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ISBN 978-88-904235-29
CDD 177 VIL cru 2008
LCC BJ 1725
7
INDICE
Presentazione 25
Prefazione 27
Storia 33
La farmacia iatrèica e ieratica tra magismo e paganesimo 35
Il tempo di Dio con l’uomo 43
Galenica e signatura, monachesimo e caduta dell’impero romano 48
Alchimia e civiltà arabo-islamica 52
L’epoca di San Benedetto e della Scuola Salernitana 54
Lo sviluppo dei monasteri e l’etos dell’ospitalità 59
Dal risveglio della cultura e dei costumi all’avvento dell’università e delle signorie 61
Regimina, ospedalità, Costitutiones federiciane e Corporazioni 64
Alchimia e Chiesa, peste bubbonica 69
Umanesimo, Nobile Collegio, rinascita della magia, Ricettario Fiorentino 74
Rinascimento, Nuovo Mondo, San Giovanni Leonardi 83
Sviluppo scientifico, peste nera, iatrochimica e dottrina dei sistemi 90
Illuminismo, sviluppo scientifico della chimica, epoca rivoluzionaria 97
Apogeo napoleonico, positivismo, breccia di Porta Pia, rivoluzione industriale 103
Dalla Grande Guerra al secondo Conflitto Mondiale 111
Dal dopoguerra a Paolo VI 113
Da Giovanni Paolo II a Benedetto XVI 115
Etica 125
Giuramento di Ippocrate 127
Giuramento di Maimonide 128
Codice deontologico del Farmacista 129
Giuramento per la Professione del Farmacista 148
Il sistema Farmacia 149
Carta del Farmaco 150
Codice deontologico di Farmindustria 152
Dichiarazione di Erice sui principi etici della ricerca farmacogenetica 164
Dichiarazione di Roma sulla Lotta ai farmaci contraffatti 168
Dichiarazione di Berlino sulla farmacovigilanza 170
Dichiarazioni di principio delle Organizzazioni internazionali dei farmacisti 193
Statuto dell’Arte degli Speziali della Repubblica di Siena (1355) 195
Saladino d’Ascoli: dello Speziale, da “Compendium Aromatariorum”I Particula (XV sec.) 198
Iacono M. S.: “Il vero modo di eleggere, preparare et componere i medicamenti semplici” 199
Iacono M. S.:“De l’officio de lo speciaro” (1559) 201
Ricettario Fiorentino: Il buono Speziale 202
Ricettario Fiorentino: La Bottega dello Speziale 202
Statuto Nobile Collegio - Capitolo Primo (1787) 202
Statuto Nobile Collegio - Disposizioni di vigilanza (1787) 203
Statuto Nobile Collegio - Disposizioni su disciplina e armonia (1787) 204
Religione 205
Preghiera del Farmacista 207
Preghiera della Sanità Militare 208
8
Preghiera a San Giovanni Leonardi Patrono dei Farmacisti 209
Invocazione a San Giovanni Leonardi 210
Paolo VI, Udienza Generale del 10 settembre 1975 211
Discorso di Giovanni Paolo II ai congressisti FOFI del 1981 212
Lettera Apostolica di S.S. Giovanni Paolo II Salvifici Doloris 215
Discorso di Giovanni Paolo II alla FOFI (1986) 239
Pastorale della Salute nella Chiesa italiana 241
P. B. Honings: “Carta degli Operatori Sanitari. Sintesi di etica ippocratica e morale cristiana” 247
S.S. Giovanni Paolo II: “Istituzione della Giornata Mondiale del Malato” 253
Pontificia Academia Pro Vita, V Assemblea Generale “Dichiarazione finale” 256
Pontificia Academia Pro Vita “La coscienza cristiana a sostegno del diritto alla vita” 259
Omelia di SS. Giovanni Paolo II in visita alla Parrocchia di San G. Leonardi a Torre Maura 262
Messaggio di SS. Giovanni Paolo II al Rettore Generale dell’Ordine di San G. Leonardi 264
Promessa del Farmacista Cattolico 266
Ex aedibus Congregationis de Cultu Divino et Disciplina Sacramentorum: Italiae 267
Società 269
Il futuro del presente: implicazioni del farmaco sul genere umano 271
Verso la società globale dell’informazione 283
La tutela del diritto alla vita nella società contemporanea 290
Aspetti filosofici, morali ed esistenziali dei nuovi sistemi di telecomunicazioni 293
Tecnica 301
Politiche di farmacovigilanza 303
Concetti di privacy 309
Storiografia delle principali istituzioni farmaceutiche 312
Farmaci e internet 326
Politiche di contrasto della contraffazione dei farmaci 331
Riflessioni sulle recenti criticità dell’Istituto della Farmacia 334
Valenze della gestione della Sicurezza in Farmacia 348
Cultura 351
Il caduceo 353
L’etica ippocratica e la morale cristiana 357
Il Santo Patrono e i Protettori dei farmacisti 361
L’arte e la farmacia 371
Letture satiriche 375
Riflessioni su alcune implicazioni contemporanee della storiografia farmaceutica 379
Ruolo delle tecnologie informatiche nello sviluppo di studio e diffusione della Storia della
Farmacia
382
Ipotesi progettuale di multimedialità per la Storia della Farmacia 390
9
11
13
15
17
19
21
23
“Vi sono stati alcuni che da un discorso o da una lettura
hanno raccolto una sentenza, una parola, una spiga
che ha dato loro da mangiare per tutto il resto della vita.
Quando tu senti una buona spiga, pigliala e serbala e dì:
questa è mia!”
Girolamo Savonarola
(adattam. di Gianfranco Ravasi in Breviario laico)
25
Presentazione
L’opera di Raimondo Villano “La cruna dell’ago: meridiani farmaceutici tra etica laica e morale
cattolica” viene a riempire un vuoto nella trattazione italiana in un campo senpre più seguito e, senza
dubbio, di grandi prospettive.
Raimondo Villano, già foriero di contributi originali, fornisce ora in questo suo volume agli studiosi
di scienze farmaceutiche e farmacologia una serie di preziose informazioni e riflessioni.
È, perciò, altamete meritoria l’opera di Raimondo Villano di sviscerare per un folto stuolo di lettori e
studiosi della materia i diversi problemi del farmaco e, nello stesso tempo, evidenziare le difficoltà
della promozione scientifica per un pubblico già maturo e temprato dalla situazione particolarmente
grave, specie per quanto riguarda gli aspetti terapeutici.
Questo tema è inquadrato nella giusta fisionomia ed è pieno di prospettive.
I capitoli del libro di Villano sono pieni di filosofia e la notevole cultura ed umanità dell’Autore
emergono quà e là con citazioni classiche mentre la Sua profonda conoscenza dell’argomento gli
permette di passare con la stessa proprietà di linguaggio dalla etiopatogenesi alla sociologia.
È mio auspicio che questo libro non solo rechi ausilio all’analisi ed allo studio della farmacogenesi
ma favorisca anche la sensibilizzazione dell’opinione pubblica, troppo spesso ignara e indifesa di
fronte ai problemi della salute: a questo fine si presterà di certo la lettura dell’ottimo libro di
Raimondo Villano.
20 settembre 2008
MD, PhD Giulio Tarro
Chairman of Committe on Biotechnologies and VirusSphere
World Academy of Biomedical Tecnologies WABT (UNESCO, Paris)
(già allievo di Albert B. Sabin e membro della Commissione Nazionale di Bioetica)
27
Prefazione
Andare oltre l’universalità autoreferenziale per consuetudini, superficialità e quiescenze profittevoli
può significare nella Professione concorrere a farne decadere l’immagine virtuale discrimine di quella
reale e ricucire il Suo status più consono di diaframma pubblico(1)
.
Più che farmi dominare da sensazioni di impotenza di fronte a tale lapalissiana constatazione, mi sono
sforzato di elaborare questo lavoro affinchè vada ad inserirsi nel solco della sensibilizzazione dei
Colleghi ispirandomi e tentando di ispirarli all’etica della responsabilità di Max Weber espressa dal
concetto che “il possibile non verrebbe mai raggiunto se non ci fosse chi, di continuo, tenta
l’impossibile(2)
”.
L’obiettivo è, dunque, impegnarsi affinchè la Professione progredisca anche con lo strumento della
cultura lata nel suo significato più proprio ed antico del cultus, da colere, ovvero coltivare,
coltivarsi: la persona colta, in effetti, si coltiva perché ha cura e rispetto di sé. Acquisiti questa cura e
rispetto di sé, la persona colta diventa più propensa, più predisposta e più programmata ad aver cura e
rispetto degli altri: allora sì che la cultura è uno strumento irrinunciabile per creare quella cittadinanza
attiva professionale radicata, feconda ed incisiva nel quotidiano che è l’obiettivo ultimo auspicabile.
Si sprigionano, così, quelle formidabili energie capaci di strappare l’uomo dall’anonimato, di
mantenerlo cosciente della sua dignità personale, di arricchirlo di profonda umanità e di inserirlo con
la sua unicità e irripetibilità nel tessuto della società e della professione(3)
.
Scevro da ubris di classica memoria ma, forse, non del tutto inattuale, e con tutto il “surdosaggio”di
modestia che ritengo meriti l’approccio a talune problematiche, una lettura dei meridiani mi sembra
possa aiutare una formazione tesa a far distinguere taluni elementi prospettici professionali, sociali,
culturali e tecnici di superficie da quelli che segnano, sul piano della rigorosità, della concretezza,
della finezza argomentativa e della coerenza, un avanzamento significativo della riflessione
dell’azione professionale e della creazione di consapevolezza potenzialmente almeno prodromica per
opere ed “azioni” ulteriori auspicabili aventi quale alto fine l’agire per l’uomo(4)
.
Innanzitutto, l’educazione aderente alla vita, ovvero la formazione non intesa solo come momento di
apprendimento bensì anche come momento di lavoro che, in contrapposizione alla considerazione che
la mente di chi apprende sia contenitore privo di qualità intrinseche e da riempire con la maggiore
quantità di conoscenze, si ispiri all’idea che l’educazione della memoria sia l’educazione di una
funzione, da formare lavorando su contenuti validi, su materiale dotato di profondo senso. Ed è
chiaro, citando un autorevole filosofo contemporaneo, Karl Popper, che con tali momenti di senso il
pensiero entra nel processo della memoria la quale, dunque, diventa memoria giudiziosa. Con tale
nesso logico sostanziale ritengo che ci si accinga ad approfondire ulteriori importanti tematiche della
_______________
(1) Raimondo Villano, Presentazione dei corsi di formazione su Sicurezza e Qualità aziendali, Corsi di formazione etico-
professionale per manager a cura di Piero Renzulli e Raimondo Villano sotto l’Alto Patronato del Presidente della
Repubblica e del Worker Memorial Year dell’ONU, Pompei, ottobre 2000.
(2) Visita del Rappresentante del Presidente del Rotary International al Club Pompei: discorso del Presidente Rotary Club
Pompei Raimondo Villano, Pompei, 5 maggio 2001.
(3) Visita del Rappresentante del Presidente del Rotary International al Club Pompei: discorso del Presidente dell’Ordine dei
Giornalisti della Campania Ermanno Corsi, Pompei, 5 maggio 2001.
(4) Antonio Carosella - Raimondo Villano “L’uomo come fine: attività del Distretto 2100-Italia del Rotary International a.r.
1998 - 99”, Edizione multimediale su CD-ROM (patrocinato dal R. I. Distretto 2100 R. I., Ed. Eidos, 421 Mb - 554 file -
pag. 3162; Sorrento, luglio 2000).
28
professione, o ad essa confluenti o propedeutiche, avvalendosi dopo il cammino storico di vari altri
percorsi(5)
.
È auspicabile, in primis, che un percorso con l’aiuto della Chiesa conduca l’uomo di fede, ma non
solo, a prendere consapevolezza o maggiore consapevolezza delle possibili vie di affrancamento dalla
grande crisi di valori spirituali che ci attanaglia, nella vita come nella professione, e che si rafforzi e si
estenda ai più se non a tutti il bisogno di ritemprare la propria adesione al Signore per portare avanti
con coraggio l’azione cristiana o di sostanziale illuminato apostolato laico(6)
.
Sforzarsi, dunque, come umile tralcio della Grande Vite, secondo Christifideles laici(7)
, di aprire
ulteriormente il proprio cuore affinchè con buona volontà la propria e l’altrui esistenza sia meglio
ordinata ai più alti valori.
Inoltre, un’ulteriore azione che si auspica si possa stimolare è di porsi in condizioni tali che le teorie
morali, di fronte ad un’abbondanza di sistemi culturali in evoluzione, non risultino deboli tentativi di
assolutizzare il contingente e la loro validità non rischi di essere limitata ad una determinata tappa
storica di una data società. Si potrebbero creare ulteriori e mirate condizioni tali da far pervenire,
attraverso confronti e processi costruttivi, anche a singole risoluzioni o eventuali azioni in modo che
la storia risulti effettivamente non antagonista dell’etica, relativizzando la prima ciò che assolutizza
l’altra, ma piuttosto il campo nel quale la richiesta etica prende senso(8)
.
Dal coacervo degli elementi di approfondimento i Colleghi di talento e di spessore, che amo ritenere
siano ben più di quelli che mi onoro di conoscere, possono trarre ulteriore linfa per la forza delle loro
idee e delle conseguenti azioni le cui direttrici possono andare verso nuovi e magari anche più ampi
orizzonti, beninteso, in virtù e non ad onta di un’apprezzabile ed essenziale multiformità espressiva,
ma in una fecondità di opportunità che facciano soprattutto sentire sempre più profondamente che
quel poco o molto che si può fare per gli altri genera arricchimento dentro ed accresce
meravigliosamente la dimensione della propria umanità(9)
.
Optando per diversa scelta, invece, mi sembra valga la pena tener a mente le affermazioni di
Mahatma Ghandi: “non è il critico che conta, non l’uomo che indica perché il forte cade, o dove il
realizzatore poteva far meglio. Il merito appartiene all’uomo che è nell’arena, il cui viso è segnato
dalla polvere e dal sudore, che lotta coraggiosamente, che sbaglia e che può cadere ancora, perché
non c’è conquista senza errore o debolezza; che veramente lotta per realizzare, che conosce il grande
entusiasmo e la grande fede, che si adopera per una nobile causa, che tutt’al più conosce alla fine il
trionfo delle alte mete e che, nel peggiore dei casi, se fallisce, cade almeno gloriosamente, cosicché il
suo posto non sarà mai vicino alle anime pavide e paurose che non conoscono né la vittoria né la
sconfitta”.
_______________
(5) Abs rimaneggiato da: Raimondo Villano, Le azioni del Rotary Club per la Gioventù, Pompei, 20 settembre 2000.
(6) Raimondo Villano - Boris Ulianich, abs dai discorsi su Considerazioni sul senso del Natale, Rotary Club, Cerimonia
degli Auguri, Pompei, 20 dicembre 2000.
(7) S.S. Giovanni Paolo II, Christifideles laici,
(8) Raimondo Villano, Riflessioni sulla tutela della vita, (relatore in qualità di primo firmatario alla presentazione della
mozione internazionale al Co.L. Rotary International di istituzione di una giornata mondiale di celebrazione della tutela
della vita); Convegno distrettuale “Celebrazione della Famiglia”, Rotary International, Pompei, Casa del Pellegrino, 10
febbraio 2001.
99”, Edizione multimediale su CD-ROM (patrocinato dal R. I. Distretto 2100 R. I., Ed. Eidos, 421 Mb - 554 file - pag. 3162;
Sorrento, luglio 2000).
(9) Convegno del Comitato di Coordinamento dei Club dell’Area Sud del Golfo di Napoli sul Forum “L’istituzione del
nuovo Tribunale Civile e Penale a Torre Annunziata”, Abs. dall’intervento del Segretario del Comitato Raimondo Villano,
Castellammare di Stabia, Hotel Stabia, ottobre 1993).
29
La cruna dell’ago, dunque, è lì a ricordarci quanto sia stretto e difficoltoso il varco attraverso cui far
passare i meridiani, quali ideali fili per concorrere a ricucire un siffatto ordito, avvalendosi di un
propedeutico bonum otium di oraziana memoria e di un imprescindibile metabolismo culturale tra
fede e ragione che, parafrasando Goethe, ricolmi l’io interiore dei Colleghi di sempre più elevati
sentimenti, si nutra di desideri che meritino di essere esternati ed alimenti nei loro petti ogni più
degna aspirazione(10)
.
Tuttavia, avendo il dono della fede, mi conforta la convinzione che “la ragione è esigenza di infinito e
culmina nel sospiro e nel presentimento che questo infinito si manifesti(11)
”.
Raimondo Villano
_______________
(10) Raimondo Villano, Presentazione, pag. 2 libretto di copertina del Cd di musica classica “Due pianoforti a passeggio
tra i secoli” di Emma Petrillo & Rosa Santoro, Sound Quick, Napoli, 2000.
(11) Tema del Meeting di Rimini 2006 di Comunione e Liberazione per l’amicizia dei popoli.
