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PROVA DI RESILIENZA
Normativa di riferimento:
UNI EN ISO 148-1:2016
“Materiali metallici - Prova di resilienza Charpy -
Parte 1: Metodo di prova”
Altre Normative collegate:
UNI EN ISO 148-2:2016
“Materiali metallici - Prova di resilienza Charpy - Parte
2: Verifica delle macchine di prova”
UNI EN ISO 148-3:2016
“Materiali metallici - Prova di resilienza Charpy - Parte
3: Preparazione e caratterizzazione delle provette
Charpy con intaglio a V per la verifica indiretta delle
macchine di prova di resilienza”
Penultima normativa: UNI EN ISO 148-1:2011
PREMESSA
Questa prova distruttiva convenzionale indica la
resistenza che un materiale oppone ad una
sollecitazione impulsiva, cioè un’azione meccanica che
tenda a romperlo improvvisamente.
Si esegue sui materiali, prevalentemente metallici, in
quanto completano il quadro delle caratteristiche
delineato dalle prove statiche. Infatti si è osservato che
due campioni di acciaio, nelle medesime condizioni di
trattamento termico, possono presentare
comportamenti molto diversi tra loro (tenacità o
fragilità).
PREMESSA
Sono state delineate, nel corso del tempo, diverse
tipologie di prove, di cui ne verrà analizzata una in
particolare, normata. Questa è entrata nella pratica
operativa di analisi dei materiali, uscendo dai
laboratori con scopi prettamente scientifici, perché
risulta essere molto sensibile alla presenta agli
INTAGLI.
Questi possono essere di vario tipo:
•Intagli legati al progetto (filettature, scanalature,
ecc.)
•Intagli legati, involontariamente, alle lavorazioni
meccaniche (solchi di tornitura);
•Intagli accidentali (fiocchi, inclusioni, cricche di
tempra, ecc.)
PRINCIPIO
Le prove, in generale, consistono nel
rompere con un sol colpo una barretta
(provino) intagliata, adoperando come
maglio un pendolo (o mazza) a caduta
libera, la cui velocità, al momento dell’urto,
risulti di 5-7 m/s per gli acciai e di 4-7 m/s
per le leghe leggere.
Le prove che si sono maggiormente diffuse
sono la Izod, in ambito anglosassone, e la
Charpy in ambito latino. Attualmente la
normativa di riferimento prende in
considerazione la Charpy.
PRINCIPIO
Nel caso di prove a temperature diverse da
quella ambiente, la provetta deve essere
immersa nel mezzo di riscaldamento o
raffreddamento per un tempo sufficiente a far
raggiungere la stessa temperatura all’intera
provetta (esempio: 10 minuti in un mezzo
liquido e 30 minuti in un mezzo gassoso). La
prova deve essere effettuata entro cinque
secondi dopo l’estrazione della provetta dalla
camera o dal bagno di condizionamento.
L’utensile utilizzato per l’estrazione deve essere
progettato per garantire la tolleranza prevista
sulla temperatura di prova.
ATTREZZATURE DI PROVA
Camera
adiabatica sonda
di temperatura
per il
condizionamento
a temperature
inferiori a quella
ambiente.
Bombola di anidride
carbonica e
attrezzatura per la
formatura della
pastiglia di ghiaccio
secco.
ATTREZZATURE DI PROVA
Utensile per il posizionamento della provetta a
temperatura diversa da quella ambiente
ATTREZZATURE DI PROVA
PROVETTA
Nella prova Charpy la provetta deve avere una
forma prismatica a sezione quadrata di 10 mm
di lato e di lunghezza pari a 55 mm.
Nel mezzo della sua lunghezza, perpendicolare
all’asse longitudinale, deve essere realizzato un
intaglio che può avere due forme:
V a 45°, di profondità pari a 2 mm, con raggio
del fondo dell’intaglio pari a 0,25 mm;
U o a buco di chiave di profondità pari a 5 mm,
con raggio del fondo d’intaglio pari a 1 mm.
PROVETTA
Si osservi come siano definite, anche con il
grado di rugosità, le quote eseguite.
1. Lunghezza della
provetta
2. Spessore della
provetta
3. Larghezza della
provetta
4. Spessore residuo al
fondo dell’intaglio
5. Angolo dell’intaglio
6. Raggio del fondo
cilindrico dell’intaglio.
PROVETTA
E’ possibile effettuare le prove su provette di
dimensioni diverse da quelle indicate nella
norma. L’importante è che il confronto tra i
risultati avvenga comunque su provette di
forma e dimensioni analoghe.
PROVETTA
Il prelievo, il numero di provette e
l’orientamento sono definite nella norma di
prodotto.
