pianta
di pino esposti ai raggi solari oppure su qualche ramo laterale di alberi infestati con
preferenza per quelli rivolti a sud.
Le larve escono dal nido durante la notte ad inizio primavera eseguendo delle tipiche
processioni testa-coda nutrendosi delle foglie. Le larve dal 3° al 5° stadio si nutrono
quando la temperatura è superiore allo 0°C a condizione che il giorno prima la
temperatura della colonia abbia raggiunto i 9°C all’interno della tenda (Battisti et al.
2005), sviluppando dei peli urticanti di lunghezza di 0.2 mm, situati in gruppi nella
parte dorsale dell’addome. Quando le larve vengono disturbate, i peli vengono
rilasciati, e possono causare gravi reazioni allergiche negli umani e negli animali.
Una volta raggiunta la maturità in giugno le larve scendono lungo il tronco e
arrivano fino ad una profondità di 10-15 cm sotto il suolo dove tessono il bozzolo e
successivamente si incrisalidano. Però ci sono alcune crisalidi che entrano in
diapausa prolungata per 7-9 anni, questa sembra essere una chiave per sopravvivere
in condizioni ambientali estreme e può anche aumentare la probabilità di
sopravvivenza della colonia. Da questo momento comincia la comparsa degli adulti
che sfarfallano da giugno ad agosto. Questa comparsa è molto influenzata dalla
temperatura (Démolin 1969a ; Huchon e Démolin 1971; Zamoum e Démolin 2005;
Pimentel et al. 2010), infatti nei luoghi più freddi (alte quote o alte latitudini), gli
adulti compaiono a giugno mentre nei luoghi più caldi, ovvero quando le temperature
medie si mantengono stabilmente sopra i 14°C, la loro comparsa può essere ritardata
fino a settembre.
13. 12
Verso agosto si ha l’accoppiamento e l’ovodeposizione dalle 100 alle 300 uova da
parte delle femmine sugli aghi di pino che scheletrizzano le foglie creando prima dei
nidi estivi piccoli che poi diventeranno sempre più voluminosi, ben visibili nella
parte alta degli alberi e in posizione soleggiata, in cui verso la fine di settembre le
larve staranno all’interno e dove supereranno l’inverno.
Fig. 4 - Ciclo biologico di T. pityocampa
14. 13
3. IMPATTO MEDICO-VETERINARIO DEL SISTEMA
URTICANTE DELLA PROCESSIONARIA
3.1 Introduzione
I peli urticanti sono comuni nei Lepidotteri e agiscono come difesa contro i predatori
vertebrati, ma sono anche una seria minaccia per la salute umana e animale, sia
quando vengono a contatto con la pelle o altre parti del corpo, sia senza contatto
diretto con le larve, in quanto i peli urticanti si liberano nell’aria a seguito dei
movimenti della larva e possono essere aerotrasportati.
I peli urticanti sono prodotti dal 3° stadio larvale al 4° stadio larvale, a seconda della
specie, sulle aree del tegumento dei tergiti addominali, che vengono chiamati
“specchi”, a causa della loro struttura di riflettere la luce. Questi specchi aumentano
di numero con le mute larvali, fino all’ultimo stadio larvale: sono otto segmenti
addominali interamente ricoperti di pelo urticante. Si stima che in questa fase ci sono
circa 1.000.000 setole / larva in T. pityocampa, con una densità di 60.000 setole /
mm2
. I minuscoli peli lunghi tra 0.1 e 0.2 mm (Fig. 5.1), conformati come dei piccoli
arpioni con apici, si attaccano facilmente ai tessuti (pelle e mucose). Il rilascio di peli
dalle larve è stato esplorato da Demolin (1963), che ha mostrato che le larve posso
aprire attivamente gli specchi del tegumento quando vengono disturbate.
Fig. 5.1 - Peli urticanti di T. pityocampa visti al microscopio SEM
15. 14
Le setole si rinnovano ad ogni muta, pertanto i loro nidi posti sui rami defogliati della
pianta ospite ne sono colmi, cosi come sui loro siti di impupamento. Inoltre la larva al
5° stadio compie la muta nel bozzolo e residui di peli possono rimanere all’interno,
per cui gli adulti che ne escono possono accidentalmente trasportarne una parte sul
proprio corpo. Un fattore aggravante è la lunga persistenza delle setole nell’ambiente
anche dopo l’esposizione a condizioni piuttosto estreme; Hase (1939) dimostra che
gli insetti essiccati mantengono il loro potere irritante anche dopo 12 anni di
conservazione e dopo un trattamento con temperatura alta come 110° C.
Sono state fatte campionature dei peli urticanti di Thaumetopoea, per esplorare la
lunghezza e il diametro dei peli, in quanto i dati dimostrano che i peli possono essere
trasportati dal vento e quindi dispersi per chilometri dai luoghi infestati dalle larve o
sotto gli alberi che ospitano i nidi, provocando disturbi fastidiosi, sia nell’uomo che
negli animali, pur senza un contatto diretto con le larve. In T. pityocampa, la
distribuzione di lunghezza delle setole, ha mostrato una distribuzione bimodale (Fig.
5.2). La distanza orizzontale ipotetica del percorso per una setola rilasciata a 20 m di
altezza, in una giornata con una velocità del vento di 2 m/s è di 6,5 km per le setole
corte e di 2,4 km per le setole lunghe, quindi le setole più piccole si diffondono molto
oltre. L’importanza delle dimensioni delle setole, può essere utile per i responsabili di
aree verdi nella pianificazione delle operazioni di controllo di questi parassiti.
Fig. 5.2 – Distribuzione bimodale in T. pityocampa
16. 15
La capacità della larva della processionaria del pino, a indurre lesioni cutanee è ben
nota fin dalle prime descrizioni di Réamur nel 1736 e nel 1899 Fabre (descritti da
Ducombs et al. 1981). Le larve di T. pityocampa inducono lesioni cutanee quali
orticaria e dermatiti, congiuntiviti e raramente sintomi respiratori o addirittura shock
anafilattico. Queste reazioni sono causate dai peli urticanti chiamate setole disposte
su piastre cuticolari e dispersi in tutte le larve come meccanismo di difesa. E’
evidente che la lesione può essere di tipo meccanico, indotta dalla penetrazione di
setole nell’ epidermide e sia tossica, dovuta alla liberazione di tossine presenti nelle
setole.