31
“Sii fedele a te stesso.
Non affannarti ad essere e divenire qualche cosa,
ma lavora con zelo e perseveranza
a ciò che sempre più tu sia e divenga qualcuno”
List, mottetto
351
Cultura
“L’origine di tutti i mali è l’ignoranza”
Socrate
294
La farmacia iatrèica e ieratica dal magismo e paganesimo al tempo di Dio con l’uomo
L’origine della farmacia risale alla notte dei tempi e si confonde con il mito.
Spesso nel mondo antico molte osservazioni di fenomeni naturali e loro integrazioni in un sistema
dotato di una sua peculiare razionalità sono disperse e nascoste sotto il velo del mito e della leggenda,
della struttura magico-religiosa o dell’opera teatrale o letteraria.
Ovviamente, trovare la verità da cui originano le leggende è come afferrare un frammento di infinito!
In età remota la figura del farmacista è tutt’uno con quella del medico, del sacerdote, dello stregone.
Ritenendosi, inoltre, per lunghissimo tempo che molte malattie sono causate da spiriti maligni che
invadono la testa, si ricorre, addirittura, all’apertura del cranio per estrarne la materia ritenuta
infettata.
Risale al 2700 a.C. il più antico testo di farmacologia conosciuto: una tavoletta in caratteri cuneiformi
della città di Ur in Mesopotamia, rinvenuta nei primi decenni del XX secolo e decifrata solo nel
1953, contenente una dozzina di ricette del medico-farmacista Lulu, con preziose indicazioni circa i
componenti e le procedure per la preparazione di pomate, decotti e lozioni. In questo testo,
incredibilmente, la materia farmacologica è trattata con metodo “scientifico”, ovvero senza cedimento
alcuno ai diffusissimi riti di magia e stregoneria che, del resto, prima, durante e dopo, fino ai tempi
attuali, hanno sostituito o, nel migliore dei casi, affiancato le pratiche mediche e farmaceutiche.
Nel contempo “En arché en ho Lógos(1)
”: Dio “In principio era il Verbo”.
E nella Bibbia con la parola farmakia si definiscono tutte le arti con cui Babilonia sedusse il mondo;
è agevole immaginare che si allude ai filtri amorosi ed agli afrodisiaci. Verificandosi, però, nel tempo
anche effetti deleteri con queste terapie, al concetto iniziale subentra quello di tossico o veleno(2)
.
Famoso, inoltre, è il rimedio biblico contro la cecità dal Libro di Tobia: “L’Angelo disse a Tobia:
afferra il pesce(3)
, aprilo e togline il fiele, il cuore e il fegato. Il fiele e il cuore possono essere utili
medicamenti. (6.1) […] Poi Raffaele gli disse: prendi in mano il fiele, spalmalo sugli occhi(4)
. Il
farmaco intaccherà e asporterà come scaglie le macchie bianche dai suoi occhi. Così tuo Padre
vedrà la luce.”(11,7).
In Egitto, poi, all’interno della scienza medica si distinguono due diversi filoni: il magico-religioso,
comprendente elementi molto primitivi, e l’empirico-razionale, basato su esperienza e osservazione,
privo di componenti mistiche.
______________
(1) Grandioso prologo innico del quarto Vangelo giovanneo.
(2) Le denominazioni di Apotheke in Germania, Apotheek in Olanda, Apotek in Scandinavia e in Francia Apothicaire per
indicare la Farmacia sono tutti vocaboli di origine greca. Dall’antica Grecia sono correntemente usati i verbi apothkw
(apoteko: sciolgo, liquefaccio, fondo) e apotizhmi (apotizemi: ripongo, conservo, metto da parte). La maggior parte degli
studiosi propende per la prima etimologia. Inoltre, dal greco apothkh (apoteke: ripostiglio della casa dove si conservano
provviste e soprattutto vini) si ha il latino sostantivo apotheca con lo stesso significato. Dal latino apotheca deriva in italiano
il termine bottega con il significato di vano a livello stradale in cui si vendono merci al dettaglio. Il farmacista presso i
romani è definito genericamente pharmacola, la farmacia pharmacopolio mentre i farmaci pharmaceutici. Plauto nelle sue
commedie chiama il farmacista anche myrapola e myrapolium la farmacia. Plinio, invece, usa il termine di seplasia e di
seplsarii per i farmacisti. Seplasium significa rimedio (a Capua c’è una piazza Seplasia riferita al luogo dove si svolgeva un
tempo il mercato delle droghe). I farmacisti specializzati in unguenti sono detti unguentarii, i mercanti di profumi
aromatarii, i commercianti di colori e profumi pigmentarii e, infine, i commercianti di incenso sono i thurarii e di droghe i
myrobecharii. In Spagna, in catalano, l’apothecari è “qui prepare e ven las medicinas” mentre la botiga è “casa on es venen
moltes coses” e per apothecarìa si intende “la botiga de apothecari”. In Sardegna con gli spagnoli arrivano i termini
potecàriu e ipotecaria il cui utilizzo in talune limitate zone resiste nella parlata in vernacolo sino ai tempi attuali.
(3) Che in riva al fiume Tigri aveva tentato di divorargli il piede.
(4) Del padre di Tobia accecato nel sonno dagli escrementi di passeri.
295
Durante la III dinastia il medico inizia a distinguersi come figura di scienziato, benché primitiva,
diversa dallo stregone e dal sacerdote. Tra le divinità egizie sono di interesse “sanitario”: Iside, dea
della salute; Horus, simbolo della lotta tra salute e malattia; Thot, con potere sulle affezioni oculari;
Harpokrate, dai poteri protettivi e taumaturgici; Sekhmet, contro i dèmoni portatori di malattie e di
pestilenze, protettrice di medici e chirurghi, i cui sacerdoti sono tutti medici; Sobek, guaritore e
Tauret, protettrice delle gestanti, dell’allattamento e dell’infanzia.
Intorno all’800 a.C. vi sono i medici itineranti Etruschi dei quali nulla si sa tranne rari riferimenti.
Benché la medicina etrusca sia sicuramente brillante e complessa, essa si perde con il declino e la
dispersione della cultura di questo popolo che è, in varie fasi e fin dall’inizio, integrato e fuso con
quello romano. Il sistema sociale e politico Etrusco è caratterizzato da una confederazione di Città-
Stato, ognuna delle quali è governata da un Re-Sacerdote: il Lucumone, custode anche dell’Etrusca
Disciplina(5)
. Teofrasto a proposito dei medicamenti degli Etruschi afferma che già Eschilo nel VI
sec. a.C. definiva “l'Etruria un paese ricco di farmaci” (una farmacologia sostanzialmente
fitoterapica).
Dall’epoca omerica, poi, ci pervengono molte testimonianze sull’impiego di rimedi dagli effetti
magico-terapeutici come, ad esempio, il famoso nepenthes (vino drogato con loto, giusquiamo,
oppio, mandragora ed altro, con proprietà sedative, calmanti e narcotiche) che Elena offre allo
sconsolato Telemaco in cerca di notizie di suo padre(6)
.
Più approfonditamente, il nepente della farmacopea omerica è il rimedio sapiente(7)
realizzato da chi
è dotato per natura di sapienza e abilità artigianale, valori ispiratori della medicina greca delle origini.
La sapienza, conoscenza assoluta e completa ricevuta in divinazione per folgorazione dall’estasi
apollinea, consente con un solo sguardo di conoscere, comprendere e curare. Alla medicina
sapienziale acquisita per natura si affianca, poi, quella comunemente acquisita, la medicina per
cultura dall’insegnamento di un maestro ed esercitata avvalendosi del dialogo col paziente.
La tradizione post-omerica, inoltre, ritiene i figli naturali di Asclepio, Macàone (allievo di Chirone,
definito da Omero il migliore dei Centauri) e Podalirio, rispettivamente archetipi dei guaritori, iatròi
o iatères, delle malattie interne o febbri e delle malattie esterne o ferite. I guaritori discendenti non
sono divini ma uomini superiori pari agli dei che danno la guarigione, spesso miracolosa, avvalendosi
di preghiere, incantesimi, sacrifici e pharmakòi evocanti l’intervento divino e phàrmaka, farmaci o
veleni a seconda della dose, prodotti e confezionati da donne manipolatrici.
Da Le opere e i giorni di Esiodo, poi, apprendiamo sia che i figli di Apollo Igea (legittima) ed
Asclepio (illegittimo) curano rispettivamente la salute (prevenzione) e la malattia (terapia) sia che la
mitica Pandora, donna avvenente forgiata da Efesto per volere di Zeus, possiede tutti i doni (buoni e
cattivi) e li elargisce: dal suo vaso, dunque, escono a seconda dei capricci degli dei anche le malattie,
demoni maligni mutuati dalla cultura medica mesopotamica.
Dalla mitologia greca emerge il senso ambiguo del farmaco che il mondo greco “istituzionalizza” nel
mito di Asclepio, divinità che apprende dal saggio Centauro Chirone gran parte dell’arte medica e
che acquisisce, grazie a Perseo, un rimedio infallibile per liberarsi dei nemici e resuscitare gli amici:
con il liquido sgorgato da un lato del collo di Medusa Asclepio dà la morte mentre con quello
sgorgato dal lato opposto dà la vita agli amici (pare abbia resuscitato tanti morti da svuotare l’Ade).
______________
(5) Nel 1000 a.C. Tarconte, fondatore della città di Tarquinia, vede apparire da dietro una zolla di terra un giovane di nome
Tagete che gli rivela l’Etrusca Disciplina che racchiude tutto lo scibile culturale, tecnico, sociale e religioso (dunque, anche
tutte le nozioni riguardanti la prevenzione ed il trattamento medico-farmaceutico) che caratterizzerà e distinguerà la civiltà
Etrusca in ogni momento della sua esistenza.
(6) Odissea, libro IV, vv. 219-234.
(7) Omero, Odissea, libro IV, vv. 219-232.
296
Dal VI secolo a.C. si impone stabilmente nel mondo classico, raggiungendo la piena egemonia nel IV
secolo, il culto di Asclepio di cui nella città di Epidauro(8)
in Argolide vi è il tempio della salute più
importante(9)
. Asclepio è rappresentato il più delle volte come un uomo maturo, con barba, con in
pugno un bastone e con l’altra mano appoggiata sulla testa di un serpente; accucciato ai suoi piedi, un
cane. Cani e serpenti, con le civette oracolari e le capre nutrici, sono animali sacri: la loro lingua è
ritenuta capace di lenire e guarire le piaghe. Nei portici antistanti il tempio ha sede l’àbaton, luogo di
degenza e di dormiveglia, dove i malati trascorrono le notti immersi nel sonno incubatorio propiziato
da Hypnos, semidio dell’ipnosi, o estasiati dalle visioni oniriche propiziate da Oneiros, semidio dei
sogni. L’incubazione è la pratica di chi dorme per avere responsi. Il malato incubante ad Asclepio, è
colui che dorme nell’asclepieo per destarsi dal sonno miracolosamente guarito o, in via subordinata,
per ricevere un comandamento o un consiglio su come comportarsi per guarire(10)
. Nel recinto c’è
anche la thòlos, edicola circolare dove sta il pozzo sacro, dimora dei sacri serpenti, e dove i malati
lasciano le tavolette votive con sopra descritte le loro storie, la sintomatologia ed i trattamenti
terapeutici ricevuti. Fuori dal recinto completano l’insieme monumentale le aggiunte edilizie,
cronologicamente tarde, del ginnasio per gli esercizi fisici, delle terme per i bagni, dell’odèion per le
audizioni musicali con finalità terapeutiche. Il katagòghion, ostello con più stanze ubicate sotto i
portici ed intorno ai cortili, dà ospitalità a quanti giungono in pellegrinaggio al santuario per cercarvi
la guarigione. I pellegrini sono ricevuti da un personale di accoglienza composto da portieri, detentori
delle chiavi del tempio, e da scribi che registrano le offerte di ciascun pellegrino di cui tengono conto
delle condizioni economiche. Il tempio è aperto a tutti ma ai ricchi sono imposte sovratasse
denominate iatrà (iatròs è uno dei nomi dati ad Asclepio e Platone attribuisce al medico Eurissimaco
l’affermazione che il suo predecessore Asclepio è il fondatore dell’arte(11)
.
Il personale di assistenza è vario: i sorveglianti che vegliano sui dormienti, i pirofori che li
illuminano, gli asclepiadi che sovrintendono ai sacrifici, ascoltano i racconti dei sogni, trasmettono i
responsi del dio guaritore. A capo di tutti c’è lo ierofante, supremo interprete del sacro, massima
sapienza-potenza esistente nel tempio. Il rituale d’accesso consiste nei preliminari di purificazione del
malato con lavaggio e breve digiuno e, successivamente, di un sacrificio ad Asclepio: un gallo(12)
o
altri animali (capro, bue, giovenca, ecc.): chi più ha, più dà. Dopo l’offerta, sempre accompagnata da
un’invocazione, il malato si distende su un giaciglio, talora fatto con la pelle degli stessi animali
sacrificati: dorme e sogna; talvolta si desta miracolato, più spesso disponibile a confidarsi con
l’asclepiade per avere da lui una sorta di prognosi e terapia(13)
. Dai trattamenti prescritti dagli
asclepiadi viene a costituirsi un’esperienza curativa che si consolida in protocolli di terapia
statisticamente efficaci(14)
. Tuttavia, nonostante la complessità ricostruttiva storica, è ormai
dimostrato che la formazione della medicina e della farmacia a crescenti contenuti tecnici non può
esser solo riconducibile ad una sorta di filiazione da quelle esercitate nei templi della casta
sacerdotale di Asclepio attraverso un processo di desacralizzazione con progressiva laicizzazione(15)
.
_______________
(8) Accreditata città natale di Asclepio da Pausania.
(9) Il santuario cinto da mura sorge fuori città, collegato da una strada fiancheggiata da statue. Il tempio propriamente detto,
opera dell’architetto Teodoto, è in pietra calcarea, con la cella al centro contornata da colonne doriche, decorata da marmi
policromi e contenente la statua crisoelefantina, opera dello scultore Trasimede.
(10) Come il civis romanus incubante a Giove Capitolino che dorme sull’omonimo colle per avere indirizzo di
comportamento politico.
(11) Platone, Simposio, XII.
(12) Come Platone fa dire a Socrate (Platone, Fedone, LXVI).
(13) Cosmacini Giorgio, L’Arte lunga, II. Il mondo classico, GLF Editori Laterza, 212 EL, Bari, 1997, pagg. 51-52.
(14) Cosmacini G., op. cit., pag 53.
(15) Cosmacini G., op. cit., pag 54.
297
Dunque, una medicina iatrèica, capace di guarire con i rimedi, affianca nella Grecia classica la
medicina ieratica dei templi.
Tra le prime scuole che si sviluppano in Grecia e nella Magna Grecia importantissima è la Scuola
Pitagorica. Pitagora (ca. 570-505 a.C.), grande matematico, porta nella scienza naturale, ancora non
definibile medicina, la teoria dei numeri secondo cui alcuni di essi hanno significati precisi e, fra
questi, i più importanti sono il 4 e il 7. Il 7 ha sempre avuto un significato magico: nella Bibbia, per
esempio, un numero infinito è indicato come 70 volte 7. Tra l’altro, il 7 per 4 dà 28, cioè il mese
lunare della mestruazione, e 7 per 40 dà 280, cioè la durata in giorni della gravidanza. Sempre per la
connotazione magica del 7 si dice che è meglio che il bambino nasca al 7° mese piuttosto che all’8°.
Nel V secolo a.C. nell’isola di Coo o Cos(16)
, nel Dodecanneso, dove si sviluppa la Scuola Razionale,
la cui base è la negazione dell’intervento divino nelle malattie, vive Ippocrate (460-370 a.C), padre
della medicina, membro della casta degli Asclepiadi (medici discendenti dal mitico dio Asclepio): la
tècne nella prognosi e nella terapia è contrapposta o sovrapposta alla medicina sapienzale degli
asclepiadi impegnati nella preghiera propiziatoria, nella profezia, nella guarigione miracolosa. La
medicina ippocratica polemizza non solo contro le pratiche magiche e superstiziose ma anche “contro
le pretese dei filosofi naturalisti, alla maniera di Empedocle, di dettar legge, sulla base dei loro
generalissimi postulati, in un campo come la comprensione e la cura dei processi organici che,
invece, richiede complesse competenze ed un’esperienza diretta e specifica(17)
, (18)
”. Il rapporto tra
medico e malato è fisico (percezione pentasensoriale diagnostica) e storico (rilievo anamnesico e
prognostico) e la malattia, pur non essendo ancora entità nosologica bensì esperienza esistenziale tra
la vita e la morte, genera un fenomeno antropologico su cui si baseranno l’introspezione e la
conoscenza più propriamente fisiopatologiche. Altra novità fondamentale introdotta dalla dottrina di
Ippocrate è il fatto di considerare le patologie come fenomeni generali per l’organismo e non relativi
ad un singolo organo. La concezione di Ippocrate si rifà a quella di Talete ed in parte anche a quella
di Alcmeone di Crotone quando dice che l’uomo è il microcosmo ed il corpo è formato dai 4 elementi
fondamentali: aria, fuoco, terra ed acqua.