Ad esempio il minimo numero di provini deve
essere tre, e nel caso il materiale sia ottenuto
per laminazione il prelievo, salvo diverse
indicazioni, deve essere effettuato in direzione
perpendicolare alla stratificazione che i cristalli
hanno assunto durante la laminazione. Infatti in
tali condizioni la resilienza risulta minima.
PROVETTA
La lavorazione deve essere eseguita in modo da
ridurre al minimo qualsiasi alterazione della
provetta, ad esempio da incrudimento o
riscaldamento. L’esecuzione dell’intaglio deve
essere accurata in modo che non appaiano, sul
fondo dell’intaglio, striature parallele alla
generatrice dell’intaglio stesso visibili ad occhio
nudo.
Una eventuale marcatura, per il riconoscimento
della provetta, deve essere eseguita su qualsiasi
faccia non a contatto con i sostegni e ad almeno 5
mm dall’intaglio per non influire con l’incrudimento
della marcatura stessa.
PROVETTA
La lavorazione dell’intaglio viene eseguita a
freddo, in un’unica passata, mediante
l’utilizzo di una brocciatrice con una broccia
dedicata.
Broccia
PROVETTA
La lavorazione dell’intaglio viene eseguita a
freddo, in un’unica passata, mediante
l’utilizzo di una brocciatrice con una broccia
dedicata.
Brocciatrice
CONDIZIONI DI PROVA
La macchina per effettuare la prova di resilienza
Charpy è il Pendolo di Charpy, messo a punto da
Georges Augustin Albert Charpy.
CONDIZIONI DI PROVA
La macchina mette a disposizione una certa energia potenziale (300 J)
utile per rompere, o meno, la provetta. Il calcolo dell’indice di
resilienza, energia assorbita dalla provetta Ea,avviene valutando
l’energia necessaria per rompere o meno la provetta attraverso la
differenza di quota che assume la mazza tra prima e dopo l’impatto con
la provetta stessa.
Ea = mg(h’-h)= mgl(cosβ-cosα)
Ea = energia assorbita dalla
provetta
l = lunghezza del braccio del
pendolo
α = angolo di partenza della
mazza rispetto la verticale
β = angolo di risalita della mazza
rispetto la verticale
CONDIZIONI DI PROVA
La predisposizione della provetta nella zona di impatto è
fondamentale per la ripetibilità e confrontabilità dei risultati.
Zona di impatto del pendolo di Charpy.
CONDIZIONI DI PROVA
La predisposizione della provetta nella zona di impatto è
fondamentale per la ripetibilità e confrontabilità dei risultati.
CONDIZIONI DI PROVA
Dima di posizionamento della provetta nella
zona di impatto con il coltello della mazza.
CONDIZIONI DI PROVA
La predisposizione della provetta nella zona di impatto è
fondamentale per la ripetibilità e confrontabilità dei risultati.
1. Lunghezza della provetta
7. Distanza tra gli appoggi
8. Raggio di
arrotondamento degli
appoggi
9. Angolo delle parti
interne degli appoggi
10. Angolo al vertice del
coltello della mazza
11. Raggio dello spigolo del
coltello della mazza
12. Spessore massimo del
coltello della mazza
CONDIZIONI DI PROVA
Pendolo di Charpy
CONDIZIONI DI PROVA
Pendolo di Charpy
CONDIZIONI DI PROVA
Particolare del pendolo: Mazza
CONDIZIONI DI PROVA
Particolare della mazza: coltello
CONDIZIONI DI PROVA
CONDIZIONI DI PROVA
Immagini di provette di acciaio ricomposte o non spezzate dopo
la prova
Spezzate
Non spezzata
RISULTATI
Presentazione dei risultati
Simbologia
La tenacità all'intaglio viene generalmente indicata nelle schede
tecniche dei materiali con diciture riconducibili ai seguenti modelli:
KV300=121J: tenacità stabilita con prova del pendolo di Charpy
su provino normalizzato con intaglio a V. Energia massima
disponibile per la prova: 300 joule, energia assorbita: 121 joule;
KV=121J: come sopra (se l'energia massima disponibile è 300
joule, essa può essere omessa dalla sigla, a meno che il provino sia
non normalizzato, vedi ultimo esempio);
KV100=65J: come sopra, ma con energia massima disponibile per
la prova pari a 100 joule, energia assorbita 65 joule;
KV300/7,5=85J: tenacità stabilita con pendolo di Charpy su
provino non unificato, di dimensioni 8×7,5×55 mm, dove 7,5 è la
larghezza della sezione resistente all'impatto. Energia massima
disponibile 300 joule, energia assorbita pari a 85 joule.
Per indicare che il provino utilizzato ha un intaglio ad U si utilizzano
sigle simili alle precedenti ma al posto di "KV" si utilizza la sigla
"KU".