Il primo articolo che descrive gli antigeni e le proteine delle setole di T. pityocampa è
stato pubblicato nel 1983 (Lamy et al. 1983). Essi hanno descritto il contenuto
proteico delle setole come una miscela complessa di 16 proteine, in particolare hanno
studiato una proteina 28 kDa (ulteriormente divisibile in due subunità di 13 e 15 kDa)
e la chiamarono ‘thaumetopoein’ dimostrandone le sue proprietà urticanti nelle cavie.
L’uso della biologia molecolare oggi, ha reso possibile lo studio di alcuni allergeni
presenti nelle setole quali <Tha p 2> , un importante allergene delle setole di T.
pityocampa, probabilmente corrisponde al <thaumetopein> descritto molti anni fa e il
<Tha p 1> , un altro allergene estratto da larve intere. Pertanto, i peli separandosi
facilmente dalla larva, devono essere considerati come fonte di allergeni e non solo
come produttori di reazioni irritanti o tossiche. Gli allergeni presenti nelle larve
raccolte in Spagna e nelle larve raccolte in Francia, hanno un contenuto proteico
differente, al momento non si sa se questa scoperta possa avere alcun valore clinico.
Studi recenti hanno dimostrato attraverso prove in vitro (con il metodo IgE-
immunoblotting) ed in vivo (mediante Skin Prick Test con estratto intero della larva
allo stadio 5), la presenza di un meccanismo IgE mediato responsabile della maggior
parte dei casi di reazione occasionale. Pertanto la presenza di reazioni immunitarie
agli allergeni della larva dovrebbero essere diagnosticate presto per evitare il
progressivo aumento della sensibilizzazione. E’ anche vero che non tutti gli individui
17. 16
mostrano sintomi dopo il contatto con le setole, mentre il meccanismo irritante
normalmente influenza tutti i soggetti esposti.
Ducombs ha calcolato che una sola larva porta dentro gli specchi circa 1 milione di
setole (Ducombs et al. 1979). Ciò implica che un soggetto può essere esposto ad un
elevato numero di setole dopo il contatto diretto con le larve e questo può succedere
per esposizione professionale nei confronti di varie categorie di lavoratori (boscaioli,
guardie forestali, agricoltori , etc.), per i lavoratori forestali, questo rischio è fino a 5
volte superiore. Ma può anche verificarsi, per le persone che vivono in prossimità di
aree infestate, un’esposizione ad un basso numero di setole, trasportate dal vento, per
lunghi periodi di tempo e questo potrebbe portare ad un elevato numero di persone
sensibilizzate, come dimostrato da studi epidemiologici. La positività al prick test
cutaneo, ha raggiunto il 12% nelle zone rurali, il 9,6% in aree semi-urbane con pinete
vicine e 4,4% nelle aree urbane (Vega et al. 2011 a, b).
Pochi dati epidemiologici sono stati però pubblicati sulle reazioni causate dal genere
Thaumetopoea, probabilmente per scarsa conoscenza di questa patologia, o perché le
reazioni sono lievi e transitorie, tuttavia gli studi confermano che queste reazioni
sono comuni nelle zone endemiche. Interessante sapere come queste reazioni siano
particolarmente comuni nei bambini provenienti da zone rurali, in quanto la loro
curiosità li porta a toccare le larve o giocare con la sabbia o la vegetazione che può
contenere resti di esse.
Il rischio principale di reazioni cutanee a T. pityocampa è quindi direttamente
correlato all’esposizione alle larve. Il rischio è significativamente più alto nelle
persone con esposizione quotidiana (Vega et al. 2011 a, b). Le malattie legate a
Thaumetopoea di solito sono stagionali. La maggior parte delle reazioni si verificano
nei mesi corrispondenti agli stadi larvali urticanti (gennaio-aprile). All’interno di
questi mesi, l’ultimo stadio larvale, ha il rischio più alto perché il numero di setole e
la loro allergenicità è massima (Rebollo et al. 2002). Tuttavia un contatto con le
setole fuori stagione può avvenire, in quanto le setole disperse dalle larve, può
18. 17
persistere nell’ambiente per molti anni. Questo fatto spiega il motivo, per cui alcune
persone hanno episodi di reazioni durante tutto l’anno.
3.2 Manifestazioni cliniche sulle persone
3.2.1 Manifestazioni dermatologiche
Le reazioni cutanee sono la manifestazione clinica più frequente. Il sintomo
principale è un prurito insopportabile a volte senza lesioni visibili. Le lesioni cutanee
delle larve di Thaumetopoea sono di due tipi diversi: immediata con rigonfiamento e
arrossamento (orticaria da contatto (Fig. 6.1)) o successiva con eruzione papulare
(Fig. 6.2). D’altra parte può accadere una sovrapposizione di queste lesioni cutanee o
una doppia reazione. La maggior parte dei soggetti con orticaria da contatto, sono
allergici (igE-mediata) e l’eruzione compare entro 30-60 minuti e scompare entro 24
ore. Le reazioni possono essere strettamente limitate alla zona di contatto, ma
possono apparire come orticaria generalizzata, edema facciale e, talvolta possono
essere associate a sintomi extra-cutanei e a reazioni anafilattiche. Le reazioni ritardate
non appaiono fino a 2-24 ore dopo l’esposizione e le papule infiltrate sono simili a
punture di insetti e persistono per diversi giorni. Queste lesioni si trovano più
frequentemente su aree esposte, in generale sul collo e sugli arti, e in particolare i
polsi, avambracci, zone soggette a flessione e le caviglie, anche se le aree coperte del
corpo possono essere colpite. I palmi delle mani e gli spazi interdigitali sono più
19. 18
spesso colpiti nei bambini, probabilmente a causa di un contatto diretto con le larve,
quando giocano sui luoghi infestati (Vega et al. 2003a, b).
Fig. 6.1 - Orticaria da contatto
Fig. 6.2 - Orticaria da contatto con successiva eruzione papulare
3.2.2 Manifestazioni oculari
E’ pure frequente il coinvolgimento oculare, che può anche essere accompagnato da
un coinvolgimento dermatologico. Le setole, in caso di contatto con gli occhi,
possono causare diverse patologie oculari, come la congiuntivite, la cheratite. Come
nel coinvolgimento dermatologico, una combinazione di fattori non-allergici e
allergici può essere responsabile delle manifestazioni oculari. Le persone con
ipersensibilità IgE-mediata, mostrano prurito oculare spesso con o senza
arrossamento, che scompare spontaneamente o dopo il trattamento con antistaminici.