La figura del medico è per Ippocrate, infine, l’unione del perfetto uomo con il perfetto studioso:
calma nell’azione, serenità nel giudizio, moralità, onestà, amore per la propria arte e per il malato
sono i cardini della personalità del medico così come è concepito da Ippocrate. Ogni interesse
personale passa in secondo piano. Non è certo un essere superiore ed infallibile come i sacerdoti
degli antichi templi ma deve sopperire alla sua fallibilità con il massimo dell’impegno e della
diligenza in modo da commettere solo errori di lieve entità. Deve, inoltre, essere filosofo ma non al
punto da farsi distogliere dalla vera scienza che si poggia su solide basi pratiche; nella cultura
ippocratica, tuttavia, la filosofia rimarrà elemento fondamentale della preparazione generale del
medico, come testimonia Galeno e come ritroveremo per secoli negli ordinamenti delle Scuole
mediche antiche. Il suo abito, infine, deve essere decoroso ed il suo aspetto denotare salute.
Nel Giuramento, poi, Ippocrate delinea il medico e la medicina nell’ordine morale, ethos, che deve
considerare la vita e il malato come valori ed afferma: “Non darò a nessuno farmaci mortali, neppure
_______________
(16) Dal primo biografo di Ippocrate il vecchio Kos è mitizzato come ascendente di Asclepio di diciannovesima generazione
(Sorano, Genealogia e vita di Ippocrate, I o II secolo d.C.).
(17) Abs.: Cosmacini Gaudenzi Satolli, Dizionario di storia della salute, lemma Ippocratica medicina, Einaudi, Torino,
1996, pag. 309).
(18) Ma nel retroterra culturale di Ippocrate è presente il naturalismo filosofico dei pensatori di Mileto, nella vicina Ionia,
vissuti tra il VII e il VI secolo: Talete, Anassimandro, Anassimene, primi indagatori del “principio” (arché) della natura.
(Cosmacini G., op. cit, pag. 65).
298
se richiesto, ne mai suggerirò di prenderne. Ugualmente non darò a donne rimedi abortivi(19)
”.
Ippocrate, dunque, lascia una teoria medica che connette l’osservazione esatta scientifica e
l’esperienza con un’etica alta ed umana in una visione che dimostra l’utilità derivante dal bene
compiuto dal medico tramandata anche in campo cristiano in diversi modi nelle epoche storiche nei
documenti ecclesiastici papali, in opere teologiche e testi di medicina pastorale(20)
. Esistono, infatti,
relazioni tra il Corpus ippocraticum e la teologia per il fatto che le opere ippocratiche non solo sono
un provato sistema di cura ma hanno anche considerevoli comunanze con l’immagine umana delle
persone sane e ammalate alla base della concezione cristiana. Inoltre, Ippocrate: “sebbene fosse stato
pagano, potrebbe essere ancora oggi, appena duemila anni dopo l'annunzio del Vangelo di Cristo, un
esempio anche per presunti medici cristiani(21)
”; egli, anticipando una medicina integrale, esprime la
sua visione universale e caratterizza il vero medico che unisce nella sua concezione fondamentale gli
elementi biologici, antropologici, medico-umani, sociali ed etico-metafisici(22)
. Va, di più ancora,
posto in evidenza che il testo ippocratico lascia intravedere l’insegnamento stesso di Cristo (23)
.
_______________
(19) Nella Grecia del V-IV secolo a.C. “non risulta che fosse diffuso il rifiuto di somministrare abortivi e neppure veleni
mortali nel caso che i malati incurabili ne facessero richiesta” (Vegetti, Ippocratica medicina, op. cit, pag.311).
(20) Nel nostro tempo Papa Pio XII ha definito nel 1954 il significato etico-medico delle opere ippocratiche: “… senza
dubbio l'espressione più nobile di una coscienza professionale, che imponga innanzitutto di rispettare la vita e di
sacrificarsi per gli ammalati e prenda in considerazione anche fattori personali: padronanza di sé, dignità, riservatezza.
Sapeva presentare le norme morali ed inserirle in un vasto ed armonioso piano di studi, per cui faceva un regalo alla civiltà
più magnifico che coloro che conquistarono gli imperi” (Pius XII, Zur Geschichte der Medizin. Ansprache am 19 Sep. 1954.
In Pio XII, Discorsi ai medici. S. 349 f., Roma 1959). Sulla stessa linea Papa Paolo VI, metteva in guardia i medici
considerando il progresso della medicina: “È ovvio che queste nuove questioni non debbano pregiudicare in nessun modo
l'ideale medico che fa la medicina in una lunga tradizione di alcuni millenni, tramite il giuramento di Ippocrate, un
difensore della vita. Una contaminazione di questo principio cardinale significherebbe un fatale passo indietro, che avrebbe
delle consequenze disastrose. Questo voi potete valutare meglio di ognun'altro” (Paul VI, Das ärzt liche Ideal nicht
beeinträchtingen. L'Osservat. Roman - deutsche Ausgabe - 19.1.1973). Papa Giovanni Paolo I scrisse con il titolo
“Illustrissimi” delle lettere immaginarie a personaggi storici, compreso Ippocrate, che “fu un contemporaneo di Socrate e
come lui un filosofo". Lo chiama “l'autore del famoso giuramento..., di un codice morale di un valore imperituro. I medici
giurano in conformità a ciò a prescrivere la terapia adeguata per gli ammalati e di proteggerli da ingiustizie e soprattutto
da svantaggi. Promettono solennemente di non interrompere nessuna gravidanza; s'impegnano ad andare solamente in una
casa per aiutare gli ammalati, senza accettare delle tangenti. Inoltre giurano di mantenere sacrosanto il segreto
professionale”. Con questo elenco degli impegni etico-medici Papa Giovanni Paolo I legittima l'integrazione della
deontologia greca antica nel modo di pensare del medico cristiano (PAPST Johannes Paul I, Illustrissimi, Padova, 1976).
Papa Giovanni Paolo II, ha menzionato nel 1978, in occasione dell'udienza all'Associazione dei Medici Cattolici Italiani,
l'etica ippocratica mettendo in guardia di non far uso di medicinali che “contraddicono non solo l'etica cristiana ma ogni
etica naturale, e che siano in contraddizione aperta con i doveri professionali espressi nel famoso giuramento del vecchio
medico pagano” (PAPST Johannes Paul II, Wort und Weisung im Jahr 1979, Rom-Kevelaer 1979). Nel suo discorso, tenuto
ai membri dell'Assemblea Generale dell'Unione Mondiale dei Medici, sulla manipolazione genetica, che riduce la vita
umana ad un oggetto, Papa Giovanni Paolo II ammonisce: “Siano fedeli tutti i medici al giuramento di Ippocrate, che
prestano in occasione della loro laurea” (PAPST Johannes Paul II, Der apostolische Stuhl 1983, S.1155, Rom-Köln 1983).
Nel 1987 il Papa nel suo intervento ai partecipanti alla Conferenza Internazionale sull'"umanizzazione della medicina"
esorta al servizio consapevole del proprio dovere per gli uomini: "Siate profondamente convinti di questa verità a causa
della lunga tradizione, che risale alle intuizioni di Ippocrate stesso" (PAPST Johannes Paul II, Der apostolische Stuhl 1987,
S.1699, Rom-Köln 1987). Nella nomina dei membri della Pontificia Accademia Pro Vita si fa cenno expressis verbis a
Ippocrate, “proseguendo la tradizione ippocratica” (Pontificia Academia pro Vita, Roma 1994). Il 26 novembre 1994 il
Papa Giovanni Paolo II menzionava nuovamente Ippocrate indicando il Codice Vaticano in cui il giuramento di Ippocrate fu
scritto in forma di croce, un simbolo di concezione cristiana della natura umana, della santità ed anche del mistero di vita
umana (Giovanni Paolo II, Discorso del Santo Padre, Conferenza Internazionale del Pontificio Consiglio della Pastorale per
gli Operatori Sanitari e Plenaria della Pontificia Accademia Pro Vita, Roma 1994).
(21) Niedermeyer A., Compendium der Pastoralmedizin, Wien 1953).
(22) Niedermeyer A., Grundriß der Sozialhygiene, Wien - Bonn 1957 S. 30.
(23) Cardinale Fiorenzo Angelini, Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari (1997).
299
C’è una continuità indiscutibile, in particolare, tra il contenuto del Giuramento e quello della morale
cristiana per il comune impegno nella promozione e nella difesa della vita dal suo concepimento al
suo naturale tramonto(24)
. Sono, infatti, quattro, le linee portanti del Giuramento di Ippocrate: un
profondo rispetto della natura in generale; una concezione unitaria ed integrale dell’essere umano; un
rigoroso rapporto tra etica personale ed etica professionale; una visione massimamente partecipe
dell’esercizio dell’arte medica. C’è, quindi, nel Giuramento una chiara propedeutica che introduce
alla visione cristiana della vita, che sottoscrive, pur arricchendoli, tutti e quattro i presupposti
ippocratici. Ma è soprattutto nella difesa piena e totale della vita che la posizione del grande medico
greco si fa predispositiva dell'accettazione della nozione cristiana di vita, quale partecipazione della
vita stessa di Dio, proiettata nell'eternità. Ed al riguardo, vi è un punto chiave nel quale il pensiero di
Ippocrate e quello cristiano coincidono: è proprio nell’esclusione di ogni possibilità di
discriminazione nell’interno della nozione di vita. Ippocrate assume la promozione e la difesa della
vita come criterio e indirizzo nell’esercizio della propria professione e come metro della sua onestà e
correttezza di medico. Egli sa molto bene che accettare possibili distinzioni, prevedere eccezioni a
questo principio, equivale a renderlo fragile e vulnerabile. E ne è convinto a tal punto che il suo
Giuramento approda ad una visione religiosa della vita. (…)
Ci sono, poi, altri aspetti che trovano nell’etica ippocratica quasi un risvolto cristiano, come, in primo
luogo, la necessità che il medico nell'esercizio della sua professione sia a servizio del malato, non che
lo serva per calcolo interessato.
Un’attenta analisi del Giuramento consente di pervenire ad una conclusione perentoria: poche
categorie professionali possono concordare sui principi essenziali della propria attività come la
categoria di coloro che sono al servizio della salute, cioè degli operatori sanitari. Identificando con le
rette perpendicolari di una croce la visione cristiana del mondo e il suo incontro-confronto con la
visione o le visioni non cristiane, si può immaginare il servizio alla salute e, quindi, alla vita, come il
punto esatto in cui le due perpendicolari si incontrano. Certamente, anche in tale campo, la novità del
Cristianesimo è rappresentata dalla dottrina e dalla prassi sulla valorizzazione della sofferenza quando
essa, nonostante ogni sforzo della scienza e di qualsivoglia altro mezzo lecito, resti invincibile. Ma, in
realtà, poche verità sono altrettanto razionali come la valorizzazione della sofferenza, che fa
veramente appello a tutte le risorse dell’uomo consentendone la più alta e nobile espressione.
Non è vero, quindi, che soltanto la fede può dare la forza di accettare e di valorizzare il dolore. Essa
può confermarsi decisiva al riguardo, ma il suo sostegno può mettere radici nella intelligenza e nella
ragione umana che è anch'essa un dono di Dio. Nel cristianesimo primitivo le idee principali elleniche
ricavano il loro fondamento e carattere cristiano dal fatto che nel preambolo del giuramento di
Ippocrate, Apollo soter è sostituito da Christus medicus. A causa di una visione diagnostico-
differenziale delle vere cause delle malattie, il naturalismo ellenico ed il personalismo semitico sono
collegati nel cristianesimo primitivo(25)
. Sotto la forza integrante dell’autorità del modello del
“Christus medicus”, senza dubbio attribuito al pensiero di Ippocrate, si sviluppa il senso di
un’etica responsabile del medico mentre in seguito vi sono formulazioni di giuramenti medici con
preamboli di carattere monoteista e formule di conclusioni con esplicito riferimento all’istanza
trascendente, a Dio, davanti al quale è prestato tale giuramento(26)
.
_______________
(24) Una continuità riconosciuta apertamente anche dal Santo Padre Giovanni Paolo II che, nella enciclica Evangelium vitae,
parla dell'”antico e sempre attuale giuramento di Ippocrate, secondo il quale ad ogni medico è chiesto di impegnarsi per il
rispetto assoluto della vita umana e della sua sacralità”.
(25) Pedro Lain Entralgo, Heilkunde in geschichtlicher Entscheidung, Salzburg 1956.
(26) Gottfried Roth, Die monotheistischen Präambeln und Schlußformeln in den ärztlichen Eiden.Wissennschaft und Glaube
3 (1990) 115-121).
300
Il dogmatismo post-ippocratico, poi, da una parte riconosce la validità delle teorie e del pensiero di
Ippocrate e dall’altra è, invece, il ritorno ad una concezione di sacralità nella medicina anche se
l’elemento divino è sostituito da quello umano. La scuola dogmatica vede tra i suoi esponenti anche
il filosofo Platone che in due sue opere, Timeo e Simposio, traccia una visione d’insieme sul livello
della medicina del tempo. Celebri sono: la sua citazione dell’allocazione del cuore da parte degli dei
nel corpo umano “nel posto di guardia” protetto come un cuscino dal polmone poroso per ricevere il
soffio del respiro o il rinfresco di una bevanda; la sua tripartizione anatomica delle parti solide in
cervello (sfondo alla tetralogia psicologica dei temperamenti sanguigno, bilioso, flemmatico e
melanconico) e sede dell’anima che con i lacci midollari governa come due destrieri l’anima buona
con sede nel cuore e l’anima cattiva con sede nel fegato e nel basso ventre.
Sempre alla fine del V secolo a. C. il sofista Antifonte apre nell’agorà di Corinto una specie di
consultorio dove con il solo uso della parola cura a pagamento le malattie dell’anima secondo un
metodo definito techne alipias, ovvero arte o tecnica per alleviare il dolore psichico.
Ottant’anni dopo Ippocrate, Aristotele (384/3-322/1 a.C.), figlio del medico Nicomaco, sviluppa
nell’Enciclopedia delle Scienze la sua filosofia naturale e nelle altre opere il pensiero medico a tal
punto che la sua filosofia insieme a quella di Platone influenzerà a fondo per molti secoli la medicina
occidentale stimolandone, ma anche frenandone, il progresso con la sua teoria sulla “generazione
spontanea”. Aristotele è il più grande scienziato e biologo dell’antichità che contribuisce
enormemente alla scienza naturale ma anche alla medicina elaborando un sistema fisiologico
incentrato sul cuore, l’organo più importante perché, quando si ferma, l’uomo muore, in esso arde una
fiamma vitale mantenuta da uno spirito detto pneuma o spirito vitale che dà calore. Aristotele, inoltre,
nei suoi studi di embriologia nota che il cuore comincia a battere nelle fasi iniziali dello sviluppo
dell'organismo: primum oriens, ultimum moriens.
Contemporaneamente alla Scuola empirica, in Alessandria si diffonde la Scuola metodica, che è
quella che ha maggior successo. Quest’ultima si rifà non alla filosofia dei quattro elementi ma alla
filosofia rivale: la teoria atomistica di Democrito (V-IV sec a.C.). Secondo tale scuola è necessario
valutare le cose così come appaiono nel mondo reale.
Altro caposcuola è Erofilo (fine IV secolo a.C.) che dimostra che è il cervello e non il cuore la sede
delle sensazioni.
Nel mondo romano arcaico, poi, la medicina autoctona, intersecandosi con una medicina magico-
popolare di ascendenza etrusco-latina, non è praticata se non a livello domestico dal “pater familias”
che applica semplici rimedi tradizionali in qualità di curante polifunzionale della famiglia, dei servi e
del bestiame, non dimentico di invocare i sacri patrii lari e di raccomandarsi ai penati.
Nella medicina autoctona, di antica origine italica, più che di medici veri e propri si può parlare di
persone (curatores) in grado di prestare occasionalmente una sorta di servizio sanitario in condizioni
di straordinaria emergenza come, ad esempio, guerre o pestilenze. Due sono le espressioni della
medicina in questa fase: quella empirica e quella sacerdotale. La prima si basa su nozioni desunte
dall’esperienza (erbe medicamentose, infusi, decotti, ecc.) unite a elementi di magia ed ha come
massimo esponente Catone il censore (234 a.C.-149 a.C.) che, pur non essendo medico, è famoso per
la conoscenza di parecchi medicinali e per la pratica con apparecchi per ridurre lussazioni e fratture.
La seconda è testimoniata dalla presenza di divinità, ognuna delle quali protegge una parte del corpo
o è preposta a singoli aspetti (patologici e non) della vita fisiologica (il più importante tempio
dedicato al culto della dea Salus si trova sul Quirinale).