ESEMPI DI DESIGNAZIONE DI ACCIAI
CONSIDERANDO LA RESILIENZA
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  • 1. PROVA DI RESILIENZA Normativa di riferimento: UNI EN ISO 148-1:2016 “Materiali metallici - Prova di resilienza Charpy - Parte 1: Metodo di prova” Altre Normative collegate: UNI EN ISO 148-2:2016 “Materiali metallici - Prova di resilienza Charpy - Parte 2: Verifica delle macchine di prova” UNI EN ISO 148-3:2016 “Materiali metallici - Prova di resilienza Charpy - Parte 3: Preparazione e caratterizzazione delle provette Charpy con intaglio a V per la verifica indiretta delle macchine di prova di resilienza” Penultima normativa: UNI EN ISO 148-1:2011
  • 2. PREMESSA Questa prova distruttiva convenzionale indica la resistenza che un materiale oppone ad una sollecitazione impulsiva, cioè un’azione meccanica che tenda a romperlo improvvisamente. Si esegue sui materiali, prevalentemente metallici, in quanto completano il quadro delle caratteristiche delineato dalle prove statiche. Infatti si è osservato che due campioni di acciaio, nelle medesime condizioni di trattamento termico, possono presentare comportamenti molto diversi tra loro (tenacità o fragilità).
  • 3. PREMESSA Sono state delineate, nel corso del tempo, diverse tipologie di prove, di cui ne verrà analizzata una in particolare, normata. Questa è entrata nella pratica operativa di analisi dei materiali, uscendo dai laboratori con scopi prettamente scientifici, perché risulta essere molto sensibile alla presenta agli INTAGLI. Questi possono essere di vario tipo: •Intagli legati al progetto (filettature, scanalature, ecc.) •Intagli legati, involontariamente, alle lavorazioni meccaniche (solchi di tornitura); •Intagli accidentali (fiocchi, inclusioni, cricche di tempra, ecc.)
  • 4. PRINCIPIO Le prove, in generale, consistono nel rompere con un sol colpo una barretta (provino) intagliata, adoperando come maglio un pendolo (o mazza) a caduta libera, la cui velocità, al momento dell’urto, risulti di 5-7 m/s per gli acciai e di 4-7 m/s per le leghe leggere. Le prove che si sono maggiormente diffuse sono la Izod, in ambito anglosassone, e la Charpy in ambito latino. Attualmente la normativa di riferimento prende in considerazione la Charpy.
  • 5. PRINCIPIO Nel caso di prove a temperature diverse da quella ambiente, la provetta deve essere immersa nel mezzo di riscaldamento o raffreddamento per un tempo sufficiente a far raggiungere la stessa temperatura all’intera provetta (esempio: 10 minuti in un mezzo liquido e 30 minuti in un mezzo gassoso). La prova deve essere effettuata entro cinque secondi dopo l’estrazione della provetta dalla camera o dal bagno di condizionamento. L’utensile utilizzato per l’estrazione deve essere progettato per garantire la tolleranza prevista sulla temperatura di prova.
  • 6. ATTREZZATURE DI PROVA Camera adiabatica sonda di temperatura per il condizionamento a temperature inferiori a quella ambiente.
  • 7. Bombola di anidride carbonica e attrezzatura per la formatura della pastiglia di ghiaccio secco. ATTREZZATURE DI PROVA
  • 8. Utensile per il posizionamento della provetta a temperatura diversa da quella ambiente ATTREZZATURE DI PROVA
  • 9. PROVETTA Nella prova Charpy la provetta deve avere una forma prismatica a sezione quadrata di 10 mm di lato e di lunghezza pari a 55 mm. Nel mezzo della sua lunghezza, perpendicolare all’asse longitudinale, deve essere realizzato un intaglio che può avere due forme: V a 45°, di profondità pari a 2 mm, con raggio del fondo dell’intaglio pari a 0,25 mm; U o a buco di chiave di profondità pari a 5 mm, con raggio del fondo d’intaglio pari a 1 mm.
  • 10. PROVETTA Si osservi come siano definite, anche con il grado di rugosità, le quote eseguite. 1. Lunghezza della provetta 2. Spessore della provetta 3. Larghezza della provetta 4. Spessore residuo al fondo dell’intaglio 5. Angolo dell’intaglio 6. Raggio del fondo cilindrico dell’intaglio.
  • 11. PROVETTA E’ possibile effettuare le prove su provette di dimensioni diverse da quelle indicate nella norma. L’importante è che il confronto tra i risultati avvenga comunque su provette di forma e dimensioni analoghe.
  • 12. PROVETTA Il prelievo, il numero di provette e l’orientamento sono definite nella norma di prodotto. Ad esempio il minimo numero di provini deve essere tre, e nel caso il materiale sia ottenuto per laminazione il prelievo, salvo diverse indicazioni, deve essere effettuato in direzione perpendicolare alla stratificazione che i cristalli hanno assunto durante la laminazione. Infatti in tali condizioni la resilienza risulta minima.