20. 19
3.2.3 Altre manifestazioni
Il coinvolgimento delle vie respiratorie è meno comune e le patologie respiratorie
comprendono rinite, dispnea, tosse e respiro affannoso, occasionalmente associato a
una reazione anafilattica.
Altri sintomi, come febbre, vomito, salivazione e dolore addominale, che possono
verificarsi in caso di ingestione, sono stati segnalati solo raramente.
In generale, è chiaro che in condizioni non sperimentali non è possibile quantificare
l’esposizione (il numero o la quantità di setole fisso) e quindi, vi è una mancanza di
definizione nella grandezza delle diverse reazioni che potrebbe avere un soggetto
normale (non ipersensibile) dopo l’esposizione alle setole. Ci sono casi praticamente
privi di sintomi , ma altri presentano gravi reazioni (Vega et al. 2011a, b; Holm et al.
2009). Nelle aree endemiche, comunque, circa la metà degli adulti con reazioni
dermatologiche dovute a T. pityocampa sono allergici (IgE-mediata) (Ruiz 2011).
Una volta stabilita la diagnosi ecco alcune delle misure preventive per evitare
reazioni a questi insetti. E’ necessario, in caso di contatto con le larve, il lavaggio del
corpo con acqua e sapone, la rimozione dell’abbigliamento contaminato ed evitare di
grattarsi. Una volta che sono apparsi i sintomi, la terapia si basa esclusivamente sulla
utilizzazione di farmaci corticosteroidei e antistaminici, somministrati sia per via
topica, che per via orale. Se si dovessero presentare, oltre a sintomi localizzati,
reazioni anafilattiche, difficoltà alla deglutizione, aumento notevole della salivazione,
vomito, prurito oculare persistente, ovvero problemi generalizzati è necessario recarsi
al Pronto Soccorso dell’ospedale più vicino.
21. 20
3.3 Effetti sugli animali
3.3.1 Introduzione
La processionaria del pino Thaumetopoea pityocampa, provoca danni significativi
forestali (defogliazione, indebolimento degli alberi), ma può anche indurre importanti
conseguenze sanitarie, oltre che negli uomini, anche negli animali, sia in animali
domestici (cani, gatti) e anche in animali da allevamento (cavalli, bovini, pecore,
capre). Il contatto con i peli urticanti delle larve può provocare anche per gli animali
danni orali, della pelle e degli occhi, ma a volte può portare a reazioni allergiche fino
allo shock anafilattico. I danni possono derivare sia da contatto diretto (con le larve o
con i loro nidi che possono contenere resti di peli urticanti) o da contatto indiretto
(con peli urticanti che si staccano facilmente dal corpo della larve durante la
processione) ed essendo estremamente piccoli possono essere trasportati dal vento.
L’avvelenamento da larve di processionaria, può essere osservato sia in animali
domestici e in animali da allevamento. I segni clinici compaiono rapidamente dopo
l’esposizione ai peli urticanti, in media dopo pochi minuti, a qualche ora dopo. Sono
quattro le principali vie di esposizione: contatto con la pelle, contatto con gli occhi,
inalazione e ingestione.
3.3.2 Sintomi sugli animali domestici
Il coinvolgimento più comune è quello del viso e della cavità orale, spiegato dal
comportamento degli animali. Infatti i cani sono spesso contaminati dal naso e dalla
bocca, a causa del loro annusare, o anche nel mangiare larve in processione, mentre i
ruminanti sono contaminati quando pascolano sull’erba, dove le larve hanno perso i
loro peli urticanti dopo la processione (Charmot 1987). Diversi studi riportano che il
cane è di gran lunga la specie più colpita da avvelenamento (Charmot 1987; Darrasse
1991; Gleyze 1995; Pineaue Romanoff 1995; Pineau 1999; Scheiner 2003; Turpin
2006). Questo può essere spiegato, data la curiosità in generale del cane, al contrario
del gatto che è molto più sospettoso e quindi entra raramente in contatto con le larve
22. 21
(l’esplorazione orale è meno sviluppata nella specie felina), anche se i sintomi sono
simili a quelli osservati nei cani.
I sintomi che i cani presentano in questi casi sono variabili e spesso di natura grave. Il
primo segnale che può far pensare a una reazione da ingestione o inalazione di peli di
processionaria, può essere l’improvvisa ed eccessiva salivazione del cane, causata
dalla potente risposta del sistema immunitario del cane che provoca un grave stato
infiammatorio principalmente nell’area della bocca, ma anche nell’esofago e
addirittura dello stomaco e un rigonfiamento della mucosa orale delle labbra e della
lingua (Fig. 7). Proprio quest’ultimo fenomeno può rilevarsi letale, perché la lingua
gonfiandosi in modo spropositato può ostruire le vie respiratorie e far decedere il
cane per asfissia. Ma ciò non è tutto, infatti i peli urticanti della processionaria venuti
a contatto con la lingua del cane, provocano la distruzione del tessuto cellulare,
provocando la necrosi della stessa, con la conseguente perdita di porzioni di lingua,
nei casi più gravi. Altri sintomi correlati al contatto con i peli urticanti della
processionaria sono: febbre, inappetenza, perdita della vivacità, ma anche vomito e
diarrea emorragica. Possono inoltre essere osservate lesioni cutanee, dove la pelle è
più sottile come su labbra, palpebre e orecchie, mentre la compromissione oculare
può essere osservata, ma meno comunemente.
Fig. 7 - Necrosi e rigonfiamento della lingua di un cane
23. 22
3.3.3 Sintomi sugli animali da allevamento
3.3.3.1 Ruminanti
Nei ruminanti, i sintomi orali si manifestano con vescicole sull’apice della lingua, in
quanto possono ingoiare foraggi contenenti peli urticanti e questo può succedere
anche per molti altri animali al pascolo. Generalmente gli animali colpiti, diventano
anoressici e si isolano dal resto della mandria.
3.3.3.2 Cavalli
Nei cavalli invece, sono state segnalate coliche, estese orticarie e congestione della
lingua. Secondo le osservazioni di Darrasse (1991), il prurito a volte è così intenso
che può portare ad automutilazione. Anche la sudorazione può essere importante
(Charmot 1987). Sono state inoltre osservate, ondate di aborti senza identificare
nessun agente noto (microrganismi, piante tossiche), ma gli studi epidemiologici
hanno rilevato la presenza di larve nell’ambiente, che le cavalle possono aver
certamente consumato inavvertitamente (Cadwell-Smith et al 2009; McDowell et al.