Dal III secolo a.C. nascono luoghi pubblici dedicati all’assistenza ai malati: una delle prime forme
sono i templi o asclepei e le medicatrinae, cioè ambulatori annessi alla casa del medico. Funzionano,
invece, come ospedali i valetudinaria: grandi costruzioni per lo più private, non di derivazione greca
301
ma istituzione prettamente romana, presenti presso grandi aziende agricole, palestre e, soprattutto,
accampamenti; non aperti al cittadino comune, ma riservati alle cure delle sole persone necessarie al
buon funzionamento dello Stato: servi delle aziende, atleti e militari.
In epoca romana anche molte indicazioni di erbe salutari derivano dalla mitologia e dall’intervento
benefico degli dei: Apollo è il conoscitore per eccellenza di tutte le erbe ed i rimedi, come ci attesta
Ovidio (Metamorfosi, L.I., v. 32): “Inventum Medicina meum est, opiferque per orbem Dicor, et
herbarum subiecta potentia nobis” (La Medicina è mia invenzione e sono stimato porgitore d’aiuto
per tutta la terra e sottoposta a noi è la virtù delle erbe...); Minerva fa conoscere l’uso della
camomilla (Matricaria chamomilla L.), dal greco Kamai (piccola, umile) e dal latino matrix
(matrice), a significare proprietà elettive sull’utero; Mercurio introduce l’uso della mercorella
(Mercurialis annua L.), erba detta anche “merda del diavolo” per la sua diffusione infestante, usata
per arrestare la secrezione lattea; Cerere corre per i campi alla ricerca della figliuola Proserpina e si
cinge il capo con fiori che le conciliano il sonno. I bei fiori sono del papavero (Papaver album L.)
dalle cui capsule immature si estrae l’oppio”, da cui la medicina ha tratto enormi vantaggi.
Ad opera di Plutarco si ha notizia, poi, che nel mondo romano esistono “collegia opificum”,
organismi corporativi o Collegi(27)
interessanti manodopera specializzata in vari settori già ai
tempi della monarchia, dotati anche di significativi elementi di sacralità essendo governati e protetti
da insigni dei (Minerva, Ercole, Mercurio, per esempio).
Dal Libro del Siracide, intanto, si legge che “il Signore ha creato medicamenti dalla terra (…) Dio
ha dato agli uomini la scienza perché potessero gloriarsi delle sue meraviglie. Con esse il medico
cura ed elimina il dolore e il farmacista prepara le miscele. (…) Il medico - il Signore ha creato
anche lui - non stia lontano da te (…). Ci sono casi in cui il successo è nelle loro mani. Anch’essi
pregano il Signore perché li guidi felicemente ad alleviare la malattia e a risanarla, perché il malato
ritorni alla vita(28)
.
Poi “il Lógos divenne carne(29)
”.
Al tempo della vita di Gesù la Chiesa, dunque, è nella storia e per la storia, pur venendo da altrove e
andando altrove: una commistione fra storia ed eternità che la rende significativa non meno che nei
duemila successivi anni della sua vicenda(30)
.
La nuova religione sorprende l’Occidente antico anche per la visione della storia umana: il tempo
dell’uomo non è più solo suo ma è tempo di Dio con l’uomo: è tempo di Dio per la manifestazione di
Se Stesso attraverso la vicenda umana(31)
.
A partire dalla Resurrezione di Gesù, inoltre, il tempo storico del mondo si orienta secondo un
“prima” e un “dopo” che non hanno altre repliche, secondo un tempo di preparazione e un tempo di
compimento che sono unici nell’eternità(32)
.
Il Messia, inoltre, non è solo un “Medico delle anime” ma, dopo le Scritture, egli si impone anche
come Salvatore del corpo e della malattia, evento generato dagli Inferi. Conseguentemente tutto il
cristianesimo, sin dalle origini, influisce positivamente sulla pratica del curare(33)
.
_______________
(27) L’etimologia latina della parola è “cum (ipsa) lege”: un istituto costituito, quindi, da persone associate tra loro da una
comune legge-statuto e che intendono perseguire scopi e finalità comuni.
(28) (38, 4-14), II secolo a. C.
(29) Giovanni, versetto 14.
(30) Bruno Forte, Arciv. di Chieti-Vasto, Diario di un Vescovo al Sinodo, Sole 24 Ore, anno 141, n.289, 23 ottobre 2005,
pagg. 1-8.
(31) Massimo Ciceri, Piccolissimo sguardo sulla filosofia della storia antica e medievale.
(32) Ibid.
(33) Cosmacini Giorgio, L’Arte lunga, II. Il mondo classico, GLF Editori Laterza, 212 EL, Bari, 1997, pag. 117.
302
Il mistero stesso della redenzione del mondo, in effetti, “è in modo sorprendente radicato nella
sofferenza, e questa, a sua volta, trova in esso il suo supremo e più sicuro punto di riferimento(34)
”.
Secondo Matteo, Cristo raduna prima della sua Ascensione tutti i suoi Discepoli per conferire loro il
potere (“dedit illis potestatem”) di porre rimedio ai dolori inflitti dal demonio assicurando
l’antagonismo ai suoi spiriti ripugnanti (“spirituum immundorum”). In effetti numerosi convertitori
sono ricordati per aver ristabilito la salute perduta.
Anche l’evangelista Luca, a dire del suo contemporaneo San Paolo, era un “diletto medico” emulo di
Cristo nel risanare il fisico quanto lo spirito. Luca nel terzo Vangelo dà risalto all’operato di Gesù
guaritore, come nel caso di “una donna che già da dodici anni soffriva di un flusso di sangue e che
aveva speso tutto il suo avere nei medici” (8, 43-44) e, inoltre, sottolinea la necessità di assistere i
malati ed i feriti, come nella celebre parabola del buon Samaritano (10:25-37) “Un dottore della
legge per mettere alla prova Gesù gli chiese: «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?».
Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?». Costui rispose: «Amerai il
Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua
mente e il prossimo tuo come te stesso». E Gesù: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai». Ma quegli,
volendo giustificarsi, disse a Gesù «E chi è il mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da
Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne
andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e
quando lo vide passò oltre dall’altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò
oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n’ebbe compassione
(35)
. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento,
lo portò ad una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede
all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno.
Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?». Quegli
rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ lo stesso»”.
La parabola del buon Samaritano appartiene in modo organico al Vangelo della sofferenza.
“Mediante questa parabola Cristo volle dare risposta alla domanda: « chi è il mio prossimo? »(90).
Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo
portò ad una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede
all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno.
Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?». Quegli
rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ lo stesso»”.
Infatti, fra i tre passanti lungo la via da Gerusalemme a Gerico, dove giaceva per terra mezzo morto
un uomo rapinato e ferito dai briganti, proprio il Samaritano dimostrò di essere davvero il «
prossimo » per quell'infelice: « prossimo » significa anche colui che adempì il comandamento
dell'amore del prossimo. Altri due uomini percorrevano la stessa strada: uno era sacerdote, e l'altro
levita, ma ciascuno « lo vide e passò oltre ». Invece, il Samaritano « lo vide e n'ebbe compassione.
Gli si fece vicino, ... gli fasciò le ferite », poi « lo portò a una locanda e si prese cura di lui »(91). Ed
all'atto di partire, affidò sollecitamente la cura dell'uomo sofferente all'albergatore, impegnandosi a
sostenere le spese occorrenti”.
______________
(34) Lettera Apostolica Salvifici doloris di Giovanni Paolo II a vescovi, sacerdoti, famiglie religiose e fedeli della Chiesa
cattolica sul senso cristiano della sofferenza umana, (VIII, Conclusione); San Pietro, nella memoria liturgica della Beata
Maria Vergine di Lourdes, 11 febbraio 1984, sesto di Pontificato.
(35) Pur essendo un “nemico”, perché membro della comunità che ha ostacolato Israele al ritorno dall’esilio e, in
contrapposizione agli Ebrei, si crea una religione sincretista. (Cf. Esd 4).
303
La parabola del buon Samaritano appartiene al Vangelo della sofferenza. Essa indica, infatti, quale
debba essere il rapporto di ciascuno di noi verso il prossimo sofferente. Non ci è lecito « passare
oltre » con indifferenza, ma dobbiamo « fermarci » accanto a lui. Buon Samaritano è ogni uomo, che
si ferma accanto alla sofferenza di un altro uomo, qualunque essa sia. Quel fermarsi non significa
curiosità, ma disponibilità. Questa è come l'aprirsi di una certa interiore disposizione del cuore, che
ha anche la sua espressione emotiva.
Buon Samaritano è ogni uomo sensibile alla sofferenza altrui, l'uomo che « si commuove » per la
disgrazia del prossimo.
Se Cristo, conoscitore dell'interno dell'uomo, sottolinea questa commozione, vuol dire che essa è
importante per tutto il nostro atteggiamento di fronte alla sofferenza altrui. Bisogna, dunque,
coltivare in sé questa sensibilità del cuore, che testimonia la compassione verso un sofferente. A volte
questa compassione rimane
l'unica o principale espressione del nostro amore e della nostra solidarietà con l'uomo sofferente.
Tuttavia, il buon Samaritano della parabola di Cristo non si ferma alla sola commozione e
compassione. Queste diventano per lui uno stimolo alle azioni che mirano a portare aiuto all'uomo
ferito. Buon Samaritano è, dunque, in definitiva colui che porta aiuto nella sofferenza, di qualunque
natura essa sia. Aiuto, in quanto possibile, efficace. In esso egli mette il suo cuore, ma non risparmia
neanche i mezzi materiali. Si può dire che dà se stesso, il suo proprio « io », aprendo quest'« io »
all'altro. Tocchiamo qui uno dei punti-chiave di tutta l'antropologia cristiana. L'uomo non può «
ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé »(92). Buon Samaritano è l'uomo
capace appunto di tale dono di sé(36)
.
“La parabola del buon Samaritano, che - come si è detto - appartiene al Vangelo della sofferenza,
cammina insieme con esso lungo la storia della Chiesa e del cristianesimo, lungo la storia dell'uomo
e dell'umanità. Essa testimonia che la rivelazione da parte di Cristo del senso salvifico della
sofferenza non si identifica in alcun modo con un atteggiamento di passività. E' tutto il contrario. Il
Vangelo è la negazione della passività di fronte alla sofferenza. Cristo stesso in questo campo è
soprattutto attivo. In questo modo, egli realizza il programma messianico della sua missione, secondo
le parole del profeta: « Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con
l'unzione e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri
la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di
graziadel Signore »(93). Cristo compie in modo sovrabbondante questo programma messianico della
sua missione: egli passa « beneficando (94), ed il bene delle sue opere ha assunto rilievo
soprattutto di fronte all'umana sofferenza. La parabola del buon Samaritano è in profonda armonia
col comportamento di Cristo stesso.
Questa parabola entrerà, infine, per il suo contenuto essenziale, in quelle sconvolgenti parole sul
giudizio finale, che Matteo ha annotato nel suo Vangelo: « Venite, benedetti del Padre mio; ricevete
in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo.
Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero
forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete
venuti a trovarmi »(95). Ai giusti che chiedono quando mai abbiano fatta proprio a lui tutto questo, il
Figlio dell'Uomo risponderà: « In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di
questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me » (96).
______________
(36) Lettera Apostolica Salvifici doloris del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II ai vescovi, ai sacerdoti, alle famiglie
religiose ed ai fedeli della Chiesa cattolica sul senso cristiano della sofferenza umana, (VII, 28); San Pietro, nella memoria
liturgica della Beata Maria Vergine di Lourdes, 11 febbraio 1984, sesto di Pontificato.
304
La sentenza opposta toccherà a coloro che si sono comportati diversamente: « Ogni volta che non
avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me »(97).
Si potrebbe certamente allungare l'elenco delle sofferenze che hanno incontrato la sensibilità umana,
la compassione, l'aiuto, oppure che non le hanno incontrate. La prima e la seconda parte della
dichiarazione di Cristo sul giudizio finale indicano senza ambiguità come siano essenziali, nella
prospettiva della vita eterna di ogni uomo, il « fermarsi », come fece il buon Samaritano, accanto
alla sofferenza del suo prossimo, l'aver « compassione » di essa, ed infine il dare aiuto. Nel
programma messianico di Cristo, che è insieme il programma del Regno di Dio, la sofferenza è
presente nel mondo per sprigionare amore, per far nascere opere di amore verso il prossimo, per
trasformare tutta la civiltà umana nella « civiltà dell'amore ».
In questo amore il significato salvifico della sofferenza si realizza fino in fondo e raggiunge la sua
dimensione definitiva. Le parole di Cristo sul giudizio finale permettono di comprendere ciò in tutta
la semplicità e perspicacia del Vangelo.
Queste parole sull'amore, sugli atti di amore, collegati con l'umana sofferenza, ci permettono ancora
una volta di scoprire, alla base di tutte le sofferenze umane, la stessa sofferenza redentrice di Cristo.
Cristo dice: « L'avete fatto a me ».
Egli stesso è colui che in ognuno sperimenta l'amore; egli stesso è colui che riceve aiuto, quando
questo viene reso ad ogni sofferente senza eccezione. Egli stesso è presente in questo sofferente,
poiché la sua sofferenza salvifica è stata aperta una volta per sempre ad ogni sofferenza umana. E
tutti coloro che soffrono sono stati chiamati una volta per sempre a diventare partecipi « delle
sofferenze di Cristo »(98).
Così come tutti sono stati chiamati a « completare » con la propria sofferenza « quello che manca ai
patimenti di Cristo» (99). Cristo allo stesso tempo ha insegnato all'uomo a far del bene con la
sofferenza ed a far del bene a chi soffre. In questo duplice aspetto egli ha svelato fino in fondo il
senso della sofferenza(37)
.”
L’evangelista Matteo, inoltre, con le parole di Cristo “Perchè io ebbi fame e mi deste da mangiare;
ebbi sete e mi deste da bere; fui ignudo e mi vestiste; fui ammalato e mi visitaste; fui in carcere e mi
veniste a trovare” (25, 35-37) pone le premesse delle sette opere di misericordia corporale (vesto,
poto, cibo, redimo, tego, colligo, condo)(38)
.
I tempi eroici del Cristianesimo, dunque, corrispondono ad un declino della medicina salvifica. Il
popolo più che mai percepisce o è più che mai persuaso che la malattia capitola solo dinanzi a forze
soprannaturali. D’altro canto prevale la dottrina, conforme a quella degli Evangelisti, che considera la
sofferenza come una presenza divina e la concezione della cura dell’infermo come charitas.
Proprio ai sofferenti, che sono deboli, il cristianesimo chiede che diventino “una sorgente di forza
per la Chiesa e per l'umanità (…) nel terribile combattimento tra le forze del bene e del male(39)
”, per
vincere la loro condizione “in unione con la Croce di Cristo(40)
!”
“Cristo allo stesso tempo ha insegnato all’uomo a fare del bene con la sofferenza e a fare del bene a
______________
(37) Ibid. (VII, 30).
(38) Cosmacini G., op. cit., pag. 118.
(39) Riferimento concettuale abs. da: Lettera Apostolica Salvifici doloris del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II ai vescovi,
ai sacerdoti, alle famiglie religiose ed ai fedeli della Chiesa cattolica sul senso cristiano della sofferenza umana, (VIII,
Conclusione); San Pietro, nella memoria liturgica della Beata Maria Vergine di Lourdes, 11 febbraio 1984, sesto di
Pontificato.
(40) Ibid., Lettera Apostolica Salvifici doloris del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, (VIII, Conclusione).
305
chi soffre(41)
” e la chiesa, sull’esempio di Cristo, nel corso dei secoli, avverte fortemente “il servizio ai
chi soffre(41)
” e la chiesa, sull’esempio di Cristo, nel corso dei secoli, avverte fortemente “il servizio ai
malati come parte integrante della sua missione(42)
”; “chiamata e mandata a servire l’uomo, la chiesa
lo incontra in modo particolare nella via del dolore, e questa è “una delle vie più importanti(43)
”. Ma
non solo per far del bene, anche per riceverne! La sofferenza nasconde e svela una vocazione e una
missione di amore, per quanto difficile e misteriosa: “completa la passione di Cristo” e partecipa
della sua redenzione fino a condurre alla gioia(44)
”.
______________
(41) Ibid., Lettera Apostolica Salvifici doloris del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, (SD, 30).
(42) Motu proprio di S.S. Giovanni Paolo II “Dolentium hominum”, di istituzione della Commissione Pontificia per la
Pastorale degli Operatori Sanitari (ora, in virtù della costituzione apostolica Pastor bonus, Pontificio Consiglio).
(43) Ibid., Lettera Apostolica Salvifici doloris del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, (SD, 3).
(44) Mons. Ugo Donato Bianchi, La Pastorale della salute nella Chiesa italiana; Presentazione. Presidenza della Consulta
Nazionale della Conferenza Episcopale Italiana per la Pastorale nella Sanità, Città del Vaticano, 1989 (Consulta Nazionale
della Conferenza Episcopale Italiana Presidente della consulta Nazionale per la Pastorale della Sanità.