  • 13. PROVETTA La lavorazione deve essere eseguita in modo da ridurre al minimo qualsiasi alterazione della provetta, ad esempio da incrudimento o riscaldamento. L’esecuzione dell’intaglio deve essere accurata in modo che non appaiano, sul fondo dell’intaglio, striature parallele alla generatrice dell’intaglio stesso visibili ad occhio nudo. Una eventuale marcatura, per il riconoscimento della provetta, deve essere eseguita su qualsiasi faccia non a contatto con i sostegni e ad almeno 5 mm dall’intaglio per non influire con l’incrudimento della marcatura stessa.
  • 14. PROVETTA La lavorazione dell’intaglio viene eseguita a freddo, in un’unica passata, mediante l’utilizzo di una brocciatrice con una broccia dedicata. Broccia
  • 15. PROVETTA La lavorazione dell’intaglio viene eseguita a freddo, in un’unica passata, mediante l’utilizzo di una brocciatrice con una broccia dedicata. Brocciatrice
  • 16. CONDIZIONI DI PROVA La macchina per effettuare la prova di resilienza Charpy è il Pendolo di Charpy, messo a punto da Georges Augustin Albert Charpy.
  • 17. CONDIZIONI DI PROVA La macchina mette a disposizione una certa energia potenziale (300 J) utile per rompere, o meno, la provetta. Il calcolo dell’indice di resilienza, energia assorbita dalla provetta Ea,avviene valutando l’energia necessaria per rompere o meno la provetta attraverso la differenza di quota che assume la mazza tra prima e dopo l’impatto con la provetta stessa. Ea = mg(h’-h)= mgl(cosβ-cosα) Ea = energia assorbita dalla provetta l = lunghezza del braccio del pendolo α = angolo di partenza della mazza rispetto la verticale β = angolo di risalita della mazza rispetto la verticale
  • 18. CONDIZIONI DI PROVA La predisposizione della provetta nella zona di impatto è fondamentale per la ripetibilità e confrontabilità dei risultati.
  • 19. Zona di impatto del pendolo di Charpy. CONDIZIONI DI PROVA
  • 20. La predisposizione della provetta nella zona di impatto è fondamentale per la ripetibilità e confrontabilità dei risultati. CONDIZIONI DI PROVA
  • 21. Dima di posizionamento della provetta nella zona di impatto con il coltello della mazza. CONDIZIONI DI PROVA
  • 22. La predisposizione della provetta nella zona di impatto è fondamentale per la ripetibilità e confrontabilità dei risultati. 1. Lunghezza della provetta 7. Distanza tra gli appoggi 8. Raggio di arrotondamento degli appoggi 9. Angolo delle parti interne degli appoggi 10. Angolo al vertice del coltello della mazza 11. Raggio dello spigolo del coltello della mazza 12. Spessore massimo del coltello della mazza CONDIZIONI DI PROVA
  • 25. Particolare del pendolo: Mazza CONDIZIONI DI PROVA
  • 26. Particolare della mazza: coltello CONDIZIONI DI PROVA
  • 27. CONDIZIONI DI PROVA Immagini di provette di acciaio ricomposte o non spezzate dopo la prova Spezzate Non spezzata
  • 28. RISULTATI Presentazione dei risultati Simbologia La tenacità all'intaglio viene generalmente indicata nelle schede tecniche dei materiali con diciture riconducibili ai seguenti modelli: KV300=121J: tenacità stabilita con prova del pendolo di Charpy su provino normalizzato con intaglio a V. Energia massima disponibile per la prova: 300 joule, energia assorbita: 121 joule; KV=121J: come sopra (se l'energia massima disponibile è 300 joule, essa può essere omessa dalla sigla, a meno che il provino sia non normalizzato, vedi ultimo esempio); KV100=65J: come sopra, ma con energia massima disponibile per la prova pari a 100 joule, energia assorbita 65 joule; KV300/7,5=85J: tenacità stabilita con pendolo di Charpy su provino non unificato, di dimensioni 8×7,5×55 mm, dove 7,5 è la larghezza della sezione resistente all'impatto. Energia massima disponibile 300 joule, energia assorbita pari a 85 joule. Per indicare che il provino utilizzato ha un intaglio ad U si utilizzano sigle simili alle precedenti ma al posto di "KV" si utilizza la sigla "KU".
  • 29. ESEMPI DI DESIGNAZIONE DI ACCIAI CONSIDERANDO LA RESILIENZA
  • 30. ESEMPI DI DESIGNAZIONE DI ACCIAI CONSIDERANDO LA RESILIENZA