2010; Stewart 2009; Tobin et al. 2004). Pertanto alcune specie di larve urticanti,
possono essere considerate come potenziali agenti abortivi. Bisogna far attenzione a
non confondere, l’avvelenamento dalla processionaria del pino, con l’ingestione di
varie sostanze caustiche (prodotti irritanti), o con punture di insetti (vespe, api,
calabroni). Infatti, in assenza di test specifico, la diagnosi di avvelenamento da larva
di processionaria del pino, è principalmente una diagnosi di esclusione, in base a
criteri clinici ed epidemiologici.
24. 23
3.4 Trattamento
Il successo del trattamento è legato a tre fattori principali (Demory 2004a, b): la
precocità, la durata e la “non-rottura” di peli urticanti durante il trattamento, in modo
da non favorire la diffusione della sostanza irritante. E’ spesso raccomandata
un’associazione di corticosteroidi, antistaminici e diuretici, per sostenere o
ripristinare lo stato generale dell’animale. Gli antibiotici possono essere prescritti se
le lesioni sono già in fase avanzata (somministrazione orale di amoxicillina o
spiramicina). E’ anche importante assicurare la buona alimentazione e la buona
idratazione dell’animale. Dovrebbe essere fatto anche un lavaggio delicato senza
strofinare le zone colpite, per evitare il rilascio di sostanze irritanti.
Quando il trattamento viene implementato all’inizio, nelle prime ore dopo
l’avvelenamento, la prognosi è generalmente buona e la vita dell’animale non è in
pericolo. Quando invece il trattamento viene ritardato (più di 24 ore dopo
l’avvelenamento) oppure il contatto con i peli urticanti è stato intenso, possono
esserci dei casi mortali, per fortuna rari, e a volte l’eutanasia è l’unica via possibile ad
esempio quando la necrosi linguale si estende alla gola (Gleyze 1995).
3.5 Casi clinici di avvelenamento in Francia
Casi clinici di avvelenamento negli animali in Francia, hanno evidenziato le
principali difficoltà diagnostiche che i veterinari possono incontrare, in particolare
nei ruminanti, a causa di una potenziale confusione con altre malattie vescicolari e
sottolineato l’importanza della stagionalità dei casi, come aiuto per la diagnosi.
Tuttavia, la stagionalità è stata modificata dal riscaldamento globale negli ultimi anni,
e questo potrebbe fare la diagnosi ancora più difficile in futuro. Pertanto l’espansione
geografica della processionaria del pino continua dal sud al nord della Francia in
concomitanza ai cambiamenti climatici. Sono stati così realizzati due opuscoli i
informativi, in lingua francese, uno per i veterinari e l’altro per i proprietari di
25. 24
animali per spiegare la biologia e la pericolosità della processionaria del pino, i segni
clinici e le principali raccomandazioni per prevenirla.
In generale le processionarie costituiscono un problema economico nei paesi colpiti,
ma l’impatto sulla salute animale e umana sta diventando progressivamente chiaro.
Una risposta immunitaria può comparire dopo il contatto diretto o indiretto con le
setole e l’elevato numero di proteine presenti nelle setole rende la ricerca su nuovi
antigeni / allergeni obbligatoria. Oltre le IgE, altri tipi di risposte immunitarie
dovrebbero essere esplorate. La ricerca futura sugli animali e sugli esseri umani, sarà
necessaria per lo sviluppo di metodi diagnostici affidabili. Approcci sierologici,
potrebbero essere molto utili per la diagnosi clinica, nonché per gli studi
epidemiologici. Speriamo che tutto ciò possa essere raggiunto in un prossimo futuro.
26. 25
4. MODALITA’ DI INTERVENTO
4.1 Riferimenti normativi
I problemi causati da questo defogliatore nei primi decenni del secolo, condussero già
nel 1926 e nel 1938 all’emanazione di due Decreti di lotta, che obbligavano i
proprietari delle piante attaccate ad intervenire nei riguardi del fitofago.
La normativa vigente di riferimento per la processionaria del pino è il Decreto del
Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali del 30-10-2007, pubblicato
nella G.U. n. 40 del 16/2/2008, che ha sostituito, abrogandolo, il DM 17-4-1998. La
lotta è obbligatoria a questo insetto in tutto il territorio nazionale e in relazione
all’ambito di interesse, vede come protagonisti il Servizio Fitosanitario Regionale e/o
il Sindaco territorialmente competenti. In particolare l’articolo 1 dispone
l’obbligatorietà della lotta solo nelle aree in cui i Servizi Fitosanitari Regionali,
competenti per territorio, stabiliscono che la presenza dell’insetto minacci seriamente
la produzione o la sopravvivenza del popolamento arboreo. Mentre l’articolo 4
prevede che nel caso di rischi per la salute delle persone e degli animali, gli interventi
di profilassi siano disposti dall’Autorità sanitaria competente secondo le modalità
stabilite dal Servizio Fitosanitario Regionale. Con il nuovo Decreto, pertanto, viene
disgiunto l’aspetto fitosanitario, da quello legato alla prevenzione dei rischi sanitari
per la salute delle persone e degli animali.
4.2 Classificazioni degli interventi
La lotta alla processionaria del pino è mirata al controllo e al contenimento
dell’abbondanza di insetti. È bene sottolineare che non esiste una tecnica che
permetta la completa eradicazione della specie, che d’altra parte non sarebbe
nemmeno auspicabile. L’obiettivo del controllo deve essere quindi il ripristino del
naturale equilibrio bio-ecologico delle aree urbane e non solo.
27. 26
Gli interventi da applicare possono essere suddivisi in due categorie: di tipo indiretto
e di tipo diretto. Gli interventi di tipo indiretto (lotta biologica e selvicolturale) non
agiscono direttamente sulla biomassa larvale ma influenzano i fattori ambientali
legati alla dinamica degli insetti; si prevede quindi che il loro effetto si realizzi sul
lungo periodo.
Gli interventi di tipo diretto (lotta chimica, meccanica, microbiologica ed
endoterapia), al contrario, agiscono direttamente sulla biomassa larvale presente ed
hanno un effetto immediato di breve periodo, mentre a lungo termine non modificano
in alcun modo l’andamento della biomassa larvale a meno di una loro nuova
applicazione. Da qui consegue che i primi sono interventi considerati di prevenzione,
che quindi devono essere messi in atto dopo un attento studio e con aspettative a
lungo termine, mentre i secondi sono da intendersi come interventi di emergenza, atti
al contenimento dell’infestazione e dei problemi ad essa associati, ma non sono
efficaci a lungo termine se non riapplicati.