_________________
Abstract da:
Raimondo Villano “La cruna dell’ago: meridiani farmaceutici tra etica laica e morale cattolica” - 2^ edizione (patrocinio
Chiron Foundation, Praxys dpt, Ed. Effegibi, pag. 393, settembre 2008).
393
“Se ho migliaia di idee
e anche una sola si rivela essere buona,
posso essere soddisfatto”
Alfred Bernard Nobel (1833-1896)

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R. Villano - Thesaurus pharmacologicus: forme speziali
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R. Villano - La farmacia dal magismo al tempo di Dio con l'uomo

  • 1. SSoolloo nneellll’’aarrccaannaa mmeennttee ddii DDiioo nnoonn ppuuòò nnoonn eesssseerrccii iill lliibbrroo cchhee rraaccccoonnttaa ddaallll’’iinniizziioo aallllaa ffiinnee llaa ssttoorriiaa ddeell mmoonnddoo ccoommee eessssaa rreeaallmmeennttee èè aaccccaadduuttaa.. ÈÈ iill lliibbrroo ddeellllaa ssttoorriiaa ddeell mmoonnddoo sseeccoonnddoo vveerriittàà.. QQuueessttoo rroommaannzzoo ddeellllaa vviittaa uummaannaa,, cchhee èè llaa ssttoorriiaa uunniivveerrssaallee ddeell ggeenneerree uummaannoo,, èè pprreesseennttee nneellllaa mmeennttee ddiivviinnaa ccoonn uunn’’iinnffiinniittàà ddii aallttrrii rroommaannzzii.. EEssttrraappoollaazziioonnii ddaall ppeennssiieerroo ddii LLeeiibbnniizz ISBN 978-88-904235-29 CDD 177 VIL cru 2008 LCC BJ 1725
  • 2.
  • 3. 7 INDICE Presentazione 25 Prefazione 27 Storia 33 La farmacia iatrèica e ieratica tra magismo e paganesimo 35 Il tempo di Dio con l’uomo 43 Galenica e signatura, monachesimo e caduta dell’impero romano 48 Alchimia e civiltà arabo-islamica 52 L’epoca di San Benedetto e della Scuola Salernitana 54 Lo sviluppo dei monasteri e l’etos dell’ospitalità 59 Dal risveglio della cultura e dei costumi all’avvento dell’università e delle signorie 61 Regimina, ospedalità, Costitutiones federiciane e Corporazioni 64 Alchimia e Chiesa, peste bubbonica 69 Umanesimo, Nobile Collegio, rinascita della magia, Ricettario Fiorentino 74 Rinascimento, Nuovo Mondo, San Giovanni Leonardi 83 Sviluppo scientifico, peste nera, iatrochimica e dottrina dei sistemi 90 Illuminismo, sviluppo scientifico della chimica, epoca rivoluzionaria 97 Apogeo napoleonico, positivismo, breccia di Porta Pia, rivoluzione industriale 103 Dalla Grande Guerra al secondo Conflitto Mondiale 111 Dal dopoguerra a Paolo VI 113 Da Giovanni Paolo II a Benedetto XVI 115 Etica 125 Giuramento di Ippocrate 127 Giuramento di Maimonide 128 Codice deontologico del Farmacista 129 Giuramento per la Professione del Farmacista 148 Il sistema Farmacia 149 Carta del Farmaco 150 Codice deontologico di Farmindustria 152 Dichiarazione di Erice sui principi etici della ricerca farmacogenetica 164 Dichiarazione di Roma sulla Lotta ai farmaci contraffatti 168 Dichiarazione di Berlino sulla farmacovigilanza 170 Dichiarazioni di principio delle Organizzazioni internazionali dei farmacisti 193 Statuto dell’Arte degli Speziali della Repubblica di Siena (1355) 195 Saladino d’Ascoli: dello Speziale, da “Compendium Aromatariorum”I Particula (XV sec.) 198 Iacono M. S.: “Il vero modo di eleggere, preparare et componere i medicamenti semplici” 199 Iacono M. S.:“De l’officio de lo speciaro” (1559) 201 Ricettario Fiorentino: Il buono Speziale 202 Ricettario Fiorentino: La Bottega dello Speziale 202 Statuto Nobile Collegio - Capitolo Primo (1787) 202 Statuto Nobile Collegio - Disposizioni di vigilanza (1787) 203 Statuto Nobile Collegio - Disposizioni su disciplina e armonia (1787) 204 Religione 205 Preghiera del Farmacista 207 Preghiera della Sanità Militare 208
  • 4. 8 Preghiera a San Giovanni Leonardi Patrono dei Farmacisti 209 Invocazione a San Giovanni Leonardi 210 Paolo VI, Udienza Generale del 10 settembre 1975 211 Discorso di Giovanni Paolo II ai congressisti FOFI del 1981 212 Lettera Apostolica di S.S. Giovanni Paolo II Salvifici Doloris 215 Discorso di Giovanni Paolo II alla FOFI (1986) 239 Pastorale della Salute nella Chiesa italiana 241 P. B. Honings: “Carta degli Operatori Sanitari. Sintesi di etica ippocratica e morale cristiana” 247 S.S. Giovanni Paolo II: “Istituzione della Giornata Mondiale del Malato” 253 Pontificia Academia Pro Vita, V Assemblea Generale “Dichiarazione finale” 256 Pontificia Academia Pro Vita “La coscienza cristiana a sostegno del diritto alla vita” 259 Omelia di SS. Giovanni Paolo II in visita alla Parrocchia di San G. Leonardi a Torre Maura 262 Messaggio di SS. Giovanni Paolo II al Rettore Generale dell’Ordine di San G. Leonardi 264 Promessa del Farmacista Cattolico 266 Ex aedibus Congregationis de Cultu Divino et Disciplina Sacramentorum: Italiae 267 Società 269 Il futuro del presente: implicazioni del farmaco sul genere umano 271 Verso la società globale dell’informazione 283 La tutela del diritto alla vita nella società contemporanea 290 Aspetti filosofici, morali ed esistenziali dei nuovi sistemi di telecomunicazioni 293 Tecnica 301 Politiche di farmacovigilanza 303 Concetti di privacy 309 Storiografia delle principali istituzioni farmaceutiche 312 Farmaci e internet 326 Politiche di contrasto della contraffazione dei farmaci 331 Riflessioni sulle recenti criticità dell’Istituto della Farmacia 334 Valenze della gestione della Sicurezza in Farmacia 348 Cultura 351 Il caduceo 353 L’etica ippocratica e la morale cristiana 357 Il Santo Patrono e i Protettori dei farmacisti 361 L’arte e la farmacia 371 Letture satiriche 375 Riflessioni su alcune implicazioni contemporanee della storiografia farmaceutica 379 Ruolo delle tecnologie informatiche nello sviluppo di studio e diffusione della Storia della Farmacia 382 Ipotesi progettuale di multimedialità per la Storia della Farmacia 390
  • 5. 9
  • 6. 11
  • 7. 13
  • 8. 15
  • 9. 17
  • 10. 19
  • 11. 21
  • 12. 23 “Vi sono stati alcuni che da un discorso o da una lettura hanno raccolto una sentenza, una parola, una spiga che ha dato loro da mangiare per tutto il resto della vita. Quando tu senti una buona spiga, pigliala e serbala e dì: questa è mia!” Girolamo Savonarola (adattam. di Gianfranco Ravasi in Breviario laico)
  • 13. 25 Presentazione L’opera di Raimondo Villano “La cruna dell’ago: meridiani farmaceutici tra etica laica e morale cattolica” viene a riempire un vuoto nella trattazione italiana in un campo senpre più seguito e, senza dubbio, di grandi prospettive. Raimondo Villano, già foriero di contributi originali, fornisce ora in questo suo volume agli studiosi di scienze farmaceutiche e farmacologia una serie di preziose informazioni e riflessioni. È, perciò, altamete meritoria l’opera di Raimondo Villano di sviscerare per un folto stuolo di lettori e studiosi della materia i diversi problemi del farmaco e, nello stesso tempo, evidenziare le difficoltà della promozione scientifica per un pubblico già maturo e temprato dalla situazione particolarmente grave, specie per quanto riguarda gli aspetti terapeutici. Questo tema è inquadrato nella giusta fisionomia ed è pieno di prospettive. I capitoli del libro di Villano sono pieni di filosofia e la notevole cultura ed umanità dell’Autore emergono quà e là con citazioni classiche mentre la Sua profonda conoscenza dell’argomento gli permette di passare con la stessa proprietà di linguaggio dalla etiopatogenesi alla sociologia. È mio auspicio che questo libro non solo rechi ausilio all’analisi ed allo studio della farmacogenesi ma favorisca anche la sensibilizzazione dell’opinione pubblica, troppo spesso ignara e indifesa di fronte ai problemi della salute: a questo fine si presterà di certo la lettura dell’ottimo libro di Raimondo Villano. 20 settembre 2008 MD, PhD Giulio Tarro Chairman of Committe on Biotechnologies and VirusSphere World Academy of Biomedical Tecnologies WABT (UNESCO, Paris) (già allievo di Albert B. Sabin e membro della Commissione Nazionale di Bioetica)
  • 14. 27 Prefazione Andare oltre l’universalità autoreferenziale per consuetudini, superficialità e quiescenze profittevoli può significare nella Professione concorrere a farne decadere l’immagine virtuale discrimine di quella reale e ricucire il Suo status più consono di diaframma pubblico(1) . Più che farmi dominare da sensazioni di impotenza di fronte a tale lapalissiana constatazione, mi sono sforzato di elaborare questo lavoro affinchè vada ad inserirsi nel solco della sensibilizzazione dei Colleghi ispirandomi e tentando di ispirarli all’etica della responsabilità di Max Weber espressa dal concetto che “il possibile non verrebbe mai raggiunto se non ci fosse chi, di continuo, tenta l’impossibile(2) ”. L’obiettivo è, dunque, impegnarsi affinchè la Professione progredisca anche con lo strumento della cultura lata nel suo significato più proprio ed antico del cultus, da colere, ovvero coltivare, coltivarsi: la persona colta, in effetti, si coltiva perché ha cura e rispetto di sé. Acquisiti questa cura e rispetto di sé, la persona colta diventa più propensa, più predisposta e più programmata ad aver cura e rispetto degli altri: allora sì che la cultura è uno strumento irrinunciabile per creare quella cittadinanza attiva professionale radicata, feconda ed incisiva nel quotidiano che è l’obiettivo ultimo auspicabile. Si sprigionano, così, quelle formidabili energie capaci di strappare l’uomo dall’anonimato, di mantenerlo cosciente della sua dignità personale, di arricchirlo di profonda umanità e di inserirlo con la sua unicità e irripetibilità nel tessuto della società e della professione(3) . Scevro da ubris di classica memoria ma, forse, non del tutto inattuale, e con tutto il “surdosaggio”di modestia che ritengo meriti l’approccio a talune problematiche, una lettura dei meridiani mi sembra possa aiutare una formazione tesa a far distinguere taluni elementi prospettici professionali, sociali, culturali e tecnici di superficie da quelli che segnano, sul piano della rigorosità, della concretezza, della finezza argomentativa e della coerenza, un avanzamento significativo della riflessione dell’azione professionale e della creazione di consapevolezza potenzialmente almeno prodromica per opere ed “azioni” ulteriori auspicabili aventi quale alto fine l’agire per l’uomo(4) . Innanzitutto, l’educazione aderente alla vita, ovvero la formazione non intesa solo come momento di apprendimento bensì anche come momento di lavoro che, in contrapposizione alla considerazione che la mente di chi apprende sia contenitore privo di qualità intrinseche e da riempire con la maggiore quantità di conoscenze, si ispiri all’idea che l’educazione della memoria sia l’educazione di una funzione, da formare lavorando su contenuti validi, su materiale dotato di profondo senso. Ed è chiaro, citando un autorevole filosofo contemporaneo, Karl Popper, che con tali momenti di senso il pensiero entra nel processo della memoria la quale, dunque, diventa memoria giudiziosa. Con tale nesso logico sostanziale ritengo che ci si accinga ad approfondire ulteriori importanti tematiche della _______________ (1) Raimondo Villano, Presentazione dei corsi di formazione su Sicurezza e Qualità aziendali, Corsi di formazione etico- professionale per manager a cura di Piero Renzulli e Raimondo Villano sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica e del Worker Memorial Year dell’ONU, Pompei, ottobre 2000. (2) Visita del Rappresentante del Presidente del Rotary International al Club Pompei: discorso del Presidente Rotary Club Pompei Raimondo Villano, Pompei, 5 maggio 2001. (3) Visita del Rappresentante del Presidente del Rotary International al Club Pompei: discorso del Presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Campania Ermanno Corsi, Pompei, 5 maggio 2001. (4) Antonio Carosella - Raimondo Villano “L’uomo come fine: attività del Distretto 2100-Italia del Rotary International a.r. 1998 - 99”, Edizione multimediale su CD-ROM (patrocinato dal R. I. Distretto 2100 R. I., Ed. Eidos, 421 Mb - 554 file - pag. 3162; Sorrento, luglio 2000).
  • 15. 28 professione, o ad essa confluenti o propedeutiche, avvalendosi dopo il cammino storico di vari altri percorsi(5) . È auspicabile, in primis, che un percorso con l’aiuto della Chiesa conduca l’uomo di fede, ma non solo, a prendere consapevolezza o maggiore consapevolezza delle possibili vie di affrancamento dalla grande crisi di valori spirituali che ci attanaglia, nella vita come nella professione, e che si rafforzi e si estenda ai più se non a tutti il bisogno di ritemprare la propria adesione al Signore per portare avanti con coraggio l’azione cristiana o di sostanziale illuminato apostolato laico(6) . Sforzarsi, dunque, come umile tralcio della Grande Vite, secondo Christifideles laici(7) , di aprire ulteriormente il proprio cuore affinchè con buona volontà la propria e l’altrui esistenza sia meglio ordinata ai più alti valori. Inoltre, un’ulteriore azione che si auspica si possa stimolare è di porsi in condizioni tali che le teorie morali, di fronte ad un’abbondanza di sistemi culturali in evoluzione, non risultino deboli tentativi di assolutizzare il contingente e la loro validità non rischi di essere limitata ad una determinata tappa storica di una data società. Si potrebbero creare ulteriori e mirate condizioni tali da far pervenire, attraverso confronti e processi costruttivi, anche a singole risoluzioni o eventuali azioni in modo che la storia risulti effettivamente non antagonista dell’etica, relativizzando la prima ciò che assolutizza l’altra, ma piuttosto il campo nel quale la richiesta etica prende senso(8) . Dal coacervo degli elementi di approfondimento i Colleghi di talento e di spessore, che amo ritenere siano ben più di quelli che mi onoro di conoscere, possono trarre ulteriore linfa per la forza delle loro idee e delle conseguenti azioni le cui direttrici possono andare verso nuovi e magari anche più ampi orizzonti, beninteso, in virtù e non ad onta di un’apprezzabile ed essenziale multiformità espressiva, ma in una fecondità di opportunità che facciano soprattutto sentire sempre più profondamente che quel poco o molto che si può fare per gli altri genera arricchimento dentro ed accresce meravigliosamente la dimensione della propria umanità(9) . Optando per diversa scelta, invece, mi sembra valga la pena tener a mente le affermazioni di Mahatma Ghandi: “non è il critico che conta, non l’uomo che indica perché il forte cade, o dove il realizzatore poteva far meglio. Il merito appartiene all’uomo che è nell’arena, il cui viso è segnato dalla polvere e dal sudore, che lotta coraggiosamente, che sbaglia e che può cadere ancora, perché non c’è conquista senza errore o debolezza; che veramente lotta per realizzare, che conosce il grande entusiasmo e la grande fede, che si adopera per una nobile causa, che tutt’al più conosce alla fine il trionfo delle alte mete e che, nel peggiore dei casi, se fallisce, cade almeno gloriosamente, cosicché il suo posto non sarà mai vicino alle anime pavide e paurose che non conoscono né la vittoria né la sconfitta”. _______________ (5) Abs rimaneggiato da: Raimondo Villano, Le azioni del Rotary Club per la Gioventù, Pompei, 20 settembre 2000. (6) Raimondo Villano - Boris Ulianich, abs dai discorsi su Considerazioni sul senso del Natale, Rotary Club, Cerimonia degli Auguri, Pompei, 20 dicembre 2000. (7) S.S. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, (8) Raimondo Villano, Riflessioni sulla tutela della vita, (relatore in qualità di primo firmatario alla presentazione della mozione internazionale al Co.L. Rotary International di istituzione di una giornata mondiale di celebrazione della tutela della vita); Convegno distrettuale “Celebrazione della Famiglia”, Rotary International, Pompei, Casa del Pellegrino, 10 febbraio 2001. 99”, Edizione multimediale su CD-ROM (patrocinato dal R. I. Distretto 2100 R. I., Ed. Eidos, 421 Mb - 554 file - pag. 3162; Sorrento, luglio 2000). (9) Convegno del Comitato di Coordinamento dei Club dell’Area Sud del Golfo di Napoli sul Forum “L’istituzione del nuovo Tribunale Civile e Penale a Torre Annunziata”, Abs. dall’intervento del Segretario del Comitato Raimondo Villano, Castellammare di Stabia, Hotel Stabia, ottobre 1993).
  • 16. 29 La cruna dell’ago, dunque, è lì a ricordarci quanto sia stretto e difficoltoso il varco attraverso cui far passare i meridiani, quali ideali fili per concorrere a ricucire un siffatto ordito, avvalendosi di un propedeutico bonum otium di oraziana memoria e di un imprescindibile metabolismo culturale tra fede e ragione che, parafrasando Goethe, ricolmi l’io interiore dei Colleghi di sempre più elevati sentimenti, si nutra di desideri che meritino di essere esternati ed alimenti nei loro petti ogni più degna aspirazione(10) . Tuttavia, avendo il dono della fede, mi conforta la convinzione che “la ragione è esigenza di infinito e culmina nel sospiro e nel presentimento che questo infinito si manifesti(11) ”. Raimondo Villano _______________ (10) Raimondo Villano, Presentazione, pag. 2 libretto di copertina del Cd di musica classica “Due pianoforti a passeggio tra i secoli” di Emma Petrillo & Rosa Santoro, Sound Quick, Napoli, 2000. (11) Tema del Meeting di Rimini 2006 di Comunione e Liberazione per l’amicizia dei popoli.
  • 17. 31 “Sii fedele a te stesso. Non affannarti ad essere e divenire qualche cosa, ma lavora con zelo e perseveranza a ciò che sempre più tu sia e divenga qualcuno” List, mottetto
  • 18. 351 Cultura “L’origine di tutti i mali è l’ignoranza” Socrate
  • 19. 294 La farmacia iatrèica e ieratica dal magismo e paganesimo al tempo di Dio con l’uomo L’origine della farmacia risale alla notte dei tempi e si confonde con il mito. Spesso nel mondo antico molte osservazioni di fenomeni naturali e loro integrazioni in un sistema dotato di una sua peculiare razionalità sono disperse e nascoste sotto il velo del mito e della leggenda, della struttura magico-religiosa o dell’opera teatrale o letteraria. Ovviamente, trovare la verità da cui originano le leggende è come afferrare un frammento di infinito! In età remota la figura del farmacista è tutt’uno con quella del medico, del sacerdote, dello stregone. Ritenendosi, inoltre, per lunghissimo tempo che molte malattie sono causate da spiriti maligni che invadono la testa, si ricorre, addirittura, all’apertura del cranio per estrarne la materia ritenuta infettata. Risale al 2700 a.C. il più antico testo di farmacologia conosciuto: una tavoletta in caratteri cuneiformi della città di Ur in Mesopotamia, rinvenuta nei primi decenni del XX secolo e decifrata solo nel 1953, contenente una dozzina di ricette del medico-farmacista Lulu, con preziose indicazioni circa i componenti e le procedure per la preparazione di pomate, decotti e lozioni. In questo testo, incredibilmente, la materia farmacologica è trattata con metodo “scientifico”, ovvero senza cedimento alcuno ai diffusissimi riti di magia e stregoneria che, del resto, prima, durante e dopo, fino ai tempi attuali, hanno sostituito o, nel migliore dei casi, affiancato le pratiche mediche e farmaceutiche. Nel contempo “En arché en ho Lógos(1) ”: Dio “In principio era il Verbo”. E nella Bibbia con la parola farmakia si definiscono tutte le arti con cui Babilonia sedusse il mondo; è agevole immaginare che si allude ai filtri amorosi ed agli afrodisiaci. Verificandosi, però, nel tempo anche effetti deleteri con queste terapie, al concetto iniziale subentra quello di tossico o veleno(2) . Famoso, inoltre, è il rimedio biblico contro la cecità dal Libro di Tobia: “L’Angelo disse a Tobia: afferra il pesce(3) , aprilo e togline il fiele, il cuore e il fegato. Il fiele e il cuore possono essere utili medicamenti. (6.1) […] Poi Raffaele gli disse: prendi in mano il fiele, spalmalo sugli occhi(4) . Il farmaco intaccherà e asporterà come scaglie le macchie bianche dai suoi occhi. Così tuo Padre vedrà la luce.”(11,7). In Egitto, poi, all’interno della scienza medica si distinguono due diversi filoni: il magico-religioso, comprendente elementi molto primitivi, e l’empirico-razionale, basato su esperienza e osservazione, privo di componenti mistiche. ______________ (1) Grandioso prologo innico del quarto Vangelo giovanneo. (2) Le denominazioni di Apotheke in Germania, Apotheek in Olanda, Apotek in Scandinavia e in Francia Apothicaire per indicare la Farmacia sono tutti vocaboli di origine greca. Dall’antica Grecia sono correntemente usati i verbi apothkw (apoteko: sciolgo, liquefaccio, fondo) e apotizhmi (apotizemi: ripongo, conservo, metto da parte). La maggior parte degli studiosi propende per la prima etimologia. Inoltre, dal greco apothkh (apoteke: ripostiglio della casa dove si conservano provviste e soprattutto vini) si ha il latino sostantivo apotheca con lo stesso significato. Dal latino apotheca deriva in italiano il termine bottega con il significato di vano a livello stradale in cui si vendono merci al dettaglio. Il farmacista presso i romani è definito genericamente pharmacola, la farmacia pharmacopolio mentre i farmaci pharmaceutici. Plauto nelle sue commedie chiama il farmacista anche myrapola e myrapolium la farmacia. Plinio, invece, usa il termine di seplasia e di seplsarii per i farmacisti. Seplasium significa rimedio (a Capua c’è una piazza Seplasia riferita al luogo dove si svolgeva un tempo il mercato delle droghe). I farmacisti specializzati in unguenti sono detti unguentarii, i mercanti di profumi aromatarii, i commercianti di colori e profumi pigmentarii e, infine, i commercianti di incenso sono i thurarii e di droghe i myrobecharii. In Spagna, in catalano, l’apothecari è “qui prepare e ven las medicinas” mentre la botiga è “casa on es venen moltes coses” e per apothecarìa si intende “la botiga de apothecari”. In Sardegna con gli spagnoli arrivano i termini potecàriu e ipotecaria il cui utilizzo in talune limitate zone resiste nella parlata in vernacolo sino ai tempi attuali. (3) Che in riva al fiume Tigri aveva tentato di divorargli il piede. (4) Del padre di Tobia accecato nel sonno dagli escrementi di passeri.
  • 20. 295 Durante la III dinastia il medico inizia a distinguersi come figura di scienziato, benché primitiva, diversa dallo stregone e dal sacerdote. Tra le divinità egizie sono di interesse “sanitario”: Iside, dea della salute; Horus, simbolo della lotta tra salute e malattia; Thot, con potere sulle affezioni oculari; Harpokrate, dai poteri protettivi e taumaturgici; Sekhmet, contro i dèmoni portatori di malattie e di pestilenze, protettrice di medici e chirurghi, i cui sacerdoti sono tutti medici; Sobek, guaritore e Tauret, protettrice delle gestanti, dell’allattamento e dell’infanzia. Intorno all’800 a.C. vi sono i medici itineranti Etruschi dei quali nulla si sa tranne rari riferimenti. Benché la medicina etrusca sia sicuramente brillante e complessa, essa si perde con il declino e la dispersione della cultura di questo popolo che è, in varie fasi e fin dall’inizio, integrato e fuso con quello romano. Il sistema sociale e politico Etrusco è caratterizzato da una confederazione di Città- Stato, ognuna delle quali è governata da un Re-Sacerdote: il Lucumone, custode anche dell’Etrusca Disciplina(5) . Teofrasto a proposito dei medicamenti degli Etruschi afferma che già Eschilo nel VI sec. a.C. definiva “l'Etruria un paese ricco di farmaci” (una farmacologia sostanzialmente fitoterapica). Dall’epoca omerica, poi, ci pervengono molte testimonianze sull’impiego di rimedi dagli effetti magico-terapeutici come, ad esempio, il famoso nepenthes (vino drogato con loto, giusquiamo, oppio, mandragora ed altro, con proprietà sedative, calmanti e narcotiche) che Elena offre allo sconsolato Telemaco in cerca di notizie di suo padre(6) . Più approfonditamente, il nepente della farmacopea omerica è il rimedio sapiente(7) realizzato da chi è dotato per natura di sapienza e abilità artigianale, valori ispiratori della medicina greca delle origini. La sapienza, conoscenza assoluta e completa ricevuta in divinazione per folgorazione dall’estasi apollinea, consente con un solo sguardo di conoscere, comprendere e curare. Alla medicina sapienziale acquisita per natura si affianca, poi, quella comunemente acquisita, la medicina per cultura dall’insegnamento di un maestro ed esercitata avvalendosi del dialogo col paziente. La tradizione post-omerica, inoltre, ritiene i figli naturali di Asclepio, Macàone (allievo di Chirone, definito da Omero il migliore dei Centauri) e Podalirio, rispettivamente archetipi dei guaritori, iatròi o iatères, delle malattie interne o febbri e delle malattie esterne o ferite. I guaritori discendenti non sono divini ma uomini superiori pari agli dei che danno la guarigione, spesso miracolosa, avvalendosi di preghiere, incantesimi, sacrifici e pharmakòi evocanti l’intervento divino e phàrmaka, farmaci o veleni a seconda della dose, prodotti e confezionati da donne manipolatrici. Da Le opere e i giorni di Esiodo, poi, apprendiamo sia che i figli di Apollo Igea (legittima) ed Asclepio (illegittimo) curano rispettivamente la salute (prevenzione) e la malattia (terapia) sia che la mitica Pandora, donna avvenente forgiata da Efesto per volere di Zeus, possiede tutti i doni (buoni e cattivi) e li elargisce: dal suo vaso, dunque, escono a seconda dei capricci degli dei anche le malattie, demoni maligni mutuati dalla cultura medica mesopotamica. Dalla mitologia greca emerge il senso ambiguo del farmaco che il mondo greco “istituzionalizza” nel mito di Asclepio, divinità che apprende dal saggio Centauro Chirone gran parte dell’arte medica e che acquisisce, grazie a Perseo, un rimedio infallibile per liberarsi dei nemici e resuscitare gli amici: con il liquido sgorgato da un lato del collo di Medusa Asclepio dà la morte mentre con quello sgorgato dal lato opposto dà la vita agli amici (pare abbia resuscitato tanti morti da svuotare l’Ade). ______________ (5) Nel 1000 a.C. Tarconte, fondatore della città di Tarquinia, vede apparire da dietro una zolla di terra un giovane di nome Tagete che gli rivela l’Etrusca Disciplina che racchiude tutto lo scibile culturale, tecnico, sociale e religioso (dunque, anche tutte le nozioni riguardanti la prevenzione ed il trattamento medico-farmaceutico) che caratterizzerà e distinguerà la civiltà Etrusca in ogni momento della sua esistenza. (6) Odissea, libro IV, vv. 219-234. (7) Omero, Odissea, libro IV, vv. 219-232.
  • 21. 296 Dal VI secolo a.C. si impone stabilmente nel mondo classico, raggiungendo la piena egemonia nel IV secolo, il culto di Asclepio di cui nella città di Epidauro(8) in Argolide vi è il tempio della salute più importante(9) . Asclepio è rappresentato il più delle volte come un uomo maturo, con barba, con in pugno un bastone e con l’altra mano appoggiata sulla testa di un serpente; accucciato ai suoi piedi, un cane. Cani e serpenti, con le civette oracolari e le capre nutrici, sono animali sacri: la loro lingua è ritenuta capace di lenire e guarire le piaghe. Nei portici antistanti il tempio ha sede l’àbaton, luogo di degenza e di dormiveglia, dove i malati trascorrono le notti immersi nel sonno incubatorio propiziato da Hypnos, semidio dell’ipnosi, o estasiati dalle visioni oniriche propiziate da Oneiros, semidio dei sogni. L’incubazione è la pratica di chi dorme per avere responsi. Il malato incubante ad Asclepio, è colui che dorme nell’asclepieo per destarsi dal sonno miracolosamente guarito o, in via subordinata, per ricevere un comandamento o un consiglio su come comportarsi per guarire(10) . Nel recinto c’è anche la thòlos, edicola circolare dove sta il pozzo sacro, dimora dei sacri serpenti, e dove i malati lasciano le tavolette votive con sopra descritte le loro storie, la sintomatologia ed i trattamenti terapeutici ricevuti. Fuori dal recinto completano l’insieme monumentale le aggiunte edilizie, cronologicamente tarde, del ginnasio per gli esercizi fisici, delle terme per i bagni, dell’odèion per le audizioni musicali con finalità terapeutiche. Il katagòghion, ostello con più stanze ubicate sotto i portici ed intorno ai cortili, dà ospitalità a quanti giungono in pellegrinaggio al santuario per cercarvi la guarigione. I pellegrini sono ricevuti da un personale di accoglienza composto da portieri, detentori delle chiavi del tempio, e da scribi che registrano le offerte di ciascun pellegrino di cui tengono conto delle condizioni economiche. Il tempio è aperto a tutti ma ai ricchi sono imposte sovratasse denominate iatrà (iatròs è uno dei nomi dati ad Asclepio e Platone attribuisce al medico Eurissimaco l’affermazione che il suo predecessore Asclepio è il fondatore dell’arte(11) . Il personale di assistenza è vario: i sorveglianti che vegliano sui dormienti, i pirofori che li illuminano, gli asclepiadi che sovrintendono ai sacrifici, ascoltano i racconti dei sogni, trasmettono i responsi del dio guaritore. A capo di tutti c’è lo ierofante, supremo interprete del sacro, massima sapienza-potenza esistente nel tempio. Il rituale d’accesso consiste nei preliminari di purificazione del malato con lavaggio e breve digiuno e, successivamente, di un sacrificio ad Asclepio: un gallo(12) o altri animali (capro, bue, giovenca, ecc.): chi più ha, più dà. Dopo l’offerta, sempre accompagnata da un’invocazione, il malato si distende su un giaciglio, talora fatto con la pelle degli stessi animali sacrificati: dorme e sogna; talvolta si desta miracolato, più spesso disponibile a confidarsi con l’asclepiade per avere da lui una sorta di prognosi e terapia(13) . Dai trattamenti prescritti dagli asclepiadi viene a costituirsi un’esperienza curativa che si consolida in protocolli di terapia statisticamente efficaci(14) . Tuttavia, nonostante la complessità ricostruttiva storica, è ormai dimostrato che la formazione della medicina e della farmacia a crescenti contenuti tecnici non può esser solo riconducibile ad una sorta di filiazione da quelle esercitate nei templi della casta sacerdotale di Asclepio attraverso un processo di desacralizzazione con progressiva laicizzazione(15) . _______________ (8) Accreditata città natale di Asclepio da Pausania. (9) Il santuario cinto da mura sorge fuori città, collegato da una strada fiancheggiata da statue. Il tempio propriamente detto, opera dell’architetto Teodoto, è in pietra calcarea, con la cella al centro contornata da colonne doriche, decorata da marmi policromi e contenente la statua crisoelefantina, opera dello scultore Trasimede. (10) Come il civis romanus incubante a Giove Capitolino che dorme sull’omonimo colle per avere indirizzo di comportamento politico. (11) Platone, Simposio, XII. (12) Come Platone fa dire a Socrate (Platone, Fedone, LXVI). (13) Cosmacini Giorgio, L’Arte lunga, II. Il mondo classico, GLF Editori Laterza, 212 EL, Bari, 1997, pagg. 51-52. (14) Cosmacini G., op. cit., pag 53. (15) Cosmacini G., op. cit., pag 54.