4.3 Lotta biologica
4.3.1 Trappole a feromoni
Uno dei metodi più conosciuti ed utilizzati nella lotta biologica sono le trappole a
feromoni (Fig. 8). Queste sono delle particolari trappole destinate alla cattura degli
insetti, che contengono sostanze chimiche che fungono da messaggeri e sono emesse
da particolari ghiandole presenti sul corpo degli insetti, generalmente dalle femmine,
per attirare il maschio durante il periodo dell'accoppiamento. Disporre di trappole a
feromoni può essere utile per monitorare la diffusione delle falene di processionaria e
per confondere le farfalle maschio nella ricerca della femmina, in quanto si evita la
fecondazione e quindi la formazione di una nuova generazione. Le trappole devono
28. 27
essere installate nella prima metà di giugno, appese a supporti in posizione medio-
alta e sul lato sud ovest delle piante e nei punti dove c’è maggior infestazione della
processionaria ovvero nei rami più esposti al sole. Si consiglia di installare dalle 6
alle 8 trappole per ettaro, distanti tra di loro 40-50 metri in base alle caratteristiche
della zona e il grado d’infestazione, nel caso si tratti di parchi e giardini, invece nei
boschi vengono collocate ogni 100 metri lungo le strade d’accesso. È necessario che
le trappole siano installate prima dell’inizio dei voli, cosi da riuscire a catturare un
numero maggiore di individui maschio che sfarfallano alcuni giorni prima delle
femmine. Alla fine del periodo di cattura le trappole sono svuotate e possono essere
riutilizzate l’anno successivo (Leblond et al., 2010).
Vengono anche utilizzate delle trappole collose (sia acquistate da aziende, sia
prodotte artigianalmente con pellicola trasparente e colla entomologica) per
l’intercettazione delle larve durante la loro discesa a terra per incrisalidarsi (febbraio-
aprile). Si tratta di un tipo di intervento relativamente economico che può essere
consigliato per i giardini di privati e per pochi esemplari vegetali.
Fig. 8 - Trappola a feromone
29. 28
4.3.2 Nemici naturali
Un altro metodo che viene utilizzato in lotta biologica è l’uso di antagonisti o nemici
naturali che si possono suddividere in due principali categorie: i parassitoidi e i
predatori (Tab. 1)
I principali parassitoidi della Thaumetopoea pityocampa sono Baryscapus Servadeii
(Fig. 9.1) e Ooencyrtus pityocampae (Fig. 9.2), che parassitizzano le uova, anche se
qualche altra specie polifaga può presentarsi, queste due specie sono state esaminate
per la prima volta da Biliotti (1958) e da quel momento sono state considerate in
diversi studi. Baryscapus Servadeii è limitata alle specie di Thaumetopoea che si
cibano di conifere, su cui sviluppa una generazione all’anno, la quale è molto ben
sincronizzata con la disponibilità di uova ospiti (Battisti 1989). O. pityocampae è
polifago e ha diverse generazioni all’anno su vari ospiti. Il parassitismo in totale può
raggiungere localmente il 45% (Tsankov e altri 2006).
Fig. 9.1 - Baryscapus Servadeii
30. 29
Fig. 9.2 - Ooencyrtus pityocampae
Invece le larve sono parassitizzate dopo il terzo stadio dalla mosca tachina Phryxe
caudata (Fig. 9.3), che completa due generazioni all’anno, la cui prima compare in
primavera dalle larve mature e la seconda in estate-autunno dalla pupa (Buxton
1990). La mortalità generata da predatori artropodi può essere localmente alta per
esempio il sirfide Xanthandrus comtus (Fig. 9.4) e diversi predatori sono stati trovati
all’interno delle tende larvali (Branco e altri 2008). Per contro, le larve sembrano
essere molto ben protette dai vertebrati (Barbaro e Battisti 2011). Un certo numero di
organismi patogeni sono stati trovati ad attaccare le larve, i più frequenti sotto forma
di virus citoplasmatici e nucleari (Vago 1959) e nematodi entomopatogeni (Triggiani
e Tarasco 2002). Altre specie di parassitoidi larvali e pupa-larvali come Ditteri ed
Imenotteri sono state riportate a minori frequenze.
Le pupe sono parassitizzate da un numero di insetti come il bombilide Villa Brunnea
(Fig. 9.5), l’icneumonide Coelichneumon rudis (Fig. 9.6), e lo pteromalide
Conomorium pityocampae, che possono interferire con il più comune predatore,
l’upupa Upupa epops (Battisti et al. 2000; Barbaro et al. 2008). Queste sono spesso
31. 30
contaminate da funghi entomopatogeni, tra cui il più comune è il Beauveria bassiana
(Fig. 9.7).
Fig. 9.3 - Phryxe caudata
Fig. 9.4 - Xanthandrus comtus
Fig. 9.5 - Villa brunnea
Fig. 9.6 - Coelichneumon rudis
32. 31
Fig. 9.7 - Beauveria bassiana
I maggiori predatori di processionaria del pino sono per lo più uccelli che includono
l’insetto nella loro dieta a seconda dello stadio evolutivo in cui si trova. Tra questi si
ha, ad esempio, la cinciallegra (Parus major) (Fig. 9.8), un piccolo passero sedentario
ampiamente diffuso in Europa. Generalmente la sua dieta è molto varia; tuttavia,
durante la stagione riproduttiva nutre i suoi pulcini essenzialmente con larve di
lepidottero. Si è osservato che in molti paesi Mediterranei si nutre sia di uova di
processionaria sia di larve, indipendentemente dallo stadio in cui si trovano (quindi
sia larve giovani nei primi stadi sia larve adulte). Il periodo in cui la predazione è
massima è durante i mesi di febbraio-marzo quando si nutre praticando dei fori
all’interno dei nidi invernali ed estraendo le larve al suo interno.
Fig. 9.8 - Cinciallegra (Parus major)
33. 32
Altre due specie di passeriformi quali la cincia dal ciuffo (Lophophanes cristatus)
(Fig. 9.9) e la cincia mora (Periparus ater) (Fig. 9.10) sono in grado di nutrirsi di
larve ai primi stadi evolutivi.
Fig. 9.9 - Lophophanes cristatus
Fig. 9.10 - Periparus ater
Un altro uccello in grado di predare la processionaria, è il cuculo (Cuculus canorus)
che è considerato specializzato nel nutrirsi di larve di lepidotteri provviste di peli
urticanti, specialmente quelle negli stadi finali (Barbaro and Battisti, 2011). Un
diverso organismo che si nutre di larve di processionaria è il sicofante (Calosoma
34. 33
sycophanta L.) (Fig. 9.11), un insetto della famiglia dei coleotteri che a causa della
sua voracità e dell’alta capacità riproduttiva è considerato come un importante agente
di controllo sulle infestazioni di foreste e colture (Kanat and Mol, 2008).
Fig. 9.11 - Calosoma sycophanta
L’upupa (Upupa epops) (Fig. 9.12) è un uccello considerato come grande predatore
della processionaria del pino e di altri insetti dannosi per le foreste e per le colture; le
larve e le crisalidi di lepidottero, infatti, rappresentano oltre il 60% della sua dieta.
Nelle piantagioni di pini dell’Europa del sud, soprattutto in Italia e Francia, l’upupa è
specializzata nel nutrirsi di crisalidi di T. pityocampa benché queste siano al di sotto
del terreno (Battisti et al., 2000, Barbaro and Battisti, 2011). Poiché le crisalidi
possono presentare una diapausa prolungata e quindi rimanere interrate per più di
anno, sono una risorsa sempre presente per l’upupa. Nelle piantagioni di pino nero
del nord Italia oltre il 70% delle crisalidi può essere consumato da questo predatore,
contribuendo alla prevenzione di esplosioni demografiche nella popolazione di
processionaria del pino (Barbaro and Battisti, 2011).
35. 34
Fig. 9.12 - Upupa (Upupa epops)
Infine, esistono anche specie di uccelli che si nutrono delle farfalle di processionaria
durante il periodo estivo, in cui queste sono presenti, come il caprimulgo europeo
(Caprimulgus europaeus) (Biliotti, 1958).
S
t
a
d
i
o
Uova
Ooencyrtus
pityocampae
Baryscapus
servadei
Ephippiger
ephippiger
Larve
Erigorgus
fermorator
Phryxe caudata
Calosoma
sycophanta
Nidi invernali
Xanthandrus
comtus
Parus major -
Crisalidi Upupa epops Villa brunnea
Coelichneumon
rudis
Falene - - -
Tab. 1 - Nemici naturali della processionaria
36. 35
4.3.3 Lotta microbiologica
La lotta microbiologica si attua con un insetticida microbiologico il Bacillus
thuringiensis subspecie Kurstaki (Btk), che viene irrorato sulla chioma attraverso
l’utilizzo di mezzi aerei (elicotteri) o tramite atomizzatori sulle giovani larve agendo
per ingestione, il quale attiva una tossina che paralizza la muscolatura intestinale e
l’apparato boccale delle larve che smettendo di nutrirsi e muoiono entro 5 giorni.
Questo insetticida deve essere applicato immediatamente nella fase di schiusura delle
uova e su larve giovani, cioè tra fine agosto ed inizio settembre e il trattamento deve
essere effettuato con piante asciutte, preferibilmente di sera e in assenza di vento e
pericolo di precipitazioni, per evitare il dilavamento del prodotto. Le dosi d’impiego
vanno da 5 a 40 gr per 100 mq di coltura, diluiti in 100 litri d’acqua a seconda dei
ceppi utilizzati e della concentrazione dei formulati, questo fornisce ottimi risultati
nei confronti delle larve di prima e seconda età, invece per le larve più grosse sono
necessari 300-350 g/hl. Il Bacillus Thuringiensis, nonostante sia uno degli insetticidi
più selettivi in commercio e quindi innocuo per gli insetti utili, per l’uomo e per i
vertebrati, è un prodotto irritante, non miscibile con poltiglia bordolese o con altre
sostanze a reazione alcalina.
L’effetto di questo particolare bio-insetticida sulle larve di processionaria del pino è
influenzato da molti fattori sia climatici sia legati al ciclo di sviluppo dell’insetto.
Infatti, l’effetto è massimo se le larve si trovano nei primi stadi di sviluppo mentre
risulta molto limitato negli stadi avanzati, in quanto l’attività di rimozione della
biomassa è minore (Minerbi et al., 2001, Battisti et al., 1998). Inoltre, l‘efficacia è
limitata anche dai fenomeni climatici che, combinati con la poca persistenza
nell’ambiente del bio-insetticida, fanno sì che sia necessario avere condizioni
meteorologiche molto particolari per massimizzare l’effetto (Roversi, 1997, Minerbi
et al., 2001).
In condizioni sfavorevoli come, ad esempio, un avanzato stadio larvale, si ottiene una
mortalità che può essere anche inferiore al 10% (Tiberi and Panzavolta, 2001).
37. 36
Al contrario ovvero in condizioni ottimali la mortalità che si produce è variabile ed
assume valori compresi fra il 70% (Cebeci et al., 2010) fin anche al 100% (Cebeci et
al., 2010, Minerbi et al., 2011).
Il grande vantaggio di questo metodo, ed anche il motivo per cui è largamente
impiegato, è la grande selettività dell’agente patogeno utilizzato, poiché attacca
solamente le larve di lepidottero. La difficoltà sta nel trovare il giusto periodo di
intervento, soprattutto dal punto di vista meteorologico (Leblond et al., 2010). Infatti,
le condizioni climatiche devono essere in ogni caso buone mentre la scelta del
periodo di applicazione presenta una serie di vantaggi e svantaggi (Battisti et al.,
1998). Un trattamento autunnale potrebbe essere vantaggioso poiché si va ad agire
sui primi stadi larvali, che sono più vulnerabili, quindi una minore dose di prodotto
causa una maggiore mortalità ed inoltre, riducendo il numero di larve presenti, si va
ad aumentare l’incidenza della mortalità invernale sulle processionarie (che dipende
inversamente dalla densità delle larve) (Tiberi and Panzavolta, 2001). Tuttavia, in
questo periodo i nidi provvisori delle larve non sono ancora visibili e quindi il
trattamento deve essere estensivo su tutta l’ampiezza dell’area considerata (Minerbi
et al., 2001, Battisti et al., 1998). Questa tempistica di trattamento è consigliata in
foreste di alto valore ambientale, dove si cerca di evitare anche il minimo danno da
defogliazione (Battisti et al., 1998). Un trattamento tardo invernale invece presenta, a
parità di prodotto usato, una mortalità molto minore; ne consegue che la quantità di
prodotto da usare per ottenere effetti importanti aumenta. Nonostante questo vi sono
anche alcuni vantaggi, come la migliore possibilità di quantificare l’estensione ed
l’entità dell’attacco e quindi circoscrivere il trattamento alle sole zone interessate;
inoltre, l’impatto del prodotto su altri lepidotteri è praticamente nullo in quanto la
maggior parte di essi non è attiva in questo periodo (Minerbi et al., 2001, Battisti et
al., 1998). Questa tempistica di applicazione del prodotto è consigliata per aree dove
un certo danno da defogliazione può comunque essere tollerato (Battisti et al., 1998).