  • 22. 297 Dunque, una medicina iatrèica, capace di guarire con i rimedi, affianca nella Grecia classica la medicina ieratica dei templi. Tra le prime scuole che si sviluppano in Grecia e nella Magna Grecia importantissima è la Scuola Pitagorica. Pitagora (ca. 570-505 a.C.), grande matematico, porta nella scienza naturale, ancora non definibile medicina, la teoria dei numeri secondo cui alcuni di essi hanno significati precisi e, fra questi, i più importanti sono il 4 e il 7. Il 7 ha sempre avuto un significato magico: nella Bibbia, per esempio, un numero infinito è indicato come 70 volte 7. Tra l’altro, il 7 per 4 dà 28, cioè il mese lunare della mestruazione, e 7 per 40 dà 280, cioè la durata in giorni della gravidanza. Sempre per la connotazione magica del 7 si dice che è meglio che il bambino nasca al 7° mese piuttosto che all’8°. Nel V secolo a.C. nell’isola di Coo o Cos(16) , nel Dodecanneso, dove si sviluppa la Scuola Razionale, la cui base è la negazione dell’intervento divino nelle malattie, vive Ippocrate (460-370 a.C), padre della medicina, membro della casta degli Asclepiadi (medici discendenti dal mitico dio Asclepio): la tècne nella prognosi e nella terapia è contrapposta o sovrapposta alla medicina sapienzale degli asclepiadi impegnati nella preghiera propiziatoria, nella profezia, nella guarigione miracolosa. La medicina ippocratica polemizza non solo contro le pratiche magiche e superstiziose ma anche “contro le pretese dei filosofi naturalisti, alla maniera di Empedocle, di dettar legge, sulla base dei loro generalissimi postulati, in un campo come la comprensione e la cura dei processi organici che, invece, richiede complesse competenze ed un’esperienza diretta e specifica(17) , (18) ”. Il rapporto tra medico e malato è fisico (percezione pentasensoriale diagnostica) e storico (rilievo anamnesico e prognostico) e la malattia, pur non essendo ancora entità nosologica bensì esperienza esistenziale tra la vita e la morte, genera un fenomeno antropologico su cui si baseranno l’introspezione e la conoscenza più propriamente fisiopatologiche. Altra novità fondamentale introdotta dalla dottrina di Ippocrate è il fatto di considerare le patologie come fenomeni generali per l’organismo e non relativi ad un singolo organo. La concezione di Ippocrate si rifà a quella di Talete ed in parte anche a quella di Alcmeone di Crotone quando dice che l’uomo è il microcosmo ed il corpo è formato dai 4 elementi fondamentali: aria, fuoco, terra ed acqua. La figura del medico è per Ippocrate, infine, l’unione del perfetto uomo con il perfetto studioso: calma nell’azione, serenità nel giudizio, moralità, onestà, amore per la propria arte e per il malato sono i cardini della personalità del medico così come è concepito da Ippocrate. Ogni interesse personale passa in secondo piano. Non è certo un essere superiore ed infallibile come i sacerdoti degli antichi templi ma deve sopperire alla sua fallibilità con il massimo dell’impegno e della diligenza in modo da commettere solo errori di lieve entità. Deve, inoltre, essere filosofo ma non al punto da farsi distogliere dalla vera scienza che si poggia su solide basi pratiche; nella cultura ippocratica, tuttavia, la filosofia rimarrà elemento fondamentale della preparazione generale del medico, come testimonia Galeno e come ritroveremo per secoli negli ordinamenti delle Scuole mediche antiche. Il suo abito, infine, deve essere decoroso ed il suo aspetto denotare salute. Nel Giuramento, poi, Ippocrate delinea il medico e la medicina nell’ordine morale, ethos, che deve considerare la vita e il malato come valori ed afferma: “Non darò a nessuno farmaci mortali, neppure _______________ (16) Dal primo biografo di Ippocrate il vecchio Kos è mitizzato come ascendente di Asclepio di diciannovesima generazione (Sorano, Genealogia e vita di Ippocrate, I o II secolo d.C.). (17) Abs.: Cosmacini Gaudenzi Satolli, Dizionario di storia della salute, lemma Ippocratica medicina, Einaudi, Torino, 1996, pag. 309). (18) Ma nel retroterra culturale di Ippocrate è presente il naturalismo filosofico dei pensatori di Mileto, nella vicina Ionia, vissuti tra il VII e il VI secolo: Talete, Anassimandro, Anassimene, primi indagatori del “principio” (arché) della natura. (Cosmacini G., op. cit, pag. 65).
  • 23. 298 se richiesto, ne mai suggerirò di prenderne. Ugualmente non darò a donne rimedi abortivi(19) ”. Ippocrate, dunque, lascia una teoria medica che connette l’osservazione esatta scientifica e l’esperienza con un’etica alta ed umana in una visione che dimostra l’utilità derivante dal bene compiuto dal medico tramandata anche in campo cristiano in diversi modi nelle epoche storiche nei documenti ecclesiastici papali, in opere teologiche e testi di medicina pastorale(20) . Esistono, infatti, relazioni tra il Corpus ippocraticum e la teologia per il fatto che le opere ippocratiche non solo sono un provato sistema di cura ma hanno anche considerevoli comunanze con l’immagine umana delle persone sane e ammalate alla base della concezione cristiana. Inoltre, Ippocrate: “sebbene fosse stato pagano, potrebbe essere ancora oggi, appena duemila anni dopo l'annunzio del Vangelo di Cristo, un esempio anche per presunti medici cristiani(21) ”; egli, anticipando una medicina integrale, esprime la sua visione universale e caratterizza il vero medico che unisce nella sua concezione fondamentale gli elementi biologici, antropologici, medico-umani, sociali ed etico-metafisici(22) . Va, di più ancora, posto in evidenza che il testo ippocratico lascia intravedere l’insegnamento stesso di Cristo (23) . _______________ (19) Nella Grecia del V-IV secolo a.C. “non risulta che fosse diffuso il rifiuto di somministrare abortivi e neppure veleni mortali nel caso che i malati incurabili ne facessero richiesta” (Vegetti, Ippocratica medicina, op. cit, pag.311). (20) Nel nostro tempo Papa Pio XII ha definito nel 1954 il significato etico-medico delle opere ippocratiche: “… senza dubbio l'espressione più nobile di una coscienza professionale, che imponga innanzitutto di rispettare la vita e di sacrificarsi per gli ammalati e prenda in considerazione anche fattori personali: padronanza di sé, dignità, riservatezza. Sapeva presentare le norme morali ed inserirle in un vasto ed armonioso piano di studi, per cui faceva un regalo alla civiltà più magnifico che coloro che conquistarono gli imperi” (Pius XII, Zur Geschichte der Medizin. Ansprache am 19 Sep. 1954. In Pio XII, Discorsi ai medici. S. 349 f., Roma 1959). Sulla stessa linea Papa Paolo VI, metteva in guardia i medici considerando il progresso della medicina: “È ovvio che queste nuove questioni non debbano pregiudicare in nessun modo l'ideale medico che fa la medicina in una lunga tradizione di alcuni millenni, tramite il giuramento di Ippocrate, un difensore della vita. Una contaminazione di questo principio cardinale significherebbe un fatale passo indietro, che avrebbe delle consequenze disastrose. Questo voi potete valutare meglio di ognun'altro” (Paul VI, Das ärzt liche Ideal nicht beeinträchtingen. L'Osservat. Roman - deutsche Ausgabe - 19.1.1973). Papa Giovanni Paolo I scrisse con il titolo “Illustrissimi” delle lettere immaginarie a personaggi storici, compreso Ippocrate, che “fu un contemporaneo di Socrate e come lui un filosofo". Lo chiama “l'autore del famoso giuramento..., di un codice morale di un valore imperituro. I medici giurano in conformità a ciò a prescrivere la terapia adeguata per gli ammalati e di proteggerli da ingiustizie e soprattutto da svantaggi. Promettono solennemente di non interrompere nessuna gravidanza; s'impegnano ad andare solamente in una casa per aiutare gli ammalati, senza accettare delle tangenti. Inoltre giurano di mantenere sacrosanto il segreto professionale”. Con questo elenco degli impegni etico-medici Papa Giovanni Paolo I legittima l'integrazione della deontologia greca antica nel modo di pensare del medico cristiano (PAPST Johannes Paul I, Illustrissimi, Padova, 1976). Papa Giovanni Paolo II, ha menzionato nel 1978, in occasione dell'udienza all'Associazione dei Medici Cattolici Italiani, l'etica ippocratica mettendo in guardia di non far uso di medicinali che “contraddicono non solo l'etica cristiana ma ogni etica naturale, e che siano in contraddizione aperta con i doveri professionali espressi nel famoso giuramento del vecchio medico pagano” (PAPST Johannes Paul II, Wort und Weisung im Jahr 1979, Rom-Kevelaer 1979). Nel suo discorso, tenuto ai membri dell'Assemblea Generale dell'Unione Mondiale dei Medici, sulla manipolazione genetica, che riduce la vita umana ad un oggetto, Papa Giovanni Paolo II ammonisce: “Siano fedeli tutti i medici al giuramento di Ippocrate, che prestano in occasione della loro laurea” (PAPST Johannes Paul II, Der apostolische Stuhl 1983, S.1155, Rom-Köln 1983). Nel 1987 il Papa nel suo intervento ai partecipanti alla Conferenza Internazionale sull'"umanizzazione della medicina" esorta al servizio consapevole del proprio dovere per gli uomini: "Siate profondamente convinti di questa verità a causa della lunga tradizione, che risale alle intuizioni di Ippocrate stesso" (PAPST Johannes Paul II, Der apostolische Stuhl 1987, S.1699, Rom-Köln 1987). Nella nomina dei membri della Pontificia Accademia Pro Vita si fa cenno expressis verbis a Ippocrate, “proseguendo la tradizione ippocratica” (Pontificia Academia pro Vita, Roma 1994). Il 26 novembre 1994 il Papa Giovanni Paolo II menzionava nuovamente Ippocrate indicando il Codice Vaticano in cui il giuramento di Ippocrate fu scritto in forma di croce, un simbolo di concezione cristiana della natura umana, della santità ed anche del mistero di vita umana (Giovanni Paolo II, Discorso del Santo Padre, Conferenza Internazionale del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari e Plenaria della Pontificia Accademia Pro Vita, Roma 1994). (21) Niedermeyer A., Compendium der Pastoralmedizin, Wien 1953). (22) Niedermeyer A., Grundriß der Sozialhygiene, Wien - Bonn 1957 S. 30. (23) Cardinale Fiorenzo Angelini, Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari (1997).
  • 24. 299 C’è una continuità indiscutibile, in particolare, tra il contenuto del Giuramento e quello della morale cristiana per il comune impegno nella promozione e nella difesa della vita dal suo concepimento al suo naturale tramonto(24) . Sono, infatti, quattro, le linee portanti del Giuramento di Ippocrate: un profondo rispetto della natura in generale; una concezione unitaria ed integrale dell’essere umano; un rigoroso rapporto tra etica personale ed etica professionale; una visione massimamente partecipe dell’esercizio dell’arte medica. C’è, quindi, nel Giuramento una chiara propedeutica che introduce alla visione cristiana della vita, che sottoscrive, pur arricchendoli, tutti e quattro i presupposti ippocratici. Ma è soprattutto nella difesa piena e totale della vita che la posizione del grande medico greco si fa predispositiva dell'accettazione della nozione cristiana di vita, quale partecipazione della vita stessa di Dio, proiettata nell'eternità. Ed al riguardo, vi è un punto chiave nel quale il pensiero di Ippocrate e quello cristiano coincidono: è proprio nell’esclusione di ogni possibilità di discriminazione nell’interno della nozione di vita. Ippocrate assume la promozione e la difesa della vita come criterio e indirizzo nell’esercizio della propria professione e come metro della sua onestà e correttezza di medico. Egli sa molto bene che accettare possibili distinzioni, prevedere eccezioni a questo principio, equivale a renderlo fragile e vulnerabile. E ne è convinto a tal punto che il suo Giuramento approda ad una visione religiosa della vita. (…) Ci sono, poi, altri aspetti che trovano nell’etica ippocratica quasi un risvolto cristiano, come, in primo luogo, la necessità che il medico nell'esercizio della sua professione sia a servizio del malato, non che lo serva per calcolo interessato. Un’attenta analisi del Giuramento consente di pervenire ad una conclusione perentoria: poche categorie professionali possono concordare sui principi essenziali della propria attività come la categoria di coloro che sono al servizio della salute, cioè degli operatori sanitari. Identificando con le rette perpendicolari di una croce la visione cristiana del mondo e il suo incontro-confronto con la visione o le visioni non cristiane, si può immaginare il servizio alla salute e, quindi, alla vita, come il punto esatto in cui le due perpendicolari si incontrano. Certamente, anche in tale campo, la novità del Cristianesimo è rappresentata dalla dottrina e dalla prassi sulla valorizzazione della sofferenza quando essa, nonostante ogni sforzo della scienza e di qualsivoglia altro mezzo lecito, resti invincibile. Ma, in realtà, poche verità sono altrettanto razionali come la valorizzazione della sofferenza, che fa veramente appello a tutte le risorse dell’uomo consentendone la più alta e nobile espressione. Non è vero, quindi, che soltanto la fede può dare la forza di accettare e di valorizzare il dolore. Essa può confermarsi decisiva al riguardo, ma il suo sostegno può mettere radici nella intelligenza e nella ragione umana che è anch'essa un dono di Dio. Nel cristianesimo primitivo le idee principali elleniche ricavano il loro fondamento e carattere cristiano dal fatto che nel preambolo del giuramento di Ippocrate, Apollo soter è sostituito da Christus medicus. A causa di una visione diagnostico- differenziale delle vere cause delle malattie, il naturalismo ellenico ed il personalismo semitico sono collegati nel cristianesimo primitivo(25) . Sotto la forza integrante dell’autorità del modello del “Christus medicus”, senza dubbio attribuito al pensiero di Ippocrate, si sviluppa il senso di un’etica responsabile del medico mentre in seguito vi sono formulazioni di giuramenti medici con preamboli di carattere monoteista e formule di conclusioni con esplicito riferimento all’istanza trascendente, a Dio, davanti al quale è prestato tale giuramento(26) . _______________ (24) Una continuità riconosciuta apertamente anche dal Santo Padre Giovanni Paolo II che, nella enciclica Evangelium vitae, parla dell'”antico e sempre attuale giuramento di Ippocrate, secondo il quale ad ogni medico è chiesto di impegnarsi per il rispetto assoluto della vita umana e della sua sacralità”. (25) Pedro Lain Entralgo, Heilkunde in geschichtlicher Entscheidung, Salzburg 1956. (26) Gottfried Roth, Die monotheistischen Präambeln und Schlußformeln in den ärztlichen Eiden.Wissennschaft und Glaube 3 (1990) 115-121).