Inoltre, va sottolineato come il possibile uso di questa politica debba essere
38. 37
subordinato ad un efficiente sistema di monitoraggio della popolazione larvale, per
capire quando sia presente il pericolo di un’infestazione.
4.4 Lotta selvicolturale
La lotta selvicolturale consiste nel sostituire, con opere di rimboschimento
successive, i pini con alberi che non siano oggetto di attacchi da parte della
processionaria del pino, come ad esempio alberi di latifoglie. Inoltre è necessario
evitare di mettere a dimora pini, in particolare il pino nero, soprattutto a quote
inferiori ai 500 m. s.l.m. ed in zone particolarmente colpite dal parassita. Alcune
evidenze sperimentali, infatti, dimostrano che più il paesaggio è eterogeneo più sono
rari i casi di infestazione (Hódar et al., 2002). L’efficacia è dovuta alla riduzione sia
del numero che della disponibilità di piante ospiti di cui le larve possono nutrirsi
(Leblond et al., 2010).
4.5 Lotta meccanica
L’ intervento consiste nell’asportare manualmente e bruciare i nidi di processionaria,
adottando tutte le necessarie misure di sicurezza. Il periodo migliore è l’inverno,
preferibilmente nei mesi di dicembre e gennaio, nelle giornate in cui la temperatura
sia inferiore ai 5°C, ovvero quando i nidi sono ben visibili sulla chioma e le larve si
trovano tutte all’interno. Durante il prelievo dei nidi, che si effettua con l'ausilio di
scale e forbici troncarami, è necessario vestirsi in modo adeguato per evitare il
contatto con i peli urticanti. Tale metodo di intervento è uno dei più rispettosi dal
punto di vista ecologico, nonché il più efficace in termini di bonifica di massa
efficace, ma piuttosto costoso in termini economici e di tempo. Risulta, pertanto,
conveniente se utilizzato su superfici limitate, quali possono essere come terreni di
verde urbano, giardini privati e piccoli appezzamenti di terreno boschivo.
39. 38
4.6 Endoterapia
L’endoterapia nasce dall’esigenza di trovare metodi di lotta alternativi alle
tradizionali irrorazioni in chioma spesso di difficile realizzazione che siano
maggiormente rispettosi dell’ambiente e della salute degli umani ed abbiano
contemporaneamente elevata efficacia combinata alla convenienza economica
d’esecuzione. Per endoterapia (Fig. 10) si intende il trattamento fitosanitario eseguito
attraverso l’immissione di sostanze ad azione insetticida e/o fungicida direttamente
all’interno del sistema vascolare della pianta, che vengono traslocate all’intera
chioma dove esplicheranno la loro azione di protezione. I principali metodi di lotta
endoterapica possono essere suddivise in sistemi a pressione e micropressione o ad
assorbimento naturale. I primi sfruttano una pressione attiva in grado di inserire il
principio attivo nel flusso xilematico: in questo caso la velocità di assorbimento
dipende dalle caratteristiche della pianta ma è poco influenzata dalle condizioni
ambientali.
Tra questi ricordiamo il metodo a pressione, il metodo Mauget ed il nuovo metodo
Corradi.
Il primo metodo sfrutta una pompa oleodinamica operante da 3 a 10 bar e richiede un
foro di iniezione di 5-6 mm di diametro ogni 30-40 cm di circonferenza dell’albero.
Il metodo Mauget, sviluppato in USA, che prevede una pressione di esercizio molto
ridotta (0,5 bar) e utilizza capsule pressurizzate collegate al tronco tramite fori
profondi 7 mm di diametro tra i 2,8 e 4,3 mm, il numero di capsule necessario varia
in funzione della specie arborea e mediamente è pari ad una capsula ogni 24 cm di
circonferenza.
il Nuovo Metodo Corradi che utilizza una siringa manuale con un puntale usa e getta
in grado di lavorare a pressioni intermedie associata ad un sistema di dissoluzione dei
formulati commerciali tale da ridurre al minimo i volumi di iniezione, sfrutta fori da
1,5 a 3,5 mm di diametro profondi da 2,5 a 6 cm (in funzione della specie arborea e
della dimensione del fusto) disposti ogni 25/30 cm di circonferenza del fusto.
40. 39
I sistemi ad assorbimento naturale invece immettono il principio attivo nel flusso
xilematico sfruttando la capacità assimilatoria della pianta, ed in tale situazione
l’assorbimento è legato oltre alle caratteristiche della pianta, dalle condizioni
ambientali. Tra questi, il primo metodo Corradi, permette di iniettare formulati diluiti
in acqua tramite sacche flebo, con fori profondi 3-5 cm (uno ogni 35-40 cm di
circonferenza) del diametro compreso tra 1,5 e 3,5 cm.
Fig. 10 - Esecuzione dell’endoterapia
4.7 Lotta chimica
La lotta chimica è un metodo poco impiegato e va effettuata solo in caso non sia
possibile intervenire con gli altri mezzi e di solito viene effettuata sulle larve giovani,
si usano dei larvicidi come il Diflubenzuron, il Carbaril e i piretroidi.
Il Diflubenzuron (formulazione commerciale Dimilin®) è un regolatore di crescita
che agisce sulle larve di prima generazione (agosto-settembre) inibendo il processo di
sintesi della chitina, impedendo il processo di muta e provocandone la morte, che è
caratterizzato da un ampio spettro d’azione e da una notevole persistenza.
Quindi, nonostante la sua efficacia, l’uso è sconsigliato se non in casi molto
particolari, in quanto nell’area trattata porterebbe alla morte una moltitudine di insetti
fondamentali per la biodiversità dell’ecosistema (Leblond et al., 2010, Tiberi and
Panzavolta, 2001).