  • 25. 300 Il dogmatismo post-ippocratico, poi, da una parte riconosce la validità delle teorie e del pensiero di Ippocrate e dall’altra è, invece, il ritorno ad una concezione di sacralità nella medicina anche se l’elemento divino è sostituito da quello umano. La scuola dogmatica vede tra i suoi esponenti anche il filosofo Platone che in due sue opere, Timeo e Simposio, traccia una visione d’insieme sul livello della medicina del tempo. Celebri sono: la sua citazione dell’allocazione del cuore da parte degli dei nel corpo umano “nel posto di guardia” protetto come un cuscino dal polmone poroso per ricevere il soffio del respiro o il rinfresco di una bevanda; la sua tripartizione anatomica delle parti solide in cervello (sfondo alla tetralogia psicologica dei temperamenti sanguigno, bilioso, flemmatico e melanconico) e sede dell’anima che con i lacci midollari governa come due destrieri l’anima buona con sede nel cuore e l’anima cattiva con sede nel fegato e nel basso ventre. Sempre alla fine del V secolo a. C. il sofista Antifonte apre nell’agorà di Corinto una specie di consultorio dove con il solo uso della parola cura a pagamento le malattie dell’anima secondo un metodo definito techne alipias, ovvero arte o tecnica per alleviare il dolore psichico. Ottant’anni dopo Ippocrate, Aristotele (384/3-322/1 a.C.), figlio del medico Nicomaco, sviluppa nell’Enciclopedia delle Scienze la sua filosofia naturale e nelle altre opere il pensiero medico a tal punto che la sua filosofia insieme a quella di Platone influenzerà a fondo per molti secoli la medicina occidentale stimolandone, ma anche frenandone, il progresso con la sua teoria sulla “generazione spontanea”. Aristotele è il più grande scienziato e biologo dell’antichità che contribuisce enormemente alla scienza naturale ma anche alla medicina elaborando un sistema fisiologico incentrato sul cuore, l’organo più importante perché, quando si ferma, l’uomo muore, in esso arde una fiamma vitale mantenuta da uno spirito detto pneuma o spirito vitale che dà calore. Aristotele, inoltre, nei suoi studi di embriologia nota che il cuore comincia a battere nelle fasi iniziali dello sviluppo dell'organismo: primum oriens, ultimum moriens. Contemporaneamente alla Scuola empirica, in Alessandria si diffonde la Scuola metodica, che è quella che ha maggior successo. Quest’ultima si rifà non alla filosofia dei quattro elementi ma alla filosofia rivale: la teoria atomistica di Democrito (V-IV sec a.C.). Secondo tale scuola è necessario valutare le cose così come appaiono nel mondo reale. Altro caposcuola è Erofilo (fine IV secolo a.C.) che dimostra che è il cervello e non il cuore la sede delle sensazioni. Nel mondo romano arcaico, poi, la medicina autoctona, intersecandosi con una medicina magico- popolare di ascendenza etrusco-latina, non è praticata se non a livello domestico dal “pater familias” che applica semplici rimedi tradizionali in qualità di curante polifunzionale della famiglia, dei servi e del bestiame, non dimentico di invocare i sacri patrii lari e di raccomandarsi ai penati. Nella medicina autoctona, di antica origine italica, più che di medici veri e propri si può parlare di persone (curatores) in grado di prestare occasionalmente una sorta di servizio sanitario in condizioni di straordinaria emergenza come, ad esempio, guerre o pestilenze. Due sono le espressioni della medicina in questa fase: quella empirica e quella sacerdotale. La prima si basa su nozioni desunte dall’esperienza (erbe medicamentose, infusi, decotti, ecc.) unite a elementi di magia ed ha come massimo esponente Catone il censore (234 a.C.-149 a.C.) che, pur non essendo medico, è famoso per la conoscenza di parecchi medicinali e per la pratica con apparecchi per ridurre lussazioni e fratture. La seconda è testimoniata dalla presenza di divinità, ognuna delle quali protegge una parte del corpo o è preposta a singoli aspetti (patologici e non) della vita fisiologica (il più importante tempio dedicato al culto della dea Salus si trova sul Quirinale). Dal III secolo a.C. nascono luoghi pubblici dedicati all’assistenza ai malati: una delle prime forme sono i templi o asclepei e le medicatrinae, cioè ambulatori annessi alla casa del medico. Funzionano, invece, come ospedali i valetudinaria: grandi costruzioni per lo più private, non di derivazione greca
  • 26. 301 ma istituzione prettamente romana, presenti presso grandi aziende agricole, palestre e, soprattutto, accampamenti; non aperti al cittadino comune, ma riservati alle cure delle sole persone necessarie al buon funzionamento dello Stato: servi delle aziende, atleti e militari. In epoca romana anche molte indicazioni di erbe salutari derivano dalla mitologia e dall’intervento benefico degli dei: Apollo è il conoscitore per eccellenza di tutte le erbe ed i rimedi, come ci attesta Ovidio (Metamorfosi, L.I., v. 32): “Inventum Medicina meum est, opiferque per orbem Dicor, et herbarum subiecta potentia nobis” (La Medicina è mia invenzione e sono stimato porgitore d’aiuto per tutta la terra e sottoposta a noi è la virtù delle erbe...); Minerva fa conoscere l’uso della camomilla (Matricaria chamomilla L.), dal greco Kamai (piccola, umile) e dal latino matrix (matrice), a significare proprietà elettive sull’utero; Mercurio introduce l’uso della mercorella (Mercurialis annua L.), erba detta anche “merda del diavolo” per la sua diffusione infestante, usata per arrestare la secrezione lattea; Cerere corre per i campi alla ricerca della figliuola Proserpina e si cinge il capo con fiori che le conciliano il sonno. I bei fiori sono del papavero (Papaver album L.) dalle cui capsule immature si estrae l’oppio”, da cui la medicina ha tratto enormi vantaggi. Ad opera di Plutarco si ha notizia, poi, che nel mondo romano esistono “collegia opificum”, organismi corporativi o Collegi(27) interessanti manodopera specializzata in vari settori già ai tempi della monarchia, dotati anche di significativi elementi di sacralità essendo governati e protetti da insigni dei (Minerva, Ercole, Mercurio, per esempio). Dal Libro del Siracide, intanto, si legge che “il Signore ha creato medicamenti dalla terra (…) Dio ha dato agli uomini la scienza perché potessero gloriarsi delle sue meraviglie. Con esse il medico cura ed elimina il dolore e il farmacista prepara le miscele. (…) Il medico - il Signore ha creato anche lui - non stia lontano da te (…). Ci sono casi in cui il successo è nelle loro mani. Anch’essi pregano il Signore perché li guidi felicemente ad alleviare la malattia e a risanarla, perché il malato ritorni alla vita(28) . Poi “il Lógos divenne carne(29) ”. Al tempo della vita di Gesù la Chiesa, dunque, è nella storia e per la storia, pur venendo da altrove e andando altrove: una commistione fra storia ed eternità che la rende significativa non meno che nei duemila successivi anni della sua vicenda(30) . La nuova religione sorprende l’Occidente antico anche per la visione della storia umana: il tempo dell’uomo non è più solo suo ma è tempo di Dio con l’uomo: è tempo di Dio per la manifestazione di Se Stesso attraverso la vicenda umana(31) . A partire dalla Resurrezione di Gesù, inoltre, il tempo storico del mondo si orienta secondo un “prima” e un “dopo” che non hanno altre repliche, secondo un tempo di preparazione e un tempo di compimento che sono unici nell’eternità(32) . Il Messia, inoltre, non è solo un “Medico delle anime” ma, dopo le Scritture, egli si impone anche come Salvatore del corpo e della malattia, evento generato dagli Inferi. Conseguentemente tutto il cristianesimo, sin dalle origini, influisce positivamente sulla pratica del curare(33) . _______________ (27) L’etimologia latina della parola è “cum (ipsa) lege”: un istituto costituito, quindi, da persone associate tra loro da una comune legge-statuto e che intendono perseguire scopi e finalità comuni. (28) (38, 4-14), II secolo a. C. (29) Giovanni, versetto 14. (30) Bruno Forte, Arciv. di Chieti-Vasto, Diario di un Vescovo al Sinodo, Sole 24 Ore, anno 141, n.289, 23 ottobre 2005, pagg. 1-8. (31) Massimo Ciceri, Piccolissimo sguardo sulla filosofia della storia antica e medievale. (32) Ibid. (33) Cosmacini Giorgio, L’Arte lunga, II. Il mondo classico, GLF Editori Laterza, 212 EL, Bari, 1997, pag. 117.
  • 27. 302 Il mistero stesso della redenzione del mondo, in effetti, “è in modo sorprendente radicato nella sofferenza, e questa, a sua volta, trova in esso il suo supremo e più sicuro punto di riferimento(34) ”. Secondo Matteo, Cristo raduna prima della sua Ascensione tutti i suoi Discepoli per conferire loro il potere (“dedit illis potestatem”) di porre rimedio ai dolori inflitti dal demonio assicurando l’antagonismo ai suoi spiriti ripugnanti (“spirituum immundorum”). In effetti numerosi convertitori sono ricordati per aver ristabilito la salute perduta. Anche l’evangelista Luca, a dire del suo contemporaneo San Paolo, era un “diletto medico” emulo di Cristo nel risanare il fisico quanto lo spirito. Luca nel terzo Vangelo dà risalto all’operato di Gesù guaritore, come nel caso di “una donna che già da dodici anni soffriva di un flusso di sangue e che aveva speso tutto il suo avere nei medici” (8, 43-44) e, inoltre, sottolinea la necessità di assistere i malati ed i feriti, come nella celebre parabola del buon Samaritano (10:25-37) “Un dottore della legge per mettere alla prova Gesù gli chiese: «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso». E Gesù: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai». Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù «E chi è il mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall’altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n’ebbe compassione (35) . Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò ad una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?». Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ lo stesso»”. La parabola del buon Samaritano appartiene in modo organico al Vangelo della sofferenza. “Mediante questa parabola Cristo volle dare risposta alla domanda: « chi è il mio prossimo? »(90). Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò ad una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?». Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ lo stesso»”. Infatti, fra i tre passanti lungo la via da Gerusalemme a Gerico, dove giaceva per terra mezzo morto un uomo rapinato e ferito dai briganti, proprio il Samaritano dimostrò di essere davvero il « prossimo » per quell'infelice: « prossimo » significa anche colui che adempì il comandamento dell'amore del prossimo. Altri due uomini percorrevano la stessa strada: uno era sacerdote, e l'altro levita, ma ciascuno « lo vide e passò oltre ». Invece, il Samaritano « lo vide e n'ebbe compassione. Gli si fece vicino, ... gli fasciò le ferite », poi « lo portò a una locanda e si prese cura di lui »(91). Ed all'atto di partire, affidò sollecitamente la cura dell'uomo sofferente all'albergatore, impegnandosi a sostenere le spese occorrenti”. ______________ (34) Lettera Apostolica Salvifici doloris di Giovanni Paolo II a vescovi, sacerdoti, famiglie religiose e fedeli della Chiesa cattolica sul senso cristiano della sofferenza umana, (VIII, Conclusione); San Pietro, nella memoria liturgica della Beata Maria Vergine di Lourdes, 11 febbraio 1984, sesto di Pontificato. (35) Pur essendo un “nemico”, perché membro della comunità che ha ostacolato Israele al ritorno dall’esilio e, in contrapposizione agli Ebrei, si crea una religione sincretista. (Cf. Esd 4).
  • 28. 303 La parabola del buon Samaritano appartiene al Vangelo della sofferenza. Essa indica, infatti, quale debba essere il rapporto di ciascuno di noi verso il prossimo sofferente. Non ci è lecito « passare oltre » con indifferenza, ma dobbiamo « fermarci » accanto a lui. Buon Samaritano è ogni uomo, che si ferma accanto alla sofferenza di un altro uomo, qualunque essa sia. Quel fermarsi non significa curiosità, ma disponibilità. Questa è come l'aprirsi di una certa interiore disposizione del cuore, che ha anche la sua espressione emotiva. Buon Samaritano è ogni uomo sensibile alla sofferenza altrui, l'uomo che « si commuove » per la disgrazia del prossimo. Se Cristo, conoscitore dell'interno dell'uomo, sottolinea questa commozione, vuol dire che essa è importante per tutto il nostro atteggiamento di fronte alla sofferenza altrui. Bisogna, dunque, coltivare in sé questa sensibilità del cuore, che testimonia la compassione verso un sofferente. A volte questa compassione rimane l'unica o principale espressione del nostro amore e della nostra solidarietà con l'uomo sofferente. Tuttavia, il buon Samaritano della parabola di Cristo non si ferma alla sola commozione e compassione. Queste diventano per lui uno stimolo alle azioni che mirano a portare aiuto all'uomo ferito. Buon Samaritano è, dunque, in definitiva colui che porta aiuto nella sofferenza, di qualunque natura essa sia. Aiuto, in quanto possibile, efficace. In esso egli mette il suo cuore, ma non risparmia neanche i mezzi materiali. Si può dire che dà se stesso, il suo proprio « io », aprendo quest'« io » all'altro. Tocchiamo qui uno dei punti-chiave di tutta l'antropologia cristiana. L'uomo non può « ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé »(92). Buon Samaritano è l'uomo capace appunto di tale dono di sé(36) . “La parabola del buon Samaritano, che - come si è detto - appartiene al Vangelo della sofferenza, cammina insieme con esso lungo la storia della Chiesa e del cristianesimo, lungo la storia dell'uomo e dell'umanità. Essa testimonia che la rivelazione da parte di Cristo del senso salvifico della sofferenza non si identifica in alcun modo con un atteggiamento di passività. E' tutto il contrario. Il Vangelo è la negazione della passività di fronte alla sofferenza. Cristo stesso in questo campo è soprattutto attivo. In questo modo, egli realizza il programma messianico della sua missione, secondo le parole del profeta: « Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di graziadel Signore »(93). Cristo compie in modo sovrabbondante questo programma messianico della sua missione: egli passa « beneficando (94), ed il bene delle sue opere ha assunto rilievo soprattutto di fronte all'umana sofferenza. La parabola del buon Samaritano è in profonda armonia col comportamento di Cristo stesso. Questa parabola entrerà, infine, per il suo contenuto essenziale, in quelle sconvolgenti parole sul giudizio finale, che Matteo ha annotato nel suo Vangelo: « Venite, benedetti del Padre mio; ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi »(95). Ai giusti che chiedono quando mai abbiano fatta proprio a lui tutto questo, il Figlio dell'Uomo risponderà: « In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me » (96). ______________ (36) Lettera Apostolica Salvifici doloris del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II ai vescovi, ai sacerdoti, alle famiglie religiose ed ai fedeli della Chiesa cattolica sul senso cristiano della sofferenza umana, (VII, 28); San Pietro, nella memoria liturgica della Beata Maria Vergine di Lourdes, 11 febbraio 1984, sesto di Pontificato.
  • 29. 304 La sentenza opposta toccherà a coloro che si sono comportati diversamente: « Ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me »(97). Si potrebbe certamente allungare l'elenco delle sofferenze che hanno incontrato la sensibilità umana, la compassione, l'aiuto, oppure che non le hanno incontrate. La prima e la seconda parte della dichiarazione di Cristo sul giudizio finale indicano senza ambiguità come siano essenziali, nella prospettiva della vita eterna di ogni uomo, il « fermarsi », come fece il buon Samaritano, accanto alla sofferenza del suo prossimo, l'aver « compassione » di essa, ed infine il dare aiuto. Nel programma messianico di Cristo, che è insieme il programma del Regno di Dio, la sofferenza è presente nel mondo per sprigionare amore, per far nascere opere di amore verso il prossimo, per trasformare tutta la civiltà umana nella « civiltà dell'amore ». In questo amore il significato salvifico della sofferenza si realizza fino in fondo e raggiunge la sua dimensione definitiva. Le parole di Cristo sul giudizio finale permettono di comprendere ciò in tutta la semplicità e perspicacia del Vangelo. Queste parole sull'amore, sugli atti di amore, collegati con l'umana sofferenza, ci permettono ancora una volta di scoprire, alla base di tutte le sofferenze umane, la stessa sofferenza redentrice di Cristo. Cristo dice: « L'avete fatto a me ». Egli stesso è colui che in ognuno sperimenta l'amore; egli stesso è colui che riceve aiuto, quando questo viene reso ad ogni sofferente senza eccezione. Egli stesso è presente in questo sofferente, poiché la sua sofferenza salvifica è stata aperta una volta per sempre ad ogni sofferenza umana. E tutti coloro che soffrono sono stati chiamati una volta per sempre a diventare partecipi « delle sofferenze di Cristo »(98). Così come tutti sono stati chiamati a « completare » con la propria sofferenza « quello che manca ai patimenti di Cristo» (99). Cristo allo stesso tempo ha insegnato all'uomo a far del bene con la sofferenza ed a far del bene a chi soffre. In questo duplice aspetto egli ha svelato fino in fondo il senso della sofferenza(37) .” L’evangelista Matteo, inoltre, con le parole di Cristo “Perchè io ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere; fui ignudo e mi vestiste; fui ammalato e mi visitaste; fui in carcere e mi veniste a trovare” (25, 35-37) pone le premesse delle sette opere di misericordia corporale (vesto, poto, cibo, redimo, tego, colligo, condo)(38) . I tempi eroici del Cristianesimo, dunque, corrispondono ad un declino della medicina salvifica. Il popolo più che mai percepisce o è più che mai persuaso che la malattia capitola solo dinanzi a forze soprannaturali. D’altro canto prevale la dottrina, conforme a quella degli Evangelisti, che considera la sofferenza come una presenza divina e la concezione della cura dell’infermo come charitas. Proprio ai sofferenti, che sono deboli, il cristianesimo chiede che diventino “una sorgente di forza per la Chiesa e per l'umanità (…) nel terribile combattimento tra le forze del bene e del male(39) ”, per vincere la loro condizione “in unione con la Croce di Cristo(40) !” “Cristo allo stesso tempo ha insegnato all’uomo a fare del bene con la sofferenza e a fare del bene a ______________ (37) Ibid. (VII, 30). (38) Cosmacini G., op. cit., pag. 118. (39) Riferimento concettuale abs. da: Lettera Apostolica Salvifici doloris del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II ai vescovi, ai sacerdoti, alle famiglie religiose ed ai fedeli della Chiesa cattolica sul senso cristiano della sofferenza umana, (VIII, Conclusione); San Pietro, nella memoria liturgica della Beata Maria Vergine di Lourdes, 11 febbraio 1984, sesto di Pontificato. (40) Ibid., Lettera Apostolica Salvifici doloris del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, (VIII, Conclusione).
  • 30. 305 chi soffre(41) ” e la chiesa, sull’esempio di Cristo, nel corso dei secoli, avverte fortemente “il servizio ai chi soffre(41) ” e la chiesa, sull’esempio di Cristo, nel corso dei secoli, avverte fortemente “il servizio ai malati come parte integrante della sua missione(42) ”; “chiamata e mandata a servire l’uomo, la chiesa lo incontra in modo particolare nella via del dolore, e questa è “una delle vie più importanti(43) ”. Ma non solo per far del bene, anche per riceverne! La sofferenza nasconde e svela una vocazione e una missione di amore, per quanto difficile e misteriosa: “completa la passione di Cristo” e partecipa della sua redenzione fino a condurre alla gioia(44) ”. ______________ (41) Ibid., Lettera Apostolica Salvifici doloris del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, (SD, 30). (42) Motu proprio di S.S. Giovanni Paolo II “Dolentium hominum”, di istituzione della Commissione Pontificia per la Pastorale degli Operatori Sanitari (ora, in virtù della costituzione apostolica Pastor bonus, Pontificio Consiglio). (43) Ibid., Lettera Apostolica Salvifici doloris del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, (SD, 3). (44) Mons. Ugo Donato Bianchi, La Pastorale della salute nella Chiesa italiana; Presentazione. Presidenza della Consulta Nazionale della Conferenza Episcopale Italiana per la Pastorale nella Sanità, Città del Vaticano, 1989 (Consulta Nazionale della Conferenza Episcopale Italiana Presidente della consulta Nazionale per la Pastorale della Sanità. _________________ Abstract da: Raimondo Villano “La cruna dell’ago: meridiani farmaceutici tra etica laica e morale cattolica” - 2^ edizione (patrocinio Chiron Foundation, Praxys dpt, Ed. Effegibi, pag. 393, settembre 2008).
  • 31. 393 “Se ho migliaia di idee e anche una sola si rivela essere buona, posso essere soddisfatto” Alfred Bernard Nobel (1833-1896)