Il Carbaryl agisce per contatto e per ingestione ed un suo impiego continuo provoca
la selezione di ceppi resistenti alla sua azione.
I piretroidi agiscono per contatto sulle larve non riparate nei nidi (agosto-ottobre).
41. 40
5. CONCLUSIONI
Le analisi proposte sono state effettuate con l’obiettivo di comprendere le
problematiche connesse alla presenza in aree urbane della processionaria del pino
(Thaumetopoea pityocampa) e di studiare possibili politiche di controllo a riguardo
della presenza dell’insetto fitofago, in quanto, come si è detto, questo lepidottero
solleva problemi sia di ordine ecologico-selvicolturale, sia di natura igienico-
sanitaria. Nei popolamenti forestali (piante, rimboschimenti, boschi misti) in base alla
normativa vigente, la lotta a questo organismo nocivo è obbligatoria solo nelle aree in
cui il Servizio fitosanitario ha stabilito che la presenza dell’insetto minaccia
seriamente la sopravvivenza del popolamento arboreo. In questo caso viene
considerato il rischio che le infestazioni di processionaria determinano sulle piante. In
ambito urbano, (piante isolate poste in giardini pubblici o privati) il rischio principale
legato alla presenza dell’insetto, riguarda la salute pubblica e non la sopravvivenza
delle piante. Tra l’altro in quest’ultimo caso, i trattamenti possono essere difficili
tecnicamente e/o impossibili, anche per la mancanza di principi attivi registrati per gli
ambienti urbani e pubblici. La corretta impostazione della difesa fitosanitaria del
verde urbano e in particolare la definizione di un protocollo di lotta contro questi
insetti provvisti di peli urticanti, richiede una preliminare analisi, presso un centro
specializzato, delle specie presenti, al fine di evitare errori di identificazione, fonte di
allarmismi ingiustificati o di portare ad una sottovalutazione del problema. Un
elemento irrinunciabile è dato dalla conoscenza approfondita dell’ecologia del
fitofago e del suo ciclo biologico, particolarmente complesso per le capacità delle
pupe di rimanere nel terreno per anni, allo scopo di definire la capacità di
adattamento agli habitat urbani e periurbani, nonché di individuare le possibilità e i
tempi di intervento. Al fine, invece, di limitare al massimo i rischi per la salute delle
persone e degli animali, essendo le larve della processionaria del pino
(Thaumetopoea pityocampa) la specie più importante per la sua ampia distribuzione
territoriale, per l’esposizione professionale nei confronti di varie categorie di
42. 41
lavoratori (boscaioli, guardie forestali, agricoltori, ecc..), e per quanti, animali
compresi, entrassero in contatti anche non direttamente con l’insetto, ma con i suoi
peli urticanti, visto che si liberano facilmente nell’aria e possono essere
aerotrasportati, è necessario distinguere le situazioni in cui si manifestano
essenzialmente reazioni cutanee con sensazioni di prurito, da casi con irritazioni
molto forti o con coinvolgimento di organi di senso e mucose, per i quali è necessario
recarsi presso la più vicina struttura sanitaria e/o dal veterinario di fiducia. Il
contenimento delle infestazioni della processionaria rappresenta un problema a lungo
studiato nei vari paesi compresi nell’areale di diffusione del Lepidottero, come
testimonia la copiosa bibliografia disponibile sull’argomento, ma tra i diversi sistemi
di intervento escogitati nessuno è risultato privo di inconvenienti, né applicabile alle
varie situazioni. Gli interventi messi in atto contro la processionaria non possono
evitare il ripresentarsi in futuro di nuove infestazioni, ma devono proseguire
l’obiettivo di contenere per quanto possibile la diffusione del parassita e, di
conseguenza, l’azione dannosa, in particolare sulla salute umana e animale, perché
una diminuzione della popolazione della “falena”, sarebbe seguita in breve tempo da
una diminuzione del numero di esseri umani ed animali sensibilizzati.
43. 42
BIBLIOGRAFIA
LIBRI CONSULTATI
Battisti A., 1989. Thaumetopoea pityocampa: bio-ecologia e problemi di energetica
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Ahmed El Alaoui El Fels M., Avci M., Avtzis N. D., Battisti A., Ben Jamaa L. M.,
Berardi L., Berretima W. , Branco M., Chakali G., Frérot B., Hodar A. J., Ionescu-
Malancus I., Ipekdal K., Larsson S., Manole T., Mendel Z., Meurisse N., Mirchev P.,
Nemer N., Paiva M.-R., Pino J., Protasov A., Rahim N., Rousselet J., Santos H.,
Sauvard D., Schopf A., Simonato M., Yart A. e Zamoum M. 2015.
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Fig. 3.1 - Ammasso di uova di T. pityocampa
www.processionaria.it
Fig. 3.2 - Esemplare di larva di T. pityocampa
www.acremar.it
FIG 3.3 - Crisalide di T. pityocampa
www.processionaria.it
Fig. 3.4 - Stadio adulto di T. pityocampa
Fig. 4 - Ciclo biologico di T. pityocampa
securityselfstorage.it/newseventi-43-la-processionaria-di-cosa-si-tratta-e-come-
difende
Fig. 5.1 - Peli urticanti di T. pityocampa visti al microscopio SEM
https://www.researchgate.net/figure/259752349_fig4_Figure-4-
Fig. 5.2 - Distribuzione bimodale in T. pityocampa
https://www.researchgate.net/.../259752349_fig3_Figure-3-Len
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Fig. 6.1- Orticaria da contatto
Fig. 6.2 - Orticaria da contatto con successiva eruzione papulare
www.actasdermo.org/.../skin-reactions-on-exposure-pine
Fig. 7 - Necrosi e rigonfiamento della lingua di un cane
www.amicobeagle.it › Salute
Fig. 8 - Trappola a feromone
www.biofarm.it/erogatore-di-feromone-per-processionaria.html
Fig. 9.1 - Baryscapus Servadeii
ponent.atspace.org › Índex › Sistemàtica › Eulophidae
Fig. 9.2 - Ooencyrtus pityocampae
ephytia.inra.fr/fr/C/20183/Agiir-Ses-ennemis-naturels
Fig. 9.3 - Phryxe caudata
home.utad.pt/~ltorres/parasitoides/taquinideos.htm